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LA CIVILTA' CINESE VOL.2_DEMO2

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PREFAZIONE

Il miraggio della longitudine

Un esempio dell’imprescindibilità del manuale di letteratura e cultura nella formazione scolastica

Il 12 dicembre 2016, durante il seminario conclusivo del Progetto di Ateneo Interculturalità, formazione e generi letterari,

il professore Paolo Magagnin, unitamente ai colleghi dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e dell’Università Statale

Milano-Bicocca, manteneva vivo il dibattito italiano sulla didattica della letteratura e della cultura cinesi che, quasi

dieci anni prima, aveva occupato un posto centrale nell’assemblea nazionale dell’Associazione Italiana di Studi Cinesi

tenutasi a Roma nel febbraio 2007. È significativo che, quasi a metà di questo intervallo temporale, cada, all’interno

della riforma promossa dal Ministro Maria Stella Gelmini, l’introduzione ordinamentale delle lingue extra europee nei

curricoli della scuola secondaria di secondo grado: nel 2010, la Legge n. 53 e lo schema delle Indicazioni nazionali per

i piani di studio previsti dal d. p. r. n. 89 davano concretezza al quadro di riferimento unitario per l’insegnamento della

lingua e della cultura cinesi esemplificato dal Sillabo e informato da una prospettiva pedagogica prima ancora che di

metodo, didattica più che epistemologica.

Dai documenti succitati e dalle nuove conquiste della storiografia discende, in prima battuta, l’allontanamento di

un vieto luogo comune: per quanto ‘longitudinalmente’ distante sia la cultura extraeuropea che vogliamo studiare

tanto meno l’indagine da compiersi va confinata nell’alveo dello specialismo accademico. La validità di questo assunto

si fonda sull’idea secondo la quale, nel XXI secolo, le storie locali perderebbero di identità a meno che non vengano

analizzate all’interno di processi dalla portata mondiale.

È indubbio che esista una complessa e pluralistica rete di relazioni intercontinentali interessate dalle migrazioni,

dalla fondazione di nuovi modelli di consumo, dal colonialismo e dalle guerre, tutti aspetti concorrenti a sostenere la

teoria della «trans-nazionalizzazione» della storia contemporanea con cui Akira Iriye chiude le affascinanti pagine del

Mondo globalizzato. Dal 1945 a oggi, sesto volume della Storia del mondo elaborata per i tipi Einaudi. Tuttavia, per

quanto questi e altri fenomeni contribuiscano a renderci cittadini di un’unica «comunità di destino» – a voler amplificare

la visione eurocentrica di Jacques Delors –, il rischio di elaborare travisamenti e facili semplificazioni è incombente,

specie in quell’aurorale momento in cui i discenti si accostano al loro campo di indagine.

Viviamo in un contesto ‘multipolare’ in cui convivono diverse potenze regionali e il flusso onnipresente di informazioni

ha globalizzato l’economia e la politica, come ci hanno dimostrato, per esempio, il tracollo della banca di investimenti

Lehman Brothers nel 2008 e la crisi produttiva all’indomani della pandemia di Covid 19. Ciò non implica, però,

abiurare il carattere protrettico che informa ogni esperimento manualistico a vantaggio di mutilazioni concettuali a cui

difficilmente uno studente delle scuole secondarie di secondo grado potrebbe sopperire senza il sostegno della visione

generale e storicamente estesa del panorama letterario da conoscere.

Nel caso specifico della cultura cinese, non mancano testi straordinari e godibilissimi che incoraggiano, a voler citare

Il leopardo di Gengis Khan di Timothy Brook, «una riflessione di più ampio respiro sui rapporti tra la Cina e il mondo

e sul modo in cui la storia di tali rapporti continua a influenzare il presente». Ma la necessità di rendere sistematiche

queste riflessioni nell’organico profilo curricolare degli allievi richiede un registro piano, fondato sulla gradualità evenemenziale

e sulla competenza maieutica di raccontare nei secoli una società e l’espressione letteraria che di quella

società e di quei secoli è traccia indiscussa.

La storia dell’Europa ci ha dimostrato che la Cina è stata una presenza costante nell’evoluzione dell’umanità. Appare

dunque indispensabile far luce sulle possibilità con cui le persone concretamente implicate nelle interazioni fra la Cina

e il mondo abbiano gestito la tensione di tale incontro. Non mancano testimonianze a suffragio di queste concrete e

simbiotiche relazioni.

Forti delle parole delle autrici de La civiltà cinese. Manuale di cultura e letteratura, scopriamo il vero senso della

LA CIVILTÀ CINESE - MANUALE DI CULTURA E LETTERATURA

III


IV

missione di Marco Polo dal dibattito sull’attendibilità delle rappresentazioni contenute nel Milione. Grazie ai puntuali

riferimenti critici e sinologici, comprendiamo che l’ambasciatore veneziano poco concede all’esotismo e traccia, senza

indugiare in speculazioni storico-linguistiche, una complessa mappa geografica dove animali straordinari, usanze singolari

e tradizioni si collocano come immagini disegnate a rappresentare le peculiarità dei territori attraversati. Quale

cultore della letteratura italiana potrebbe tralasciare l’utilità di questa osservazione?

Continuando su tale linea argomentativa, domandiamoci in quale errore incapperemmo se dimenticassimo che,

all’origine del Vero significato del «Signore del Cielo» – testo fondamentale della catechesi cristiana in Cina –, Matteo Ricci

veste i panni del bonzo buddhista Li Madou per rendere intelligibili due mondi di differente ‘longitudine culturale’.

Con buona pace della teoria ‘transnazionale’, il pericolo di incorrere in approssimazioni è sempre in agguato, specialmente

quando, a scuola, si predilige una linea comparatistica che traguarda le necessarie specificità di un determinato

momento storico-letterario in nome di problemi di stringente attualità. Lo aveva ben capito Valentino Zeichen,

quando, nell’eponimo poemetto di Casa di rieducazione (2011), eleggeva Matteo Ricci a emblema dei pericoli di un

abborracciato e stereotipato immaginario: «Grazie agli scambi di merci | e alla vivacità dei commerci | si annullano

le distanze, | si riavvicinano le nazioni. | Fa esempi comparativi | la macchina del pensiero, | viziata dal concettismo |

ricorre al gigantismo | ostentando Barocco sfarzo». In questi versi giace l’intelligente denuncia di un comparativismo

d’accatto che spesso ci induce a reperire legami profondi anche nella produzione di largo consumo, come accade, ad

esempio, con il romanzo del XVI secolo Xi you ji, l’anime Starzinger e la serie Netflix di Re Monkey. Le fortune e le attuali

rivisitazioni del passato afferiscono a un divertissement che fa da contorno, ma non nutre l’esperienza di una comunità

diversa dalla nostra.

È trascorso più di un secolo da quando, con il Regio decreto del 28 settembre 1913, in Italia, la didattica della lingua

straniera ha fatto suo quel ‘metodo diretto’ che ha introdotto l’insegnamento della civiltà del paese di cui si studia la

lingua. Nella prassi pedagogica, però, l’interesse utilitaristico verso una cultura coeva e lontana non è sufficiente, specie

quando deve tener conto di una tradizione plurimillenaria in cui – è d’obbligo riferirsi al Pensiero cinese di Marcel Granet

– la parola non risponde a un preciso grado di astrazione, ma si piega all’efficacia dell’azione.

Nulla toglie al fatto che, nelle odierne produzioni letterarie, operi una tendenza iconoclastica – largamente diffusa

tanto in Occidente quanto in Oriente e, nella fattispecie, nella Cina contemporanea –, ma l’innovazione e l’eversione,

pur esse figlie di un passato onnipresente, si colgono solo quando è ben chiara la cornice storica che le contiene, solo

quando si depositano all’interno di una humus ontogenetica che anima le società umane e le società scolastiche. E se

volessimo trovare un risvolto pragmatico a questa considerazione, chiediamoci in che misura, senza l’ausilio di un’organizzata

crestomazia della letteratura cinese, una classe di studenti della scuola secondaria di secondo grado potrebbe

reperire le sedimentazioni diacroniche dei chéngyŭ a cui i parlanti di madrelingua spesso ricorrono anche nel corso di

interazioni comunicative di natura informale.

Indirettamente, i tre volumi de La civiltà cinese ci rammentano che la produttività didattica di un manuale di cultura

e letteratura, fortemente innervata nel nostro background, germina dalle belle imprese della Storia della letteratura

italiana di Francesco De Sanctis, dai ritratti indimenticabili della Storia della letteratura latina di Concetto Marchesi e

dalle glosse di Epos di Giovanni Pascoli. In ognuna di queste opere la conoscenza linguistica non costituiva conditio

sine qua non, ma veniva evocata in vista di un progetto preparatorio alla pratica dell’apprendimento di consessi umani

nuovi e passati, vicini e lontani, e da investigare con lo stesso spirito dell’esploratore geografico e del cartografo. Sta

in questa educazione implicita all’estraneità dell’estraneo il lascito più grande dell’eredità ‘post-babelica’ di cui ci ha

sapientemente parlato George Steiner quando sottolineava che l’atto stesso della comprensione di una società diversa

dalla nostra comporta la decifrazione dell’umanità soggiacente a quella. Questo vale ancora di più per un puntuale ed

esauriente compendio della letteratura cinese da offrire a quegli studenti che, per statutario ordinamento, non possiederanno

pienamente, nella parabola dei cinque anni liceali, la lingua di quella letteratura.

Nulla da eccepire di fronte a tale discrasia! Le più belle pagine tradotte e commentate nelle storie delle letterature

straniere hanno costituito il vestibolo alle imprese dei nostri grandi studiosi, sempre animati dal bisogno intimo e

universale di consegnare al racconto e alla memoria la loro lotta contro le obliose obliterazioni delle grandi conquiste

dell’umanità.

Nel 2011, con il saggio Petite écologie des études littéraires. Pourquoi et comment étudier la littérature? Jean-Marie

Schaeffer ascriveva agli studi letterari una duplice funzione: riprodurre e promuovere i valori culturali di una determinata

società; descrivere i processi retorico-estetici che sovrintendono alla conoscenza dei meccanismi di impiego

della lingua adoperata nei fatti della letteratura. Valga, però, una correzione di rotta. Nella scuola, almeno in un contesto

esplorativo, la funzione descrittiva degli studi letterari non prevale mai sulla funzione culturale, concorrendo, con

quest’ultima, a eleggere la letteratura a specimen stilistico e antropico della parabola di una nazione o di una civiltà.

In tal senso, la visione olistica che soggiace a un manuale di storia della letteratura è sempre il frutto di una scelta in

cui l’esperto veste i panni del narratore che seleziona e organizza i fatti storici e i fatti letterari non per costruire quadri

di valore, ma per avvicinarsi ai prodromi di diversi paradigmi culturali e per alimentare quelle conoscenze che solo la

maturità e le scaltrite competenze degli allievi maturi potranno definire e portare a maggiore chiarezza. Non è questo

LA CIVILTÀ CINESE - MANUALE DI CULTURA E LETTERATURA


V

l’onere e il privilegio di un buon maestro?

Assunte tali premesse, è di conforto credere che, a distanza di anni e a dispetto dell’edacità del tempo, un valoroso e

motivato docente giunga a provare quel medesimo sentimento che animò l’anziano imperatore Qianlong quando vide

il suo ritratto giovanile dipinto da Giuseppe Castiglione, da quel Shih-ning padrone dell’arte occidentale e di quella

orientale: l’indefinita e compiaciuta nostalgia di aver contribuito a tracciare un itinerario utile a quanti – studiosi eruditi

o sinologi in nuce, poco importa! – credono che due culture non abbiano bisogno di fondersi o di annullarsi reciprocamente,

ma di conservare la propria integrità per arricchirsi mutevolmente in vista di una costruzione intellettuale che

sopravviva all’inesorabile mola del tempo e alle nostre più deprecabili barbarie.

Prof. Massimiliano Pecora

LA CIVILTÀ CINESE - MANUALE DI CULTURA E LETTERATURA


VI

INDICE

1 UNITÀ 1

LA RIUNIFICAZIONE DELL'IMPERO: LE DINASTIE SUI E TANG

2 1.1 La riunificazione dell’impero: la dinastia Suí 隋

5 Sviluppa le competenze

7 1.2 Introduzione storica: la dinastia Táng 唐

7 La fondazione della dinasta: Lǐ Yuān 李 渊 e Lǐ Shìmín 李 世 民

9 L’imperatrice Wǔ Zétiān 武 则 天

13 Sviluppa le competenze

16 1.3 Il sistema degli esami imperiali kējǔ zhìdù 科 举 制 度

17 1.4 Il regno di Xuánzōng 玄 宗

18 1.5 La rivolta di Ān Lùshān 安 禄 山

20 1.6 L'ultimo periodo della dinastia Tang: la fase di declino

21 1.7 Economia e sistema fiscale sotto i Sui e i Tang

21 Il sistema agrario: la perequazione agraria

21 Il sistema fiscale

22 Il commercio

22 1.8 I pellegrinaggi di Xuánzàng 玄 奘 e Yìjìng 义 净

24 Sviluppa le competenze

27 1.9 Il buddhismo in epoca Tang

28 Sviluppa le competenze

31 1.10 Hán Yù 韩 愈 , Liǔ Zōngyuán 柳 宗 元 e il ritorno alla “prosa antica”

39 Esercizi di riepilogo

43 UNITÀ 2

POESIA E PROSA TANG

44 2.1 La poesia di epoca Tang

LA CIVILTÀ CINESE - MANUALE DI CULTURA E LETTERATURA


44 Contesto culturale

44 Xuanzong, l’arte e la letteratura

45 La poesia cinese come poesia conviviale

45 Poesia Tang: periodizzazione

47 Le forme della poesia Tang

48 2.2 Principali poeti della dinastia Tang

48

53

57

60

60

63

65

69

75

77

82

89

92

94

Lǐ Bái 李 白

Sviluppa le competenze

Dù Fǔ 杜 甫

Wáng Wéi 王 维

Wang Wei e la poesia di paesaggio buddhista

Sviluppa le competenze

Bái Jūyì 白 居 易

Sviluppa le competenze

2.3 La narrativa xiăoshuō 小 说 e zhìguài 志 怪 dall’epoca Han alle Sei Dinastie

Sviluppa le competenze

2.4 I chuánqí 传 奇 di epoca Tang: la narrativa dell’insolito

Sviluppa le competenze

La narrativa popolare buddhista: i biànwén 变 文

Esercizi di riepilogo

97 UNITÀ 3

LA DINASTIA SONG

98 3.1 Wǔdài shíguó 五 代 十 国 Cinque dinastie e Dieci stati

100 Sviluppa le competenze

102 3.2 La fondazione della dinastia Běi Sòng 北 宋 Song settentrionali

104

106

107

Sviluppa le competenze

Economia e innovazioni tecnologiche dei Song settentrionali

Sviluppa le competenze

LA CIVILTÀ CINESE - MANUALE DI CULTURA E LETTERATURA

VII


109

111

113

114

116

119

119

119

121

125

La stagione delle riforme e la fine della dinastia dei Song settentrionali

Sviluppa le competenze

3.3 La dinastia dei Song meridionali Nán Sòng 南 宋

Le conseguenze dell'instabilità ai confini dell'impero

Sviluppa le competenze

3.4 Neoconfucianesimo

3.5 I prosatori Song: Ōuyáng Xiū 欧 阳 修 , Sū Shì 苏 轼 e Wáng Ānshí 王 安 石

Ouyang Xiu 欧 阳 修

Sū Shì 苏 轼

Sviluppa le competenze

127 3.6 La poesia cí 词 di epoca Song

129 3.7 Forma, stile, poeti

129

134

137

138

Lǐ Yù 李 煜

Sviluppa le competenze

Su Shi e la poesia ci

Sviluppa le competenze

140 3.8 Origini del teatro

144 Il teatro come forma di spettacolo autonoma e l’origine della figura dell’attore

144 L’origine della drammaturgia

146 3.9 Il teatro di epoca Song: zájù 杂 剧 , yuànběn 院 本 e nánxì 南 戏

148 Esercizi di riepilogo

152 UNITÀ 4

LA DINASTIA YUAN: UN IMPERO MULTIETNICO E COSMOPOLITA

153 4.1 Le origini dell’etnia mongola

153 Territorio, popolazione e ordinamento sociale e gruppi tribali nel XII secolo

155 4.2 L’ascesa di Temüjin e la formazione dell’identità nazionale mongola

156 Sviluppa le competenze

160 4.3 L’impero di Chinggis Khan

VIII

LA CIVILTÀ CINESE - MANUALE DI CULTURA E LETTERATURA


IX

161 4.4 La successione di Chinggis Khan

161

163

166

167

Il regno di Ö gö dei, le campagne militari in Cina, Yelü Chucai e le sue riforme

Sviluppa le competenze

Il regno di Möngke

Sviluppa le competenze

170 4.5 Khubilai diventa Khan supremo

170 Campagna finale contro i Song Meridionali e fondazione della dinastia Yuan

170 La successione di Möngke e la contesa con Arigh Böke

170 4.6 L’impero di Khubilai

172

175

178

L'economia durante il regno di Khubilai

Sviluppa le competenze

Le campagne militari. La crisi economica e politica dell’impero

179 4.7 I successori di Khubilai

179 Dalle crisi dinastiche alla fine della dinastia Yuan

180 4.8 Il teatro della dinastia Yuan

181 Lo spettacolo

182 4.9 Drammi e drammaturghi

182

185

188

193

Wáng Shífǔ 王 实 甫

Guān Hànqīng 关 汉 卿

Mǎ Zhìyuǎn 马 致 远

Sviluppa le competenze

195 4.10 I sănqŭ 散 曲 o poemi cantati

198 Esercizi di riepilogo

200 UNITÀ 5

LA DINASTIA MING

201 5.1 La fine della dinastia Yuan: la rivolta dei Turbanti Rossi

202 5.2 La fondazione della dinastia Míng 明 : Il regno di Hóngwǔ 洪 武

203 5.3 Il regno di Yǒnglè 永 乐

LA CIVILTÀ CINESE - MANUALE DI CULTURA E LETTERATURA


X

205 5.4 Le spedizioni marittime di Zhèng Hé 郑 和

207 Sviluppa le competenze

210 5.5 Dalla politica di chiusura alla fine della dinastia

211 L’ultima fase dell’impero Ming e lo strapotere degli eunuchi

214 5.6 Economia e società della dinastia Ming: germogli di un’era moderna

216 L’economia dell’argento e la rivoluzione economica

217 5.7 Il cristianesimo in Cina e le missioni dei gesuiti

219 Matteo Ricci

223 5.8 Contesto culturale in epoca Ming

228 5.9 La novella in volgare huàběn 话 本

228 Fé ng Mè nglóng 冯 梦 龙 e Líng Mé ngchū 凌 濛 初

237 Sviluppa le competenze

243 5.10 Il teatro della dinastia Ming: il chuánqí 传 奇 e il kūnqǔ 昆 曲

246 Esercizi di riepilogo

247 UNITÀ 6

LA DINASTIA QING: L'ETÀ D'ORO DELL'IMPERO MANCESE

248 6.1 Le origini della potenza mancese: Nurhaci e l’unificazione delle tribù jurchen

249 Sviluppa le competenze

254 6.2 L’ascesa di Hóng Tàijí 洪 太 极 e la formazione dell’identità culturale mancese

255 6.3 L’era di Shùnzhì 顺 治 e la conquista completa della Cina

257 6.4 Il regno di Kāngxī 康 熙 : l’età dell’oro dell’impero Qing

259

264

265

Sviluppa le competenze

Il fazionalismo a corte e le contese per la successione

Sviluppa le competenze

269 6.5 Il regno di Yōngzhèng 雍 正 e la stabilizzazione dell’impero Qing

271 6.6 Il regno di Qiánlóng 乾 隆 : l’apogeo della potenza Qing

276 Sviluppa le competenze

279 6.7 Il regno di Jiāqìng 嘉 庆 : l’inzio della decadenza dell’impero Qing

LA CIVILTÀ CINESE - MANUALE DI CULTURA E LETTERATURA


XI

280 6.8 Volpi, spettri e funzionari: la narrativa fantastica nel primo periodo Qing

280 Lo “Storico dello strano” e le sue creature: Pú Sōnglíng 蒲 松 龄 e il Liáozhāi zhìyì 聊

斋 志 异

285 Sviluppa le competenze

289

289

291

293

296

“A sud Yuan, a nord Ji”: i racconti fantastici di Yuán Méi 袁 枚 e Jì Yún 纪 昀

Yuán Méi 袁 枚

Sviluppa le competenze

Jì Yún 纪 昀

Sviluppa le competenze

299 6.9 La poesia in epoca Qing: la poetica della scuola Gong’an e la riscoperta della poesia ci

299 Singde del clan Nara e i suoi ci tra sogno e realtà

301 Poesia femminile mancese in epoca Qing: la “signora del clan Nara” e i suoi ci tra sogno

e realtà

302 L’edonista e l’osservatore: le poesie di Yuan Mei e Ji Yun

304 6.10 Il teatro durante la dinastia Qing: lo stile jīngjù 京 剧 l’Opera di Pechino

309

315

Sviluppa le competenze

Esercizi di riepilogo

317 UNITÀ 7

I QUATTRO GRANDI CAPOLAVORI E IL JIN PING MEI

318 7.1 Sì dà míngzhù 四 大 名 著 : i quattro grandi capolavori

318 7.2 Sānguó yànyì 三 国 演 义 Romanzo dei Tre regni

324 Sviluppa le competenze

326 7.3 Shuǐhǔ zhuàn 水 浒 传 Storie dal bordo dell’acqua

330 Sviluppa le competenze

334 7.4 Xīyóu jì 西 游 记 Resoconto del viaggio in occidente

341 Sviluppa le competenze

344 7.5 Hónglóu mèng 红 楼 梦 : la contrapposizione apparente tra finzione e realtà

349 Sviluppa le competenze

LA CIVILTÀ CINESE - MANUALE DI CULTURA E LETTERATURA


357 7.6 Jīn Píng Méi 金 瓶 梅 : un microcosmo sociale all’interno di una ricca dimora borghese

359 Sviluppa le competenze

367 Esercizi di riepilogo

370 GLOSSARIO

392 Bibliografia

396 Sitografia e contenuti multimediali

XII

LA CIVILTÀ CINESE - MANUALE DI CULTURA E LETTERATURA


2

1.1 La riunificazione dell’impero: la dinastia Suí 隋

Dopo la caduta della dinastia Han nel 220, la Cina

visse un lungo ciclo di divisione politica: al periodo

dei Sanguo [V. 1 U. 7 pp. 175] seguì una breve

fase di riunificazione ad opera della dinastia Jin

(266-420) che tuttavia terminò in seguito all’arrivo

di popolazioni provenienti dall’Asia centrale e

settentrionale che occuparono gran parte del nord

della Cina, dando inizio all’era Nanbei chao (420-

589) [V. 1 U. 8 pp. 180-184]. Questo periodo,

noto anche come Liù Cháo 六 朝 Sei Dinastie, fu

caratterizzato da un’imponente migrazione della

popolazione di etnia han verso le regioni meridionali

ed in particolare verso il delta del Fiume

Azzurro, un’area un tempo periferica che a partire

dal quarto secolo fu progressivamente colonizzata

fino a divenire sede di scambi commerciali e centro

propulsore di una nuova fioritura culturale. I verdi

paesaggi collinari del sud erano tra l’altro adatti alla

coltivazione del riso, che divenne l’elemento fondamentale

della dieta nelle regioni meridionali: la

tradizionale distinzione tra dieta del nord, ricca di

frumento, e dieta del sud, basata su riso e derivati,

iniziò in questa epoca. Le genti del sud, con il passare

delle generazioni iniziarono a considerarsi le

vere discendenti della dinastia Han, in contrapposizione

alle famiglie cinesi del nord, le cui maniere

erano ritenute poco raffinate.

gli ultimi anni

dei Zhou settentrionali

Viaggio di Xuanzong a Shu-

La riunificazione politica e militare dell’impero cinese partì dai territori del nord,

che dal 577 erano stati unificati sotto il controllo della dinastia dei Běizhōu 北

周 Zhou settentrionali (557-581) di etnia Xianbei. Dopo una serie di vittoriose

battaglie, nel 578, l’imperatore Wǔ 武 dei Zhou settentrionali, morì improvvisamente

di malattia a 36 anni. Il suo diretto successore, Yǔwén Yūn 宇 文 贇 (559-580), si dimostrò da subito

estremamente volubile ed imprevedibile: abdicò nominando imperatore il figlio di appena sei anni, elevò

varie concubine al rango di imperatrici e pretese per sé stesso il titolo di “Celeste”. Tra le sue concubine vi era

la figlia del generale Yáng Jiān 杨 坚 (541-604), comandante militare di successo e dal grande carisma, il cui

potere non era visto di buon occhio dall’imperatore, che iniziò a tramare contro la famiglia Yang.

Nel 580, temendo per le sorti di sua figlia e ancora di più per quelle dell’impero, il generale Yang Jian approfittò

della malattia dell’imperatore Yuwen Pin per stabilirsi a corte e quando nel 581 Yuwen Pin morì, si

nominò imperatore della dinastia che chiamò Suí 隋 , dal nome del titolo ufficiale di suo padre quando era

al servizio presso i Zhou.

Yang Jian, che regnò con il nome di Wéndì 文 帝 Imperatore Wen, conosceva la storia delle precedenti dinastie

e sapeva che la forza militare non sarebbe stata sufficiente per assicurarsi il potere politico; per questo

motivo si adoperò da subito per consolidare il proprio potere anche dal punto di vista amministrativo e ideologico.

Fortemente influenzato dallo studio della filosofia legista [V. 1 U. 6 pag. 138], egli stabilì un codice di

norme che prevedeva l’uguaglianza di tutti i sudditi di fronte alla legge e, consapevole dell’importanza della

gestione economica e sociale dell’impero, ne assegnò il controllo a funzionari di formazione confuciana. Tra

il 582 ed il 595 fu elaborato un sistema di selezione dei funzionari in base ad esami scritti che si tenevano a

cadenza regolare: nacque quindi in questo periodo il sistema degli esami imperiali, destinato ad avere una

straordinaria influenza nella storia culturale e politica della Cina. Fu inoltre avviata una nuova pianificazione e

ricostruzione della capitale Chang’an, rinominata Dàxīng chéng 大 兴 城 .

LA RIUNIFICAZIONE DELL'IMPERO: LE DINASTIE SUI E TANG


4

rivolte popolari

A partire dal secondo decennio del settimo secolo i sacrifici economici e sociali richiesti

alla popolazione, una serie di catastrofi naturali e le enormi perdite subite

durante le spedizioni contro Goguryeo, causarono più di duecento rivolte, alle quali

si stima presero parte più di cinque milioni di persone. Tra il 616 ed il 618 gran parte delle regioni del nord

erano ormai controllate da bande di ribelli e

Yangdi decise di rifugiarsi a sud, nel palazzo imperiale

di Jiāngdū 江 都 (nell’odierna provincia

del Jiangsu). Più volte sollecitato della necessità

di rispondere con le armi alle rivolte armate,

Yangdi si rifiutò sempre di riconoscere la drammaticità

della situazione, scacciando i messi che

recavano cattive notizie e accusandoli di diffondere

il panico senza motivo: esemplificativo è

il caso di una principessa di corte che per aver

avvisato l’imperatore di un possibile colpo di

stato ordito da generali della guardia imperiale

fu condannata a morte per decapitazione.

La corte Su i

Nel 618, Yangdi ed il figlio undicenne Yang Zhao furono imprigionati a palazzo da un gruppo di cospiratori.

Secondo le cronache dinastiche, quando i congiurati annunciarono a Yangdi che lo avrebbero giustiziato immediatamente,

insieme al figlio colpevole soltanto di essere erede al trono, l’imperatore si dimostrò molto

sorpreso, non riuscendo a capire quali fossero stati i suoi errori nella gestione dell’impero. La storiografia tradizionale

cinese non presenta un’immagine positiva di Yang Guang, considerato reo di aver fatto avvelenare suo

padre per prenderne il potere e di aver investito troppo in guerre di frontiera e in infrastrutture estremamente

costose, per la cui realizzazione fu necessario ridurre in uno stato di semi-schiavitù milioni di persone. Ecco

come lo Zīzhì tōngjiàn 资 治 通 鉴 Specchio universale a sostegno del governo, imponente opera storiografica

di epoca Song (960-1279) [U. 3], riporta l’ultima conversazione tra Yangdi e i suoi sicari:

Zīzhì tōngjiàn 资 治 通 鉴 Specchio universale a sostegno del governo

帝 歎 曰 :「 我 何 罪 至 此 ?」 文 舉 曰 :「 陛 下 違 棄 宗 廟 , 巡 遊 不 息 , 外 勤 征 討 , 內

極 奢 淫 , 使 丁 壯 盡 於 矢 刃 , 女 弱 填 於 溝 壑 , 四 民 喪 業 , 盜 賊 蜂 起 ; 專 任 佞 諛 ,

飾 非 拒 諫 ; 何 謂 無 罪 !」

L’imperatore chiese sospirando: “Quali crimini avrei commesso per giungere a questo?”

Il cospiratore Wen Ju rispose: “Sua maestà ha trascurato il tempio degli antenati, ha viaggiato

senza sosta, ha lanciato frequenti spedizioni contro stati stranieri, [mentre] nella politica interna

si è lasciato andare a stravaganza e lascivia; ha causato la morte di molti uomini abili in guerra,

ha costretto donne e infermi a scavare canali e fossati; ha rovinato la vita delle quattro classi

sociali [letterati, contadini, mercanti e artigiani]; ha favorito banditi e ribelli, ha prestato fede

ai ruffiani, ha nascosto gli errori e rifiutato le critiche. Come può negare di aver commesso dei

crimini?"

[fasc. 185]

Fai una ricerca tra i video sul web digitando:

The Grand Canal - UNESCO World Heritage Site

LA RIUNIFICAZIONE DELL'IMPERO: LE DINASTIE SUI E TANG


5

SVILUPPA LE COMPETENZE

世 界 的 伟 大 工 程 —— 隋 朝 大 运 河

Traccia n. 1

1

Con l’aiuto del dizionario, trascrivi in pinyin e traduci le seguenti espressioni evidenziate in grassetto

nel brano in cinese:

世 界 上 最 伟 大 的 工 程

世 界 文 化 遗 产

交 通 运 输

需 要 说 明 的 是

自 然 水 道

连 通 起 来

完 整 的 体 系

沿 河 城 市

隋 朝 的 百 姓

农 民 起 义

隋 朝 大 运 河 是 世 界 上 开 凿 最 早 、 规 模 最 大 的 运 河 , 以 洛 阳 为 中 心 , 南 起 杭 州 , 北

至 北 京 , 全 长 2 7 0 0 公 里 , 是 世 界 上 最 伟 大 的 工 程 之 一 ,2 0 14 年 6 月 被 列 入 世 界 文 化

遗 产 。

隋 朝 大 运 河 始 建 于 公 元 605 年 , 是 隋 朝 第 二 位 皇 帝 隋 炀 帝 下 令 修 建 的 。 他 为 了 加

强 南 北 交 通 运 输 , 巩 固 对 全 国 的 统 治 , 先 后 征 发 了 五 百 多 万 人 , 用 了 六 年 时 间 , 开 通

了 这 条 大 运 河 。

需 要 说 明 的 是 , 从 先 秦 时 期 到 南 北 朝 , 中 国 古 代 劳 动 人 民 已 经 开 凿 了 大 量 古 运

河 。 而 隋 朝 大 运 河 则 是 在 自 然 水 道 的 基 础 上 , 把 当 时 全 国 各 地 已 经 存 在 的 古 运 河

河 道 连 通 起 来 , 组 成 了 一 个 完 整 的 体 系 。 它 分 为 通 济 渠 、 邗 沟 、 永 济 渠 、 江 南 河 四

个 段 落 , 地 跨 北 京 、 天 津 、 河 北 、 山 东 、 河 南 、 安 徽 、 江 苏 、 浙 江 8 个 省 、 直 辖 市 , 连

接 海 河 、 黄 河 、 淮 河 、 长 江 和 钱 塘 江 五 大 河 流 , 成 为 中 国 南 北 交 通 的 大 动 脉 。

大 运 河 的 开 通 给 后 世 带 来 了 很 多 便 利 : 沟 通 了 南 北 的 水 运 ; 带 动 了 沿 河 城 市 的 发

展 ; 促 进 了 民 族 交 流 和 融 合 , 等 等 。 但 是 , 对 于 隋 朝 的 百 姓 来 说 , 却 是 一 场 灾 难 。

这 项 庞 大 的 工 程 需 要 消 耗 巨 大 的 人 力 、 物 力 和 财 力 , 百 姓 的 负 担 越 来 越 重 , 死 伤 的

人 不 计 其 数 。 于 是 , 隋 朝 末 年 爆 发 了 农 民 起 义 , 隋 朝 也 随 之 走 向 衰 亡 。

LA RIUNIFICAZIONE DELL'IMPERO: LE DINASTIE SUI E TANG


6

2

根 据 文 章 内 容 , 回 答 下 面 的 问 题 :

1. 隋 朝 大 运 河 全 长 多 少 公 里 ?

