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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Indietreggiai. Lo osservai con occhi angustiati, e dentro mi sentii

graffiata da quella reazione più di quanto avrei voluto ammettere.

«Io volevo solo…» e mi chiesi perché, perché non imparassi mai,

«accertarmi che stessi bene.»

In quel momento mi accorsi che aveva le pupille leggermente dilatate.

L’istante dopo il suo volto cambiò espressione.

«Perché?» Una cruda ironia gli storpiò la bocca in una maniera smodata,

esagerata. In una maniera che stonò addosso persino a lui, come se

smaniasse di affondare i denti. «Oh, già,» si corresse subito, schioccando la

lingua in un modo che sembrava fatto apposta per graffiarmi, «perché sei

fatta così. È nella tua natura.»

Tesi i polsi, tremando.

«Smettila.»

Ma lui fece un passo verso di me. Mi torreggiò addosso con quel sorriso

che era morsi e veleno, brutalmente spietato.

«È più forte di te, vero? Vorresti aiutarmi?» sussurrò implacabile, le

pupille come aghi. «Vorresti… aggiustarmi?»

«Smettila, Rigel!» Indietreggiai con impeto. Avevo i pugni chiusi ma ero

sempre troppo gracile, troppo sottile e troppo impotente. «Sembra che tu

faccia di tutto, di tutto per… per…»

«Per?» mi incitò.

«Per farti odiare.»

Da me, avrei voluto buttare fuori. Da me, solo da me, come se mi stessi

punendo.

Come se avessi fatto qualcosa per meritarmi la parte peggiore di lui.

Ogni morso era un castigo, ogni occhiata un monito. A volte avevo

l’impressione che con quegli sguardi lui volesse dirmi qualcosa e allo stesso

tempo seppellirlo sotto metri di graffi e spine.

E mentre lo guardavo, inghiottita nell’ombra che lui mi gettava addosso,

mi sembrò quasi di vederlo lampeggiare nei suoi occhi: qualcosa al di sotto,

che nemmeno io ero mai stata in grado di vedere.

«E mi odi?» la sua voce mi invase le orecchie, amplificata dalla sua

vicinanza. Il volto era lievemente reclinato su di me per compensare il

divario tra le nostre stature. «Mi odi, falena?»

Fissai in alternanza le sue iridi, colpita e sconfitta.

«È quello che vorresti?»

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