10.10.2022 Views

Domm Erin - Fabbricante di lacrime

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

«Non preoccuparti,» dissi quando invece era chiaro che di

preoccupazione, lì, ce n’era in abbondanza, «ora… ora ci penso io, Anna!

Se mi dici per filo e per segno cosa devo fare, io…»

Le istruzioni che mi elencò a raffica me le stampai dritte nel cervello. La

lasciai con la promessa di richiamarla, dopo averle detto che avevo capito.

Tornai in corridoio e mi fermai a un metro da Rigel; poi inghiottii un

sospiro svelto mi apprestai a non perdere più tempo.

Mi piacerebbe dire che me lo caricai in spalla e lo portai con dignità su

per le scale… Non fu così nemmeno lontanamente.

La cosa primaria e meno scontata che mi ritrovai a fare fu toccarlo.

Rigel non si era mai lasciato toccare da me, o anche solo avvicinare, e

quando gli posai una mano incerta sullo spigolo della spalla mi accorsi che

mi tremavano le dita.

«Rigel…» avvicinai il viso e i miei capelli gli inondarono la schiena.

«Rigel, ora… ora tu devi darmi una mano…»

Riuscii a voltarlo sulla schiena. Cercai di issarlo seduto, ma inutilmente;

gli passai un braccio dietro al collo e gli sollevai la testa: i capelli neri

scivolarono via da terra e si adagiarono sul mio avambraccio; il suo capo si

reclinò all’indietro e la pelle tesa della gola bianca risaltò proprio sotto i

miei occhi.

«Rigel…»

Vederlo così inerme mi creò un nodo nel petto. Deglutii, lanciando

un’occhiata preoccupata alle scale, e poi tornai a guardarlo. Mentre lo

osservavo da così vicino, lì seduta a terra con lui, nemmeno mi accorsi che

lo stavo stringendo più di quanto fosse necessario per sorreggerlo.

«Dobbiamo andare su», gli dissi piano, delicata ma risoluta. «Rigel, solo

le scale. Solo le scale…» Strinsi le labbra, issandogli il busto. «Avanti!»

Ecco… Forse avanti era una parola grossa.

Insomma, io medicavo passeri feriti e topolini che si incastravano nelle

trappole, ero abituata a creature di ben altra taglia.

Cercai di convincerlo a fare uno sforzo, gli chiesi se almeno poteva

sentirmi. Quando vidi che non mi dava retta cominciai a trascinarlo di peso

lungo il pavimento. Sbuffai ciuffi di capelli mentre i miei piedi scivolavano

sul parquet, ma in qualche modo riuscimmo a raggiungere il ciglio delle

scale.

Afferrai Rigel per la maglietta e riuscii a tirarlo su quanto bastava per

fargli appoggiare la schiena contro il muro; era alto e imponente e io ero

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!