______________________________________________________________________

2. 中 国 古 代 的 人 们 是 从 隋 朝 时 期 开 始 开 凿 运 河 的 吗 ?

隋 朝 大 运 河 是 在 什 么 基 础 上 修 建 的 ?

______________________________________________________________________

3. 为 什 么 隋 炀 帝 下 令 修 建 大 运 河 ?

______________________________________________________________________

4. 大 运 河 的 开 通 给 后 世 的 人 们 带 来 了 什 么 便 利 ?

______________________________________________________________________

5. 为 什 么 隋 朝 末 年 爆 发 了 农 民 起 义 ?

______________________________________________________________________

3

Nel testo sono evidenziati in rosso i nomi geografici: cercali con un dizionario e riportali sulla mappa.

隋 朝 大 运 河

永 济 渠

通 济 渠

邗 沟

江 南 河

LA RIUNIFICAZIONE DELL'IMPERO: LE DINASTIE SUI E TANG


7

Dinastia Tang

唐 朝

洛 阳

长 安

Territorio Tang

Capitali: Chang’an e Luoyang

1.2 Introduzione storica: la dinastia Táng 唐

La fondazione della dinasta: Lǐ Yuān 李 渊 e Lǐ Shìmín 李 世 民

Il fondatore della dinastia Táng 唐 , Lǐ Yuān 李 渊 (566-635), era un esponente

di una famiglia aristocratica originaria del nord-ovest e regnò con il titolo di

Gāozǔ 高 祖 (r. 618-626). La storiografia tradizionale fa risalire le origini della

casata imperiale ad una nobile famiglia han, tuttavia gli studiosi menzionano

origini non cinesi, nello specifico turche e Xianbei, di alcuni suoi membri.

Durante la fine della dinastia Sui, mentre Yangdi era rifugiato a Jiangdu e l’impero

travolto dalle rivolte, Li Yuan, al comando di una guarnigione nella zona

di Taiyuan (nell’odierno Shanxi) e in alleanza con le truppe dei Turchi orientali,

marciò verso la capitale Chang’an. Sebbene avesse l’intenzione di fondare una

nuova dinastia, Li Yuan mise inizialmente sul trono un nipote di Yangdi e nominò

quest’ultimo Tàishàng Huáng 太 上 皇 Supremo Imperatore in Ritiro.

Nel 618, dopo la morte di Yangdi, Li Yuan assunse il titolo di imperatore, fondando

la Táng cháo 唐 朝 dinastia Tang, e avviando la riunificazione di tutti i

territori dell’impero. Tuttavia, non molto tempo dopo, nel 626, i suoi figli si trovarono

coinvolti in una lotta sanguinosa per la successione al trono: Lǐ Shìmín

李 世 民 (599-649) fu protagonista di un’imboscata in cui rimasero uccisi due

suoi fratelli, il principe ereditario e un fratello minore suo sostenitore, divenendo

così il nuovo erede al trono. A quel punto, Li Yuan abdicò a favore di Li Shimin

che assunse il titolo imperiale di Tàizōng 太 宗 (r. 626-649): in quel momento

Gaozu

LA RIUNIFICAZIONE DELL'IMPERO: LE DINASTIE SUI E TANG


8

il regno di taizong

iniziò una nuova era per l’impero cinese. Nonostante il modo in cui divenne imperatore,

Li Shimin è considerato dalla storiografia ufficiale come uno dei migliori

sovrani di tutta la storia della Cina. Egli è ricordato come un sovrano modello: aperto

al confronto con i membri del governo, sempre pronto a discutere con i ministri sulle questioni importanti

e ad anteporre l’interesse del paese a quello personale. Sotto il regno di Taizong, la Cina tornò ad essere il

grande e potente impero di epoca Han: Taizong assicurò al paese anni di stabilità politica ed economica che

consentirono al governo di espandere il proprio potere anche oltre i confini imperiali. Ciò fu possibile grazie

alla risoluzione di alcune annose questioni di politica estera, prima tra tutte, il rapporto con i Turchi orientali

che per anni avevano minacciato i confini occidentali del paese. Taizong, riuscì dapprima a bloccare l’avanzata

dell’esercito turco guidato da Illig

Amministrazione territoriale Tang

Comando Sogdiano

Comando Yuehzhi

Comando Tocaro

Comando dʼAntiochia

Persia

Protettorato di

Mengchi

Protettorato di Kunlin

Protettorato di Beiting

Protettorato Generale

per la Pacificazione dellʼOccidente

安 西 都 护 府

Territorio Tang

Protettorati

Capitali: Chang’an e Luoyang

Protettorato Generale per

la Pacificazione dell’Occidente

Regno del Tibet

Protettorato di Anbei

敦 煌

Regno Tuyuhun

(Xianbei)

Protettorato

di Baoning

Protettorato di Annan

Protettorato

di Chunyu

Protettorato

di Chunyu

长 安

洛 阳

Protettorato

di Dongyi

Protettorato

di Andong

Khagan nello Shaanxi, tramite l’offerta

di un’ingente somma di denaro

e, successivamente, lo indebolì

perseguendo un sistema di alleanze

con gli Uiguri, popolazione del

nord-ovest distaccatasi dal Khanato.

L’impero cinese, quindi, avviò una

vera e propria politica di pacificazione

e di assimilazione il cui effetto

principale fu che gran parte del popolo

turco si stanziò a vivere in regioni

quali l’Hebei e lo Shaanxi sotto

il comando dei propri capi tribali ai

quali il governo centrale aveva conferito

titoli imperiali.

Approfondimenti

la dinastia tang e i tre regni della corea:

goguryeo, silla e baekje

Sotto Taizong, l’unica questione di politica estera che

non si risolse a favore dell’impero cinese fu quella coreana.

La Corea, all’epoca, era divisa in tre regni: Silla,

Baekje e Goguryeo, quest’ultimo era il più potente

ed era riuscito ad infliggere due clamorose sconfitte

alle truppe cinesi, nel 645 e nel 647. Il successore di

Taizong, Gāozōng 高 宗 (r. 649-683), invece, agì diversamente

e si alleò con il regno di Silla, che si trovava

nel sud della penisola coreana; i due attaccarono

in maniera coordinata prima il regno di Baekje, a

sud-ovest, e poi, nel 666, il regno di Gogureyo, antico

nemico della Cina e vero obiettivo della spedizione

di Gaozong. L’impero cinese cercò di stabilire un controllo

diretto sui territori di Gogureyo ma non vi riuscì

perché Silla, nel 676, si ribellò all’imposizione di un

protettorato cinese nella città di Pyongyang e, in pochi

anni, riuscì a conquistare definitivamente tutti i

territori di Gogureyo e Baekje, unificando di fatto la

Corea sotto il proprio dominio. Nonostante ciò, Silla

e, in generale, gran parte dei territori coreani subirono

profondamente l’influenza culturale della dinastia

Tang, adottarono un sistema amministrativo simile

a quello cinese e la lingua cinese divenne la lingua

scritta usata dalla classe dirigente. La cultura cinese

dei Tang, inoltre, attraverso la Corea arrivò fino in

Giappone dove ebbe un enorme diffusione e influenza

su molti aspetti dell’arte e della letteratura.

Fai una ricerca tra i video sul web digitando:

The Great Unification War - Creation of Unified Silla

- Korean 3 Kingdoms

LA RIUNIFICAZIONE DELL'IMPERO: LE DINASTIE SUI E TANG


9

Taizong riuscì a trarre profitto anche dal rapporto con i Turchi occidentali; questi controllavano un territorio

molto vasto che si estendeva dal Gansu a est alla Persia a ovest, dal Kashmir a sud al Monte Altai a nord. A partire

dal 630, anche i Turchi occidentali furono travolti da guerre tra fazioni avverse e Taizong, approfittando della

loro momentanea fragilità, riuscì a conquistare alcuni territori dell’Asia Centrale. Fondò, poi, lo Ānxī dūhùfǔ

安 西 都 护 府 Protettorato Generale per la Pacificazione dell’Occidente, ovvero un’amministrazione mista

civile-militare che controllava un’ampia zona di confine fino al bacino del Tarim e l’area intorno all’Issyk-Kul,

nell’odierno Kirghizistan.

Importante, in questi anni, fu anche l’inizio dei rapporti diplomatici, nel 634, con il regno tibetano, formatosi

tra il VI e il VII secolo tra l’Himalaya, il Kashmir, la catena del Nanshan e la

frontiera del Sichuan. I rapporti furono sanciti, nel 641, da un matrimonio

tra una principessa imperiale e il re dei Tibetani, a seguito del quale alcuni

membri della famiglia reale tibetana furono inviati a studiare a Chang’an.

Fu proprio grazie ai rapporti diplomatici instaurati con molti paesi che la

capitale dell’impero cinese assunse ben presto l’aspetto di una metropoli

cosmopolita, meta di numerose missioni tributarie e delegazioni diplomatiche

da tutta l’Asia, e che contava circa mezzo milione di abitanti, probabilmente

all’epoca il più elevato al mondo per una città.

Taizong morì nel 649 e a lui succedette il figlio Lǐ Zhì 李 治 (628-683) che

prese il titolo di Gāozōng 高 宗 (r. 649-683). Egli portò avanti la politica

del padre fino a quando, nel 655, entrò in scena Wǔ Zétiān 武 则 天 (624-

705), conosciuta anche con il nome Wǔ Zhào 武 曌 , che lei stessa scelse

quando aveva circa 60 anni. La storiografia ufficiale descrive questi anni

come un vero e proprio regno del terrore a seguito del quale cambiarono

completamente i vertici del potere. Nonostante tutto è possibile affermare

che, attraverso una serie di riforme, durante il suo regno fu garantito un

governo solido, soprattutto grazie allo sviluppo del kē jǔ zhìdù 科 举 制 度

Sistema degli esami imperiali per il reclutamento dei funzionari.

Taizong

L’imperatrice Wǔ Zétiān 武 则 天

Il termine huánghòu 皇 后 imperatrice indicava la consorte di più alto rango dell’harem dell’imperatore.

In genere gli imperatori avevano diverse consorti e molte concubine, che abitavano nei vari padiglioni all’interno

della reggia. Le donne della corte imperiale avevano anche un ruolo politico: ciascuna di loro era una

rappresentante del proprio clan familiare presso la corte, e poteva influenzarne le fortune.

Nella storia dell’impero cinese ci sono state molte consorti imperiali influenti, in particolar modo le cosiddette

imperatrici madri o vedove, ossia sovrane che, alla morte dell’imperatore, reggevano temporaneamente il

potere in vece dei figli, troppo giovani per salire al trono. È esistita però solo un’imperatrice regnante de facto,

ovvero una donna proclamatasi imperatrice con il titolo prettamente maschile di huángdì 皇 帝 .

Nata lontano dalla capitale, nella regione montuosa nei pressi di Taiyuan, Wu Zetian

nell’harem imperiale

era figlia di un cadetto appartenente ad una famiglia abbiente che si era dedicato

al commercio di legname e aveva poi avuto successo come generale dell’esercito

del primo imperatore Tang Gaozu, che lo aveva nominato duca. Rimasta orfana di

la successione al trono

padre da bambina, a sedici anni si ritrovò ad essere una delle concubine dell’imperatore Taizong, che aveva

trent’anni più di lei. L’harem dell’imperatore era sotto il controllo delle consorti imperiali e organizzato con

un sistema di gradi, simili a quelli dell’esercito o alle gerarchie dei funzionari: Wu Zetian entrò a corte come

cáirén 才 人 , una dama di quinto grado, ed il suo compito era di occuparsi del guardaroba imperiale. Nel 636,

dopo la morte dell’imperatrice Zhāngsūn Wéndé 张 孙 文 德 di etnia Tuoba, che aveva dato all’imperatore

Taizong tre figli maschi, le consorti dell’harem si contendevano il potere.

Ad accrescere le preoccupazioni dell’imperatore Taizong, i figli di quest’ultimo si dimostravano

inadeguati a ricevere il titolo di principe ereditario: erano sempre in

competizione tra loro e trascuravano la politica. Fu così che Taizong nominò e poi

esautorò tre principi ereditari ed infine scelse come erede al trono il figlio minore

LA RIUNIFICAZIONE DELL'IMPERO: LE DINASTIE SUI E TANG


Li Zhi, che salì al trono con il nome di Gaozong. Quest’ultimo aveva perduto la madre a otto anni e forse per

questo gli era concesso di abitare nello stesso palazzo del padre e delle sue concubine, contrariamente alle

consuetudini. Probabilmente fu in questo periodo che Gaozong e Wu Zetian, quattro anni più grande di lui, si

conobbero. Nel 649 l’imperatore Taizong morì, e alle sue consorti e concubine fu ordinato di radersi il capo ed

entrare in monastero, prendendo i voti da monache buddhiste. Anche a Wu Zetian sarebbe toccato lo stesso

destino, se non fosse che Gaozong era interessato a lei e la fece ricondurre a corte, dove da anni andava avanti

un conflitto tra l’imperatrice Wang, che non aveva figli, e la consorte Xiao, che aveva dato a Gaozong tre figli, tra

cui un erede al trono.

Nel 653 Wu Zetian ebbe il suo primo figlio da Gaozong, Lǐ Hóng 李 弘 , seguito l’anno dopo da una secondogenita

e poi da un terzo figlio nel 655. La bambina però morì in culla – non si hanno certezze storiche sulla causa

della morte, ma Wu Zetian accusò l’imperatrice Wang e la consorte Xiao di averla assassinata. Nonostante le

resistenze dei consiglieri imperiali, Gaozong ripudiò l’imperatrice Wang ed elevò Wu Zetian a consorte ufficiale

nel 656 e così il loro primogenito, Li Hong, divenne principe ereditario. L’imperatrice Wang e la concubina Xiao

furono condannate a morte.

L’anno successivo Wu Zetian convinse l’imperatore che i fantasmi delle due donne continuavano a perseguitarla

e fece quindi spostare la corte e la capitale a Luoyang – si trattava anche di una decisione strategica per

avvicinarsi ai suoi familiari. A partire dal 660 problemi di salute limitarono le capacità di Gaozong, che delegò

alla moglie sempre più poteri. I due ebbero altri due figli, il quartogenito Lǐ Dàn 李 旦 nel 662 e la principessa

Taiping due anni dopo.

Nel 666 Gaozong e Wu Zhao celebrarono insieme un solenne rituale di prosperità sul monte Tai, nello Shandong:

per la prima volta una donna prendeva parte ad un rituale imperiale di così grande portata.

Le cronache ufficiali riportano che l’imperatrice Wu era abile nel liberarsi delle sue parentele scomode: avrebbe

contribuito ad avvelenare sua sorella e una nipote perché sospettate di avere una relazione con l’imperatore

Gaozong, riuscendo a far accusare dell’omicidio due suoi cugini che cercavano di sfruttare la parentela per ottenere

favore a corte.

Nel Xīn Táng shū 新 唐 书 Nuovi documenti della dinastia Tang si riporta che nel 674 l’imperatrice avesse

promulgato il memoriale intitolato Jiànyán shí’èr shì 建 言 十 二 事 Le dodici proposte, contenente alcune

indicazioni di governo che furono prontamente adottate dall’imperatore Gaozong.

Imperatrice Wu Zetian.

Jianyan shi'er shi 建 言 十 二 事 Le dodici proposte

一 、 劝 农 桑 , 薄 赋 徭 ; 二 、 给 复 三 辅 地 ; 三 、 息 兵 , 以 道 德 化 天

下 ; 四 、 南 北 中 尚 禁 浮 巧 ; 五 、 省 功 费 力 役 ; 六 、 广 言 路 ; 七 、 杜

谗 口 ; 八 、 王 公 以 降 皆 习 《 老 子 》; 九 、 父 在 为 母 服 齐 衰 三 年 ;

十 、 上 元 前 勋 官 已 给 告 身 者 无 追 核 ; 十 一 、 京 官 八 品 以 上 益 禀

入 ; 十 二 、 百 官 任 事 久 , 材 高 位 下 者 得 进 阶 申 滞 。

Uno: favorire la coltivazione dei gelsi [per la sericoltura], ridurre le tasse e le prestazioni di lavoro obbligatorie;

due: espandere il territorio dei Tre ausiliari [per favorire lo sviluppo urbanistico della capitale];

tre: fermare gli eserciti, governare il mondo per mezzo della virtù; quattro: in ogni parte dell’impero

si proibiscano le stravaganze inopportune; cinque: ridurre l’impiego di manodopera forzata; sei:

si ascoltino di più le opinioni [dei cittadini comuni]; sette: si metta fine alle maldicenze; otto: nobili e

funzionari di ogni rango studino gli scritti di Laozi; nove: si porti il lutto per la madre defunta per tre

anni, anche se il padre è ancora in vita; dieci: i funzionari che hanno già ricevuto un incarico ufficiale

non devono essere oggetto di ulteriori inchieste; undici: i funzionari dall’ottavo rango in su ricevano

un aumento di stipendio; dodici: tutti i funzionari in carica da lungo tempo, che abbiano dimostrato

grande valore pur occupando una posizione bassa, possono richiedere l’avanzamento di carriera tramite

un canale speciale.

10

LA RIUNIFICAZIONE DELL'IMPERO: LE DINASTIE SUI E TANG


Queste dodici proposte dimostrano che Wu Zetian stava cercando l’appoggio della popolazione e allo stesso

tempo intendeva gratificare e portare dalla sua parte i funzionari; in alcuni casi le proposte sembrano essere

state soltanto teoriche, ne è un esempio l’ideale di pacifismo avanzato al terzo punto: durante il governo di

Wu Zetian i confini dell’impero furono estesi al loro limite massimo e arrivarono a comprendere parte della

penisola coreana ad est e i quattro bastioni di Anxi lungo la Via della seta a ovest. La proposta numero nove

appare invece come un tentativo di stabilire l’eguale importanza del ruolo di uomini e donne all’interno della

famiglia allargata o del clan, strutture sociali fondanti dell’aristocrazia imperiale.

Subito dopo l’approvazione delle dodici proposte, il primo figlio dell’imperatrice Wu Zetian, l’erede al trono

Li Hong, intimò alla madre di non occuparsi delle faccende di governo e di impegnarsi invece a trovare un

marito per le sue sorellastre, figlie di Gaozong e della concubina Xiao; poco tempo dopo aver avanzato alla

madre questa richiesta, Li Hong morì improvvisamente durante una visita a Luoyang.

la successione

Quando Gaozong morì nel 683, salì al trono il secondogenito maschio dell’imperatrice,

Lǐ Zhé 李 哲 (656-710) con il nome di Zhōngzōng 中 宗 . Sebbene avesse

già 28 anni, egli regnò sotto il controllo della madre, che aveva assunto il ruolo di

imperatrice reggente. Il regno di Zhongzong durò solo sei settimane, dopodiché l’imperatrice Wu, con l’aiuto

dei consiglieri e di alcuni generali a lei vicini, lo fece deporre per disubbidienza e lo mandò in esilio insieme

alla moglie; al suo posto insediò il terzo figlio, Li Dan, con il nome di Ruìzǒng 睿 宗 . Ruizong temeva molto il

volere della madre e si dimostrò sempre riluttante a prendere il pieno potere: di fatto era l’imperatrice Wu a

gestire il governo al suo posto, con la scusa che il figlio era balbuziente e non amava parlare in pubblico.

Controllo del potere

e propaganda

Alcune fonti storiche riportano che per poter gestire il potere e tenere sotto controllo

ministri e funzionari, Wu Zetian fece sistemare delle cassette di rame nei luoghi

pubblici, dove chiunque poteva imbucare in forma anonima denunce contro possibili

traditori, spie o cospiratori. Non tardarono ad arrivare false denunce, motivate

da desideri di vendetta personale: ben presto nella capitale si instaurò un clima di terrore. Tra i consiglieri

dell’imperatrice si fece strada Huáiyì 怀 义 , un monaco di umili origini, che tra il 688 ed il 690 fu elevato ad

abate del Báimǎ sì 白 马 寺 Tempio del cavallo bianco e si adoperò nell’organizzare la propaganda necessaria

all’imminente cambio di dinastia: in particolare sotto la guida di Huaiyi fu redatto il Dà yún jīng 大 云 经 Sūtra

della grande nuvola, un testo che millantava origini indiane ed in cui si profetizzava l’avvento del buddha

Maitreya con le sembianze di una donna che avrebbe governato il mondo: un chiaro riferimento all’imperatrice

Wu. Il Da yun jing fu distribuito in tutti i monasteri dell’impero.Dopo una rappresaglia contro i principi della

famiglia Li (parenti e discendenti dell’imperatore Gaozong) e a seguito di una serie di riforme politiche e sociali,

ascesa al trono

il 19 ottobre del 690 l’imperatrice Wu salì al trono con il titolo di Shèng shén huángdì

圣 神 皇 帝 Sacerrimo augusto imperatore, fondando la dinastia Zhōu 周 , in

onore alla dinastia della Cina arcaica, ricordata come un periodo di pace e prosperità.

Negli ultimi anni del VII secolo, l’imperatrice Wu regnò con una corte di consigliere donne di cui facevano

parte anche la principessa Taiping e Shàngguān Wǎn’er 上 官 婉 儿 , divenuta segretaria personale dell’imperatrice

dopo esser rimata orfana del padre, giustiziato dalla stessa imperatrice Wu. Furono loro a introdurre

a corte i giovani fratelli Zhang Changzong e Zhang Yizi, che suscitarono le simpatie della sovrana per il loro

carattere effemminato. Si delineava a questo punto il problema della successione. Vi erano due famiglie che

ambivano al trono: i Li, discendenti di Gaozong, e la famiglia Wu, di cui faceva parte l’imperatrice. La vita a

corte era resa ancora più complicata dai fratelli Zhang che, divenuti i più fedeli consiglieri dell’imperatrice,

prendevano le parti ora degli eredi Li ora dei Wu, causando rappresaglie e tramando essi stessi per salire al

trono. Furono però sempre perdonati dall’imperatrice, che fino al giorno della sua morte si fidò solo di loro.

Nel 698 Zhongzong, imperatore deposto in esilio, con la scusa di problemi di salute ritornò nella capitale e si

mise al comando di un esercito, deciso a surclassare il clan dei Wu. L’anno successivo l’imperatrice Wu, all’età

di settantacinque anni, iniziò ad avere problemi di salute, aggravati dall’ansia per la morte del suo più abile

ministro, Dí Rénjié 狄 仁 杰 (630-700).

Per vedere un documentario su Wu Zetian fai una ricerca su youtube usando le parole

“Timeline The only empress of china”

LA RIUNIFICAZIONE DELL'IMPERO: LE DINASTIE SUI E TANG

11


Dopo aver regnato per quarant’anni, gli ultimi quindici dei quali in qualità di imperatore, nel 705 Wu Zetian si

ritirò a Luoyang a causa della sua salute cagionevole. La gestione dell’impero tornò nelle mani del suo secondogenito,

Zhongzong, che occupò militarmente la reggia di Chang’an e fece assassinare i fratelli Zhang. L’imperatrice

rinunciò al titolo solo nel dicembre del 705, poco prima di morire nel suo letto, per cause naturali.

La sua tomba si trova nel mausoleo di Qianling, dove sono seppelliti vari membri della famiglia imperiale.

Per ciascun imperatore vi è una stele monumentale che ne elogia le gesta, soltanto quella dell’imperatrice

Wu è bianca, senza nessuna iscrizione, come richiese lei stessa: in questo modo volle affidare alle generazioni

future il compito di giudicare i suoi errori e valutare il suo operato.

L'imperatrice Wu fece cambiare la forma di alcuni caratteri.

Fai una ricerca sul web digitando:

Chinese Characters of Empress Wu

Approfondimenti

wu zetian nella cultura e nell’immaginario dell’asia

orientale

L’imperatrice Wu Zetian è ricordata per la forte personalità

che le ha permesso di governare l’impero

per circa cinquant’anni, per le riforme politiche introdotte

e per la sua vita privata, spesso dipinta a

tinte fosche dagli storiografi, che non hanno mai

lesinato insinuazioni sulle relazioni sentimentali

dell’imperatrice. La storiografia tradizionale cinese

ha giudicato negativamente l’operato di Wu Zetian,

soprattutto perché nell’ottica confuciana la preminenza

di una donna in ambito politico era considerata

un grave sovvertimento dell’ordine naturale

della società.

L’eccezionalità del personaggio storico di Wu Zetian,

unica donna a regnare come sovrano assoluto

dell’impero, ha avuto un’influenza senza paragoni

sull’immaginario cinese: l’imperatrice è divenuta

personaggio di numerosi racconti e romanzi, tra i

quali è particolarmente noto il Jìng huā yuán 镜

花 缘 Destini dei fiori nello specchio [U. 8].

All’unanime condanna degli storici fa eccezione il

riconoscimento dell’abilità fuori dal comune di Wu

Zetian nel selezionare consiglieri e ministri meritevoli

e capaci. Tra questi il ministro Di Renjie che, a

partire dal XVIII secolo, ha anche ispirato il noto personaggio

del Giudice Dee, protagonista di una serie

di romanzi e racconti gialli.

A partire dagli anni ’60 e ’70 del Novecento, la figura

dell’imperatrice Wu Zetian è stata oggetto di numerosi

studi. Tra gli studiosi che hanno sostenuto la

necessità di approfondire il valore politico della dinastia

Zhou vi è anche il buddhologo italiano Antonino

Forte (1940-2006), che in uno studio del 1976

ha descritto l’abilità dell’imperatrice nel costruire

un’ideologia forte a supporto e legittimazione del

suo impero.

Il primo film dedicato all’imperatrice Wu, The Empress

Wu Tse-tien, risale al 1939; un’altra famosa

pellicola con lo stesso titolo fu girata ad Hong Kong

nel 1963 e fu anche presentata al festival di Cannes.

Il personaggio di Wu Zetian compare inoltre in vari

remake cinematografici delle avventure del Giudice

Dee.

Dal 1984 ad oggi, almeno 20 diverse serie televisive

di produzione cinese, taiwanese e hongkongese

sono state ambientate durante il regno di Wu Zetian.

Tra queste, la più nota è Wǔ Mèiniáng chuánqí 武

媚 娘 传 奇 The Empress of China, sceneggiato in

74 puntate (con due versioni alternative in 96 e 82

puntate) scritto e prodotto nel 2014 dall’attrice Fàn

Bīngbīng 范 冰 冰 , che interpreta anche il ruolo della

protagonista. Fino al 2018, Fan Bingbing è stata

considerata l’“imperatrice” del cinema cinese e star

di fama internazionale: il successo di The Empress

of China è stato tale che nell’immaginario popolare

cinese la figura di Wu Zetian e quella di Fan Bingbing

sono ormai strettamente legate.

Per vedere il primo episodio della serie prodotta da Fan Bingbing fai una ricerca tra i video sul web digitando:

Empress of China ep. 1

12

LA RIUNIFICAZIONE DELL'IMPERO: LE DINASTIE SUI E TANG


SVILUPPA LE COMPETENZE

女 皇 武 则 天 与 佛 教 的 “ 不 解 之 缘 ”

唯 一 wéiyī (agg.) unico/a

Traccia n. 2

正 统 zhèngtǒng (agg.) riconosciuto, legittimo

杰 出 jiéchū (agg.) straordinario, eccezionale

虔 诚 qiánchéng (agg.) pio, devoto

扶 持 fúchí (v.) sostenere

弘 扬 hóngyáng (v.) diffondere

贡 献 gòngxiàn (v.) contribuire, dedicarsi a

沙 子 shāzi (n.) granelli di sabbia

戏 弄 xìnòng (v.) fare uno scherzo, prendere in giro

预 言 yùyán (n.) profezia

破 坏 pòhuài (v.) distruggere

善 缘 shàn yuán (n.) karma positivo, conseguenza favorevole

武 则 天 是 中 国 历 史 上 唯 一 的 正 统 女 皇 帝 , 在 她 执 政 期 间 , 做 了 很 多 对 国 家 和 人 民

有 意 义 的 事 , 是 一 位 杰 出 的 帝 王 。 她 也 是 一 位 虔 诚 的 佛 教 徒 , 佛 教 思 想 对 她 产 生 了

重 大 影 响 , 帮 助 她 成 为 皇 帝 , 为 她 巩 固 统 治 ; 同 时 , 武 则 天 也 在 执 政 期 间 大 力 扶 持

佛 教 , 弘 扬 佛 法 , 为 佛 教 在 唐 代 的 发 展 做 出 了 巨 大 的 贡 献 。 可 以 说 , 武 则 天 的 一 生

与 佛 教 关 系 十 分 密 切 。

传 说 中 , 武 则 天 和 佛 教 在 很 久 很 久 以 前 就 已 经 结 下 了 “ 不 解 之 缘 ”。 在 2500 年 前

的 佛 陀 时 代 , 曾 经 有 一 位 小 女 孩 儿 把 沙 子 当 作 食 物 献 给 佛 陀 。 佛 陀 的 大 弟 子 很 生

气 地 说 :“ 沙 子 不 能 吃 , 这 个 女 孩 儿 是 在 戏 弄 您 吗 ?” 可 是 佛 陀 微 笑 着 接 受 了 女 孩 儿

的 沙 子 , 并 对 他 的 弟 子 预 言 :“ 这 个 女 孩 儿 在 千 百 年 后 会 成 为 王 , 如 果 我 不 接 受 她

的 沙 子 , 将 来 她 就 会 破 坏 佛 法 ; 而 我 接 受 了 沙 子 , 和 她 结 下 善 缘 , 将 来 她 成 为 王 以

后 就 会 弘 扬 佛 法 。”

历 史 学 家 认 为 , 武 则 天 尊 崇 佛 教 的 原 因 有 两 个 。 第 一 , 武 则 天 的 母 亲 是 虔 诚 的

佛 教 徒 , 所 以 武 则 天 受 到 家 庭 环 境 的 影 响 , 从 小 耳 濡 目 染 。 第 二 , 武 则 天 需 要 借 助

佛 教 巩 固 自 己 的 统 治 地 位 。 因 为 在 唐 代 盛 行 的 儒 家 思 想 和 道 家 思 想 都 不 支 持 女

人 做 皇 帝 。 只 有 佛 教 倡 导 的 “ 众 生 平 等 ” 思 想 有 利 于 她 的 统 治 。 而 且 , 在 佛 教 的 经 文

中 , 也 有 女 人 成 佛 的 教 义 。 所 以 武 则 天 支 持 佛 教 就 是 顺 理 成 章 的 了 。

武 则 天 在 位 期 间 , 下 令 建 造 了 很 多 寺 院 、 佛 像 ; 礼 敬 僧 尼 ; 大 力 支 持 佛 经 的 翻 译

工 作 ; 使 佛 教 的 发 展 达 到 了 一 个 空 前 繁 荣 的 阶 段 。 无 论 是 “ 前 世 因 缘 ” 还 是 “ 政 治 目

的 ”, 总 之 , 一 代 女 皇 武 则 天 的 一 生 和 佛 教 有 着 深 深 的 缘 分 , 一 直 是 互 相 帮 助 , 互

相 促 进 的 关 系 。

LA RIUNIFICAZIONE DELL'IMPERO: LE DINASTIE SUI E TANG

13


1.3 Il sistema degli esami imperiali kējǔ zhìdù 科 举 制 度

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Gli studiosi affermano che Wu Zetian promosse e sviluppò il sistema di reclutamento attraverso gli esami imperiali,

già avviato durante la dinastia Sui, per vari motivi: il sistema degli esami favoriva l’emergere di nuovi

strati sociali e l’indebolimento, al contempo, del potere dei membri dell’alta aristocrazia, in particolar modo

quella del nord-ovest, che fino a quel momento aveva occupato le cariche più alte dello Stato e che aveva

ostacolato più di tutti l’ascesa dell’imperatrice. Attraverso il sistema degli esami imperiali, inoltre, Wu Zetian

poté rafforzare la centralizzazione del potere, controllare più direttamente i canali di accesso al governo e, dal

momento che il sovrano aveva il potere di influenzare la scelta dei contenuti degli esami su cui i candidati

dovevano prepararsi, ebbe modo di modificare l’assetto ideologico del sistema politico. Durante la dinastia

Tang, gran parte dei funzionari riceveva l’incarico per zǔ yīn 祖 荫 eredità familiare, e i funzionari reclutati

attraverso il sistema degli esami costituivano ancora una minoranza. Tuttavia questi ultimi iniziarono gradualmente

ad occupare le cariche più alte dello Stato e a plasmare ideologicamente una nuova concezione del

ruolo del funzionario pubblico che instaurava un rapporto con l’imperatore basato su motivazioni di tipo etico

e culturale e non poteva più, quindi, intervenire sulle sue decisioni attraverso rapporti di forza o per diritto

familiare. La cultura divenne, quindi, uno strumento di elevazione sociale anche perché, teoricamente tutti gli

uomini liberi, tranne gli artigiani e i mercanti, potevano partecipare agli esami. In realtà, è da escludere che

partecipassero persone di origine “popolare” ed è verosimile, invece, che la maggior parte di questo nuovo

tipo di funzionari appartenesse alla piccola nobiltà, soprattutto a quella delle regioni meridionali e orientali

della Cina, che in precedenza aveva svolto funzioni amministrative solo a livello locale e di basso grado.

