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TRATTI ATTIVI IN LATINO Il caso del genere

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Dottorato di Ricerca in Linguistica Generale,<br />

Storica, Applicata, Computazionale e <strong>del</strong>le Lingue Moderne<br />

L-L<strong>IN</strong>/01<br />

Tesi di dottorato:<br />

<strong>TRATTI</strong> <strong>ATTIVI</strong> <strong>IN</strong> LAT<strong>IN</strong>O<br />

<strong>Il</strong> <strong>caso</strong> <strong>del</strong> <strong>genere</strong><br />

Candidato: Tutori:<br />

Francesco Rovai Prof. DomenicaRomagno<br />

Presidente: Prof. Giovanna Marotta<br />

Triennio 2004-2007<br />

Prof. Filippo Motta


4<br />

“Singularity is almost invariably a clue”<br />

(Sherlock Holmes, The Boscombe Valley Mystery, 1891)


<strong>IN</strong>TRODUZIONE<br />

<strong>Il</strong> presente lavoro si propone di indagare l’esistenza, le manifestazioni e la rilevanza di<br />

un sub-sistema di codifica attivo nella lingua latina, la cui grammatica mostra un<br />

orientamento prevalente di tipo nominativo/accusativo. Se infatti la presenza di tratti<br />

attivi in latino tardo e medioevale è un fatto ormai assodato, è ancora aperta la questione<br />

se e in che misura sia possibile individuare in epoche più antiche gli antecedenti di tali<br />

fenomeni tardolatini.<br />

Dopo aver sinteticamente <strong>del</strong>ineato il quardo teorico di riferimento, costituito dalla<br />

Role and Reference Grammar, dalla rappresentazione dei predicati in forma logica<br />

(Dowty 1979), e dalla definizione degli argomenti <strong>del</strong> predicato attraverso i tre primitivi<br />

semantico-sintattici A, S e O proposti da Dixon (1979, 1994) (Capitolo 1), sarà<br />

dedicato ampio spazio ad una rassegna dei diversi sistemi di codifica <strong>del</strong>le relazioni<br />

grammaticali attestati nelle lingue <strong>del</strong> mondo (Capitoli 2-3). A tale proposito, si tenga<br />

presente che in tutto il lavoro si farà sempre riferimento a sistemi di codifica accusativi,<br />

ergativi o attivi e non a lingue accusative, ergative o attive. Ci asterremo dunque da<br />

definizioni olistiche che risultano inevitabilmente inadeguate, come già rilevato da<br />

Ramat (1985), per prendere piuttosto in considerazione le differenti modalità attraverso<br />

cui le lingue possono organizzare la struttura degli argomenti <strong>del</strong> predicato all’interno<br />

<strong>del</strong>la frase.<br />

In particolare, cercheremo di definire quali siano i parametri rilevanti nella codifica<br />

degli argomenti all’interno di un sistema di tipo attivo. Sebbene lingue che presentano<br />

tale sistema di codifica siano note da più di 350 anni 1 , il loro studio linguistico è un<br />

fatto estremamente più recente. Dopo l’isolato lavoro di Sapir (1917) sui sistemi<br />

pronominali di alcune lingue amerindiane, i primi tentativi di una descrizione completa<br />

di tali lingue si hanno solo all’inizio degli anni ‘70 con Klimov (1973, 1974), i cui<br />

contributi vengono comunque recepiti con un certo distacco, come traspare dalla<br />

recensione di Comrie (1976) al volume di Klimov (1973).<br />

1<br />

La prima trattazione sistematica <strong>del</strong> guaraní, lingua <strong>del</strong> gruppo tupí-guaraní parlata in<br />

Paraguay e nei territori limitrofi di Brasile, Argentina, Uruguay e Bolivia, è infatti costituita dal<br />

“Tesoro de la Lengua Guaraní”, pubblicato a Madrid dal gesuita Antonio Ruiz de Montoya nel<br />

1639.<br />

5


Dalla fine degli anni ’70 in poi, gli studi in questo ambito sono stati rilanciati in<br />

relazione al fenomeno più generale <strong>del</strong>l’intransitività scissa e <strong>del</strong>l’inaccusatività. In<br />

molte lingue, infatti, la categoria dei predicati monoargomentali si articola in due<br />

sottoclassi, inergativi ed inaccusativi, idividuabili attraverso differenti proprietà<br />

morfosintattiche: l’unico argomento dei predicati inergativi condivide tali proprietà con<br />

il primo argomento dei predicati biargomentali (A, nei termini di Dixon 1994), mentre<br />

l’unico argomento dei predicati inaccusativi è invece allineato al secondo argomento dei<br />

predicati biargomentali (O, nei termini di Dixon 1994) 2 . Vedremo come tale distinzione<br />

risulti particolarmente rilevante per i sistemi di codifica attivi, nei quali essa si<br />

manifesta nella codifica morfologica degli argomenti <strong>del</strong> predicato all’interno <strong>del</strong>la<br />

frase (Capitolo 3).<br />

Per quanto riguarda la presenza di codifiche attive nella lingua latina, il Capitolo 4<br />

intende illustrare lo stato attuale <strong>del</strong>le conoscenze sull’argomento: oltre al ben noto<br />

fenomeno <strong>del</strong>l’accusativo esteso in latino tardo, che testimonia un vero e proprio<br />

mutamento nel sistema di codifica degli argomenti <strong>del</strong> predicato, saranno discussi<br />

alcuni costrutti attestati già in fasi più antiche, anch’essi riconosciuti come fenomeni<br />

morfosintattici riconducibili ad un sistema attivo.<br />

I capitoli seguenti si pongono l’obiettivo di rintracciare manifestazioni di tratti attivi<br />

in latino arcaico e classico, a partire dall’analisi di un insieme di sostantivi <strong>del</strong>la<br />

seconda declinazione che presentano alternanze di <strong>genere</strong> apparentemente immotivate.<br />

