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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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capelli infuocati dal tramonto e una prestanza che toglieva il fiato, e mi

pentii all’istante del mio gesto sconsiderato.

Mi piantò addosso uno sguardo incisivo e con una voce stranamente roca,

sibilò: «Spostati».

«Rispondimi,» la mia voce si assottigliò come una supplica, «per

favore.»

«Spostati, Nica», mi redarguì calcando le parole.

Mossi una mano. Non capivo cosa mi spingesse sempre a cercare un

contatto con tutti, ma quando si trattava di lui non riuscivo più a trattenermi.

Dopo la notte in cui mi ero presa cura di Rigel non avevo più timore di quel

limite, anzi. Volevo infrangerlo.

Il mio gesto bastò a farlo reagire. Con una delusione pungente Rigel mi

impedì qualsiasi cosa: si allontanò da me e mi piantò addosso uno sguardo

gelido e ardente. Respirava in modo forzato. Il suo sembrò quasi un riflesso

incondizionato, tuttavia non fece meno male il modo in cui scacciò anche

un gesto innocente come quello.

Però da Anna si faceva toccare. Anche da Norman. E non si faceva

problemi a mettere le mani addosso a chi lo provocava. Non scacciava

nessuno in quel modo. Soltanto me.

«Ti disturba così tanto che io possa toccarti?» Le mie mani tremavano.

Lo stomaco vibrava ma sentivo una stretta al cuore quasi dolorosa. «Chi

pensi che ti abbia curato quando avevi la febbre?»

«Io non te l’ho chiesto», sputò lapidario. Reagì come se lo stessi

mettendo alle strette, eppure quelle parole mi fecero sgranare gli occhi.

Rividi le mie mani che lo sostenevano, gli sforzi per accompagnarlo su

per le scale, la premura e l’attenzione con cui gli ero stata accanto tutta la

notte. Per lui erano stati solo un fastidio?

Rigel strinse un pugno e serrò la mandibola. Poi mi sorpassò come se non

vedesse l’ora di allontanarsi da me.

A quel punto, il mio corpo tremò così forte che non mi riconobbi più.

«Io non devo toccarti ma non vale lo stesso per te, vero?»

Alzai su di lui due occhi furibondi e lucenti, poi mi tirai via il foulard dal

collo con il cuore bollente come un vulcano.

«Questo non conta nulla, giusto?»

I suoi occhi caddero sulla mia gola. Rigel fissò il segno rosso e io strinsi

le labbra.

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