L’organizzazione degli esami era abbastanza complessa: vi erano i kējǔ 科 举 esami regolari che si tenevano

una volta l’anno e che contavano al loro interno venti tipi diversi di esami, tra i quali, tuttavia, solo alcuni erano

ritenuti più importanti. Ogni esame permetteva di conseguire un titolo diverso:

• xiùcai 秀 才 talento raffinato;

• míngjīng 明 经 esperto dei classici;

• jùnshì 俊 士 eminente studioso;

• jìnshì 进 士 studioso introdotto;

• míngfǎ 明 法 esperto di legge (o dei decreti);

• míngzì 明 字 esperto dei documenti;

• míngsuàn 明 算 esperto di scienze naturali.

Candidati in attesa che i risultati degli esami vengano affissi

16

LA RIUNIFICAZIONE DELL'IMPERO: LE DINASTIE SUI E TANG


La conoscenza approfondita dei classici confuciani e una notevole abilità letteraria erano requisiti primari ma

vi erano anche esami che testavano le conoscenze matematiche, giuridiche, le abilità calligrafiche e così via.

Verso la fine della dinastia Tang, i titoli più ambiti erano il jinshi e il mingjing. Il titolo xiucai, invece, fu abolito

dopo alcuni anni poiché i requisiti per ottenerlo erano particolarmente alti e l’esame sempre meno frequentato,

ma il termine xiucai nelle epoche successive andò ad indicare genericamente lo studioso candidato agli

esami imperiali. I candidati agli esami potevano essere, quindi, figli di funzionari, aristocratici, membri della

piccola nobiltà e potevano essere, a volte, presentati dai Prefetti che ne verificavano preliminarmente la preparazione.

Il numero dei candidati era deciso di volta in volta dal governo e, accanto agli esami regolari, esistevano

anche degli esami irregolari riservati ad un numero limitato di persone scelte da alti dignitari dello Stato.

Il superamento degli esami, tuttavia, conferiva solo il titolo, ovvero lo status di funzionario, e non attribuiva

automaticamente un incarico governativo. Per l’assunzione vera e propria e l’attribuzione di incarichi in seno al

governo, i funzionari che avevano ottenuto il titolo, sia tramite gli esami sia per privilegio ereditario, dovevano

sostenere un altro tipo di esame, detto xuǎn 选 in cui dimostravano di possedere capacità specifiche relative

al ruolo che si sarebbe dovuto ricoprire. Una nomina non era a vita ma di solito durava tre anni, durante i quali

il funzionario era sottoposto al giudizio dei superiori che inviavano al governo centrale un resoconto annuale.

Terminato un incarico, il funzionario poteva sottoporsi ad altre prove per assumerne un altro e così via.

1.4

Il regno di Xuánzōng 玄 宗

Una serie di avvenimenti legati alla vita privata dell’imperatrice Wu determinò l’ascesa al trono, per la seconda

volta, del figlio Zhongzong (r. 705-709), la fine della dinastia Zhou e la restaurazione della dinastia Tang.

Nel 705 Zhongzong insieme ad un gruppo di cospiratori, oppositori dell’imperatrice Wu e dei fratelli Zhāng

Chāngzōng 张 昌 宗 e Zhāng Yìzhī 张 易 之 , suoi fedeli collaboratori e amanti, entrò a corte con 500 guardie,

giustiziò i fratelli Zhang e costrinse l’imperatrice ad abdicare a favore del figlio. Wu Zetian morì poco dopo ma

i conflitti in seno alla corte non terminarono. Dopo Zhongzong, si succedettero due imperatori che regnarono

per brevissimi periodi: Shāngdì 殇 帝 (solo nel 710) e Ruìzōng 睿 宗 (r. 710-712) fino a che nel 712 salì al

trono Lǐ Lóngjī 李 隆 基 , conosciuto con il nome di Xuánzōng 玄 宗 (r. 712-755), con cui l’impero tornò ad

una solida stabilità politica e ad una grande prosperità economica dando nuovo impulso allo sviluppo dLelle

arti e della letteratura.

Quando nel 710 Zhongzong morì, probabilmente avvelenato dall’imperatrice

consorte Wéi 韦 (?-710), quest’ultima tentò di ripetere l’esperienza di

Wu Zetian. Le sue mire furono tuttavia stroncate sul nascere da un colpo di

stato organizzato dalla figlia di Wu Zetian, la principessa Tàipíng 太 平 (?-

713), e da Li Longji, figlio di Ruizong che abdicò in suo favore, mantenendo

il titolo di Supremo Imperatore in Ritiro. Le fonti storiche affermano che

la principessa tentò, nel 713, di avvelenare lo stesso Li Longji ma questi

riuscì a scoprirla e a costringerla al suicidio, giustiziando tutti i suoi sostenitori.

Iniziò così il regno di Xuanzong, il più lungo della dinastia Tang, che

la storiografia ufficiale suddivide generalmente in tre fasi distinte, ciascuna

caratterizzata da riforme governative e dalle figure che ricoprirono la carica

di Grande Consigliere.

Le riforme interessarono gli ambiti istituzionale, fiscale e militare e vertevano

principalmente su tre questioni: il sistema di reclutamento dei funzionari;

gli aspetti finanziari e il problema dell’approvvigionamento della

capitale; la gestione delle terre di confine e il sistema militare.

La prima fase è legata ai due Grandi Consiglieri Yáo Chóng 姚 崇 (650-

721) e Sòng Jǐng 宋 璟 (663-737). Una delle riforme di maggior rilievo di

questo periodo fu la riorganizzazione del sistema militare e la nomina di

jiédùshǐ 节 度 使 Governatori Militari permanenti, che avrebbero avuto

il compito di controllare le regioni di confine attraverso l’ausilio di guarnigioni.

In un primo momento, il Governatore Militare aveva il controllo solo

sulle forze armate, tuttavia, con il tempo, anche tutto il potere amministra-

Xuanzong

LA RIUNIFICAZIONE DELL'IMPERO: LE DINASTIE SUI E TANG

17


Sutra del cuore

confini tra India e Nepal e, come il monaco pellegrino Faxian [V. 1 U. 8 pag. 188], notò che i luoghi della vita

del Buddha Śākyamuni erano ormai in stato di abbandono. Nel suo resoconto di viaggio Xuanzang rievoca

i racconti e le leggende sulla vita di Śākyamuni, quasi a volerli rivivere con l’immaginazione. Il viaggio non

era facile, Xuanzang dovette affrontare “bufali allo stato brado, branchi di elefanti, cacciatori e predoni” che

mettevano in pericolo i viaggiatori.

Anche la città di Kushinagar, presso la quale il Buddha si recò prima di morire, era ormai quasi disabitata:

giunto nella foresta di alberi di Sal dove il Buddha morì, Xuanzang vi trovò una lapide commemorativa, che

però non riportava nessuna datazione. Per Xuanzang questo era un fatto inspiegabile: se nessuno aveva mai

annotato la data di morte del Buddha, come si poteva stabilire quando fosse accaduto il mahāparinirvāṇa?

Xuanzang si sarebbe forse sentito meno solo se avesse saputo che, più di un millennio dopo, decine di studiosi

si sarebbero posti le stesse domande.

Il pellegrino visitò ancora molte fiorenti città, tra cui Varanasi, sulle rive del Gange, dove il Buddha aveva iniziato

la sua predicazione, ma vide che la città era animata dal culto di altre divinità e da molte scuole filosofiche

mentre erano ben pochi i credenti buddhisti.

Finalmente, giunto nella regione del regno di Magadha, nell’India nord-orientale, Xuanzang trovò una comunità

buddhista numerosa e dimorò nella cittadina monastica di Nālandā, nell’odierna regione del Bihar.

Fu probabilmente a Nālandā che il Xīnjīng 心 经 Sūtra del cuore, originariamente composto in cinese, fu

tradotto in sanscrito [V. 1 U. 8 pag. 196].

Xuanzang proseguì il suo viaggio lungo la costa, lasciandoci la desrizione di un panorama religioso molto

variegato: incontrò diversi monasteri buddhisti; fu invitato a corte anche da sovrani che non professavano

il buddhismo, ma volevano conoscere il monaco che veniva dalla Cina; viaggiò verso sud fino alla città di

Kāñchīpuram, per poi iniziare il viaggio di ritorno, attraversando la regione del Maharashtra, dove ammirò un

monastero costruito tra le rocce, scavato lungo le pareti di un precipizio: si trattava delle grotte di Ajanta, oggi

un importante sito Unesco. Sulla via del ritorno, Xuanzang attraversò il fiume Indo e la regione montuosa del

Kashmir; percorse poi la Via della seta a sud del deserto del Taklamakan, facendo tappa nelle città di Kashgar

e di Yarkand, per poi attraversare la regione del Khotan e giungere di nuovo a Chang’an attraverso l’oasi di

Dūnhuáng 敦 煌 .

Il viaggio di Xuanzang durò dal 627 al 645. Al suo ritorno in Cina, Xuanzang lavorò come traduttore e autore

di commenti, e i suoi insegnamenti e le sue traduzioni furono di ispirazione per la fondazione di nuove scuole

di pensiero. Il suo resoconto di viaggio è tutt’oggi un’importantissima fonte di informazioni per ricostruire la

storia dell’Asia centrale e dell’India.

Il viaggio del monaco Xuanzang ispirò la scrittura di un romanzo molto famoso, il Xīyóu Jì 西 游 记 Racconto

del viaggio in occidente, opera del XVI secolo attribuita a Wú Chéng’ēn 吳 承 恩 [U. 7].

LA RIUNIFICAZIONE DELL'IMPERO: LE DINASTIE SUI E TANG

23


Il monaco Yìjìng 义 净 (635-713) fu un altro importante pellegrino buddhista vissuto durante la dinastia Tang

ed il regno dell’imperatrice Wu Zetian. Yijing si recò in India per studiare l’organizzazione dei monasteri e la

regola monastica, con il fine di riformare gli usi e le norme scorrette dei monaci cinesi. Diversamente da Xuanzang,

egli fece il viaggio via mare, raccogliendo le sue testimonianze nel libro Nánhǎi Jìguī Nèifǎ Zhuàn

南 海 寄 归 内 法 传 Scritti sul buddhismo trasmessi dai mari del sud. Yijing partì nel 671 da Chang’an e

discese il Fiume azzurro fino a Yangzhou (nell’odierno Jiangsu); da qui si imbarcò e fece tappa a Guanzhou,

per poi salpare verso sud e giungere sulle coste di Sumatra, in Indonesia. Il suo viaggio per mare proseguì

fino a Kedah, in Malesia, e poi attraverso il golfo del Bengala fino a Tamralipti, in India. Anche Yijing visitò i

principali luoghi della vita del Buddha, tra cui Bodh Gaya, Kapilavastu e Śrāvastī, prima di ritornare in Cina facendo

lo stesso percorso a ritroso. Quando giunse a Chang’an nel 695, dopo circa 25 anni di viaggio, fu accolto

trionfalmente dall’imperatrice Wu.

Yijing si rese conto che in tutto il sud-est asiatico era diffusa una forma più antica di buddhismo, che in Cina

veniva definita come “piccolo veicolo” e che oggi è conosciuta come tradizione Theravāda [V. 1 U. 8 pag. 193].

Sia Xuanzang che Yijing notarono che il buddhismo sopravviveva in India solo nei grandi monasteri, divenuti

delle vere e proprie cittadelle universitarie chiuse in sé stesse, in cui i dibattiti dottrinali erano rivolti a pochi

eletti e si praticavano complessi rituali derivanti dalla tradizione tantrica. I resoconti di Xuanzang e Yijing

contribuirono a diffondere la nuova consapevolezza che il buddhismo era in declino nella sua terra d’origine,

mentre i monasteri delle grandi città dell’impero cinese erano divenuti i più importanti centri di diffusione

della cultura buddhista.

11

Basandoti sui testi in italiano e sui glossari dei nomi geografici in cinese, completa la mappa con le

principali tappe di Xuanzang e di Yijing, poi traccia con frecce di colori diversi l’itinerario di viaggio dei

due monaci

Hami

DESERTO DEL TAKLAMAKAN

Yangzhou

KASHMIR

Chang’an

SWAT

PAMIR

HIMALAYA

GOLFO DEL BENGALA

Città raggiunte da Xuanzang

Città raggiunte da Yijing

Città raggiunte da entrambi

Direzione del viaggio di Xuanzang

Direzione del viaggio di Yijing

26

LA RIUNIFICAZIONE DELL'IMPERO: LE DINASTIE SUI E TANG


a partecipare due volte agli esami imperiali, ma il suo nome non risultò mai nell’elenco dei candidati vincitori.

Han Yu capì che per passare gli esami da funzionario oltre al talento servivano raccomandazioni politiche e

buone relazioni con gli esaminatori. Privo di relazioni familiari influenti, dovette mettere da parte l’orgoglio

e iniziare a frequentare dei possibili sostenitori. Finalmente nel 792 superò l’esame per ottenere il titolo di

jinshi, un riconoscimento ancora non sufficiente ad ottenere un incarico politico.

Dopo aver fallito ripetutamente il superamento degli esami di livello superiore,

lo stato e il ruolo

dei funzionari

Han Yu scrisse delle lettere aperte ai primi ministri dell’impero con cui reclamava

un incarico amministrativo, sostenendo che tra i compiti di un buon ministro vi è

proprio quello di saper selezionare i funzionari migliori, e lui si riteneva uno tra

questi. Le lettere di Han Yu, rimasero senza risposta, ma l’idea che il buon governo sia il risultato della corretta

selezione dei funzionari rimase costante nel suo pensiero. Nel saggio Mǎ shuō 马 说 Discorso sui cavalli

l’autore spiega che è compito di un bravo stalliere (un amministratore saggio) saper riconoscere e valorizzare

i cavalli che sanno percorrere mille miglia (i propri sottoposti eccezionalmente meritevoli).

Mǎ shuō 马 说 Discorso sui cavalli

世 有 伯 乐 , 然 后 有 千 里 马 。 千 里 马 常 有 , 而 伯 乐 不 常 有 。 故 虽 有 名 马 , 祇 辱 于 奴 隶

人 之 手 , 骈 死 于 槽 枥 之 间 , 不 以 千 里 称 也 。 马 之 千 里 者 , 一 食 或 尽 粟 一 石 。 食 马 者

不 知 其 能 千 里 而 食 也 。 是 马 也 , 虽 有 千 里 之 能 , 食 不 饱 , 力 不 足 , 才 美 不 外 见 , 且

欲 与 常 马 等 不 可 得 , 安 求 其 能 千 里 也 ? 策 之 不 以 其 道 , 食 之 不 能 尽 其 材 , 鸣 之 而 不

能 通 其 意 , 执 策 而 临 之 , 曰 :“ 天 下 无 马 !” 呜 呼 ! 其 真 无 马 邪 ? 其 真 不 知 马 也 !

Quando al mondo c’è un Bo Le, allora si hanno anche dei cavalli in grado di fare mille miglia. Di cavalli

da mille miglia se ne trovano, ma le persone come Bo Le sono rare. Di fatto, sebbene vi siano cavalli

di fama, accade che questi vengano abbandonati all’incuria delle mani dei servitori, e finiscano per

crepare nelle stalle, senza essere riconosciuti come cavalli da mille miglia. Un cavallo da mille miglia

arriva a mangiare uno shi di biada per pasto. Se chi dà da mangiare al cavallo non sa che deve nutrirlo

per fare mille miglia, allora quel cavallo, pur avendo la capacità di percorrere mille miglia, non

mangerà abbastanza, non sarà in forze e non mostrerà i suoi pregi. Se non riesce ad ottenere neppure

il trattamento di un cavallo comune, come si potrà pretendere che sia in grado di percorrere mille

miglia? Lo frustano nel modo sbagliato, non lo nutrono abbastanza per le sue capacità, se nitrisce non

ne capiscono il motivo e continuano a brandirgli la frusta davanti dicendo: “Al mondo non ci sono più

cavalli degni di questo nome!”. Ahime! Davvero non ci sono più cavalli? In realtà quello che manca

sono gli esperti di cavalli!

32

LA RIUNIFICAZIONE DELL'IMPERO: LE DINASTIE SUI E TANG


insegnamento

Soltanto nel 796 Han Yu riuscì finalmente ad ottenere un incarico,

sebbene di rango molto basso, come archivista e poi come

supervisore degli esami. Il ruolo ricoperto gli permise di iniziare

a diffondere la sua idea di un ritorno ad uno stile di scrittura più

semplice e lineare. Han Yu proponeva, infatti, di ricorrere ad una

scrittura meno orientata all’artificio stilistico e più diretta, uno

stile che fece risalire a Confucio e Mencio e che chiamò gǔwén

古 文 letteratura antica. Han Yu intendeva

con “antichità” un’era ideale

in cui la società era regolata secondo

i principi della moralità confuciana e pensava che lo studio dei

testi classici confuciani potesse influenzare e trasformare positivamente

il presente.

Nell’801 Han Yu fu selezionato come istitutore presso una scuola

per i candidati per gli esami imperiali. Tra gli studenti di Han Yu vi

erano giovani di famiglie umili o con meno connessioni politiche,

che ambivano ad accedere alla carriera burocratica. Gli studenti di

Han Yu ebbero inizialmente molto successo agli esami, e questo

gli assicurò una grande fama come insegnante. Alcune delle sue

riflessioni sull’insegnamento sono raccolte nel saggio Shī shuō

师 说 Discorso sui maestri:

Antica scuola confuciana

Shī shuō 师 说 Discorso sui maestri

古 之 学 者 必 有 师 。 师 者 , 所 以 传 道 受 业 解 惑 也 。 人 非 生 而 知 之 者 , 孰 能 无 惑 ? 惑 而

不 从 师 , 其 为 惑 也 , 终 不 解 矣 。 生 乎 吾 前 , 其 闻 道 也 固 先 乎 吾 , 吾 从 而 师 之 。

生 乎 吾 后 , 其 闻 道 也 亦 先 乎 吾 , 吾 从 而 师 之 。 吾 师 道 也 , 夫 庸 知 其 年 之 先 后 生 于 吾

乎 ? 是 故 无 贵 无 贱 , 无 长 无 少 , 道 之 所 存 师 之 所 存 也 。

嗟 乎 ! 师 道 之 不 传 也 久 矣 ! 欲 人 之 无 惑 也 难 矣 ! 古 之 圣 人 , 其 出 人 也 远 矣 , 犹 且

从 师 而 问 焉 ; 今 之 众 人 , 其 下 圣 人 也 亦 远 矣 , 而 耻 学 于 师 。 是 故 圣 益 圣 , 愚 益 愚 。

圣 人 之 所 以 为 圣 , 愚 人 之 所 以 为 愚 , 其 皆 出 于 此 乎 ?[…]

Un tempo chi studiava doveva avere un maestro. Dai maestri era trasmessa la dottrina, si ricevevano

gli insegnamenti, erano risolti i dubbi. Le persone non nascono sapienti, chi può dire di non avere

dubbi? Se si hanno dei dubbi e non si segue un maestro, i dubbi resteranno tali e non saranno mai

risolti. Se qualcuno è nato prima di me e ha appreso la dottrina prima di me, io lo sceglierò come mio

maestro. Se qualcuno è nato dopo di me, eppure ha appreso la dottrina prima di me, io lo sceglierò

come mio maestro. Io [scelgo] la dottrina di un maestro, perché dovrei premurarmi di sapere se questi

è nato prima o dopo di me? O del fatto che non sia di nobili origini o che non sia abbiente, che non sia

vecchio o giovane: se c’è la dottrina, allora c’è anche il maestro.

Ahimé! È da molto tempo ormai che non si usa più avere un maestro [che insegni] la dottrina! E pretendere

che vi siano persone prive di dubbi è ancora più difficile. I saggi del passato erano davvero di

molto superiori alle persone comuni, eppure seguivano dei maestri per porre loro delle domande. La

gente di oggi, che pure è di molto inferiore ai saggi del passato, si vergogna di studiare con un maestro.

Per questo motivo i saggi sono sempre più saggi, mentre gli stolti sono sempre più stolti. Non è

forse per questo motivo che esistono i saggi e gli stolti? [...]

LA RIUNIFICAZIONE DELL'IMPERO: LE DINASTIE SUI E TANG

33


UNITÀ 2

POESIA E PROSA TANG

43


2.1 La poesia di epoca Tang

Contesto culturale

Durante l’epoca della dinastia Tang, e soprattutto tra la metà del VII e la metà dell’VIII secolo, la Cina conobbe

una grande espansione dei propri confini, un fiorente sviluppo del commercio dovuto alla stabilità dei

rapporti con i paesi stranieri limitrofi e della Via della seta, una notevole libertà di pensiero e religiosa, e una

importante apertura alle influenze straniere. In questo contesto, l’impero cinese divenne uno dei paesi più

ricchi e cosmopoliti del mondo e la capitale Chang’an arrivò a contare più di

mezzo milione di abitanti. La libertà e la circolazione di idee, di religioni e

di persone diverse provenienti da paesi stranieri e l’apertura e la tolleranza

mostrata da molti imperatori Tang crearono un terreno fertile per un’incredibile

fioritura di tutte le discipline: dalla letteratura alla calligrafia, dalla

pittura agli studi filosofici e religiosi.

Tale sviluppo culturale fu dovuto anche ad altri fattori: la poesia e la calligrafia

furono inserite tra le materie di esame per l’accesso alla carriera burocratica;

il numero di istituti statali e privati, come le scuole di famiglia,

che dovevano preparare i giovani studenti al superamento degli esami imperiali,

aumentò; i monasteri buddhisti e daoisti, dotati spesso di grandi biblioteche,

come le famose Mògāo kū 莫 高 窟 Grotte Mogao a Dunhuang,

divennero importanti centri di cultura dove religiosi e laici si scambiavano

idee e informazioni.

Il clima cambiò a partire dalla seconda metà dell’VIII secolo; la rivolta di An Lushan funge, infatti, da spartiacque

tra due periodi, non solo dal punto di vista storico e politico ma anche da quello culturale. Da quel momento

iniziò una fase di declino politico, e la libertà di pensiero, la tolleranza religiosa e il fermento culturale

piano piano vennero meno. In particolar modo, le religioni di origine straniera, come il buddhismo, divennero

oggetto di vere e proprie persecuzioni, soprattutto tra l’842 e l’845, per volere dell’imperatore Wuzong. Il sentimento

xenofobo si era iniziato a diffondere già a partire da alcuni anni prima, una testimonianza è il famoso

Memoriale sull’osso del Buddha scritto da Han Yu nell’819, in cui l’intellettuale confuciano manifestava il

proprio astio verso la religione buddhista ed esortava l’imperatore ad interrompere i cerimoniali in onore del

Buddha. Da quel momento in poi, la letteratura continuò il suo percorso, ma alcuni generi, come la poesia,

non tornarono più al fasto dei primi secoli della dinastia e, in particolar modo, non incontrarono più il sostegno

degli imperatori, come era avvenuto durante il regno di Xuanzong.

Xuanzong, l’arte e la letteratura

Grotte di Mogao, Dunhuang

Se l’epoca Tang è considerata una delle più fiorenti della letteratura cinese è anche

accademie e scuole d'arte grazie alla passione per l’arte e la letteratura dell’imperatore Xuanzong, passato alla

storia come un mecenate della cultura. Egli stesso fu calligrafo e musicista e con lui

la corte imperiale divenne luogo di incontro e di scambio tra artisti, poeti, attori e musicisti. A Xuanzong si deve

la fondazione della Hànlín Yuàn 翰 林 院 , Accademia della foresta dei pennelli o Accademia Hanlin, e del

Lí Yuán 梨 园 il Giardino dei Peri. La prima, fondata ufficialmente nel 738, era un’istituzione subordinata al

governo centrale e incaricata della redazione di

documenti ufficiali (testi rituali e testi letterari

di vario tipo ad uso dell’imperatore), attività in

precedenza affidata ai funzionari della Segreteria

di Palazzo. Nell’Accademia Hanlin non lavoravano

dei semplici ufficiali ma veri e propri

esperti in diverse discipline: alcuni erano poeti,

altri esperti dei classici confuciani, altri ancora

di scritti buddhisti, di divinazione, di pratiche

occulte, di calligrafia e di tecniche daoiste.

Accademia Hanlin

44

POESIA E PROSA TANG


Il Giardino dei Peri, invece, è riconosciuto come la prima scuola teatrale cinese, luogo dove attori, musicisti

e ballerini potevano esercitarsi e tenere spettacoli e grazie al quale il teatro poté svilupparsi all’interno della

corte imperiale [U. 3].

riforma del sistema

degli esami

Altro stimolo allo sviluppo delle lettere provenne dal cambiamento del sistema

degli esami imperiali su cui si basava il reclutamento dei funzionari. Tutto nacque

da una questione avanzata dall’allora vice direttore dell’ufficio di valutazione del

personale, secondo il quale, nelle prove per i titoli più prestigiosi, mingjing e jin-

shi, i candidati si limitavano semplicemente a riprodurre a memoria le frasi dei classici.

Si sentì quindi la necessità di una riforma e nel 681 fu emanato un editto imperiale che

introdusse una prova preliminare in cui gli studenti dovevano elaborare uno záwén 杂

文 saggio misto, una composizione sia in shī 诗 poesia che in fù 赋 prosa rimata.

Solo superata questa fase, i candidati potevano accedere alla prova sui saggi politici e di

interpretazione dei classici. In questo modo, il superamento degli esami era possibile

solo dopo aver dimostrato competenza sia nella conoscenza dei classici confuciani che

nella composizione letteraria.

La poesia cinese come poesia conviviale

Durante la dinastia Tang la poesia lirica acquisì un nuovo ruolo nella società, divenendo

un’attività quotidiana e una pratica sociale. In virtù del concetto di yánzhì

lo yanzhi e la poesia

言 志 , che la considerava da sempre come espressione, attraverso un linguaggio

specifico, della volontà emotiva [v. Grande Prefazione V. 1 U. 5], la poesia iniziò ad

essere intesa come la forma più alta di comunicazione ed utilizzata in particolari occasioni pubbliche e private

senza limitazione negli argomenti trattati, sebbene i contenuti fossero spesso legati al quotidiano.

Con l’introduzione della composizione poetica tra le prove degli esami imperiali, la poesia divenne una pratica

ancor più diffusa tra le persone istruite, realizzando pienamente l’idea insita nello yanzhi di esprimere a

parole ciò che ci emoziona. La poesia divenne un’attività conviviale che si realizzava in comunità, nelle relazioni

sociali e, più che un evento letterario fine a sé stesso, era una pratica che le persone istruite erano tenute a

svolgere in determinate circostanze. Vi erano delle occasioni particolari in cui l’etichetta imponeva la composizione

e lo scambio di poesie. In caso di feste, per esempio, ci si aspettava che l’invitato portasse una poesia

al padrone di casa; si componevano poesie durante banchetti organizzati per salutare amici che partivano per

un viaggio; si donava una poesia quando ci si recava in visita a casa di un amico oppure, se questi non c’era,

si lasciavano dei versi in dono sull’uscio per avvisarlo del proprio passaggio. Malgrado l’ingente produzione

poetica dell’epoca, non tutte le composizioni occasionali raggiunsero alti livelli, tuttavia grazie all’opera di

alcuni autori, la dinastia Tang è considerata l’epoca d’oro della poesia cinese.

Poesia Tang: periodizzazione

La maggior parte delle poesie Tang ci è pervenuta grazie a due famose raccolte redatte entrambe molti secoli

dopo, durante la dinastia Qīng 清 (1644-1911): la prima è la Quán Táng shī 全 唐 诗 Raccolta completa

delle poesie Tang, compilata nel 1705, sotto il regno dell’imperatore Kāngxī 康 熙 (r. 1661-1722) e include,

a testimonianza dell’enorme produzione poetica Tang, più di 50.000 poesie di circa 2.200 autori. La seconda

è la Táng shī sān bǎi shǒu 唐 诗 三 百 首 Trecento poesie Tang, del 1763 a cura dell’erudito Sūn Zhū 孙 洙

(1722-1778), che raccoglie le poesie dei poeti Tang più famosi e importanti come Li Bai, Du Fu, Wang Wei, Bai

Juyi, Meng Haoran e Li Shangyin.

