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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Non lo avevo mai sentito suonare pezzi vivaci o festosi. Nelle sue

melodie c’era sempre qualcosa di struggente e indefinito che ti spezzava il

cuore.

Ad un certo punto, Klaus saltò sul pianoforte. Si avvicinò a Rigel e lo

annusò a testa bassa, come se credesse di conoscerlo.

Le dita si fermarono lentamente. Rigel ruotò il viso verso il gatto, poi

allungò una mano e lo prese per la collottola per metterlo giù.

Ma d’improvviso le sue spalle si irrigidirono. L’istante dopo le dita

affondarono brutalmente nel pelo e Klaus si dimenò soffiandogli addosso,

ma non servì a nulla: Rigel si alzò di scatto e lo scaraventò via, graffiando i

tasti del pianoforte e rovesciando il vaso di fiori, che cadde a terra con un

frastuono assordante. Il cristallo esplose in mille pezzi e la violenza che mi

si dipinse davanti agli occhi mi fece schizzare il cuore in gola.

Il terrore mi assalì. Quel momento di pace venne fatto a pezzi da una

furia cieca e io inciampai all’indietro, sconvolta. Fuggii via, correndo su per

le scale in un sottofondo di suoni scordati.

Mentre il panico mi crollava addosso e il battito mi offuscava la mente, i

pensieri tornarono indietro fino a un ricordo sbiadito dal tempo…

«Mi fa paura.»

«Chi?»

Peter non rispose. Era timido, ossuto, e aveva sempre terrore di tutto. Ma

quella volta i suoi occhi sussurravano qualcosa di diverso.

«Lui…»

Anche se ero solo una bimba capii di chi stava parlando. In tanti

avevano paura di lui, perché Rigel era atipico persino tra i bambini come

noi.

«Ha qualcosa che non va.»

«Che intendi?» domandai incerta.

«È violento», Peter rabbrividì. «Fa a botte e ferisce chiunque per il gusto

di farlo. Ogni tanto lo vedo… Strappa l’erba a manciate. Sembra fuori di

sé. La raschia come un animale. È feroce e rabbioso, non sa fare altro che

del male. Fa paura.»

Deglutii, guardandolo da sotto i ciuffi delle mie trecce sfatte.

«Tu non hai nulla da temere», lo rassicurai con la mia vocina. «Non gli

hai mai fatto niente…»

«Perché tu? Che cosa gli hai fatto?»

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