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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Inoltre erano giorni che non ci rivolgevamo una parola. Se non fosse

stato per Anna e Norman probabilmente mi avrebbe evitata anche ai pasti.

Perché? Perché ogni volta che mi sembrava di fare un passo avanti lui ne

faceva cinque indietro?

Non percepii subito la presenza alle mie spalle. Quando me ne accorsi

sobbalzai.

Era sulla soglia della porta, alto e silenzioso.

Le maniche della maglia che indossava erano sollevate fino ai gomiti, e

in una mano stringeva un paio di libri.

I suoi occhi erano posati su di me. Sotto i capelli corvini, le iridi mi

osservarono imperturbabili come se fosse lì da un po’.

Calma, ordinai al mio cuore mentre Rigel si guardava intorno con fare

guardingo.

«Avevo già pensato io al libro», farfugliai.

A quel punto entrò con passi cauti e misurati.

Avrei voluto dire che ormai ero abituata a lui, ma purtroppo non era così.

Rigel non era uno di quei ragazzi a cui in genere ci si abitua. Quegli occhi

affusolati da pantera erano semplicemente destabilizzanti.

La sua presenza slanciata riempì la stanza: mi raggiunse e io realizzai che

quella era la prima volta che lo vedevo in camera mia.

Per qualche assurdo motivo il mio nervosismo aumentò.

«Prendo il quaderno», dissi in un filo di voce.

Mi allontanai da lui per raggiungere lo zaino e prendere ciò che mi

serviva; poi mi avvicinai alla porta e posai una mano sul battente.

«Che stai facendo?»

I suoi occhi d’acciaio erano inchiodati su di me.

«I rumori…» gli spiegai, titubante. «Potrebbero darci fastidio…»

«Lascia la porta aperta.»

Ritirai lentamente la mano. Rigel mi rivolse una lunga occhiata prima di

voltarsi, e dentro di me non riuscii a comprendere il motivo di quella

puntualizzazione.

Lo infastidiva così tanto stare nella stessa stanza insieme a me?

Provai un pizzicore fastidioso al petto.

Mi avvicinai senza una parola e mi sedetti, tenendo gli occhi sulle pagine

del libro, che sfogliai finché non lo sentii accomodarsi accanto a me.

Ero troppo tesa, quella tranquillità stonava tra di noi eppure la mia

ragione mi dettava di restare.

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