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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Aveva spinto indietro il tarlo mentre la sagoma avanzava verso di lui.

«Leonard?» aveva tentato con un sopracciglio alzato, indeciso.

«È Lionel», aveva ringhiato l’altro, ormai a pochi passi.

Rigel aveva pensato che, tutto sommato, che si chiamasse Lionel o

Leonard non gliene poteva fregare di meno. Entrambi quei nomi lo

irritavano parecchio. Tutto, di quel tizio, lo irritava parecchio.

«E c’è un motivo, Lionel, per cui te ne stai qui a girare in questo quartiere

come una specie di maniaco?»

«Maniaco?» Lionel lo aveva fissato con i lineamenti compressi d’ira. «Io

maniaco? Ma come cazzo ti permetti?» gli si era avvicinato bruciando

tensione. «Se c’è un dannato maniaco qui sei tu!»

Rigel gli aveva rivolto uno sguardo canzonatorio, l’angolo della bocca

arricciato.

«Ma davvero? Peccato che io qui ci abiti», e aveva visto lampi di

alterazione negli occhi fissi su di lui. «Non si può certo dire lo stesso di te.

E ora levati dai piedi.»

Rigel lo aveva morso come faceva con tutti, ma con più sarcasmo, con

più spregio possibile - aveva affondato i denti e aveva cercato di fargli

male, male, male, e l’altro aveva stretto i pugni in un impeto di rabbia.

«I tuoi giochetti del cazzo non funzionano più», aveva ringhiato, bagnato

fradicio, e Rigel lo aveva trovato tanto ridicolo da irritarlo fortemente.

«Credi che non lo sappia? Credi che lei non me lo abbia detto? Tu non sei

suo fratello! Non sei niente, proprio un bel niente. Hai finito di girarle

intorno come se avessi un qualche diritto su di lei!»

Il tarlo aveva graffiato, prendendogli possesso dei polsi; Rigel li aveva

tesi, sfrigolante di collera.

E questo, invece? Questo che diritti aveva? Questo cosa ne sapeva di ciò

che lo legava a Nica? Cosa credeva di sapere?

«E tu, invece,» si era sporto in avanti, iroso, ripudiando l’idea che lei

venisse classificata alla stregua di un oggetto, «tu che la conosci da un

giorno hai diritti su di lei, vero?»

«Sì, io sì», aveva replicato Lionel, e il ricciolo di un sorriso era comparso

tra proiettili di pioggia. «Mi ha scritto tutto il giorno, dicendomi che non ti

vuole più vedere. Mi cerca», aveva calcato, come a voler sbatterglielo in

faccia, e Rigel lo aveva sentito come uno schiaffo sulla pelle, o forse sul

cuore; gli aveva bruciato addosso in maniera tremenda, corrodendogli lo

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