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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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«Che stai…» iniziò Rigel, ma la sua voce si spense quando gli occhi si

piantarono sul mio corpo.

All’istante ricordai lo stato in cui mi trovavo.

Il vestito bagnato mi disegnava la forma del bacino, aderiva alla curva

dei fianchi, al mio seno intirizzito, alle cosce fradice a cui era appiccicato

con una trasparenza che mi mandò in panico.

Mi ritrovai a fissarlo con occhi sgranati, e potei giurare di vederlo

guardarmi allo stesso modo.

«Esci.»

I suoi occhi scattarono nei miei con urgenza; la voce solitamente

vellutata e profonda sembrò solo un ringhio roco.

«Nica,» ordinò stringendo la mandibola, «esci.»

Il cervello mi urlò di assecondarlo. Volevo fuggire il più lontano possibile

da lì.

Tuttavia non mi mossi: Asia e Dalma erano a pochi passi da noi, le loro

voci risuonavano chiare oltre la porta. Non potevo uscire, non adesso. Cosa

avrebbero pensato se aprendo la porta mi avessero vista in quello stato

insieme a Rigel? Lui mezzo nudo e io fradicia, chiusi in un bagno insieme?

«Ti ho detto di uscire», ringhiò lui. «Adesso!»

«Aspetta…»

«Muoviti!»

Mi fu addosso in due falcate e io feci qualcosa di molto sciocco.

Afferrai la maniglia con le mani e slittai di lato, parandomi davanti alla

serratura prima che la sua ombra mi inghiottisse.

Lo spostamento d’aria fece turbinare il vapore.

L’istante dopo… ero con le braccia dietro la schiena, entrambe le mani

strette alla maniglia e il volto girato di lato.

E davanti a me, a coprire del tutto la mia visuale, c’era unicamente lui.

Il suo petto vibrava a un palmo dal mio viso, pompando un respiro

profondo e necessario, e le sue mani erano puntellate ai lati della mia testa.

Il calore che emanava mi investì la pelle fradicia. Mi mancò il fiato.

Il mio cuore pulsò così forte da annebbiarmi i sensi e non capii più nulla.

Rigel ansimava a denti chiusi, e le mani erano ancorate alla porta con

tanta violenza che mi sembrò di sentirle vibrare.

«Tu…» mormorò con una sfumatura di rancore e amarezza. «Tu lo fai

apposta…» Strinse le dita a pugno, impotente. «Tu ti prendi gioco di me…»

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