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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Mi rannicchiai frettolosamente contro la testiera del letto e, ancora

sconvolta, afferrai la mano che trovai accanto a me stringendola tra le dita.

La persona che mi aveva liberata si irrigidì quando mi ci aggrappai con tutta

me stessa. Spinsi la fronte contro quel polso, tremando e stringendo gli

occhi.

«Sarò brava… Sarò brava… Sarò brava…»

Tutti mi guardarono senza fiato.

La mano che stavo stringendo si chiuse a pugno e io pregai che non mi

lasciasse. Solo quando schiusi le palpebre, qualche attimo dopo, mi accorsi

a chi apparteneva.

Rigel alzò gli occhi da me e serrò la mandibola. Piantò le pupille sugli

sguardi di Dalma e Asia - e di un uomo che non avevo mai visto - e con

timbro lapidario sibilò: «Fuori».

Ci fu un lungo istante di silenzio ma non alzai gli occhi. Dopo un po’

sentii il rumore dei loro passi, quando lentamente uscirono.

Anna mi si avvicinò.

«Nica…»

Il suo palmo si posò sul mio viso. Ne sentii il calore sulla guancia. Era il

mio letto quello, era la mia camera. Non ero più al Grave. Realizzai che ciò

che mi aveva trattenuta prima erano solo le coperte che qualcuno mi aveva

rimboccato troppo strette.

Non c’erano cinture né maglie di metallo.

«Nica,» sussurrò Anna con voce disperata, «va tutto bene…»

Il materasso si abbassò sotto il suo peso, ma io non riuscii a lasciare il

polso di Rigel. Lo strinsi finché le dita di Anna non scivolarono

delicatamente dentro le mie e non mi convinsero a mollare la presa.

Mi carezzò piano la testa, e io sentii i passi di Rigel allontanarsi: quando

alzai gli occhi per cercarlo vidi solo la porta della stanza che si chiudeva.

«C’è un dottore di là.» Anna mi guardò scossa. «L’abbiamo fatto venire

non appena sei arrivata a casa… Vorrei che ti visitasse. Potresti avere due

linee di febbre e sentire qualche capogiro… Ti ho cambiato i vestiti, ma

forse hai ancora freddo…»

«Mi dispiace», la interruppi in un sussurro spento.

Anna smise di parlare. Mi guardò a labbra socchiuse e io non riuscii a

sostenere i suoi occhi.

Mi sentivo vuota, rotta e difettosa. Mi sentivo distrutta.

«Avrei voluto essere perfetta», confessai. «Per te. Per Norman.»

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