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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Tornando a incrociare lo sguardo della signora Milligan mi accorsi che

mi stava osservando. Fissò in alternanza le mie iridi con una punta di quella

che sembrava quasi… ammirazione.

«Hai… degli occhi davvero molto belli, Nica,» mi confessò dopo un

momento, senza preavviso, «lo sai?»

L’imbarazzo mi morse le guance e io mi ritrovai senza parole da dire.

«Te lo avranno detto tante volte», mi incitò discreta, ma la verità era che

no, nessuno al Grave mi aveva mai detto qualcosa del genere.

I bambini più piccoli ingenuamente mi chiedevano se vedessi a colori

come gli altri. Dicevano che avevo “gli occhi del colore del cielo che

piange”, perché erano di un grigio sorprendentemente chiaro, screziato,

fuori dal comune. Sapevo che in tanti li trovavano strani, ma mai nessuno

mi aveva confessato di trovarli belli.

Quel complimento mi fece tremare impercettibilmente le dita.

«Io… No… ma grazie», farfugliai impacciata, facendola sorridere. Di

nascosto mi pizzicai il dorso della mano e accolsi quel dolore sottile con

una gioia infinita.

Era reale. Era tutto reale.

Quella donna era davvero lì.

Una famiglia, per me… Una vita con cui ricominciare fuori da lì, fuori

dal Grave…

Avevo sempre creduto che sarei rimasta rinchiusa tra quelle mura ancora

per molto tempo. Altri due anni, fino al compimento dei miei diciannove -

fino a prova contraria, quella era l’età in cui si diventava legalmente adulti

nello Stato dell’Alabama.

Ma ora no, ora non dovevo più aspettare di diventare maggiorenne. No,

avevo finito di pregare che qualcuno venisse a prendermi…

«Cos’è?» chiese d’un tratto la signora Milligan.

Aveva il viso sollevato e fissava rapita l’aria attorno a sé.

Fu il momento in cui la sentii anche io. Una melodia bellissima. Lì, tra le

crepe e l’intonaco scrostato, risuonarono le vibrazioni di un suono

armonioso e profondo.

Una musica angelica si diffuse per le pareti del Grave, ammaliante come

il canto di una sirena, e io sentii i nervi arricciarsi nella carne.

La signora Milligan si allontanò affascinata, seguendone il suono, e non

potei che andarle dietro, rigida. Giunse davanti all’arco di una stanza, il

nostro salotto, e lì si fermò.

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