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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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solo così avrei avuto una famiglia, solo così avrei avuto un’altra

occasione…

Andai in bagno e mi raffreddai i polsi. Respirai piano, cercando di

liberarmi il cuore dal veleno che lo aveva invaso. Sentire l’acqua scorrere in

quel punto non faceva sparire le reazioni, tuttavia mi tranquillizzava. Mi

ricordava che la pelle era libera, intatta, priva di costrizioni, e che non

dovevo più sentirmi una bambina spaventata.

Lei non era più impressa sul mio corpo.

Soltanto nella mia mente.

Quando fui certa che tutto fosse passato, scesi di sotto. Norman era a casa

per pranzo quel giorno, e provai una sensazione di conforto nel vederlo

accogliermi con un sorriso, seduto al suo solito posto.

Mi resi conto di quanto ingiustificata fosse stata la reazione di prima: noi

stavamo costruendo qualcosa lì, e Asia non avrebbe potuto portarmelo via.

In quel momento notai che la sedia accanto alla mia era occupata.

Rigel mi ignorò totalmente: aveva un gomito appoggiato sul tavolo e lo

sguardo basso, rivolto al piatto.

Solo in un secondo istante capii che c’era qualcosa di diverso nel suo

silenzio.

Sembrava… contrariato.

«È solo un voto», disse Anna tranquilla. Tagliò il pollo con le posate,

cercando lo sguardo che lui non le stava rivolgendo. «Non è niente… Non ti

devi preoccupare.»

D’improvviso mi sentii come se mi fossi persa qualcosa di importante.

Mentre mi sedevo cercai di risalire il gomitolo di quella conversazione, e

mi ritrovai esterrefatta di ciò che divenne chiaro ai miei pensieri solo da

quelle parole.

Rigel… era andato male a un compito?

La cosa mi colpì a tal punto che i miei occhi lo cercarono, e la sua

espressione infastidita mi disse che nemmeno lui doveva esserci abituato.

Rigel calcolava ogni gesto, ogni conseguenza, non faceva mai niente per

caso. Ma questo no, questo non lo aveva previsto né messo in conto. E non

sopportava di mostrarsi debole e divenire il centro di qualsiasi riguardo gli

stesse rivolgendo Anna.

Doveva essere stato il professore a insistere perché ne facesse parola a

casa, turbato dall’esito inaspettato del suo test.

«Perché non studiate insieme?»

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