La critica cinese tradizionalmente distingue quattro periodi nello sviluppo della poesia shi di epoca Tang:

Chū Táng 初 唐 Albori della dinastia Tang, fase di continuazione della poesia di corte dell’epoca precedente

ascrivibile al VII secolo; Shèng Táng 盛 唐 Apogeo della dinastia Tang, periodo che coincide per lo più al

regno di Xuanzong e alla rivolta di An Lushan, tra il 700 e il 785, in cui la poesia raggiunse i suoi più alti livelli;

Zhōng Táng 中 唐 Periodo centrale della dinastia Tang, tra il 785 e il 835, e Wǎn Táng 晚 唐 Tarda epoca

Tang, dall’835 al 900, in cui la poesia progredì verso forme più ricercate e raffinate.

POESIA E PROSA TANG

45


Approfondimenti

lo zhīyīn 知 音 e il gāo shān liú shuǐ 高 山 流 水

Il rapporto tra autore e destinatario-lettore nella

poesia lirica cinese è qualcosa di molto intimo ed è

espresso con il termine zhīyīn 知 音 , letteralmente

comprendere la musica. Zhiyin indica in sostanza

il buon lettore di poesia, ossia colui che ascoltando

o leggendo dei versi riesce a coglierne il significato

più profondo, a comprendere pienamente la personalità

e lo stato d’animo del poeta.

L’origine di questo termine deriva da una storia contenuta

nel capitolo 12 del testo daoista Lièzǐ 列 子 ,

conosciuto anche come Chōng xū zhì dé zhēn jīng

冲 虚 至 德 真 经 Il vero libro della sublime virtù

del cavo e del vuoto. Il capitolo è intitolato Gāo

shān liú shuǐ 高 山 流 水 , letteralmente Montagna

alta e acqua impetuosa, titolo oggi usato come frase

idiomatica con il significato di “musica sublime”

o “amico intimo”:

伯 牙 善 鼓 琴 , 钟 子 期 善 听 。 伯 牙 鼓

琴 , 志 在 登 高 山 。 钟 子 期 曰 :“ 善 哉 ! 峨

峨 兮 若 泰 山 !” 志 在 流 水 , 钟 子 期 曰 :“

善 哉 ! 洋 洋 兮 若 江 河 !” 伯 牙 所 念 , 钟 子

期 必 得 之 。

伯 牙 游 于 泰 山 之 阴 , 卒 逢 暴 雨 , 止 于

岩 下 ; 心 悲 , 乃 援 琴 而 鼓 之 。 初 为 霖 雨

之 操 , 更 造 崩 山 之 音 。 曲 每 奏 , 钟 子 期

辄 穷 其 趣 。 伯 牙 乃 舍 琴 而 叹 曰 :“ 善 哉 !

善 哉 ! 子 之 听 夫 志 , 想 像 犹 吾 心 也 。 吾

于 何 逃 声 哉 ?”

Boya era un maestro nel suonare il liuto, Zhong Ziqi

era un maestro nell’ascoltarlo. Quando Boya suonava

il liuto e aveva in mente di scalare un’alta montagna,

allora Zhong Ziqi diceva: “Meraviglioso! Alto e

torreggiante come il monte Tai”. Se poi i pensieri di

Boya si volgevano allo scorrere di un fiume, Zhong

Ziqi diceva: “Meraviglioso! Onde vaste e tumultuose

come quelle dello Yangzi e del Fiume Giallo”.

Qualsiasi cosa avesse in mente Boya, Zhong Ziqi la

capiva. Una volta, mentre Boya vagava sullo scuro

versante settentrionale del monte Tai, all’improvviso

fu sorpreso da un violento temporale. Boya si fermò

in una grotta e il cuore gli si riempì di malinconia.

Allora prese il liuto e cominciò a suonare, prima

una composizione sulla pioggia persistente, poi il

fragore del monte che crollava. E di ogni melodia da

lui suonata, Zhong Ziqi coglieva perfettamente il significato.

Infine, Boya depose il liuto e disse con un

sospiro: “Meravigliosa è la tua capacità di ascoltare.

Le immagini che vedi nella tua mente sono esattamente

quelle che vedo io. Che cosa ti è nascosto,

della mia musica?” [trad. da Lieh-Tzu: il vero libro

della sublime virtù del cavo e del vuoto, trad. ital. a

cura di Fausto Tomassini, Milano, TEA 1988]

Oltre ai significati di “colui che conosce la musica” e

“lettore ideale” da questa storia si evince anche l’evoluzione

del concetto di zhiyin che oggi ha assunto

il significato di “amico intimo”, mantenendo quel

senso originale di persona che entra perfettamente

in sintonia con un’altra.

46

POESIA E PROSA TANG


a lui, la poesia conviviale e occasionale raggiunse i massimi livelli. La vita stessa di Li Bai fu poesia, soprattutto

quando scelse di allontanarsi dalla politica, di dedicarsi all’ascesi e di vivere secondo natura seguendo i dettami

daoisti; le poesie di questi periodi sono, infatti, espressione diretta di quel suo stato d’animo, della sua

unione con il mondo naturale e spirituale. Nonostante il suo egocentrismo, nelle poesie di Li Bai si cela spesso

il dramma psicologico, comune ai letterati del tempo, per non essere riuscito a partecipare alla vita politica e

per non essere stato in grado di apportare un contributo positivo al governo del proprio paese. Ciò gli causò

una forte frustrazione e una solitudine che non deve, però, essere intesa come mancanza di vita sociale, ma

imputabile all’assenza di persone politicamente influenti che lo comprendessero fino in fondo e ne cogliessero

le capacità politiche: la mancanza di un vero zhiyin.

Solitudine e sensazione di non essere compreso si trovano magnificamente espresse nella celebre Bevendo da

solo sotto la luna, poesia in quattro parti in stile gushi, di cui si riporta qui la prima parte, quella più popolare:

Yuè xià dú zhuó 月 下 独 酌 Bevendo da solo sotto la luna

1. 花 间 一 壶 酒 , Huā jiān yì hú jiǔ, Tra i fiori una brocca di vino,

2. 独 酌 无 相 亲 。 dú zhuó wú xiāng qīn. da solo mi verso da bere, senza nessuno vicino

3. 举 杯 邀 明 月 , Jǔ bēi yāo míng yuè, Alzo il bicchiere e invito la chiara luna,

4. 对 影 成 三 人 。 duì yǐng chéng sān rén. con la mia ombra di fronte diventiamo in tre

5. 月 既 不 解 饮 , Yuè jì bù jiě yǐn, La luna che certamente non sa cosa significhi bere,

6. 影 徒 随 我 身 。 yǐng tú suí wǒ shēn. l’ombra che invano mi segue.

7. 暂 伴 月 将 影 , Zàn bàn yuè jiāng yǐng, Compagni di un istante, luna e ombra,

8. 行 乐 须 及 春 。 xíng lè xū jí chūn. dobbiamo far festa fino a primavera.

9. 我 歌 月 徘 徊 , Wǒ gē yuè pái huái, Io canto, la luna ondeggia,

10. 我 舞 影 零 乱 。 wǒ wǔ yǐng líng luàn. io danzo, l’ombra si spezza confusa.

11. 醒 时 同 交 欢 , Xǐng shí tóng jiāo huān, Quando son desto, ci rallegriamo insieme,

12. 醉 后 各 分 散 。 zuì hòu gè fēn sàn. dopo essermi ubriacato, ognuno va per la propria strada

13. 永 结 无 情 游 , Yǒng jié wú qíng yóu, Uniti per sempre in un vagare senza affetti,

14. 相 期 邈 云 汉 。 xiāng qī miǎo yún hàn. ci rincontreremo nella lontana Via Lattea.

La poesia descrive una scena in cui il poeta beve da solo al chiaro di luna ed esprime, innanzitutto, la personalità

di Li Bai: dedito all’alcol, vivace, eccentrico e, in un certo senso, arrogante, quasi sprezzante; nonostante gli

eventi poco lieti della sua vita, beve e si diverte insieme alla luna e alla sua ombra.

Tuttavia, dietro l’apparente leggerezza dei versi, si cela il sentimento di solitudine e tristezza del poeta causato

dalla frustrazione per l’impossibilità di contribuire al miglioramento del governo. I primi due versi, com’è

tipico della poesia shi, introducono l’ambiente naturale in cui si collocano gli eventi, e rivelano subito la condizione

solitaria del poeta: 花 间 tra ai fiori, 一 壶 酒 una brocca di vino e 独 酌 无 相 亲 da solo mi verso da bere,

senza nessuno vicino. L’enfasi sul sentimento di solitudine del poeta continua nei versi successivi ed è tale da

spingerlo ad invocare la luna e la sua stessa ombra per fargli compagnia a bere (vv. 3-4). La scena diventa quindi

più vivace e allegra grazie al vino, il poeta si diverte nei versi 8, 9, 10 e 11. La felicità, però, è effimera, come

POESIA E PROSA TANG

51


Wáng Wéi 王 维

la vita

Wáng Wéi 王 维 , le cui date di nascita e di morte sono incerte (alcune fonti

riportano 699-759, altre il 701-761), nacque nell’odierna provincia dello Shanxi

da una famiglia illustre che annoverava addirittura tredici ministri al servizio della

corte Tang. Ebbe dunque l’opportunità di intraprendere e portare avanti una mirabile carriera politica e di

frequentare la corte imperiale, facendo esperienza diretta della vivacità culturale dell’epoca, di cui divenne a

sua volta uno dei principali fruitori. Al contrario di Li Bai e Du Fu, Wang Wei partecipò e superò giovanissimo,

nel 721, l’esame per il titolo di jinshi e, trasferitosi nella capitale con il fratello, iniziò subito una lunga carriera

da funzionario con la nomina a vicedirettore dell’Ufficio Imperiale della Musica. Dopo pochi anni di servizio, si

dimise e andò a vivere in una tenuta di campagna, non lontano dalla capitale. Ricoprì nuovamente altre cariche

governative, tra il 734 e il 749, e poi, dopo altri tre anni di interruzione per la morte della madre, dal 752 fino

alla morte. Durante gli ultimi anni della sua vita diresse l’amministrazione di alcuni dipartimenti nei ministeri

della guerra, della giustizia e del lavoro. La sua carriera, tuttavia, conobbe periodi di retrocessione, di esilio e

di servizio forzato. Nel 756, durante la rivolta di An Lushan, fu infatti catturato dai ribelli e costretto a prestare

servizio alle loro dipendenze come Grande Segretario della Cancelleria. Questa sua collaborazione gli valse

l’arresto con l’accusa di tradimento quando le forze imperiali ripresero il potere, ma grazie all’intercessione

del fratello, che era un importante funzionario dello Stato, ottenne il perdono. La vita di Wang Wei fu segnata

anche da due gravi perdite che lo turbarono profondamente: la morte della moglie quando aveva trent’anni,

in seguito alla quale non si risposò più e non ebbe mai figli, e la perdita della madre vent’anni dopo. Wang Wei

trascorse gran parte della sua vita tra la capitale Chang’an, dove prestava servizio, e la tenuta di campagna a

Lántiān 蓝 天 , vicino al fiume Wǎng 辋 , dove si ritirava per cercare conforto nella natura, spesso in compagnia

di amici, poeti e monaci buddhisti.

Non fu solo poeta, ma anche pittore, calligrafo e musicista. Wang Wei con le sue

la produzione artistica

poesie e pitture di paesaggio, fortemente influenzate dalla dottrina buddhista, anticipò

la pittura della dinastia Song ed è considerato l’iniziatore della Nán zōng

shān shuǐ huà 南 宗 山 水 画 Scuola del Sud, anche se purtroppo dei suoi dipinti restano solo delle copie

e ricostruzioni più tarde. In lui, il rapporto tra poesia, pittura e calligrafia era talmente stretto che Sū Shì 苏

轼 (1037-1101), importante poeta e pittore di epoca Song [U. 3], affermò che “le sue poesie erano quadri,

e i suoi quadri poesie”. Nelle sue opere il paesaggio naturale riveste un’importanza fondamentale e assume

significati profondi, come era già avvenuto con Tao Yuanming.

Gran parte della sua produzione paesaggistica, sia poetica

che pittorica, appartiene ai periodi in cui si ritirò a vivere in

campagna. In particolar modo, è famosa l’antologia Wǎng

chuān jí 辋 川 集 Collezione del fiume Wang, scritta insieme

all’amico e poeta Péi Dí 裴 迪 (716-?). I venti jueju che la

compongono descrivono i luoghi della valle del fiume Wang,

in cui si trovava la sua dimora, gli stessi celebrati dall’autore in

un suo altrettanto famoso dipinto Wǎng chuān tú 辋 川 图 Il

dipinto del fiume Wang. Della collezione fanno parte le due

poesie Lù zhài 鹿 柴 Il recinto dei cervi, e Zhú lǐ guǎn 竹 里

馆 Romitaggio tra i bambù.

Wang Wei e la poesia di paesaggio buddhista

Il dipinto del fiume Wang

Wang Wei ebbe un’eccellente carriera amministrativa e la vita mondana, o della chén 尘 polvere di cui parlò

spesso Tao Yuanming [V. 1 U. 8], occupò buona parte della sua esistenza. Ciò nonostante, è ricordato come

poeta solitario ma, al contrario di alcuni suoi celebri contemporanei, non certo un uomo infelice. Come Tao

Yuanming, prediligeva la vita di campagna piuttosto che quella di città ma, diversamente dal suo predecessore,

povero e orientato al daoismo, Wang Wei era un facoltoso signore buddhista.

Furono proprio l’adesione al buddhismo e l’esperienza contemplativo-meditativa ad avere un ruolo rilevante

60

POESIA E PROSA TANG


sull’opera e sul pensiero di Wang Wei. nella poesia di paesaggio buddhista

la natura è il luogo incontaminato dove rifugiarsi in solitudine

a meditare per raggiungere l’illuminazione. La pratica prevede uno

stato di profonda quiete, concentrazione e vuoto mentale, che conduce

al raggiungimento di un’illuminazione istantanea in cui l’individuo

diventa improvvisamente consapevole della vacuità intrinseca

di tutti i fenomeni e della propria natura da buddha, o buddhità [V. 1

U. 8]. Le poesie di Wang Wei sono spesso la rappresentazione delle

esperienze contemplative da lui stesso vissute, in cui il paesaggio e

gli elementi naturali presentati sono fondamentali per il raggiungimento

dello stato d’illuminazione. Nella sua poetica ricorrono,

quindi, simboli e allusioni al buddhismo: i paesaggi montani shān

山 rappresentano i luoghi di ritiro e meditazione; le nuvole yún 云

sono il simbolo del distacco dal mondo terreno e rappresentano lo

stato di calma e riflessione in cui il poeta si immerge nella contemplazione

della natura; il vuoto kōng 空 inteso nel senso buddhista di

vacuità, ovvero di natura illusoria della realtà, è anch’esso tanto presente

da essere diventato, secondo alcuni critici, una vera e propria

firma del poeta. Il vuoto dell’ambiente esterno riflette lo stato mentale

del poeta che, concentrandosi sulla vacuità dei fenomeni, riesce a

contemplare sé stesso e la propria natura e a comprendere il concetto

di armonia universale. Svuotare la propria mente equivale, in parte,

al concetto daoista del guī zìrán 归 自 然 ritorno alla natura, con la

differenza che per il daoismo rappresenta un punto di arrivo, mentre

per il buddhismo è il punto di partenza per la meditazione e il successivo

raggiungimento dell’illuminazione. Rappresentativa di tutte

queste caratteristiche è la famosa poesia Lù zhài 鹿 柴 Il recinto dei

cervi, in cui il poeta ritrae un’immagine del paesaggio intorno alla

dimora di Lantian:

Pittura di paesaggio, Wang Shimin

Lù zhài 鹿 柴 Il recinto dei cervi

空 山 不 见 人 , Kōng shān bú jiàn rén Sul monte deserto non vedo nessuno,

但 闻 人 语 响 。 dàn wén rén yŭ xiăng eppure odo l’eco di voci umane.

返 影 入 深 林 , Făn yĭng rù shēn lín I raggi riflessi entrano nel profondo bosco,

复 照 青 苔 上 。 fù zhào qīng tái shàng e vanno a risplendere sul verde muschio.

Lu zhai, innanzitutto, narra il rapporto tra Wang Wei e la natura: il poeta ha deciso di vivere immerso in un paesaggio

di montagna, senza tuttavia rinunciare del tutto alla presenza umana. Ha trovato il giusto equilibrio, si

è distaccato dal mondo pur rimanendone in contatto, tanto che dalla sua casa tra i monti riesce ancora ad udire

voci umane, simbolo della vita in società. Negli ultimi versi è narrato il percorso spirituale che ha permesso al

poeta di separarsi dal mondo e raggiungere consapevolezza della realtà.

Nella poesia, si nota sin da subito un’alternanza tra termini che rimandano al paesaggio e all’uomo (monti 山 ,

persone 人 , bosco 林 , muschio 苔 ), con parole che si riferiscono ad elementi percepibili solo a livello sensoriale

(le voci 语 , i raggi 影 ), e verbi di percezione (vedere 见 , udire 闻 , splendere 照 ). A tutto è dato un effetto

di dinamicità e risonanza attraverso parole quali: 响 suono o eco, 返 e 复 che significano entrambi “ritornare”

( 复 può esprimere anche la reiterazione del verbo che precede). In questi versi si può cogliere l’importanza

dell’eufonia nella poetica di Wang Wei che, attraverso le parole, ricerca quei suoni adatti a favorire la concen-

POESIA E PROSA TANG

61


2.3 La narrativa xiăoshuō 小 说 e zhìguài 志 怪 dall’epoca Han alle Sei Dinastie

Con l’avvento dei Tre Regni e della successiva dinastia Jin [V. 1 U. 7 e 8] il senso di insicurezza generato dall’instabilità

politica portò letterati e uomini di cultura a dedicarsi alla creazione di prodotti letterari in prosa in cui

l’insolito e il sovrannaturale costituivano l’elemento principale. La trattazione di questi argomenti particolari

era in genere evitata dato che la tradizione confuciana li considerava quasi tabù, basandosi su un passaggio

del Lúnyǔ 论 语 (VII: 21) che recitava Zǐ bù yǔ guài lì luàn shén 子 不 语 怪 力 乱 神 “Il Maestro non parlava

di eventi insoliti, atti di violenza, disordini e spiriti”. D’altra parte i temi legati all’insolito e al fantastico

fornivano ai letterati un pretesto per interpretare la realtà secondo parametri diversi dall’ideologia ufficiale e

allo stesso tempo rappresentavano una possibilità di evasione; con l’introduzione e la successiva diffusione

del buddhismo, l’immaginario legato al sovrannaturale si arricchì poi di ulteriori elementi, tra cui i racconti

miracolistici legati al buddha e le figure di esseri fantastici prese dalla mitologia induista.

zhiguai

Questo tipo di racconti brevi, definiti successivamente zhìguài 志 怪 resoconti di

anomalie non superava in genere i 200 caratteri di lunghezza e aveva paradossalmente

come modello la narrativa storica: l’apparente contraddizione è spiegata però

resoconti di anomalie

dal fatto che gli autori sentivano il bisogno di inquadrare queste nuove opere non convenzionali in una struttura

testuale a cui era già stata riconosciuta la dignità di testo letterario. Inoltre in testi come i jì 纪 annali inclusi nella

opere storiche di Sīmǎ Qiān 司 马 迁 e Bān Gù 班 固 [V. 1 U. 7 pp. 152-157] erano già presenti narrazioni vivaci

e dettagliate che costituivano un eccellente modello per queste nuove sperimentazioni in prosa.

Tra il III ed il VI secolo, ovvero durante il cosiddetto periodo delle Sei Dinastie, il zhiguai divenne in poco tempo

uno dei generi più popolari: ci sono pervenute infatti 80 antologie di questi racconti, incentrati principalmente

su rielaborazioni di antiche leggende e aneddoti legati alla quotidianità. La più celebre raccolta di zhiguai è

senza dubbio il Sōushén jì 搜 神 记 Resoconto di ricerche di spiriti, opera di Gàn Bǎo 干 宝 (286-336), un

magistrato che ricoprì il ruolo di compilatore di storie dinastiche alla corte dei Jin.

Approfondimenti

oltre la morte: fantasmi e spettri nella cultura

tradizionale cinese

Secondo la tradizione culturale cinese delle origini,

negli uomini coesistevano due tipi di anime: lo hún

魂 , che ospitava la coscienza e l’intelletto della persona

e aveva natura yáng 阳 , e il pò 魄 , di natura yīn

阴 , legato alle necessità materiali e al mantenimento

del corpo. La morte fisica era determinata dall’allontanamento

definitivo dello hun dal corpo, che poteva

essere però impedito dall’intervento di uno sciamano

incaricato di “richiamare” l’anima del defunto

nel suo corpo, riportandolo così in vita [vol. 1 U. 5

pag.111]. Quando il distacco dello hun si rivelava

definitivo, al defunto andavano assicurati una sepoltura

appropriata con offerte mirate al mantenimento

del po, che sarebbe rimasto nei pressi del cadavere.

Successivamente, insieme al culto degli antenati, si

diffuse la credenza che la mancata esecuzione dei riti

e delle offerte da tributare al po provocasse un sentimento

di risentimento nello hun, trasformandolo in

gui, un’entità in grado di palesarsi ai vivi ed eventualmente

di danneggiarli. Nelle narrazioni più antiche,

i gui presentavano quasi inalterate le sembianze

che avevano da vivi e

indossavano gli abiti con

cui erano stati sepolti;

spesso inoltre avevano la

possibilità di rendersi tangibili,

facendo ipotizzare

che la condizione di gui

permettesse una riunione

almeno temporanea con

il po. Pur essendo animati

da sentimenti di rancore,

nelle prime narrazioni del

sovrannaturale non sempre i gui

si presentano con intenzioni

malevole: in diversi casi sono semplicemente

alla ricerca di giustizia

per i torti subiti o di normalizzazione

dei riti funebri e la loro interazione con

i vivi, mirata solo all’ottenimento dei loro

scopi, è spesso priva di conseguenze negative. Con

la diffusione del buddhismo la condizione di gui

venne definitivamente classificata come negativa e il

loro ruolo nelle narrazioni assunse carattere antagonistico

[v. tabella pag. 80].

Spirito della casa

POESIA E PROSA TANG

75


Il Soushen ji, di cui ci sono arrivate 20 delle 30 sezioni originali, comprende 464 racconti completi e 24 frammenti.

Nell’esposizione Gan Bao adotta il tono dello storico di corte: il suo scopo è dimostrare la veridicità di

quanto riportato e a tal fine usa riferimenti a testi antecedenti che garantiscano la credibilità di storie legate

alla tradizione, mentre per quanto riguarda gli aneddoti quotidiani utilizza espedienti come la citazione di

testimoni oculari degli eventi prodigiosi raccontati. Lo scopo dell’opera di Gan Bao è in effetti quello di provare

l’esistenza di un mondo sovrannaturale che coesiste con quello percepito materialmente e di mostrare le

conseguenze del superamento della linea di confine che li divide. In particolare sono frequenti le storie che

hanno come protagonisti i guǐ 鬼 spettri, spiriti di defunti il cui passaggio nella dimensione ultraterrena è

stato anomalo: una morte violenta oppure la mancanza di riti funebri appropriati sono in genere le cause che

portano il gui a non adattarsi alla sua nuova condizione e a cercare un contatto, a scopi nobili o malevoli, con

il mondo dei vivi [v. approfondimento pag. 75].

Nella raccolta di Gan Bao il ruolo di risolutore della crisi provocata dal contatto tra l’aldilà e il mondo dei vivi

è spesso ricoperto da un fāngshì 方 士 divinatore daoista, spesso affiancato da un magistrato o da un funzionario

la cui autorità civile ha il compito di legittimare l’uso di pratiche altrimenti considerate pericolose e

potenzialmente eversive. In tre racconti del Soushen ji ricorre il personaggio storicamente esistito di Guǎn Lù

管 辂 , un celebre fangshi originario dello Shandong vissuto nel III sec. In una di queste storie, Guang Lu libera

alcune donne da un maleficio causato dalla presenza di due gui nella loro casa

dal Sōushén jì 搜 神 记 Resoconto di ricerche di spiriti

信 都 令 家 妇 女 惊 恐 , 更 互 疾 的 。 使 辂 筮 之 。 辂 曰 :“ 君 北 堂 西 头 有 两 死 男 子 : 一

男 持 矛 , 一 男 持 弓 箭 。 头 在 壁 内 , 脚 在 壁 外 。 持 矛 者 主 刺 头 , 故 头 重 痛 不 得 举

也 ; 持 弓 箭 者 主 射 胸 腹 , 故 心 中 悬 痛 不 得 饮 食 也 。 昼 则 浮 游 , 夜 来 病 人 , 故 使 惊

恐 也 。” 于 是 掘 其 室 中 , 入 地 八 尺 , 果 得 二 棺 : 一 棺 中 有 矛 ; 一 棺 中 有 角 弓 及 箭 ,

箭 久 远 , 木 皆 消 烂 , 但 有 铁 及 角 完 耳 。 乃 徙 骸 骨 去 城 二 十 里 埋 之 , 无 复 疾 病 。

Le donne della famiglia del magistrato di Xindu soffrivano di attacchi di panico, al punto da ammalarsene.

Venne chiesto a Guang Lu di consultare gli steli di achillea a riguardo. Guan Lu disse quindi: “Nella vostra

sala settentrionale, sul lato ovest ci sono due uomini morti: uno impugna una lancia, l’altro arco e frecce.

Le loro teste sono nella parte interna della parete e i piedi in quella esterna. L’uomo con la lancia la

usa per colpire la testa delle donne che perciò provano un dolore tale da non riuscire più nemmeno ad

alzare il capo; quello con arco e frecce le colpisce al petto e all’addome e per questo avvertono un dolore

persistente che impedisce loro di mangiare e bere. Questi due spiriti di giorno vagano e di notte vengono

qui a portare malattie; sono loro la causa del panico delle tue donne”. Quindi si scavò dentro quella

stanza, e a circa otto chi (4 metri) di profondità vennero scoperte due bare: nella prima c’era una lancia,

nella seconda un arco d’osso e delle frecce, così vecchie che le aste in legno erano tutte marcite ed erano

rimaste solo le punte di ferro e le parti d’osso. I due scheletri vennero seppelliti a 20 li dalla città (circa 10

km) e i malesseri delle donne cessarono. (Soushen ji, cap. 3)

Dal testo è evidente come l’autore non metta in dubbio l’esistenza degli spiriti e la loro possibilità di provocare

interferenze negative nelle persone con cui entrano in contatto; in questo caso il rancore dei gui è suscitato

dal fatto che la casa del magistrato sia stata costruita sulla loro tomba e ne abbia modificato l’assetto e la disposizione

dei corpi ( 头 在 壁 内 , 脚 在 壁 外 ). I gui si servono degli oggetti presenti nel corredo funebre lasciato a

fianco del corpo per causare ferite che, anche se non percepibili visivamente, provocano nelle persone colpite

sintomi e sofferenze reali. L’autorevolezza riconosciuta dal magistrato al giudizio di Guan Lu rivela inoltre

come divinatori, esorcisti ed esperti nell’interpretazione dell’Yìjīng 易 经 [V. 1 U. 4 pag. 91] fossero figure

socialmente rispettate, il cui operato veniva richiesto regolarmente in materia giudiziaria e in campo politico;

lo stesso Guan Lu nella tradizione cinese fu associato a figure politiche di rilievo del periodo dei Tre Regni ed

è famoso un episodio che lo vede protagonista nel romanzo omonimo.

La connessione tra eventi inspiegabili e casi giudiziari si ritrova in almeno tre racconti riportati dal Soushen ji:

il manifestarsi del sovrannaturale è in genere una denuncia per ingiustizie subite o un tentativo di evitare che

vengano commesse. La più famosa delle tre storie, ripresa da un aneddoto riportato nello Hàn shū 汉 书 [V. 1

U. 7 pag. 1], è quella nota come Dōnghǎi xiàofù 东 海 孝 妇 La filiale donna di Donghai.

76

POESIA E PROSA TANG


da Yōumíng lù 幽 明 录 Relazioni di eventi di oscurità e luce

宋 有 一 国 , 与 罗 刹 相 近 。 罗 刹 数 入 境 , 食 人 无 度 。 王 与 罗 刹 约 言 : 自 今 已

后 , 国 中 人 家 , 各 专 一 日 , 当 分 送 往 。 勿 复 枉 杀 。 有 奉 佛 家 , 惟 有 一 子 ,

始 年 十 岁 , 次 当 充 行 。 舍 别 之 际 , 父 母 哀 号 , 便 至 心 念 佛 , 以 佛 威 神 力

故 , 大 鬼 不 得 近 。 明 日 , 见 子 尚 在 , 欢 喜 同 归 。 于 兹 遂 绝 , 国 人 赖 焉 。

Nello stato di Song c’era un territorio che confinava con quello dominato da un rākṣasa. Il rākṣasa sconfinava

spesso, divorando innumerevoli persone. Il re di quel territorio fece allora un accordo con il mostro: da quel

momento in poi, in un giorno prestabilito, il paese gli avrebbe mandato un essere umano in offerta e in cambio

il rākṣasa non avrebbe più ucciso indiscriminatamente. Una famiglia di devoti buddhisti aveva un solo figlio, un

ragazzino di appena dieci anni: il giorno successivo avrebbe dovuto esser dato come offerta al rākṣasa. I genitori

piangevano ma in cuor loro invocavano il buddha perché con la potenza del suo spirito non permettesse al

demone di avvicinarsi. Il giorno successivo videro che il figlio era ancora lì, vivo, e pieni di gioia tornarono a casa

con lui. Da quel giorno la pratica cessò, e la gente di quel regno visse in pace. (Youming lu, 255)

In questo racconto elementi buddhisti e di origine non cinese si sovrappongono alla consuetudine, ancora

viva in epoca Tang, di offrire vittime umane a divinità venerate nella religione popolare in alcune località. La

narrazione sostituisce gli dei venerati in questi culti autoctoni con un demone antropofago della mitologia

induista, il luóchà 罗 刹 rākṣasa [v. pag. 81] figura che si presta particolarmente alla vicenda, dato che già

in diversi testi religiosi e mitologici indiani compaiono figure di rākṣasa che esigono tributi di carne umana.

La vera novità del testo non è quindi la figura del demone, quanto il tipo di risoluzione della narrazione: non

ci sono interventi attivi da parte di esorcisti, geomanti o religiosi, ma è la semplice fede della famiglia nel

buddha a salvare il ragazzo e ad allontanare per sempre il demone. Questo tipo di espediente doveva risultare

però poco spettacolare da un punto di vista narrativo: nei testi successivi comparirà quindi più frequentemente

la figura di un religioso buddhista che affronta e sconfigge demoni e mostri tramite la recitazione di formule

e preghiere oppure con elaborati confronti dialettici.

