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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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17. La salsa

“Mi hanno chiesto come mai, a volte,

io abbia ancora tanta rabbia.

Ho risposto che è solo perché, a volte,

io metto ancora tanto cuore.”

Roberto Emanuelli

Avremmo avuto ospiti quel giorno. Amici di vecchia data di Norman e

Anna sarebbero venuti a pranzo da fuori città.

Quando lo avevo saputo, una parte pulsante di me aveva cancellato ogni

altro pensiero e aveva subito sperato di fare una buona impressione.

Mi lisciai l’abito che indossavo; era semplice e bianco, con maniche

corte che mi lasciavano scoperte le spalle e l’arricciatura sul petto. Osservai

il mio riflesso in un piccolo specchio d’argento nel corridoio, e sentii lo

stomaco stringersi di un’emozione sconosciuta. Non ero abituata a vedermi

così, curata, preziosa e pettinata come una bambola.

Se non fosse stato per i cerotti sulle dita e gli occhi color madreperla non

mi sarei riconosciuta.

Controllai di avere il lato del collo coperto dalla treccia. Ormai da

qualche giorno il segno stava svanendo, ma era meglio non rischiare.

«Ah, ma il caldo di oggi!» esclamò una voce femminile dall’ingresso.

«Ad averlo saputo… Qui da voi non tira un filo di vento!»

I coniugi Otter erano arrivati.

La donna che aveva parlato portava un bellissimo soprabito blu cobalto.

Anna mi aveva detto che era una sarta. Le baciò entrambe le guance in

modo sincero e molto affiatato.

«Va bene la macchina lì nel vialetto? George ve la sposta se è troppo in

mezzo…»

«Va benissimo, tranquilla», sorrise Anna, poi le prese il cappello dalle

mani con gentilezza e la invitò oltre l’ingresso. Camminarono a braccetto e

la signora Otter le appoggiò una mano sul polso.

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