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TuttoBallo20 MARZO EnjoyArt 2022

Marzo pazzerello è arrivato, purtroppo questo anno con una brutta notizia. Ogni artista attraverso la propria arte, esprime solidarietà alle due popolazioni coinvolte in questa assurda guerra. Questo numero lo vogliamo dedicare alle due popolazioni, gli ucraini che stanno vivendo un attacco violento. e la maggioranza della popolazione russi che protestano contro questa assurda guerra. Ci auguriamo che, quando leggerete questa rivista, gli avvenimenti siano entrati definitivamente nella storia con un accordo di PACE definitivo Sfogliando questo numero 26 troverete notizie, interviste, viaggi, cucina, libri, bellezza e molto altro. La nostra leggerezza, speriamo, sia una sana evasione per ognuno di voi. In queeto numero ci siamo concentrati sulle good news che il mondo dell’arte quotidianamente regala, a partire dall’Accademia Ucraina di Balletto che danza oltre la guerra, le riflessioni suggerite dal nostro Sandra Mallamaci sull’etimologia della parola Arte, le presentazioni di artisti emergenti della danza, della musica e di tutte le arti visive. Marzo ci regala anche la notizia dell’arrivo dei due figli di Tiziano Ferro al quale vanno le nostre congratulazioni con il piccolo omaggio in controcopertina. Il 21 marzo torna la Primavera, la rinascita! Il periodo in cui tutta la natura si risveglia, tutto rifiorisce, tutto si riempie di colori nuovi e brillanti, tutto dall’interno della terra esce in superficie, dopo il freddo inverno iniziamo a sentire il tepore del clima che sta cambiando, divenendo più dolce, le giornate si allungano di luce, anche le persone rifioriscono, diventando tutti più positivi...

Marzo pazzerello è arrivato, purtroppo questo anno con una brutta notizia.
Ogni artista attraverso la propria arte, esprime solidarietà alle due popolazioni coinvolte in questa assurda guerra. Questo numero lo vogliamo dedicare alle due popolazioni, gli ucraini che stanno vivendo un attacco violento. e la maggioranza della popolazione russi che protestano contro questa assurda guerra.
Ci auguriamo che, quando leggerete questa rivista, gli avvenimenti siano entrati definitivamente nella storia con un accordo di PACE definitivo
Sfogliando questo numero 26 troverete notizie, interviste, viaggi, cucina, libri, bellezza e molto altro.
La nostra leggerezza, speriamo, sia una sana evasione per ognuno di voi.
In queeto numero ci siamo concentrati sulle good news che il mondo dell’arte quotidianamente regala, a partire dall’Accademia Ucraina di Balletto che danza oltre la guerra, le riflessioni suggerite dal nostro Sandra Mallamaci sull’etimologia della parola Arte, le presentazioni di artisti emergenti della danza, della musica e di tutte le arti visive. Marzo ci regala anche la notizia dell’arrivo dei due figli di Tiziano Ferro al quale vanno le nostre congratulazioni con il piccolo omaggio in controcopertina.
Il 21 marzo torna la Primavera, la rinascita! Il periodo in cui tutta la natura si risveglia, tutto rifiorisce, tutto si riempie di colori nuovi e brillanti, tutto dall’interno della terra esce in superficie, dopo il freddo inverno iniziamo a sentire il tepore del clima che sta cambiando, divenendo più dolce, le giornate si allungano di luce, anche le persone rifioriscono, diventando tutti più positivi...

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26<br />

€ 258,04<br />

Giulia Settimo<br />

Ph. Monica Irma Ricci


TuttoBallo - <strong>MARZO</strong> <strong>2022</strong> - n. 26<br />

Copertina: Giulia Settimo<br />

Ph. Monica Irma Ricci<br />

MakeUp- Mauri Menga<br />

Editore "Stefano Francia" <strong>EnjoyArt</strong><br />

Direttore - Fabrizio Silvestri<br />

Vice direttore - Eugenia Galimi<br />

Segretaria di redazione - Pina delle Site<br />

Redazione - Marina Fabriani Querzè<br />

COLLABORATORI: Maria Luisa Bossone, Antonio Desiderio, Francesco<br />

Fileccia, David Bilancia, Giovanni Fenu, Mauri Menga, Sandro Mallamaci,<br />

Walter Garibaldi, David Iori, Giovanni Battista Gangemi Guerrera, Lara<br />

Gatto, Lucia Martinelli, Patrizia Mior, Ivan Cribiú, Danilo Pentivolpe,<br />

Alessia Pentivolpe, Carlo De Palma, Rita Martinelli, Assia Karaguiozova,<br />

Federico Vassile, Elza De Paola, Giovanna Delle Site, Jupiter, Francesca<br />

Meucci, Alberto Ventimiglia.<br />

Fotografi: Luca Bartolo, Elena Ghini, Cosimo Mirco Magliocca<br />

Photographe Paris, Monica Irma Ricci, Luca Valletta, Raul Duran, Marina<br />

Irma Ricci, DsPhopto, Raul, Alessio Buccafusca, Alessandro Canestrelli,<br />

Alessandro Risuleo.<br />

Altre foto pubblicate sono state concesse da uffici stampa e/o scaricate<br />

dalle pagine social dei protagonisti.<br />

Le immagini e le fotografie qui presentate, nel rispetto del diritto d’autore,<br />

vengono riprodotte per finalità di critica e discussione ai sensi degli artt. 65<br />

comma 2 e 70 comma 1bis della Lg. 633/1941.<br />

É vietata la copia e la riproduzione dei contenuti e immagini in qualsiasi forma.<br />

É vietata la redistribuzione e la pubblicazione dei contenuti e immagini non autorizzata espressamente dal<br />

direttore. I collaboratori cedono all'editore i loro elaborati a titolo gratuito.<br />

Testata giornalistica non registrata di proprietà: ©ASS: Stefano Francia <strong>EnjoyArt</strong><br />

per contattare la redazione Tuttoballo20@gmail.com<br />

Contro Copertina<br />

Marzo pazzerello è arrivato, purtroppo questo anno con<br />

una brutta notizia.<br />

Ogni artista attraverso la propria arte, esprime solidarietà<br />

alle due popolazioni coinvolte in questa assurda guerra.<br />

Questo numero è dedicato agli ucraini che stanno vivendo<br />

un attacco violento e alla popolazione russa che protesta<br />

contro questa assurda guerra.<br />

Sfogliando questo numero 26 troverete notizie, interviste,<br />

viaggi, cucina, libri, bellezza e molto altro.<br />

La nostra leggerezza, speriamo, sia una sana evasione<br />

per ognuno di voi. Noi ci siamo concentrati sulle good<br />

news che il mondo dell’arte quotidianamente regala, a<br />

partire dall’Accademia Ucraina di Balletto che danza oltre<br />

la guerra, le riflessioni suggerite dal nostro Sandro<br />

Mallamaci sull’etimologia della parola Arte, le<br />

presentazioni di artisti emergenti della danza, della<br />

musica e di tutte le arti visive. Marzo ci regala anche la<br />

notizia dell’arrivo dei due figli di Tiziano Ferro al quale<br />

vanno le nostre congratulazioni con un piccolo omaggio in<br />

controcopertina.<br />

© F R E E P R E S S O N L I N E r i p r o d u z i o n e r i s e r v a t a - D I R E T T A D A F A B R I Z I O S I L V E S T R I - S E G R E T E R I A D I R E D A Z I O N E P I N A D E L L E S I T E - T U T T O B A L L O 2 0 @ G M A I L . C O M - e d i z i o n e " S t e f a n o F r a n c i a E n j o y A r t "


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Massimo Polo<br />

Direzione Artistica


Accademia Ucraina di Balletto:<br />

la danza oltre la guerra<br />

Ritornano gli spettacoli degli allievi dell’Accademia Ucraina di Balletto di<br />

Milano al TAM Teatro Arcimboldi Milano.<br />

In questo periodo di crisi internazionale, AUB è l’emblema della amicizia tra<br />

popoli veicolata dall’arte: la danza, nella nostra Accademia, diventa simbolo<br />

di pace, grazie alla presenza di insegnanti di diverse nazionalità: due sono<br />

gli insegnanti russi, due gli ucraini, ma anche 2 moldavi, una bielorussa e<br />

un italiano.<br />

“In quanto russa – dice l’insegnante Oskana Belyaeva – sono vicina con il<br />

cuore al popolo ucraino e stringo le mani a preghiera per fare sentire loro<br />

che noi ci siamo”. L’accademia Ucraina di Balletto di Milano, nata 17 anni<br />

per volontà di Caterina Calvino Prina, è sempre in contatto con la Direttrice<br />

dell’Accademia omonima di Kiev, Alvina Kalchenko, in questi momenti così<br />

drammatici.<br />

Per essere messaggeri di pace e del valore dell’arte che va al di là di ogni<br />

cosa, l’Accademia non si è fermata e continua a preparare gli allievi per il<br />

prossimo debutto. Anche quest’anno l’appuntamento sarà con due titoli del<br />

repertorio classico tra i più famosi ed amati: sabato 30 aprile alle ore 21.00<br />

e domenica 1° maggio alle ore 16.00 il sipario si alzerà sulle celebri note de<br />

La Bella Addormentata. Negli stessi giorni e precisamente sabato 30 aprile<br />

alle ore 16.00 e domenica 1° maggio alle ore 11.00, i giovani danzatori<br />

dell’Accademia proporranno invece un balletto molto conosciuto, ma poco<br />

rappresentato in Italia, Coppelia.<br />

La Bella Addormentata sarà presentata nella sua versione più famosa, nel<br />

rispetto della tradizione del repertorio classico. I tre atti, complessi per i<br />

virtuosismi dei solisti e per l’insieme a cui sarà chiamato il corpo di ballo,<br />

porteranno il pubblico nel mondo incantato di una favola con la quale siamo<br />

tutti cresciuti. Scenografie di alto livello, ricchi costumi e qualità tecnica<br />

saranno al centro di un grande lavoro di precisione, sia a livello esecutivo<br />

che a livello espressivo. Al fianco degli allievi dell’Accademia due nomi<br />

della danza classica che il pubblico milanese ha conosciuto, ammirato ed<br />

applaudito nelle sette repliche del Lago dei Cigni andate in scena lo scorso<br />

anno: Michal Krcmar, primo ballerino del Teatro dell’Opera di Helsinki e già<br />

protagonista di altri titoli proposti dall’Accademia (da Don Quixote a<br />

Schiaccianoci) e Violetta Keller, stella nascente dello stesso teatro tanto da<br />

ricoprire tutti i ruoli più complessi del repertorio classico nonostante la sua<br />

giovane età.


Arte<br />

movimento di un pensiero<br />

Sandro Mallamaci<br />

Scrivo questo articolo prendendo spunto proprio dalla parola articolo, immaginando che questa abbia a che fare in qualche<br />

maniera con qualcosa di molto più bello, come se scrivere un articolo fosse quasi creare un’opera d’arte, come una poesia o<br />

un romanzo. Forse un po' troppo presuntuoso?<br />

Mi ha incuriosito il fatto che la parola arte abbia in comune la radice ar- con altre parole come artificio, artiglieria, artigiano,<br />

artefatto, oltre che con artista. Deriva tutto da ars, che significava andare, muoversi, e quindi anche legato ad un’altra parola<br />

come arto con un’accezione nel senso di fare, creare, appunto con le mani, con gli arti.<br />

Parole che richiamano quindi l’uso delle mani, degli arti, oltre che della mente, non solo per creare ma paradossalmente<br />

anche per distruggere.<br />

L’importante è che comunque tutto venga fatto a regola d’arte, perché è necessario rispettare i canoni richiesti da chi ha<br />

commissionato quell’opera.<br />

La regola d’arte quindi va rispettata nella creazione, anche di cose che con la bellezza non hanno molto a che fare.<br />

Per le opere d’arte invece è necessario avere inclinazioni naturali verso il bello, ed eventualmente affinarle in luoghi<br />

appositamente deputati come ad esempio le accademie delle belle arti. Fino al rinascimento non vi era distinzione tra<br />

l’artigiano e l’artista. In realtà un artista è qualcuno dedito ad una qualsiasi arte creative, come la pittura o la musica, mentre<br />

l’artigiano è un creatore di cose fatte a mano. Come si vede quindi entrambi hanno a che fare con la creazione di qualcosa.<br />

La vera differenza sta nel fatto che il prodotto di un artigiano è qualcosa che deve avere una precisa funzione pratica, cosa<br />

che la creazione di un artista non deve avere necessariamente.<br />

Entrambi creano quindi qualcosa di artificiale, cioè ottenuto con arte, che non si può ritrovare in natura.<br />

È l’uomo al centro di questa creazione, quasi a volersi elevare al ruolo di un dio. Chi crea ha la capacità di vedere le cose<br />

prima che queste diventino realtà. E il fascino dell’artista, in qualsiasi forma, sta proprio nell’essere visto come qualcuno<br />

capace di suscitare negli altri sentimenti positivi, che fanno star bene, toccando particolari corde dell’animo umano, creando<br />

arte per puro amore dell'arte stessa, spesso per il solo piacere di creare.<br />

In realtà le opere d’arte hanno avuto da sempre la involontaria capacità di creare profondi cambiamenti nella società<br />

stimolando spesso riflessioni e dibattiti anche su argomenti molto importanti.<br />

In questo senso l’arte è un vero e proprio linguaggio universale, che tutti sono in grado di comprendere, attraverso il quale<br />

l’artista comunica. Il ballo è una delle arti più antiche che, insieme alla musica, riesce da sempre a suscitare ammirazione e a<br />

far vivere profonde emozioni. Potremmo chiederci se in quest’arte l’artista è il creatore della coreografia o chi la esegue. A<br />

ben vedere il primo è il vero creatore visionario che con la sua sensibilità riesce a immaginare, ma anche chi esegue un ballo<br />

può essere un artista, nel momento in cui interpreta riuscendo a trasmettere sensazioni ed emozioni, così come il poeta è il<br />

creatore dell’ode e l’attore è chi la recita.<br />

Basta non confondere la vera arte con altre forme di espressione che con l’arte non hanno molto a che fare.<br />

L’artista vero è qualcuno a cui la natura ha regalato particolari doti che non tutti posseggono, ma che molti sono capaci di<br />

cogliere, riconoscendo nella sua opera un preciso valore e una utilità al pari di qualsiasi altra creazione materiale. Cosa<br />

sarebbe il mondo senza artisti?<br />

Model, dancer: Stella di Plastica<br />

Ph. Monica Irma Ricci


I fatturati di cinema e teatri di Roma<br />

in caduta tra il 50 e il 74 per cento<br />

Un crollo dei fatturati del 74 per cento nelle sale cinematografiche e del 50 per cento in quelle teatrali rischia di<br />

causare entro giugno la chiusura del 50 per cento delle imprese del settore di cinema e teatri privati. È il quadro<br />

allarmante tracciato dalle associazioni di categoria nel corso di una seduta della commissione capitolina<br />

Cultura, presieduta da Erica Battaglia del Pd. “Abbiamo registrato un crollo dei fatturati del 74 per cento,<br />

mentre in Francia il settore ha recuperato il 70 cento dei fatturati del 2019 qui continuiamo a leccarci le<br />

ferite che non guariscono”, ha sottolineato Leandro Pesci di Agis Anec Lazio, che rappresenta le sale<br />

cinematografiche.<br />

È il quadro allarmante tracciato dalle associazioni di categoria<br />

nel corso di una seduta della commissione capitolina Cultura<br />

“Il mercato italiano rispetto ad altri europei è quello che sta soffrendo più di tutti, soprattutto a causa di<br />

un vuoto normativo sulla diffusione: i film anzichè nelle sale vanno sulle piattaforme televisive e online.<br />

In Francia i film prima di andare in tv devono attendere 15 anni. Chiediamo che il sindaco si faccia<br />

portavoce di questa richiesta presso il governo e il ministero della Cultura”, ha raccontato Manuele Ilari di<br />

Cna Unione esercenti cinematografici. Sul settore, secondo Pesci, sta pesando anche l’aspetto psicologico:<br />

“C’è una Percezione di pericolosità delle nostre sale che non è veritiera. Il nostro personale è tutto<br />

vaccinato, non c’è mai stata segnalazione di contagi nelle sale, controlliamo il green pass a tutti”, ha<br />

chiarito. “Nel nostro teatro abbiamo registrato 34mila presenze tra dicembre e gennaio, ho assunto 15<br />

persone per controllare i green pass”, ha testimoniato Piparo. Tuttavia persiste un problema di liquidità<br />

nelle casse di cinema e teatri. “Abbiamo bisogno di risorse immediate”, ha detto Pesci di Agis Anec Lazio.<br />

Per il consigliere di Fratelli d’Italia Andrea De Priamo la massima attenzione “va posta alle arene estive<br />

collegate al programma dell’Estate romana che rischiano di penalizzare ulteriormente il settore”. Secondo<br />

Valerio Casini, consigliere della lista Civica Calenda, “andrebbe investito parte del budget comunale sui<br />

ristori, non soltanto sull’ampliamento delle attività dell’Estate romana”. Per la consigliera del M5s, Virginia<br />

Raggi, invece “si tratta di far ripartire l’economia, superare l’aspetto psicologico della paura: tutta<br />

Europa sta riaprendo perchè c’è desiderio delle persone di riunirsi, forse i provvedimenti non<br />

rispondono più alle esigenze reali”. La presidente della commissione ha quindi proposto una mozione, da<br />

condividere con tutte le forze politiche, e che impegni il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, e la giunta a<br />

istituire un tavolo interassessorile per abbassare le tasse locali.


Uno spiraglio di ripresa potrebbe arrivare dopo il 10 marzo, quando sarà nuovamente possibile consumare cibi e<br />

bevande anche in sale teatrali, da concerto, al cinema cinematografiche, nei locali di intrattenimento e musica<br />

dal vivo, in altri locali assimilati e in tutti i luoghi in cui svolgono eventi e competizioni sportive. La<br />

comunicazione arriva dal sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, sottolineando che lo prevede<br />

l'emendamento al Decreto-legge appena approvato all'unanimità dalla Commissione Affari Sociali della Camera<br />

e su cui, in rappresentanza del Governo, ha espresso parere favorevole. Si tratta, ha detto, di una “risposta<br />

importante per alcuni dei settori tra i più colpiti, un nuovo segnale di ripartenza”.<br />

Da fine marzo, esattamente il 31, uno dei provvedimenti che potrebbero essere confermati, sempre in<br />

riferimento alla gestione della pandemia di coronavirus nel nostro Paese, è quello relativo alla fine dello<br />

stato di emergenza. Lo ha confermato, Sergio Abrignani, attuale membro del Comitato Tecnico<br />

Scientifico. “Non credo verrà prorogato lo stato di emergenza e, quindi, si scioglierà anche il Cts”, ha<br />

detto l’esperto. Perché ciò avvenga effettivamente, comunque, si dovranno attendere e valutare i dati<br />

sanitari. Se la curva epidemiologica derivante dalla variante Omicron dovesse appiattirsi fino a essere<br />

gestibile dal sistema ospedaliero, lo stato d’emergenza non avrebbe più necessità di essere confermato.<br />

Sempre Abrignani, fotografando un probabile scenario futuro, ha ipotizzato poi quello che potrebbe succedere<br />

da qui ai prossimi mesi. “Non credo che dovremmo più vivere la situazione emergenziale che abbiamo<br />

vissuto in passato, almeno se rimane la variante Omicron. E non penso che possa arrivare a breve una<br />

variante più diffusiva di Omicron, è difficile ed è improbabile immaginarsela” ha spiegato. fonte ANSA


“ u n ' a r t i s t a p o l i e d r i c a “<br />

Model, dancer: Stella di Plastica<br />

Ph. Monica Irma Ricci


Francesca in arte StelladiPlastica, è una performer,<br />

ballerina, attrice, artista di strada.<br />

Pugliese di origine, formatasi all’ IDA Ballet Academy di<br />

Steve LaChance. Nel 2010 vince il concorso internazionale<br />

di danza “Danzaeuropa” nella categoria solisti<br />

contemporaneo. Si esibisce a New York con l’Ajkun dopo<br />

aver ricevuto una borsa dì studio per studiare in compagnia<br />

dì Leonard Ajkun. È artista di strada nello spettacolo<br />

“Carillon” della compagnia “Italento”. Stella di Plastica è<br />

un'artista poliedrica e si è esibita in tutto il mondo.<br />

Ph. Monica Irma Ricci


"DILLO ALLA DANZA"<br />

Terza edizione del "Concorso MultiArte"<br />

Festeggia con noi la XL Giornata Internazionale della danza, il 29 aprile <strong>2022</strong> con il convegno e Concorso Multi<br />

Arte "DILLO ALLA DANZA"<br />

Curt Sachs diceva "La danza è la madre di tutte le arti" e su questa frase nasce il progetto "DILLO ALLA DANZA".<br />

Attraverso l'espressione delle arti consorelle raccontiamo la passione per la danza.<br />

"DILLO ALLA DANZA" giunta alla terza edizione, mette sul palcoscenico gli artisti o aspiranti tali suddivisi in 4<br />

sezioni. Con i loro elaborati raccontano la danza. La fotografia, la pittura, la scultura la musica e la danza stessa.<br />

Durante i festeggiamenti della Giornata Internazionale della Danza, le migliori composizioni musicali (inedite e cover)<br />

presentate nelle scorse edizioni sono entrate a far parte dei primi due volumi della Compilation<br />

“DILLOALLADANZA”, prodotta dalla Stefano Francia <strong>EnjoyArt</strong> e dall’etichetta discografica Pomodoro Studio Always<br />

e distribuita in tutti i digital store. Le copertina delle due edizioni precedenti sono state firmate da artisti di fama<br />

internazionale come Rosalinda Celentano. Il Concorso Multi Arte "DILLO ALLA DANZA" è promosso dal CID<br />

UNESCO-DANZA e vuole essere un progetto divulgativo della danza e di tutte le arti. Importante è diffondere il virus<br />

dell’arte nelle scuole tra gli allievi, gli amici, affinché tutti diventino positivi e sensibili alla storia dell'arte, diventando<br />

"artigiani” dell’arte innamorati della bellezza. “DILLO ALLA DANZA" scrivere un racconto, una poesia, scattare una<br />

foto, dipingere una tela, cantare o suonare una canzone per la dea Tersicore. 4 sezioni del concorso:<br />

Arti letterarie (poesia e racconto breve/narrativa)<br />

Arti visive (scultura, fotografia, disegno)<br />

Musica e Canto (opere originali)<br />

Coreutica<br />

Ciascuna sezione è divisa in due categorie: Partecipanti di età under 18 anni e over 18 anni.<br />

In questa edizione <strong>2022</strong> prestigiosi premi per i vincitori:<br />

Sezioni Letteratura e Arti visive, le opere finaliste saranno raccolte in un catalogo digitale distribuito sulla webkiosk<br />

di Yumpu, come allegato alla rivista TuttoBallo. Premio Speciale opera dell'artista Giovannino Montanari<br />

Sezione Musica e Canto, le migliori 10 composizioni entreranno a far parte del 3 volume di “DilloAllaDanza <strong>2022</strong>”,<br />

distribuito in tutti i digital store. Contratto per 1 anno con l’ etichetta indipendente. Direzione Artistica Ciro Vinci.<br />

Per il vincitore over 18 contratto per un anno con l'etichetta indipendente Tilt Music Production<br />

Sezione Coreutica. Borsa di studio di un mese presso Barcelona Ballet Project - Centro Internazionale Danza<br />

Contemporanea Catalunya diretta dal maestro Gino Labate. Borsa di Studio di una settimana presso International<br />

Creative Hub Roma. Direzione Artistica Maria Luisa Bossone.<br />

Il Concorso “DILLOALLADANZA” è rivolto ad artisti, alunni e persone comuni maggiorenni e minorenni che amano<br />

esprimere l'amore per la danza attraverso tutte le arti Letteratura, poesia, pittura, fotografia, musica e danza. La<br />

presentazione delle opere scade il 10/04/<strong>2022</strong> alle ore 12 iscrivendosi sul sito dancematick.it e inoltrando l’elaborato<br />

anche a: dilloalladanza@gmail.com<br />

Le premiazioni di "DILLO ALLA DANZA" si terranno il 29 Aprile <strong>2022</strong>, in occasione delle celebrazioni della "XL<br />

Giornata Mondiale della Danza”, in un teatro e località da stabilire rispettando le normative Covid-19. In base alla<br />

normativa Covid-19, la manifestazione in presenza potrebbe anche essere annullata qualche giorno prima…<br />

In ogni caso le iscrizioni non verranno restituite, in quanto il concorso procede in base con la procedura remoto,<br />

comunicando on line i vincitori.<br />

L’artista partecipa al concorso iscrivendosi sul sito www.dancematick.it inviando in allegato le proprie opere nel<br />

formato richiesto da regolamento.Inoltre, la documentazione dovrà essere inoltrata in copia a<br />

dilloalladanza@gmail.com


Seconda edizione di Biennale College Danza sotto la guida di Wayne McGregor, alla ricerca dei “visionari di domani”. Da<br />

oggi lunedì 21 febbraio sul sito web della Biennale di Venezia – www.labiennale.org – sono aperti fino a lunedì 21 marzo<br />

due nuovi bandi destinati a selezionare rispettivamente 16 danzatori/trici, tra i 18 e i 30 anni, e 2 coreografi/e, a partire dai 18<br />

anni, provenienti da tutto il mondo. Biennale College Danza si concluderà, dopo un percorso lungo tre mesi, presentando sul<br />

palcoscenico del 16 danzatori/trici, tra i 18 e i 30 anni, e 2 coreografi/e, a partire dai 18 anni, provenienti da tutto il mondo.<br />

Biennale College Danza si concluderà, dopo un percorso lungo tre mesi, presentando sul palcoscenico del Festival<br />

Internazionale di Danza Contemporanea (22 > 31 luglio): la nuova creazione realizzata in esclusiva da Saburo Teshigawara,<br />

Leone d’Oro alla carriera <strong>2022</strong>, per il gruppo di danzatori e coreografi e commissionata dalla Biennale di Venezia.<br />

l’allestimento di uno dei famosi Event di Merce Cunningham, mentori Daniel Squire, che ha riallestito molti dei suoi lavori, e<br />

Jeannie Steele, per sedici anni con la compagnia come danzatrice e assistente alle prove. due brevi composizioni originali<br />

ideate dai 2 coreografi in collaborazione con i 16 danzatori, mentore lo stesso direttore Wayne McGregor. Strutturato come<br />

un programma intensivo teorico-pratico della durata di tre mesi (9 maggio > 31 luglio), Biennale College Danza,<br />

nell’ideazione di Wayne McGregor, mira ad ampliare competenze, abilità, conoscenze e consapevolezza dei 18 giovani<br />

artisti che saranno selezionati fornendo loro quegli strumenti necessari ad affrontare a tutto campo la professione. Al fianco<br />

dei giovani artisti ci saranno maestri, coreografi, insegnanti e istruttori di primo piano, ma anche importanti professionisti del<br />

mercato in una visione globale e integrata del danzatore/coreografo oggi.<br />

Alla sessione propedeutica con Wayne McGregor sul Physical Thinking, oggetto privilegiato della sua ricerca, volta a creare<br />

materiale di danza e composizione, si aggiunge, vera novità di quest’anno, una sessione dedicata all’interazione tra danza e<br />

nuove tecnologie, fornendo a danzatori e coreografi la possibilità di saggiare le applicazioni generative dell’intelligenza<br />

artificiale attraverso l’utilizzo del Living Archive, lo strumento di composizione coreografica nato dalla collaborazione tra<br />

Google e McGregor. Partendo dai danzatori stessi e attingendo al repertorio di McGregor, il Living Archive sfrutta<br />

l’apprendimento automatico per generare nuovi movimenti nello stile del danzatore-trice moltiplicando le possibilità del<br />

processo coreografico.<br />

Il programma di Biennale College prevede, inoltre, lezioni quotidiane di tecnica di danza classica e contemporanea,<br />

workshop incentrati sul repertorio Cunningham, pratiche di improvvisazione, esplorazione della propria creatività, tutoraggi<br />

individuali, ma anche conferenze e seminari focalizzati sugli aspetti più pratici della realtà professionale. Un programma<br />

largamente condiviso da danzatori e coreografi con momenti specifici studiati per ognuno delle due categorie.<br />

Durante il Festival, infine, i 18 partecipanti al College potranno assistere a tutte le attività programmate: spettacoli, incontri,<br />

installazioni, conferenze.<br />

Il testo ufficiale dei bandi di Biennale College Danza <strong>2022</strong> completo di benefits e facilitazioni (viaggi, alloggi, trasporti,<br />

compensi) è consultabile all’indirizzo: www.labiennale.org/it/biennale-college.<br />

Da quest’anno Biennale College è parte del progetto di sviluppo e potenziamento delle attività della Biennale di Venezia, in<br />

funzione della realizzazione di un polo permanente di eccellenza nazionale e internazionale a Venezia. Come tale Biennale<br />

College rientra nel “Piano di investimenti strategici su siti del patrimonio culturale, edifici e aree naturali” del Piano nazionale<br />

per gli investimenti complementari al piano nazionale di ripresa e resilienza.<br />

fonte: https://www.labiennale.org/it


@ Andrew Kent


o<br />

Dal 2 Aprile a Milano è tempo di DAVID BOWIE, una<br />

retrospettiva fotografica carica di dettagli e ricostruzioni che<br />

raccontano la straordinaria avventura del Duca Bianco, dopo il<br />

suo ritorno in Europa a metà degli anni 70. DAVID BOWIE the<br />

PASSENGER. By Andrew Kent, acclamato fotografo che ha<br />

creato molte delle immagini più iconiche delle superstar del rock<br />

degli anni '70 è in cartellone del TAM Teatro Arcimboldi Milano,<br />

prodotta da Navigare Srl e Show Bees Srl, a cura di Vittoria<br />

Mainoldi e Maurizio Guidoni per ONO ARTE. L’allestimento<br />

scenografico in uno dei foyer del teatro racconta, attraverso le<br />

immagini e le memorie del fotografo americano Andrew Kent, un<br />

periodo ben preciso nella vita di David Bowie. Tra il 1975 e il<br />

1976, infatti, Bowie decide di lasciarsi alle spalle l’esperienza<br />

americana, culminata con il successo di un LP come Young Americans e le riprese del film L’uomo che cadde sulla terra, per tornare<br />

nella nativa Europa e rifondare la sua carriera. Qualche tempo prima di morire Bowie disse che, nonostante vivesse a NY da anni, si<br />

sentiva profondamente europeo. Deve aver provato lo stesso sentimento a metà degli anni Settanta quando tentava di sopravvivere<br />

a Los Angeles tra esoterismo, magia nera e cocaina. Quest’ultima lo stava facendo implodere proprio all’apice del successo<br />

americano e Bowie cercava conforto in Addio a Berlino, il romanzo di Christopher Isherwood ambientato durante la Repubblica di<br />

Weimar, nel suo lavoro e nella musica dei Kraftwerk. Sono questi fattori importanti che spingono Bowie ad immaginare il proprio<br />

ritorno in Europa. Berlino era la città prescelta, nonostante a Londra – la sua città natale - ci fossero i segnali di un’altra rivoluzione<br />

imminente: il Punk. L’ex-capitale del Terzo Reich non poteva non esercitare un fascino discreto su Bowie anche per via del muro che<br />

divideva due mondi: Est e Ovest, Capitalismo e Comunismo. Una frontiera costruita nel cuore della città a creare una frizione<br />

costante, nella quale artisti come lui trovavano ispirazione. Durante il tour promozionale del suo ultimo album, Station to Station,<br />

Bowie era diventato “The Thin White Duke” ovvero “Il Sottile Duca Bianco”: un elegante, sofisticato, pallido - ed eccessivamente<br />

scavato in viso - crooner con camicia bianca, panciotto e pantaloni neri.


