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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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mia pelle. I nervi si tesero, il respiro si fece erratico e qualcosa dentro di me

gelò.

«Lionel…» mi uscì a stento, ma la gola era chiusa, i ricordi si stavano

gonfiando e la mia testa perdeva lucidità. La stoffa mi bloccò le braccia e

una sensazione tremendamente familiare mi assalì con un terrore viscerale.

Mi sentii soffocare. Il mio corpo si contorse e un sudore agghiacciante mi

freddò la pelle fin quando la mia paura non esplose con un urlo fortissimo.

La bacchetta cadde a terra in un ticchettio.

Indietreggiai sotto lo sguardo stupito di Lionel. Ero un fascio violento di

brividi mentre mi strappavo il nastro di dosso, ansimando con tanta

disperazione da non riuscire a respirare.

Il sangue mi martellava nelle tempie e la mia mente accavallava incubi

ancora vividi nella mia testa, intervallando frammenti di buio alla realtà,

ricordi di una porta chiusa e un soffitto scrostato.

«Nica?»

Affondai le dita sopra i gomiti abbracciandomi forte, respirando a fatica.

«Io…» esalai, fragile e scossa. «Scusa… Io… Io…»

Lacrime di impotenza mi punsero gli angoli degli occhi. Il bisogno di

nascondermi spinse dentro di me con insistenza nauseante, e subito lo

sguardo di Lionel mi corrose lo stomaco. Precipitai nei miei terrori e tornai

bambina. Non dovevo farmi vedere. Desiderai coprirmi le braccia, sparire,

diventare invisibile. Desiderai strapparmi la pelle pur di togliermi di dosso

la sua attenzione.

«Sai cosa succede se lo dici a qualcuno?»

Avrei voluto urlare, invece la gola si chiuse e non riuscii a dire altro: mi

voltai e con urgenza corsi fuori dalla stanza.

Trovai la porta del bagno e mi ci chiusi dentro. La nausea mi contorse e

mi gettai a raggiungere il rubinetto: il fiotto freddo esplose dal metallo e mi

inondò i polsi.

Li lasciai lì a inzupparsi, mentre Lionel bussava con insistenza alla porta,

chiedendomi di aprire.

Alcune cicatrici non smettono mai di sanguinare.

Certi giorni si spaccano e i cerotti non bastano a rimarginare la ferita:

quelli per me erano i momenti in cui realizzavo di essere ingenua, infantile

e fragile come un tempo.

Ero una bambina nel corpo di una ragazza. Guardavo il mondo con gli

occhi della speranza perché non riuscivo ad ammettere a me stessa di essere

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