I protagonisti dei racconti del sovrannaturale

shén 神 dio, spirito divino: divinità associata a oggetti o fenomeni naturali o a determinate località. Nella

religione popolare compaiono anche diverse divinità con funzioni sociali (preposte al benessere economico,

all’armonia familiare ecc.), spesso collocate in un contesto geografico ben definito.

mèi 魅 demone: essere di natura divina, simile allo shen, ma caratterizzato da una natura più maligna;

spesso si diverte ad attirare gli esseri umani per ingannarli e danneggiarli.

xiān 仙 immortale: un essere umano che tramite particolari pratiche meditative e alimentari, spesso di

ispirazione daoista, acquisisce un corpo perfetto e inalterabile, ma che a volte può presentare dei tratti animali

(piume, zanne). Gli immortali spesso vivono in gruppo in luoghi remoti: tra i luoghi che si ritenevano popolati

dai xian vi erano i monti Kunlun nell’Asia Centrale e il leggendario monte-isola Pénglái 蓬 莱 a largo del mare

di Bohai.

fāngshì 方 士 divinatore、shùshì 术 士 esorcista、dàoshi 道 士 maestro daoista: maestro daoista,

spesso esperto nella divinazione e nell’Yijing, ha sovente funzione di risolutore in una situazione di

squilibrio dovuta a un contatto tra il mondo umano e quello del sovrannaturale. Di frequente usa espedienti

quali la recita di zhòu 咒 formule magiche e rituali accompagnati dal suono ritmico di tamburi e da gesti

ripetuti meccanicamente come lo sbattimento di denti.

fǎshī 法 师 maestro della legge, shāmén 沙 门 、sēng 僧 monaco buddhista: nei racconti di ispirazione

buddhista ha la stessa funzione di risolutore ricoperta in altre storie dai maestri daoisti. A differenza

di questi ultimi, il monaco buddhista assolve la sua funzione tramite la preghiera, e l’invocazione del nome

del buddha o dei bodhisattva contro potenze negative come i gui o crudeli divinità legate al culto popolare.

80

POESIA E PROSA TANG


guǐ 鬼 spettro: spirito di un defunto legato da sentimenti di rancore o risentimento nei

confronti dei vivi a causa di torti subiti oppure per la mancanza di una sepoltura e di riti

funebri appropriati. Il gui in genere si presenta con lo stesso aspetto che aveva in vita e

con abiti e oggetti presenti nel suo corredo funebre.

è guǐ 饿 鬼 spettro affamato: figura derivata dai demoni indiani preta, considerati nel

buddhismo come defunti intrappolati in una condizione intermedia tra la vita e la morte a

causa di avidità e ingordigia morale e materiale, e che perciò sono tormentati da un appetito

insaziabile che cercano invano di soddisfare. Nell’immaginario cinese, l’e gui riprende

alcune caratteristiche del preta, come l’aspetto fisico mostruoso, il ventre gonfio e gli arti

scheletrici, combinandole con alcuni tratti del gui, in particolare con l’attaccamento emotivo-sentimentale

nei confronti di determinati ambienti o persone.

yāoiguài 妖 怪 、yāo 妖 、guài 怪 mostro, mostruosità, in alcuni casi tradotto con

orco: creatura mostruosa, in genere di dimensioni superiori a quelle di un essere umano, di

aspetto totalmente o parzialmente antropomorfo, dotata di poteri magici

yèchā 夜 叉 yakṣa: essere divino del pantheon indiano associato a

elementi naturali; non ha natura esclusivamente benevola o maligna,

ma in casi di conflitto può rivelarsi un avversario temibile. Nell’immaginario

buddhista conserva questa natura ambivalente, accompagnata da

un aspetto spaventoso.

罗 刹 luóchà rākṣasa: nel pantheon indiano è un essere semidivino dalle

sembianze spaventose, capace di mutare aspetto e creare illusioni; si nutre

di carne umana ed è un guerriero abile e feroce. Nei racconti di ispirazione

buddhista spesso ostacola il buddha e la diffusione del suo messaggio, ma a

volte può accettare di convertirsi e diventare protettore della legge buddhista.

niútóu 牛 头 testa di toro: demone dalla testa di toro e dal corpo umano; secondo le

scritture buddhiste è la reincarnazione demonica di un uomo irrispettoso nei confronti dei

genitori e ha il compito di torturare le anime condannate all’inferno.

biànxíng 变 形 metamorfo: spirito animale in grado di assumere aspetto

umano, in genere per scopi malevoli, attraverso processi lunghissimi di meditazione

e crescita spirituale.

húli jīng 狐 狸 精 spirito volpe: il più noto degli spiriti metamorfi. Gli spiritivolpe

nella maggior parte dei casi sono di genere femminile e assumono l’aspetto di donne

bellissime e raffinate per sedurre uomini incauti che spesso portano alla rovina.

yuán 猿 scimmia antropomorfa: spirito-animale caratterizzato da avidità materiale e sessuale. Quelli

di genere maschile rapiscono spesso donne belle e di nobile estrazione, con cui concepiscono figli;

quelli di genere femminile ricorrono al metamorfismo e assumono l’aspetto di donne attraenti per procurarsi

partner umani da cui possono avere figli che però finiscono inevitabilmente per abbandonare.

shé jīng 蛇 精 spirito serpente: spirito animale metamorfo. Gli spiriti-serpente sono quasi

sempre di genere femminile e spesso usano la loro bellezza per attirare a sé gli uomini di cui

si invaghiscono; lo spirito-serpente più celebre nell’immaginario cinese è la protagonista del

Bái shé zhuàn 白 蛇 传 Storia del serpente bianco [V. 1 U. 2 pag. 26]

POESIA E PROSA TANG

81


UNITÀ 3

LA DINASTIA SONG

97


3.1 Wǔdài shíguó 五 代 十 国 Cinque dinastie e Dieci stati

In seguito alla rivolta di An Lushan, la dinastia Tang aveva perso la propria autorità sulle regioni della Cina settentrionale,

dove signori della guerra e generali sempre più autoritari governavano autonomamente i propri

territori.

Nel 904, Zhū Wēn 朱 温 (852?-912), capo di una banda di rivoltosi, assassinò l’imperatore Zhāozōng 昭 宗

(867-904) e si autoproclamò imperatore della nuova dinastia Hòu Liáng 后 梁 Liang posteriori (907-923).

Nonostante i suoi sforzi per accentrare il potere, Zhu Wen non ottenne la sottomissione degli altri governatori

locali e la dinastia dei Liang posteriori cadde dopo sedici anni, nel 923. Nel nord della Cina si susseguirono

quindi cinque dinastie, guidate da capi militari che cercarono invano di restaurare le istituzioni politiche e

amministrative della dinastia Tang.

Hòu Liáng

Liang posteriori

(907-923)

Hòu Táng

Tang posteriori

(923-936)

Hòu Jìn

Jin posteriori

(936-947)

Hòu Hàn

Han posteriori

(947-950)

Hòu Zhōu

Zhou posteriori

(947-950)

Capitale: Kaifeng

Capitale: Luoyang

Capitale: Kaifeng

Capitale: Kaifeng

Capitale: Kaifeng

Il fondatore

Zhu Wen

pose fine alla

dinastia Tang

Il fondatore

Li Cunxu era di etnia

turca Shatuo

e si alleò con il popolo

nomade dei khitan

Di etnia turca Shatuo,

la dinastia fu

costretta a cedere

le Sedici prefetture

di Yan e Yun ai khitan

Di etnia turca Shatuo,

durò solo tre anni

Fondata da Guo Wei,

figlio di un generale

Tang di origine cinese.

Tra i capi militari e

consiglieri imperiali

vi fu Zhao Kuangyin

Mentre i sovrani del nord mettevano in

atto vari tentativi di accentramento del potere,

spesso minati da rischiose alleanze

con l’impero dei khitan [vedi approfondimento

pag.103], il sud della Cina era

diviso in dieci diversi stati regionali, che

coesistettero per brevi periodi in un clima

di relativa pace. I capi degli stati meridionali

non erano ex-generali della dinastia

Tang, ma avevano origini umili: si trattava

di capi di bande armate che grazie alla

scaltrezza militare riuscirono a proclamarsi

regnanti dei territori che controllavano.

Nonostante l’inesperienza politica iniziale,

l’autorevolezza dei sovrani del sud

crebbe nel tempo grazie alle alleanze con

famiglie aristocratiche e alla creazione di

raffinate corti, presso le quali erano ospitati

letterati e artisti in cerca di protezione.

Il periodo di divisione che seguì la caduta

dell’impero Tang è noto come periodo

Wǔdài shíguó 五 代 十 国 Cinque dinastie

e Dieci stati (907-960) e durò 53

anni, durante i quali nei vari regni regionali

si autoproclamarono ben 55 imperatori.

Divise militari durante il periodo delle Cinque dinastie e dei dieci Stati

98

LA DINASTIA SONG


Cinque dinastie e Dieci stati

907 年

前 蜀

后 梁

荆 南

吴 越

北 汉

后 蜀

荆 南

南 唐

后 周

吴 越

南 汉

南 汉

Cinque dinastie e Dieci stati

951 年

Le intricate vicende di questo periodo sono state raccontate da uno dei più grandi intellettuali cinesi dell’XI

secolo, Ōuyáng Xiū 欧 阳 修 (1007-1072) [U. 3.5] che scrisse la Xīn wǔdài shǐ 新 五 代 史 Nuova storia delle

Cinque dinastie, accurato tentativo di ricostruire gli avvenimenti di quest’epoca di grande divisione politica.

Il periodo delle Cinque dinastie e dei Dieci stati è generalmente percepito in un’ottica negativa dalla storiografia

cinese tradizionale, e l’opinione di Ouyang Xiu non fa eccezione:

da Xīn wǔdài shǐ 新 五 代 史 Nuova storia delle Cinque dinastie

呜 呼 ! 家 人 之 道 , 不 可 不 正 也 。 夫 礼 者 , 所 以 别 嫌 而 明 微 也 。 甚 矣 , 五 代 之 际 ,

君 君 臣 臣 父 父 子 子 之 道 乖 , 而 宗 庙 、 朝 廷 , 人 鬼 皆 失 其 序 , 斯 可 谓 乱 世 者 欤 ! 自

古 未 之 有 也 。

Che dispiacere! La condotta morale delle famiglie non può non essere inappuntabile. Il rispetto dei rituali permette di distinguere

ciò che è inappropriato e mettere in luce ciò che è raffinato. Durante il periodo delle cinque dinastie, si sono sovvertiti i rapporti

tra signore e suddito e tra padre e figlio; nei templi ancestrali e a corte si è invertita la gerarchia tra uomini e spiriti. Invero si può

dire che fu un’epoca di grande caos, come non ve ne erano mai state in passato.

Secondo interpretazioni storiografiche più recenti, il periodo delle Cinque dinastie e dei Dieci stati fu l’inevitabile

conseguenza della disgregazione dell’impero Tang; tuttavia i vari tentativi dei sovrani settentrionali di

riorganizzare l’amministrazione territoriale e di accentrare il potere politico posero le basi per la riorganizzazione

di un grande impero centralizzato.

LA DINASTIA SONG

99


3.2 La fondazione della dinastia Běi Sòng 北 宋 Song settentrionali

riunificazione

Nel 956 l’esercito della dinastia dei Zhou posteriori, guidato dal generale Zhào

Kuāngyìn 赵 匡 胤 (927-976) riuscì ad annettere i territori dei Tang meridionali,

dando inizio alla riunificazione dell’impero. La campagna di riconquista si inter-

dell’impero

ruppe però nel 959, quando l’imperatore Guō Róng 郭 荣 (921-959) morì improvvisamente durante una

spedizione militare e gli succedette il figlio di soli sette anni. I soldati dell’esercito, che erano al corrente di un

imminente attacco dei khitan e temevano di rimanere senza una guida autorevole durante la guerra, acclamarono

allora imperatore il generale Zhao Kuangyin, già famoso per il suo grande talento militare. Nel 960 Zhao

Kuangyin salì al trono con il titolo di Tàizǔ 太 祖 e divenne il primo imperatore della dinastia Sòng 宋 , con

capitale a Kāifēng 开 封 . Tra il 960 ed il 976 Taizu guidò la riconquista di tutti gli Stati meridionali, fino al confine

con il Dàlǐ guó 大 理 国 Regno di Dali [v. approfondimento pag. 105], favorito anche dalle famiglie aristocratiche

e dai mercanti, che speravano

in un impero unito che avrebbe

favorito la circolazione delle merci.

Con la dinastia Song la Cina entrò in

un’epoca che gli storici definiscono

come moderna: le numerose scoperte

tecnologiche in ambito agricolo,

industriale, economico e militare

permisero un aumento massivo

della popolazione, che raddoppiò

nell’arco di un secolo e raggiunse i

cento milioni di persone nel 1100

(in Europa nello stesso periodo la

popolazione complessiva era di circa

61 milioni), nonostante le guerre e

le epidemie che vessarono la Cina

settentrionale e le catastrofi naturali

(alluvioni e terremoti) che causarono

carestie in molte regioni dell’impero.

instabilità ai confini

Alla morte improvvisa dell’imperatore Taizu nel 976, gli succedette il fratello Zhào

Kuāngyì 赵 匡 义 , che regnò con il nome di Tàizōng 太 宗 (976-994). Taizong riuscì

ad annettere i territori di Wuyue a sud e degli Han settentrionali a nord, e nel 979

tentò anche un’invasione dell’impero Liáo 辽 (916-1125) dei khitan (vedi approfondimento), che però non

ebbe successo. Negli anni successivi gli imperi Song e Liao si affrontarono in una serie di guerre che si conclusero

sfavorevolmente per l’impero Song: nel 1005 l’imperatore Song fu costretto a ratificare il Chányuān

zhī méng 澶 渊 之 盟 Trattato di Chanyuan con cui riconosceva come suo pari (e non come un vassallo)

l’imperatore Liao e si impegnava al pagamento di un tributo annuo di 200mila rotoli di seta e 100mila tael

d’argento. Seppure molto ingente, il tributo dovuto dai Song era controbilanciato dagli scambi commerciali:

le esportazioni cinesi verso l’impero Liao erano nettamente superiori alle importazioni, quindi la bilancia

commerciale era a favore dell’impero cinese. Il trattato di Chanyuan comprendeva anche un accordo di non

belligeranza ai confini settentrionali.

A partire dalla metà dell’XI secolo, nei territori corrispondenti alle odierne province

l’impero dei xixia

Dinastia Song

宋 朝

Territorio Song

Capitale: Kaifeng

di Gansu e Ningxia, nacque e si consolidò l’impero tangut dei Xīxià 西 夏 (1038-

1227). I Xixia furono alternativamente alleati sia dei Liao sia dei Song e cercarono

a più riprese, senza successo, di conquistare i territori confinanti degli uni o degli altri. Nel 1042 la dinastia

Song dovette addirittura chiedere l’aiuto dei Liao per difendersi dalle incursioni dei Xixia, e per questo motivo

il tributo previsto dal trattato di Chanyuan fu aumentato a 300mila rotoli di seta e 200mila tael di argento. Il

trattato rimase in vigore fino al 1125, quando i Song si allearono con i Jurchen, contravvenendo agli accordi.

开 封

102

LA DINASTIA SONG


3.6

La poesia cí 词 di epoca Song

Durante la dinastia Song si sviluppò un nuovo genere poetico, lo cí 词 parola, la

nuovo genere poetico cui origine è ricollegabile alla diffusione della musica centro asiatica in Cina per il

tramite delle popolazioni nomadi del Nord. La poesia ci è, inoltre, legata al mondo

femminile delle cantanti poiché deriva dai testi delle canzoni popolari eseguite dalle cortigiane intrattenitrici,

le cosiddette gējì 歌 妓 cantanti-prostitute, che popolavano i quartieri di divertimento e i bordelli e si esibivano

con l’accompagnamento di musiche straniere, per lo più mediorientali. Mentre le musiche sono andate

perdute, numerosi testi di canzoni sono stati ritrovati, all’inizio del Novecento, nelle grotte di Dunhuang, scoperta

[U. 2 pag. 44] che ha aiutato a ricostruire la storia di questo particolare genere poetico.

La musica mediorientale si diffuse già a partire dalla dinastia Tang, periodo in cui l’impero si mostrò estremamente

aperto alle contaminazioni culturali e artistiche provenienti dall’esterno; come è stato evidenziato,

molti imperatori Tang, come Xuanzong, furono amanti della musica ed essi stessi abili musicisti così da dare

un grande impulso alla diffusione di stili diversi. Il periodo Song vide accentuata tale tendenza e uno degli

aspetti più interessanti di questo periodo è la grande diffusione che ebbero le forme artistiche popolari che si

affiancarono a quelle più raffinate, a volte dando vita a contaminazioni, come lo stesso ci che si trasformò da

canto popolare a poesia elegante, grazie all’apporto di alcuni poeti e importanti letterati.

Nell’VIII secolo, a causa della guerra, molti cantanti e musicisti, uomini e donne, che si esibivano nella corte di

Chang’an, furono costretti a fuggire dalla capitale e a cercare impiego in altre città che, nel frattempo, grazie

allo sviluppo economico e commerciale, stavano diventando dei grandi centri urbani; qui le loro esibizioni

divennero sempre più popolari, attirando un vasto

pubblico costituito sia da gente comune sia da aristocratici.

Si suppone che proprio dai testi cantati da

questi artisti sul genere musicale detto yànyuè 宴 乐

musica da banchetto, si sia sviluppata la poesia in

stile ci. Fu, poi, in epoca Song che si ebbe l’impulso

maggiore allo sviluppo della poesia ci. Ruolo importante

in tale processo, lo ebbero i quartieri di divertimento,

detti wǎshè 瓦 舍 o gōulán wǎshè 勾 栏 瓦

舍 , che si svilupparono nei grandi centri urbani dove

si tenevano spettacoli ed esibizioni di vario genere, e

dove le cortigiane intrattenevano i clienti con le canzoni

e le musiche allora in voga. Queste intrattenitrici

erano abili musiciste e poetesse ed erano solite interagire

con intellettuali e poeti; succedeva spesso che

mettessero in musica poesie di famosi letterati o che

scambiassero testi con essi. È per questo che lo ci è

rimasto sempre legato a tematiche considerate tipicamente

femminili come l’amore, la sofferenza per

l’abbandono di un amato, gli incontri amorosi e così

via. Nonostante l’opera di rielaborazione di alcuni importanti

letterati che donò alla poesia ci un aspetto

più raffinato ed elegante, l’origine legata al mondo

delle cortigiane costituì, tuttavia, un ostacolo alla legittimazione

dello ci come genere letterario “alto”.

Quartiere di divertimento

da canto popolare

a poesia elegante

Un grande impulso allo sviluppo dello ci come genere poetico appannaggio della

classe colta fu apportato dal letterato Yàn Jīdào 晏 几 道 (1038-1110), vissuto durante

il periodo dei Song Settentrionali e autore del famoso Pípa xián shàng shuō

xiāngsī 琵 琶 弦 上 说 相 思 Pensiero d’amore raccontato sulle corde del pipa.

Egli contribuì notevolmente ad avviare la consuetudine di mettere per iscritto i componimenti. All’epoca, molti

eruditi non ritenevano necessario annotare in forma scritta canzoni d’amore destinate ad essere cantate in

banchetti o in incontri privati con amici, poiché l’amore era visto come una tematica volgare. Tra le varie forme

LA DINASTIA SONG

127


di ci, che prenderemo in esame più avanti, l’unica accettata era il xiǎolìng 小 令 mentre il màncí 慢 词 era

visto come una forma troppo popolare e, per questo, non degno di nota. Yan Jidao, che fu aspramente criticato

da molti colleghi illustri, insistette invece sulla necessità di registrare le poesie ci in entrambe le sue forme,

avanzando principalmente due motivazioni: innanzitutto i versi che i letterati scrivevano in occasioni informali

per gli amici avrebbero potuto costituire un prezioso ricordo di quegli stessi amici e di quei momenti; annotare

i versi, inoltre, avrebbe evitato che altri potessero manomettere il testo originale o che si perdesse memoria

dell’autore. Yan Jidao temeva che i suoi versi, se non adeguatamente registrati, avrebbero potuto essere

alterati dai musicisti e dalle cortigiane, che in questo modo ne avrebbero potuto intaccare il valore letterario

e renderli “volgari”. Questa non era certo una preoccupazione solo di Yan Jidao; la necessità di distinguere le

opere dei letterati dalle canzoni dei musicisti popolari si trova espressa, infatti, nella prima raccolta di poesie ci

del 940 intitolata Huā jiān jí 花 间 集 Tra i fiori, opera di vari autori curata da Zhào Chóngzuò 赵 崇 祚 , in cui

si specifica la speranza che le poesie in essa contenute, possano far smettere di cantare “le bellezze del Sud”.

Ciononostante, lo ci continuò a subire varie contaminazioni: artisti popolari, letterati, monaci buddhisti che

usavano le melodie ci come sottofondo musicale ai loro sermoni.

Fu l’opera di Liǔ Yǒng 柳 永 (987-1053), infine,

liu yong

a portare lo ci in stile manci ad affermarsi come

forma letteraria. La sua ampia produzione di

poesie in questa forma ebbe, infatti, un’influenza notevole sugli eruditi

coevi e con lui il manci, più lungo del xiaoling, raggiunse il massimo livello

come poesia finalizzata all’esplorazione dei sentimenti umani attraverso

la narrazione di eventi passati o presenti, di storie d’amore o fantastiche.

Se i compilatori del Hua jian ji avevano tentato di dare un aspetto aristocratico

alla poesia ci, Liu Yong invece tornò ad abbracciare lo stile popolare

dello ci, quello “volgare” usato dalle cantanti nei quartieri di divertimento,

modificandolo in base al proprio gusto. Descritto nelle biografie come un

libertino amante delle cortigiane, si pensava che le sue liriche riflettessero

le avventure amorose e dissolute che aveva nei quartieri di divertimento;

si narra che fosse molto popolare tra le geji, e che tutte lo conoscevano

e accorrevano a salutarlo non appena si presentava nei locali, mentre il

poeta ne omaggiava di tanto in tanto qualcuna citandone il nome nelle

sue canzoni. Dopo la sua morte, sembra inoltre che le geji usassero riunirsi

davanti alla sua tomba per commemorarlo con canzoni e musiche.

Cantanti intrattenitrici

La personalità così fuori dagli schemi costò a Liu Yong una cattiva reputazione tra i suoi colleghi-letterati che lo

giudicarono sempre duramente; le voci negative arrivarono addirittura all’imperatore che in un’occasione lo

fece depennare dalla lista dei vincitori dell’esame imperiale. Era considerato indegno di far parte della classe

colta poiché, nonostante fosse un uomo con un alto grado di istruzione, abile nelle lettere e in grado di superare

gli esami e acquisire i titoli imperiali più alti, indulgeva nel comporre canzoni volgari nei contenuti e nel

linguaggio, che trattavano temi osé, come l’amore sensuale, ed usavano uno stile palesemente colloquiale.

Tutto questo tuttavia non ostacolò la circolazione delle sue opere che raggiunsero un’ampia diffusione. Ad uno

sguardo più attento e libero da pregiudizi, le canzoni di Liu Yong, nella forma lunga del manci suddiviso in

strofe, riuscirono a portare il genere ci a livelli mai raggiunti prima. Attraverso la narrazione di rapporti amorosi

riuscì a penetrare a fondo nella complessità dei sentimenti umani. Le sue poesie hanno spesso un protagonista

maschile, probabilmente con riferimenti autobiografici, che dà voce all’ampia gamma di emozioni che si

provano in una storia d’amore passionale e romantica. Tuttavia l’amore non è l’unico tema trattato da Liu Yong,

i suoi componimenti descrivono anche fatti di vita urbana, dettagli della propria vita personale e paesaggi che

egli stesso vide nei suoi viaggi. A differenza di quanto accadeva solitamente, inoltre, non si limitò ad usare

melodie già esistenti, ma compose musiche originali per accompagnare i suoi testi in cui l’uso della lingua attingeva

sia alla tradizione popolare sia alla struttura descrittiva della poesia rimata fu, tanto che la descrizione

di paesaggi è uno dei tratti distintivi delle sue opere.

E SVOLGI L’ATTIVITÀ DI GRUPPO SEGUENDO LE ISTRUZIONI

128

LA DINASTIA SONG


3.7 Forma, stile, poeti

La scrittura dello ci era totalmente subordinata alla melodia, che preesisteva rispetto alle parole e su cui il

poeta costruiva il testo.

Ogni poesia ci è caratterizzata da un numero esatto di versi e di caratteri per verso,

evoluzione dello ci

e da regole fisse per lo schema di toni e rime. Se delle melodie vere e proprie con

il tempo si è persa traccia, probabilmente a causa della mancanza di un sistema

di trascrizione musicale adeguato, l’evoluzione della canzone in testo poetico ha permesso di conservarne

tuttavia gli schemi metrici. Le musiche costituivano un vero e proprio repertorio noto sia agli scrittori che alle

cantanti e ai musicisti, ai quali bastava conoscere il titolo di un componimento per individuare l’aria musicale

da eseguire. Una particolarità dello ci è data proprio dal fatto che i titoli delle poesie sono in realtà gli stessi

delle arie musicali, e anche quando i letterati iniziarono a scrivere componimenti ci come testo poetico indipendente

dalla musica, i titoli delle arie e gli schemi metrici associati rimasero inalterati. Su ogni singola aria

musicale furono, inoltre, composti numerosi testi poetici: è questo il motivo per cui oggi ci troviamo di fronte

a testi diversi dal medesimo titolo preceduto dalla formula Sull’aria di.

Tra i titoli più diffusi, ai quali sono associate molte poesie famose, si annoverano Púsà mán 菩 萨 蛮 Boddhisattva

barbaro, Yú měirén 虞 美 人 La bella Yu, Wàng Jiāngnán 望 江 南 Desiderio del Sud, Pò zhènzǐ 破

阵 子 Rompendo le schiere e Xiāng jiàn huān 相 见 欢 Gioia di incontrarsi.

In cinese, la poesia ci è detta anche chángduǎn jù 长 短 句 , letteralmente versi lunghi e corti, ad indicare l’alternanza

di versi di varia lunghezza. Tale struttura ben si adattava all’uso di termini colloquiali e, al contrario della

poesia shi, di xūzì 虚 字 parole vuote, ovvero quelle parole senza un significato autonomo che hanno la funzione

di collegare, sostituire e stabilire relazioni, come le congiunzioni, i pronomi, le interiezioni, le preposizioni ecc.

In base alle regole metriche e prosodiche, è possibile raggruppare le varie forme di ci in quattro categorie:

• lìng 令 o xiǎolìng 小 令 : versione breve, caratterizzato da quattro versi di 7 caratteri ognuno;

• yǐn 引 : versione più lunga del xiaoling;

• jìn 近 ;

• màn 慢 o màncí 慢 词 : versione lunga.

Le forme più famose sono il xiaoling e il manci, con il secondo considerato una sorta di evoluzione in forma

più lunga del primo. Molti componimenti xiaoling, soprattutto quelli più antichi, presentano una struttura

breve simile al jueju di epoca Tang, con verso regolare e strofe di quattro versi di 7 caratteri, ma possiedono

un linguaggio meno conciso ed immediato e un minor uso di parallelismi. Il discorso è fluido, libero e a tratti

narrativo, adatto all’espressione di sentimenti, stati d’animo e veri e propri monologhi interiori. Di solito nella

prima strofa sono presentati eventi del passato e, nella seconda, eventi del presente, oppure nella prima strofa

sono narrati fatti più o meno reali mentre la seconda è dedicata alla costruzione di immagini. La forma manci,

invece, presenta una struttura più lunga che si adatta meglio alla narrazione di fatti di vita quotidiana, alla descrizione

di paesaggi e sentimenti, oltre a permettere l’esplorazione di stati d’animo più complessi. Ispirandosi

alla poesia popolare, Liu Yong introdusse nella poesia manci, costituita da circa cento-duecento caratteri, l’uso

delle cosiddette lǐngzì 领 字 parole guida, ossia parole o sintagmi ad inizio verso o in punti critici di passaggio

tra le sequenze narrative che hanno lo scopo di creare una pausa nel discorso e che, allo stesso tempo,

donano maggiore coesione semantica e fluidità ritmica. Il manci, inoltre, presenta un’alternanza di versi di tre,

quattro, cinque e sei sillabe che in alcuni casi rimano tra loro senza, però, una regola fissa.

Per quanto riguarda le tematiche affrontate, come già detto, inizialmente si tendeva a collegarle con il titolo

dello schema metrico su cui si componevano le poesie ma, con il passare del tempo, questa pratica venne

abbandonata e in molti casi non esistono relazioni tra tematica e titolo. L’amore, nelle sue varie declinazioni,

è decisamente il soggetto preferito della poesia ci: amore passionale e lamento per l’infedeltà dell’amato,

comune soprattutto negli ci popolari; amore malinconico e platonico nei componimenti più raffinati.

Lǐ Yù 李 煜

Uno dei più importanti autori di poesia ci è Lǐ Yù 李 煜 (937-978), l’ultimo imperatore della dinastia dei Nán

Táng 南 唐 Tang meridionali (937-975) del periodo delle Cinque dinastie e dei Dieci stati. Le poesie di Li Yu

LA DINASTIA SONG

129


sono giunte fino a noi in varie raccolte, tra le quali le più antiche

risalgono a circa due secoli dopo la morte del poeta, e presentano

ciascuna un numero diverso di componimenti, probabilmente

non tutti autentici (la critica ne attribuisce con certezza

all’autore solo una trentina).

Li Yu, il cui nome prima di diventare imperatore era Lǐ Cóngjiā 李

从 嘉 , è ricordato per essere stato catturato da Taizu, primo imperatore

dei Song Settentrionali, ed aver passato gli ultimi anni

Li Yu gioca a scacchi con i fratelli

della sua vita come prigioniero relegato in una residenza nella

capitale dell’impero. Era il sesto figlio del secondo imperatore dei Tang Meridionali Lǐ Yáo 李 瑶 (916-961),

nome che cambiò poi in Lǐ Jǐng 李 璟 , e si sposò nel 954 con una concubina del padre, Zhōu Éhuáng 周 娥 皇

(936-965), figlia del ministro Zhōu Zōng 周 宗 , anch’ella musicista e compositrice. Molte fonti raccontano di

quanto fosse forte e intenso il loro amore, e ciò traspare anche dalle poesie ci che Li Yu le dedicò e dal Wǎn cí

挽 辞 Elegia, che scrisse per commemorarla quando morì di malattia alla giovane età di 29 anni.

Li Yu divenne principe ereditario in maniera alquanto inaspettata dopo che in pochi anni morirono tutti i suoi

fratelli maggiori. Nel 961 dovette quindi assumere il titolo di imperatore ma, come accadeva spesso con i principi

che non erano stati preparati al trono, crebbe senza nessuna passione verso gli affari di stato, preferendo

di gran lunga l’interesse per le lettere, l’arte, la calligrafia, la musica e la poesia, interesse che si concretizzò

nella fondazione dell’Accademia Chóngwén 崇 文 , atta a radunare e formare letterati e funzionari di talento.

Nel frattempo, nel 960, era stata proclamata la dinastia dei Song Settentrionali che di lì a pochi anni avrebbe

conquistato tutti i territori rimasti indipendenti e riunificato l’impero. Li Yu, appena nominato imperatore,

inviò un’ambasceria presso i Song per annunciare la successione al trono e la sua sottomissione; inviò, inoltre,

nel corso di pochi anni numerosi tributi, somme in oro, argento, tessuti in seta per evitare l’offensiva dei Song

che, tuttavia, non tardò ad arrivare. Li Yu pensava che dichiarando la propria sottomissione avrebbe mantenuto

rapporti pacifici con l’imperatore Taizu. Nelle fonti storiche, questa sua leggerezza gli valse la reputazione di

uomo inetto e eccentrico, con velleità per le lettere, la musica e l’arte.

Nel 964, la moglie di Li Yu si ammalò. Il figlio secondogenito di soli quattro anni, Li Zhongxuan, vedendola

costretta a letto dalla malattia e allontanato da lei per evitare possibili contagi, morì dallo spavento. Aggravata

dal dolore per la morte del figlio, poco dopo anche la donna lo seguì. Qualche mese più tardi Li Yu perse anche

sua madre e si ritirò in lutto per tre anni, immergendosi nel buddhismo.

Terminato il lutto, tornò alla vita sfarzosa e dissoluta di una volta dopo aver sposato la sorella minore di Ehuang,

con cui si dice avesse già avuto una storia clandestina e per la quale compose tre famosi ci dal titolo Pusa man.