NOTRE DAME DE PARIS - dal 3 al 20 <strong>MARZO</strong> <strong>2022</strong><br />

ro<br />

Un antistyle per eccellenza che nasceva dalla mente non convenzionale di un artista che aveva espanso i confini del pop,<br />

introducendo nuovi elementi come la performance, costumi di scena che avrebbero influenzato la moda, la letteratura, la<br />

politica e una teatralità prima sconosciuta in quel contesto. Le fotografie e le testimonianze di Andrew Kent che<br />

compongono questa mostra raccontano quel periodo concitato nel quale tutto stava di nuovo cambiando sia per Bowie che<br />

per il mondo attorno a lui. Non solo foto da palco, quindi, ma anche testimonianze di quel frenetico viaggiare, soprattutto in<br />

treno e nave (Bowie infatti detestava volare in quegli anni) per raggiungere quei luoghi dove la maggior parte delle persone<br />

comuni non poteva andare, come ad esempio il Blocco Sovietico. Bowie aveva già visitato Mosca nel 1973, ma durante una<br />

pausa del segmento europeo dell’Isolar Tour, il tour promozionale di Station to Station, annuncia al suo entourage che vuole<br />

raggiungere di nuovo la capitale russa. Sarà Andrew Kent à occuparsi dei visti per accedere all’Unione Sovietica. Di quel<br />

breve soggiorno rimangono le fotografie incluse nel percorso della mostra a restituirci un istante unico. Si tratta di snapshot<br />

e qualche foto in posa – davanti al Cremlino o al Mausoleo di Lenin – di un istante unico nel quale la fame di onniscienza<br />

che alimentava la mente di Bowie, lo stava preparando per Low, Heroes e Lodger: La Trilogia di Berlino. Nella ex-capitale<br />

del Terzo Reich Bowie, assieme ad Iggy Pop, avrebbe scritto e registrato alcuni dei sui album piiù importanti e influenti.<br />

Musica europea: decadente, morbosa, malinconica e rarefatta in alcuni casi. La Cortina di Ferro e il Muro di Berlino<br />

attrassero Bowie e lo stimolarono a produrre la sua ennesima rivoluzione, nel tentativo appunto di cambiare il mondo e il<br />

suo mondo. Due anni dopo, se ne sarebbe di nuovo andato, non senza aver prima dato tutto, come ricorda lo stesso Kent.<br />

Alla fine dei conti, come canta in Be my Wife (Low, 1976) “I’ve lived all over the world... I’ve left every place”. La mostra<br />

“DAVID BOWIE the PASSENGER. By Andrew Kent”, è un’anteprima italiana, e si compone di 60 scatti, diversi cimeli e<br />

documenti originali provenienti dall’archivio di Kent. Accanto al percorso fotografico verranno fedelmente e filologicamente<br />

ricostruiti gli ambienti protagonisti della avventura Europea di Bowie a metà degli anni ’70: dal vagone del treno che lo portò<br />

fino a Mosca, alla sua stanza di albergo a Parigi. E ancora abiti, microfoni, macchine fotografiche, dischi, modellini,<br />

manifesti, memorabilia varia e proiezioni completano la mostra accompagnando il visitatore in un viaggio spettacolare ed<br />

immersivo all’interno di una delle parentesi più affascinanti della carriera dell’icona della cultura popolare. Oltre altre<br />

all’aspetto emozionale, la mostra è anche occasione di approfondimento, sia per il grande pubblico che per i fan più<br />

appassionati: con un’analisi scientifica condotta attraverso le memorie di Andrew Kent, infatti, è stato possibile ricostruire<br />

fatti fino ad ora poco conosciuti e svelare dettagli inediti della carriera di Bowie.<br />

mostradavidbowie.it - WWW.TEATROARCIMBOLDI.IT - WWW.TICKETONE.IT


È tutta dedicata all’Italia la nuova stagione di SOLO<br />

the Legend of quick change, il grande one man show<br />

del più̀ grande trasformista al mondo Arturo Brachetti<br />

che ha scelto di festeggiare il ritorno nei teatri con un<br />

grande tour italiano. Un’occasione per incontrare il<br />

pubblico dopo lo stop imposto dalla pandemia.<br />

Dopo 450.000 spettatori in quattro stagioni in quasi 400<br />

repliche, innumerevoli sold out e standing ovation,<br />

SOLO riprenderà̀ dunque il suo percorso per la quinta<br />

stagione. Protagonista è il trasformismo, quell’arte che<br />

lo ha reso celebre in tutto il mondo e che qui la fa da<br />

padrone con oltre 60 nuovi personaggi, molti ideati<br />

appositamente per questo show, che appariranno<br />

davanti agli spettatori in un ritmo incalzante e<br />

coinvolgente. Ma in SOLO, Brachetti propone anche un<br />

viaggio nella sua storia artistica, attraverso le altre<br />

affascinanti discipline in cui eccelle: grandi classici<br />

come le ombre cinesi, il mimo e la chapeaugraphie, e<br />

sorprendenti novità̀ come la poetica sand painting e il<br />

magnetico raggio laser.<br />

l mix tra scenografia tradizionale e videomapping,<br />

permette di enfatizzare i particolari e coinvolgere gli<br />

spettatori.<br />

Brachetti in SOLO apre le porte della sua casa fatta<br />

di ricordi e di fantasie; una casa senza luogo e senza<br />

tempo, in cui il sopra diventa il sotto e le scale si<br />

scendono per salire. Dentro ciascuno di noi esiste una<br />

casa come questa, dove ognuna delle stanze racconta<br />

un aspetto diverso del nostro essere e gli oggetti della<br />

vita quotidiana prendono vita, conducendoci in mondi<br />

straordinari dove il solo limite è la fantasia. È una casa<br />

segreta, senza presente, passato e futuro, in cui<br />

conserviamo i sogni e i desideri... Brachetti schiuderà̀<br />

la porta di ogni camera, per scoprire la storia che è<br />

contenuta e che prenderà̀ vita sul palcoscenico.<br />

Reale e surreale, verità̀ e finzione, magia e realtà̀ : tutto<br />

è possibile insieme ad Arturo Brachetti, il grande<br />

maestro internazionale di quick change che ha creato<br />

un varietà̀ surrealista e funambolico, in cui immergersi<br />

lasciando a casa la razionalità̀ .<br />

Dai personaggi dei telefilm celebri a Magritte e alle<br />

grandi icone della musica pop, passando per le favole<br />

e la lotta con i raggi laser in stile Matrix, Brachetti batte<br />

il ritmo sul palco: 90 minuti di vero spettacolo pensato<br />

per tutti, a partire dalle famiglie. Lo spettacolo è un<br />

vero e proprio as-SOLO per uno degli artisti italiani più<br />

amati nel mondo, che torna in scena con entusiasmo<br />

per regalare al pubblico il suo lavoro più̀ completo:<br />

SOLO.


ARTURO BRACHETTI<br />

Famoso e acclamato in tutto il mondo, Brachetti è il<br />

grande maestro internazionale del quick-change, quel<br />

trasformismo che lui stesso ha riportato in auge,<br />

reinventandolo in chiave contemporanea. La sua<br />

carriera comincia a Parigi negli anni 80: da qui in poi la<br />

sua carriera è inarrestabile, in un crescendo continuo<br />

che lo ha affermato come uno dei pochi artisti italiani di<br />

livello internazionale, con una solida notorietà al di fuori<br />

del nostro paese. Si è esibito ai quattro angoli del<br />

pianeta, in diverse lingue e in centinaia di teatri. Il suo<br />

precedente one man show L’uomo dai mille volti è stato<br />

visto da oltre 2.000.000 di spettatori. I suoi numeri di<br />

quick- change sono così veloci da essere imbattuti nel<br />

Guinness dei primati.<br />

Regista, showteller, direttore artistico... Brachetti è un<br />

artista a 360° noto in tutto il mondo per la sua capacità<br />

di portare in scena gli elementi tipici del DNA italiano:<br />

qualità, amore per “il bello”, gusto e, soprattutto,<br />

fantasia.


Assia Karaguiozova<br />

G l i S G U A R D I i n c i s i v i d i B r u n o P e l l e g r i n o e n t r a n o i n s c e n a<br />

a l T e a t r o F r a n c o P a r e n t i d i M i l a n o , d i A n d r é e R u t h<br />

S h a m m a h V o l t i c h e a p p a i o n o e s c o m p a i o n o ( u n c e n t i n a i o ) ,<br />

c o m e s e f o s s e r o i m m a g i n a r i . D a l 1 0 a l 2 7 M a r z o 2 0 2 2 , a<br />

c u r a d i J e a n B l a n c h a e r t : " L a f a n t a s i a d e l l a p i t t u r a d i v e n t a<br />

t e a t r o d e l l ’ a n i m a " . A l l e s t i m e n t o d e l r e g i s t a F a b i o C h e r s t i c h


Dal 4 al 6 marzo, al Teatro Manzoni di Pistoia, va in scena in debutto<br />

nazionale “Zio Vanja” di Anton Čechov diretto da Roberto Valerio,<br />

con Giuseppe Cederna, Vanessa Gravina e Alberto Mancioppi,<br />

Mimosa Campironi, Elisabetta Piccolomini, Pietro Bontempo,<br />

Massimo Grigò. Lo spettacolo, prodotto da Associazione Teatrale<br />

Pistoiese sarà poi in programma in varie città del nord Italia, in<br />

questa stagione. Una messinscena che oscilla tra realismo e onirico,<br />

tra dramma e commedia, tra risate e pianti, tra malinconie cecoviane<br />

ed energia pura. Uno spettacolo dove le immagini, i suoni e la<br />

recitazione si compenetrano per rappresentare la tragicommedia<br />

della vita. A tre anni dal fortunato debutto di Tartufo, che è stato in<br />

seguito presentato con successo in numerosi teatri, il regista<br />

Roberto Valerio firma Zio Vanja, di Anton Čechov, in scena in prima<br />

nazionale venerdì 4 marzo, al Teatro Manzoni di Pistoia. Giuseppe<br />

Cederna e Vanessa Gravina, già protagonisti di Tartufo saranno<br />

rispettivamente Zio Vanja e Elena, con loro Alberto Mancioppi, il<br />

professore, Mimosa Campironi, Sonja, Elisabetta Piccolomini, Marjia,<br />

Pietro Bontempo, Astrov e Massimo Grigò, Telegin. Dramma russo<br />

che Čechov considerava però una commedia, quasi un vaudeville,<br />

che vide il debutto ufficiale il 26 ottobre 1899, al Teatro d'arte di<br />

Mosca, con la regia di Vladimir Ivanovič Nemirovič-Dančenko e<br />

Konstantin Sergeevič Stanislavskij, Zio Vanja è la rappresentazione<br />

delle grandi illusioni, di percorsi che iniziano per poi tornare al punto<br />

di partenza, della noia, che non è spazio per la creatività ma al<br />

contrario anticamera della depressione, maschera della paura che<br />

paralizza impedendo di realizzare i proprio progetti e che Roberto<br />

Valerio ha deciso di restituire però con una messa in scena a<br />

contrasto, energica, movimentata. Il regista commenta ironicamente<br />

dicendo: “La noia, di solito si racconta meglio tentando di non<br />

annoiare”.


Uno spazio vuoto. In primo piano una vecchia credenza ed un tavolo, elementi che rimandano alla quotidianità<br />

della vita in campagna. Sullo sfondo appaiono e scompaiono elementi onirici o iperrealistici: un’altalena che scende<br />

dal cielo, una botte di vino gigante per l’ubriacatura notturna, un pianoforte che ricorda l’infanzia, un albero di<br />

beckettiana memoria. È la scena che Valerio ha scelto per raccontare la vita che Vanja, sua nipote Sonja, l’anziana<br />

maman Marija, Telegin e il dottor Astrov, conducono in una casa rurale all’arrivo del proprietario, l’illustre professor<br />

Serebrjakov e dalla sua bellissima seconda moglie Elena. I personaggi che si muovono davanti al pubblico non<br />

sono eroi e eroine, sono persone comuni, immerse nel flusso della vita, con i quali è facile immedesimarsi, che chi<br />

guarda può sentire immediatamente vicino. Sono anime smarrite con passioni, slanci, delusioni, le stesse emozioni<br />

che accompagnano la vita di tanti. Ogni personaggio insegue i propri pensieri, le proprie aspirazioni, sogni,<br />

sofferenze senza davvero comunicarli agli altri, sordo a quelli dell’altro. Tutti desiderano il riscatto, tutti sono<br />

incapaci di agire per ottenerlo, vogliono amare e essere amati ma il desiderio non si tramuta mai in realizzazione.<br />

Nella commedia si bevono molta vodka e molto vino, per diciassette volte Čechov invita a bere i personaggi: si<br />

evade la realtà, si cerca l’illusione che apre varchi di finta soddisfazione “Quando non c’è vita vera, si vive di<br />

miraggi”, dice, ad un certo punto zio Vanja. Una messinscena che oscilla tra realismo e onirico, tra dramma e<br />

commedia, tra risate e pianti, tra malinconie cecoviane ed energia pura. Uno spettacolo dove le immagini, i suoni e<br />

la recitazione si compenetrano per rappresentare la tragicommedia della vita. Lo spettacolo è presentato ancora<br />

una volta da Associazione Teatrale Pistoiese che, negli anni, ha prodotto oltre a Tartufo molti spettacoli di<br />

successo firmati da Roberto Valerio, tra i quali Il Vantone, di Pasolini, L’Impresario delle Smirne, di Goldoni, Casa<br />

di Bambola, di Ibsen, ospitando anche Un marito ideale, di Wilde (del Teatro dell’Elfo), Il giuoco delle parti, di<br />

Pirandello (della Compagnia Orsini).


JACKASS<br />

FOREVER<br />

La spassosa cricca di autolesionisti di Jackass è tornata insieme ancora una volta per un ultimo film in cui la posta si alza e la<br />

sfida si fa più rischiosa. Jackass Forever aka Jackass 4 arriverà nei cinema italiani il 10 marzo diretto da Jeff Tremaine, che è<br />

anche produtture del sequel insieme a Johnny Knoxville e Spike Jonze.<br />

La trama ufficiale: celebrando la gioia di essere di nuovo insieme ai tuoi migliori amici la troupe originale di Jackass è tornata<br />

dopo dieci anni per un ultima follia. Johnny Knoxville torna per un altro giro di spettacoli comici esilaranti, selvaggiamente<br />

assurdi e spesso pericolosi con un piccolo aiuto da un nuovo eccitante cast. L’intero cast dei film precedenti ritorna per il quarto<br />

film, ad eccezione di Ryan Dunn, scomparso nel 2011, e Bam Margera che apparirà solo parzialmente poiché è stato licenziato<br />

dalla produzione nel febbraio 2021. “Lo volevamo per tutto il film, ma sfortunatamente non è andata così. È davvero straziante.<br />

Amo Bam. Tutti noi amiamo Bam. È nostro fratello, sai? Speri solo che si prenda la responsabilità di ottenere l’aiuto di cui ha<br />

bisogno, perché tutti noi ci preoccupiamo molto per lui” ha dichiarato Knoxville. Il film oltre a Johnny Knoxville riporta Steve-O,<br />

Chris Pontius, Dave England, Wee Man, Danger Ehren e Preston Lacy a cui si aggiungono i nuovi arrivati Jasper, Rachel<br />

Wolfson, Sean “Poopies” McInerney, Zach Holmes ed Eric Manaka.


‘LAMB’, IL NUOVO FILM HORROR-FANTASY DI<br />

VALDIMAR JÓHANNSSON<br />

Dal 31 marzo al cinema il nuovo film horror-fantasy di Valdimar Jóhannsson con Noomi Rapace e Hilmir Snær<br />

Guðnason. Premiato alla 74a edizione del Festival di Cannes per la sua originalità e divenuto un cult negli Stati<br />

Uniti. “LAMB” è ambientato in una fattoria in Islanda, ha come protagonisti María e Ingvar, una coppia senza figli<br />

che un giorno trova un misterioso neonato ibrido. La gioia iniziale lascerà ben presto spazio all’incubo. Ispirato ai<br />

racconti popolari e al folklore del suo paese, l’angosciante film di debutto del regista islandese (presentato in<br />

anteprima al festival Alice nella Città e alla 74ª edizione del Festival di Cannes, dove ha vinto il Premio per<br />

l'originalità assegnato dalla giuria di Un Certain Regard) affronta temi sociali concreti, come l’essere genitori,<br />

facendo convergere il mondo umano e animale in un susseguirsi di simbolismi, allegorie e metafore.<br />

Negli Stati Uniti, “LAMB” ha raccolto centinaia di recensioni, diventando un cult grazie al complicato equilibrio tra<br />

horror soprannaturale e angosciante racconto popolare, si preannuncia come uno dei film più attesi dell’anno, da<br />

guardare tutto d’un fiato e che accenderà numerosi dibattiti sulle scelte estreme e non convenzionali del regista.<br />

Guarda il trailer al seguente link: https://youtu.be/hnEwJKVWjFM


Vi ricordate del giovane trentenne Mike Lane nei film “Magic Mike” e “Magic Mike XXL”?<br />

Credo proprio di si… Channing Tatum, attore, ballerino e modello statunitense. Dopo l’uscita del primo “Magic Mike”, Tatum<br />

fu eletto l’uomo più sexy del mondo dalla rivista People e ora a distanza di sette anni dall’uscita dell’ultimo capitolo della<br />

saga, Michael Lane tornerà sul grande schermo. Ad anticipare che nel 2023 arriverà al cinema “ Magic Mike’s Last<br />

Dance” è stato proprio lui, Channing Tatum.<br />

Il film vedrà il ritorno alla regia di Steven Soderbergh, già autore del primo e produttore del secondo, mentre la<br />

sceneggiatura è stata ultimata recentemente da Reid Carolin.<br />

Tatum, per la gioia di molte donne torna a Spogliarsi. Ma gli anni passano per tutti, e Channing ha dichiarato che per tornare<br />

a togliersi gli abiti di Mike ha faticato moltissimo… In una recente intervista concessa al The Kelly Clarkson Show, l’attore ha<br />

raccontato il processo fisico che ha dovuto affrontare per tornare in forma per il ruolo e della possibilità di veder realizzato in<br />

futuro anche un quarto capitolo della saga. Tatum infatti ha dichiarato: "E' difficile da sostenere, anche se ti alleni<br />

costantemente, essere in quella particolare forma fisica non è normale. A volte devi morire di fame". Tatum ha poi<br />

parlato della scelta di tornare a interpretare il personaggio e di come inizialmente stava pensando a una versione del film<br />

con i personaggi ormai più anziani: "Prima di decidere di andare avanti con questa versione, l'unica alla quale avrei<br />

detto di sì era la versione Grumpy Old Men dove avremmo avuto 70 anni. E quando avremo 70 anni voglio riunire il<br />

team, di sicuro".<br />

Il chiacchierato terzo film nella fortunata saga cinematografica di cui Channing Tatum è anche produttore è in fase di<br />

realizzazione e a darne la conferma è stato proprio lui su Twitter, condividendo la prima pagina della sceneggiatura scritta<br />

da Carolin. Al momento Magic Mike's Last Dance non ha ancora una data d'uscita ufficiale ma è probabile l'arrivo<br />

entro il 2023.


CINESOFIA<br />

I GRANDI TEMI DELLA FILOSOFIA<br />

ATTRAVERSO IL CINEMA<br />

Desacralizzare l’aula per aprire la scuola al territorio, (ri)portare i giovani al grande schermo attraverso la filosofia;<br />

sperimentare processi di inclusione sociale attraverso il dibattito regolamentato: questi i tre concetti da cui è partito<br />

con grande successo il progetto Cinesofia. I grandi temi della filosofia nel cinema, un’iniziativa concepita da due<br />

scuole omonime, il liceo classico e l’Istituto comprensivo Ennio Quirino Visconti di Roma in collaborazione con il<br />

Farnese ArtHouse, storica sala cinematografica d’autore nel cuore della capitale. Con la curatela scientifica di Sergio<br />

Petrella e la direzione artistica di Fabio Amadei, l’iniziativa si propone di educare studentesse e studenti alla filosofia<br />

attraverso il linguaggio cinematografico (e viceversa) consentendo agli stessi studenti di esprimere il proprio giudizio<br />

critico in un gioco assoluto di squadra, diventando oratori e argomentatori. È questa la formula del “Debate”: una<br />

gara aperta in cui la competizione del pro e contro lascia il posto all’integrazione del pensiero. Obiettivo primario del<br />

progetto è infatti, il rispetto reciproco e l’interazione dialettica con il prossimo, senza lasciare indietro nessuno.<br />

Iniziata con successo lo scorso novembre, la sfida cine-filosofica – che conta una cinquantina di ragazze e ragazzi<br />

dai 13 ai 17 anni - continua nei mesi di marzo e aprile, sempre alle ore 14,30 al Farnese, con i film “La migliore<br />

offerta” di Giuseppe Tornatore (2012), in programma il 22 febbraio, “Agora” di Alejandro Amenàbar (2009) il 22<br />

marzo e “Her” di Spike Jonze (2013) il 26 aprile, opere rispettivamente associate ai nuclei tematici Libertà, Tempo,<br />

Amore. Il giorno successivo alla proiezione il cinema ospiterà invece, per gli studenti che hanno visto il film, dei<br />

seminari di approfondimento a cura di professori ed esperti, in forma dialogante con gli stessi giovani; ad<br />

argomentare con la scolaresca ci saranno, nell’ordine, Giuseppe Di Giacomo, Andrea Colamedici e Maura<br />

Gancitano, Alessandro Alfieri. Il critico cinematografico preposto alla spiegazione di argomenti tecnici ed estetici<br />

relativi al linguaggio filmico sarà invece Alessandro Aniballi. Al termine del seminario verrà lanciata una mozione<br />

relativa al film che sarà l’argomento sul quale dovranno confrontarsi successivamente le due squadre create per<br />

ogni scuola (medie e licei) nella competizione del “Debate”. Si avrà una settimana di tempo per prepararsi su ogni<br />

mozione da affrontare in questa sfida, tenendo presente sia i metodi retorici assorbiti nella preparazione (il<br />

regolamento è quello della Società Nazionale Debate Italia) sia le tecniche di presenza scenica edotte nelle<br />

esercitazioni in classe, tenute in precedenza, sulla consapevolezza espressiva di corpo, voce, movimento. E per<br />

prepararsi saranno efficaci e risolutivi gli stessi strumenti che la pandemia ci ha costretto ad utilizzare<br />

quotidianamente, i collegamenti in remoto dal computer: una simulazione virtuale che diventa in questo caso<br />

elemento di stimolo, gioco e allenamento mentale.<br />

Seminari e Debate (questi ultimi si terranno nell’Aula Magna del Liceo Visconti) verranno filmati e andranno poi a<br />

costituire un docufilm a disposizione del pubblico. Allo stesso modo verrà realizzata una pubblicazione editoriale<br />

nella quale verranno raccontate, da docenti e studenti, le varie tappe del progetto.<br />

“Il cinema – dichiara Petrella - attraverso la sua alta forza comunicativa, costituisce uno strumento educativo<br />

fondamentale per potenziare le conoscenze e le competenze sulle questioni sopra esposte. Abbiamo pensato di<br />

rendere maggiormente fruibile il percorso formativo di studio e interpretazione di certi argomenti con lezioni teoriche<br />

e pratiche all’interno di un luogo extrascolastico, e quindi decontestualizzato, per valorizzare le capacità dello<br />

studente di lavorare in cooperative learning, problem solving, peer to peer, utilizzando le tecniche del Dibattito<br />

regolamentato. Il tutto al fine di migliorarne le capacità espositive nel rispetto dell’interlocutore e di gestire al meglio<br />

le proprie attività con autonomia operativa ed organizzativa, proprio attraverso un gioco di squadra: la costruzione<br />

dell’identità personale è infatti sempre frutto di una relazione etica che si costruisce attraverso precise regole di<br />

confronto”.<br />

Il Farnese ArtHouse continua con soddisfazione il processo di integrazione della scuola con la cultura<br />

cinematografica – asserisce Amadei, gestore della sala – e Cinesofia rappresenta non solo l’opportunità di far vivere<br />

e pensare il cinema alle nuove generazioni in forma attiva, ma anche quella di creare un modus operandi atto a<br />

favorire l’inclusione e la solidarietà attraverso un percorso didattico di curricolo verticale e interdisciplinare.<br />

Gli incontri sono aperti alla stampa interessata, previa presentazione di Super green pass e mascherina FFP2.