In particolare, il Capitolo 5 raccoglie i casi di dodici sostantivi maschili e femminili<br />

che possono presentare allomorfi neutri, mentre il Capitolo 7 esamina sette sostantivi<br />

neutri che attestano antiche forme di maschile: per entrambi questi gruppi di sostantivi,<br />

la distribuzione degli allomorfi di <strong>genere</strong> sarà messa in relazione con il contesto<br />

semantico-sintattico in cui essi possono ricorrere.<br />

L’analisi dei due insiemi di dati, condotta rispettivamente nel Capitolo 6 e nel<br />

Capitolo 8, intende evidenziare come la loro distribuzione risponda ad un sistema di<br />

2 I test che consentono di distinguere le due sottoclassi variano da lingua a lingua, e<br />

comprendono tra gli altri la selezione <strong>del</strong>l'ausiliare perfettivo, la pronominalizzazione con clitici<br />

partitivi, l'accordo <strong>del</strong> participio passato, e l’ammissibilità di costrutti participiali assoluti. Per<br />

un approccio di tipo semantico alla questione <strong>del</strong>l’intransitività scissa si vedano Van Valin<br />

(1990), Sorace (2000), e i lavori raccolti in Alexiadou et al. (2004). Per una definizione<br />

<strong>del</strong>l’argomento su base sintattica si vedano invece Perlmutter (1978), Rosen (1984) e Burzio<br />

(1981).<br />

6


codifica di tipo attivo, come rivela il fatto che le forme neutre siano vincolate a precisi<br />

contesti semantici.<br />

Infine, nel Capitolo 9, sarà avanzata e valutata un’ipotesi interpretativa che propone<br />

una chiave di lettura alternativa per i fenomeni precedentemente esaminati.<br />

7


1. STRUTTURA DEGLI ARGOMENTI DEL PREDICATO: MACRORUOLI SEMANTICI E RUOLI<br />

S<strong>IN</strong>TATTICI<br />

<strong>Il</strong> capitolo intende <strong>del</strong>ineare il paradigma teorico di riferimento in cui si muove la<br />

presente ricerca, introducendo alcuni concetti e definizioni rilevanti ai fini <strong>del</strong>lo<br />

svolgersi <strong>del</strong>l’argomentazione. In particolare, saranno presentate le nozioni di<br />

macroruolo semantico e di primitivo sintattico.<br />

1.1 Per una prima definizione dei macroruoli semantici: agentività e affectedness<br />

Dal momento che il seguito <strong>del</strong> lavoro verterà sulla rilevanza <strong>del</strong> ruolo semantico<br />

all’interno dei diversi sistemi di codifica <strong>del</strong>le relazioni grammaticali, occorre innanzi<br />

tutto fissare alcuni criteri classificatori in base a cui suddividere il continuum dei ruoli<br />

semantici. <strong>Il</strong> problema di fondo di tale operazione è ben noto. Da un lato, il ricorso a<br />

etichette come quelle di agente, esperiente, tema, o paziente, che rimandano a categorie<br />

di indubbia rilevanza, è pienamente legittimato dall’evidenza interlinguistica. Tuttavia,<br />

l’arbitrarietà intrinseca alla segmentazione di un continuum in categorie discrete reca in<br />

sé un rischio di frammentazione: molte altre etichette potrebbero essere –<br />

legittimamente – coniate (strumento, donatore, ricevente, beneficiario, …) 3 , fino al <strong>caso</strong><br />

limite in cui i ruoli semantici vengano tautologicamente definiti sulla base <strong>del</strong>le<br />

idiosincrasie di un singolo predicato in un singolo contesto.<br />

A fronte di tale situazione, la scelta metodologica è stata quella di operare al più alto<br />

grado possibile di generalizzazione, avvalendosi <strong>del</strong> concetto di macroruolo semantico,<br />

sviluppato nell’ambito funzionalista <strong>del</strong>la Role and Reference Grammar 4 . Quest’ultima<br />

riconosce una struttura universale <strong>del</strong>la frase identificabile a partire da alcune<br />

opposizioni interlinguisticamente valide, al di là di qualsiasi parametro di variazione<br />

tipologica: in primo luogo, la distinzione fra elementi predicativi e non-predicativi, e,<br />

all’interno di questi ultimi, fra elementi argomentali e non-argomentali. La frase risulta<br />

3<br />

Circa quaranta ruoli semantici sono riportati, ad esempio, in Van Valin (2005: p.55).<br />