Dato che la conquista dei territori da parte dei Song non si arrestava, nel 971 Li Yu inviò suo fratello a Kaifeng

per trattare un declassamento del regno e del titolo: da imperatore dei Tang meridionali sarebbe divenuto

semplice guózhǔ 国 主 Signore del Jiāngnán 江 南 . Taizu accettò ma trattenne il fratello come ostaggio.

Nonostante Li Yu avesse rinunciato al suo titolo e continuasse ad inviare tributi in denaro e doni per intercedere

sul destino del fratello e per scongiurare un attacco di Taizu, quest’ultimo prese come pretesto un suo rifiuto

a presentarsi ad un’udienza e lanciò un’offensiva militare che nel giro di poco tempo gli permise di conquistare

Jīnlíng 金 陵 , la capitale del Jiangnan. Li Yu fu catturato e portato a Kaifeng e segregato in una residenza

nella capitale insieme ad alcuni servitori: gli fu risparmiata la vita solo in considerazione del fatto che già da

tempo si era sottomesso all’autorità dei Song. Nel 978, il successore di Taizu, l’imperatore Taizong, portò a termine

l’offensiva conquistando completamente il Jiangnan e terminando la riunificazione dell’impero. Nello

stesso anno, nella notte del suo quarantunesimo compleanno, Li Yu morì avvelenato, probabilmente per ordine

dello stesso Taizong e dopo poco tempo, a causa del dolore, morì anche la sua seconda moglie. Trascorse

gli ultimi anni della sua vita in uno stato di prigionia privilegiata: riceveva sostentamento economico dalla

corte Song ma era spesso umiliato pubblicamente, vivendo in uno stato di grande prostrazione e dolore per le

vicissitudini occorse al suo regno, alla sua famiglia e a sé stesso, cercando sollievo nella poesia.

Le sue poesie vengono suddivise tra quelle che scrisse mentre era ancora sul trono, in cui elogia la vita spensierata

e sfarzosa di corte, l’amore e la bellezza femminile, e quelle che scrisse in prigionia, in cui esprime la

sofferenza, la malinconia per la libertà perduta, la tristezza per il regno distrutto, la nostalgia per la vita spensierata

degli anni passati.

L’apporto che Li Yu diede alla poesia ci è sia di tipo contenutistico che stilistico. Con le sue liriche, infatti, si passa

dallo ci della tradizione popolare prettamente legato al mondo femminile ad una poesia in cui l’io interiore

130

LA DINASTIA SONG


si manifesta sia esplicitamente (il poeta rivela sé stesso e le proprie emozioni), che implicitamente (il poeta si

immedesima in una donna e ne esplora il mondo interiore).

《 相 见 欢 》 Xiāng jiàn huān

I)

1. 无 言 独 上 西 楼 Wú yán dú shàng xī lóu

2. 月 如 钩 yuè rú gōu

3. 寂 寞 梧 桐 深 院 锁 清 秋 jì mò wú tóng shēn yuàn suŏ qīng qiū

II)

1. 剪 不 断 jiăn bú duàn

2. 理 还 乱 lĭ huán luàn

3. 是 离 愁 shì lí chóu

4. 别 是 一 般 滋 味 在 心 头 bié shì yì bān zī wèi zài xīn tóu

Sull’aria di Gioia di incontrarsi

I)

1. Senza una parola, da solo salgo sul Padiglione Occidentale

2. La luna è come una falce

3. Nei platani solitari del giardino profondo è serrata la purezza dell’autunno

II)

1. Indivisibile

2. Inestricabile

3. È la sofferenza della separazione

4. È un altro sapore che resta nel cuore

李 煜 《 相 见 欢 》 导 读

15

Aiutati con il dizionario e spiega in cinese il significato di questi versi

I)

1. 无 言 独 上 西 楼 Wú yán dú shàng xī lóu ____________________________________

II)

1. 剪 不 断 jiăn bú duàn ____________________________________

2. 理 还 乱 lĭ huán luàn ____________________________________

3. 是 离 愁 shì lí chóu ____________________________________

LA DINASTIA SONG

131


3.8

Origini del teatro

Banchetto con spettacolo, murale tomba Dahuting, Han orientali

Il teatro, in quanto genere popolare formatosi dal basso, non è mai stato apprezzato apertamente dai letterati

confuciani ma, sebbene le prime trascrizioni integrali di rappresentazioni teatrali siano di molti secoli

posteriori alle prime forme di spettacolo, ha sempre fatto parte della vita quotidiana della gente comune. È

uno degli elementi più radicati nella cultura cinese e una fonte preziosa per studiare l’evoluzione dei costumi

della società attraverso le varie epoche. Lo spettacolo teatrale cinese, come lo conosciamo oggi, è una rappresentazione

basata su un testo drammatico la cui interpretazione è una combinazione di canto, narrazione e

declamazione, in cui agiscono personaggi-archetipi divisi in ruoli-tipo fissi. Ciascun ruolo è caratterizzato da

modi codificati di parlare e di muoversi, da trucco e costumi caratteristici, tutti molto ricchi, sfarzosi e variopinti,

in cui ogni colore ha un significato simbolico ben preciso. I trucchi facciali dei ruoli-tipo sono paragonabili

a maschere, il cui significato altamente simbolico aiuta nell’identificazione dei personaggi e quindi nella

comprensione della storia e della sua morale [U. 7]. Il teatro cinese ha una lunga storia e generalmente si

distinguono otto fasi fondamentali nella sua evoluzione culminanti nella forma oggi più famosa, la cosiddetta

jīngjù 京 剧 Opera di Pechino:

1. XIII secolo a. C.: prime tracce di forme spettacolari, sotto forma di danze sciamaniche eseguite durante le

cerimonie religiose e politiche che regolavano la vita quotidiana;

2. dinastia Zhou 周 (1046-221 a. C.): prime forme di intrattenimento pubblico, anche se ristretto all’ambiente

aristocratico, con la presenza di giullari di corte;

3. dinastia Tang 唐 (618-906): sviluppo di caratteristiche danze di corte;

4. dinastia Song 宋 (960-1279): proliferazione dei quartieri dei divertimenti e dei primi zaju [U. 3];

5. dinastia Yuan 元 (1279-1368): considerata per i suoi zaju l’epoca d’oro del teatro e della drammaturgia

cinese;

6. dinastia Ming 明 (1368-1644): diffusione dello stile aristocratico kūnqǔ 昆 曲 , proveniente dal sud;

7. dinastia Qing 清 (1644-1911): ulteriore affermazione del kunqu;

8. tardo periodo Qing: piena maturazione dell’Opera di Pechino.

Naturalmente, per quanto riguarda la società antica, non si può parlare di teatro come lo intendiamo oggi,

sebbene esistessero anche allora forme di spettacolo di vario genere legate a cerimonie particolari che si tenevano

in occasione di raccolti, oppure sotto forma di danze e esibizioni eseguite durante i rituali sciamanici.

L’evoluzione del teatro come forma artistica indipendente fu dunque il risultato di un lungo percorso che ebbe

origine durante la dinastia Zhou, quando gli spettacoli si trasferirono a corte, e si perfezionò con lo sviluppo

dell’industria dell’intrattenimento che, a partire dai Tang, portò alla diffusione di compagnie teatrali professionali

itineranti, di scuole teatrali e alla comparsa di edifici adibiti a teatro nelle città.

140

LA DINASTIA SONG


Definire esattamente le origini del teatro cinese, tuttavia, è molto complicato. Il motivo principale risiede

nell’assenza di fonti specifiche dedicate al teatro antecedenti alla dinastia Yuan. Non facendo parte del canone

letterario tradizionale, la classe colta ne aveva un’opinione molto scarsa, lo considerava una delle tante

attività di intrattenimento e non una forma d’arte autonoma o un genere degno di studi approfonditi. Prima

della dinastia Yuan, alcuni riferimenti al teatro si trovano solo in opere di altro genere, come ad esempio nei

classici confuciani. Sebbene in questi testi non esista un termine specifico che definisca lo spettacolo teatrale,

ricorre tuttavia la parola yuè 乐 musica rituale che non si riferisce esclusivamente alla musica ma anche ai

canti e alle danze che accompagnavano le cerimonie religiose. L’esempio più celebre si trova nel Lǐ Jì 礼 记

Memorie sui riti [V. 1 U. 4], nel XIX capitolo, intitolato Yuè jì 乐 记 Memorie sulla musica, in cui appaiono

esplicitamente per la prima volta riferimenti a rappresentazioni, pantomime musicali e danze come parti delle

cerimonie di corte.

Confrontando le varie fonti che abbiamo a disposizione, è possibile notare quali erano le opinioni discordanti

che dividevano i detrattori dell’arte dello spettacolo da coloro che la ritenevano un aspetto importante del rito.

Dei primi faceva parte Mòzǐ 墨 子 (480-420 a. C.) nella cui opera filosofica omonima, il Mòzǐ 墨 子 , inserì un

saggio in tre parti intitolato Fēi yuè 非 乐 La condanna della musica. In aperto contrasto con Confucio e col

pensiero confuciano, Mozi si fece portavoce delle classi sociali più basse condannando la vita sfarzosa dei nobili

e i valori conservatori di funzionari e intellettuali. In opposizione al confucianesimo, che teneva in grande

considerazione i riti [V. 1 U. 4], attaccò ogni forma di intrattenimento, con particolare riferimento alla musica

intesa come musica rituale di corte e alla musica che accompagnava i banchetti sfarzosi degli aristocratici.

Fēi yuè 非 乐 La condanna della musica

[…] 是 故 子 墨 子 之 所 以 非 乐 者 , 非 以 大 钟 、 鸣 鼓 、 琴 瑟 , 竽 笙 之 声 , 以 为 不 乐 也 ; 非

以 刻 镂 、 华 文 章 之 色 , 以 为 不 美 也 ; 非 以 犓 豢 煎 灸 之 味 以 为 不 甘 也 ; 非 以 高 台 厚 榭 邃

野 之 居 以 为 不 安 也 , 虽 身 知 其 安 也 , 口 知 其 甘 也 , 目 知 其 美 也 , 耳 知 其 乐 也 , 然 上 考

之 , 不 中 圣 王 之 事 ; 下 度 之 , 不 中 万 民 之 利 。 是 故 子 墨 子 曰 :“ 为 乐 , 非 也 !” […]

[…] La ragione per cui io, Mozi, mi oppongo alla musica non è perché il suono delle grandi campane e

dei tamburi che rullano, delle cetre e dei flauti, non sia gradevole; né perché non sia bella la vista delle

delicate incisioni e degli ornamenti; né perché il sapore delle carni sapientemente fritte e arrostite non

sia delizioso [durante i banchetti in occasione dei riti]; né perché la tranquillità delle alte torri, dei grandi

padiglioni o dei grandi palazzi in luoghi appartati non sia piacevole. Tutte queste cose gratificano i sensi,

ma, se esaminiamo la questione, troveremo che tali cose non sono in accordo con la Via dei saggi sovrani;

e, se consideriamo il benessere del mondo, scopriremo che non portano alcun beneficio alla gente

comune. Ecco perché Mozi dice: È sbagliato fare musica! […]

[…] 民 有 三 患 , 饥 者 不 得 食 , 寒 者 不 得 衣 , 劳 者 不 得 息 。 三 者 , 民 之 巨 患 也 。 然 即 当

为 之 撞 巨 钟 、 击 鸣 鼓 、 弹 琴 瑟 、 吹 竽 笙 而 扬 干 戚 , 民 衣 食 之 财 , 将 安 可 得 乎 ? 即 我 以 为

未 必 然 也 。[…]

[…] Ci sono tre cose di cui le persone si preoccupano di più: che quando hanno fame non abbiano cibo,

quando hanno freddo non abbiano vestiti e quando sono stanchi non possano avere riposo. Queste sono

le tre grandi preoccupazioni della gente comune. Ora proviamo a far suonare le grandi campane, a percuotere

i tamburi, a strimpellare le cetre, a soffiare nei flauti e ad agitare spade e lance come nella danza

di guerra. Questo servirebbe a qualcosa per procurare cibo e vestiti alle persone? Non penso proprio. […]

LA DINASTIA SONG

141


UNITÀ 4

LA DINASTIA YUAN:

UN IMPERO MULTIETNICO E COSMOPOLITA

152


4.2 L’ascesa di Temüjin e la formazione dell’identità nazionale mongola

chinggis khan

Agli inizi dell’XI secolo i mongoli (i méngwù

蒙 兀 delle fonti Tang) occupavano la zona

tra i fiumi Kerulen e l’Onon; si trattava di un

gruppo nomade che sebbene minacciato da accese contese interne aveva

raggiunto una certa coesione politica.

Intorno al 1160, Yesügei, capo di uno dei più prestigiosi clan mongoli,

rapì Hö’elün, moglie di un leader nemico; il primo dei figli nato dalla

loro unione fu Temüjin, il futuro Chinggis Khan (Genghis Khan 1167-

1227). Alla morte di Yesügei, che nel 1175 fu avvelenato da una tribù

rivale, la sua vedova Hö’elün e i suoi figli, ormai privi di appoggi, vennero

allontanati dal loro clan. La precarietà della situazione spinse il giovane

Temüjin a costruire una propria coalizione per riprendersi la leadership

dei clan mongoli, partendo dalla creazione di alleanze matrimoniali. Iniziò

lo stesso Temüjin sposando Börte, figlia del capo di un altro sottogruppo

mongolo [v. pag. 161]. Quando poco dopo il matrimonio Börte

fu rapita da una tribù rivale, la reazione di Temüjin fu inesorabile e segnò

l’inizio di una serie di campagne militari e vittorie intertribali che culminarono con la sua proclamazione a

khan nel 1189; l’abilità di Temüjin di assicurarsi l’appoggio dell’élite guerriera gli consentì inoltre di creare un

esercito estremamente efficiente e temibile. Nel 1206, dopo l’eliminazione definitiva dei suoi rivali e l’assimilazione

delle altre tribù, Temüjin convocò un khuriltai presso le sorgenti del fiume Onon a cui partecipò tutta

l’élite sociale e militare dei mongoli e delle tribù sottomesse. In questa assemblea Temüjin venne proclamato

capo supremo e gli venne conferito il titolo di Chinggis Khan, in cinese Chéngjísī hán 成 吉 思 汗 khan universale.

organizzazione interna

Le popolazioni che nell’assemblea del 1206 riconobbero l’autorità di Chinggis

Khan furono riunite in un’unica confederazione che prese il nome di mongoli, la

tribù del nuovo khan. Chinggis Khan iniziò la sua opera di riorganizzazione tribale,

strutturando in modo estremamente rigido l’esercito, a cui associò anche i clan familiari e la classe dei servi;

in questo modo ogni divisione militare diventava anche un’unità civile. I comandanti di ogni unità erano poi

legati da un giuramento di fedeltà assoluta a Chinggis Khan, che in questo modo riuscì ad accentrare nella

sua persona il potere civile e militare.

Chinggis Khan comprese inoltre che per amministrare omogeneamente la confederazione sarebbe stato necessario

creare un’identità culturale e linguistica comune: per accelerare questo processo, incaricò i suoi collaboratori

uiguri di creare un sistema grafico☟ per la lingua mongola. L’elaborazione della scrittura consentì

anche la registrazione delle varie sentenze emanate dal khan in una raccolta di leggi applicabili dai giudici

tribali. A questi ultimi spettava tra l’altro il compito dell’amministrazione civile.

Dal punto di vista religioso Chinggis Khan cercò di legittimare il suo potere dichiarando di averlo ricevuto da

Tengri, il supremo dio del Cielo della religione tradizionale mongola, forse sotto l’influenza del concetto di

tiānmìng 天 命 [V. 1 U. 3 pag. 46] acquisito dai mongoli attraverso il costante contatto con la cultura sinizzata

dei Jin. L’attribuzione del potere da parte dell’autorità religiosa aveva però un valore puramente simbolico:

Chinggis Khan non era disposto a tollerare interferenze e per questo motivo, poco tempo dopo la sua proclamazione

a khan supremo, aveva fatto uccidere lo sciamano capo che aveva cercato di mettere in discussione

la sua autorità. Subordinare il potere religioso a quello politico contribuì ad un atteggiamento di estrema

tolleranza nei confronti di tutte le religioni e dei ministri del culto, e favorì la gestione dei territori conquistati.

APPROFONDIMENTO:

USA IL CODICE QR PER ACCEDERE AL FILE SULLA SCRITTURA MONGOLA

UN IMPERO MULTIETNICO E COSMOPOLITA IN CINA: LA DINASTIA YUAN

155


4.5 Khubilai diventa Khan supremo

Campagna finale contro i Song Meridionali e fondazione della dinastia Yuan

Khubilai, oltre alla tradizionale educazione mongola, aveva avuto come maestri anche letterati confuciani

e religiosi buddhisti da cui aveva imparato alcuni elementi della cultura cinese, tra cui la lingua che sapeva

parlare ma non leggere. Dopo aver raggiunto la maggiore età e aver ottenuto in appannaggio una regione

nei pressi dell’odierno Hebei, Khubilai si era affidato per l’amministrazione del territorio a un gruppo di collaboratori

di varie etnie e culture. In particolare i suoi consiglieri cinesi l’avevano convinto dell’importanza vitale

di un’economia stanziale fondata sull’agricoltura e della necessità di edificare una nuova capitale che facesse

da punto di riferimento per tutti i territori amministrati. Costruita nel 1252, la città fu progettata secondo il

modello a più cinte murarie delle città cinesi, con i vari edifici disposti secondo le prescrizioni geomantiche

del classico cinese Yijing [V. 1 U. 4 pag. 91] e prese dapprima il nome di Kāipíng 开 平 e successivamente

di Shàngdū 上 都 Xanadu.

La successione di Möngke e la contesa con Arigh Böke

Khubilai Khan

la conquista

dei song meridionali

Il notevole prestigio militare acquisito da Khubilai con la conquista del regno di

Dali e le altre vittorie sui Song meridionali subì una battuta d’arresto in seguito alla

morte di Möngke.

Infatti Arigh Böke, uno dei suoi fratelli, dopo essersi proclamato khan supremo a Karakorum

con l’appoggio della nobiltà mongola più ostile al processo di sedentarizzazione,

si apprestava ad avanzare su Shangdu. Khubilai, dovette quindi interrompere

la campagna militare contro i Song meridionali per rientrare immediatamente nella

città. Qui promulgò un editto in cui affermava che per poter governare un dominio

esteso come quello mongolo era necessario affiancare alla potenza militare mongola

le virtù confuciane del rén 仁 e del xiào 孝 .

Khubilai assunse quindi un nome di regno cinese e iniziò una sinizzazione radicale

dell’amministrazione centrale e periferica. Contemporaneamente iniziò una

campagna militare per isolare fisicamente Arigh Böke che perse a poco a poco tutti i

suoi sostenitori finché nel 1262 si arrese a Khubilai. Per celebrare la vittoria, Khubilai

avviò la costruzione di una nuova capitale nei pressi del vecchio sito della capitale

dei Jin. La città venne completata nel 1274 e prese il nome di Dàdū 大 都 Grande

Capitale (in mongolo Khanbalikh, Città del Khan), la Cambalu di Marco Polo.

Nonostante la vittoria su Arigh Böke, diversi rami familiari del clan di Chinggis Khan

non riconoscevano ancora Khubilai come khan universale. Nel tentativo di ottenere

una ulteriore legittimazione al suo potere, nel 1265 Khubilai riprese la guerra

contro i Song meridionali, mettendo insieme un esercito etnicamente diversificato

costituito da mongoli, tanguti, uiguri e servendosi anche della collaborazione del regno di Goryeo per allestire

una flotta efficace. La conquista della città di Xianyang, che costituiva la principale via d’accesso alla valle

del Fiume Azzurro, aprì infine la via per raggiungere Lin’an, la capitale Song, che cadde nel 1276. Lo stesso

anno, l’imperatrice madre reggente riconobbe Khubilai unico imperatore e anche gli ultimi lealisti Song che

avevano rifiutato la resa cercando di organizzare una resistenza furono infine sconfitti nel 1279 nella Battaglia

navale di Yamen [U. 3 p. 115].

Dopo il crollo definitivo dei Song meridionali, Khubilai si proclamò imperatore di una nuova dinastia che

chiamò Yuán 元 origine, termine che nell’Yijing indicava il principio primordiale della creazione. Per la prima

volta una dinastia straniera aveva il controllo di tutto il territorio cinese.

4.6 L’impero di Khubilai

struttura del governo

Per l’amministrazione dell’impero, Khubilai riprese la segreteria centrale già istituita

durante il regno di Ögödei, inserendola in un apparato strutturalmente più complesso.

170

UN IMPERO MULTIETNICO E COSMOPOLITA IN CINA: LA DINASTIA YUAN


IMPERATORE ⁄ GRAN KHAN

Zhōngshūshěng Segreteria Centrale

diretta dal

Zhōngshūlìng Primo ministro

Sottopone memoriali all’imperatore

e ha la funzione di consiglio civile

Shūmìyuàn Consiglio Privato

con cui l’imperatore si consulta

per questioni legate all’esercito

Yùshǐtái Censorato/Ispettorato

Zuǒchéngxiàng Ministro di sinistra

Yòuchéngxiàng Ministro di destra

Lìù bù Sei Ministeri

Lìbù Ministero del Personale

nomina funzionari,

si occupa del censimento e del fisco

Hùbù Ministero delle Finanze

gestisce la cartamoneta e

i monopoli di Stato

Lǐbù Ministero dei Riti

si occupa dei cerimoniali di corte,

dei sigilli imperiali e garantisce ai

gruppi etnici la libertà di seguire le proprie

usanze sociali e religiose

Bīngbù Ministero della Guerra

si occupa solo della gestione

del servizio postale

Xíngbù Ministero delle Pene

si occupa della gestione della giustizia.

Per i mongoli e gli uiguri ci sono delle corti

di giustizia separate che giudicano ed emettono

sentenze in base alle loro usanze

Gōngbù Ministero dei Lavori

si occupa dei lavori pubblici

Questa struttura di governo era completata da sezioni periferiche della burocrazia centrale dislocate nei vari

shěng 省 province, i distretti amministrativi in cui era diviso l’impero che erano sotto il controllo di un

darugachi [U. 4.3 pag.156], quasi sempre mongolo o uiguro.

nomina dei funzionari

e classi sociali

Prima della conquista definitiva della Cina, Khubilai aveva affidato diverse cariche

a funzionari cinesi; tuttavia il tradimento di uno dei principali collaboratori cinesi,

il governatore dello Shandong, che nel 1261 si era ribellato passando dalla parte

dei Song meridionali, l’aveva persuaso del fatto che non si potesse fare pieno affidamento

sugli amministratori cinesi. Khubilai respinse quindi l’idea di istituire di nuovo gli esami imperiali

per la nomina dei funzionari, stabilendo che venissero scelti dal Ministero del Personale previa sua approvazione.

Nella nomina dei funzionari Khubilai tendeva a privilegiare una composizione multietnica che favoriva

mongoli, musulmani centro asiatici e uiguri: ciò condusse a una vera e propria suddivisione sociale in 4 classi:

1. Měnggǔ rén 蒙 古 人 mongoli di tutte le tribù assoggettate da Chinggis Khan

2. Sèmùrén 色 目 人 centroasiatici, spesso musulmani o nestoriani

3. Hàn rén 汉 人 cinesi del nord

4. Nán rén 南 人 cinesi del sud

In questa piramide sociale i cinesi del sud occupavano il gradino più basso e quindi solo in casi eccezionali

ricoprivano cariche amministrative; i cinesi del nord venivano incaricati di frequente della gestione ordinaria

della burocrazia, ma potevano anche ricoprire cariche in genere affidate ai mongoli e ai semuren. I semuren

gestivano prevalentemente gli uffici governativi preposti al commercio, alla marina e ai lavori pubblici, mentre

i mongoli ricoprivano ruoli chiave nell’esercito e nell’amministrazione centrale. Questa divisione sociale

rifletteva anche il timore di un assorbimento culturale ed etnico dei mongoli da parte dei cinesi, e spinse

Khubilai a mantenere una separazione tra i vari gruppi etnici; durante il suo regno fu però sempre molto at-

UN IMPERO MULTIETNICO E COSMOPOLITA IN CINA: LA DINASTIA YUAN

171


tento al problema della corruzione e istituì un sistema di punizioni severe per i funzionari negligenti o corrotti,

a prescindere dalla loro etnia.

Per porre rimedio all’eterogeneità linguistica della classe dei funzionari e unificare la lingua scritta della burocrazia,

Khubilai aveva incaricato nel 1269 il monaco tibetano Drögon Chögyal ‘Phag-pa di elaborare una guózì 国

字 scrittura di stato per la lingua mongola, dato che fino ad allora ci si era serviti di una versione adattata dell’alfabeto

uiguro [v. QR pag. 155]. Il nuovo sistema grafico, poi conosciuto come fāngtǐ 方 体 scrittura quadrata,

avrebbe dovuto garantire una comunicazione universale tra tutti i funzionari al servizio dell’impero e consentire

un maggiore controllo sulla burocrazia. Tuttavia la nuova scrittura non ebbe alcun successo poiché ritenuta,

soprattutto da parte cinese, un’imposizione culturale inaccettabile. I documenti ufficiali seguitarono quindi ad

essere redatti in mongolo e in cinese, vanificando l’intento di standardizzazione fortemente voluto da Khubilai.

L'economia durante il regno di Khubilai

agricoltura

Per quanto concerne l’economia dell’impero, Khubilai aveva compreso il ruolo

fondamentale svolto dall’agricoltura nello sviluppo della civiltà cinese e si era impegnato

da subito per incrementare le coltivazioni e ripopolare le campagne. Per

controllare la stabilità degli insediamenti rurali e della produzione agricola, venne istituita la shè 社 , un’organizzazione

di 50 famiglie di contadini dirette da un capovillaggio che rispondeva direttamente allo stato. La

suddivisione in she permetteva di calcolare in modo più equo ed efficace le imposte e impediva ai contadini di

abbandonare i terreni agricoli a loro affidati; il patrocinio statale permetteva poi a ogni singola she di usufruire

di aiuti e ottenere incentivi in caso di produzione agricola abbondante e di qualità. Per ogni she Khubilai fece

istituire delle scuole rurali che, oltre all’alfabetizzazione, offrivano ai figli dei contadini la possibilità di apprendere

le tecniche agricole più avanzate.

Fu inoltre riorganizzata la distribuzione delle eccedenze agricole, che venivano immagazzinate per far fronte a

eventuali carestie oppure distribuite agli strati sociali più umili, tra cui vedove e orfani.

Nel sud della Cina, l’istituzione delle she fu caratterizzata da una relativa tolleranza nei confronti dei latifondisti

che accettavano i nuovi governanti mongoli: a loro fu permesso di mantenere le proprietà, mentre a chi

rifiutava di collaborare, i terreni furono sequestrati, statalizzati e assegnati a una she.

La creazione di un khanato mongolo in Persia spinse Khubilai ad apportare continui miglioramenti alle vie di

comunicazione con l’Asia centrale e ad aprire nuove strade, dove furono collocate stazioni postali che divennero

anche dei presidi di sicurezza [v. QR pag. 166]. La maggiore sicurezza garantita a coloro che si spostavano

nei territori controllati dai mongoli (la cosiddetta pax mongolica) aumentò gli scambi commerciali tra l’Europa

e l’Asia: in questo scenario molti viaggiatori, il più celebre dei quali fu Marco Polo, [v. approfondimento pag.

175], visitarono l’impero mongolo.

commercio, artigianato

e scienza

Porto Yuan, 时 卫 平 2016

Khubilai incoraggiò sempre i traffici commerciali, concedendo ai mercanti stranieri

servizi, benefici fiscali e possibilità di prestito tramite gli ortogh. Anche

il governo Yuan traeva vantaggio del continuo flusso commerciale da e verso

l’Asia: era stato stabilito infatti che tutti i mercanti che operavano in Cina dovessero

convertire l’oro e i metalli preziosi che portavano con loro nella valuta

cartacea Yuan, riducendo così il rischio di svalutazione della cartamoneta.

Contemporaneamente, lo sviluppo dell’artigianato consentì la diffusione in

Europa di un gran numero di merci di produzione cinese, tra cui la seta e le

caratteristiche porcellane Yuan dalle decorazioni blu (in seguito associate in

modo erroneo esclusivamente alla successiva dinastia Ming), una colorazione

ottenuta grazie al cobalto importato dall’Asia Centrale. Gli artigiani furono inoltre

incoraggiati a partecipare alla realizzazione delle opere pubbliche in cambio

di concessioni quali l’esenzione dalle corvée, il pagamento in valute speciali e

alla fornitura di vitto, alloggio e vestiario.

Un altro settore in pieno sviluppo fu quello della scienza: nel decennio tra il

1270 e il 1280 vennero istituite l’Accademia imperiale di medicina e l’Osservatorio

astronomico musulmano a cui contribuirono in grande misura scienziati

provenienti dalla Persia.

172

UN IMPERO MULTIETNICO E COSMOPOLITA IN CINA: LA DINASTIA YUAN


UNITÀ 5

LA DINASTIA MING

200


5.4 Le spedizioni marittime di Zhèng Hé 郑 和

Mar Nero

Mar Mediterraneo

Arabia

Jiddah

Mecca

Mar Caspio

Hormuz

Dinastia Ming

明 朝

India

Chittagong

Beijing

Canton

Macao

Nanjing

Hangzhou

Fuzhou

Quanzhou

Corea

Aden

Dufar

La’sa

Calcutta

Ceylon

Ayutthaya

Champa

Malindi

Mombasa

Mogadiscio

Maldive

Oceano indiano

Sumatra

Malacca

Palembang

Giava

Surabaya

Principali tappe raggiunte da Zheng He durante le 7 spedizioni

Il regno di Yongle è ricordato soprattutto per l’interesse verso i paesi stranieri e per il finanziamento delle

famose spedizioni marittime capitanate dall’ammiraglio Zhèng Hé 郑 和 (1371-1433).

Nato nello Yunnan da una famiglia musulmana i cui antenati erano emigrati in Cina durante le dinastie Tang

e Song, fin da bambino crebbe con i racconti dei pellegrinaggi verso la Mecca del padre e del nonno, e si

appassionò alla navigazione e all’esplorazione di paesi stranieri.

A dieci anni, nel 1381, fu catturato dall’esercito Ming durante una delle ultime battaglie contro gli Yuan e,

come da usanza coi bambini prigionieri, sottoposto a castrazione. In seguito fu trasferito a corte, dove divenne

eunuco reale e compagno di giochi del piccolo principe Zhu Di, il futuro imperatore Yongle. I due strinsero

un legame di amicizia e quando nel 1403 Yongle ordinò la costruzione di una flotta imperiale, progettata per

fini bellici, commerciali e diplomatici, al suo comando mise proprio Zheng He, che divenne così ammiraglio

di una immensa armata navale, composta da circa 300 navi, con un equipaggio di 28mila uomini, e costruita

secondo le più avanzate conoscenze scientifiche e tecnologiche allora conosciute in Cina. Già nell’XI secolo

gli studi sull’astronomia, la cartografia, l’invenzione della bussola e del timone regolabile e i progressi nella

cantieristica navale avevano dato un grande impulso alla costruzione di imbarcazioni moderne in grado di

affrontare lunghi tragitti. Si narra che le navi più grandi della flotta di Zheng He avessero uno scafo di 150

metri, una misura eccezionale per gli standard dell’epoca, nove alberi e quattro ponti, e la capacità di trasportare

circa duemila persone; vi erano anche un centinaio di imbarcazioni più piccole costruite per il trasporto di

oggetti, animali, cereali e acqua potabile. Tra il 1405 e il 1433, Yongle ordinò ben sette spedizioni marittime

che portarono Zheng He a percorrere la Via della Seta marittima e a visitare circa trenta diversi paesi situati

in quello che era chiamato il xī yáng 西 洋 mare occidentale, spingendosi in Asia sudorientale, in India e

nell’Oceano indiano, nel Mar Rosso fino alla costa orientale dell’Africa, approdando in numerose città portuali

come Champa (in Vietnam), Giava, Malacca, Ceylon, Calcutta, Malindi, Zanzibar, La Mecca.

