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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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brivido quando capii che aveva sentito tutto.

Lo sguardo di Rigel fu il colpo finale. Le sue iridi spente e consapevoli,

piene di ciò che entrambi avevamo sempre saputo, mi spezzarono

definitivamente.

Lo scansai e corsi fuori dalla porta sul retro. Voci mi chiamarono mentre

mi tuffavo sotto la pioggia: l’umidità mi impregnò la gola e io mai come in

quel momento sentii bisogno del cielo, dell’aria aperta, di fuggire da muri e

mattoni e saperli il più possibile lontano da me.

Scappai perché non avevo mai fatto altro.

Scappai perché quegli sguardi erano più di quanto fossi in grado di

sopportare.

Scappai perché non avevo il coraggio di vedermi con i loro occhi.

Mentre correvo con i polmoni al collasso, e il temporale mi diluviava

addosso, mi resi conto che nonostante andassi lontano il Grave mi avrebbe

seguita per sempre.

Lei e quella stanza buia non mi avrebbero lasciata mai.

Non sarei mai stata veramente libera.

La disperazione mi spinse in una corsa senza freni. Sfrecciai in un mondo

appannato dall’acqua, e il ricordo della delusione sul volto di Anna mi

artigliò l’anima finché non crollai nel terreno fangoso del parchetto vicino

al fiume.

Avevo i vestiti completamente zuppi. Mi nascosi lì dentro, all’ombra di

un cespuglio, come facevo nel giardino del Grave quando tentavo di

scappare da Lei. Cercavo il verde, la pace, il silenzio e pregavo che non mi

trovasse.

Il freddo mi morse la pelle. L’acqua mi impregnò le scarpe e il mio

respiro divenne un rantolo flebile.

Restai lì finché il gelo non mi entrò dentro le ossa, raffreddando tutto.

Lentamente la mia vista si appannò.

Quando ormai ogni cosa sembrava affievolirsi, udii un rumore di passi

sulla terra bagnata. Mi raggiunsero lenti, nello scroscio della pioggia. Mi si

fermarono davanti.

Intravidi un paio di scarpe tra le esalazioni sempre più deboli del mio

respiro. Chiusi gli occhi e tutto si spense con me.

E mentre i sensi mi abbandonavano… un paio di braccia mi sollevarono

da terra. Mi avvolsero e io riconobbi un profumo familiare, un profumo che

mi spezzò qualcosa dentro, come odore di casa.

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