I Quaderni di WineCouture Marzo-Aprile / 2022

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Per comprendere al meglio l’universo Prosecco, poi, dobbiamo immaginare le diverse Denominazioni che lo compongono e le rispettive zone di produzione organizzate in una struttura a piramide all’interno della quale troviamo alla base la Doc, su cui s’innalzano, per vocazione alla coltivazione dell’uva Glera, i due areali storici della Prosecco Doc Treviso e della Prosecco Doc Trieste. In quanto terroir che ha dato vita a questa bollicina, contribuendo a costruirne il successo mondiale, andremo a posizionare le due tipologie un gradino sopra la base della piramide che identifica le altre province della pianura. Proseguendo, poi, nella nostra scalata, troveremo la prima delle due Docg, il più alto grado di certificazione del vino in Italia, con l’Asolo Prosecco: nasce sulle colline nei dintorni dell’omonimo borgo, dove le importanti pendenze portano a praticare una viticoltura eroica, in scenari estremamente affascinanti e suggestivi. A seguire, un gradino più in su ancora sul piano qualitativo, troviamo la denominazione Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg, la zona storica di produzione del Prosecco, certamente quella che maggiormente ha contribuito a costruirne la fama. E qui si colloca il punto di partenza che conduce alla conclusione della nostra scalata, con l’identificazione di quelle che sono le sottozone caratterizzanti un territorio dal 2019 Patrimonio Mondiale Unesco: s’inizia dal Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Spumante Docg, realizzato esclusivamente sulle colline di Conegliano Valdobbiadene; si prosegue con la tipologia Rive, termine che indica le pendici delle colline più ripide del territorio, 43 cru riconosciuti e censiti (si tratta di singoli comuni o frazioni di esso), dove la vendemmia è esclusivamente manuale e che mettono in luce le peculiarità di suoli, esposizioni e microclimi specifici; da ultimo, ma non certo per importanza, il Cartizze, vero vertice qualitativo e sintesi aurea della Docg Conegliano Valdobbiadene, 108 ettari di vigneto in una sottozona a forma di pentagono, disciplinata fin dal 1969 e compresa tra le colline più scoscese di San Pietro di Barbozza, Santo Stefano e Saccol, che regna su tutto l’universo Prosecco. Una tipologia di punta per la denominazione, quest’ultima del Superiore di Cartizze, frutto di un’area unica dove la perfetta combinazione tra microclima dolce e terreni molto antichi, formati da morene, arenarie ed argille, dona al vino caratteristiche uniche, per uno spumante sontuoso. Uscendo dalla differenziazione territoriale e volgendo lo sguardo a quella metodologica, poi, da citare è la particolarità all’interno dell’areale di Conegliano Valdobbiadene, dove a partire dal 2019 è stata inserita nel disciplinare di produzione un’ulteriore tipologia di 6
spumante che esalta le origini del Prosecco Superiore. Si tratta di quella "Sui Lieviti", che riprende la tradizione della rifermentazione in bottiglia, la prima versione di bollicine nata tra queste colline e che si distingue per la presenza dei lieviti di fermentazione all’interno della bottiglia, per questo nella parlata comune è noto anche come Prosecco “Col Fondo”. È proprio cogliendo come sia realizzato e come si sia differenziata la sua produzione nel corso dei decenni che l’universo Prosecco, con le sue sfumature, areali di produzione, caratterizzazioni, luoghi iconici e peculiarità gustative dei vini che ne derivano, può essere pienamente compreso e decodificato. L’elemento essenziale da cui partire, in questa scoperta, è ricordare che, per essere definito Prosecco, un vino deve essere realizzato con minimo l’85% di uva Glera. A seconda del proprio personale stile, poi, ciascun produttore potrà completare la cuvée con un quantitativo non superiore al 15% di altre uve ammesse dal disciplinare. Quali sono? Verdiso, Bianchetta Trevigiana, Perera, Glera Lunga, Chardonnay, Pinot Bianco, Pinot Grigio o Pinot Nero vinificato in bianco, provenienti da aree previste dal disciplinare che regola la produzione di questo vino sia nella Doc sia nella Docg. Per la produzione del Prosecco, come per gli altri vini, necessaria e decisiva è la prima vinificazione. Una volta che le uve vengono raccolte, il passaggio in cantina è seguito con particolare attenzione. Di grande importanza in questa fase il mantenimento dello stato di sanità delle uve stesse, così da poter procedere con l’ottenimento, tramite vinificazione in bianco, di un “vino base”, il punto di partenza per la realizzazione del Prosecco. Il Prosecco, poi, è innanzitutto uno spumante, realizzato con metodo Martinotti (detto anche Charmat). Grazie a questo procedimento, il vino base si trasforma all’interno di grandi recipienti a tenuta di pressione in acciaio, dette autoclavi, dove si attiva una seconda fermentazione per una durata non inferiore ai 30 giorni. A questo punto, la differenziazione fra un Prosecco e l’altro si ha tramite la decisione del produttore di bloccare la fermentazione stessa, abbassando la temperatura sotto lo zero e assicurando così un residuo zuccherino al vino. Tale procedimento di vinificazione rappresenta il fondamento per l’ottenimento del Prosecco e vede la sua nascita intorno al 1895 dal piemontese Federico Martinotti. Tuttavia, fu il francese Eugène Charmat che costruì e brevettò l’attrezzatura ad implementare tale sistema. Quello Martinotti – Charmat è metodo assai indicato per esaltare aromi primari, fruttati e tutte note, in primis floreali, che tipicamente troviamo nel Prosecco. E questa sua capacità di enfatizzare i profumi e di preservare la freschezza, una delle caratteristiche principali del Prosecco, spiega proprio il perché tale tipologia di spumantizzazione sia la più diffusa nella produzione di questa bollicina. Esistono, però, anche altre varietà di Prosecco, oltre a questa più diffusa. Nonostante il metodo Martinotti – Charmat rappresenti la tradizione a livello produttivo, è prevista anche la, sensibilmente meno diffusa, variante spumante realizzata seguendo il metodo di rifermentazione in bottiglia, ovvero il Metodo Classico o Champenoise. Infine, ma più raramente, il Prosecco può essere Frizzante, quindi un vino con le bollicine ma con sovrapressione più bassa, compresa tra 1 e 2,5 bar, oltre che rifermentato in bottiglia Sui Lieviti, il Prosecco “Col Fondo” di cui dicevamo prima, e senza sboccatura, di conseguenza torbido. Infine, il Prosecco è anche Fermo (o Tranquillo), dunque senza bollicine. Tante tipologie, molte sfumature di terroir, un’unica grande eccellenza italiana del vino. Irene Forni e Matteo Borrè Photo: Beatrice Pilotto 7
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