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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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«Nica!» mi chiamò ancora Anna e io ansimai, il fiato incredibilmente

ruvido. Lanciai un’occhiata allarmata verso la porta. Era vicina. Era lì, era

praticamente da noi…

In uno slancio di panico, afferrai con forza i capelli di Rigel e poi lo

strappai bruscamente via.

Sentii il suo gemito basso mentre ricadeva sul materasso, prima che io

sgattaiolassi giù dal letto.

Quando, l’istante dopo, la porta si spalancò di botto, la mano di Anna era

tesa in avanti proprio nell’atto di afferrare la maniglia.

Fissò sorpresa il volto stravolto e arrossito con cui le avevo aperto.

«Nica?»

«Sta molto meglio ora», borbottai furente, mentre Rigel giaceva

inabissato sotto il cuscino che gli avevo lanciato dritto in testa.

La sorpassai in una ventata di capelli, sfuggente, e filai via con una mano

premuta sul collo.

Mi allontanai da quella stanza con le ginocchia che tremavano, la mente

frastornata e il cuore incastrato lì, dove la bocca di Rigel ancora bruciava in

un modo che non avrei mai potuto dimenticare.

Qualche ora più tardi non riuscivo ancora a togliermi di dosso quella

sensazione.

La sentivo camminarmi sulla pelle.

Scottava.

Mi ossessionava.

Pulsava dappertutto come un livido invisibile.

Sfiorai con i polpastrelli la gola mentre scendevo le scale. Avevo trovato

un piccolo arrossamento quando mi ero guardata allo specchio e speravo

con tutto il cuore che con i capelli sciolti non si notasse.

Tuttavia, per quanto provassi a nasconderlo, ciò che mi turbava non era

in superficie, ma in profondità. Qualcosa mi navigava dentro come un

vascello nel temporale e non capivo ancora come fare a salvarmi.

Entrai in cucina che ormai era pomeriggio inoltrato. Avrei dovuto

prendere dell’acqua invece mi ritrovai a fermarmi sulla soglia.

Rigel era seduto al tavolo.

Indossava un maglione blu leggermente largo sul collo e notai che aveva

i lineamenti un po’ spenti, ma pur sempre affascinanti. I capelli neri

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