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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Subito, emozioni incontrollabili mi morsero dappertutto. Strinsi le mani

attorno al libro desiderando all’istante che si allontanasse da me.

«No, io… in realtà passavo di qui. Sono Lionel», guardò Rigel con una

punta di diffidenza. «Vado anche io alla Burnaby.»

Rigel tacque, e il disagio di quel silenzio mi strisciò sulla pelle, così mi

morsi l’interno della guancia e buttai fuori: «Lionel mi ha riportato un libro

che mi sono dimenticata».

Fui certa di sentire lo sguardo di Rigel sulla nuca. Mi fissò un momento

prima di tornare a sollevarsi, lento e calibrato, sul ragazzo di fronte a noi.

«Ma che gentile.»

Lionel insaccò un po’ la testa, guardandolo con attenzione. L’apparizione

di Rigel creava sempre uno strano disordine nelle persone: era

predominante, mordace e pieno di sottintesi che insieme al suo aspetto lo

rendevano a dir poco intimidente.

«Sì, ecco… La mia sezione e quella di Nica condividono le ore pratiche

del professor Kryll. Io sono un suo compagno di laboratorio», fissò Rigel

come se ci fosse un punto a cui voleva arrivare. «E… tu?» chiese infatti, le

mani dentro le tasche.

“Tu invece? Chi saresti?” sembrava domandare.

Rigel appoggiò il polso contro la porta: fissò Lionel da sotto le

sopracciglia scure e un sorriso sfrontato gli guizzò all’angolo della bocca,

sprigionando una sicurezza insolente. Solo in quel momento notai che non

indossava felpe o maglioni: una semplice maglietta gli fasciava il petto

definito sotto l’aureola di capelli neri.

«Non lo indovini?» insinuò con tono sferzante.

Lo disse in quel modo così suo, in quel modo sagace che instillava il

dubbio, come se il fatto di trovarlo lì in casa con me potesse essere aperto a

diverse interpretazioni.

Si scambiarono un’occhiata che non capii, tuttavia quando Rigel abbassò

gli occhi su di me aveva lo sguardo definitivo di chi sa di aver l’ultima

parola.

«C’è Anna al telefono», disse, mentre le sue pupille mi bruciavano

addosso. «Vuole parlare con te.»

Incrociare il suo sguardo a quella distanza mi diede la percezione di

quanto fosse vicino. Feci un passo di lato, distanziandomi da lui, e lanciai

un’occhiata al salotto.

Anna stava aspettando di parlarmi?

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