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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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«Rigel, smettila!» Mi aggrappai al suo petto. «Smettila!»

Sgranai gli occhi mentre perdevo l’equilibrio.

In un gesto istintivo mi ancorai a lui, ma Rigel non dovette aspettarselo

perché riuscii solo a trascinarlo giù con me.

Caddi all’indietro sul letto, sentendo il materasso piegarsi sotto la mia

schiena.

Non ebbi il tempo di formulare un pensiero… qualcosa mi atterrò

addosso e il soffitto sfumò tra le mie ciglia socchiuse. Per un momento, vidi

solo un mosaico di macchie indefinite che mi fece stringere le palpebre.

Percepii qualcosa depositarsi delicatamente tra i miei capelli; qualcosa

invece nell’incavo della gola. Erano petali.

Li registrai a fatica mentre un peso si sollevava dal mio busto.

Misi a fuoco…

E mi si mozzò il fiato.

Il volto di Rigel era a un palmo dal mio.

Il suo corpo mi sovrastava.

Fu tutto così improvviso da farmi salire il cuore in gola. Aveva un

ginocchio tra le mie cosce e il tessuto dei suoi pantaloni mi pizzicò la carne

attraverso la stoffa. Il suo fiato mi bruciava la bocca, umido e trafelato, e le

mani erano affondate ai lati del mio viso come artigli d’aquila.

Ma fu solo quando incrociai i suoi occhi colpiti che mi sentii tremare: nel

suo sguardo colsi qualcosa che non avevo mai visto prima, una scintilla di

luce che mi seccò la gola.

Nel riflesso dei suoi occhi vidi le mie labbra dischiuse, il fiato che mi

gonfiava ritmicamente il seno, e il rossore che mi mordeva le guance -

eravamo così vicini che il battito dentro la mia gola era suo.

Il mio stupore era il suo.

Il mio respiro era il suo…

Tutto era suo, persino la mia anima.

Trasalii con un gran brivido. La mia mente strillò come impazzita e con

una forza che non credevo di avere lo spinsi bruscamente via.

Mi alzai dal letto e l’istante dopo fuggii come una lepre dalla stanza.

Incespicai nel corridoio e mi infilai in camera mia, dove chiusi la porta e

ci spinsi sopra la schiena, scivolando a terra.

Mi ritrovai così, con il cuore che picchiava in modo doloroso contro la

gabbia toracica, divorata dai tremiti. La mia pelle gridava ancora la sua

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