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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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D’improvviso, Nica alzò gli occhi e li posò sul suo letto, in fondo a tutti

gli altri.

E il suo volto di bambina si illuminò. Il mondo brillò nella luce del suo

viso e tutto sembrò d’un tratto più luminoso. Corse verso il suo letto e Rigel

la guardò sfilare attraverso le finestre fino a gettarsi sul cuscino.

La vide prendere il suo pupazzetto a forma di bruco, l’unico ricordo che

le fosse rimasto dei suoi genitori; Rigel si accorse solo in quel momento di

quanto fosse logoro e rovinato. Nella piccola battaglia con l’altro bambino

le cuciture si erano strappate e l’imbottitura fuoriusciva sul davanti come

uno sbuffo di schiuma.

Ma lei assottigliò le palpebre, e in una scia di lacrime sorrise.

Se lo strinse al petto come se fosse la cosa più preziosa del mondo.

Rigel la guardò in silenzio mentre lei cullava il suo tesoro al petto.

Rimase là, nascosto nell’angolo del giardino, e in quel sollievo infinito

sentì boccioli germogliare tra tutte le sue spine.

«Come ti senti?»

Tende piene di sole e luce soffusa.

La figura di Anna era in piedi e mi dava le spalle. Aveva pronunciato

quelle parole con una delicatezza unica.

Rigel, seduto al tavolo davanti a lei, annuì soltanto, senza incrociare i

suoi occhi. Erano due giorni che per la febbre saltava scuola.

«Sicuro?» domandò con tono più soffice. Preoccupata, gli spostò indietro

una ciocca di capelli mettendo in mostra il taglio sul suo sopracciglio.

«Oh, Rigel…» sospirò con un filo di esasperazione. «Come ti sei

procurato questi segni?»

Rigel mantenne gli occhi di lato e non disse nulla; si scambiarono un

silenzio che non capii, un’omertà taciuta a vicenda, e Anna non insistette.

Non capivo perché mi fossi soffermata a guardarli. L’atteggiamento di

Anna stuzzicava il mio cuore, il suo fare così materno mi incantava; tuttavia

ogni volta che guardavo lei e Rigel parlare avevo sempre impressione che

qualcosa mi sfuggisse.

«Questo taglio ha un colore che non mi piace», riportò l’attenzione sul

suo sopracciglio. «Può fare infezione. Non lo avevi disinfettato, vero?»

Gli inclinò un po’ il viso. «Ci vorrebbe… Oh, Nica!»

*

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