Straniere Ovunque, a casa in tutto il Mondo<br />

La mia copertina ‘Marte’ per l’amica cara Clara Piacentini,<br />

che mi ha insegnato la Lingua Italiana a Sofia<br />

<br />

Assia Karaguiozova


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Eleonora Mora<br />

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Lettera al me di cinque anni fa<br />

Messaggio rivolto a chi si sta avvicinando al mondo della fotografia<br />

Davide Bilancia<br />

Nel metodo fotografico c'è una vita intera ed è bene mettere a frutto tutto il proprio vissuto, tutte le lezioni di vita imparate<br />

nel corso del tempo traendone ispirazione. Non vi è né un giusto né uno sbagliato poiché ogni elemento che ci caratterizza<br />

fa parte di noi e tutti questi elementi saranno i componenti del nostro stile personale che via via verrà rifinito e modellato,<br />

ed arricchito di ogni nuova esperienza. Man mano che si cresce, si acquisiscono elementi strutturali che ci guideranno ed<br />

accompagneranno nel nostro percorso di crescita fotografica.<br />

Studiare la tecnica e padroneggiarla, applicarla e sperimentarla è esattamente come imparare a parlare; si sente e si<br />

ripete più volte, poi si associa un significato alle parole ed infine ci si esprime come meglio crediamo utilizzando quel<br />

linguaggio affinché chi parla la nostra lingua (fotografica) possa capire e noi potremo interfacciarci meglio con le persone<br />

ed il mondo circostante. Ricordiamo che l'autoapprendimento fa parte di noi e se ci circondano di persone competenti<br />

apprenderemo prima e meglio questo linguaggio e sappi, sappiate, che non c'è mai fine all'apprendimento.<br />

Studia, applicati, e comunica utilizzando la tua esperienza di vita, attraverso la fotografia.<br />

1ª regola: tutto fa brodo:<br />

Ricordo un discorso di Galimberti (il fotografo) in cui raccontava di come il suo lavoro in cantiere con suo padre l'abbia<br />

messo in rotta verso la sua personale visione.<br />

Pertanto un vissuto emotivo, una circostanza vissuta ed assorbita attraverso i sensi ed interiorizzata, parte di una vicenda<br />

che ti ha interessato, raccontare chi sei, esprimere un disagio e narrare una storia di qualsivoglia natura sono elementi<br />

fondamentali per una buona fotografia, autentica, originale e peculiare.<br />

Se ti stai avvicinando alla fotografia non è un caso, significa che hai qualcosa dentro che ha bisogno di parlare, ha bisogno<br />

di attenzione di essere messo in luce.<br />

Personalmente fotografo per far parlare la mia anima che è stracolma di vissuti costruttivi, come la schizofrenia e quando<br />

fotografo mi sento connesso all'universo, rappresentando l'immateriale che mi abita, cogliendo stati emotivi caratteristici e<br />

non fondanti della mia persona.<br />

Fotografo, attraverso il ritrattismo, attimi di passaggio con emozioni uniche, personali, intense e rigogliose.<br />

Non si può parlare, secondo me, di ricerca dello stile poiché lo stile è già dentro di te e vivendo, partecipando a mostre,<br />

parlando con altri Fotografi, sfogliando un libro, un catalogo, parlando con persone affini alla tua anima, il tuo sé coglierà<br />

gli elementi di rimando opportunamente scelti per metterti in condizione di parlare fotograficamente, sfoggiando la tua<br />

capacità comunicativa che diventerà o ritroverai come tuo stile personale, unico ed irripetibile.


“INFERNO – OPERA ROCK”<br />

Lo spettacolo quadridimensionale<br />

ispirato alla celebre cantica della Divina Commedia<br />

Lo spettacolo quadridimensionale “INFERNO – OPERA ROCK”<br />

con brani tratti da “INFERNO”, l’opera rock electro sinfonica di<br />

Francesco Maria Gallo ispirata alla celebre cantica della Divina<br />

Commedia disponibile in formato cd, vinile e in digitale.<br />

“INFERNO – OPERA ROCK” unisce musica, teatro, danza<br />

contemporanea e arti visive: quattro differenti linguaggi attraverso i<br />

quali Francesco Maria Gallo (voce), accompagnato da Ricky<br />

Portera (chitarra in “Caronte” e “Ulisse”) Simona Rae (voce),<br />

Pietro Posani (chitarra), Stefano Peretto (batteria), Daniele Nieri<br />

(basso), Renato Droghetti (piano) e Laura Simpolo (voce<br />

narrante), riproporrà dal vivo la sua personale visione del girone<br />

dell’Inferno dantesco contenuta nell’album “Inferno”.<br />

I visual e le luci sono a cura di Federica Lecce, il sound design<br />

dello show di Rodolfo Rod Mannara.<br />

È online il cortometraggio “CARONTE” (visibile al seguente link<br />

https://youtu.be/p48KG6svePc) candidato all’International Short<br />

Film Festival di Berlino nella sezione film musicali, al Sedicicorto<br />

Forlì International Film Festival e al Belo Horizionte International<br />

Short Film Festival nella sezione shorhfilm international competition.<br />

«Sono molto felice che il mio ultimo lavoro discografico diventi uno<br />

spettacolo – dichiara Francesco Maria Gallo – Il pubblico in sala<br />

sarà accompagnato in un incredibile viaggio all'Inferno attraverso<br />

un'interazione senza soluzione di continuità con le suggestioni di<br />

visual video, voce narrante e un live dei brani contenuti nell’album.<br />

Sarà una vera e propria quaterna di espressioni artistiche differenti<br />

tra di loro, quattro coordinate che renderanno quadridimensionale<br />

questo incredibile viaggio, come fosse un’ipersfera che ci<br />

trasporterà tra un girone e l’altro nella nostra discesa all’Inferno».<br />

Con “INFERNO”, prodotto da Renato Droghetti, il cantautore<br />

Francesco Maria Gallo sovrascrive la propria libera interpretazione<br />

dei canti e dei personaggi scelti, che qui raccontano la loro propria<br />

verità. Il tutto rielaborato in chiave rock, con l’apporto di grandi artisti<br />

quali Ricky Portera, Pier Mingotti, Stefano “Perez” Peretto, Pietro<br />

Posani, Simona Rae e Enrico Evangelisti. Questa la tracklist di<br />

“INFERNO”: “Selva Oscura”, “Caronte”, “Francesca” (interpretata da<br />

Simona Rae), “Bacio Sospeso”, “Medusa”, “Il Silenzio di Pier”, “Il<br />

Gigante”, “Ugolino”, “L’imperatore del dolore” feat. Simona Rea,<br />

“Inferno” feat Enrico Evangelisti e la ghost track “Desolazione”.


D o p o e s s e r s i s m a r r i t o c o m e i l s o m m o p o e t a n e l l a<br />

S e l v a O s c u r a , p u r m a n t e n e n d o l o s g u a r d o r i v o l t o a l<br />

1 2 0 0 , c o n i l b r a n o “ C a r o n t e ” , a t t u a l e s i n g o l o i n<br />

r a d i o , F r a n c e s c o M a r i a G a l l o t r a g h e t t a i l p u b b l i c o<br />

a n c h e n e l l ’ i n f e r n o d e l l a n o s t r a c o n t e m p o r a n e i t à . U n<br />

r i c h i a m o e s p l i c i t o a l p r e s e n t e è c e l a t o n e l l a g h o s t<br />

t r a c k “ D e s o l a z i o n e ” , q u e l P a d r e N o s t r o c h e<br />

r a p p r e s e n t a u n ’ a n t i t e s i d e l l a p r e g h i e r a , u n u r l o<br />

a s p r o e d i s i l l u s o , m a a n c h e l a s p e r a n z a d i p o t e r<br />

r i s v e g l i a r e l ’ a n i m o u m a n o c o r r o t t o d a l t o r p o r e<br />

d e l l ’ e g o i s m o .<br />

È a n c h e d i s p o n i b i l e n e l l e l i b r e r i e e n e g l i s t o r e<br />

d i g i t a l i “ R O C K & R O L L A L L ’ I N F E R N O ” ( G E C<br />

E d i z i o n i ) , l i b r e t t o d i 9 0 p a g i n e c o n i l l u s t r a z i o n i e<br />

c o p e r t i n a a c o l o r i , i n c u i F r a n c e s c o M a r i a G a l l o<br />

o f f r e u n a g u i d a r a g i o n a t a a l l ’ a s c o l t o d e l s u o<br />

“ I N F E R N O ” .<br />

L ' o p e r a R o c k h a a v u t o i l p a t r o c i n i o e i l<br />

r i c o n o s c i m e n t o c o m e o p e r a c u l t u r a l e d i q u a l i t à d a<br />

p a r t e d e l l a f o n d a z i o n e S y m b o l a , c h e p r o m u o v e e<br />

a g g r e g a l e Q u a l i t à I t a l i a n e ( w w w . s y m b o l a . n e t ) .<br />

FRANCESCO MARIA GALLO, cantautore, autore televisivo, storyteller, comunicatore, laureato in<br />

Musicologia e Comunicazione di massa al DAMS di Bologna. Ha scritto diversi format televisivi per<br />

Rai1 e Rai2 tra i quali Suicidi Letterari: Morire di penna nel ‘900 (RAI2), Il Premio per il Lavoro<br />

(due edizioni per RAI2 e una edizione per RAI1), The voice of ethics (TED televisivo sull’etica<br />

dell’innovazione trasmesso in diretta su piattaforma Sky). Ha collaborato con Silvia Ronchey e<br />

Beppe Scaraffia come consulente autorale al Festival della poesia di Sanremo (RAI2). È stato<br />

fondatore, frontman e autore dei Calabrolesi Rock Band e successivamente di Legality Band<br />

Project, entrambe rock band che promuovono etica e legalità. Autore e interprete di diverse<br />

canzoni a sfondo sociale, tra le quali “Ventu” - testo che racconta vicende di ‘Ndrangheta in<br />

Calabria -, nel 2010 ha ricevuto il Leone d’oro di Class CNBC per la comunicazione sociale.


o


o<br />

Cara Sabrina grazie di aver accettato il nostro invito. Parliamo un po di te e<br />

di come nasce il tuo grande amore per la danza...<br />

Innanzitutto grazie a voi per l’interesse alla mia persona ed al mio operato<br />

artistico. Come per tutte le bimbe, i genitori cercano un’attività motoria o sportiva<br />

da unire al percorso scolastico; io non trovavo entusiasmo per nulla, finché non<br />

sono andata a vedere il saggio di danza della mia amichetta, dove da li è<br />

scattato qualcosa ... forse l’ambiente, forse le luci, forse l’atmosfera o forse una<br />

sensazione ... li ho capito che quello era ciò che volevo per me! Da quel<br />

momento ho iniziato, ignara di tutto, a crescere piano piano con questa “seconda<br />

vita”, e l’ho resa mia, tra soddisfazioni, delusioni, felicità e tristezza. Piano piano<br />

mi sono innamorata di quest’arte dedicandole tutta me stessa.<br />

Sei una delle tante ballerine italiane che hanno svolto principalmente la<br />

loro carriera all'estero. Raccontaci i tuoi esordi.....<br />

Finita l’accademia di danza arriva per tutti il momento per cui si cerca e si vuole<br />

realizzare e concretizzare il proprio sogno: entrare a far parte della compagnia di<br />

un teatro. Ho avuto la grande fortuna di lavorare a Torino, mia città natale, con il<br />

grande Paolo Bortoluzzi che in qualità di direttore della Deutsche Oper am Rhein<br />

(Düsseldorf, Germania), mi ha offerto un contratto; senza troppo pensare ho<br />

accettato e sono partita. Si è all’estero, si lavora, si conoscono persone, direttori<br />

e coreografi, e ci si ritrova a cambiare città, compagnia di danza, teatro e<br />

nazione, senza rendersene conto, ma sempre mossi dal desiderio di danzare,<br />

vivere il palcoscenico, e crescere come artisti.<br />

E anche dopo il tuo lavoro è continuato all'estero. Sei stata infatti Maitre du<br />

Ballet al Teatro Dell'Opera di Vienna per tanti anni...Cosa ricordi di<br />

quell'esperienza?<br />

Infatti. Vienna, sicuramente un bel traguardo... entri in teatro e sei affascinato da<br />

tutta la sua imponenza, la sua tradizione, la sua ricchezza e il suo stile unico.<br />

Un’esperienza bellissima, danzare su quel palco è semplicemente mozzafiato, il<br />

lavoro è duro, la concorrenza è altissima ma si è orgogliosi di far parte di tutto<br />

ciò. A Vienna ho avuto anche la grande chance di iniziare il mio passaggio a<br />

maître de Ballet (per le lezioni femminili, le prove dei primi ballerini e assistente<br />

alla coreografia), cosa che mi ha fatto crescere ulteriormente, mi ha dato qualità,<br />

esperienza, garanzia ed “etichetta” per il mio futuro.<br />

Poi il ritorno in Italia accanto alla grande Carla Fracci e suo marito Beppe<br />

Menegatti...<br />

Eh si... sono tornata in Italia proprio grazie alla chiamata di Carla all’opera di<br />

Roma; è nata un’esperienza artistica indimenticabile, un connubio di danza, arte<br />

e sentimento che tutt’ora racchiudo nel cuore. Carla e Beppe mi hanno sempre<br />

tenuta per “mano”, cresciuta, portata avanti, ma soprattutto mi hanno sempre<br />

stimata.


Sempre sulla grande Carla Fracci, sarai<br />

assistente alla direzione del Gala Carla<br />

ro<br />

Fracci che si svolgerà a Milano il 04<br />

Marzo. Sei emozionata per questo<br />

impegno?<br />

Certo, forse emozionata non è il termine<br />

giusto... posso solo dire che preparare<br />

questo spettacolo con il maestro<br />

Menegatti, al suo fianco e a volte mano<br />

nella mano, mi scalda il cuore, perché<br />

entrambi sappiamo quale ferita e quale<br />

vuoto tutt’ora proviamo per aver dovuto<br />

salutare la grande Carla...<br />

Ora oltre la tua attività di maitre, firmi da<br />

alcuni anni anche importanti<br />

coreografie...<br />

È vero, credo semplicemente che il mio<br />

essere ballerina si sviluppi e si trasformi<br />

con le tappe della mia età. È molto bello<br />

continuare a condividere il palcoscenico<br />

attraverso nuove emozioni, lavoro, stili ed<br />

arte, insieme a giovani danzatori ed etoile.<br />

Sei stata appena reduce del grande<br />

successo al Teatro di Stara Zagora, in<br />

Bulgaria, con la tua nuova creazione de<br />

"Le Quattro Stagioni/Omaggio a Franck<br />

Sinatra". Da cosa hai tratto ispirazione<br />

per queste due creazioni?<br />

L’ispirazione è nata chiaramente dalla<br />

musica e dal mio modo di interpretarla e<br />

sentirla tramite la danza. La mia volontà è<br />

quella di voler offrire al pubblico leggerezza<br />

d’animo e qualità ballettistica, ma anche<br />

soprattutto mettere in luce la versatilità<br />

della compagnia del teatro dell’opera di<br />

Stara Zagora.<br />

E continuerai poi in Maggio ancora,<br />

sempre in Bulgaria, per un altro grande<br />

progetto. Vuoi parlarcene?<br />

La Bulgaria sembra diventata un punto di<br />

riferimento del mio lavoro, ci sono<br />

compagnie con buon potenziale e tanta<br />

voglia di fare, quindi, ben venga. Sarà un<br />

balletto diverso nella musicalità e nello stile<br />

da quello proposto all’opera di Stara<br />

Zagora, ma lasciamo un po’ di suspance...<br />

non nascondo che l’emozione del<br />

famosissimo palco di Varna, calcato dalle<br />

più grandi stelle di tutti i tempi, sarà<br />

mozzafiato.<br />

Progetti futuri?<br />

I progetti futuri e le firme a breve su nuovi<br />

contratti non mancano, ma il motto è di fare<br />

un passo alla volta e cercare di portare a<br />

termine, nel miglior modo possibile, il<br />

presente.<br />

Cos'e per lei la Danza?<br />

La danza sono io, il mio tutto e il mio cuore<br />

“parlante”.<br />

ph @diego dattilo


"DA DISNEY A DUBAI:<br />

VI RACCONTO LA MIA FIABA"<br />

Ph. Monica Irma Ricci


Raccontaci qualcosa di te e di come hai iniziato a<br />

ballare.<br />

Sono nato a Roma nel ‘97 e la mia passione per la<br />

danza è nata praticamente subito, fin dalla tenera<br />

età. Ricordo che mia mamma metteva in televisione<br />

il programma di ballo di Natalia Estrada e rimanevo<br />

catturato dalle danze e dai ballerini, cercando di<br />

copiarli io stesso. Mi racconta anche che a due anni<br />

alle feste mi mettevo al centro della pista e ballavo<br />

come se nessuno stesse guardando.<br />

Ma è stato solo all’età di nove anni che mi sono<br />

avvicinato per la prima volta ad una sala di danza.<br />

Iniziai con la danza moderna, per poi approdare due<br />

anni dopo al classico.<br />

A 12 anni sono stato ammesso alla Scuola del Teatro<br />

dell’Opera di Roma e la mia permanenza all’interno<br />

dell’istituzione è durata circa 4 anni, di seguito ho<br />

terminato alla Scuola del Balletto di Roma.<br />

Una volta terminati gli studi fortunatamente ho<br />

trovato subito lavoro, prima come ballerino per<br />

Disneyland Paris, di seguito nella compagnia Astra<br />

Roma Ballet di Diana Ferrara e ultimamente sempre<br />

come ballerino all’Expo di Dubai.<br />

Quali sono gli ostacoli affrontati e le<br />

soddisfazioni?<br />

Sicuramente il periodo più duro è stato quello della<br />

scuola, durante la fascia d’età che va dai 12 ai 16<br />

anni. All’interno della scuola di danza dell’Opera non<br />

ero considerato uno dei migliori elementi tra gli<br />

allievi maschi per via della mia struttura corporea<br />

che non rispecchiava a pieno i canoni che la danza<br />

classica richiede, ma nonostante tutto, ho sempre<br />

lottato con le unghie e con i denti pur di migliorare e<br />

far cambiare idea agli insegnanti. È stato un periodo<br />

della mia vita molto duro a livello di stress<br />

psicologico. Tuttavia durante il primo anno ebbi<br />

comunque l’occasione di partecipare a “Lo<br />

Schiaccianoci” al Teatro Nazionale, ed è<br />

un’esperienza di cui sarò sempre grato e che porterò<br />

sempre nel cuore.<br />

Le soddisfazioni sono arrivate tutte<br />

successivamente, inizialmente vincendo un primo<br />

premio ad un concorso coreografico al Teatro<br />

Tendastrisce di Roma e una borsa di studio al<br />

Festival Renato Fiumicelli a Gubbio, in seguito con i<br />

primi lavori da ballerino professionista. Il ricordo più<br />

lieto e soddisfacente è stato aver ottenuto il ruolo di<br />

Papageno nel balletto de “Il Flauto Magico” dove<br />

Ph. Monica Irma Ricci


finalmente mi esibivo in tour come solista,<br />

nonostante avessi solo 19 anni. Da lì è sempre stato<br />

un crescendo, con alti e bassi, ma sono stati anni in<br />

cui sono riuscito piano piano ad autoaffermarmi.<br />

Oltre la danza ci sono altre attività che ti<br />

appassionano? Che progetti hai per il futuro?<br />

Ho sempre amato l’arte e la pittura, ma non l’ho mai<br />

presa davvero in considerazione perché ho messo<br />

sempre in primo piano la danza. Grazie alla<br />

pandemia, che ci ha costretti a fermarci, ho deciso<br />

finalmente di approfondire questa mia altra passione<br />

e così mi sono iscritto all’indirizzo di Scenografia<br />

dell’Accademia di Belle Arti di Roma. Adesso sono al<br />

secondo anno e mi sta appassionando moltissimo,<br />

soprattutto la parte relativa alla progettazione dei<br />

costumi.<br />

Per quanto riguarda il futuro non voglio fare progetti;<br />

ci sarebbero tantissime cose che mi piacerebbe fare<br />

tra cui il ballerino sulle navi da crociera, il<br />

costumista, il coreografo, il dance captain, il concept<br />

artist, lavorare nel backstage cinematografico... ma<br />

non voglio fossilizzarmi su queste idee, ho imparato<br />

nel mio breve tratto di vita che le cose belle arrivano<br />

per caso e sono quelle che non ti saresti mai<br />

immaginato e che sono persino migliori di quelle che<br />

avresti desiderato. Quindi mi affido al destino, senza<br />

mai smettere di impegnarmi per quello che amo fare.<br />

Ph. Monica Irma Ricci<br />

Ph. Monica Irma Ricci<br />

Ph. Monica Irma Ricci<br />

Ph. Monica Irma Ricci


Senza la<br />

danza<br />

non sarei<br />

nulla!<br />

Ph. Monica Irma Ricci


Ph. Monica Irma Ricci<br />

ro<br />

Ph. Monica Irma Ricci<br />

Vittoria Tagliapietra è nata vent’anni fa<br />

a Venezia. Sin da piccolina ha sempre<br />

fatto danza, prima spinta un pò dai<br />

genitori. Dopo una breve interruzione a<br />

9 anni ha ripreso lo studio della danza<br />

per curiosità, interesse che l’ha portata<br />

ad essere una ballerina professionista.<br />

Vittoria ha sempre studiato nella sua<br />

città natale fino a quando, nel 2017, il<br />

coreografo Damiano Bisozzi le ha<br />

assegnato una borsa di studio per il<br />

corso di perfezionamento professionale<br />

al Molinari Art Center, con la direzione<br />

artistica del Maestro Giacomo Molinari.<br />

Terminati gli studi, si è trasferita a<br />

Roma per frequentare il corso di<br />

perfezionamento conclusosi a dicembre<br />

del 2021, un corso che le ha permesso<br />

di entrare a pieni voti al corso di<br />

avviamento professionale.<br />

Durante il corso viene notata dal<br />

direttore Giacomo Molinari che la<br />

scrittura come ballerina dell’ensemble<br />

della Compagnia Nazionale del Balletto.<br />

Il ruolo assegnatole le permette di<br />

ballare in vari balletti:<br />

Anime allo specchio di Donatella<br />

Pandiglio e Rita Calmarano<br />

Next to you di Manuel Bartolotto<br />

The Black Sun di Cristina Pitrelli<br />

Chiude l’anno entrando nel Corpo di<br />

ballo al Christmas World a Roma.<br />

Vittoria ripete a tutti: “La danza da<br />

sempre fa parte della mia vita e ho<br />

sempre sognato potesse diventare un<br />

giorno il mio lavoro”.<br />

La voglia di diventare una ballerina<br />

completa e versatile la spinge a<br />

studiare tutti i giorni più stili nella<br />

speranza che presto il sogno diventi<br />

realtà.<br />

“Senza la danza non sarei nulla –<br />

continua Vittoria - è l’unica cosa che mi<br />

permette di essere me stessa e di<br />

sfogare qualsiasi cosa accada. Con la<br />

danza è come se avessi una relazione,<br />

la amo e la odio. Ma senza di lei so che<br />

non sarei mai felice al cento per cento”.<br />

Ph. Monica Irma Ricci<br />

Ph. Monica Irma Ricci<br />

Model and dancer: Vittoria Tagliapietra, Kamil Pawel<br />

Jasinski and Mirko Luigi Giannini<br />

Ph. Monica Irma Ricci<br />

Studio: Hangar63 @LineaB.net<br />

www.instagram.com/_vittoriatagliapietra_/<br />

www.istagram.com/i.r.m.a19/<br />

www.istagram.com/maurimenga<br />

www.monicairmaricci.it


Model and dancer: Vittoria Tagliapietra, Kamil Pawel<br />

Jasinski and Mirko Luigi Giannini<br />

Ph. Monica Irma Ricci<br />

www.instagram.com/_vittoriatagliapietra_/<br />

www.istagram.com/i.r.m.a19/<br />

www.istagram.com/maurimenga<br />

www.monicairmaricci.it


Atlantide<br />

un libro da leggere e da ascoltare


o<br />

NOPE – HOPE L’ALBUM DEBUTTO<br />

DI ELECTRIC SHEEP COLLECTIVE.<br />

A BRAND-NEW PROJECT!<br />

Electric Sheep Collective Un esperimento collettivo per un suono complesso e allo stesso tempo diretto. Il nuovo<br />

progetto guidato da Angelo Olivieri, musicista apprezzato da pubblico e critica, considerato tra i migliori trombettisti<br />

italiani (con numerose menzioni al Top jazz e ai JazzIt Awards), che vanta un gran numero di collaborazioni sia in studio<br />

che dal vivo con artisti del calibro di William Parker, Hamid Drake, Butch Morris, Vincent Courtois, John Sinclair, John<br />

Tchicai, Andrew Cyrille, Maria Pia De Vito, Bruce Ditmas, solo per citarne alcuni.<br />

Il sound del collettivo mette insieme groove tipici del funk e dell’hip-hop con composizioni di matrice jazzistica e<br />

improvvisativa fortemente influenzate dalla scena free contemporanea di New York e di Chicago, un impianto<br />

consolidato su cui si innesta il rap-spoken word di Joe Nize, performer nigeriano già attivo in patria nella scena<br />

Afro-Pop. A completare l’organico alcuni dei migliori nuovi talenti in circolazione. Il giovane sassofonista Vincenzo<br />

Vicaro, musicista poliedrico e con uno stile originale derivante dalla sua formazione classica, il bassista Riccardo<br />

Di Fiandra, che si sta mettendo in luce come uno dei compositori più brillanti di musica contemporanea (sue le<br />

musiche del concept work Circle), il batterista Daniele Di Pentima, tablista e fondatore del progetto italo-indiano<br />

Anatma e il pianista Lewis Saccocci (New Talents Jazz Orchestra, Cubist Dream di Bruce Ditmas) tra i musicisti in<br />

forte ascesa nel panorama nazionale. A loro si uniscono al trombone Andrea Angeloni (Perugia Jazz Orchestra) e<br />

la performer Ashai Lombardo Arop, artista poliedrica che contribuisce al sound del gruppo con spoken word,<br />

backing vocals e movimenti di danza. L’approccio è radicale, sia nei suoni che nei contenuti, a volte fortemente legati a<br />

dinamiche sociali come la questione migratoria e segue il solco tracciato da pionieri come Langston Hughes, Umar Bin<br />

Hassan, The Roots. L’elaborazione di “metriche imprecise” è un altro dei cardini dello sviluppo della musica di Electric<br />

Sheep Collective e da qui viene il nome, legato al capolavoro di Philip K. Dick Do Androids Dream of Electric Sheep? (da<br />

cui Ridley Scott ne ha tratto il celebre film Blade Runner) e alla possibilità di imparare l’imperfezione dalle macchine.<br />

