REVISTA CONNESSIONE EDIÇÃO DE SETEMBRO N° 22 ANO 2022

as Baader e Ulrike Meinhof. Tra ultimatum rinviati
di ora in ora e improbabili tentativi sfumati
sul nascere da parte della disorganizzata Polizia
della Germania Federale, completamente priva di
forze speciali pronte a intervenire in casi d’emergenza,
si arrivò alla decisione di trasferire gli
ostaggi alla base aerea di Fürstenfeldbruck. Dal
numero 31 di Connollystrasse gli atleti israeliani
e i terroristi uscirono a bordo di un pulmino e da
questo furono imbarcati su due elicotteri che alle
22.30 circa atterrarono sulla pista di volo accanto
a un Boeing 727 della Lufthansa. Il piano della
Polizia era quello di farli salire a bordo dell’aereo
riempito di agenti travestiti da piloti, ma proprio
Issa si accorse della trappola e da quel momento
si accese la sparatoria. La reazione dei fedayn si
scatenò sugli israeliani che furono oggetto di una
scarica di mitra e poi di lancio di bombe a mano
che fecero esplodere i due elicotteri. Nel conflitto
a fuoco, durato almeno un’ora, cinque degli otto
membri del commando furono uccisi e stessa sorte
toccò anche a un poliziotto tedesco. L’operazione
si rivelò un clamoroso fallimento terminato
in un tragico bagno di sangue. Le gare che erano
state sospese solamente nel pomeriggio, furono
rinviate al 7 settembre dopo una giornata di commemorazione
in onore delle vittime cui la delegazione
d’Israele non prese parte poiché già tornata
mestamente in patria. A distanza di mezzo secolo
da quella drammatica giornata di morte e di dolore,
oggetto di documentari e film di successo
come Munich di Steven Spielberg, cosa resta di
quell’immane carneficina? Una profonda, indelebile
ferita nel cuore dei famigliari delle vittime
unita alla rabbia e allo sdegno di tutti coloro che
amano lo sport e credono ancora nei suoi valori
universali di pace, amicizia e solidarietà fra i popoli.
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