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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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«So che le ragazze della tua età hanno telefonini di ultima generazione,

ma…»

«È perfetto», sussurrai, aggrappandomi al significato di quel gesto. «È

assolutamente perfetto, Anna. Grazie.»

Lei sorrise con una punta di tenerezza, poi mi posò una mano sui capelli.

Il mio cuore si scaldò.

«Oh, Nica… Perché non metti gli abiti che abbiamo comprato?» Mi

guardò un po’ amareggiata. «Non ti piacciono più?»

«No», risposi con una punta di urgenza. «Al contrario… mi piacciono

tantissimo!»

Anche troppo in realtà.

Nel momento in cui mi ero ritrovata a unirli ai miei vecchi vestiti, non

ero riuscita a vederli tutti insieme chiusi dentro lo stesso cassetto. Così li

avevo lasciati nei sacchetti, ordinati e conservati come reliquie.

«Aspettavo solo il momento giusto per metterli. Non volevo rovinarli per

nulla», mormorai con un filo di voce.

«Ma sono vestiti», mi fece notare Anna. «Sono fatti per essere indossati.

Non vuoi mettere tutti quei calzini colorati che abbiamo preso insieme?»

Annuii vivacemente, sentendomi un po’ una bambina.

«Allora che aspetti?» Mi lasciò una carezza prima che io abbassassi il

viso.

Mi donò un altro po’ di lei, e io non potei che sentirmi felice per quella

conversazione in cui lei, ancora una volta, mi regalava gocce di una

normalità che sognavo da sempre.

Quella mattina arrivai a scuola da sola.

Avevo fatto tardi per cambiarmi, e non era stato necessario vedere il

pomello dell’attaccapanni vuoto per capire che Rigel non mi aveva

aspettata.

Meglio così, pensai. In fondo mi ero ripromessa di stargli lontana.

Quando Billie mi aveva parlato del Garden Day, il venerdì precedente, mi

ero immaginata una giornata all’insegna del romanticismo.

Avevo sempre pensato che San Valentino fosse una festa intima e

discreta, che non avesse bisogno di atti plateali, perché in fondo l’amore sta

nei gesti più nascosti.

Non avrei potuto sbagliarmi più di così.

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