La reinvenzione di pattern alla J Dilla, alla Hood e la riproduzione di quell’incertezza, quella meravigliosa imperfezione,<br />

modalità prettamente umana, si afferma da subito come tratto distintivo del nascente sound Electric Sheep Collective,<br />

unico nella scena italiana, con cui la band dimostra di avere tutte le carte in regola per confrontarsi al meglio con l’attuale<br />

panorama internazionale.<br />

NOPE – HOPE è l’album di debutto di ELECTRIC SHEEP COLLECTIVE. Negli 8 brani inediti si va dal più immediato<br />

Same Boat fino alla complessità di Twelve. Tutte composizioni originali eccetto la rivisitazione di Circle in the round di<br />

Davis. L’intendimento generale è di sviluppare una relazione tra modernità, radici e sperimentazione senza astenersi dal<br />

confronto su temi pressanti del nostro tempo. Il titolo si compone dei nomi del primo brano, NOPE, e dell'ultimo,<br />

HOPE. Un percorso Fuori dal centro per Restare umani.<br />

Electric Sheep Collective è formato da:<br />

Ashai Lombardo Arop - voce<br />

Joe Nize – voce<br />

Angelo Olivieri – tromba, efx<br />

Vincenzo Vicaro – sassofoni<br />

Andrea Angeloni - trombone<br />

Lewis Saccocci – tastiere, synth<br />

Manlio Maresca - chitarra, efx<br />

Joe Serafini - turntable, efx<br />

Riccardo Di Fiandra – basso<br />

Daniele Di Pentima – batteria


Blackpink: The Movie è il doc uscito nelle sale con la distribuzione di Nexo Digital e arrivato tra i film Disney+ di<br />

febbraio <strong>2022</strong>. Una versione ibrida a metà tra sequenze live e dirette che va segnando il periodo di ristrettezze<br />

dovute alla pandemia da Covid-19, che ha unito spezzoni di concerti avvenuti dal vivo del gruppo coreano e il loro<br />

The Show trasmesso in streaming il 31 gennaio 2021.<br />

L’ evento, ospitato sulla piattaforma ufficiale delle Blackpink, ha raccolto 280.000 spettatori, tutti collegati per<br />

festeggiare il quinto anniversario dal debutto del gruppo K-pop, che non potendo celebrare l'importante tappa<br />

raggiunta in quella che inizialmente doveva essere una tournée internazionale, ha deciso di restringere comunque la<br />

lontananza con i fan intrattenendoli online - trovate su YouTube il record di visualizzazioni delle Blackpink.<br />

Il documentario, diretto da Oh Yoon-dong e Jung Su-yee, racchiudono momenti diversi, dal tour mondiale svoltosi<br />

pre-Covid a quello organizzato in livestream da YG Entertainment.<br />

Sia che si tratti delle riprese per The Show, che delle coreografie e esibizioni in giro per i palcoscenici di tutto il<br />

mondo, o della condivisione di pensieri e momenti che le componenti delle Blackpink rilasciano insieme o in solitaria,<br />

il documentario non riesce ad aggiungere nulla alla creazione e allo sviluppo del team o a lasciare alcunché allo<br />

spettatore. Blackpink: The Movie è un titolo consigliato a chi vuole studiare e o conoscere il fenomeno K-pop in<br />

generale con un fucus sulle Blackpink.<br />

Fonte- https://cinema.everyeye.it/


“BTS Permission To Dance On Stage – Seoul”, i BTS annunciano tre live a marzo in presenza e in streaming.<br />

Dopo BTS Permission To Dance On Stage a ottobre, e il successo della campagna UNICEF LOVE MYSELF,<br />

un’iniziativa che ha raggiunto quasi tutti i paesi del mondo con messaggi positivi sull’amore e la cura di se stessi,<br />

la boyband più amata della Corea annuncia un nuovo concerto in streaming. La Big Hit Music ha infatti comunicato<br />

su WeVerse l’arrivo di BTS Permission To Dance On Stage – Seoul, una serie di concerti che si terranno il 10, 12 e<br />

13 marzo sia in presenza che in streaming. La location dei live – come si evince dal nome dell’evento – sarà<br />

l’Olympic Stadium di Seoul e ha una portata enorme, perché è da ben due anni e mezzo che i BTS non si<br />

esibiscono nella Capitale coreana. L’ultimo live a Seoul era stato infatti nella data del BTS World Tour Love<br />

Yourself: Speak Yourself The Final a ottobre 2019. Un’eternità! Quali live potranno essere visti online? I concerti<br />

del 10 e del 13 marzo saranno trasmessi anche in live streaming, mentre il concerto del 12 marzo sarà trasmesso<br />

in live viewing nei cinema di tutto il mondo.<br />

Chi Sono I Bangtan Boy?<br />

Boy band sudcoreana formatasi a Seul nel 2013 è composta da RM, Jin, Suga, J-Hope, Jimin, V e Jungkook.<br />

Originariamente concentrati sull’ hip hop, hanno poi introdotto nel mercato del mainstream statunitense il K-Pop,<br />

(ndr Korean Pop). Il gruppo nel giro di pochi anni ha abbracciato una gamma più ampia di generi, con canzoni<br />

prevalentemente scritte e composte dal settetto stesso. I testi esplorano temi differenti, dalle ansie scolastiche alla<br />

situazione sociale, dalla salute mentale all'amor proprio, includendo riferimenti alla letteratura e alla psicologia ed<br />

esplorando un universo alternativo. Per questo motivo ad ottobre scorso sono stati scelti dall’ UNICEF per lanciare<br />

la campagna mondiale LOVE MYSELF, iniziativa sul disagio giovanile. La Boy Band coreana e l’UNICEF hanno<br />

portato in giro per mondo messaggi positivi sull’amore e la cura di se stessi. I BTS hanno raccolto 3,6 milioni di<br />

dollari per sostenere l’impegno dell’UNICEF. «Abbiamo lanciato LOVE MYSELF come un modo per raggiungere i<br />

giovani e aiutarli a migliorare le proprie vite e i loro diritti. – hanno dichiarato i BTS – Durante il percorso, ci siamo<br />

sforzati anche noi di Amare noi stessi e, come gruppo e singoli individui, siamo cresciuti. Speriamo che molte<br />

persone abbiano sentito come l’amore ricevuto dagli altri possa diventare il potere che permette loro di amare se<br />

stessi». Attualmente sono gli artisti più venduti in Corea del Sud, con oltre 32,7 milioni di dischi fisici dall'esordio al<br />

novembre 2021. Nel 2020 sono stati i primi coreani ad arrivare al vertice della Billboard Hot 100, grazie al singolo<br />

Dynamite.


FRANCO MICALIZZI<br />

“L’UOMO TRINITÁ”


Conosciuto come compositore, arrangiatore e direttore d'orchestra,<br />

Franco Micalizzi cavalca una nuova vita.<br />

Classe 1939, arriva al successo a 31 anni grazie ad una colonna sonora<br />

di uno dei film considerato un Cult Movie anche se, quando uscì, fu<br />

definito film di serie B.<br />

Era il 1970 e Franco riceve l'incarico di comporre la sua prima colonna<br />

sonora, per un film diretto da E.B. Clucher: "LO CHIAMAVANO<br />

TRINITÀ”, con Terence Hill e Bud Spencer.<br />

Il successo strepitoso sia in Italia che all'estero inaugura l'inizio del<br />

genere Spaghetti Western e Micalizzi entra a pieno titolo nel novero dei<br />

compositori di Colonne Sonore più richiesto. A 52 anni di distanza da<br />

quella uscita non servono più lande desolate o infinite scazzottate per<br />

ascoltare la sua musica. Di tanto in tanto il maestro ci regala musiche<br />

memorabili come il suo ultimo lavoro di prossima pubblicazione dal titolo<br />

wertmulleriano: “Travolto dall’irresistibile richiamo degli intrepidi<br />

anni ’60 in una notte d’estate”. E proprio sul titolo il Maestro precisa: “Il<br />

lungo titolo di questo album è già la spiegazione del suo perché. Sì è<br />

vero, una forte nostalgia degli anni ‘60 mi ha portato a progettarlo e<br />

spero che vi porterà l’aria ed il profumo di quel periodo - racconta Franco<br />

Micalizzi - melodie belle ed ispirate, tante novità nel campo dei balli dal<br />

Twist all’Hully Gully, al Cha Cha Cha, al Mambo e poi altri. Chi c’era<br />

ricorderà con piacere i balli della mattonella e la piacevolezza di stringere<br />

tra le braccia una bella ragazza illudendosi magari di piacerle, almeno<br />

per quei 3 minuti in pista. E poi le fumose atmosfere del ‘Night’, le feste<br />

all’aperto d’estate, sempre accompagnate da musiche molto accattivanti.<br />

Non a caso tanti successi di quegli anni sono molto conosciuti ancora<br />

oggi. Insomma, ripenso a quella certa musica, quel certo brivido, quel<br />

dolce lasciarsi andare senza le ossessioni dei cellulari e della<br />

comunicazione globale, il poter essere felici e riparati nel proprio privato”<br />

L’amore per la musica che Micalizzi ha sin da giovane esce fuori<br />

dalle canzoni contenute in questo album, alcune presentate in<br />

anteprima per far assaporare i favolosi anni 60 anche a chi non li ha<br />

vissuti direttamente. E allora ecco i ritmi da spiaggia di “Sapore di<br />

Sale” di Gino Paoli cantata da Edoardo Vianello, oppure la<br />

malinconica “Estate” del grande Bruno Martino interpretata da<br />

Mario Biondi, o i ritmi sud americani tipici del tempo con “? Oye<br />

Como Va”… feat Ramon Caraballo.<br />

Franco Micalizzi ci ha raccontato come è stata scelta questa canzone:<br />

“Quando pensavo di aver finito la ricerca delle cose belle da ricordare<br />

degli anni sessanta - mentre ero alla cassa del supermercato, con le<br />

mani impicciate tra carta di credito, busta in più e con la fila dietro che<br />

spingeva metaforicamente per sbrigarsi, mi chiama al cellulare mio<br />

fratello Mario e mi dice: ma tu nella tua ricerca dei successi anni ’60 ti sei<br />

dimenticato di una perla, di un brano pieno di ottimismo che non puoi<br />

fare a meno di ballare, che ti fa pensare subito all’estate sul mare, alle<br />

serate in bella compagnia e io gli ho detto, un po’ contrariato, data la<br />

situazione precaria, ok ma mi vuoi dire il titolo? “?OYE COMO VA” è<br />

stata la risposta e ha aggiunto: non ti ricordi che lo suonavi anche con la<br />

tua orchestra? L’ho salutato in modo sbrigativo ma quel brano è riemerso<br />

nei miei pensieri e non me ne sono più liberato. Troppo bello,<br />

musicalmente così apparentemente semplice e così efficace… io ve lo<br />

consiglio vi farà solo bene.”<br />

Con Franco Micalizzi si torna dunque a parlare della musica degli anni<br />

60 del secolo scorso, anni nei quali le melodie del Belpaese sono<br />

diventate famose in tutte il mondo costituendo la colonna sonora di<br />

diverse generazioni. Micalizzi con “Travolto dall’irresistibile richiamo degli<br />

intrepidi anni ’60 in una notte d’estate” conferma che le canzoni di quel<br />

periodo continuano ad essere evergreen e non passano mai di moda…<br />

Edoardo Vianello insieme a Franco Micalizzi<br />

Ramon Caraballo<br />

Mario Biondi


I’M NOT A BLONDE<br />

Talk of Love<br />

Un’aquila pronta a spiccare il volo, a lasciarsi guidare dalla brezza primaverile per<br />

scoprire il mondo e soprattutto sé stessa. "Talk of Love", il nuovo singolo del duo<br />

electro-pop I’m not a Blonde. A due mesi di distanza dall’ultima release, Talk of Love<br />

è il singolo che anticipa il nuovo EP This is Light in uscita l’8 aprile, secondo capitolo<br />

che segue Welcome Shadows.<br />

Insieme, i due EP costituiscono l’album Welcome Shadows, This is Light, il quarto nella<br />

discografia della formazione composta dalla milanese Camilla Benedini e<br />

l’italoamericana Chiara Castello.<br />

Un raffinato progetto articolato sul dualismo fra ombra e luce, distopia e utopia, senso<br />

della fine e urgenza di rinascita, in cui Talk of Love rappresenta proprio il punto di<br />

passaggio, come in un rito iniziatico: è il momento di abbandonare le ombre e lasciarsi<br />

travolgere da una visione più luminosa e carica di speranza in un mondo nuovo.<br />

Fra arpeggiatori, synth, chitarre melodiche e cassa in quattro, Talk of Love è il<br />

risveglio della natura alla fine dell’inverno, il lasciarsi alle spalle le proprie paure<br />

per imparare a credere in sé stessi e negli altri, la gioia di uno sguardo nuovo,<br />

più ampio e capace di accogliere tutta la bellezza e la potenza di questo pianeta.<br />

Il brano è così l’altra faccia della medaglia della traccia oscura, distopica e<br />

cibernetica Winter is not coming che in Welcome Shadows denunciava, in<br />

sintonia con il movimento Fridays for Future, la distruttività dell’azione umana<br />

sull’ambiente. Adesso, invece, è il momento di delineare un futuro diverso.<br />

Questo senso di rinascita e rigenerazione si traduce in un lyric video che trova<br />

nell’elemento acquatico il proprio baricentro. L’acqua, le bolle, il movimento e le linee<br />

del corpo che progressivamente si abbandonano all’immersione, concorrono a una<br />

danza sospesa tra sogno e realtà, sopra e sotto, riflessi e galleggiamenti.<br />

Intanto, le I’m Not a Blonde si esibiranno live il 26 febbraio al Circolo Dev di Bologna e<br />

l’11 marzo ai Giardini Luzzati di Genova.<br />

I’m Not a Blonde è un duo italo-americano di base a Milano composto da<br />

Chiara Castello e Camilla Matley. Il loro elegante electro-pop – fatto di ritmi e<br />

synth anni ’80 e chitarre e melodie dal sapore punk/rock anni ’90 – si muove<br />

in perfetto equilibrio fra gli aspetti delle due personalità: ironia e follia,<br />

divertimento e serietà, minimalismo e art-pop, digitale e analogico. Tutto<br />

avvolto da un velo di malinconia di derivazione new wave che dona alla loro<br />

musica una precisa identità e uno stile inconfondibile.<br />

Esordiscono nel 2016 con l’album Introducing I’m Not a Blonde e dallo stesso<br />

anno entrano stabilmente nel roster di INRI. Il 2018 è l’anno del secondo LP<br />

dal titolo The Blonde Album, cui segue nel 2019 la pubblicazione del terzo<br />

disco Under the Rug, presentato al Reeperbahn Festival in Germania.<br />

Particolarmente apprezzate dalla stampa e dal pubblico dell’Europa centronord,<br />

sul piano internazionale collaborano con la label Backseat e con il<br />

booking All Rooms di Berlino.<br />

Prima che la pandemia bloccasse il mondo, sono state protagoniste in diversi<br />

festival italiani e internazionali, condividendo il palco con artisti del calibro di<br />

Duran Duran, Moderat, Soulwax, Peaches, Ghostpoet, Hurts e molti altri. Dal<br />

vivo, le loro architetture sonore fatte di sovrapposizioni di loop di voci,<br />

chitarre, synth e beat elettronici riempiono lo spazio del palco con la forza e<br />

l’impatto di una full band. Il loro stile ha sedotto artisti di fama mondiale che<br />

hanno scelto I’m Not a Blonde per l’apertura dei live in Italia: i Franz<br />

Ferdinand nel 2018 all’Unipol Arena di Bologna, The Killers a Rock in Roma<br />

(2018), i Wolf Alice per la loro data unica in Italia del 2018 e Miki Shinoda dei<br />

Linkin’ Park nel 2019 a Milano e Padova.<br />

Orfane della dimensione live a causa del lockdown, pubblicano nel 2020 l’EP<br />

Songs from Home. Nel 2021 vincono la call indetta da Italia Music Export, a<br />

supporto della loro attività promozionale all’estero.<br />

Anticipato dai singoli Circles e 1984, il 10 dicembre 2021 è uscito l’EP<br />

Welcome Shadows, primo capitolo di un progetto articolato in due tappe. Nel<br />

<strong>2022</strong> uscirà il secondo capitolo This is Light, di cui il singolo Talk of Love,<br />

fuori il 18 febbraio <strong>2022</strong> è il primo assaggio.<br />

Ph Alessia Cuoghi


Nina Simone ha una voce che ti entra nell’anima. Lei ti ipnotizza, ti sconvolge,<br />

in un attimo può farti provare l’estasi più vera e un secondo dopo può gettarti<br />

in un baratro profondo, e quando credi di essere spacciato ti riprende fra le<br />

sue braccia e ti trasporta in mondi sovrannaturali. Lei che non voleva cantare il<br />

jazz poiché ritenuta da tutta la sua famiglia la musica del demonio, si ritrova<br />

ad esserne una delle interpreti più sconvolgenti del novecento. Nina Simone<br />

nasce nel Luglio del 1954 in un bar umido di Atlantic City, con il pavimento<br />

ricoperto di segatura e l’aria satura di fumo di sigaretta.<br />

Era stata ingaggiata per tenere alcuni concerti al Midtown Bar & Grill uno<br />

squallido night club a pochi metri dal lungomare di Atlanta. La prima sera,<br />

vestita come se dovesse tenere un concerto di musica classica, Eunice<br />

Waymon si mise seduta al piano e si abbandonò alla musica. Suonò Bach,<br />

alcune arie gospel e altre canzoni di moda in quel periodo, ma non cantò, non<br />

era una cantante pensava, lei era una pianista. A fine serata il proprietario le<br />

riferì che alcuni clienti si erano lamentati, troppa musica. Se voleva continuare<br />

ad avere un posto di lavoro doveva cantare. Fu in quel momento che Eunice<br />

Waymont, la bambina prodigio che tutti pensavano destinata ad essere la<br />

prima concertista di colore d’America,<br />

si trasforma in Nina Simone. Eunice<br />

non voleva assolutamente che la sua<br />

famiglia sapesse che buttava via il<br />

suo dono e anni di studio del<br />

pianoforte per intrattenere ubriaconi in<br />

un luogo indegno suonando la musica<br />

del diavolo, così scelse un nome<br />

d’arte. Da quel momento in poi Nina<br />

piano piano prende il sopravvento su<br />

Eunice, la sua voce ammalia, la sua<br />

musica è perfetta e ad ogni concerto<br />

si sprigiona nell’aria un magnetismo<br />

particolare che ipnotizza. Nel 1956 a<br />

New York fu programmata la prima<br />

sessione in studio, qualcuno della<br />

Bethlehem records voleva imporle la<br />

scaletta per la registrazione.Ma Nina<br />

che se ne infischiava di registrazioni e<br />

classifiche, rispose che non incideva<br />

canzoni a comando, o sceglieva lei o<br />

non se ne faceva nulla. Incise così<br />

per la prima volta I loves You Porgy,<br />

Love Me or Leave Me, Little Girl blue,<br />

Good Bait e altre cover ad eccezione<br />

dei due brani strumentali African<br />

Mailman e Central Park Blues scritti<br />

durante la sessione di registrazione, e<br />

la canzone che le fece scalare le<br />

classifiche del tempo, ovvero My Baby<br />

Just Cares for Me. Dopo tredici ore<br />

filate in studio di registrazione, Nina<br />

Simone prese il suo assegno, tornò a<br />

Philadelphia e dormì per dodici ore<br />

filate, al suo risveglio Eunice<br />

Waymont suonò per tre giorni<br />

consecutivi Beethoven, per purificarsi<br />

da quella giornata dove Nina Simone<br />

aveva inciso musica leggera. Nina<br />

Simon prese il suo assegno , tornò a<br />

Philadelphia per dodici ore filate, al<br />

suo risveglio Eunice Waymont suonò<br />

per tre giorni consecutivi Beethoven, per purificarsi da quella giornata dove<br />

Nina Simone aveva inciso musica leggera. Questa alternanza di personalità,<br />

la porterà sempre di più all’isolamento. Poche persone riusciranno a<br />

comprendere che dentro di lei convivevano tante donne, ognuna con i propri<br />

sogni. Era nello stesso momento una timida bambina prodigio, un artista<br />

sfavillante, un innamorata pronta ad annullarsi per gli uomini, una pazza<br />

furiosa, una guerriera instancabile, una diva assoluta, una visionaria, una<br />

strega. Quando credi di aver imparato a conoscere Eunice Waymon, la<br />

ragazzina prodigio che voleva diventare la prima concertista classica nera, ti<br />

ritrovi d’un tratto a guardare negli occhi Nina, la guerriera che a colpi di<br />

musica combatte per i diritti dei neri cantando Flo Me La come grido di guerra<br />

rivendicando un identità e una libertà fino ad allora negate. Eunice Waymont<br />

sogna una famiglia e il sostegno di un uomo profondamente innamorato, Nina<br />

Simone vive questo sogno come una limitazione alla sua voglia di scendere<br />

nel sud a combattereper i diritti e la libertà al fianco di personaggi come<br />

Martin Luther King o Malcom X. Nina Simone vive un esperienza di violenza<br />

cieca da parte del suo fidanzato Andrew Stroud dal quale fugge, Eunice<br />

Waymont lo sposa il 4 dicembre del 1961.


TuttoBallo<br />

stress, la fatica e le avversità della vita che lei interpretò<br />

come tradimenti, crollò. Da quel momento in poi non<br />

riuscirà più a trovare una vera stabilità emotiva e anche<br />

la sua carriera ne risentirà pesantemente.<br />

Viaggiò in Africa alla ricerca delle sue radici, per poi<br />

tornare negli Stati Uniti e in Europa a ricercare<br />

nuovamente quel successo e quella vita che aveva<br />

abbandonato.Nei suoi concerti ipnotizzava gli spettatori<br />

sia con la sua musica che con la sua spettacolarità,<br />

come quando a metà concerto si alzò dal piano<br />

allargando le braccia e urlando “lo spirito è qui!”, oppure<br />

in altre occasioni inveiva contro di loro. Nonostante la<br />

sua instabilità mentale e la malattia e i forti dolori che la<br />

paralizzavano, continuò fino quasi da ultimo a salire sul<br />

palco e a cantare. Nina Simone muore il 21 aprile del<br />

2003 nella sua casa di Carry Le Rouet, nel sud della<br />

Francia, all’età di settanta anni, ma il suo mito, vive<br />

ancora. Entrare in contatto con la sua musica, la sua<br />

voce e la sua vita è un esperienza sovrannaturale che ti<br />

cambia dentro, Vederla nei video del tempo con gli occhi<br />

fissi in un mondo parallelo ti da la certezza che il suo<br />

spirito è sempre tra noi, beffardo, pronto a cambiare<br />

l’anima di chiunque lo ascolti....Grazie di tutto Nina.<br />

SONIA LIPPI<br />

giterrandoblog.blogspot.com<br />

In alcune sue composizioni si coglie la volontà di voler<br />

esprimere contemporaneamente tutte le sfaccettature<br />

della sua anima, come nella bellissima Four Women, dove<br />

oltre a riscontrare alcuni tratti biografici di Eunice, si<br />

coglie il pathos e la rabbia trattenuta di Nina, oppure<br />

come in I Put Spell on You , dove esce tutta l’africanità di<br />

Nina, come se fosse una stregona che non si arrende alla<br />

perdita del suo uomo e gli lancia un incantesimo.<br />

Il 21 febbraio del 1965 fù sconvolta dall’uccisione di<br />

Malcom X. Venne presa da una crisi di rabbia, voleva<br />

lasciare tutto imbracciare le armi e diventare una vera<br />

rivoluzionaria, ma Andy Stroud suo marito e manager<br />

convinse Nina a restare, lei come una belva in gabbia usò<br />

la sua voce e la sua musica come arma contro<br />

l’oppressione dell’uomo bianco. Così nella primavera del<br />

1965 Nina registrò l’album “Pastel Blues” inserendo in<br />

esso due capolavori rivoluzionari, Sinnerman canzone<br />

della disperazione e del disincanto e la bellissima<br />

commovente e tragica Strange Fruit considerata una delle<br />

canzoni di denuncia che hanno cambiato il modo di<br />

pensare del tempo. Ma la fragilità di Eunice iniziò a farsi<br />

sentire, Nina era sottoposta a continui concerti e<br />

registrazioni in giro per l’America e non solo, pregava suo<br />

marito di farla riposare ma annullare gli impegni sarebbe<br />

stato deleterio per la sua immagine, fino a quando per lo


Malakay<br />

MILLENNIUM GHETTO<br />

Millennium ghetto è il nuovo singolo del rapper e produttore sardo Malakay, vero nome Andrea Camboni. Primo capitolo di<br />

una narrazione più ampia e complessa scritta da Malakay, una fotografia del nostro momento storico, delle paure e delle ansie<br />

che viviamo a causa della pandemia a cui fanno da contraltare i riferimenti culturali e le angosce che hanno dominato la fine del<br />

vecchio millennio e l’inizio del nuovo. Nel video, scritto dallo stesso Malakay e prodotto da Nubifilm Studio con la regia di<br />

Claudio Spanu, la fuga del rapper dai suoi rapitori non è niente di diverso da quello che cerchiamo di fare tutti ogni giorno:<br />

scappare dai nostri errori passati, dalle nostre paure, da ciò che non vogliamo vedere. Ma non importa quanto corriamo, quale<br />

remoto nascondiglio riusciamo a raggiungere, quei demoni saranno lì ad aspettarci (Baby, la senti l’ansia da lockdown?).<br />

Attraversato da una “nostalgia” verso i primi anni del nuovo millennio, con un’idea di suono a metà strada tra Kanye West,<br />

Pharrell e Ty Dolla Sign, il brano si apre con il discorso che Bill Clinton fece alla fine del 1999, quando si temeva che il<br />

“millennium bug” potesse mandare in crash tutti i computer del pianeta scatenando una guerra informatica e un blocco mondiale<br />

delle infrastrutture. Rappresentante della scena rap da più di 10 anni, con Millennium ghetto Malakay ha sviluppato un sound e<br />

un immaginario in cui le sonorità elettroniche si fondono con quelle hip hop, “ho iniziato a lavorare sul beat partendo dal sample<br />

di un coro africano, volevo qualcosa di etereo che sembrasse quasi sacro, per lavorare sul contrasto con gli altri elementi”.<br />

Le influenze elettroniche e ambient, testimoniante dalle sonorità distorte del ritornello e dall’utilizzo del Talkbox, fanno da<br />

tappeto a un flow e a un’interpretazione vicina alla trap, “avevo l’intenzione di creare un sound nuovo” - afferma Malakay -<br />

“diverso il più possibile da quello che stavano facendo tutti gli altri”. A fare da protagonisti nel brano i riferimenti alla cultura pop<br />

dei primi anni 2000 che hanno segnato l’immaginario culturale di Malakay come l’uscita di College Dropout, l’album d’esordio di<br />

Kanye West o Austin Powers la serie di film parodia delle storie di spionaggio degli anni Sessanta o ancora il riferimento al film<br />

del 2007 di Quentin Tarantino e Robert Rodriguez Grindhouse (“è appena uscito College Dropout/ fa ancora ridere Austin<br />

Powers/ mi sento Rodriguez in Grindhouse/ Darth Maul sembra il nuovo Darth Vader / We were born in the millenium<br />

ghetto”).L’uscita del singolo è stata anticipata da un video monologo pubblicato sul profilo Instagram di Malakay, scritto con il<br />

regista del video Claudio Spanu e l’autore Luca Darden, una riflessione sulla potenza creativa del fallimento. “Quando è arrivato<br />

il primo lockdown io avevo un album in uscita che è ovviamente stato stoppato e poi cancellato, tutto quello che avevo fatto fino<br />

a quel momento era stato inutile e sentivo che quella sensazione fosse condivisa praticamente da tutti” afferma Malakay. Il<br />

fallimento si trasforma, così, in un’occasione per scegliere cosa fare della propria vita e capire come fallire il meno possibile.<br />

Guardal qui il video://www.youtube.com/watch?v=tG7uu3t6S4M<br />

Ascolta qui Millennium ghetto: https://lnk.fu.ga/millenniumghetto


MARCO VEZZOSO<br />

ALESSANDRO COLLINA<br />

Il duo jazz torna con "“Kind Of Vasco”<br />

Il duo jazz MARCO VEZZOSO e ALESSANDRO COLLINA torna per<br />

un nuovo speciale progetto discografico strumentale realizzato per<br />

l’occasione insieme al percussionista ANDREA MARCHESINI. Il 18<br />

marzo esce in formato fisico e digitale “KIND OF VASCO”, un doppio<br />

album contenente alcuni dei brani più famosi di Vasco Rossi rivisitati in<br />

chiave jazz per omaggiare il rocker che ha da poco compiuto 70 anni.<br />

“Kind Of Vasco” si compone di 15 brani in cui la tromba prende il<br />

posto della voce per dare vita ad una metamorfosi che unisce il rock al<br />

jazz, passando per sonorità proprie della musica classica e della world<br />

music. Il progetto vede anche la partecipazione di un’orchestra d’archi<br />

diretta dal maestro Corrado Trabuio e l’intervento del famoso violinista<br />

indiano Neyveli S. Radhakrishna.<br />

L’idea del progetto nasce dopo il successo della versione strumentale<br />

di “Sally”, dall’album “Italian Spirit” (Egea Music/Art in Live, 2020), che<br />

ha ricevuto l’apprezzamento dello stesso artista. Dal loro primo incontro<br />

musicale nel 2014, il duo formato dal trombettista piemontese Marco<br />

Vezzoso (che dal 2012 vive e insegna oltralpe presso il Conservatorio<br />

Nazionale di Nizza) e il pianista jazz ligure Alessandro Collina ha<br />

percorso molta strada conquistando fin da subito il Sol Levante.<br />

Marco Vezzoso e Alessandro Collina hanno all’attivo 5 album,<br />

numerosi concerti tra Francia e Italia e diversi tour internazionali. Nel<br />

2015 il primo tour in Giappone, il cui live ad Osaka è stato registrato e<br />

pubblicato dall’etichetta giapponese DaVinci. Nel 2017, un lungo tour<br />

estivo li porta ad esibirsi in Cambogia, Indonesia e nuovamente in<br />

Giappone, con un concerto di chiusura a Tokyo. Negli anni a seguire<br />

girano live Indonesia, Malesia, Repubblica Ceca (2018), Norvegia e<br />

Cina, dove hanno rappresentato l’Italia al primo Festival Europeo del<br />

Jazz a Canton (2019) e Turchia (2020). Nel 2020 pubblicano “Italian<br />

Spirit”, un disco che celebra il loro sodalizio artistico cominciato in<br />

Giappone e arrivato fino in Cina passando per Cambogia, Indonesia e<br />

Malesia. L’album racchiude 11 tra le più belle canzoni degli ultimi 30<br />

anni del secolo scorso, rivisitate in chiave acustica. Il duo, insieme al<br />

percussionista Andrea Marchesini, ha presentato il disco dal vivo in<br />

collegamento streaming per il pubblico di Tokyo. Sulla scia del<br />

successo ottenuto dal live, il 9 luglio la ITI Records (casa discografica<br />

di Tampa – USA) ha pubblicato per il mercato degli Stati Uniti e<br />

Giappone “Italian Spirit Live in Japan”, attualmente in rotazione su oltre<br />

50 radio statunitensi. A ottobre 2021 è uscito “Travel”, un album<br />

simbolo di una commistione di tradizioni, generi ed esperienze musicali<br />

e artistiche, realizzato in collaborazione con il celebre percussionista<br />

Trilok Gurtu, padre della world music, e Dominique Di Piazza, uno dei<br />

migliori bassisti al mondo.<br />

www.instagram.com/p/CaZOmnjg2pD/?utm_medium=copy_link.