4<br />

I testi di riferimento sono costituiti dalle monografie Foley – Van Valin (1984), Van Valin –<br />

La Polla (1997) e il recente Van Valin (2005), dalla raccolta di studi presentata in Van Valin<br />

(1993), e dai contributi. Van Valin (1990) e Van Valin – Wilkins (1996).<br />

8


così articolata in un nucleo, che comprende il predicato e gli argomenti, ed una<br />

periferia, costituita dagli elementi non-argomentali. Riprendendo una visione <strong>del</strong>la<br />

grammatica per molti aspetti simile alla “grammatica dei casi” di Fillmore (1968), la<br />

Role and Reference Grammar postula inoltre l’esistenza di un legame diretto tra la<br />

rappresentazione semantica di una frase e la sua realizzazione sintattica. In particolare,<br />

come traspare dalla denominazione stessa adottata dal quadro teorico, la struttura di una<br />

predicazione è il risultato <strong>del</strong>l’interazione di due sistemi principali: l’organizzazione dei<br />

ruoli semantici (role) <strong>del</strong>la frase e le proprietà referenziali dei sintagmi nominali che la<br />

costituiscono (reference), ciò che nei termini di Silverstein (1976) è definito “contenuto<br />

lessicale inerente”.<br />

Data una struttura predicativa costituita da un predicato e dai suoi argomenti, il<br />

principio fondamentale di organizzazione <strong>del</strong> sistema dei ruoli semantici (e,<br />

conseguentemente, dei ruoli sintattici: v. anche infra § 1.3) all’interno <strong>del</strong> nucleo si basa<br />

sull’opposizione fra “the participant which performs, effects, instigates, or controls the<br />

situation denoted by the predicate” (Foley – Van Valin 1984: p.29), e “the participant<br />

which does not perform, initiate, or control any situation but rather is affected by it in<br />

some way” (ibid): al primo elemento è assegnato il macroruolo di Actor, al secondo<br />

quello di Undergoer. I due macroruoli risultano perciò distinti sulla base <strong>del</strong>l’agentività 5<br />

e <strong>del</strong> coinvolgimento nel processo verbale (affectedness): l’argomento che ricopre il<br />

macroruolo di Actor designa tipicamente un referente che avvia un processo su cui<br />

esercita un controllo volontario, mentre l’argomento che ricopre il macroruolo di<br />

Undergoer designa tipicamente un referente che subisce uno stato o un mutamento di<br />

stato su cui non esercita alcun controllo.<br />

E’ importante sottolineare che, sebbene il macroruolo Actor si realizzi<br />

prototipicamente nel ruolo semantico di agente e il macroruolo Undergoer in quello di<br />

paziente, nessuno dei due macroruoli coincide in realtà con un particolare ruolo<br />

5<br />

L’agentività è una nozione complessa che a sua volta si articola in una serie di tratti che<br />

concorrono prototipicamente a definirla. Lakoff (1977) individua 15 diversi attributi che la<br />

caratterizzano: alcuni di essi sono inerenti al referente <strong>del</strong> sintagma nominale (singolarità,<br />

definitezza, volizionalità, animatezza, responsabilità, capacità percettiva, controllo, autonomia<br />

di movimento), altri sono invece legati alla situazione denotata dal predicato (attività, causalità,<br />

manipolazione di parti <strong>del</strong> corpo o strumenti, movimento, mutamento di stato, sovrapposizione<br />

temporale tra attività <strong>del</strong>l’agente e mutamento di stato <strong>del</strong> paziente, flusso di energia tra agente<br />

e paziente).<br />

9


semantico, ma entrambi costituiscono <strong>del</strong>le generalizzazioni sul continuum dei ruoli<br />

semantici, come sintetizzato in Figura 1. Ricadono dunque sotto il macroruolo Actor sia<br />

il ruolo semantico di agente che quello di efficiente o esperiente, così come il<br />

macroruolo Undergoer sussume i ruoli semantici di paziente, tema e locativo.<br />

UNDERGOER ───────────────►<br />

◄────────────────────── ACTOR<br />

Paziente - - - Tema - - - Locativo - - Strumento - - Esperiente - - - Efficiente - - - Agente<br />

Figura 1<br />

<strong>Il</strong> ricorso ai macroruoli è motivato non solo da esigenze metodologiche, ma<br />

soprattutto dal fatto che all’interno di ogni lingua molte <strong>del</strong>le distinzioni fra i diversi<br />

ruoli semantici non sono rilevanti ai fini di numerosi costrutti grammaticali. In italiano,<br />

ad esempio, il ruolo semantico di paziente e quello di tema sono totalmente assimilabili<br />

dal punto di vista <strong>del</strong>le proprietà sintattiche: entrambi possono infatti manifestarsi sia<br />

come oggetti diretti di predicati transitivi attivi, che come soggetti nei corrispondenti<br />

costrutti passivi. In maniera analoga, agente ed esperiente possono indifferentemente<br />

ricoprire il ruolo sintattico di soggetto transitivo ed essere codificati da un sintagma<br />

