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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Gli avevo appena detto la verità.

Non importava quante volte io fossi scappata via.

Non importava quanti morsi lui continuasse a lasciarmi.

Non importava quanto avesse provato a tenermi lontana.

Non importava nulla…

Io non riuscivo a spezzare quel filo sottilissimo che ci legava da tutta la

vita.

E non potevo tornare indietro… Non dopo averlo sentito abbandonarsi

inerme tra le mie braccia. Non dopo quella mattina, quando mi aveva

impresso addosso sensazioni che mi avevano segnata molto oltre la pelle.

Io lo avevo visto.

Non per il fabbricante di lacrime che era, ma per il ragazzo che era

sempre stato.

«E mi odi?» ricordai la nostra conversazione in corridoio. «Mi odi

falena?»

No…

Rigel raddrizzò il capo.

Fu come vedere il compimento di qualcosa di previsto, programmato,

dolorosamente immutabile.

Eppure non fece meno male.

Si girò verso di me, fissandomi un momento. Poi sorrise.

«Menti al fabbricante di lacrime, Nica…» enunciò lento e amaro. «Lo sai

che non dovresti.»

Eccoci di nuovo lì, separati da quel confine dove io ero la ragazza del

Grave e lui il fabbricante di lacrime.

Allo stesso punto di partenza di quando eravamo bambini.

La storia era destinata a ripetersi.

La regola era sempre la stessa: bisogna smarrirsi nel bosco e sconfiggere

il lupo.

Solo così si raggiunge il lieto fine.

Le favole, in fondo, finiscono con “per sempre”.

Ci sarebbe mai stata un’eccezione per noi?

*

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