PAT METHENY<br />

SIDE EYE, nuovo tour<br />

Con questo nuovo tour Pat Metheny prosegue nel suo<br />

percorso di ricerca di straordinari talenti emergenti<br />

che hanno attirato il suo interesse in questi ultimi<br />

anni: “Sin dai miei primi giorni a Kansas City, ho<br />

avuto il privilegio di conoscere tanti musicisti più<br />

grandi di me e tali incontri mi hanno permesso di<br />

scrivere la mia musica attraverso il prisma della loro<br />

esperienza. Ora sento l’esigenza di creare una<br />

piattaforma per concentrarmi su alcuni dei molti<br />

musicisti più giovani che mi sono piaciuti di recente e<br />

con cui ho sentito una sorta di parentela. Ascolto<br />

regolarmente i nuovi artisti e spesso li invito a<br />

suonare a casa mia. Trovo ispirazione dal modo in cui<br />

affrontano le sfide musicali sulle vecchie e le nuove<br />

melodie e sono affascinato dalla possibilità di scrivere<br />

nuova musica solo per loro”. Questa edizione di Side<br />

Eye sarà caratterizzata dalla presenza di James<br />

Francies, al piano e alle tastiere, del batterista Marcus<br />

Gilmore e di parte dell’Orchestrion, la band<br />

elettromeccanica vista in Italia nel 2010.


tre appuntamenti<br />

speciali a Milano<br />

Cantautore e autore tra i più stimati del panorama<br />

italiano, PACIFICO (all’anagrafe Gino De<br />

Crescenzo) ha all’attivo sei dischi (“Pacifico”,<br />

“Musica Leggera”, “Dal giardino tropicale”, “Dentro<br />

ogni casa”, “Una voce non basta” e “Bastasse il<br />

cielo”) e negli anni si è aggiudicato numerosi premi e<br />

riconoscimenti, tra cui il Premio Tenco per la<br />

Migliore Opera Prima e la Targa Tenco 2015 come<br />

Migliore canzone dell’anno con il brano Le storie che<br />

non conosci”, scritto e interpretato con Samuele<br />

Bersani. Vanta due partecipazioni a al Festival di<br />

Sanremo: la prima nel 2004 con il brano “Solo un<br />

sogno” (premio per la miglior musica) e la seconda<br />

nel 2018 con Ornella Vanoni e Tony Bungaro con il<br />

brano “Imparare ad amarsi”. Ha pubblicato per<br />

Baldini e Castoldi, il romanzo “Ti ho dato un bacio<br />

mentre dormivi”, poi ripubblicato da La Nave di<br />

Teseo. Oltre al decennale sodalizio con Gianna<br />

Nannini, nel corso della sua carriera ha scritto per<br />

Andrea Bocelli, Gianni Morandi, Adriano Celentano,<br />

Malika Ayane, Eros Ramazzotti, Zucchero, Giorgia,<br />

Antonello Venditti, Extraliscio, Claudio Capeo e molti<br />

altri. A marzo 2019 esce il suo sesto album<br />

“Bastasse il cielo”, da cui sono stati estratti cinque<br />

singoli accompagnati dai videoclip disegnati dal<br />

celebre illustratore Franco Matticchio: il frutto di<br />

questa collaborazione è stato ospitato nella prima<br />

mostra virtuale della Milanesiana. A dicembre dello<br />

stesso anno, ha ideato e messo in scena al teatro<br />

Filodrammatici di Milano “La Settimana Pacifica”,<br />

una serie di sette concerti che hanno visto la<br />

presenza, ogni sera, di grandi ospiti: Malika Ayane,<br />

Samuele Bersani, Gianna Nannini, Francesco De<br />

Gregori, Giuliano Sangiorgi, Francesco Bianconi e<br />

Neri Marcorè. Nel 2021 firma la colonna sonora del<br />

film di Michela Andreozzi “Genitori Vs. Influencer”,<br />

contenente la canzone originale “Gli Anni Davanti”,<br />

candidata come migliore canzone ai Nastri<br />

D’Argento 2021.<br />

Il cantautore e autore nel <strong>2022</strong> torna sul palco con<br />

“PACIFICO in STUDIO – Dove aspettano le<br />

canzoni”, tre speciali appuntamenti ( 10 marzo, 7<br />

aprile e 5 maggio) al Volvo Studio Milano (Viale<br />

della Liberazione angolo Via Melchiorre Gioia,<br />

Milano). Concerti-conversazioni in cui Pacifico,<br />

accompagnato sul palco da Antonio Leofreddi (viola)<br />

e affiancato dai suoi ospiti, indagherà sul perché si<br />

scrivono, si cantano e si ricordano per sempre le<br />

canzoni: un dialogo ambientato in una stanza<br />

immaginaria, piena di ricordi, strumenti, lampade,<br />

tappeti e scatole di libri in cui mettere ordine<br />

seguendo le note di una canzone. La regia audio è a<br />

firma di Max Faggioni e la regia video è a firma di<br />

Matteo Milanino.<br />

“Canzoni di rabbia e divertimento” il 10 marzo<br />

(ospite il giornalista Enzo Gentile), “Canzoni che<br />

diventano grandi” il 7 aprile (ospite il musicista e<br />

produttore Vittorio Cosma) e “Canzoni ancora da<br />

scrivere” il 5 maggio (ospite il cantautore Giovanni<br />

Truppi, con il quale Pacifico ha recentemente coscritto<br />

il brano “Tuo padre, mia madre, Lucia”<br />

presentato al 72° Festival di Sanremo).Tutti gli<br />

appuntamenti avranno inizio alle ore 21.00. Ingresso<br />

su prenotazione con consumazione obbligatoria fino<br />

ad esaurimento posti. L’entrata è consentita solo<br />

con green pass rafforzato e mascherina FFP2. Tutte<br />

le informazioni sui prossimi appuntamenti


Riccardo Cocchi & Yulia Zagoruychenko<br />

10 volte Campioni del Mondo Latin


TuttoBallo<br />

Guinardi Fabbri - 3 posto danza ritmica - Pechino <strong>2022</strong><br />

Manoel Francisco dos Santos, meglio noto come Garrincha<br />

Ronaldo de Assis Moreira, in arte Ronaldinho<br />

Approfittando del periodo olimpico (che non sembra porterà a una tregua, anzi<br />

tutt’altro) possiamo provare a renderci conto di quanto la danza sia presente negli<br />

sport delle Olimpiadi estive e invernali: pattinaggio artistico, nuoto sincronizzato e<br />

ginnastica artistica, tra gli altri, sembrano avere un legame più che diretto con la<br />

danza, ma che cosa possiamo dire di altri sport?<br />

Se è vero che gli sport di squadra sembrano più richiamare le modalità della battaglia,<br />

è altrettanto vero che spesso è l’individualità artistica che fuoriesce dal gruppo a<br />

richiamare inevitabilmente la bellezza e la competenza dei movimenti che possono a<br />

buon diritto essere chiamati danza.<br />

Consideriamo banalmente il calcio, sport di squadra che, a differenza di altri, ha ormai<br />

quasi completamente eliminato la figura dell’artista, che sopravvive nella riserva<br />

indiana delle fasce laterali, dove all’esterno viene chiesto espressamente di apportare<br />

quel guizzo imprevisto che, dopo una manovra organizzata nei dettagli, facilita il<br />

raggiungimento dell’obiettivo, il gol. Le fasce laterali sono da sempre la culla dei grandi<br />

artisti, anarchici che avevano la capacità di regolare i propri movimenti con o senza<br />

palla in modo esteticamente entusiasmante; un nome su tutti: il brasiliano Garrincha,<br />

il numero 7 per antonomasia. O mestre, maestro delle finte e dei dribbling, che con le<br />

sue gambe impari da poliomielitico riusciva a depistare i difensori e a trasformare i<br />

tifosi di una partita in spettatori di uno spettacolo. Restando al Brasile, patria del Joga<br />

Bonito, ossia del Bel Gioco, sono tantissimi i nomi vecchi e nuovi che possono entrare<br />

nel discorso: Pelè, Zico, Socrates, Didì, Vavà, Ronaldo… ma dopo gli anni ‘50 di<br />

Garrincha avviciniamoci ai giorni nostri: Ronaldinho è forse il giocatore che per ultimo<br />

ha portato avanti la gloriosa scuola dei fantasisti nel mondo. Veder giocare Ronaldinho<br />

significava provare emozione già dal sapere che sarebbe sceso in campo, perché<br />

pregustavi già che qualcosa ti avrebbe toccato le corde giuste, ti avrebbe fatto godere<br />

ed esultare anche se il tuo cuore stava con l’altra squadra; l’effetto che fanno gli artisti<br />

quando riescono a portare un barlume di bellezza agli altri. E Ronaldinho lo faceva col<br />

ballo, con la danza, oltre che col pallone: che fosse con un sombrero (la maestria del<br />

giocatore-ballerino fa sì che il pallone scavalchi l’avversario per poi riprenderlo tra i<br />

piedi), con un elastico (il giocatore-ballerino sposta istantaneamente il pallone da una<br />

parte all’altra depistando l’avversario), con un doppio passo (il giocatore ballerino<br />

muove i piedi sul pallone senza toccarlo, sfruttando completamente la potenzialità del<br />

movimento del corpo), o con quella che è il massimo delle figure prestate dalla danza<br />

allo sport, ovvero la rabona, che potrebbe tranquillamente venir utilizzata durante una<br />

milonga (il giocatore-ballerino calcia il pallone incrociando i piedi, quindi col sinistro<br />

che calcia passando dietro al piede destro e viceversa, proprio come in un passo<br />

d’incrocio) ha portato il suo futbol bailado in giro per il mondo.<br />

Come ci suggerisce l’ultima frase, c’è tutta una terminologia che il mondo del calcio<br />

prende dalla danza per evocare una bellezza e una grazia che gli appartengono<br />

soltanto in parte: oltre al futbol bailado, secondo i vari giornalisti i calciatori “calcano” i<br />

“teatri” più importanti, tra i quali spicca l’iconico stadio Meazza di Milano, “la Scala del<br />

calcio”. Gianni Brera così scriveva di Sivori: “Impadronitosi del pallone, Sivori non è<br />

più propriamente un calciatore, bensì un ballerino classico o, se preferite, un espada.<br />

[...]Danza i suoi dribbling […]. Ripetuti come mosse sempre nuove, i pases de<br />

dribbling assurgono a numero di danza”.<br />

Sono tantissimi i calciatori che hanno ballato sul pallone: Matthews, Di Stefano,<br />

Meazza, Schiaffino, Maradona, Baggio, Totti, hanno portato il gesto armonioso tra i<br />

calci e le spinte, lo stile e l’eleganza nella brutalità della battaglia, la poesia nella<br />

prosaccia di uno sport giocato con i piedi. Ma oltre al calcio c’è di più, come ci si<br />

dimentica troppo spesso: ad esempio c’è il basket, altro sport di squadra nel quale il<br />

corpo e i suoi movimenti assurgono a importanza principale, a volte più della palla<br />

stessa. I cinque giocatori di una squadra, e per risposta anche i cinque della squadra<br />

avversaria, si muovono sul parquet rispettando degli schemi definiti all’interno dei quali<br />

il singolo si può di volta in volta esaltare.


Nancy Berti & Alessandro Camerotto<br />

Campioni Italiani Professionisti 2012<br />

TuttoBallo<br />

Mettono in scena una coreografia, ciascuno ha non soltanto il proprio ruolo, come nel<br />

calcio, ma una posizione precisa che di volta in volta cambia in seguito allo<br />

svolgimento dell’azione disegnata da un coreografo chiamato allenatore: un<br />

giocatore-ballerino porta un blocco (usa il corpo immobile per impedire un movimento<br />

a un avversario e agevolare il movimento di un compagno), esegue uno spin-move<br />

(diretto a canestro, aggira l’avversario ruotando un piede quando gli è a ridosso, per<br />

poi ritrovarsi nuovamente diretto verso il canestro), effettua un terzo tempo (nel<br />

basket non si possono fare più di due passi con la palla in mano senza palleggiare<br />

quindi occorre coordinarsi per saltare verso il canestro tirare), usa il piede perno (il<br />

giocatore che ha bloccato il palleggio o appena ricevuto un passaggio ‘si muove da<br />

fermo’ facendo perno su un piede che non si stacca da terra), attua una finta di corpo<br />

(è tale il controllo del proprio corpo da parte del giocatore-ballerino che basta una<br />

scrollata di spalle o un movimento della testa per destabilizzare l’avversario, dando<br />

l’effetto visivo di un breve passo a due) tutte azioni che esaltano le capacità di<br />

coordinazione dei giocatori-ballerini. È proprio il piede perno uno dei movimenti<br />

che più richiamano la danza, spesso usato dal giocatore centro-pivot che<br />

supera abbondantemente i 2 metri di altezza e i 100 chili di peso e che eppure si<br />

muove con la grazia, la scioltezza e la plasticità di una étoile. In questo breve<br />

elenco di movimenti ballerini, il basket ne ha uno che sublima il senso estetico,<br />

la coordinazione, il movimento plastico e armonioso: la schiacciata, esaltata da<br />

figure come Julius Erving, il primo a creare figure artistiche in volo durante il<br />

salto, Michael Jordan, che ha prolungato il tempo del volo e aumentato il livello<br />

artistico, ad esempio spostando il pallone da una mano all’altra durante il volo<br />

per poi concludere a canestro, o Vince Carter, meno conosciuto ma che negli<br />

anni 2000 ha portato quest’arte a un livello di perfezione forse mai più<br />

raggiungibile, ad esempio con rotazioni in volo di 360° per poi concludere con<br />

una schiacciata fragorosa.<br />

Per finire, uscendo dagli sport di squadra si può trovare il trait d’union tra sport e<br />

danza, rappresentato dalla boxe. Senza considerarli avversari, i due pugili potrebbero<br />

tranquillamente essere una coppia di ballo che esegue un passo lento e cadenzato,<br />

in cui ai movimenti dell’uno rispondono specularmente quelli dell’altro. E se è vero<br />

che finora abbiamo provato a unire allo scopo dello sport in questione il gesto, il<br />

movimento e l’armonia che sono propri della danza, questo breve intervento non può<br />

che chiudersi con la figura di Cassius Clay-Mohammed Alì. Danzando come una<br />

farfalla e pungendo come un’ape, muovendosi sul ring come se davvero fosse un<br />

palcoscenico, Alì ha rappresentato il perfetto esempio di sportivo-ballerino, talmente<br />

perfetto da poter essere quasi considerato un ballerino-sportivo; nel movimento<br />

armonioso dei suoi piedi, elegante e ipnotico, la poesia del gesto che sottende un<br />

significato, che rimanda ad altro, tribale e raffinato, rabbioso e gioioso, vale a dire il<br />

gesto, tutti i gesti, di ogni tipo di ballo.<br />

David Iori<br />

traduttore ispanoamericano e portoghese<br />

www.ilcontaconti.wordpress.com<br />

Luana e Luka Fanni<br />

Campioni Italiani Professionisti Latin Showdance 20001<br />

5 volte finalisti ai Campionati mondiali Latino Americani<br />

Vincitori prima edizione di Campioni di Ballo (Rete 4)<br />

Cassius-Clay-Muhammad-Ali-Joe-Frazier


L’accessibilità della musica passa attraverso il supporto sul quale viene incisa. Questo vale per tutti i generi, ma per il Tango<br />

ha una valenza particolare grazie alla sua storia secolare. Ripercorrendo la nascita e l’evoluzione del Tango si può fare un<br />

viaggio lungo le invenzioni che hanno consentito di diffondere la cultura musicale nel mondo.<br />

Il primo strumento in grado di riprodurre il suono fu il fonografo inventato da Thomas Edison nel 1878, un oggetto costituito<br />

da un rullo di ottone di circa 10 cm sostenuto da un asse filettato. Sul cilindro era tracciato un solco a spirale di 2,5 mm di<br />

larghezza e la superficie del cilindro era ricoperta da un foglio di stagnola. Durante la registrazione, il cilindro ruotava e la<br />

stagnola veniva sfiorata dalla puntina collegata alla membrana vibrante. La puntina, seguendo le oscillazioni della<br />

membrana, incideva una traccia profonda nella stagnola che, tesa sopra al solco, poteva cedere sotto la pressione. Poiché<br />

era ancora sconosciuto il sistema di copia da una matrice iniziale, con questo apparecchio l’artista doveva incidere tante<br />

volte quante erano le copie di cilindri da produrre. La realizzazione di cilindri con temi di Tango interessò artisti come Angel<br />

Villoldo, Linda Thelma ed i coniugi Gobbi, in un periodo compreso tra il 1898 ed il 1914.<br />

Successivamente alla comparsa del fonografo, Chichester Bell e Summer Tainter brevettarono il grafonono, ossia una<br />

evoluzione del fonografo che utilizzava un cilindro con uno strato di cera al posto della stagnola. Grazie all'utilizzo di un<br />

braccio snodabile che riduceva la pressione della puntina sulla cera il solco aveva una larghezza di 0,7 millesimi di<br />

millimetro, quindi, il passo dell'incisione si riduceva a 0,16 mm, aumentando la durata della registrazione fino ad oltre i 2<br />

minuti. A metà degli anni ’80 Emile Berliner pensò di utilizzare un disco al posto del cilindro in cui la puntina invece di<br />

oscillare verso l'alto e il basso, oscilla a destra e a sinistra. Tale invenzione venne chiamata grammofono e il brevetto venne<br />

ottenuto da Berliner nel novembre 1887. L’enorme vantaggio di questa invenzione fu che il disco fonografico poteva essere<br />

riprodotto in più copie molto più semplicemente che i cilindri di Edison. Il Tango dei primordi poté essere diffuso su vasta<br />

scala attraverso le incisioni acustiche, che perdurarono fino al 1926, in dischi incisi su un solo lato. In Argentina, le matrici,<br />

ossia l’incisione iniziale del brano, veniva spedita in Germania, Francia, Brasile o negli Stati Uniti per essere replicata con


tiratura commerciale. Su tali supporti venne registrata gran parte delle prime<br />

produzioni del tango della Guardia Vieja, ma anche le versioni eseguite dalle<br />

bande municipali di Buenos Aires e della banda Repubblicana di Parigi. A<br />

partire dal 1910 si affaccia anche la versione del disco fonografico inciso su<br />

due facce, mentre viene standardizzata una velocità di 80 giri per minuto.<br />

Durante questo decennio sorgono un’infinità di case discografiche per la<br />

diffusione commerciale della musica in tutti gli ambienti (Polyphon, Telephone,<br />

Columbia, Nacional Odeón, Pathé e Victor, tanto per citare alcuni tra gli esempi<br />

più importanti). Tutte queste imprese avviarono un vero e proprio reclutamento<br />

di artisti, orchestre, bande musicali per creare un repertorio su vasta scala. Nel<br />

caso del Tango le case discografiche si attrezzarono per costituire delle<br />

orchestre ad hoc alle quali far incidere le hit del momento, così il Tango trovò il<br />

proprio riscatto sociale ed una grande diffusione oltre il perimetro rioplatense<br />

dove era nato. Artisti come Vicente Greco e la sua Orquesta Tipica Criolla<br />

lasciarono in eredità le prime registrazioni di tanghi popolari come Rosendo e<br />

Don Juan; Juan Maglio Pacho incise il primo brano con assolo di bandoneon<br />

(La sonambula); infine Carlos Gardel fece conoscere al mondo lo stile creolo<br />

del Tango canción.<br />

Non c’è dubbio che alla metà degli anni ’20 il Tango era diventato un fenomeno<br />

commerciale dalle ampie possibilità di guadagno. Il business venne percepito<br />

da due colossi della musica dell’epoca, la Odeon e la Victor, mentre nel mondo<br />

delle tecniche di registrazione quella acustica veniva sostituita da quella<br />

elettrica. Siamo nel 1926 e la Odeon sperimenta la registrazione elettrica con<br />

Carlos Gardel incidendo i tanghi Corrientes e El pibe. L’anno successivo, la<br />

velocità di incisione passa da 80 a 78 giri per minuto, dando vita al famoso<br />

disco a 78 giri (78 rpm) che fece la storia della musica fino all’avvento dell’LP.<br />

Su tale supporto a 78 giri si affermò l’intera produzione tanguera della Epoca<br />

de Oro. Le case discografiche Victor e Odeon continuarono ad arricchirsi<br />

contrattando i migliori artisti e le orchestre più famose, ma il mercato permise<br />

anche ad altre realtà di inserirsi nel mercato musicale del Tango. Per questo<br />

motivo vi furono diversi tentativi di far crollare il duopolio Victor-Odeon da parte<br />

di altre etichette come Electra, Brunswick, Columbia, ecc.<br />

Nel 1948, le basse velocità di riproduzione a 33 giri per minuto, applicate alle<br />

lastre infrangibili, create dall'ingegnere Peter nel 1945, conquistarono il<br />

mercato nordamericano introdotto dalla Columbia Records. Il disco a 33 giri, o<br />

long playing, soppiantò progressivamente il disco in gommalacca che veniva<br />

riprodotto a 78 giri, grazie alla migliore qualità e durata del vinile. Su un singolo<br />

vinile potevano essere incisi fino a 12 brani, 6 per lato. La musica entra<br />

definitivamente nell’era moderna nello stesso momento in cui la RCA Victor<br />

lanciò il disco a 45 giri, di dimensioni ridotte rispetto al 33 giri e dalla capacità di<br />

2-4 brani per disco. Nel 1950 quando un gruppo finanziario argentino,<br />

composto da investitori della Sicamericana e dell'Argentina Sono Film, regalò a<br />

Buenos Aires i primi dischi stampati a 33 giri, prodotti da tempo in Perù, il primo<br />

interprete di Tango legato alla nuova tecnica di incisione fu Carlos Di Sarli, che<br />

iniziò la serie di dischi di 17 cm di diametro con quattro classici del suo<br />

repertorio: El opio, La gran muñeca, El incendio e Germaine. Solo più tardi<br />

arrivò Odeon con Fresedo, Pugliese, De Caro, Canaro, Gardel e altri. La<br />

versione di vinile a 45 giri con vari diametri, detto anche EP (extended play), si<br />

afferma contestualmente alla commercializzazione dei juke-box e convive con<br />

la versione a 33 giri, quando, il 18 agosto 1990, in seguito a un accordo tra<br />

tutte le multinazionali del disco viene cessata la grande produzione del<br />

supporto (fino al 1991), tuttavia venne prodotto ancora fino al 1993, quando<br />

anche il 33 giri cedette definitivamente il posto a musicassette e CD.


