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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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14. Disarmante

“Certi amori non li coltivi.

Sono come le rose selvatiche:

sbocciano raramente e ti fanno stare sulle spine.”

Erin Doom

Me la ricordavo, mamma.

Capelli crespi e profumo di viole, occhi grigi come il mare d’inverno.

Me la ricordavo perché aveva dita calde e un sorriso gentile, perché mi

faceva sempre prendere in mano gli esemplari che studiava.

«Fai piano», sussurrava in quel ricordo, mentre dalle sue mani una

bellissima farfalla azzurra scivolava dentro le mie.

«È la delicatezza, Nica», mi diceva. «La delicatezza, sempre…

ricordatelo.»

Avrei voluto dirle che io ci avevo creduto.

Che io lo avevo conservato dentro di me, un mattoncino su cui avevo

costruito il mio cuore.

Avrei voluto dirle che io me lo ero ricordato sempre, anche quando il

calore delle sue mani era svanito e le mie si erano riempite di cerotti,

l’unico colore che mi era rimasto.

Anche quando i miei incubi si erano macchiati dello scricchiolio del

cuoio.

Ma in quel momento…

Avrei solamente voluto dire a mamma che a volte la delicatezza non

bastava.

Che le persone non erano tutte farfalle, e io avrei potuto fare piano

quanto volevo ma non si sarebbero mai lasciate maneggiare con cura. Mi

avrebbero sempre ricoperta di morsi e graffi, e io avrei finito per riempirmi

di ferite che non potevo curare.

Era questa la verità.

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