Lo scopo delle spedizioni di Zheng He non era la conquista di nuovi territori, quanto la diffusione del sistema

tributario e il rafforzamento della posizione di potere dell’impero cinese, una prospettiva ben diversa da quel-

LA DINASTIA MING

205


la del colonialismo occidentale, che nei secoli successivi si sarebbe affermato

in tutto il mondo. Il metodo utilizzato da Zheng He per entrare

in contatto con le popolazioni locali era differente da quello dei conquistatori

europei: la Cina Ming infatti usava mezzi pacifici e ricorreva

al commercio per garantire l’ordine nei traffici marittimi, utilizzando la

cooperazione per arginare la minaccia degli attacchi dei pirati.

Tra le migliaia di uomini che costituivano la flotta di Zheng He non vi

erano soltanto marinai e soldati, ma anche mercanti, funzionari imperiali,

letterati e uomini di scienza. Attraverso l’invio di queste ambascerie,

l’imperatore non richiedeva il pagamento di tasse, né stanziava

presidi militari; concedeva il sigillo imperiale come simbolo di sovranità

nei territori stranieri in cambio del riconoscimento della sua autorità, un’affiliazione

pacifica all’impero che evitava ostilità e guerre sia alla Cina che agli

altri paesi.

Quando attraccava in un porto, Zheng He faceva una visita di cortesia al governatore

locale e avviava scambi commerciali e culturali; spesso rappresentanti del

governo straniero salpavano sulle navi insieme a Zheng He per recarsi in Cina

e rendere omaggio all’imperatore. Le navi cinesi trasportavano grandi quantità

di oggetti pregiati come lacche, porcellane e seta, prodotti che venivano venduti

o ceduti in cambio di gioielli, spezie e animali rari: per questo motivo le navi di

Zheng He furono ribattezzate bǎochuán 宝 船 navi dei tesori. Durante la quarta

spedizione, Zheng He arrivò nel regno di Malindi, nell’attuale Kenya. Per la

prima volta nella storia si conclusero scambi amichevoli con uno stato africano,

che inviò in dono all’imperatore Yongle una giraffa, suscitando grande stupore:

si trattava di un animale mai visto in Cina che venne considerato una creatura

fantastica e chiamato qílín 麒 麟 unicorno, termine tuttora usato per indicare

l’animale mitico e che deriverebbe dalla parola somala jilin giraffa.

Shen Du,Il tributo della giraffa

Le spedizioni di Zheng He avvennero circa ottanta anni prima dei viaggi di Cristoforo Colombo in America,

novanta anni prima che il Capo di Buona Speranza fosse doppiato da Vasco de Gama e un secolo prima della

circumnavigazione del mondo di Ferdinando Magellano, a dimostrazione di quanto fossero progredite le

tecniche di costruzione e di navigazione dell’impero Ming. Numerosi reperti archeologici rinvenuti in alcuni

luoghi dell’Asia e dell’Africa raggiunti dalla flotta di Zheng He testimoniano i suoi viaggi, così come alcuni resoconti

scritti da membri dell’equipaggio. Tra questi, lo Yíngyá shènglǎn 瀛 涯 胜 览 Indagine globale sulle

coste oceaniche dello scrittore ed esploratore Mǎ Huān 马 欢 (1380-1460), che costituisce una straordinaria

fonte per lo studio di usi e costumi, dell’economia, della geografia e della politica dei paesi visitati.

Vivacità commerciale nella capitale meridionale 南 都 繁 会 景 物 图 卷

206

LA DINASTIA MING


UNITÀ 6

LA DINASTIA QING

L’ETÀ D’ORO DELL’IMPERO MANCESE

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6.1 Le origini della potenza mancese: Nurhaci e l’unificazione delle tribù jurchen

L’etnia tungusa dei jurchen si era sempre distinta dalle popolazioni nomadi

dai jurchen all’idea della Cina settentrionale per il suo stile di vita semistanziale che combinava

di nazione di nurhaci migrazioni stagionali a lunghi periodi di sosta in accampamenti permanenti.

Questa tendenza alla stanzialità ebbe un punto di svolta nell’VIII secolo quando, dopo la caduta del regno

coreano di Goguryeo, gruppi di persone in fuga dalla Corea si fusero con la popolazione jurchen ed insieme

fondarono il regno di Balhae. Nei due secoli che seguirono, grazie alle pratiche acquisite dai coreani, i jurchen

affinarono le tecniche dell’allevamento e della metallurgia, appresero alcune semplici forme di amministrazione

e, attraverso l’introduzione dell’uso dei cognomi, giunsero ad una maggiore definizione dei clan familiari.

Le conoscenze di derivazione coreana contribuirono considerevolmente alla successiva fondazione e alla

stabilità dell’impero dei Jin [U. 3 pag. 113], anche se con l’arrivo dei mongoli [U. 4.3], i jurchen furono infine

dispersi: alcuni rimasero in Cina, mettendosi al servizio dei mongoli, altri preferirono tornare nelle proprie

terre ancestrali, che si estendevano dalla catena dei monti Da Hinggan fino alla valle del fiume Liao. Il ritorno

a uno stile di vita seminomade provocò nella società jurchen l’abbandono di usanze e istituzioni precedentemente

acquisite e il ritorno alla divisione tribale in clan familiari.

Tutti i clan (hala) facevano riferimento a un antenato comune ed erano guidati da capi, che ricoprivano la

funzione di leader militari (han), e sciamani (šaman), che si avvalevano della collaborazione di capi ausiliari

(beile). La frammentazione dei gruppi portò alla creazione di vari sottoclan (mukūn), di fatto indipendenti l’uno

dall’altro, che a loro volta erano divisi in famiglie estese (boo) e unità familiari (booigon). Questi clan erano

stanziati in villaggi e vivevano di caccia, pesca e allevamento di cavalli e suini, a cui si affiancava la coltivazione

di miglio e soia affidata agli schiavi ereditari (boo-i) di ciascun clan. A queste attività si aggiungeva anche il

commercio: i jurchen fornivano a cinesi e coreani pellicce, perle, ginseng e cavalli e ricevevano in cambio

tessuti, strumenti agricoli e metalli pregiati come rame e ferro.

Con l’avvento della dinastia Ming e il trasferimento della capitale a Beijing, i jurchen intensificarono i loro

rapporti con i cinesi. I funzionari di frontiera erano soliti dividerli in tre gruppi:

Yě nǚzhēn 野 女 真 jurchen selvaggi, che avevano uno stile di vita ancora semiprimitivo, basato primariamente

sulla caccia e l’allevamento

Hǎixī nǚzhēn 海 西 女 真 jurchen Haixi che occupavano l’area dell’attuale Heilongjiang ed in stretta relazione

con le tribù mongole che occupavano i territori limitrofi

Jiànzhōu nǚzhēn 建 州 女 真 jurchen Jianzhou, che popolavano l’area delle odierne province di Jilin e

Liaoning e avevano così una posizione privilegiata per i rapporti commerciali con la Corea e la Cina.

Approfondimenti

nomi familiari e personali mancesi

Con la frammentazione dei gruppi tribali, gli antichi

clan jurchen (hala) si frammentarono in clan più

ristretti (mukūn). Successivamente le più importanti

famiglie mancesi presentavano sempre il clan di

appartenenza facendo riferimento sia all’hala che

al mukūn; il nome familiare quindi si presentava

spesso come composto da due parole distinte. Ne

sono esempi il nome del clan familiare della dinastia

imperiale mancese Aisin (mukūn) Gioro (hala), o

quello del clan Hoifa (mukūn) Nara (hala); nella

trascrizione cinese le due componenti del nome

familiare venivano trascritte insieme come un unico

cognome. Contrariamente alla tradizione cinese, i

nomi propri mancesi non venivano usati insieme

al nome del clan, che invece veniva eventualmente

aggiunto come completamento: la forma mancese

corretta del nome del celebre funzionario noto in

cinese come Nàlán Míngzhū 纳 兰 明 珠 è quindi

Mingju del clan Nara. I nomi propri mancesi

avevano una gamma di significati molto più ampia

e flessibile rispetto a quelli cinesi: potevano essere

usati nomi di animali come Dorgon (tasso), nomi

che facevano riferimento a caratteristiche fisiche

come Ajige (piccolo e snello), nomi che facevano

riferimento a un’etnia come Nikan (cinese Han) o

addirittura nomi corrispondenti a numeri come Susai

(cinquanta). A seguito della progressiva sinizzazione

della popolazione mancese, molte famiglie, prima

tra tutte quella imperiale, iniziarono ad adottare nomi

cinesi. Con la caduta della dinastia Qīng 清 nel 1911

si diffuse in Cina un forte sentimento antimancese

che spinse molti mancesi a modificare o cambiare il

proprio nome familiare, adottandone altri (in genere

monosillabici) più simili a quelli cinesi.

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LA DINASTIA QING: L’ETÀ D’ORO DELL’IMPERO MANCESE


chiesta d’indennizzo per l’uccisione dei suoi parenti, ottenne dal governo Ming

una posizione di preminenza tra i vari capi jurchen, assicurandosi così il controllo

dei mercati urbani cinesi in cui avvenivano gli scambi commerciali. Con i coreani

adottò la stessa politica di collaborazione, offrendo addirittura appoggio militare

durante il tentativo di invasione giapponese del 1592. La temporanea politica

di tregua con Cina e Corea tra il 1580 e il 1619 consentì a Nurhaci di dedicarsi

all’unificazione delle tribù jurchen e di assorbire nella propria sfera di influenza

anche i mongoli orientali, con cui strinse alleanze matrimoniali. Convinto che

l’unità tra gli jurchen potesse essere realizzata soltanto garantendo omogeneità

amministrativa e culturale Nurhaci ordinò nel 1599 la creazione di una nuova

lingua scritta (la scrittura jurchen utilizzata nell’impero Jin nel XII secolo era da

tempo caduta in disuso, v. QR pag. 155) e istituì delle nuove divisioni militari e

amministrative, le qí 旗 bandiere (gūsa).

Istituzione delle bandiere

Gli stendardi delle 8 bandiere

Le bandiere avevano come unità di base le tradizionali compagnie militari e di

caccia (niru): 15 compagnie formavano un reggimento (jalan) e 4 reggimenti a

loro volta formavano la bandiera (gūsa) propriamente detta, che era sottoposta

all’autorità di un signore militare (beile). I beile facevano tutti parte del clan di

Nurhaci, ossia il clan Aisin Gioro, dove il termine Aisin “oro” (scelto per differenziare

il mukun sottoclan, v. approfondimento pag.248) si richiamava direttamente

a Jin, il nome dalla prima dinastia imperiale jurchen. Le prime bandiere

erano quattro e ciascuna di esse era rappresentata da uno stendardo di colore

giallo, bianco, blu o rosso. A seguito dell’incremento delle tribù jurchen associate

a Nurhaci, il numero delle compagnie crebbe gradualmente e di conseguenza

aumentò anche il numero delle bandiere che nel 1616 diventarono otto.

Gli stendardi assegnati alle quattro bandiere più recenti si distinguevano dai

quattro originari per l’aggiunta di un bordo rosso sui tre in giallo, blu e bianco,

e di un bordo bianco su quello rosso.

Da compagnie puramente militari, le bandiere divennero ben presto anche

unità civili. La suddivisione delle truppe non servì solo a impedire l’accentramento

del potere militare nelle mani di un singolo capo, ma comportò anche

l’amalgama di gruppi familiari provenienti da tribù diverse. La formazione delle

bandiere infatti includeva anche le famiglie e gli schiavi ereditari dei singoli

guerrieri, e in tempi di pace il comandante della bandiera era preposto alla

gestione civile e all’amministrazione ordinaria.

Dopo la sottomissione delle varie tribù dei mongoli orientali nel 1635, vennero istituite anche 8 měnggǔ qí

蒙 古 旗 bandiere mongole (monggo gūsa), e successivamente ne vennero formate altrettante (nikan gūsa)

per i militari cinesi che avevano abbandonato l’esercito Ming per unirsi a Nurhaci e ai suoi successori. Alle bandiere

si aggiunse poi un gruppo esclusivamente militare, il lù yíng bīng 绿 营 兵 l’Esercito degli Stendardi

Verdi (niowanggiyan turun i kūwaran), costituito da truppe cinesi che non godevano dei privilegi attribuiti ai

membri delle bandiere.

primi attacchi alla cina

Nel 1616 Nurhaci, con il titolo di han, assunse la guida della nuova confederazione

jurchen, che chiamò Aisin, come il suo clan, per ricollegarsi idealmente

alla dinastia dei Jin. Prendendo a modello l’istituzione imperiale cinese, assunse

poi anche il nianhao Tiānmìng 天 命 (Abkai Fulingga), con cui alludeva evidentemente alla sua determinazione

di assumere un’autorità pari a quella degli imperatori Ming e alla capacità di conquistarne almeno in

parte i territori. La volontà di conquista di Nurhaci era però dettata più da necessità pratiche che da ambizione:

con l’accrescere del numero dei suoi seguaci, che includeva molti artigiani e commercianti cinesi, si poneva

infatti il problema di provvedere al sostentamento materiale del suo popolo, poiché le risorse tradizionali

come il commercio, la caccia e l’agricoltura si stavano rivelando insufficienti.

Nel 1618 Nurhaci aprì formalmente le ostilità nei confronti dei Ming attraverso i cosiddetti qī dàhèn 七 大 恨

Sette reclami (nadan koro). In questo proclama Nurhaci incolpava il governo Ming della morte di suo padre e

di suo nonno, lo accusava di aver violato i diritti dei jurchen Jianzhou in favore di altri clan, di avergli impedito

di utilizzare terreni a lui concessi da tempo e di aver nominato amministratori corrotti che avevano oppresso

Nurhaci

LA DINASTIA QING: L’ETÀ D’ORO DELL’IMPERO MANCESE

253


la popolazione locale. Il primo attacco fu sferrato nell’odierno Liaoning: la città di Fushun fu distrutta e i residenti

fatti schiavi. Nonostante gli invii continui di truppe da parte del governo Ming per arrestarne l’avanzata,

Nurhaci proseguì la sua campagna di conquista e alla fine del 1623 si assicurò il controllo di tutta la zona del

Liaodong.

Furono una serie di fattori interni ad arrestare l’offensiva dei jurchen. Dentro il clan Aisin Gioro erano scoppiati

dei conflitti per il potere che terminarono con la condanna a morte di alcuni parenti stretti dello stesso Nurhaci

e, contemporaneamente, le tensioni tra popolazione jurchen e popolazione cinese all’interno dei territori occupati

si erano andate via via acuendo. Dal momento che i jurchen tendevano a sfruttare i cinesi, imponendo

loro corvée e impadronendosi arbitrariamente dei loro beni, in molte località avevano avuto luogo reazioni

violente. Persuaso che la politica sociale di oppressione dei jurchen nei confronti delle altre etnie avrebbe

irrimediabilmente minato la stabilità dei suoi territori, Nurhaci impose allora un controllo rigido sui suoi guerrieri;

al tempo stesso vietò ai cinesi di portare con sé armi e stabilì che risiedessero in aree lontane da quelle

abitate dai jurchen. In questa fase di instabilità interna si inserì anche la reazione militare dei Ming che, dopo

aver rinnovato l’alleanza con la Corea e con i mongoli khalkha, attaccarono di nuovo Nurhaci, riconquistando

alcune roccaforti precedentemente perse. Gli scontri con le truppe Ming culminarono nel 1626 con la battaglia

di Ningyuan, durante la quale Yuán Chónghuàn 袁 崇 煥 (1584-1630), uno dei più abili generali cinesi,

riuscì a prevalere nettamente anche grazie all’artiglieria e ai cannoni che i Ming si erano procurati tramite il

commercio con i portoghesi. I jurchen furono costretti a ritirarsi nelle zone interne del Liaodong; lo stesso

Nurhaci, gravemente ferito dall’esplosione di un colpo di cannone, morì pochi mesi dopo.

6.2 L’ascesa di Hóng Tàijí 洪 太 极 e la formazione dell’identità culturale mancese

Con la morte di Nurhaci si pose immediatamente il problema della successione alla guida della confederazione

jurchen. A tale scopo, prima della sua scomparsa aveva creato un consiglio supremo di comandanti

militari (beile) costituito da tre dei suoi figli e un nipote che avrebbero dovuto esercitare la leadership in modo

collettivo.

l’ascesa di hong taiji

Hong Taiji

la creazione dell’identità

culturale mancese

Poco tempo dopo la sua morte, tra i quattro beile emerse Hóng Tàijí 洪 太 极

(1592-1643) – Huáng Tàijí 皇 太 极 in una trascrizione più diffusa in Cina –, l’ottavo

figlio di Nurhaci che, dopo aver eliminato o esautorato gli altri tre beile, si

assicurò la posizione di han, guida suprema. Consapevole di non poter affrontare

nell’immediato l’esercito Ming in modo diretto, Hong Taiji ideò una tattica di

accerchiamento su due fronti: da un lato portò a termine, tra il 1631 e il 1635,

l’assimilazione delle tribù mongole Chahar e Karachin, che ancora non si erano

formalmente sottomesse al dominio jurchen, e dall’altro cercò l’alleanza con la

dinastia coreana Chosŏn, che tuttavia si dichiarava ancora tributaria della Cina.

Con un pretesto, Hong Taiji attaccò la Corea nel 1627 e, dopo aver neutralizzato

le roccaforti dello Shanhaiguan, riuscì ad aprirsi una via verso Beijing. In realtà

la capitale non fu attaccata, ma l’imperatore Chongzhen ritenne ugualmente

responsabile il generale Yuan Chonghuan dell’avanzata jurchen e, con l’accusa

di tradimento, lo fece arrestare e condannare a morte. L’esecuzione di Yuan

Chonghuan lasciò le truppe Ming stanziate a nord senza un valido comandante.

Hong Taiji ne approfittò, attaccò e conquistò diverse città, riuscendo in questo

modo ad impadronirsi anche di un certo numero di cannoni e di armi da fuoco,

che affidò alle bandiere cinesi appena costituite che annoveravano anche disertori

dell’esercito Ming.

Nel 1636 Hong Taiji portò a termine la conquista della Corea e cambiò il nome

della dinastia Asin (Jin) fondata da Nurhaci in Qīng 清 puro, adottando il titolo

cinese di huangdi imperatore. Contemporaneamente, per accentuare ulteriormente

il distacco con la precedente dinastia jurchen dei Jin, Hong Taiji definì la

nuova nazione creata da Nurhaci Manju gurun, ossia nazione mancese: il termine manju (mancese), derivato

dal termine man (forza, vigore) era già stato utilizzato precedentemente per indicare la tribù di Nurhaci, ma solo

sotto Hong Taiji si iniziò ad usarlo ufficialmente per indicare la nuova identità etnica e culturale del suo popolo.

254

LA DINASTIA QING: L’ETÀ D’ORO DELL’IMPERO MANCESE


ristrutturazione

Divenne ben presto evidente che Hong Taiji intendeva creare un impero ben

più vasto di quello immaginato da Nurhaci e a questo scopo i suoi nuovi sudditi

cinesi ebbero un ruolo importantissimo. Per arginare il potere dei capi militari

dell’impero

mancesi Hong Taiji aveva infatti iniziato a servirsi di ex funzionari Ming che si rivelarono poi fondamentali per

creare un apparato amministrativo adeguato ai territori sempre più vasti controllati dal nuovo imperatore. Per

favorire la collaborazione tra le due etnie venne quindi organizzato un certo numero di matrimoni tra letterati

e amministratori cinesi e donne appartenenti alle bandiere. Dietro consiglio dei suoi collaboratori han,

Hong Taiji creò poi un sistema legale strutturato e reintrodusse gli esami per il reclutamento dei funzionari,

provvedimento che aveva lo scopo principale di indebolire ulteriormente il potere dei beile. Il nuovo governo

mancese ricalcava la struttura tradizionale di quello cinese, con i Sei Ministeri e il Censorato, ed il personale

impiegato era etnicamente equilibrato, con una suddivisione equa di cariche tra cinesi, mongoli e mancesi.

Un’innovazione introdotta da Hong Taiji fu la creazione di un nuovo organo amministrativo che inizialmente

si occupava di gestire le relazioni con le tribù mongole e di controllarne i territori e le questioni interne. Dal

1638 il nuovo ufficio, denominato Lǐfān yuàn 理 藩 院 Ufficio per la gestione dei paesi tributari, ampliò

le sue competenze arrivando a comprendere tutte le questioni di tipo religioso e i rapporti con le potenze

straniere confinanti.

Hong Taiji decise infine di aggiungere 8 bandiere cinesi a quelle tradizionali mongole e mancesi poiché,

secondo il nuovo imperatore, le truppe cinesi erano più esperte nell’uso dell’artiglieria pesante e più adatte a

fronteggiare l’apparato bellico dei Ming.

attacco alla cina e

morte di Hong Taiji

Riformato l’assetto dello stato, nel 1638 Hong Taiji riprese l’attacco agli avamposti

di frontiera Ming. Nel 1641 l’esercito mancese attaccò in successione Ningyuan

e Jinzhou, la cui difesa era stata affidata al generale Hong Chengchou

che fu catturato e passò nelle file Qing. Nel 1643, mentre le truppe Ming erano

impegnate negli scontri con il ribelle Li Zicheng [U. 5 pag. 214] e l’esercito mancese proseguiva la sua

avanzata verso le roccaforti che difendevano lo Shanhaiguan, Hong Taiji morì improvvisamente senza aver

designato un erede, lasciando così una crisi di successione in un momento cruciale per l’espansione del suo

impero.

6.3 L’era di Shùnzhì 顺 治 e la conquista completa della Cina

ascesa al trono di shunzhi

e reggenza di dorgon

Dopo la morte di Hong Taiji si crearono due fazioni

per la sua successione: una sosteneva suo

figlio Hooge (1609-1648, Háogé 豪 格 ) che

già si era distinto nelle campagne militari contro

i mongoli e la Corea, mentre l’altra appoggiava uno dei figli più giovani di

Nurhaci, Dorgon (1612-1650, Duōěrgǔn 多 尔 衮 ). Per evitare una spaccatura

delle forze militari, un concilio dell’alta nobiltà mancese si riunì e le due fazioni

si accordarono per far salire al trono l’ultimo dei figli di Hong Taiji, Fulin (1638-

1661, Fúlín 福 临 ) che prese il nianhao Shùnzhì 顺 治 . Dato che l’imperatore

era giovanissimo, era necessaria la figura di un reggente: la nomina ricadde su

Dorgon, grazie all’appoggio di tre delle bandiere più importanti.

la conquista di beijing

L’impero Qing controllava ormai tutto il nord-ovest della Cina, ma Beijing era in

mano alle truppe ribelli di Li Zicheng: su consiglio di Hong Chengchou, Dorgon

decise allora di attuare una politica di cooperazione con le forze lealiste Ming,

proponendo la dinastia Qing come destinataria del mandato celeste e garante dell’ordine distrutto dai ribelli.

Diversi funzionari e generali cinesi risposero all’appello e nel giugno 1644, dopo una serie di vittorie, gli eserciti

congiunti di Dorgon e del generale Wu Sangui riuscirono ad entrare in città e a riprendere Beijing [U. 5

pag. 214]. Nell’ottobre dello stesso anno, l’imperatore Shunzhi celebrò nella capitale le cerimonie di rito nei

templi del Cielo e della Terra e assunse formalmente il potere.

campagne nella cina

centro-meridionale

Dorgon

Dopo la proclamazione di Shunzhi a imperatore, Dorgon dovette immediatamente

affrontare i problemi relativi alla pacificazione dei territori a ovest e

sud-ovest, ancora occupati dalle forze ribelli di Li Zicheng e Zhang Xianzhong

LA DINASTIA QING: L’ETÀ D’ORO DELL’IMPERO MANCESE

255


[U.5 pag. 214] a cui si erano uniti anche ribelli musulmani, e a sud, dove gruppi di lealisti Ming avevano proclamato

imperatore un lontano parente dell’imperatore Chongzhen. Per isolare i gruppi ribelli, Dorgon emanò

una serie di provvedimenti a favore della popolazione cinese, nominando funzionari di etnia han nei territori

progressivamente conquistati, abolendo le imposte più gravose e proibendo alle sue truppe di commettere

violenze ai danni dei civili. Questa politica non riuscì a persuadere il grosso delle forze lealiste Ming stanziate

a Nanjing e soprattutto a Yangzhou, dove l’esercito a difesa della città resistette per quasi un mese prima di

cadere. La notizia del massacro della popolazione di Yangzhou come punizione per la resistenza armata, portò

alla resa di Nanjing, Suzhou e Hangzhou, a condizione che la popolazione civile venisse risparmiata.

editto sulla rasatura

La resistenza nella zona del Jiangnan convinse Dorgon del fatto che fosse necessario

dare un segnale di ammonimento alla popolazione cinese per ottenerne

la lealtà: il 2 luglio 1645 promulgò quindi l’editto Tìfà yìfú 剃 发 易 服 Radersi

i capelli e cambiare vestiti che imponeva agli uomini cinesi di adottare gli abiti e l’acconciatura tradizionale

mancese. Questo particolare tipo di pettinatura, che prevedeva la rasatura completa della parte anteriore del

cranio mentre i capelli sulla nuca venivano raccolti in una lunga treccia, era particolarmente inviso alla popolazione

cinese perché contrastava con la concezione confuciana secondo cui “il principio della pietà filiale è non

distruggere o rovinare la pelle o i capelli, perché dati dal padre e dalla madre” ( 身 体 发 肤 受 之 父 母 不 敢 毁

伤 孝 之 始 也 , massima tratta dal Xiào jīng 孝 经 Classico della pietà filiale)

L’editto venne applicato in modo capillare e

spietato, e per chi rifiutava di adottare pettinatura

e abiti mancesi era prevista la pena di

morte. Nonostante una certa resistenza (centinaia

di uomini preferirono uccidersi piuttosto

che sottostare all’editto), il provvedimento

permise di isolare in modo rapido i gruppi

di resistenza anti-mancese sparsi nel centro

sud. Nei mesi immediatamente successivi, le

forze mancesi guidate da Hooge riuscirono a

pacificare il Sichuan [U. 5 pag. 214] mentre

le forze cinesi al servizio dei Qing conquistavano

le zone dal Guangxi e del Guangdong.

morte di dorgon

Nonostante le vittorie al sud, la reggenza di Dorgon era minacciata da contese

interne. Temendo un colpo di stato da parte di Hooge e dei suoi sostenitori,

Dorgon lo accusò di cospirazione e lo fece incarcerare, liberandosi allo stesso

tempo di tutti i membri dell’aristocrazia mancese che costituivano un potenziale pericolo alla sua autorità.

Le contese interne alla corte subirono un arresto quando, a partire dal 1647, si verificarono delle rivolte nello

Shandong, nello Shanxi e nelle provincie del Guangxi e del Guangdong. Della campagna a ovest si fece carico

lo stesso Dorgon, mentre i generali cinesi Shang Kexi e Geng Jimao riconquistarono le zone a sud dove era

stato proclamato un nuovo imperatore Ming da gruppi di notabili locali fedeli alla vecchia dinastia.

Nel 1650, mentre la campagna militare a sud era ancora in corso, Dorgon morì all’improvviso a causa di un

incidente di caccia.

sinizzazione della corte

Rasatura forzata della popolazione maschile

Morto il reggente, il giovanissimo imperatore Shunzhi prese il potere e in pochi

mesi esautorò tutti i collaboratori di Dorgon, iniziando allo stesso tempo

a richiamare a corte i funzionari han e gli eunuchi che erano stati al servizio

dell’ultimo imperatore Ming. Mentre al sud Wu Sangui, Hong Chengchou e altri generali cinesi continuavano

la riconquista dei territori ribelli, combattendo contro gli ultimi lealisti Ming guidati dal comandante

sino-giapponese Zhèng Chénggōng 郑 成 功 (1624-1661, conosciuto dagli occidentali come Coxinga), il giovane

imperatore avviò una campagna contro la corruzione e il traffico di influenze illecite che vide coinvolti

diversi notabili mancesi e funzionari cinesi.

Per sostenere la lotta alla corruzione, l’imperatore Shunzhi cercò di rafforzare le comunicazioni dirette con la

corte, affidando la compilazione degli editti ad accademici di sua fiducia e agli eunuchi incaricati di gestire i

cosiddetti Shísān yámen 十 三 衙 门 Tredici Uffici che supervisionavano per conto dell’imperatore la gestione

amministrativa dei sei ministeri e del censorato. Shunzhi cercò poi di indebolire il potere dell’aristocrazia

mancese limitando l’espropriazione di terreni privati e la riduzione in schiavitù dei proprietari da parte dei

256

LA DINASTIA QING: L’ETÀ D’ORO DELL’IMPERO MANCESE


membri delle bandiere; l’imperatore tentò infine di sostituire i tradizionali consigli tra i capi dei diversi clan

con istituzioni cinesi, ripristinando il Gran Segretariato e successivamente l’Accademia Hanlin.

relazioni con il tibet

e scontri con la russia

mongole khalkha

e dzungar (un gruppo oirat) costituivano ancora

una potenziale minaccia: il fatto che molte di

queste tribù professassero il buddhismo lamaista

del Tibet spinse l’impero Qing a iniziare rapporti

diplomatici con il regno tibetano. Nel 1653, dietro

invito dell’imperatore Shunzhi, il quinto Dalai

Lama del Tibet, capo della scuola buddhista Gelug

nota anche come “cappelli gialli”, si recò in visita a

Beijing. Dopo aver stabilito relazioni formali con

l’impero Qing, il Tibet, tramite il Dalai Lama, assunse

un ruolo chiave nella mediazione tra la Cina

e le tribù mongole.

Dopo il completamento della pacificazione a sud con la conquista degli odierni

territori del Guizhou e dello Yunnan, l’attenzione dell’impero mancese si rivolse

a nord. Le tribù

Altra questione era costituita dalle continue incursioni di gruppi militari russi ai confini con i territori mancesi

che portarono a diversi scontri militari: anche se l’esercito mancese riuscì a riprendere il controllo di tutta la

valle del fiume Heilong, l’impero zarista restava una minaccia da non sottovalutare.

La crescente sinizzazione della corte e degli organi esecutivi portata avanti

morte di shunzhi

dall’imperatore Shunzhi ebbe tra le prime conseguenze negative la nascita di

diverse fazioni tra i funzionari (divisi soprattutto tra funzionari cinesi di origine

meridionale e settentrionale) e l’accentramento di potere nelle mani degli eunuchi di fiducia dell’imperatore.

Inoltre Shunzhi, sempre più preso da questioni personali e dal suo interesse per il buddhismo Chan, aveva

iniziato a trascurare le questioni di stato, facendo temere una deriva simile a quella che aveva portato alla

decadenza e alla fine dell’impero Ming.

