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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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aveva spento sulle labbra.

E lo sapeva che avrebbe solo dovuto dirle grazie. Le doveva molto più di

quello che aveva dato a vedere.

Lo sapeva, eppure era così abituato a mordere e graffiare che ormai era

un istinto. O forse, più semplicemente, non riusciva a essere niente di

diverso dall’indole cattiva che si era cucito addosso.

Lo terrificava il pensiero che lei, così pura e pulita, potesse conoscere i

suoi sentimenti disperati.

«Rigel…» la sentì sussurrare piano. Restò immobile, impietrito da lei,

come ogni volta che sentiva quella bocca ospitare il suo nome.

«Tu… davvero non ricordi nulla?»

Il dubbio scavò lentamente, cosa si doveva ricordare?

C’era qualcosa che si doveva ricordare?

No, andava bene così, si disse con urgenza. Il solo pensiero di avere

avuto le sue mani addosso, mentre lo accompagnava di sopra, bastava a

fargli perdere la testa.

Eppure, il fatto di non ricordarle era addirittura peggio.

«Che importanza ha?» si ritrovò a domandare con più asprezza del

voluto. Quel tono gli scappò dalle labbra prima che potesse fermarlo e se ne

pentì all’istante quando lei si fermò.

Nica alzò il viso e lo guardò negli occhi.

Il suo sguardo lo investì con delicatezza, le lentiggini brillarono sui

lineamenti fini e gentili e le sue labbra spiccarono come un castigo proibito.

Lo guardò in quel modo così suo, da ninfa indifesa, da cerbiatto di bosco.

E Rigel divenne improvvisamente consapevole di averla piegata in

ginocchio davanti a sé.

Così, con quegli occhi grandi e un’innocenza che gli spezzò il respiro. Si

sentì bruciare di nuovo, stavolta in un punto molto al di sotto del petto.

Distolse in fretta lo sguardo. Il tormento gli chiuse le labbra a filo doppio,

e lui sentì il bisogno di sottrarsi a quella visione: senza una parola strinse la

mandibola e la superò.

Se ne sarebbe andato se lei non lo avesse fermato per il cuore.

Se ne sarebbe andato via se lei non avesse scelto proprio quel momento

per pronunciare ancora il suo nome e fermare la terra sotto i suoi piedi.

Quello che le sentì dire non lo avrebbe mai più dimenticato.

«Rigel… Io non ti odio.»

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