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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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16. Oltre il vetro

“Non t’ama chi amor ti dice, ma t’ama chi guarda e tace.”

William Shakespeare

Strinse le dita con tutta la forza che aveva.

Non gli stava facendo abbastanza male.

Unghie lo ferirono, affondarono nella sua pelle tenera, ma Rigel non

mollò la presa.

«Ti ho detto di darmelo», sibilò ancora, con quel tono che spaventava

sempre tutti.

«No! È mio!»

L’altro bambino si dimenò come un cane selvatico. Tentò di graffiarlo e

spingerlo via. Rigel gli strattonò i capelli con violenza, costringendolo a un

piagnucolio rabbioso di dolore: lo stava piegando con tutta la prepotenza

di cui era capace.

«Dammelo», ringhiò affondando furiosamente le unghie nella sua cute.

«Adesso!»

L’altro ubbidì. Aprì il pugno e qualcosa cadde a terra. Nello stesso

momento in cui se lo ritrovò ai piedi, Rigel lo lasciò andare e lo spintonò

via.

Il bambino rotolò al suolo, graffiandosi le mani nella polvere; gli rivolse

un’occhiata feroce, grondante di paura, poi si alzò in fretta e corse via.

Rigel rimase a guardarlo con il fiato corto e le piccole ginocchia

sbucciate. Si piegò a raccogliere ciò che aveva ottenuto e lo strinse tra le

dita.

I graffi gli facevano male.

Ma non ci badò.

Gli bastò vederla da lontano per non sentire più il bruciore alle

ginocchia.

Verso sera, infatti, lei apparve sulla soglia della camera comune. La

mano sotto alle palpebre raccoglieva lacrime che non si fermavano da

giorni.

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