Nel 1661 l’imperatore, già provato psicologicamente

dalla perdita della sua consorte favorita, venne contagiato

dal vaiolo. ☞ La malattia era molto diffusa in

Cina, ma i mancesi non avevano sviluppato un’immunità

di gregge dato che le condizioni climatiche

particolari della loro terra d’origine non favorivano

il proliferare del virus. Per i mancesi che la contraevano

da adulti la malattia era quasi inevitabilmente

mortale: alla luce di ciò, Shunzhi in punto di morte

decretò che a succedergli fosse l’unico dei suoi figli

ad essere guarito dal vaiolo. Il suo secondogenito

Xuányè 玄 烨 (1654-1722) salì quindi al trono a soli

sei anni con il nianhao Kāngxī 康 熙 , dando inizio al

più lungo impero della storia della Cina.

6.4 Il regno di Kāngxī 康 熙 : l’età dell’oro dell’impero Qing

Bái tǎ 白 塔 Pagoda bianca fatta erigere nel 1653 da Shunzhi

nel parco Beihai di Beijing per la visita del quinto Dalai Lama

☟ 生 词

bìdòusuǒ 避 痘 所

lett. luoghi per evitare il vaiolo

si trattava di siti di quarantena per la famiglia imperiale in caso di epidemie

di vaiolo. I membri della famiglia imperiale venivano isolati tra

di loro e potevano venire a contatto solo con persone che avevano già

contratto la malattia e sviluppato l’immunità permanente. Altri metodi

utilizzati dalla corte mancese per evitare i contagi erano la limitazione

dell’accesso a determinate attività o cerimonie funebri (potevano prendervi

parte solo coloro che avevano già contratto la malattia) e l’allontanamento

dalla capitale dei malati e dei loro nuclei familiari

La giovanissima età del nuovo imperatore permise alla fazione tradizionalista dell’aristocrazia mancese di

riprendere il controllo della corte. Appoggiati dall’imperatrice vedova madre di Shunzhi, Bumbutai (1613-

1688, Bùmùbùtài 布 木 布 泰 , più conosciuta con il suo nome postumo Xiàozhuāngwén 孝 庄 文 ) del clan

mongolo Borjigin, quattro membri dell’élite militare mancese alterarono il testamento di Shunzhi in modo da

legittimare la propria nomina a reggenti per conto dell’imperatore. I quattro reggenti, tra cui spiccava Oboi

(m. 1669, Áobài 鳌 拜 ), un ex-militare che si era distinto nelle campagne militari nella Cina meridionale, presero

subito una serie di provvedimenti mirati ad allontanare dalla corte tutti i collaboratori cinesi di Shunzhi:

LA DINASTIA QING: L’ETÀ D’ORO DELL’IMPERO MANCESE

257


del Tibet, mentre il sud-ovest, corrispondente alle odierne province del Sichuan, Guizhou e Yunnan aveva ancora

uno status amministrativo incerto, dovuto alla dipendenza dell’impero nei confronti dell’autorità di capi

locali. In tutto il corso del suo lunghissimo regno Qianlong fu continuamente impegnato in campagne militari

che oltre a ridefinire i confini dell’impero, ne modificarono la composizione etnica e culturale. Storicamente

ci si riferisce alle campagne militari dell’era di Qianlong con l’espressione Shíquán wǔ gōng 十 全 武 功 le

Dieci imprese, che furono rispettivamente:

• Le due campagne contro gli dzungar e la repressione della rivolta degli oirat e degli uiguri in Xinjiang

(1755, 1757, 1759) [3 campagne];

• La repressione di due rivolte della popolazione tibetana gyalrong nella zona di Jinchuan, nel Sichuan

(1747-49, 1771-76) [2 campagne];

• Le quattro spedizioni della guerra contro la Birmania (1765-69) [1 campagna];

• La repressione della rivolta della Tiāndì huì 天 地 会 Società del Cielo e della Terra a Taiwan (1786-88)

[1 campagna];

• Le due campagne contro i gurkha del Nepal in difesa del Tibet (1788-93) [2 campagne];

• La campagna contro il Vietnam (1788-89) [1 campagna].

青 朝

Dinastia Qing

清 朝

Rivolte oirat

Territorio

mongolo

Nerčinsk

MANCIURIA

Kashgar

Territorio

dzungar

新 疆

Turfan

Mukden

北 京

COREA

TIBET

NEPAL

SICHUAN

Rivolte gyalrong

Territorio originario dei mancesi

Espansione territoriale fino al 1644

Espansione territoriale fino al 1659

Espansione territoriale dopo il 1659

Principali spedizioni militari

BIRMANIA

TAIWAN

Rivolte

hakka

Paesi tributari

VIETNAM

Capitale: Beijing

genocidio degli dzungar

e istituzione del xinjiang

La più cruenta di queste imprese fu senza dubbio la guerra contro gli dzungar.

Dopo diverse dispute interne finite grazie all’intervento cinese nel 1755, il

khanato dzungar aveva tentato senza successo di farsi riconoscere una posizione

di preminenza sulle altre tribù oirat dall’impero Qing; questo portò a una

seconda guerra nel 1757 causata dalla ribellione del khan dzungar. La guerra si protrasse per altri due anni,

e terminò con la sconfitta degli dzungar. Irritato per le perdite del suo esercito, l’imperatore Qianlong ordinò

di sterminare tutti i guerrieri dzungar e di fare schiavi i vecchi, le donne e i bambini. Solo una piccola parte

272

LA DINASTIA QING: L’ETÀ D’ORO DELL’IMPERO MANCESE


repressione delle rivolte

e campagne militari

di loro riuscì a rifugiarsi in Russia, mentre decine di migliaia vennero decimati dal vaiolo e da altre epidemie

scoppiate a seguito della guerra. Il risultato fu l’annientamento quasi totale dell’intera popolazione dzungar.

Dopo la fine della guerra, nel 1758 nel limitrofo bacino del Tarim scoppiò una nuova ribellione dei musulmani

di origine persiana, ma anche questa venne brutalmente soffocata dall’esercito Qing. I nuovi territori a ovest

furono ripopolati con coloni han, mancesi xibe, evenki della Manciuria ma soprattutto con gli uiguri stanziati

nell’area dell’attuale Turkestan; la nuova provincia venne chiamata Xīnjiāng 新 疆 .

Le spedizioni contro le popolazioni Gyalrong del Sichuan e i gruppi hakka riuniti

a Taiwan nella Società del Cielo e della Terra ebbero come denominatore

comune l’insofferenza della popolazione locale contro l’amministrazione Qing.

In entrambi i casi le rivolte non ebbero successo soprattutto per la scarsa organizzazione

degli insorti e la netta superiorità dell’impero Qing.

Diverso fu il caso delle guerre contro la Birmania, iniziate a causa della contesa sul dominio dei territori di

confine tra lo Yunnan e il regno di Birmania. Qianlong investì un gran numero di risorse economiche e umane

in questa nella guerra contro la Birmania ma, per un insieme di cause tutte e quattro le spedizioni inviate da

Qianlong si risolsero in clamorose sconfitte.

La campagna in Vietnam, intrapresa per rimettere sul trono il legittimo sovrano dopo un colpo di stato, fu un

tentativo di acquisire un nuovo regno tributario nel sud-est asiatico e isolare il regno di Birmania, ma anche

questa impresa si rivelò un insuccesso totale.

Diverso fu il caso della guerra contro il regno Gurkha del Nepal. Desiderosi di espandersi a nord, i gurkha invasero

il Tibet meridionale due volte, nel 1788 e nel 1791; Qianlong reagì inviando in entrambi i casi un esercito

numeroso e ben equipaggiato e i Gurkha si ritirarono definitivamente nel 1791, dopo aver firmato un trattato

con cui si riconoscevano vassalli e tributari dell’impero Qing.

Le numerose guerre intraprese da

qianlong e l’identità

culturale mancese

Qianlong portarono l’impero alla

sua massima espansione territoriale,

anche se a costo dello allo

svuotamento delle casse dello stato; da un punto di vista culturale

l’acquisizione dei nuovi territori fece acquisire all’impero Qing un

carattere decisamente multietnico, Quest’ultimo fattore portò portò

Qianlong a ripensare e ridefinire l’identità culturale mancese.

Già durante il regno di Yongzheng l’identità culturale dell’etnia

mancese appariva messa a dura prova dal contatto con la cultura

cinese han. Molti mancesi delle bandiere non parlavano più

la loro lingua, si esprimevano correntemente soltanto in cinese

e l’abilità militare delle loro compagnie era ormai assai minore

rispetto a quella delle compagnie di bandiera cinesi e mongole.

Qianlong intraprese quindi una politica di rafforzamento della

cosiddetta manjusai fe doro “via [modo di vita] mancese”, incoraggiando

i membri delle bandiere a prendere parte alle frequentissime

cacce imperiali e ad esercitarsi quotidianamente nelle arti

militari mancesi dell’equitazione e del tiro con l’arco. Qianlong

prestò un’attenzione ancora maggiore alla preservazione e alla

diffusione della lingua mancese: oltre a istituire scuole apposite

per i figli dei membri delle bandiere, sponsorizzò la traduzione di

diverse opere cinesi, tra cui l’intero canone buddhista, in mancese.

Contribuì inoltre personalmente alla stesura di due importanti

opere in mancese che celebravano tra l’altro le origini dell’etnia

del clan imperiale: la prima, una composizione in stile fu intitolata

Han-i araha Mukden-i fu bithe e tradotta comunemente come Ode

a Mukden era una celebrazione della visita dello stesso Qianlong

alle tombe di Nurhaci e Hong Taiji situate nella città di Mukden

(l’attuale Shenyang). L’altra opera era lo Hesei toktobuha Manjusai

wecere metere kooli bithe, i Rituali mancesi imperiali per la cele-

L’imperatore Qianlong in vesti di letterato

ammira dei dipinti, opera di G. Castiglione,

LA DINASTIA QING: L’ETÀ D’ORO DELL’IMPERO MANCESE

273


生 旦 净 丑

I chou sono personaggi clowneschi, la cui origine risale ai saltimbanchi e ai giocolieri, diffusisi a partire dalla

dinastia Tang. Il chou interpreta di solito uomini di strada, osti, factotum, domestici, carcerieri o piccoli funzionari

corrotti. Anche il ruolo del chou si suddivide in wǔchǒu 武 丑 chou militare, specializzato in acrobazie,

e wénchǒu 文 丑 chou civile, specializzato nelle parti dialogate; il suo ruolo ha il compito di far ridere il

pubblico con battute e azioni divertenti improvvisate al momento

che attingono alla tradizione letteraria. In passato assumevano

spesso una funzione di supporto per alleggerire le opere tragiche.

Lo studioso e regista teatrale Huáng Zuǒlín 黄 佐 霖 (1906-1994),

paragonando i ruoli-tipo del teatro jingju alle maschere della Commedia

dell’arte, ha trovato numerosi punti in comune tra il ruolo

chou e la maschera di Arlecchino, entrambi spesso nella parte di

servitori o locandieri, con origini popolari come giullare di strada

(in Cina poi passato a giullare di corte), e con una funzione comica

all’interno dell’opera.

i colori simbolici

Chou e Arlecchino

Uno degli elementi più affascinanti del teatro cinese è la molteplicità dei colori

utilizzati e il loro significato simbolico. Il predominio di un colore sugli altri

può simboleggiare virtù o difetti: il rosso rappresenta fedeltà e onestà; il nero

indica spesso la natura scortese di un personaggio; il blu denota crudeltà; il bianco è di solito associato ad

un personaggio malvagio e traditore; il giallo è riservato agli dei; il verde può indicare un diavolo o un elfo.

I personaggi del teatro jingju sono dotati di trucco facciale che, a seconda del ruolo, può essere molto complesso

e variopinto. Il trucco dei chou, ad esempio, consiste in un disegno a forma di farfalla bianca che copre

il naso e la parte centrale del viso. Gli occhi sono truccati con una pennellata nera che li rende quadrati. Le

combinazioni di trucco facciale più numerose sono quelle dei jing, oltre 250, una per ciascun personaggio, e

si compongono di linee di colori contrastanti che, insieme a piccoli disegni stilizzati come farfalle, mezzelune,

spade, permettono a chi ha una certa familiarità con questo tipo di teatro di riconoscere immediatamente il

personaggio.

Trucchi facciali nelle maschere

Anche la scenografia è costituita da elementi simbolici ed è praticamente inesistente

se paragonata alle scenografie del teatro occidentale. Lo spazio dove

la scenografia

agiscono gli attori è vuoto e tradizionalmente era illuminato dalla luce del sole,

gli spettacoli infatti anticamente si svolgevano durante il giorno e duravano fino al tramonto. Sul pavimento

del palcoscenico c’è di solito un tappeto e sullo sfondo un tendaggio o un arazzo ricamato con disegni astratti

e una scritta che riporta il nome della compagnia. Gli unici accessori scenici possono essere un muro in

miniatura di una città, fatto di stoffa e retto da due canne di bambù, una sedia e un tavolo, di solito dietro al

muro, delle bandiere, un cartone basso dove vi sono dipinte una roccia e una piccola montagna. La posizione

306

LA DINASTIA QING: L’ETÀ D’ORO DELL’IMPERO MANCESE


UNITÀ 7

I QUATTRO GRANDI CAPOLAVORI

E IL JINPING MEI

317


7.1 Sì dà míngzhù 四 大 名 著 : i quattro grandi capolavori

Nella tradizione letteraria cinese, quattro grandi opere narrative in prosa condividono il rango di classico letterario.

Si tratta dei Sì dà míngzhù 四 大 名 著 Quattro grandi capolavori:

• Sānguó yǎnyì 三 国 演 义 Romanzo dei Tre regni

• Shuǐhǔ zhuàn 水 浒 传 Storie dal bordo dell’acqua

• Xīyóu jì 西 游 记 Resoconto del viaggio in occidente

• Hónglóu mèng 红 楼 梦 Sogno della camera rossa.

I quattro grandi romanzi sono stati scritti tra il XIV e il XVIII secolo. Sono lunghe composizioni narrative in

prosa, con brevi sezioni in versi, divise in numerosi capitoli (tra gli ottanta e i centoventi) detti huí 回 e perciò

definite zhānghuí xiǎoshuō 章 回 小 说 romanzi [divisi] in capitoli. Ciascun capitolo ha come titolo due

huímù 回 目 frasi parallele e si conclude con un finale sospeso o un invito a continuare la lettura del capitolo

successivo. Il numero dei personaggi di ciascun romanzo è variabile, ma in genere molto alto (da alcune

centinaia fino a oltre mille): alcuni personaggi sono presenti nell’arco di tutta la storia, altri invece sono protagonisti

di sottotrame o episodi minori. I quattro grandi romanzi si presentano infatti come lunghe raccolte di

episodi, non sempre connessi allo sviluppo della trama principale, ed ogni singolo episodio può coincidere

con la durata di un capitolo oppure svilupparsi nell’arco di più capitoli (in genere tre o quattro).

L’ambientazione storica di tutti i romanzi, con l’eccezione dell’Honglou meng, è ricostruita in base a opere storiografiche

o a riletture di queste ultime in chiave neoconfuciana, mentre le numerose sottotrame e avventure

collaterali derivano da opere teatrali, leggende e racconti popolari. Questa doppia influenza è riscontrabile

nella lingua dei romanzi che ad una prosa letteraria piuttosto lineare inframmezza dialoghi vivaci tipici della

letteratura orale e del teatro.

☟ 生 词

7.2 Sānguó yànyì 三 国 演 义 Romanzo dei Tre regni ☞

Il Sanguo yanyi è un romanzo composto all’inizio dell’epoca Ming e tratta

delle vicende storiche accadute tra la fine della dinastia Han: la rivolta dei

Turbanti gialli, l’ascesa del generale Cao Cao ed i conflitti tra gli imperatori

di Wei, Shu e Wu, fino alla fondazione della dinastia Jin [V. 1 U. 7 pp.

171-175].

La stesura del romanzo è tradizionalmente attribuita a Luō Guànzhōng

罗 贯 中 , un autore di cui non si hanno notizie certe, ma che si suppone sia

vissuto tra la fine della dinastia Yuan e l’inizio della dinastia Ming. La copia

Sānguó zhì

三 国 志

Cronache dei Tre regni

opera storiografica sul periodo dal 189 al 280

Sānguó yǎnyì

三 国 演 义

Romanzo dei Tre regni

versione romanzata degli eventi storici

più antica del romanzo di cui siamo in possesso risale al 1522 ed è intitolata Sānguó zhì tōngsú yǎnyì 三 国

志 通 俗 演 义 Romanzo popolare delle Cronache dei Tre regni, diviso in 120 hui.

318

I QUATTRO GRANDI ROMANZI E IL JINPING MEI


Liu Bei

Zhuge Liang

Cao Cao

Anche il personaggio di Guan Yu, nome di cortesia Yúncháng 云 长 , è ispirato

ad un generale realmente esistito, al servizio di Liu Bei durante la rivolta dei

Turbanti gialli. Passato brevemente tra le fila di Cao Cao, vinse al suo fianco alcune

battaglie, prima di chiedere di ritornare al servizio di Liu Bei, con il quale

aveva stretto un giuramento di fratellanza. Colpito dalla sua onestà, Cao Cao gli

consentirà di ritornare a servire Liu Bei. Il personaggio di Guan Yu rappresenta la

lealtà e l’ambizione [v. approfondimento pag.321].

Zhuge Liang, il cui nome di cortesia è Kǒngmíng 孔 明 , fu cancelliere al servizio

del regno di Shu. Abile stratega politico e militare, fu un sostenitore delle teorie

del legismo [V. 1 U. 6 pp. 138-9]. Nel Sanguo Yanyi, Zhuge Liang simboleggia

la sapienza; inoltre è considerato l'inventore di numerose tecnologie, ha la capacità

di predire la direzione del vento ed è anche un mago in grado di creare

illusioni.

Il personaggio storico che nel passaggio alla versione romanzata risente più di

tutti della rilettura neoconfuciana è senza dubbio il generale Cao Cao [V. 1 U.

7.5]. Secondo le fonti storiche, Cao Cao rimase sempre fedele alla dinastia Han e

non si proclamò mai imperatore di un regno indipendente (cosa che invece fece

suo figlio, Cao Pi, fondatore del regno di Wei, V. 1 U. 7 pag. 175). Nella trasposizione

del Sanguo yanyi, invece, Cao Cao è dipinto come un cospiratore furbo e

crudele, la personificazione della potenza militare e della scaltrezza: nel romanzo

diviene un condottiero senza scrupoli e incline all’ira, che lo rende capace di

uccidere un suo ospite a sangue freddo durante un banchetto, solo perché il

malcapitato non aveva apprezzato le sue poesie. Nel Sanguo yanyi troviamo per

la prima volta il famoso detto Shuō Cáo Cāo, Cáo Cāo jiù dào 说 曹 操 , 曹 操 就

到 Appena lo nomini, Cao Cao arriva, che ha un significato simile a “Parli del

diavolo e spuntano le corna”.

È importante notare che anche i personaggi più negativi del romanzo (ad esempio

l’usurpatore Dǒng Zhuō 董 卓 e il figlio adottivo Lǚ Bù 吕 布 ) non sono

descritti in una prospettiva sempre sfavorevole: le loro abilità diplomatiche e

militari fanno sì che possano comunque assumere un ruolo da eroi, anche se

schierati dalla parte sbagliata, ovvero come oppositori della stabilità dell’impero

Han.

I personaggi del Sanguo yanyi hanno le qualità degli eroi epici: l’influenza della

storiografia neoconfuciana ha contribuito a ridefinirli come simboli di specifiche

qualità morali, sia positive (lealtà, saggezza), sia negative (ambizione, scaltrezza).

Alcune delle circa cinquanta storie di origine popolare sono divenute proverbiali,

facendo entrare le gesta degli eroi del romanzo nell’immaginario collettivo cinese

e dell’Asia orientale e meridionale (il Sanguo yanyi è stato tradotto in epoca

pre-moderna in coreano, giapponese, vietnamita e thai).

Il romanzo si apre con una frase divenuta poi proveribiale: huàshuō tiānxià dàshì,

incipit

fēn jiǔ bì hé, hé jiǔ bì fēn 话 说 天 下 大 势 , 分 久 必 合 , 合 久 必 分 Si dice che

da sempre al mondo la storia si ripeta: ciò che a lungo fu diviso, si riunirà; ciò che a lungo è stato unito,

dovrà dividersi. In seguito vi è un resoconto romanzato degli eventi che portarono alla rivolta dei Turbanti

gialli del 184 d. C.

UTILIZZA IL CODICE QR PER LEGGERE

IL RESOCONTO DEGLI EVENTI

La prima scena del romanzo è il giuramento di fratellanza tra Liu Bei, Guan Yu e Zhāng Fēi 张 飞 (generale di

Shu, esperto di arti marziali e simbolo di prestanza fisica e militare). In tempi turbolenti, quando le istituzioni

politiche, sociali e familiari sono in subbuglio, la zhōng 忠 lealtà resta una virtù fondamentale e può essere

stabilita attraverso un patto di fratellanza.

I QUATTRO GRANDI ROMANZI E IL JINPING MEI

321


pur essendo il prescelto per la nobile missione di riportare la vera

parola del Buddha in Cina, non riuscirebbe ad andare avanti nel

viaggio senza l’aiuto dei suoi compagni di avventure.

I capitoli dal 13 al 100 costituiscono la terza parte del romanzo e

raccontano le avventure di Sanzang sulla strada per l’Occidente.

Durante il viaggio il pellegrino incontra altri tre fidi compagni che

lo aiutano a superare situazioni grottesche e pericolosi antagonisti.

Nel capitolo 15 Sanzang e Sun Wukong incontrano Bái Lóngmǎ

白 龙 马 , un dragone bianco. Questo essere soprannaturale non

conosce il pur famoso pellegrino Sanzang e, in preda alla fame, divora

il suo cavallo. La bodhisattva Guanyin interviene nuovamente

in soccorso del pellegrino: punisce Bai Longma per la sua avventatezza

e lo trasforma in un destriero bianco, che sarà la cavalcatura

di Sanzang per il resto del viaggio.

Nel capitolo 19 Sanzang, Sun Wukong e Bai Longma incontrano

Zhū Bājiè 猪 八 戒 , il cui nome, Maiale degli otto precetti, intende

fare ironia sulla quasi omofonia tra zhū 猪 maiale e Zhú 竺 , un cognome

spesso adottato dai monaci buddhisti di origine straniera. In

Sun Wukong e Sanzang incontrano Bai Longma

una vita precedente, Zhu Bajie era stato un ammiraglio delle truppe

navali celesti, poi condannato a rinascere sulla terra per aver importunato Chang’e, divinità della luna [V. 1 U. 2

p. 29]. Zhu Bajie è un maialino antropomorfo che ama molto il cibo e le belle donne: salverà spesso Sanzang da

situazioni di pericolo, ma ancora più spesso la sua golosità creerà problemi alla comitiva di viaggiatori.

Nel capitolo 22 alla compagnia si aggiunge Shā Wùjìng 沙 悟 净 Eremita Risvegliato alla purezza, anche

detto shā sēng 沙 僧 monaco sabbioso. Essere semi-divino nella sua vita precedente, dopo aver accidentalmente

rotto un calice di cristallo appartenente alla Regina madre d’occidente [V. 1 U. 2 p. 29] è condannato a

rinascere sulla terra come un demone di sabbia e costretto a nascondersi in un fiume. Sempre per intercessio-

Sun Wukong incontra Zhu Baijie

Sha Wujing nel fiume

I QUATTRO GRANDI ROMANZI E IL JINPING MEI

335


ne della bodhisattva Guanyin, in cambio di sollievo per la propria sofferenza, Sha Wujing diverrà compagno

di Sanzang nel viaggio in occidente. Sha Wujing è un personaggio generalmente composto e serioso, l’unico

dei pellegrini a comportarsi secondo logica.

le difficoltà lungo

il viaggio

Nel viaggio verso le terre d’occidente, saranno numerosi i nemici e le difficoltà che

i pellegrini incontreranno: ostacoli della natura (aspre montagne, animali feroci),

sovrani crudeli, sacerdoti millantatori di ricette miracolose, regine e ministri spietati

(figure che come vedremo di seguito fungono da caricature dei mali della società

Ming). La situazione è aggravata dal fatto che si è sparsa la voce che cibarsi della carne di Sanzang o assorbirne

il seme può portare alla longevità o addirittura all’immortalità. Durante il viaggio molti antagonisti cercheranno

di mangiarlo e le donne cercheranno di comprometterne la purezza e di approfittarsi di lui.

interpretazioni

tradizionali

Vi sono molte interpretazioni tradizionali del romanzo e la lettura in chiave buddhista

è forse la più semplice: il viaggio verso occidente sarebbe simbolo della ricerca

del controllo della mente, e le varie avversità lungo il percorso sono le distrazioni

mondane che impediscono il risveglio spirituale. Una visione più complessa individua

nello scimmiotto Sun Wukong la rappresentazione della mente: nei capitoli in cui, a causa della sua

irriverenza, crea scompiglio in paradiso, Sun Wukong rappresenta la mente illusa dagli oggetti del mondo

esterno. La conversione al buddhismo rappresenta il controllo della mente, ed il suo viaggio a fianco di Sanzang

il percorso verso l’illuminazione. L’interpretazione più diffusa in epoca Qing sottolinea invece l’influenza

del daoismo e fa riferimento alle dottrine dello Yin e dello Yang e dei Cinque elementi. In particolare, l’equilibrio

dei cinque elementi [V. 1 U. 4 pp. 48-50] sarebbe simboleggiato dalla mutua dipendenza dei cinque

protagonisti: Sun Wukong rappresenta il fuoco, Sha Wujing il metallo, Sanzang la terra, il maialino Zhu Bajie

il legno e il Drago-destriero bianco rappresenterebbe l’acqua.

sentimento anarchico

e antireligioso

Al di là delle interpretazioni simboliche, il grande successo del Xiyou ji si deve alla

trama ricchissima di avventure e colpi di scena, e al continuo e sempre originale

ricorso a riferimenti alla mitologia, alle religioni, alla filosofia e alla storia cinesi.

Il collante che tiene insieme tutti questi elementi è l’ironia, che si applica a tutti i

personaggi: dalle divinità agli imperatori mitici, dai funzionari e ministri di regni stranieri ai sacerdoti daoisti

e persino allo stesso Buddha, nella cui Terra pura, un ideale regno paradisiaco, serpeggiano malaffare e

corruzione. In generale, l’autore del romanzo dimostra un forte sentimento antireligioso, non tanto rivolto

all’aspetto dottrinale – di fatto, il romanzo può essere inteso come l’allegoria di un percorso spirituale –, quanto

alle cattive pratiche di monaci buddhisti e daoisti, che predicano la disciplina morale ma si comportano

in maniera corrotta e persino empia. L’ironia non salva neanche sovrani e burocrati, anzi coinvolge anche i

funzionari dei regni celesti, trasfigurazione dei letterati confuciani di epoca Ming. Tra gli esempi più crudeli vi

è il sovrano di Bhiksulandia, che presta fede alle ricette di longevità fornitegli da un daoista, e che richiedono

tra gli improbabili ingredienti il cuore ed il fegato di 1.111 bambini (si

tratta in questo caso di un’aspra critica al comportamento dell’imperatore

Jiajing, accusato di essere in balìa di un gruppo di praticanti daoisti).

caos in paradiso

La prima sezione del romanzo (capitoli 1-7) è

conosciuta con il titolo Dà nào tiān gōng 大

闹 天 宫 Grande caos in paradiso. Il Xiyou

ji apre con la descrizione delle fasi della creazione del mondo, che fonde

insieme elementi di diverse culture dell’Asia. Dopo la creazione del

cosmo ad opera di Pangu, i Tre augusti ed i Cinque imperatori portano

ordine nel creato [V. 1 U. 2]. A quel tempo, sulla vetta dello Huāguǒ

shān 花 果 山 la Montagna dei fiori e dei frutti, c’era un uovo di pietra

dalle dimensioni perfette che si schiuse con un soffio del vento, dando

vita ad una scimmia di pietra. La nascita dello scimmiotto fu accompagnata

da numerosi prodigi, ma inizialmente ignorata dall’Imperatore

di Giada che regna sui cieli. Lo scimmiotto trascorse molti anni vivendo

in armonia con la natura e con gli altri animali sulla Montagna dei fiori

e dei frutti, e grazie alle sue coraggiose imprese fu nominato re delle

scimmie. Un giorno però, durante un banchetto, il re delle scimmie fu

colto da grande tristezza.

大 闹 天 宫

336

I QUATTRO GRANDI ROMANZI E IL JINPING MEI


titolo, trama e

personaggi

I 100 capitoli che compongono il romanzo sono ambientati in epoca Song, durante

gli ultimi anni di regno dell’imperatore Huizong (r.1110-1126), e narrano le vicende

di Ximen Qing, un giovane e ricco commerciante della città di Qinghe, nello

Shandong. Il titolo del romanzo, praticamente intraducibile, cita tre caratteri presi

rispettivamente dai nomi di due concubine e una cameriera del protagonista: Pān Jīnlián 潘 金 莲 , Lǐ Píng’er

李 瓶 儿 e Páng Chūnméi 庞 春 梅 . Nella prima sezione del romanzo (capitoli 1-9), Ximen Qing, presentato

come un uomo viziato e dai costumi corrotti, intreccia una relazione con la bellissima Pan Jinlian, una giovane

donna sposata con Wǔ Dà 武 大 , un venditore di frittelle deforme e dall’aspetto ripugnante. Jinlian, che aveva

un’educazione raffinata ed era stata in precedenza concubina di un ricco notabile della città e poi costretta per

la gelosia della moglie al matrimonio con Wu Da, si mostra subito pronta ad accettare le avances di Ximen

Qing. I due amanti vengono scoperti da Wu Da. Per evitare uno scandalo, Ximen Qing percuote l’uomo fino

a ridurlo in fin di vita, ma sarà Jinlian in un secondo momento ad uccidere il marito avvelenandolo. Il fratello

di Wu Da scopre il delitto e tenta di vendicarsi, ma per errore uccide un innocente e viene mandato in esilio.

Ximen Qing prende quindi in casa sua Jinlian come quinta concubina, e la donna si ritrova a dividere le

attenzioni del nuovo marito con la moglie principale Wú Yuèniáng 吴 月 娘 , di salute cagionevole e devota

buddhista, e altre quattro concubine: Lǐ Jiāo‘er 李 娇 儿 , prima concubina ed ex cortigiana; Zhuó Diū’er 卓

丟 儿 , seconda concubina ed ex prostituta; Mèng Yùlóu 孟 玉 楼 , terza concubina, vedova al suo secondo

matrimonio; Sūn Xuě‘é 孙 雪 娥 , quarta concubina, vedova e incaricata della gestione delle cucine, a cui nel

corso del romanzo si aggiungerà come sesta concubina Li Ping’er, vedova di Hua Zixu, uno dei compagni di

baldoria di Ximen Qing.

Lǐ píng'er

李 瓶 儿

sesta concubina

vedova di Hua Zixu,

compagno di baldoria di Ximen Qing

Pān Jīnlián

潘 金 莲

quinta concubina

Wú Yuèniáng

吴 月 娘

moglie principale

cagionevole di salute

e devota buddhista

Xīmén Qìng

西 门 庆

Lǐ Jiāo‘er

李 娇 儿

prima concubina

ex cortigiana

Zhuó Diū’er

卓 丟 儿

seconda concubina

ex prostituta

Páng Chūnméi

庞 春 梅

cameriera personale di

Pan Jinlian

Sūn Xuě‘é

孙 雪 娥

quarta concubina

una vedova

Mèng Yùlóu

孟 玉 楼

terza concubina

una vedova

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I QUATTRO GRANDI ROMANZI E IL JINPING MEI

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