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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Anna quella sera ritornò prima del previsto.

Mancavano un paio di giorni al convegno dei disinfestatori e lei mi

chiese se ci fosse qualcosa di cui avessi bisogno, così me lo avrebbe

comprato.

«Torneremo in giornata», mi informò. «Partiremo all’alba, il volo è di

un’ora e mezza. Saremo a casa dopo cena, probabilmente intorno a

mezzanotte. Il tuo cellulare funziona bene, vero? Hai avuto problemi a

chiamare? Per qualsiasi cosa…»

«Staremo bene», la rassicurai con voce delicata, desiderando non

rovinare quell’evento così importante che Norman attendeva da anni.

«Sappiamo cavarcela, Anna, non devi preoccuparti per così poco. Io e

Rigel…»

Ma mi bloccai. Il suo nome mi rimase lì, come un coccio di vetro

incastrato in gola.

Realizzai solo in quel momento che sarei dovuta restare da sola a casa

con lui per un giorno intero. Con solo la sua presenza a riempire il silenzio

delle stanze. Con solo il suono dei suoi passi e quegli occhi che facevano

rumore…

«C-Come?» sussultai riscuotendomi.

«Potresti andare a chiamare Rigel?» mi ripeté Anna, mettendo sul

bancone alcune confezioni di passata al pomodoro. «Vorrei parlarne anche

con lui…»

Mi tesi e non mi mossi. L’idea di andare a cercarlo, avvicinarmi a lui o

trovarmi di nuovo davanti alla porta della sua stanza mi irrigidiva da capo a

piedi.

Ma lei alzò il viso, guardandomi, e io mi ritrovai a stringere le labbra.

Sarò brava, sussurrò una vocina dentro di me.

Anna non sapeva nulla del rapporto controverso che legava me e Rigel.

Non sapeva nulla dei nostri trascorsi, del nostro evitarci, delle parole che

sembravano morsi.

E doveva continuare a essere così.

O avrei rischiato di perderla…

Mi girai in modo quasi meccanico, e senza dire niente mi avviai a

esaudire la sua richiesta.

Scoprii che Rigel non era in camera: la porta era socchiusa, e lui dentro

non c’era.

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