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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Ma era fuori di testa il ragazzo, tanto matto da avvicinarglisi, e non avere

paura. E a Rigel in fondo non dispiacevano le persone folli, la loro

sconsideratezza lo divertiva. Era una distrazione sufficiente.

Forse avrebbe anche potuto diventare suo amico se non fosse stato così

simile a lui.

Forse avrebbe anche potuto considerarlo qualcosa, se non si fosse rivisto

troppe volte nel riflesso del suo sorriso stretto e nelle occhiate cariche di

bieco sarcasmo.

«Credi che Adeline farebbe anche con me quello che fa con te?» si era

sentito chiedere un pomeriggio con un ghigno nella voce.

Rigel non aveva potuto farci niente: aveva percepito quel sogghigno

arpionarsi anche alle sue labbra.

«Vorresti farti un giro?»

«Perché no? Oppure Camille… Una vale l’altra.»

«Camille ha le pulci», aveva insinuato Rigel, con quel divertimento

crudo e svilente che sostituiva per un momento il bruciore nel petto. Il tarlo

sonnecchiava dentro un labirinto di vene, guardiano di graffi e sospiri.

«Oh, allora Nica», aveva sentito. «Quel suo visetto innocente mi fa venir

voglia di farle tante di quelle cose… Neanche te lo immagini cosa mi

scatena. Credi che si dimenerebbe? Oh, sarebbe divertente… Scommetto

che se le ficcassi una mano tra le cosce non avrebbe nemmeno la forza di

respingermi.»

Non l’aveva sentita la cartilagine che gli graffiava le nocche. Non le

aveva sentite le dita, la ferocia con cui avevano raschiato voracemente l’aria

e avevano rovinato quel pomeriggio di sole.

Ma si sarebbe sempre ricordato il rosso del sangue sotto le unghie dopo

averlo tirato giù per i capelli.

Così come non avrebbe dimenticato lo sguardo di lei il mattino seguente,

un lampo di luce che lui non aveva mai visto così lontana. Un urlo muto che

aveva gridato terrore e accusa, e che lui aveva sentito incassarsi dentro,

dritto nel buco che gli aveva lasciato.

Nell’amarezza di quel destino beffardo, a Rigel era venuto da sorridere.

Aveva sorriso, perché faceva davvero troppo male.

In fondo aveva sempre saputo che c’era qualcosa che non andava, in lui.

Quando li avevano presi insieme Rigel aveva sentito il filo della

condanna serrarsi attorno al cuore.

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