STEFANO FRANCIA ENJOYART - POMODORO STUDIO ALWAYS<br />

presenrtano<br />

"Rhythm " & "Relaxing"<br />

di Julie Collins e Ciro Vinci<br />

UNA NUOVA COLLANA CHE TI AIUTA,<br />

NELL'ALLENAMENTO DEL TUO BALLO<br />

PREFERITO E A RILASSARTI CON LE NOTE<br />

DI JULIE COLLINS E CIRO VINCI.<br />

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Marino Cassandro nasce a Firenze il 7 febbraio 1969, in una<br />

famiglia che ha sempre manifestato particolare attenzione per l’arte<br />

in generale, e per le capacità creative in qualsiasi forma si<br />

esprimessero. La sua indole sognatrice e “ribelle” non gli ha<br />

permesso di seguire gli studi accademici, pertanto, ha coltivato<br />

la sua passione e affinato la tecnica da autodidatta. Marino ama<br />

la pittura, vive per trovare il punto d’incontro con l’universo, che<br />

rappresenta il senso della sua ricerca pittorica e della sua esistenza<br />

stessa. La sua pittura è informale, esclude ogni forma<br />

tradizionale e l’astrattismo di ordine geometrico, cerca di<br />

esprimere la forza e le suggestioni della materia presentandole<br />

in libere associazioni. L'artista cerca la sinergia tra colore, linee e<br />

forme al fine di ottenere equilibrio e consapevolezza del proprio sé.<br />

Dopo anni di ricerca, tramite la sua anima, usata come strumento di<br />

analisi di sé stesso, ha acquisito la consapevolezza del tutto che ha<br />

origine dal punto. L'essere umano non può vivere di vita propria,<br />

ha la necessità di nutrirsi, dissetarsi, ricevere energia solare,<br />

aria, componenti fondamentali per la sopravvivenza. Lo stesso<br />

principio lo ritroviamo anche nel mondo animale e vegetale, tutti uniti<br />

in questa legge universale. Senza questa verità tutto decadrebbe.<br />

Da questa analisi introspettiva Marino vede il tutto: Il punto la<br />

sfera o il cerchio viene identificato, come un essere umano, con<br />

un suo microcosmo interiore e con esso descrive il personale il<br />

sociale il cosmico e lo spirituale. Il colore rappresenta l'energia<br />

che ognuno riveste in base alla propria conoscenza. Colori scuri<br />

energia bassa, colorati alta e rappresenta l’universo essenza di una<br />

singolarità di amore.<br />

https://www.youtube.com/channel/UCfOQcsZ4IXGZcLWoF82KGlg/videos<br />

http://www.marinocassandropittore.it/opere/


Un pomeriggio di attività per famiglie dedicate<br />

al "carnevale degli animali e delle piante": il<br />

MUSE - Museo delle Scienze si anima con<br />

laboratori creativi, giochi e attività scientifiche<br />

sui temi del mimetismo, delle illusioni e del<br />

mascheramento nel mondo naturale.<br />

Piante che “si travestono” da sassi per non<br />

essere mangiate, rapaci notturni che si<br />

confondono con le tinte della corteccia fino a<br />

“scomparire” e pesci che, per intimidire i<br />

predatori, sfoderano un grande “occhio” finto<br />

sul loro corpo. Sono solo alcune delle strategie<br />

che molte piante e animali mettono in campo<br />

per difendersi da potenziali pericoli, trarre<br />

vantaggi o riuscire a comunicare. Martedì 1<br />

marzo <strong>2022</strong>, in pieno spirito di Carnevale, il<br />

MUSE propone “Scherzi in Natura”, un<br />

pomeriggio di attività, laboratori e corner<br />

informativi che, declinati in chiave scientifica,<br />

giocheranno proprio sui temi del<br />

mascheramento e dello scherzo.<br />

Come immagine promozionale dell’evento è<br />

stato scelto un allocco di Lapponia, animale<br />

campione di mimetismo grazie al suo<br />

piumaggio che richiama perfettamente i colori<br />

della corteccia degli alberi.


L I B R I<br />

TuttoBallo<br />

LO SCRIGNO DELLA MEMORIA<br />

Recensione di Roberta Vogna<br />

Pur non avendo mai letto nulla di Kathryn Hughes è comunque un'autrice che<br />

conosco bene, so che ha uno stile unico e particolare e che i suoi libri sanno<br />

toccare nel profondo il cuore del lettore... Non è un caso che proprio oggi nel Giorno<br />

della Memoria esca il suo nuovo libro, in cui conduce il lettore in un viaggio nel<br />

tempo proprio ai terribili giorni della seconda guerra mondiale... In Lo scrigno della<br />

memoria Kathryn Hughes ci racconta di due donne che apparentemente non hanno<br />

molto in comune: una è una centenaria che sta passando gli ultimi giorni in una<br />

casa di riposo, l'altra è una giovane donna di poco più di 20 anni che lavora e fa<br />

mille sacrifici per realizzare il suo sogno eppure il caso vuole che si incontrino e che<br />

tra loro si instauri un'amicizia sincera e insieme riescono a curare le ferite l'una<br />

dell'altra, soprattutto Candice grazie all'anziana Jennifer riesce a trovare la forza di<br />

emergere e di ritrovare la strada verso la felicità.<br />

Rubrica a cura del blog<br />

"Il COLORE DEI LIBRI"<br />

<br />

http://ilcoloredeilibri.blogspot.com/<br />

LO SCRIGNO DELLA MEMORIA<br />

di KATHRYN HUGHES<br />

Prezzo: € 19,00 | Ebook: € 9,99 |<br />

Pagine: 432| Genere: Narrativa Contemporanea|<br />

Editore: Casa Editrice Nord|<br />

Data di Pubblicazione: 27 Gennaio |<br />

TRAMA<br />

Due donne distanti nel tempo, eppure<br />

vicinissime Un ricordo perduto Un legame che<br />

nemmeno la guerra è riuscita a spezzare<br />

Esistono vite senza rimpianti? Forse sì, pensa<br />

Candice, durante i festeggiamenti per il<br />

centesimo compleanno di Jenny. Di tutti gli ospiti<br />

della casa di riposo, Jenny è quella cui lei si è<br />

affezionata di più, sempre serena, soddisfatta,<br />

appagata. Eppure, quella sera, di ritorno nella<br />

sua stanza, l'anziana mostra a Candice uno<br />

scrigno con dentro un fascio di vecchie lettere e<br />

un ciottolo raccolto su una spiaggia lontana. Ciò<br />

che è accaduto su quella spiaggia è un peso che<br />

da troppo grava sulla sua coscienza e, ora che la<br />

fine è vicina, Jenny ha bisogno di chiudere<br />

finalmente i conti col passato. Quindi chiede a<br />

Candice di accompagnarla in Italia, là dove tutto<br />

è iniziato, e lei accetta di buon grado: quel<br />

viaggio potrebbe essere l'occasione giusta per<br />

prendere le distanze da un'esistenza monotona,<br />

dalle difficoltà economiche e da un fidanzato fin<br />

troppo possessivo. E così, passo dopo passo,<br />

Candice si ritrova a raccogliere i frammenti di<br />

una storia scritta nella polvere della guerra, la<br />

storia di una ragazza accecata dall'amore, di un<br />

uomo idealista e irascibile, e dell'istante che ha<br />

cambiato tutto. Perché quando un legame<br />

diventa tanto stretto da risultare soffocante, è il<br />

momento di scegliere se sacrificarsi o ribellarsi,<br />

subire o reagire. E presto, seguendo le orme di<br />

Jenny, anche Candice sarà costretta a fare una<br />

scelta definitiva...<br />

Tra presente e passato il lettore viaggia insieme a Jennifer e Candice, con loro fa<br />

sia un viaggio nei ricordi sia il lungo viaggio in Italia, luogo dove Jennifer ha vissuto<br />

per anni e dove ha visto fino a che punto era crudele la follia dei nazisti... Sono<br />

genovese di nascita e mi ha colpito particolarmente il racconto di Jennifer, il mio<br />

cuore si è spezzato insieme al suo e nello stesso tempo ho ringraziato l'autrice per<br />

come con le sue parole ha reso giustizia alle tante vittime di una guerra senza<br />

senso. All'inizio ho trovato il ritmo narrativo un po' lento, ma considerando i temi<br />

trattati è perfetto, perché scandisce il lento ed inesorabile scorrere del tempo, inoltre<br />

da maggiore incisività alla storia, che viene raccontata attraverso due punti di vista:<br />

quello di Jennifer tra presente e passato e quello di Candice nel suo presente<br />

insieme ad un uomo che dice di amarla e invece non fa che manipolarla in maniera<br />

totalmente egoistica e violenta. Lo scrigno della memoria ci parla di amore, di<br />

rinunce, di sacrifici e di dolore e l'amore che ci racconta in queste pagine Kathryn<br />

Hughes è qualcosa di più grande del sentimento tra un uomo e una donna, è<br />

l'amore che si instaura tra due amiche, tra due fratelli o con le persone che hanno<br />

accolto Jennifer nel corso della sua vita e che le hanno lasciato grandi<br />

insegnamenti... Ma anche l'amore quello malato, che diventa veleno che uccide<br />

piano piano, proprio come quello tra Candice e Beau, un amore che spezza e<br />

qualche volta finisce per uccidere.<br />

Kathryn Hughes pagina dopo pagina mi ha conquistata con il suo stile accurato, in<br />

cui nulla è lasciato al caso, uno stile scorrevole e coinvolgente, in cui si nota il lungo<br />

lavoro di ricerca fatto dall'autrice stessa, che cita fatti storici realmente accaduti con<br />

incredibile precisione, tanto che il lettore ha l'impressione di viverli insieme alla<br />

protagonista. Inizialmente le 432 che costituiscono Lo scrigno della memoria mi<br />

avevano spaventata, poi man mano che procedevo con la lettura mi son resa conto<br />

che non solo ero incapace di staccarmi dal libro, ma che ogni capitolo volava via<br />

veloce, totalmente coinvolta dalla storia delle due protagoniste non mi sono resa<br />

conto del passare delle ore, non mi sono mai distratta o annoiata e ho letteralmente<br />

divorato il libro. Una lettura questa che consiglio a tutti, un libro che sono sicura vi<br />

resterà nel cuore, con la sua storia così vera e terribilmente attuale...


TuttoBallo<br />

Milanesi di tutto il Mondo,<br />

unitevi Qui:<br />

Assia Karaguiozova<br />

D u e v o l u m i f r i z z a n t i e s p e n s i e r a t i ,<br />

l ’ a u t r i c e , M i c h e l a P r o i e t t i , g i o r n a l i s t a<br />

d e l C o r r i e r e d e l l a S e r a , s i d i m o s t r a<br />

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c o m u n i c a z i o n e r i u s c i t a : i m p e g n o<br />

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L a M i l a n e s e e L a M i l a n e s e 2<br />

P r e f a z i o n e d i I n è s d e l a F r e s s a n g e


Tre nuove collane musicali per la cura del copro, dell’anima e della mente.<br />

Prodotte dall’associazione Stefano Francia <strong>EnjoyArt</strong>, Pomodoro Studio<br />

Edizioni Musicale - Always Record e composte dalla compositrice<br />

americana Judie Collins e dal maestro Ciro Vinci.<br />

Dopo il successo di "Dillo Alla Danza vol 2" pubblicato in occasione della Giornata<br />

Mondiale della Danza, l'associazione Stefano Francia <strong>EnjoyArt</strong>, lancia una nuova<br />

produzione discografica dedicata ai ritmi di tutti gli stili di danza. La collana<br />

discografica, disponibile su ogni digital store (Spotify, Deezer, Amazon Music, Apple<br />

Music… ) sarà composta da vari volumi, ognuno dei quali studierà il ritmo di una<br />

singola danza. I primi 3 volume sono dedicati al ritmo del Cha Cha Cha e Rumba e un<br />

volume dedicato al relax e meditazione.<br />

"Rhythm" è studiata per agevolare l'insegnamento musicale e coreutico di ogni<br />

singolo ballo. In ogni volume amatori e professionisti possono sviluppare la loro<br />

tecnica seguendo il ritmo della danza selezionata…<br />

"Relaxing" invece, è una collana che raccoglie brani composti per accompagnare il<br />

danzatore nell’ attività di rilassamento quotidiano e meditazione composte a 432 Hz.<br />

L’accordo a 432 Hertz (Hz) risuona con le frequenze fondamentali del vivente: battito<br />

cardiaco, replicazione del DNA, sincronizzazione cerebrale, e con la Risonanza di<br />

Schumann e la geometria della creazione.<br />

“Musicoterapia” La musicoterapia è una disciplina basata sull'uso della musica come<br />

strumento educativo, riabilitativo o terapeutico. Basandosi su questa definizione il<br />

Pianista, musicoterapista, compositore, vocal coach, Ciro Vinci, persenta il suo primo<br />

abum sul benssere dell’essere umano intitolandolo “Musicoterapia”, un lavoro<br />

composto da 8 track con lo scopo di educare, riabilitare e accrescere la cultura del<br />

benessere. Diversi studi hanno dimostrato che la musica influenza il cervello ed il<br />

corpo, l’ascolto delle note musicali sono utile per alleviare lo stress, ridurre la<br />

depressione e contrastare stati mentali negativi. Molte ricerche sull’argomento hanno<br />

evidenziato che alcuni dei principali modi in cui la musica può aiutarci a sentirci<br />

meglio, è ridurre l’ansia, migliorando l’ accettazione di sé e facilitando la<br />

comunicazione e le relazioni con gli altri, ascoltare musica è altamente legato<br />

all’aumento di stati di felicità. La musica a questa frequenza è stata utilizzata per<br />

migliaia di anni come musico terapia anche se è decollato nei primi anni 2000.<br />

Le pubblicazioni discografiche prodotte dalla Stefano Francia <strong>EnjoyArt</strong> sonos state<br />

composte scegliendo melodie musicali, concentrate sui ritmi accompagnati da solo<br />

armonie per sviluppare maggiore concentrazione e apprendere meglio il rimo di un<br />

ballo. Oggi avere una conoscenza di base della musica, e in particolare del ritmo,<br />

aiuta nei movimenti e armonia del copro. Una base ritmica è il giusto supporto per<br />

memorizzare la coreografia, per migliorare la coordinazione con il partner o i partner<br />

e, soprattutto, a muoverci a tempo. Ogni singola Album è utile ai principianti, agli<br />

amatori ai professionisti, ai semplici appassionati di musica, e ai coach. L’utilizzo della<br />

musica nell’apprendimento sviluppa maggiori endorfine rendendolo più facile. Il<br />

progetto è stato realizzato da Fabrizio Silvestri e Bernardo Lafonte. La produzione è<br />

affidata al Pomodoro Studio Edizioni Musicale e la distribuzione, negli store digitali,<br />

alla Always Record. La composizione delle basi musicali ritmiche di latini, standard,<br />

liscio e ballo da sala e caraibici è affidata all’artista Americana Julie Collins, mentre la<br />

musico terapia al maestro Ciro Vinci, Pianista, musicoterapista, compositore, vocal<br />

coach. La sua musica innovativa ed elegante dotata d’intensa espressività è frutto di<br />

una ricerca profonda ed elaborata di contaminazioni sonore che si aprono al new age,<br />

al jazz, alla musica mediterranea e la rendono pienamente compatibile come colonna<br />

sonora d’ immagini surreali. Dal 2019 compone musiche per programmi televisivi in<br />

onda su “La 7” e per spot pubblicitari per reti nazionali e Web. Gli album sono<br />

disponibili su tutti i digital store.


di Sandro Mallamaci


Esce in libreria, per Effigi Editore, una nuova collana di studi per la valorizzazione dei patrimoni fotografici, custoditi presso la fondazione<br />

AAMOD e non solo. Accanto alla storica e periodica pubblicazione degli Annali dell'Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e<br />

Democratico, si aggiunge dunque "Storia Sguardi Icone", una serie di volumi che ha tra gli obiettivi quello di approfondire la ricerca nel campo<br />

degli studi storici, sociali, antropologici anche attraverso l'uso delle fonti fotografiche, oltreché filmiche.<br />

L'intento è infatti quello di realizzare cataloghi ragionati di fondi di immagini fisse, conservate in un istituto, pubblico o privato che sia,<br />

contestualizzando le occasioni di realizzazione, di aggregazione e uso, la provenienza, le finalità di autori e committenti, proponendo al<br />

tempo stesso connessioni con altra documentazione, con fonti correlate di altre tipologie, nonché attraverso percorsi utili ai fini della<br />

formazione e della didattica. Ogni catalogo propone infatti "percorsi espositivi" veri e propri, con preziosi contributi critici, che precedono le<br />

fotografie, offrendo vari spunti di ricerca anche inediti, ai fini di un utilizzo laboratoriale da parte di insegnanti e studenti.<br />

Un apparato iniziale di contributi critici, con preziosi interventi da parte di studiosi di aree disciplinari differenti, consentirà di inquadrare al<br />

meglio le sezioni di immagini organizzate per temi, sorta di percorsi espositivi, precedute da una breve presentazione. I volumi avranno la<br />

veste di veri e propri cataloghi, utili per guidare idealmente i "visitatori" all'interno di una possibile mostra, con una cura e passione particolare<br />

dal punto di vista grafico e della restituzione delle fotografie riprodotte, qualità che la casa editrice Effigi persegue da sempre.<br />

Il primo volume della collana, a cura di Letizia Cortini, Elisabetta Frascaroli e Anna Storchi, è dedicato al Fondo Roberto Matarazzo. Frutto di<br />

un lungo e accurato lavoro, svolto grazie a una proficua sinergia tra istituzioni (Fondazione AAMOD, l'Associazione Modena per gli altri e il<br />

Centro di documentazione memorie coloniali) e singole persone, la realizzazione di questo catalogo ha visto un impegno specifico nel<br />

recupero delle fotografie realizzate dal fotografo amatoriale Roberto Matarazzo, radiotelegrafista in Africa, durante la conquista fascista<br />

dell'Etiopia, negli anni 1936-1937. L'ampia selezione e pubblicazione, per argomenti, di queste fonti potrà contribuire ad approfondire<br />

l'indagine storica su un periodo e su memorie ancora in gran parte rimosse, nascoste soprattutto nei cassetti delle famiglie italiane.<br />

L'intero fondo fotografico "Roberto Matarazzo", costituito da oltre 600 immagini, soprattutto negativi, è stato depositato dal figlio Elio<br />

Matarazzo presso la fondazione AAMOD ed è consultabile al sito www.aamod.it e sul sito del progetto Returning and Sharing Memories,<br />

www.memoriecoloniali.org (sezione Fondi documentali).


di Rita Martinelli<br />

Il Tempo. In natura, il tempo della vita che trascorre rimanda ad un cerchio: i cerchi<br />

concentrici del tronco di un albero, la struttura delle conchiglie (e viene in mente la<br />

doppia elica del DNA). Non casualmente, le lancette di un orologio, nel loro andare,<br />

descrivono un cerchio. Ogni cultura ha il proprio computo del tempo e non penso solo<br />

al calendario - che è una convenzione - ma alla cultura, nel quotidiano, di una società,<br />

di una etnìa: che cosa hanno in comune la percezione e la concezione del tempo di un<br />

pastore berbero con quelle di un manager trolleycellularmunito (sì - tutto attaccato) che<br />

si sposta - senza, in realtà, muoversi - esattamente come un pacco, per terminal e<br />

aziende?<br />

Piccola riflessione davanti ad una autentica, geniale delizia: l'orologio ad acqua nel<br />

cortile di Palazzo Berardi, in via del Gesù 62. Nella vasca antistante, dove in genere<br />

nuotano dei pesci rossi, c'è anche la sculturina di una piccola foca. L'ha ideato, nel<br />

1870, Giambattista Embriaco (ligure di Ceriana), frate domenicano, superiore del vicino<br />

Convento della Minerva. E anche l'orologio ad acqua del Pincio (a Villa Borghese),<br />

sicuramente più noto, si deve a lui - lo progetta nel 1867, poi costruito dai fratelli<br />

Granaglia e installato nel 1873, sullo scoglio della minuscola isola con laghetto intorno.<br />

Li guardi, ti ci incanti davanti e vedi, fisicamente, lo scorrere del tempo, nell'acqua...<br />

E, adesso, verso il Tempo del Drago.<br />

L'orologio della chiesa di Sant'Atanasio dei Greci (rito bizantino), in via del Babuino<br />

149, angolo via dei Greci. La lancetta dell'orologio ha la forma di un drago che si<br />

addenta la coda: è il mitico Ouroboros, simbolo della circolarità del tempo, dell'unione<br />

degli opposti. E un drago è anche l'emblema presente nello stemma della famiglia<br />

Boncompagni, cui appartiene papa Gregorio XIII, riformatore del calendario e<br />

committente dell'edificio (la sua costruzione inizia nel 1580 e, curiosa coincidenza,<br />

secondo il calendario cinese, cadeva l'anno del drago). Quella lancetta racconta una<br />

storia di antiche suggestioni, di scambi di doni e di manufatti giunti dal lontano Oriente<br />

nella Roma del Cinquecento - dal 1576, Macao, colonia portoghese, fu base delle<br />

missioni dei gesuiti in Cina e Giappone. È ritagliata e sbalzata e incisa con rilievo<br />

leggero in una lamina di rame e l'ultimo lembo della coda esce serpeggiando con sopra<br />

una stella che indica le ore.<br />

Finale col botto: la metà di un giorno se n'è andata. Ed è una cannonata a scandire il<br />

fatto: a mezzogiorno in punto, al Gianicolo, proprio sotto al piazzale dove c'è la<br />

statua di Giuseppe Garibaldi, un cannone caricato a salve spara l'ora. L'uso fu<br />

introdotto da Papa Pio IX, il 1° dicembre 1847, per avere un segnale unico dell'ora<br />

ufficiale, anziché il suono scoordinato delle campane delle chiese cittadine.<br />

Attualmente è in uso un obice, risultato di un assemblaggio - bocca da fuoco e affusto,<br />

impiegati durante la seconda guerra mondiale. La squadra pezzo che opera ogni<br />

giorno è fornita dal reggimento addestrativo del Comando Artiglieria. Davanti, una vista<br />

formidabile sulla città. Come una calamita, mi attira, sempre, la cupola-astronave del<br />

Pantheon - al sommo, l'oculo: un cerchio, nel vuoto.


TuttoBallo<br />

Partendo da una città affollata e sempre in movimento ho scoperto<br />

nella contea di Maramures, in Romania, la tranquillità e<br />

l’autenticità di vivere un altro tipo di quotidianità. La persone<br />

vivono in modo semplice senza l’uso di internet e delle tecnolgie,<br />

ma felici di lavorare la loro terra, di stare davanti ai loro cancelli in<br />

legno per socializzare con i vicini, assaporando il silenzio del<br />

luogo e respirando un’aria pura e incontaminata. La contea<br />

Maramures, situata nel nord della Romania, è un luogo<br />

affascinante, selvaggio, racchiuso tra colline verdeggianti in<br />

primavera e d’estate, con delle bellissime vallate disseminate di<br />

case tradizionali, costruite in legno, e di monasteri sempre in<br />

legno, con delle “capite” di fieno raccolto in un modo speciale, con<br />

dei cancelli altissimi in legno meravigliosamente scolpiti. La gente<br />

è gentile, accogliente, orgogliosa di conservare e tramandare le<br />

vecchie tradizioni e gli antichi costumi alle nuove generazioni. Il<br />

pittoresco del luogo è rappresentato dalla presenza di numerosi<br />

monasteri in legno, capolavori unici al mondo la cui bellezza<br />

architettonica ha fatto sì che venissero inseriti nel Patrimonio<br />

Unesco dell’Umanità. Come il monastero Barsana, un angolo di<br />

paradiso terrestre situato sulla sommità di una collina, composto<br />

da un insieme di magnifici edifici costruiti in legno, somiglianti alle<br />

pagode giapponesi, edifici in stile tradizionale del Maramures, uno<br />

più bello dell’altro, contornati da bellissimi fiori. Accanto al<br />

monastero si può visitare e ammirare l’altare d’estate, le case<br />

delle monache, la torre e il campanile, ma anche il museo con le<br />

vecchie icone e gli elementi di tradizione popolare di Maramures.<br />

Qui vivono le monache e alcuni bellissimi pavoni, il luogo è<br />

visitato da numerosi turisti provenienti da tutto il mondo. Il<br />

monastero Peri Sapanta è un altro luogo importante del<br />

Maramures, ed è considerato il più alto monastero in legno del<br />

mondo. È inserito nel Patrimonio Unesco per la sua unica e<br />

magica bellezza. Con il suo grande giardino pieno di fiori e alberi,<br />

con un aria carica di pura spiritualità, il monastero è un gioiello<br />

della contea Maramures, luogo giusto per fermarsi e raccogliersi<br />

in preghiera. Ma per chi sceglie di visitare Maramures è d’obbligo<br />

visitare alcuni suoi borghi, come ad esempio il borgo di Breb, dove<br />

si può passeggiare nelle viuzze sterrate, ammirare le antiche case<br />

in legno ancora abitate, i bellissimi cancelli alti scolpiti in legno,<br />

interagire con la gente del posto. Qui va ancora di moda indossare<br />

gli abiti tradizionali che i locali mettono di domenica e nei giorni<br />

festivi. Poi ci sono altre attrazioni, come il Cimitero dell’allegria,<br />

un posto davvero unico e originale, la Cascata dei cavalli, il<br />

Museo etnografico di case tradizionali. Per chi sceglie di<br />

soggiornare da questi parti ci sono numerose pensioni a<br />

conduzione familiare dove il turista viene accolto con gentilezza e<br />

amicizia, il servizio è ottimo, il mangiare e il bere sono buoni e<br />

sani. La bellezza e il pittoresco mi hanno davvero incantata. Al di<br />

là delle bellezze architettoniche e dei paessaggi straordinari che<br />

ho visto e ammirato, ho portato con me a casa un po’ della pura<br />

spiritualità del luogo, ho imparato ad ascoltare di più il silenzio, la<br />

pace e la tranquillità che regnano da queste parti.Sicuramente<br />

intendo tornare un giorno in questo luogo meraviglioso che ha<br />

tanto da offrire.


