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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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«Quando ti sarai levato dai piedi…»

«Sì,» aveva masticato, caustico, proteggendo dentro di sé il ricordo di

Nica, «aspetta e spera.»

Il primo pugno gli aveva spaccato il labbro.

Rigel aveva sentito il sangue mischiarsi alla pioggia, e non aveva potuto

fare a meno di pensare che tutto sommato quel dolore fisico era meglio

dell’avvilimento di poco prima.

Il secondo pugno lo aveva mancato, ed era tornato indietro a Lionel con

tutta la furia di una bestia arrabbiata. Si era abbattuto sulla sua mandibola

con uno scricchiolio sinistro che aveva graffiato persino il temporale.

Non si era fermato, Rigel, nemmeno quando l’altro aveva risposto ai

colpi, nemmeno quando si era sentito tagliare il sopracciglio; non si era

fermato nemmeno quando le nocche si erano sbucciate e i capelli fradici gli

erano entrati negli occhi accecandolo come spilli.

Non si era fermato finché non era rimasto l’unico in piedi e Lionel era

rotolato a terra con una smorfia contratta.

Lo aveva guardato dall’alto, lampi e oceano nero sopra al capo, sputando

un grumo di sangue sull’asfalto.

Non voleva immaginare, ora, come lei lo avrebbe guardato.

«Ci vediamo, Leonard», aveva sibilato andandosene.

Lo aveva lasciato sotto la pioggia a contorcersi nel suo stesso errore.

E le aveva viste, la dannazione e la miseria… Le aveva sentite come una

colpa assordante dentro le iridi sempre così splendenti di Nica.

L’aveva avvertita come mai prima di quel momento, una macchia nera in

quella purezza candida e bellissima, un’ondata violenta che gli aveva

travolto il petto, quando lei aveva alzato il volto dal cellulare e gli aveva

puntato addosso la condanna del suo sguardo.

Il modo in cui si era sentito morire se lo sarebbe ricordato per tutta la

vita.

Rigel l’aveva guardata dentro quegli occhi da fabbricante di lacrime, e

aveva saputo di non poterle mentire.

Di non poter negare, perché le sue nocche gridavano graffi e sangue,

perché Lionel ormai aveva parlato, e Rigel aveva compreso solo in

quell’istante che quell’espressione delusa era il doloroso prezzo da pagare

per ogni singola bugia.

Per aver taciuto e nascosto, per averla spinta sempre lontano prima che

potesse capire.

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