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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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«A svegliarmi nei momenti meno indicati.»

Beccata. Subito le guance mi bruciarono e lo fissai con grandi occhi

colpevoli.

Era venuto fin lì solo per sottolinearlo?

«È stato uno sbaglio», replicai. Abbassai gli occhi senza il coraggio di

guardarlo. «Non ti avevo notato.»

«Strano», lo sentii ribattere. «Mi è sembrato che fossi… vicina.»

«Passavo solo di lì. Sei tu che riposi a orari insoliti.»

Rigel continuò a guardarmi con quegli occhi che mi razziavano l’anima e

io mi pentii della mia scelta di parole. Avevo paura di innervosirlo ancora,

di vederlo alterarsi o incupirsi di nuovo.

Più di tutto, avevo paura di vederlo andare via.

Da quando ero diventata così contraddittoria?

«Scusa», sussurrai, perché in fondo glielo dovevo. Ero ancora delusa da

come erano andate le cose quel pomeriggio, tuttavia non era da me essere

vendicativa. Non lo avevo fatto apposta e non volevo che lo pensasse.

Nonostante la sua presenza mi ferisse, avrei desiderato riprendere quel

discorso dal punto esatto in cui lo avevamo interrotto. Ero senza speranze e

lo sapevo.

Così… l’istinto mi suggerì una strada diversa.

«Una volta hai detto che le favole sono tutte uguali. Che seguono uno

schema… Il bosco, il lupo e il principe. Non è sempre così.»

Aprii il libro alla pagina de La Sirenetta di Andersen.

«In questa c’è il mare e una ragazza innamorata di un principe. Ma non ci

sono lupi. Non segue le regole. È diversa.»

«E c’è un lieto fine?»

Esitai, perché Rigel sembrava già sapere la risposta a quella domanda.

«No. Lui alla fine si innamora di un’altra. E lei… muore.»

Improvvisamente mi chiesi perché avessi scelto di addentrarmi in quel

discorso. Gli avevo appena dato ragione.

Era stato proprio in quella stanza, l’ultima volta, che Rigel mi aveva

parlato del compromesso di un lieto fine: senza le regole l’ordine si

sconvolge.

«È ciò che insegnano», disse cinico. «C’è sempre qualcosa contro cui

combattere… Cambia solo il tipo di mostro.»

«Ti sbagli», sussurrai, decisa a far valere le mie parole. «Le favole non ci

insegnano a rassegnarci. Ci spronano a non perdere la speranza. Non ci

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