TuttoBallo<br />

Ci sono luoghi senza tempo, in<br />

Italia, che non sono stati ancora<br />

scoperti dal turismo di massa e, chi<br />

ha la fortuna di visitarli, riscopre il<br />

fascino di una vita antica, scandita<br />

dal ciclo delle stagioni e dal respiro<br />

delle onde del mare. Per questo,<br />

vale assolutamente la pena di fare<br />

una visita a Chianalea di Scilla,<br />

all’estremo sud della penisola<br />

italiana, in Calabria: un villaggio di<br />

mare dove il tempo sembra essersi<br />

fermato.Chianalea è un piccolo<br />

borgo da cui ha avuto origine, tutto<br />

intorno, il paese di Scilla. È inserito<br />

nella lista dei Borghi più Belli d’Italia<br />

e non è difficile capire il perché: le<br />

sue case sono costruite direttamente<br />

sul mare, bagnate dal flusso<br />

incessante delle onde ed è per<br />

questo che è stata chiamata “la<br />

Venezia del sud”.<br />

Barche colorate, reti da pesca, stretti<br />

vicoli e viuzze, case battute dalle<br />

onde e. ovviamente, lo splendore del<br />

mare: questo è il primo colpo<br />

d’occhio che troverai arrivando in<br />

paese.<br />

Scaro Alaggio è il porticciolo riparato<br />

dove vengono ancorate le barche:<br />

qui sin dalla mattina presto si anima<br />

la vita dei pescatori del luogo.<br />

Edifici da non perdere sono poi il<br />

Palazzo Scategna con il suo doppio<br />

ordine di balconi in pietra squadrata,<br />

Villa Zagari costruita nel 1933 in<br />

stile eclettico e la Chiesa di San<br />

Giuseppe Chianalea.<br />

Il Castello Ruffo, infine, costruito<br />

sulla rocca famosa per la leggenda<br />

omerica di Scilla, regala una vista<br />

mozzafiato, che si estende fino alle<br />

isole Eolie e alle coste siciliane.<br />

Il nome Chianalea significa "piana<br />

delle galle": le galee era<br />

imbarcazioni agilii e sottili del<br />

medioevo e ,ancora prima, era la<br />

parola con cui veniva chiamato il<br />

pesce spada. La sagra del pesce<br />

spada è una tradizione che nel paese<br />

resiste ancora oggi, ogni estate,<br />

insieme alla festa del Patrono San<br />

Rocco.<br />

A Chianalea si può arrivare in<br />

autostrada, uscendo a Scilla (20 km<br />

prima del capoluogo Reggio Calabria)<br />

e parcheggiando sul lungomare di<br />

Marina Grande (il borgo di Chianalea<br />

è zona pedonale) oppure in treno<br />

(stazione di Scilla) più comodo<br />

soprattutto nei weekend e in alta<br />

stagione, quando trovare parcheggio è<br />

più difficile. In pochi minuti a piedi si<br />

arriva sulla costa.<br />

In alternativa, la zona è anche servita<br />

da autobus di autolinee private. A<br />

Chianalea c’è una piccola spiaggetta<br />

di ciottoli e ghiaia, che si affaccia su<br />

un mare limpido e cristallino.<br />

Nella zona di Scilla invece, la spiaggia<br />

più ampia e velocemente raggiungibile<br />

è quella di Marina Grande, di pietra e<br />

ghiaia. Ma ci sono anche calette più<br />

appartate, per chi ama fare il bagno in<br />

luoghi meno frequentati.<br />

Punta Pacì offre fondali molto<br />

profondi: ideale per gli appassionati di<br />

immersioni subacquee. Cala delle<br />

Rondini è un luogo intimo e<br />

incontaminato, più difficile da<br />

raggiungere, ma che agli “esploratori”<br />

regala uno stupendo scenario<br />

naturale. Un’altra bella caletta,<br />

perfetta per le famiglie, è la Spiaggia<br />

delle Sirene, poco sotto il Castello<br />

Ruffo.<br />

Chi preferisce la sabbia fine può<br />

invece, spostarsi a Favazzina, a soli 5<br />

km da Scilla. Anche qui troverà un<br />

mare stupendo!<br />

Eugenia Galimi<br />

Vice direttore


TuttoBallo<br />

La primavera è alle porte ed io, da buon trapper, inizio a vagare come un nomade giramondo. Mi ha sempre<br />

affascinato la vita dell’escursionista amante del contatto con la natura selvaggia. Le regole dei popoli tuareg del<br />

Sahara e le tradizioni berbere di tutto il nord Africa mi portano a raccontarvi di queste usanze e costumi in un<br />

viaggio sotto il sole cocente del continente africano, tra colori ed ingredienti semplici di sapori molto particolari.<br />

A differenza di ciò che generalmente si pensa, i Paesi del Nord Africa e in particolare quelli del Maghreb hanno una<br />

popolazione tutt’altro che omogenea. Infatti, presentano tradizioni culturali derivanti da un vivace mosaico etnico che vede una<br />

chiara maggioranza araba (fatta eccezione per il Marocco) mescolarsi a quelle popolazioni che, prima ancora dei Fenici e dei<br />

Romani, abitavano i deserti di roccia del Marocco e quelli di sabbia dell’Algeria: i Berberi. Gli Imazighen, letteralmente “Uomini<br />

liberi”, sono quell’insieme di popoli di lingua tamazight che abitano buona parte del deserto del Sahara e del Nord Africa. Da<br />

qui si sviluppa un mosaico gastronomico fatto da gusti, costumi ed ingredienti semplicemente fantastici. La cucina berbera,<br />

amazigh, è un’evoluzione di quella che un tempo era l’alimentazione dei pastori erranti del passato. Questa cucina si<br />

differenzia da paese a paese, ma esistono dei tratti comuni che la rendono peculiare. La varietà è dovuta all’insieme di<br />

ingredienti che, nel corso dei secoli, hanno influenzato questa cultura. Nel settimo secolo gli arabi dalla Persia introdussero le<br />

spezie, i Mori olive e piante di agrumi, quando tornarono dall’Andalusia, cacciati dai Cristiani. Infine, più recentemente, la<br />

dominazione francese sulla zona ha lasciato una sua propria influenza. La cucina berbera è caratterizzata da semplicità e si<br />

basa essenzialmente su formaggio di capra, miele, carne, mais, latte di pecora, fagiano di monte, orzo e burro, olive, agrumi,<br />

mandorle, uva, verdure, barbabietole da zucchero e olio di semi. La carne predominante è quella di agnello e di pollo, ma nelle<br />

zone costiere del Mediterraneo e dell’Atlantico viene consumata una grande quantità di pesce.<br />

Nonostante le verdure siano molto diffuse, è difficile trovare piatti totalmente vegetariani, ad eccezion fatta per le zone<br />

turistiche. Tra i piatti più noti della tradizione berbera ci sono il cous cous, realizzato con il semolino e condito con carne di<br />

agnello, verdure e a volta anche con arachidi e frutta; il tajine, cioè carne di pollo o agnello cotta molto lentamente, insieme<br />

alle verdure, in una pentola bassa di terracotta (che porta lo stesso nome del piatto) con un coperchio conico, le spezie<br />

utilizzate sono lo zafferano, il cumino e il coriandolo, vi sono varianti con pesce, verdure e legumi; la pastilla, tortino di pasta<br />

sfoglia ripieno di carne di pollo o piccione, mandorle a lamelle, zucchero e cannella cucinati in una salsa di limone; il tanjia,<br />

che prende il nome dal recipiente di cottura, una giara di terracotta in cui vengono inseriti tutti gli ingredienti tra cui pezzi di<br />

manzo o agnello interi, aglio, cipolla, prezzemolo, spezie varie, sale, limone, olio e burro che vengono sigillati ermeticamente<br />

nel vaso e cotti sotto le ceneri del forno Hammam per 6 ore. La tradizione vuole che questo piatto venga cucinato<br />

esclusivamente dai soli uomini. I pani e le frittelle sono uno dei prodotti che non mancano mai sulle tavole berbere: l’Aghroum<br />

è un pane di farina di grano duro o mais fermentato cotto nel tipico forno di terracotta; L'aaghroum akouran è una frittella<br />

tradizionale algerina originaria della Cabilia che può essere cotta su una pentola di terracotta o di ghisa. Un po' duro e<br />

croccante, si può preparare senza impastare e riposare con semola, sale, acqua e abbondante olio d’oliva; l’Aghroum<br />

boutgouri: pane ripieno, senza lievito, servito inzuppato nel burro o farcito con carne macinata.<br />

Il Tamtunt, una frittella di cavolo lievitata, farina, acqua e sale. Il Gofio, impasto di farina di grani abbrustoliti. Molti sono i piatti<br />

che si possono degustare nella cultura berbera tra questi ricordo: il Tahricht contenente frattaglie quali il cervello, la trippa, i<br />

polmoni e il cuore che vengono arrotolati nell’intestino e infilzati in un ramo di quercia e cucinati sulla brace; il Mechoui o<br />

barbecue di agnello: un'intera pecora cotta in un forno creato appositamente per questo uso. L'animale è cucinato con burro<br />

naturale, che lo rende più saporito. Questo piatto è servito soprattutto in occasione di festività; l’insalata mechouia con<br />

pomodori, peperoni, melanzane grigliati, conditi con sale, pepe, aglio, polvere di coriandolo e olio d'oliva. Il Tikurbabine: palline<br />

di semola, cipolle, pepe, peperoncino e prezzemolo, impastate con acqua e cotte dentro una salsa a base di carne,<br />

concentrato di pomodoro, cipolle, paprika, pepe e olio. Un dolce molto diffuso è il kaab el ghzal: sono dei biscotti a forma di<br />

mezzaluna realizzati con un impasto a base di farina ripieni di pasta di mandorle aromatizzata con acqua di fiori d'arancio.<br />

La cultura del tè alla menta fonda le sue radici nei secoli. Il suo tepore rinfrescate ha molteplici qualità: dissetante,<br />

calmante in caso di raffreddore, antinfiammatorio del tratto gastrointestinale, utile contro le cefalee, qualità<br />

antitumorali e regolatore del colesterolo nel sangue. Servito a fine pasto, viene preparato in teiere d’argento con<br />

beccuccio lungo, versato direttamente in bicchieri di vetro lavorato da notevole altezza per fare raffreddare l’infuso.<br />

Una cucina semplice, saporita, “rurale”, che ha dato le basi per moltissimi piatti della tradizione maghrebina.<br />

Vi consiglio un viaggio nella cultura berbera carica di storia e semplicità. Fatevi assorbire dai paesaggi sahariani,<br />

seguendo l’orizzonte verso paesaggi desertici tra grandi dune, sole e racconti millenari. Completando la vostra<br />

serata in una tenda berbera sotto il cielo stellato, facendovi ammaliare dall’ospitalità di questo popolo.<br />

Anda nwiγ tafat, ay ufiγ lehwa tekkat.<br />

Aspettavo la luce, ho trovato la pioggia battente (proverbio berbero)<br />

Ljerh yeqqaz ihellu | yir awal yeqqaz irennu.<br />

Una ferita fa male ma guarisce. Una parola cattiva fa male per sempre.


TuttoBallo<br />

INGREDIENTI PER 4 P<br />

2 cipolle<br />

8 cosce di pollo<br />

4 carote<br />

4 zucchine genovesi<br />

1 peperone rosso<br />

1 pezzo di zucca<br />

1 melanzana<br />

2 pomodori<br />

4 patate grosse<br />

spezie: curcuma in polvere, peperoncino in polvere, curry,<br />

zafferano<br />

frutta secca: uva sultanina, mandorle, albicocche secche,<br />

prugne secche, datteri<br />

miele di acacia 1 cucchiaio<br />

sale e pepe nero<br />

olio evo<br />

PROCEDIMENTO<br />

Lavare, mondare, pelare e tagliare tutte le verdure a pezzi grossi. Le carote vanno tagliate a rondelle, le zucchine a mezzelune non<br />

troppo sottili, il peperone e la melanzana vanno tagliati a tocchetti, le patate a spicchi ed i pomodori a fette. Fatto questo mettete il<br />

tajine sul fuoco a fiamma bassa. Tagliate la cipolla a mezzelune e disponetele sul fondo del tajine. Aggiungete i pezzi di carne, del<br />

pepe nero, la frutta secca e le spezie. Fatto questo dovete procedere aggiungendo le verdure nel seguente ordine: carote, peperoni,<br />

zucca, zucchine, pomodori, melanzane e patate. Ogni volta che aggiungete una verdura non dimenticate di aggiungere un pizzico<br />

di sale, la frutta secca e le spezie. Quando avrete finito di aggiungere le verdure alternate di frutta secca e spezie, irrorate il tutto<br />

con abbondante olio e concludete con un cucchiaio di miele di acacia. Coprite con il coperchio e lasciate cucinare a fuoco basso per 1<br />

ora e mezza circa. Se notate che verso la fine c’è un po’ troppo liquido sul fondo, togliete il coperchio in maniera tale che possa<br />

evaporare durante la fase finale della cottura.<br />

INGREDIENTI<br />

800 grammi di spalla di agnello<br />

250 grammi di prugne secche<br />

70 grammi di mandorle<br />

2 cipolle<br />

2 spicchi di aglio<br />

olio evo un cucchiaio<br />

1 bustina di zafferano<br />

due cucchiai di miele<br />

1 cucchiaio raso di zenzero<br />

sale e cannella q.b.<br />

PROCEDIMENTO<br />

Mentre lasciate in ammollo le prugne secche (per circa<br />

un’ora) in acqua tiepida, pulite e fate a tocchetti<br />

l’agnello e cuocetelo nel tajine con l’olio, insieme alla<br />

cipolla e all’aglio. Aggiungete la cannella, lo zenzero, lo<br />

zafferano, il sale, il pepe, un bicchiere di acqua calda,<br />

coprite e fate cuocere per un’ora a fuoco lento.<br />

Aggiungete le prugne e il miele, coprite nuovamente e<br />

lasciate che la cottura duri altri 20 minuti. Prima di<br />

servire il tajine, soffriggete le mandorle tagliate a<br />

filetti in un pentolino a unitele all’agnello.<br />

Accompagnate il piatto con del cous cous.


TuttoBallo<br />

INGREDIENTI PER 4 P<br />

800 gr di miele<br />

300 gr di di farina 0<br />

100 gr di semi di sesamo<br />

olio di semi di girasole per friggere q.b.<br />

50 gr di mandorle<br />

1 uovo<br />

1 cucchiaino di aceto bianco<br />

1 bustina di lievito per dolci<br />

1 cucchiaino di semi di anice<br />

1 pizzico di sale<br />

burro morbido 30 gr<br />

1 cucchiaino di cannella in polvere<br />

acqua di fiori d’arancio q.b.<br />

½ cucchiaino di gomma arabica<br />

PROCEDIMENTO<br />

Tostate per pochi secondi il sesamo e le mandorle in una padella. Versate il sesamo, le mandorle, la gomma arabica e l'anice in un<br />

frullatore e riducete il tutto in polvere. Se non trovate la gomma arabica, potete sostituirla con la gomma di xantano o quella di<br />

guar. In una bacinella capiente impastate la farina con gli ingredienti macinati, il sale, il lievito per dolci, l'olio, il tuorlo, la<br />

cannella, il burro e l'aceto. Mentre impastate aggiungete poca acqua di fiori di arancio. Lavorate l'impasto per circa 5 minuti in<br />

modo che risulti morbido e elastico. Avvolgetelo nella pellicola e fatelo riposare per 30 minuti in frigorifero. Passato questo tempo<br />

tagliate la pasta in 6 porzioni uguali, stendete ogni parte in modo sottile con un mattarello sul piano di lavoro infarinato (1-1,5 mm<br />

di spessore). Tagliate la pasta in quadrati, in ogni quadrato fate 4 tagli longitudinali in modo uniforme al loro interno. Le misure<br />

corrispondono circa alle dimensioni del palmo della mano. Prendete le colonne 1, 3 e 5 con il medio della mano destra. Quindi,<br />

utilizzando la mano sinistra, prendete le colonne 2 e 4 e le inserite all'interno delle altre colonne, dentro e fuori, in modo da<br />

ottenere una specie di forma di fiore. Mettete il fiore sul piano di lavoro e pizzicate un poco i suoi angoli esterni, per sigillare.<br />

Riscaldate olio in un tegame dai bordi alti. Fate friggere i chebakia muovendoli e rigirandoli spesso. Tirateli fuori con una<br />

schiumarola e fateli sgocciolare su carta assorbente. Riscaldate il miele in un tegame capiente con un poco di acqua di fiori di<br />

arancio. Appena è schiumoso, ma non bolle, passate i chebakia subito nel miele e lasciate che lo assorbano per circa 2-3 minuti.<br />

Scolateli con una schiumarola, fateli sgocciolare, adagiateli delicatamente su un vassoio e cospargete di sesamo. Fate raffreddare e<br />

servite.<br />

INGREDIENTI<br />

5 o 6 foglie di tè verde (oppure mezzo<br />

cucchiaio di tè verde o nero)<br />

qualche rametto di foglie di menta<br />

zucchero di canna a piacere (meglio quello<br />

in cristalli)<br />

PROCEDIMENTO<br />

Scaldare la teiera e versare le foglie di tè.<br />

Versarci sopra poca acqua bollente e ruotare<br />

velocemente, poi buttare via l’acqua facendo<br />

attenzione a non perdere le foglie del tè.<br />

Aggiungere menta e zucchero e irrorare con un<br />

litro di acqua bollente. Lasciare in infusione<br />

per circa 5/8 minuti. Eliminare le foglie di<br />

menta che galleggiano in superficie. Servire in<br />

bicchieri di vetro.<br />

La versione originale prevede circa 150 gr di<br />

zucchero di canna.


TuttoBallo


TuttoBallo<br />

Ho fatto un sogno. Sono dentro a un teatro immersivo, ci siete mai stati? Quegli spettacoli dove sei dentro e non davanti. Ambiente<br />

scandinavo, ma tovagliolo di lino con le cifre ricamate sopra. La cifra del mix contemporaneo e classico di Bros, il ristorante che non<br />

c’è, grazie a Dio, fin quando non ci vai.<br />

Come dovrebbe essere sempre. Il ristorante più chiacchierato per il semplice fatto di essere così geniale e centrato.<br />

Pensavate che il titolo fosse negativo? Siete pieni di pregiudizi. Ma c’è dell’altro.<br />

Ambiente scandinavo dicevo, tavoli di legno, perfettamente tondi perché non c’è alternativa al cerchio, la vita è una ruota. Tavoli lisci,<br />

livellati a far da campo da gioco. Poca luce e tende nere e lampade di design senza scrivanie. Tra gli avventori ci saranno<br />

sicuramente degli attori nascosti come se niente fosse, perché sono tutte persone strane qui oggi, tutte come me. Rinuncio a<br />

indovinare tra vero e falso, mi va bene così, mi va bene non conoscere gli altri, mi va bene stare qui con me adesso.<br />

Ma di cosa sono fatta io? Di cosa sei fatto tu? Questo è il tema di questo viaggio. Il tema del menu. C’è scritto dappertutto, persino<br />

nel bagno sullo specchio.<br />

I vetri della sala sono oscurati, guardo il mio cappotto color latte e menta appeso sulla parete vuota. Ci sta benissimo, per fortuna non<br />

c’è nemmeno un quadro. L’espressione (artistica) è tutta nel piatto, ma ancora non lo so se la cucina è arte.<br />

Tra una portata e l’altra si può ballare. Non è vero, ma lo avrei fatto e anche Vera, seduta al tavolo di fronte al mio, si muove sulla<br />

sedia. Ho tutto lo spazio che voglio, intorno e sul tavolo, ho tutto il tempo che voglio m’illudo. La playlist di Bros è trap e techno,<br />

azzeccatissima e poi brani elettronici e ritmi cardiaci. Ho la cassa in testa ma il volume è giusto, il cameriere è giusto, mi sposta le<br />

posate dal lato sbagliato per lasciarmi mettere il telefono dove mi pare. Non è rigido, non è ingessato. Sono libera. Però non<br />

dimenticatevi che lui conosce la parte, che il posto è stellato e che il copione è severo.<br />

Come si chiamano gli agenti di Matrix? Non ricordo. I camerieri di Bros comunque sono gli agenti di Matrix. Camminano insieme a<br />

ritmo e sono intercambiabili, hanno divise stirate eleganti un po’ orientali, blu il colore che non esiste. (Lo sapete che in natura<br />

davvero non esiste?!). Ogni tanto però un sacro cuore di Gesù, grondante di sangue piange nelle loro camicie e si sussurrano<br />

qualcosa tra loro e poi svaniscono dietro la tenda... Sipario.<br />

Secondo tempo.<br />

Tra una portata e l’altra appaiono nella sala degli ologrammi a grandezza naturale (come quelli che si vedono nella trasmissione<br />

“Porta Porta” di Bruno Vespa). Sembrano veri. Appare David Muñoz a braccia conserte in un’immagine di 7 anni fa (io allora pesavo<br />

40kg), poi c’è Martin Berasategui che ammonisce Floriano: “tu sei la somma delle tue esperienze” e “ricorda la pratica fa il maestro”.<br />

Sono sempre nel sogno. Credo. Gli ologrammi si allontanano e si ricompongono. Ovviamente non esistono. Un cameriere che ha<br />

l’età di mio figlio, mi chiede di seguirlo. Fuori c’è il sole, una primavera inaudita a febbraio, qui nel ristorante invece il tono di voce<br />

della luce, è basso e ovattato.<br />

La Puglia dove è? Dentro. Dentro a ogni piatto, ogni respiro, ogni vibrazione che arriva dalla cucina. Ecco dove è la Puglia.<br />

Noi clienti, attori, comprimari siamo distribuiti in isolotti di solitudine, tutti tavoli da 1, ma uno è il numero magico dei tarocchi. E una<br />

coppia che fa invidia, sta esattamente al centro. Al centro delle nostre perplessità sull’amore, sul fare l’amore con il cibo.<br />

Siamo tutti qui ad assistere allo stesso spettacolo, probabilmente senza capirci un cazzo. Questa solitudine ci unisce tremendamente<br />

invece, siamo siamesi, siamo Bros anche noi, facciamo ormai parte della gang. Segretamente ognuno ama qualcuno. Una catena di<br />

baci rubati a persone sbagliate si srotola. Devi infilare la lingua nel piatto se vuoi assaporare, non puoi allontanarti con un cucchiaio o<br />

farti aiutare in qualche modo da uno strumento. Le labbra sono le loro. In cucina c’è il fuoco. Sarà lì l’assassino, finisce lì l’opera<br />

teatrale o invece inizia? Potere di attrazione, energia. Li ho intravisti mentre andavo in bagno, vestiti di nero, nel chiaro scuro della<br />

finestra: Floriano e Isabella gli chef.


TuttoBallo<br />

E intanto gli agenti di Matrix vanno e vengono, lei è scesa in campo, il loro<br />

camminare è più frenetico adesso perché la presenza della chef in sala li<br />

mette in agitazione. Allo stesso tempo si controllano come si controlla un<br />

pilota di formula uno che va a tutta velocità in curva. Sono bravissimi. E’<br />

come se si guardassero da fuori, dall’alto. E’ come se tutto il successo non<br />

fosse il loro. Lui non si affaccia invece, resta con i suoi tatuaggi dietro ai<br />

fornelli, si guarda le mani, ha una fortuna nelle dita, gli guardo il collo.<br />

Sento le voci di chi lo invidia. Difficile per chi non conosce la fatica<br />

riconoscere il dono di natura, del cavallo di razza, colpevole solo di essere<br />

nato per strada.<br />

Sexy, intelligenti, lei come lui. Loro. Loro 2.<br />

E se i veri Bros fossero loro?! Fratelli<br />

non nati sotto lo stesso tetto, diversi,<br />

amanti, sposi incestuosi, duo di<br />

TipTap? Avete presente quella<br />

leggerezza dei film in bianco e nero,<br />

dove l’attore vola come una libellula<br />

e la sua forza è tenera e potente allo<br />

stesso tempo?<br />

Guardo fuori verso la strada, vedo<br />

una ragazza su una sedia a rotelle,<br />

ha una pelliccia rosa e la testa<br />

ciondoloni. Lo sguardo però è vigile,<br />

curioso e cerca un pertugio per<br />

vedere cosa succede dentro questa<br />

grotta da Luna Park. Ma lei non mi<br />

può vedere e d’altronde questo è il<br />

mio sogno. Non il suo. La mia vita,<br />

non la sua. Di cosa sono fatta io?<br />

Che posso camminare, assaporare,<br />

raccontare. Cosa posso dire? La<br />

domanda dovrebbe essere<br />

riformulata caro Floriano.<br />

La vera domanda è: di cosa siamo<br />

fatti noi?Se noi non ci fossimo, voi<br />

non sareste qui ragazzi d’oro e<br />

viceversa. La relazione è la<br />

risposta è di questo che siamo<br />

fatti!<br />

Con le mie gambe, io che posso,<br />

mi alzo e finalmente seguo il<br />

cameriere fuori dal ristorante. Ho<br />

fiducia in lui. Sono sicura che mi<br />

porterà dall’oracolo di Matrix. Mi<br />

poggia una coperta sulle spalle,<br />

c’è un po’ di vento a Lecce oggi.<br />

Pillola blu? Un assaggio di<br />

formaggi senza lattosio<br />

completamente vegani? Una<br />

sbirciatina nel laboratorio creativo<br />

Meta mi sorprende, sul muro ci<br />

sono scritti i progetti e i sogni, mix<br />

di concretezza e fantasia. La<br />

stessa tecnica che usiamo noi in<br />

agenzia.


TuttoBallo<br />

Volete la verità voi che leggete? O volete continuare ad omologarvi, a criticare la<br />

pizza di Cracco, a scegliere la “splendida cornice”, la falsa umiltà, l’ignoranza?<br />

Volete ancora conversare con me per mezz’ora, parlando male di qualcuno per<br />

confessare poi di non averlo mai incontrato e di non aver mai assaggiato<br />

nemmeno un suo piatto? E’ per questo che sono qui oggi. Grazie dunque. 13<br />

portate per il mio menu degustazione, 3 ore, 3 camerieri che si sono<br />

avvicendati, 2 chef, 1 magia. 13 passi, salti, balzi; 13 carezze, sorprese,<br />

conferme. Uno straordinario gioco di consistenze, la sincerità assoluta dei<br />

sapori, la sfrontatezza delle presentazioni. La tecnica all’apice. A volte ti chiedi<br />

cosa devi mangiare, quello che c’è dentro o quello che c’è fuori?<br />

È tutto così bello e attraente.<br />

Non ho bevuto vino però, questa volta volevo concentrarmi sul cibo, una cosa<br />

alla volta. E da adesso in poi, voglio fare così. E il bis di pane si paga a parte.<br />

Perché il pane è una cosa seria. Il pane è il frutto del lavoro dell’uomo. Amen.<br />

Credere fermamente che fin quando resterai fedele a te stesso tutto andrà per il<br />

verso giusto, è il vero segreto di Floriano e Isabella. Scoprire talenti. La sala e la<br />

brigata sono un esercito scelto, come le guardie svizzere del papa. “Alcuni, mi<br />

dice Floriano sono entrati storti da quella porta e sono usciti dritti. È qui che<br />

insieme abbiamo capito cosa era meglio per ciascuno di loro e per noi. Io sto<br />

chiuso dentro Meta a studiare e testare, Isabella viaggia, assaggia e torna da<br />

me per un confronto, gli altri cercano di arginare il mio fiume. Ognuno fa il suo.<br />

Non cederemo di un millimetro.” Per fortuna ho pensato.<br />

Bros è nato nel 2015, la gang è ancora unita, le critiche sono arrivate e hanno<br />

portato una nuova ondata di curiosità. La prova provata sono i mega progetti<br />

in arrivo. Non vi dico niente, non so niente, non ho visto niente. Floriano ha<br />

lavorato nei migliori ristoranti del mondo e ha aperto il suo insieme a Isabella<br />

quando avevano 25 anni lui e 20 lei. Iniziare, sviluppare e concludere è il suo<br />

mantra. Diversificare poi è la chiave di tutto. Oltre a Bros c’è la trattoria<br />

autarchica Roots, il laboratorio Meta, il concept Sista – versione dolce di Bros<br />

a cura di Isabella, dove si ordina tutto on line. Gli eventi, le esperienze e il<br />

catering chiudono il cerchio. In caso di panico picchia, vai avanti e picchia. Ma<br />

la mischia è cosa sacra e rispettosa, si fa tutto trasformando la paura in<br />

benzina. Sapete chi è Paco Torreblanca?<br />

Se non lo sapete chiedetelo a Isabella. Vi siete mai seduti da Geranium a<br />

Copenhagen? A posto così. Adesso potete assaggiare una delle sue crostate.<br />

In questa sorprendente Bros Land, siamo di fronte a due persone che hanno<br />

studiato e sudato e che hanno fatto della disciplina la prima regola di vita. In<br />

sale e in cucina i ragazzi arrivano dai quattro angoli del mondo ( che è sferico<br />

e che angoli non ha), mentre ero seduta lì avrò sentito termini almeno in tre<br />

lingue. Ero a Lecce raga, L-e-c-c-e.<br />

Bros a Lecce non è una messa in scena, ma un vero spettacolo della natura,<br />

la natura umana e divina dei ragazzi di oggi. La cucina italiana è viva e farà<br />

ripartire il paese e il turismo.