preposizionale nei costrutti passivi.<br />

Infine, la rilevanza teorica <strong>del</strong> concetto di macroruolo semantico sembra confermata<br />

dal fatto che approcci linguistici diversi tra loro sono arrivati a postulare l’esistenza di<br />

ruoli semantici generalizzati: pur con minime differenze legate ai diversi quadri teorici<br />

in cui sono state sviluppate, le nozioni di “proto-agent” e “proto-patient” elaborate<br />

nell’ambito <strong>del</strong>la semantica formale di Dowty (1991), i “role archetypes” <strong>del</strong>l’approccio<br />

cognitivista di Langacker (1990, 1999), gli “hyperroles” di Kibrik (1987), sono per<br />

molti aspetti assimilabili ai macroruoli <strong>del</strong>la Role and Reference Grammar, e colgono in<br />

ogni <strong>caso</strong> l’esistenza di un’opposizione fra due elementi argomentali fondamentale e<br />

cruciale per un gran numero di fenomeni morfosintattici.<br />

Occorre tuttavia rilevare che, sebbene questa prima definizione dei macroruoli<br />

fornisca alcuni parametri di classificazione, essa risulta per certi aspetti problematica.<br />

Le principali difficoltà sorgono in conseguenza <strong>del</strong> fatto che i due parametri stessi<br />

10


pertinenti alla classificazione, agentività e affectedness, non si configurano come tratti<br />

binari opposti e mutuamente esclusivi, ma possono cooccorrere. Ciò accade, ad<br />

esempio, per i predicati di movimento traslazionale (“andare a Roma”, “correre a casa”,<br />

ecc…) il cui unico argomento è costituito da un partecipante tipicamente agentivo, che<br />

agisce intenzionalmente ed esercita un controllo sull’azione, e che tuttavia subisce un<br />

mutamento di stato/luogo come conseguenza <strong>del</strong>l’azione stessa (per una più dettagliata<br />

analisi <strong>del</strong>la struttura logica di tali predicati, v. infra: § 1.5).<br />

1.2 Per una definizione completa dei macroruoli: semantica <strong>del</strong> predicato e<br />

proprietà semantiche degli argomenti<br />

In risposta alle considerazioni conclusive <strong>del</strong> precedente paragrafo, si ritiene dunque<br />

opportuno fornire una più articolata definizione dei macroruoli, elaborata a partire<br />

dall’assunto formulato nella Role and Reference Grammar, secondo cui la struttura<br />

semantica <strong>del</strong>la frase e le proprietà semantiche degli argomenti discendono direttamente<br />

dalla rappresentazione semantica <strong>del</strong> predicato. Nei seguenti paragrafi, dopo aver<br />

esposto i criteri di analisi semantica dei predicati (§§ 1.2.1-1.2.2) e di rappresentazione<br />

<strong>del</strong>le strutture logiche ad essi soggiacenti (§ 1.2.3), verranno definite le modalità di<br />

assegnazione <strong>del</strong> macroruolo semantico agli argomenti <strong>del</strong> predicato sulla base <strong>del</strong>le<br />

medesime strutture logiche (§ 1.2.4).<br />

1.2.1 Tratti semantici inerenti<br />

Una rappresentazione semantica dei predicati non può prescindere da un teoria <strong>del</strong>le<br />

classi verbali. Secondo la tradizionale classificazione in termini di Aktionsart proposta<br />

in Vendler (1967), i predicati vengono raggruppati in quattro classi (stativi,<br />

trasformativi, risultativi e predicati di attività) 6 sulla base <strong>del</strong>le loro proprietà temporali<br />

inerenti (dinamicità, duratività e telicità), elicitabili attraverso test sintattici e<br />

l’applicazione di alcuni modificatori temporali.<br />

6<br />

Seguendo la terminologia proposta in Bertinettto (1986), “trasformativo” e “risultativo”<br />

traducono rispettivamente i termini vendleriani “achievement” e “accomplishment”.<br />

11


<strong>Il</strong> tratto [dinamicità] distingue fra predicati eventivi, che denotano azioni, e predicati<br />

stativi, che denotano proprietà, qualità o situazioni. In italiano, i predicati stativi sono<br />

tipicamente incompatibili con l’imperativo (1a vs 1b) e la perifrasi progressiva (2a vs<br />

2b):<br />

(1a) mangia! (1b) *sii alto!<br />

(2a) Mario sta mangiando (2b) *Mario sta essendo alto<br />

<strong>Il</strong> tratto [duratività] distingue fra predicati che denotano situazioni che si protraggono<br />

nel tempo, ed altri che denotano eventi puntuali. I predicati non durativi sono<br />

incompatibili con modificatori avverbiali <strong>del</strong> tipo “per X tempo” (3a vs 3b).<br />

(3a) Mario ha parlato per 2 ore (3b) *Mario è inciampato per 2<br />

minuti<br />

Infine, il tratto [telicità] individua predicati che configurano inerentemente un punto<br />

finale <strong>del</strong> processo che comporta un cambiamento di stato. I predicati non telici sono<br />

incompatibili con modificatori avverbiali completivi <strong>del</strong> tipo “in X tempo” (4a vs 4b).<br />

