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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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sgomento, e lì sotto i capelli di Nica, le mani di Nica, gli occhi di Nica, le

labbra di Nica.

Nica, a distanza di un respiro, sovrastata dal suo corpo come solo nelle

sue fantasie osava sperare.

Si era sentito sradicare, e in quella follia avrebbe voluto dirle che lui la

vedeva ogni notte, che nei suoi sogni loro erano ancora bambini e lei aveva

sempre un dettaglio luminoso, una luce che la rendeva perfetta.

Che lei era perfetta, perché lui non sapeva immaginare niente di più

puro.

Avrebbe voluto dirle che la odiava per la sua gentilezza, per il modo in

cui sorrideva sempre a tutti, per quel suo cuore di falena che si preoccupava

per chiunque, anche lui, nessuno escluso. Che lo illudeva di preoccuparsi

per lui, quando lei invece era fatta semplicemente così, e lo faceva sempre

con tutti.

Avrebbe voluto dirle tante di quelle cose che Rigel se le era ritrovate

sulla punta della lingua tutte insieme, un caos palpitante, un affollamento di

parole ed emozioni, paure e angosce pulsanti; lì, tutte a bruciare lì, spine sul

palato, amore tra i denti.

Si era visto spingere via prima di poter fare alcunché.

E tutto si era sgretolato in una pioggia di cocci, frammenti di vetro. Si era

infranto insieme a una parte di lui, e Rigel aveva pagato con il rimpianto

ogni singola briciolina di speranza.

Lo sapeva che lei non lo avrebbe mai voluto; lo sapeva, in fondo lo

sapeva, lo aveva sempre saputo. Era stato lui a fare in modo che fosse così.

Eppure aveva chiuso gli occhi, per risparmiarsi almeno la straziante

sofferenza di vederla scappare via.

Doveva uscire da lì.

Doveva allontanarsi da lei, da quella casa - sarebbe uscito di testa se

avesse sentito ancora il suono della sua voce, o il contorno delle sue dita

attraverso la stoffa quando nel corridoio aveva provato a toccarlo.

La pioggia gli aveva impregnato i vestiti, inzuppando ogni emozione;

Rigel aveva stretto i pugni e serrato i denti, andando avanti e indietro come

una belva chiusa tra sbarre invisibili.

«Tu!» Un grido aveva spezzato il temporale.

Rigel si era visto una figura rabbiosa venirgli incontro. Non ci era voluto

chissà che sforzo a riconoscerlo, pur così fradicio di pioggia.

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