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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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occhi. Il modo in cui mi guardò mi ricordò una preda indifesa e il suo

cacciatore: lui era la preda, io il cacciatore intento a puntargli un fucile

addosso.

«Vorrei solo comprenderti, ma tu non me ne dai la possibilità», incatenai

gli occhi ai suoi, cercando di non far trapelare la mia tristezza. «So che odi

le invadenze», aggiunsi precipitosa. «So anche che non sei il tipo da aprirsi

alle confidenze. Ma se ci provassi forse il mondo potrebbe sembrarti più

leggero. Non devi per forza restare da solo. A volte potresti scoprire che

vale la pena fidarsi di qualcuno.»

Il suo sguardo seguì il mio mentre lo raggiungevo.

«A volte…» sussurrai avvicinandomi ancora, «potresti scoprire che c’è

chi è disposto ad ascoltarti…»

Gli occhi di Rigel erano talmente immobili che nessuno si sarebbe

accorto del modo in cui tremavano. Emozioni sconosciute si susseguirono

una dopo l’altra, veloci e luminose, e il mio cuore divenne un delirio di

battiti sconnessi. Mi ero sempre sbagliata: lo sguardo di Rigel non era

sterile e vuoto, ma così pieno di sfumature simultanee che era impossibile

afferrarne una. Erano un’aurora boreale che rifletteva il suo stato d’animo

interiore, e lui in quel momento sembrava colpito, confuso e spaventato dal

mio comportamento.

Poi, di colpo, Rigel chiuse gli occhi e mi profilò il viso in un fremito di

nervi.

Vidi la sua mandibola contrarsi, una vena gonfiarsi sulla sua tempia e il

bel volto diventare di una durezza spaventosa.

Non capii cosa accadde, ma all’istante lui fece un passo indietro

aumentando la nostra distanza. Il contatto visivo tra noi si ruppe e persi

ogni singola briciola che avevo appena conquistato a fatica.

Avevo detto qualcosa che non dovevo?

«Rigel…»

«Stai lontana.» La sua voce dura e reattiva mi centrò al petto. Spinse

fuori quelle parole come se fossero un’urgenza che gli aveva ustionato la

lingua e, all’istante, mi rivolse uno sguardo febbrile.

Afferrò la maniglia della porta che conduceva alla sua stanza e

indietreggiai quando vidi le sue nocche sbiancare: lo fissai, confusa e ferita,

incapace di capire cosa avessi scatenato in lui, e l’attimo dopo Rigel sparì

dalla mia vista sbattendosi dietro la porta.

Fu come se un macigno mi fosse caduto sul cuore.

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