(4a) I panni sono asciugati in 10 minuti<br />

(4b) *Mario ha abitato a Roma in 10 anni<br />

1.2.2 Classi verbali<br />

I predicati stativi (“essere malato”, “essere alto”, “credere”, “conoscere”, “stare”,<br />

ecc…) denotano situazioni non dinamiche, durative 7 e non teliche.<br />

7 Una ulteriore distinzione interna alla classe degli stativi è quella fra stativi temporanei (essere<br />

stanco) e permanenti (essere intelligente): solo i primi sono compatibili con modificatori <strong>del</strong><br />

tipo “da X tempo”.<br />

12


I predicati di attività (“camminare”, “nuotare”, “lavorare”, “mangiare carne”, ecc…)<br />

rappresentano invece situazioni dinamiche e durative e, come gli stativi, non prevedono<br />

il raggiungimento di un punto terminale <strong>del</strong> processo ([-telici]).<br />

I risultativi (“asciugare”, “imparare”, “uccidere”, “mangiare una fetta di carne”,<br />

ecc…) condividono con i predicati di attività i tratti [+dinamico] e [+durativo], ma a<br />

differenza di questi ultimi configurano inerentemente un punto finale <strong>del</strong> processo che<br />

induce un mutamento di stato ([+telici]). Rientrano in questa classe anche gli usi telici<br />

dei predicati di attività (5a), telicizzati dalla presenza di un oggetto diretto costituito da<br />

un lessema [+individuato] (5b) 8 :<br />

(5a) *Mario corre in 10 secondi (5b) Mario corre i 100 metri in 10 secondi<br />

Infine, a differenza dei risultativi con cui condividono i tratti [+dinamico] e [+telico], i<br />

trasformativi (“scoppiare”, “scomparire”, “trovare”, “morire”, ecc…) designano un<br />

mutamento di stato puntuale [-durativo] 9 .<br />

8 L’individuazione <strong>del</strong> secondo argomento è infatti uno dei tratti che determina il grado di<br />

telicità (e quindi la classe azionale) di un predicato (Verkuyl 1972, Romagno 2005a): “mangiare<br />

carne” è un predicato di attività [-telico], compatibile con modificatori <strong>del</strong> tipo “per X tempo”<br />

(“Cesare ha mangiato carne per un mese”) ma non con modificatori <strong>del</strong> tipo “in X tempo”<br />

(*“Cesare ha mangiato carne in un minuto”), mentre “mangiare una fetta di carne” è un<br />

predicato risultativo [+telico], compatibile con modificatori <strong>del</strong> tipo “in X tempo” (“Cesare ha<br />

mangiato una fetta di carne in un minuto”) ma non con modificatori <strong>del</strong> tipo “per X tempo”<br />

(*“Cesare ha mangiato una fetta di carne per un mese”). E’ dunque importante sottolineare che<br />

l’Aktionsart di un predicato, e di conseguenza la sua struttura logica, sono da riferirsi al<br />

particolare contesto in cui esso ricorre: non c’è necessariamente una singola struttura logica<br />

soggiacente a tutti gli usi di un certo predicato.<br />

9<br />

Non vengono prese in considerazione la classe dei semelfattivi né quella degli incrementativi,<br />

che possono essere trattati come rispettive sottoclassi dei trasformativi e dei risultativi. I<br />

semelfattivi sono infatti predicati dinamici e non durativi come i trasformativi ma, a differenza<br />

di questi ultimi, non sono telici (tossire, starnutire, …). La categoria degli incrementativi,<br />

individuata da Bertinetto e Squartini (1995), è invece costituita da predicati dinamici e durativi<br />

che esprimono una graduale progressione verso un nuovo stato non necessariamente definitivo<br />

(ingrassare, aumentare, …).<br />

13


La seguente tabella (Figura 2) sintetizza la distribuzione dei tratti semantici<br />

(dinamicità, duratività, telicità) pertinenti alla definizione <strong>del</strong>le quattro classi verbali.<br />

Dinamicità Duratività Telicità<br />

Stativi - + -<br />

Attività + + -<br />

Risultativi + + +<br />

Trasformativi + - +<br />

Figura 2<br />

1.2.3 Strutture logiche<br />

Riprendendo una rappresentazione proposta da Dowty (1979) e sviluppata a più<br />

riprese nell’ambito <strong>del</strong>la Role and Reference Grammar (Van Valin 1990, 2005; Van<br />

Valin – La Polla 1997), le proprietà <strong>del</strong>le diverse classi verbali possono essere<br />

formalizzate attraverso una rappresentazione in forma logica, analizzando i predicati<br />

secondo un sistema di scomposizione lessicale in cui i predicati stativi e quelli di attività<br />

vengono assunti come predicati basici, mentre le altre classi sono derivabili da essi<br />

attraverso gli operatori logici DIVENTARE, che segnala l’incoatività, e CAUSARE,<br />

che indica una relazione causale fra due eventi 10 .<br />

10<br />

La notazione proposta è stata rielaborata sulla base di Dowty (1979) e Van Valin (2005). I<br />

predicati sono indicati in grassetto, seguiti da un apice e dal numero di argomenti riportati tra<br />

parentesi, mentre gli operatori logici sono segnati in carattere maiuscolo. L’insieme di questi<br />

ultimi è stato semplificato per necessità espositive e limitato agli elementi rilevanti ai fini <strong>del</strong><br />

presente lavoro. In particolare, si è scelto di ricorrere all’operatore DIVENTARE nella<br />

rappresentazione sia dei predicati risultativi che di quelli trasformativi, tralasciando l’operatore<br />