TuttoBallo<br />

Dal chicco all’impasto: durante la lezione<br />

sono state illustrate tecniche del<br />

disciplinare STG, curiosità e metodi<br />

riguardanti la vera pizza napoletana e<br />

l’alternativa gluten free, entrambe a ”impatto<br />

zero”. Si è parlato di farine ottenute<br />

esclusivamente da grani italiani, della loro<br />

forza, degli impasti da esse ottenuti ad alta<br />

digeribilità, e delle farciture ricavate con<br />

pomodoro bio proveniente da agricoltura<br />

biologica, olio evo bio e latticini artigianali<br />

ricavati da latte 100% campano. Infine, una<br />

riflessione sugli impasti a mano, su quelli<br />

ottenuti con le impastatrici, sulle cotture in<br />

forni elettrici ecosostenibili o in forni a legna<br />

con tronchetti ecologici pressati.<br />

L’Università dei Gusti e dei Saperi<br />

(UNIGUS), academy di alta formazione<br />

gastronomica ubicata a S. Anastasia (in<br />

provincia di Napoli), ha organizzato per il 23<br />

febbraio un incontro gratuito sul tema “eco –<br />

pizza” con il Maestro Diego Viola.<br />

"E’ opportuno che le nuove generazioni di<br />

pizzaioli siano educate al rispetto del<br />

biologico e dell’ambiente – ha spiegato il<br />

Maestro - In pizzeria, ed in generale in<br />

cucina, è possibile annientare gli sprechi e<br />

ridurre l’impatto ambientale. Ciò provoca<br />

benefici all’ambiente e ai clienti grazie<br />

all’utilizzo di prodotti sempre freschi a<br />

chilometro zero, contraddistinti da maggiore<br />

qualità e sapore perché creati con metodi<br />

biologici, e in sintonia con le stagioni".<br />

"L’eco-pizza risponde alla crescente<br />

sensibilità e consapevolezza dei consumatori<br />

verso le problematiche ambientali e la qualità<br />

del cibo – ha continuato l’insegnate di<br />

UNIGUS - Oggi si ricercano prodotti genuini<br />

e di sapore di cui si conosce la provenienza “<br />

.<br />

Unigus<br />

L’Università dei Gusti e dei Saperi è nata<br />

nel 2019 per volontà di imprenditori già attivi<br />

nel campo della formazione e<br />

dell'enogastronomia, che hanno voluto<br />

creare un polo didattico rivolto (senza<br />

discriminazioni di razza, età, condizione<br />

sociale) a coloro che intendono lavorare<br />

nell’affascinante, ma complesso, mondo del<br />

food. Tutti i corsi proposti da UNIGUS<br />

prevedono un modulo dedicato ai modelli<br />

virtuosi e alle best practices per ripensare il<br />

consumo alimentare in chiave<br />

ecosostenibile.<br />

Diego Viola<br />

Degno erede del nonno, noto panificatore<br />

partenopeo, è specializzato in impasti<br />

innovativi. Pluricampione del mondo 2013<br />

nelle categorie pizza di stagione e pizza a<br />

metro, Terzo classificato ai Mondiali di Las<br />

Vegas, categoria Pizza Napoletana. E’ uno<br />

dei maestri fondatori del codice del<br />

Pizzaiuolo ed è stato pizzaiolo del gala di<br />

Dolce & Gabbana durante il quale ha fatto<br />

degustare pizze napoletane e impasti<br />

innovativi ai più grandi divi di Hollywood<br />

raccogliendo un’infinità di consensi.


TuttoBallo<br />

Giovanni Battista Gangemi<br />

Il pianto è l’espressione umana presente in ogni cultura<br />

e tempo abitato dall’uomo e riveste significati importanti<br />

sin dall’infanzia. Perché non sempre bastano le parole<br />

per esprimere le emozioni. A volte, di fronte al dolore, ci<br />

si può riconoscere uomini e donne fragili.<br />

Le lacrime sono il seguo della umanità che ci accomuna<br />

e, forse, sono anche una risposta. Nel mondo antico<br />

piangere non significava dimostrarsi deboli. Il pianto era<br />

considerato invece una manifestazione profonda del<br />

dolore. Le lacrime sgorgano dal cuore si pensava e, per<br />

gli antichi, il cuore era la sede dell’intelligenza, dei<br />

sentimenti, dei pensieri e delle emozioni.<br />

Anche nell’Iliade e nell’Odissea, le lacrime di Achille, di<br />

Ettore, Agamennone, di Ulisse esprimono molteplici<br />

sentimenti che non sono dominati dalla debolezza, se<br />

mai il contrario: esprimono piena accettazione della<br />

propria umanità e quindi irrompono in quella sfera che<br />

rende eroico l’uomo. D’altra parte anche Gesù ha pianto,<br />

così come diversi personaggi presenti del Vangelo;<br />

anche i Santi piangono. Ed ecco allora il paradosso:<br />

mentre Dio sa piangere, l’uomo diventa sempre più<br />

cinico e incapace al pianto. Del resto è comunque il<br />

linguaggio non verbale di un cuore traboccante non solo<br />

di preoccupazione e dolore ma anche di amore, di<br />

fiducia e tenerezza e talvolta di gioia. Anche la<br />

psicologia odierna riconosce che piangere produce una<br />

sana pulizia dell’anima, una valvola di scarico per<br />

l’accumulo di emozioni negative che derivano dallo<br />

stress. Le persone che piangono e che esprimono la<br />

propria tristezza hanno maggiore equilibrio emotivo di<br />

quelle che reprimono le lacrime e nascondono i propri<br />

sentimenti. Quasi a non voler manifestare una<br />

consapevolezza e prendere coscienza di ciò che è<br />

accaduto e che provoca una reazione emotiva.<br />

Il problema dell’uomo di oggi è il considerevole “deficit”<br />

di senso di rispetto per la morte. Non sappiamo più dare<br />

al morire un senso oltre quello biologico. Ciò che<br />

dobbiamo accettare è che non solo abbiamo un corpo e<br />

dunque “siamo” un corpo. In verità siamo “più” di un<br />

corpo e ci muoviamo dentro una rete di relazioni e di<br />

appartenenze decisive per la nostra identità.


TuttoBallo<br />

Silvio Liberto<br />

L’argomento oggi trattato è il piano di orientamento spaziale,<br />

tutto è in movimento, l’universo per esempio è in continua<br />

espansione e questo determina un movimento, in esso vi<br />

troviamo i pianeti che girano attorno a se stessi e attorno al<br />

sole, il tempo scorre, come l’alternarsi delle stagioni, si nasce,<br />

si matura, si invecchia, si muore, la danza è in movimento,<br />

influenzata dalla forza di gravità che da modo al corpo umano<br />

di svolgere attività motorie. Nello spazio il nostro corpo può<br />

compiere infinite azioni, camminare, correre, saltare, rotolare,<br />

strisciare, rallentare, velocizzare, muoversi in ogni direzione,<br />

fermarsi, e i movimenti possono essere eseguiti in modo<br />

leggero, pesante, scattante, morbidi, contratti, sia larghi che<br />

brevi. Consideriamo il corpo in piedi, eretto, in una posizione<br />

neutrale e naturale, i piedi rivolti in avanti, leggermente<br />

separati, la testa come il tronco eretti, le braccia rilassate<br />

lungo i fianchi, con i palmi delle mani rivolti in avanti, tutto in<br />

un allineamento armonioso, così da immaginare il corpo,<br />

classificandolo ed identificandolo in tre piani di spazio<br />

temporale con linee invisibili che lo attraversano, definiti piani<br />

di orientamento.<br />

Tali piani sono: il piano sagittale, il piano laterale o frontale ed<br />

il piano orizzontale. Il piano sagittale è il piano verticale che<br />

attraversa il corpo anteroposteriormente e lo divide nella metà<br />

sinistra e nella metà destra.<br />

Il piano laterale o frontale è il piano verticale che attraversa il<br />

corpo lateralmente e lo divide nella metà anteriore e nella<br />

metà posteriore. l piano orizzontale attraversa il corpo a metà<br />

della sua altezza e lo divide nella metà superiore e nella metà<br />

inferiore.<br />

L’intersezione di questi tre piani determina tre rette;<br />

l’intersezione fra il piano orizzontale e il piano sagittale da<br />

luogo ad una retta orizzontale anteroposteriore<br />

denominata“asse sagittale”, posizionata all’altezza<br />

dell’ombelico; l’intersezione fra il piano orizzontale e il piano<br />

laterale da luogo ad una retta laterale in posizione orizzontale,<br />

denominata asse trasversale, all’altezza dei fianchi; infine<br />

l’intersezione fra il piano laterale ed il piano sagittale, da luogo<br />

a una retta verticale passante per il centro del corpo, dalla<br />

testa a metà base d’appoggio dei piedi, e corrisponde all’asse<br />

verticale. Adesso immaginiamo questo sistema come punto di<br />

riferimento, applicandolo ad ogni singola articolazione del<br />

corpo, e vedremo che sui piani verticali (sagittale e frontale)<br />

avranno luogo i movimenti di flessione, estensione,<br />

abduzione, adduzione e inclinazione intorno ai due assi<br />

orizzontali.Sul piano orizzontale, invece, hanno luogo i<br />

movimenti rotatori articolari intorno all’ asse verticale.<br />

Più precisamente, sul piano sagittale, intorno all’ asse<br />

trasversale, hanno luogo i movimenti di flessione ed<br />

estensione, nei quali il segmento si muove rispettivamente<br />

nella direzione anteriore e posteriore.<br />

Sul piano laterale, intorno all’asse sagittale, hanno luogo i<br />

movimenti di inclinazione, abduzione, adduzione, e flessione<br />

laterale.<br />

Per ultimo, il piano orizzontale, intorno all’asse verticale hanno<br />

luogo i movimenti di rotazione, chiamati anche circolari o di<br />

circonduzione.


TuttoBallo<br />

Le movenze, le camicie e gilet vistosi, a volte bretelle e barba lunga. Il Barman e<br />

la sua arte del saper miscelare, il suo savoir-faire, il suo resoconto. Tutti dietro<br />

una parola, una evoluzione, presa in prestito:<br />

MIXOLOGY. L’arte della miscelazione o “mixology” è un’arte racchiusa in se<br />

stessa che ha mistero, passione, consapevolezza e tanta chimica.<br />

Il profilo sensoriale delle materie prime diventa intrigante e curioso allo stesso<br />

tempo.<br />

Il segreto è che tutto inizia come un gioco; non di parole ma di gusto, i bouquet<br />

aromatici entrano in contatto con noi fin da subito ed è lì che incomincia<br />

l’identificazione del “profilo aromatico”.<br />

Niente e nessuno meglio del bartender riesce a portare in vita tramite bottiglie e<br />

bicchieri ciò che porta con sé segreti viaggiatori nei bar.<br />

Si pensi anche che la Mixologia nasce dopo la rivoluzione industriale e quindi<br />

con l’invenzione (con tanta maestria) di liquori e distillati, nasce così il concetto di<br />

cocktail, in questo caso in Gran Bretagna, che noi oggi conosciamo con il nome<br />

di PUNCH. Quindi il Mixologist è l’artista dei drink che crea equilibrio ed armonia<br />

tra tutti gli ingredienti.<br />

Diverso il Bartender, che non richiede un vero e proprio background culturale e<br />

nozionistico ma ammalia i propri i clienti con tecniche affascinanti e fa sì che<br />

venga definito come un vero showman.<br />

Con ordine, mi sento di concludere asserendo che sicuramente adesso si beve<br />

meglio di 20-30 anni fa e in un futuro non troppo lontano il mestiere del<br />

Bartender- Mixologo sarà definito come una vera e propria arte culturale di ogni<br />

luogo del pianeta.<br />

Instagram: https://www.instagram.com/danilo_pentivolpe/<br />

WEB SITE: www.bartendersclassheroes.com<br />

Facebook: https://www.facebook.com/pentivolpe.danilo/<br />

Danilo Pentivolpe


BLUSH<br />

i consigli di<br />

Mauri Menga<br />

TuttoBallo<br />

Chiamato in origine “fard”, è un cosmetico che viene utilizzato per donare alle guance<br />

un aspetto più colorato e vivace e per dare risalto e importanza agli zigomi. Proprio<br />

per questa sua caratteristica non dovrebbe mai mancare nel beauty case di una<br />

donna. Chi di noi non ha mai utilizzato il blush per rendere il proprio viso più bello e<br />

luminoso? Senza dubbio si tratta di uno dei cosmetici più amati di sempre dalle<br />

donne. Spolverare le gote di rosa è un gesto femminile che racchiude ben 4000 anni<br />

di storia. Ecco le curiosità che non sapevi sul blush.<br />

L’origine del blush<br />

C’era una volta il fard nell’Antico Egitto. A quell’epoca era abitudine degli uomini così<br />

come delle donne di alto rango sociale usare questo prodotto per donare colore e<br />

luminosità alle gote, ma anche per proteggere la pelle dal sole e dalla sabbia. Veniva<br />

usato come fard l’ocra rossa a secco mescolata ad oli pregiati profumati. Nell’Antica<br />

Grecia anche c’era la consuetudine di colorare di rosa le guance usando però fragole,<br />

gelsi schiacciati e succo di barbabietole rosse. Nell’Inghilterra di epoca vittoriana il<br />

fard subì, dopo secoli di amabile uso, una brusca battuta d’arresto: era considerato<br />

immorale e sconveniente colorare le gote. La pelle del viso doveva essere candida,<br />

anzi bianca. Il fard nel ‘900 era ampiamente utilizzato. Negli anni ‘20 era usato solo<br />

nelle colorazioni rosa e lampone in polvere. Negli anni ‘30 la palette dei colori si<br />

arricchì del fucsia e dei toni del malva. Negli anni ‘40 il fard non era più in polvere, ma<br />

venivano usano i petali di rosa lasciati macerare nell’alcol e poi applicati direttamente<br />

sulle gote in soluzione liquida. Negli anni ‘50 fu inventato il piumino per applicare il<br />

colore in polvere sulle guance più facilmente. Negli anni ‘60 fu la volta dei toni del<br />

marrone, poiché le donne desideravano non apparire “effetto Minnie che arrossisce”<br />

comunemente detto “Bonnie mine”, ma effetto abbronzatura. Negli anni ‘80 fu creato<br />

un pennello specifico per applicare il fard che era disponibile sia liquido che in polvere<br />

in oltre 10 colorazioni. Esistono numerose tipologie di blush tra cui:<br />

blush in crema;<br />

blush in stick<br />

blusher liquido<br />

blusher matitone<br />

Queste tipologie di blush possono essere applicate in tre diversi modi.<br />

con le dita: avendo cura di lavarle bene prima di procedere con l’applicazione,<br />

sfumando verso le tempie;<br />

con pennello a testa larga piatto;<br />

con il pennello piccolo per fondotinta: questo metodo è da preferire se si decide di<br />

utilizzare una colorazione intensa.<br />

blush polvere<br />

usa il pennello per prelevare il blush con movimenti leggeri;<br />

togli l’eccesso sbattendolo delicatamente;<br />

a questo punto metti la bocca come se volessi dare un bacio, in questo modo si<br />

troverà l’ombra naturale dello zigomo;<br />

per un viso tondo: è bene applicare il blush partendo dalle tempie e sfumarlo fino alle<br />

guance con l’aiuto di un pennello piatto;<br />

per un viso allungato: si potrà accorciare con delle linee orizzontali, per renderlo più<br />

armonioso con l’aiuto di un pennello arrotondato;<br />

per un viso quadrato: è ideale applicarlo dal centro del viso alle tempie, sfumando il<br />

colore con movimenti circolari. ora applica il blush sulla parte sporgente dello zigomo<br />

con movimenti circolari verso l’esterno.


TuttoBallo<br />

Blush in polvere libera o compatto<br />

Questo tipo di formulazione deve essere<br />

applicata con il pennello per evitare che<br />

si formino macchie e per la correzione<br />

delle ombre. Il pennello ideale è quello<br />

angolato perché segue la direzione delle<br />

guance<br />

Ogni volto ha bisogno di un diverso<br />

modo di applicazione per enfatizzare lo<br />

sguardo. Ad esempio:<br />

per un viso tondo: è bene applicare il<br />

blush partendo dalle tempie e sfumarlo<br />

fino alle guance con l’aiuto di un<br />

pennello piatto;<br />

per un viso allungato: si potrà accorciare<br />

con delle linee orizzontali, per renderlo<br />

più armonioso con l’aiuto di un pennello<br />

arrotondato;<br />

per un viso quadrato: è ideale applicarlo<br />

dal centro del viso alle tempie, sfumando<br />

il colore con movimenti circolari<br />

Innanzitutto è giusto sapere che non<br />

dobbiamo tenere in considerazione solo<br />

il colore del prodotto ma anche, e<br />

soprattutto, la texture e il finish.<br />

Per decidere se è meglio applicare un<br />

fard in polvere oppure in crema dovete<br />

considerare che tipo di pelle avete sulle<br />

guance. Abbiamo due possibilità:<br />

se la vostra è una pelle normale o secca<br />

potete scegliere tranquillamente un<br />

blush sia in polvere che in crema;<br />

se la vostra pelle è grassa è meglio<br />

scegliere solo il blush in polvere,<br />

rinunciando a quello in crema che, con<br />

l’eccesso di sebo, potrebbe sciogliersi e<br />

formare macchie.<br />

La scelta del finish invece dipende tutto<br />

dalla grana della vostra pelle:<br />

se la grana è liscia e omogenea potete<br />

scegliere il finish che volete;<br />

se la grana ha qualche imperfezione,<br />

come brufoletti, pori dilatati o rughette,<br />

meglio evitare i brillanti che, riflettendo la<br />

luce sulle vostre guance,<br />

evidenzierebbero le irregolarità. Lo<br />

stesso discorso vale anche se avete un<br />

viso piuttosto paffutello.<br />

La nuova tendenza che sta spopolando<br />

è quella del blush contouring,<br />

un’evoluzione della classica tecnica del<br />

contouring che prevede di scolpire ma<br />

anche correggere il volto con l’utilizzo<br />

dei colori che siamo solite utilizzare<br />

come blush.


TuttoBallo<br />

Con la tecnica del blush contouring è possibile ottenere diversi risultati, come<br />

l’effetto lifting, l’effetto sculp, ma anche donare al viso un effetto volumizzante<br />

donando al volto le giuste simmetrie con il solo utilizzo della polvere di blush. In<br />

cosa consiste questa nuova tendenza? Il concetto è lo stesso del contouring<br />

tradizionale, quindi quella di donare tridimensionalità al volto ma con un risultato<br />

molto più naturale e per nulla artefatto. Scopriamo insieme come realizzare al<br />

meglio la nuova tecnica del blush contouring o draping:<br />

Per ottenere un effetto lifting si andranno ad utilizzare una tonalità scura subito<br />

sotto lo zigomo sfumando verso le tempie mentre con il blush chiaro si andrà a<br />

sottolineare i contorni del volto, partendo dagli occhi fino alle tempie.<br />

Per la realizzazione dell’effetto sculp utilizzeremo un blush scuro per tirare fuori<br />

gli zigomi ed il blush più chiaro verrà utilizzato sulle guance sfumandolo alla<br />

perfezione verso l’alto; questa tecnica è perfetta per bilanciare la tridimensionalità<br />

del viso. Se invece volete ottenere un effetto volume, bisognerà stendere la<br />

tonalità di blush più scura dal centro delle guance verso l’esterno e con il blush<br />

più chiaro si andranno a ripetere gli stessi passaggi per donare al volto un aspetto<br />

super naturale.<br />

Con questa tecnica doneremo al volto un aspetto molto naturale, l’aspetto delle<br />

guance della buona salute che si era solite avere da bambine, come potete<br />

vedere abbiamo una piccola inversione di rotta verso il passato ma ovviamente<br />

rielaborando le tendenze che erano in voga negli anni passati, catturando i lati<br />

positivi e riadattandoli ai tempi moderni.<br />

Altra questione importantissima, forse la prima ad esser considerata quando si<br />

sceglie di utilizzare il blush, è il colore.<br />

Scegliere il colore giusto non è facile, potrebbero occorrere diverse prove, ma<br />

esiste una linea generale da seguire. Eccola.<br />

Per scegliere il colore giusto sono diversi i fattori da considerare, primo fra tutti<br />

“l’ensemble” del make up (occhi e labbra). Se avete optato per colori caldi (oro,<br />

borgogna, arancio, pesca) tenetevi all’incirca sulle stesse tonalità calde anche<br />

con il blush. Stesso discorso vale se per le tonalità fredde (rosa, viola, azzurro,<br />

verde).<br />

Con i toni neutri invece (marrone, grigio, nero) potete scegliere il colore che più<br />

preferite. La prima regola da rispettare resta comunque quella di scegliere una<br />

nuance che vada in perfetta armonia con il tono della propria pelle.<br />

Vediamo nel dettaglio come scegliere il blush perfetto in base al colorito della<br />

nostra pelle.<br />

Per le pelli chiare uno dei must è il rosa tenue, delicato alla e con sfumature molto<br />

simili a quelle dell’interno delle labbra. Chi ha invece una pelle chiara ma con un<br />

sottotono giallo troverà nel color pesca la sfumatura ideale, una sorta di<br />

passepartout che sta bene su tutto.<br />

Le pelli medie necessitano invece solo di un’enfatizzazione della propria<br />

sfumatura calda, dunque scatenatevi con il color albicocca per un risultato<br />

naturale e deciso. Se il colore della pelle è olivastro allora le tonalità calde vanno<br />

bene, servono a smorzare il colore freddo della pelle. La pelle olivastra richiede,<br />

dunque, colori dalle sfumature del lampone oppure ancora meglio sfumature<br />

bronzee per gli zigomi.<br />

Infine per le pelli mature la scelta migliore è sempre quella di preferire un blush<br />

adatto al proprio incarnato, ma facendo attenzione a sceglierne uno dall’effetto<br />

satinato che ha il miracoloso effetto di coprire i segni dell’età.


Premio giornalistico Rossella Minotti<br />

Assia Karaguiozova<br />

Il Premio Minotti, giunto alla seconda edizione, è dedicato a Rossella Minotti, caporedattrice e inviata de Il Giorno,<br />

scomparsa prematuramente nel 2019. Iniziativa promossa dalla famiglia di Rossella con la Federazione nazionale<br />

della Stampa Italiana e l’Associazione Lombarda dei Giornalisti. È dedicata ai giornalisti che hanno meno 35 anni,<br />

iscritti al sindacato.<br />

La giuria è composta da Edmondo Rho (marito di Rossella e già inviato di Panorama), Venanzio Postiglione<br />

(vicedirettore del Corriere della Sera), Sandro Neri (direttore de Il Giorno), Anna del Freo (giornalista de Il Sole 24 Ore<br />

e segretaria generale aggiunta Fnsi) e Domenico Affinito (giornalista del Corriere della Sera, in qualità di<br />

vicepresidente della Alg).<br />

La premiazione, per entrambe le edizioni 2020 e 2021, si terrà martedì 1° marzo <strong>2022</strong> nella sede dell'Alg a Milano<br />

@fnsisocial - Onorata di averne disegnato il logo!<br />

di Assia Karaguiozova<br />

Foto di Assia Karaguiozova<br />

Честита Баба Марта!<br />

Buona Baba Marta!<br />

Tradizione Bulgara che porta Salute<br />

Viene celebrata il 1 Marzo<br />

(quando Baba Marta si infuria, arriva con la neve)


LA STORIA<br />

DI<br />

MARINELLA<br />

Lucia Martinelli<br />

Purtroppo io non sono Fabrizio De André e non scrivo canzoni, a volte canto sotto la doccia, ma non per questo<br />

posso arrogarmi il diritto di essere una musicista, perciò non mi sarà possibile raccontare la storia della mia<br />

Marinella in musica.<br />

Peccato… perché la musica è in grado di portarci verso la levitas e il Sig. De André lo sapeva molto bene quando<br />

nel 1962 scrisse il brano cercando di “reinventare una vita e addolcire la morte” della giovane Maria, uccisa nel<br />

1953.<br />

La Marinella di De André era un nome d’arte, perché Maria – per campare – faceva la prostituta.<br />

La Marinella cui mi riferisco io, non so chi sia e non conosco il suo passato.<br />

In compenso, so che aveva una settantina d’anni e come è morta, cioè da sola in una villetta del Comasco, seduta<br />

su una sedia della cucina.<br />

L’hanno trovata fortuitamente quasi due anni dopo il decesso, avvenuto per cause naturali.<br />

Eppure, nessuno se n’è accorto, nessuno in due anni l’ha cercata e a nessuno è venuto il dubbio di dove fosse<br />

finita, neanche ai vicini convinti che si fosse trasferita.<br />

Nel momento in cui c’è stato un problema con il giardino intorno alla casa, allora i vicini si sono messi in contatto<br />

con il proprietario (uno svizzero che aveva acquistato l’immobile lasciandole l’usufrutto) per sistemarlo. Al suo arrivo<br />

a Prestino, però, l’uomo non ha ricevuto alcuna risposta dall’interno dell’abitazione e ha dovuto attivare le forze<br />

dell’ordine: un corpo in via di mummificazione li aspettava, silente e paziente quanto la morte, in una bara di<br />

parecchi metri quadrati.<br />

In fondo, Marinella è stata fortunata, almeno se n’è andata nel suo ambiente, impregnato dalla sua essenza e dalla<br />

sua storia, piuttosto che in un freddo ricovero per anziani.<br />

E si può dedurre che Marinella fosse una donna organizzata e ben presente a sé stessa, perché con quella vendita<br />

in usufrutto – e la rendita che l’elvetico le versava sul conto ogni mese con implacabile regolarità – aveva gettato le<br />

basi per il futuro e la sua autosufficienza.<br />

La mia Marinella non era un’âgée rincoglionita, era cosciente della sua condizione di donna sola e, quindi, scelto la<br />

migliore soluzione per lei.<br />

Beh… a me questo già basta per provare un’istintiva simpatia verso la Sciura Beretta.<br />

Prendendo una minima distanza, tuttavia, il quadro che emerge è il trionfo dell’indifferenza e della solitudine. Un<br />

dipinto dalle tinte fosche, d’altronde non me la sentirei di riportare su tela l’indifferenza e la solitudine utilizzando i<br />

colori dell’alba, piuttosto sceglierei sfumature tra il grigio, il nero e – forse – il rosso.<br />

Insomma, questa è solo la storia di Marinella? Oppure è il racconto di ognuno di noi?<br />

Con gli anni che avanzano, si diventa selettivi e più cresce questa speciale capacità di guardare oltre e, più si<br />

potano i rami secchi, utili giusto per accendere un camino.<br />

Ecco… magari, neppure Marinella aveva un caminetto nella sua bella casa.<br />

In compenso, aveva sé stessa, i suoi ricordi, anche lei custodiva dentro la giovane donna di un tempo, pronta a<br />

mordere il destino e a viaggiare con le nuvole a farle da cappello.<br />

Poi c’era il mondo fuori che non “sente” e striscia per arrivare chissà dove, quello che negli ultimi due anni ha giusto<br />

agognato il ritorno alla normalità… e, invece, non è mai riuscito nemmeno a scorgere la punta delle proprie scarpe,<br />

dato che corre dentro una fitta e perenne nebbia.<br />

Non è un argomento frivolo e pieno di grazia, me ne rendo conto, motivo per cui avrei preferito avere la stessa<br />

“arma” di De André, giacché la levitas non è superficialità.<br />

Anzi… chiunque dovrebbe renderla sua compagna di cammino, pena il ritrovarsi nella villetta di Marinella, in un<br />

modo o nell’altro.<br />

Ciao Marinè!


Pensiero del mese<br />

DI FRANCESCA MEUCCI - DIRETTRICE DI SOLOMENTE<br />

Carnevale <strong>2022</strong> termina proprio il primo marzo.<br />

E martedì grasso significa anche maschere. Il che mi porta<br />

ad una riflessione seria. I bambini si divertono, capita che<br />

anche in periodi lontani dal carnevale alcuni si travestono<br />

scambiandosi ruoli e costumi che la 'società' ha da sempre<br />

destinato a uno o all'altro sesso. Perché la catalogazione e<br />

la definizione funziona (va) così. Personalmente non ho mai<br />

avuto alcun pregiudizio. Le persone, e soprattutto i piccoli,<br />

devono essere sempre liberi di essere, di esprimersi e di<br />

indossare ciò che preferiscono. Ovviamente è pieno il<br />

mondo di gente che non la pensa come me. Ma davvero non<br />

riesco a comprendere come si possa giudicare qualcuno da<br />

come si veste. È come limitarsi a vedere solo la copertina di<br />

un libro senza aver letto il contenuto. Sono altre le maschere<br />

di cui preoccuparsi. Quelle che ogni giorno incontriamo sulla<br />

nostra strada. Quelle che non si vedono e nascondono la<br />

vera essenza degli esseri umani. Quelle che a volte<br />

dobbiamo indossare tutti, chi più chi meno. Nel bene e nel<br />

male. Speriamo di poterle togliere più spesso, magari<br />

insieme alle altre, le mascherine, per mostrarci come<br />

veramente siamo e far brillare i nostri sorrisi.<br />

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