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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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L’istante dopo, come una nuvola ombrosa, mi tornò in mente che in

quella favola io ci vivevo solo a metà. Che c’era quell’angolo nero, la

bruciatura, e in nessun modo potevo mandarlo via…

Scossi debolmente la testa. Spinsi i polsi sulle palpebre, strapazzandomi

gli occhi con l’intento di cancellare quei pensieri.

Non volevo pensarci. Non volevo permettere a nessuno di rovinarla,

nemmeno a lui.

Conoscevo il procedimento troppo bene per illudermi di avere trovato

una sistemazione definitiva.

Tutti sembravano credere che l’adozione funzionasse come un incontro a

lieto fine, in cui appena qualche ora dopo si veniva portati a casa di una

nuova famiglia per farne automaticamente parte.

Non funzionava affatto così; quello succedeva solo con i cuccioli di

animale.

L’adozione vera e propria era una procedura molto più lunga. C’era

prima un periodo di permanenza con la nuova famiglia, per vedere se la

convivenza fosse possibile e i rapporti con i membri sereni. Lo chiamavano

affidamento preadottivo. Durante questa fase non era raro che saltassero

fuori incompatibilità e problemi che ostacolavano l’armonia familiare, per

cui la famiglia utilizzava questo tempo per decidere se proseguire oppure

no. Era molto importante… Soltanto se tutto andava per il meglio, e non si

verificavano intoppi, alla fine i genitori finalizzavano l’adozione.

Ecco perché non potevo ancora definirmi membro di quella famiglia a

tutti gli effetti. Vivevo per la prima volta una favola bellissima ma fragile,

capace di frantumarsi come vetro tra le mie mani.

Sarò brava, mi ripromisi. Sarò brava, e ogni cosa andrà per il meglio.

Avrei fatto tutto il possibile perché funzionasse. Tutto…

Scesi di sotto, decisa a non lasciarmi rovinare quella opportunità da

nessuno.

La casa era piccola perciò non faticai troppo a trovare la cucina; scoprii

che delle voci provenivano da lì, e mi diressi titubante da quella parte.

Quando arrivai davanti alla soglia, mi ritrovai incapace di parlare.

I coniugi Milligan erano al tavolo da pranzo, con i pigiami ancora

indosso e le pantofole un po’ scalzate.

Anna rideva, le dita che sfioravano la tazza fumante, e il signor Milligan

versava i cereali in una ciotolina di ceramica, sul volto un sorriso

sonnolento.

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