<strong>IN</strong>GR(ESSIVO) che segnala invece il tratto [-durativo] che distingue i secondi dai primi. Non<br />

sarà preso in considerazione neppure l’operatore FARE, che distinguere i predicati di attività in<br />

cui l’agentività è lessicalizzata (“assassinare”) da quelli in cui essa varia in base al contesto<br />

(“uccidere”).<br />

14


Gli stativi sono rappresentati dalla pura predicazione seguita dagli argomenti riportati<br />

tra parentesi (6a-b):<br />

(6a) Cesare è malato: malato’ (Cesare)<br />

(6b) Cesare conosce il latino: conoscere’ (Cesare, latino)<br />

Nei predicati di attività il predicato e gli argomenti sono invece convenzionalmente<br />

preceduti da un elemento fare’, che indica l’attività in <strong>genere</strong> (7a-b) 11 :<br />

(7a) Cesare nuota: fare’ (Cesare, [nuotare’ (Cesare)])<br />

(7b) Cesare mangia carne: fare’ (Cesare, [mangiare’ (Cesare,(carne))])<br />

I risultativi e i trasformativi, che designano un cambiamento di stato, sono<br />

rappresentati dal rispettivo predicato stativo preceduto da un operatore DIVENTARE<br />

(8a-b):<br />

(8a) la vernice asciuga: DIVENTARE asciutto’ (vernice)<br />

(8b) il palloncino scoppia: DIVENTARE scoppiato’ (palloncino)<br />

Infine, gli usi telici dei predicati di attività sono rappresentati unendo la struttura di<br />

questi ultimi con quella dei risultativi/trasformativi attraverso l’operatore CAUSARE,<br />

in quanto denotano un’azione che induce un cambiamento di stato (9):<br />

11 Si noti che nel <strong>caso</strong> di predicati come “mangiare carne”, “mangiare frutta” o “dipingere<br />

quadri”, in cui il secondo elemento è costituito da un lessema [-individuato], quest’ultimo viene<br />

riportato tra parentesi in quanto non costituisce un vero e proprio argomento <strong>del</strong> predicato<br />

quanto piuttosto un suo modificatore (Van Valin – La Polla 1997). Lo status non argomentale<br />

<strong>del</strong>l’elemento in questione è confermato dal fatto che esso non può ricoprire il ruolo sintattico di<br />

soggetto passivo: il passivo di un costrutto come “Cesare mangia carne” risulta infatti<br />

agrammaticale (*“Carne è mangiata da Cesare”).<br />

15


(9) Cesare mangia una fetta di carne:<br />

fare’ (Cesare, [mangiare’ (Cesare, fetta di carne)]) CAUSARE<br />

[DIVENTARE mangiato’ (fetta di carne)]<br />

In sintesi, le seguenti strutture logiche sono soggiacenti alle diverse classi azionali<br />

(Figura 3):<br />

CLASSE AZIONALE STRUTTURA LOGICA<br />

Stativi predicato’ (x) o (x, y)<br />

Predicati di attività fare’ (x, [predicato’ (x, (y))])<br />

Risultativi e trasformativi DIVENTARE predicato’ (x)<br />

Predicati di attività telici fare’ (x, [predicato1’ (x, y)]) CAUSARE<br />

Figura 3<br />

[DIVENTARE predicato2’ (y)]<br />

I predicati stativi, risultativi (ivi compresi gli usi telici dei predicati di attività) e<br />

trasformativi sono caratterizzati dalla presenza nella struttura logica di un predicato di<br />

stato, assente invece in quella dei predicati di attività. I predicati stativi, in quanto non<br />

dinamici e atelici, denotano una proprietà inerente <strong>del</strong> referente, mentre i risultativi e i<br />

trasformativi, entrambi dinamici e telici, denotano una condizione acquisita.<br />

1.2.4 Strutture logiche e assegnazione dei macroruoli<br />

Nel quadro <strong>del</strong>la Role and Reference Grammar, secondo cui la rappresentazione<br />

semantica di una frase è basata sulla rappresentazione semantica <strong>del</strong>l’elemento<br />

predicativo, il macroruolo ricoperto da ciascun argomento di un predicato può essere<br />

attribuito a partire dalla sua posizione all’interno <strong>del</strong>la struttura logica. Dal momento<br />

che gli operatori DIVENTARE e CAUSARE non alterano la struttura argomentale, i<br />

16


macroruoli risultano vincolati a due sole posizioni rilevanti, determinate dai predicati di<br />

base: l’unico argomento dei predicati di stato e il primo argomento dei predicati di<br />

attività, come rappresentato nel seguente schema (Figura 4):<br />

◄───────────────── ACTOR<br />

UNDERGOER ─────────────────►<br />

Argomento x di predicato’ (x) Argomento x di fare’ (x, […<br />

Figura 4<br />

Tutti quegli elementi che nella struttura logica sono argomenti di predicati di stato<br />

rivestono dunque il macroruolo di Undergoer: rientrano in questa categoria l’unico<br />

argomento (x) dei predicati stativi, risultativi, trasformativi, e il secondo argomento (y)<br />

dei predicati di attività telici 12 . <strong>Il</strong> macroruolo di Actor è invece ricoperto da tutti quegli<br />

elementi che nella struttura logica ricorrono come argomento x di predicati di attività sia<br />

atelici che telici.<br />

Si individuano inoltre membri marginali a entrambe le categorie, costituiti dai due<br />

argomenti dei predicati stativi biargomentali che denotano percezione (“guardare”,<br />

“ascoltare”, ecc…), atteggiamento mentale (“sapere”, “conoscere”, ecc…) o emotivo<br />

(“amare”, “odiare”, ecc…). All’interno di questo gruppo di predicati, il secondo<br />

argomento (y), tipicamente realizzato nel ruolo semantico di tema, ricade in ogni <strong>caso</strong><br />

sotto il macroruolo di Undergoer, mentre il primo argomento (x), che si istanzia nel<br />

ruolo di esperiente, sembra occupare una posizione intermedia, come peraltro conferma<br />

l’estrema variabilità interlinguistica <strong>del</strong>le sue realizzazioni sintattiche. Infine, come<br />

rilevato in Romagno (2005b), appare particolarmente articolata la situazione dei<br />

predicati di movimento traslazionale, a cui già si è accennato (v. supra, § 1.1). Una<br />

predicazione come “Cesare è andato a Roma” presenta infatti una struttura logica, fare’<br />

(Cesare, [andare’ (Cesare)]) CAUSARE [DIVENTARE essere a’ (Roma, Cesare)], in<br />

12 Dal punto di vista <strong>del</strong>l’azionalità e <strong>del</strong>la struttura logica sono considerati come<br />

risultativi/trasformativi anche i predicati passivi: “la mela è mangiata (da Cesare)” si<br />

rappresenta infatti come DIVENTARE mangiata’ (mela). Anche l’unico argomento dei<br />

predicati passivi, in quanto denota un referente che viene a trovarsi in uno stato acquisito,<br />

ricopre perciò il macroruolo di Undergoer.<br />

17


cui il referente <strong>del</strong>l’argomento <strong>del</strong> predicato di attività coincide con quello <strong>del</strong> predicato<br />

di stato, ricoprendo così sia il macroruolo di Actor che quello di Undergoer.<br />

In conclusione, una definizione dei macroruoli a partire dalla struttura logica <strong>del</strong><br />

predicato integra ma non contrasta quella data in apertura e basata sui tratti di agentività<br />

e affectedness. L’argomento di un predicato di attività è infatti tipicamente agentivo e<br />

non affected, in quanto possiede un certo controllo sull’evento e non ne è coinvolto,<br />

mentre l’argomento di un predicato stativo è inagentivo e affected, dal momento che<br />

designa un partecipante che subisce uno stato o un mutamento di stato su cui non<br />

esercita alcun controllo volontario. I risvolti teorici di questo sistema di assegnazione<br />

dei macroruoli sono però notevoli, dato che in questo modo i macroruoli possono essere<br />

determinati non arbitrariamente ma attraverso criteri indipendenti, poiché le strutture<br />

logiche non sono arbitrarie ma elicitate dai test che definiscono l’Aktionsart <strong>del</strong><br />

predicato.<br />

1.3 Argomenti <strong>del</strong> predicato e ruoli sintattici: i primitivi semantico-sintattici<br />

Dopo aver definito i rapporti che intercorrono tra argomenti <strong>del</strong> predicato e<br />

macroruoli semantici, occorre esplicitare come entrambi si instanziano nelle relazioni<br />

sintattiche.<br />

Tutte le lingue distinguono tra predicati monoargomentali, che assegnano un solo<br />

ruolo sintattico ad un solo argomento nucleare, e predicati biargomentali, che assegnano<br />

due ruoli sintattici distinti a due diversi argomenti nucleari. Le tre diverse posizioni che<br />

si determinano costituiscono le tre relazioni fondamentali individuate dai primitivi<br />

sintattico-semantici A, S e O secondo quella che è la formulazione di Dixon (1979,<br />

1994): S indica la relazione sintattica ricoperta dall’unico argomento dei predicati<br />

monoargomentali, A ed O le relazioni sintattiche dei predicati biargomentali 13 .<br />

All’interno di questi ultimi, la distinzione fra A ed O avviene sulla base <strong>del</strong><br />

macroruolo ricoperto da ciascuno dei due argomenti: A è l’argomento che ricopre il<br />

macroruolo di Actor, O quello che ricopre il macroruolo di Undergoer. La relazione<br />

sintattica S, invece, viene assegnata all’unico argomento dei verbi monoargomentali<br />

13<br />

In altri sistemi di notazione, le tre relazioni fondamentali A, S e O sono rappresentate<br />

rispettivamente dalle lettere A, S, P (adottate in Comrie 1978, 1981, 2005), o X, Y e Z (proposte<br />

da Lazard 1991).<br />

18


indipendentemente dal suo ruolo semantico, che può essere sia quello di Actor che<br />

quello di Undergoer 14 . Fin da questo quadro introduttivo, emerge perciò una<br />

fondamentale asimmetria fra il sistema dei macroruoli semantici e quello dei primitivi<br />

sintattici, rappresentabile dal seguente schema (Figura 5):<br />

O S A<br />

↑ ↑ ↑<br />

Und. Act.<br />

Figura 5<br />

Tale asimmetria è una conseguenza <strong>del</strong> fatto che a due soli macroruoli semantici<br />

corrispondono tre relazioni sintattiche e che per una di esse (S) è assente una<br />

corrispondenza univoca con uno specifico macroruolo. Si noti inoltre che mentre le tre<br />

relazioni sintattiche costituiscono categorie discrete, i macroruoli semantici si<br />

configurano invece come categorie scalari definite in maniera prototipica da più tratti<br />

che non sempre e non necessariamente coincidono (v. supra, §§1.1-1.2.4).<br />

In ultima analisi, come emergerà dai capitoli seguenti, il sistema di codifica <strong>del</strong>le<br />

relazioni grammaticali di una lingua è il risultato <strong>del</strong>le strategie attraverso cui essa<br />

risolve tale asimmetria. Alcune lingue organizzano la struttura degli argomenti <strong>del</strong><br />

predicato sulla base <strong>del</strong> sistema dei primitivi sintattici, categorizzati secondo<br />

combinazioni diverse all’interno <strong>del</strong>le categorie morfologiche e sintattiche rilevanti in<br />

ciascuna lingua (Capitolo 2). In altre lingue, gli argomenti sono invece strutturati<br />

secondo il sistema dei macroruoli semantici, categorizzati e distinti sulla base di uno o<br />

più fra i tratti che concorrono alla loro definizione prototipica, la cui salienza varia<br />

interlinguisticamente (Capitolo 3).<br />

14<br />

In lingue come l’italiano o il latino, le tre relazioni A, S ed O si instanziano nei ruoli sintattici<br />

di soggetto transitivo (A), soggetto intransitivo (S) e oggetto diretto transitivo (O). Tuttavia, nel<br />

seguito <strong>del</strong> lavoro, tali termini verrano utilizzati solo in riferimento a lingue di tipo<br />

nominativo/accusativo, le uniche a giustificarne l’impiego.<br />

19


2. SISTEMI DI CODIFICA DELLE RELAZIONI GRAMMATICALI: PARTE PRIMA<br />

<strong>Il</strong> presente capitolo e il successivo intendono fornire una rassegna dei sistemi di<br />

codifica <strong>del</strong>le relazioni grammaticali attestati nelle lingue <strong>del</strong> mondo. Con sistema di<br />

codifica <strong>del</strong>le relazioni grammaticali si intende ciò che nella letteratura è correntemente<br />

indicato dal termine alignment, ossia l’insieme <strong>del</strong>le proprietà morfosintattiche<br />

attraverso cui una lingua distingue e classifica la struttura degli argomenti di un<br />

predicato.<br />

In questa sede, l’attenzione si concentrerà sulle manifestazioni di tali sistemi in<br />

contesti relazionali, ossia nella codifica morfosintattica <strong>del</strong>la struttura degli argomenti<br />

<strong>del</strong> predicato all’interno <strong>del</strong>la frase, ed in particolare sulle diverse modalità attraverso<br />

cui gli argomenti nucleari possono essere marcati da una morfologia nominale o<br />

pronominale, allo scopo di indicare la posizione argomentale di ciascuno di essi.<br />

Nel seguito <strong>del</strong>l’esposizione, i diversi sistemi di codifica sono raggruppati sulla base<br />

di una fondamentale bipartizione determinata dal principio soggiacente alla loro stessa<br />

organizzazione: da un lato si individuano infatti sistemi di codifica operanti su base<br />

sintattica, per i quali sono rilevanti unicamente le tre relazioni A, S e O (§ 2.1),<br />

dall’altro sono invece attestati sistemi di codifica strutturati su base semantica e<br />

incentrati sull’opposizione fra i macroruoli Actor e Undergoer (v. infra, § 3)<br />

2.1 Sistemi di codifica su base sintattica<br />

Dati dunque i tre primitivi semantico-sintattici A, S ed O, così come definiti al § 1.3,<br />

essi possono essere categorizzati all’interno <strong>del</strong>la morfologia casuale di una lingua<br />

secondo cinque combinazioni possibili, a più riprese discusse da Comrie (1978, 1982,<br />

2005) e di seguito sinteticamente esposte 15 .<br />

15<br />

I dati sulla diffusione di ciascun tipo sono tratti da Comrie (2005), in cui un campione di 190<br />

lingue viene classificato sulla base <strong>del</strong> sistema di codifica pertinente all’assegnazione <strong>del</strong>le<br />

marche morfologiche (flessive o appositive) di <strong>caso</strong>.<br />

20


2.1.1 Sistema nominativo/accusativo<br />

In un sistema casuale di tipo nominativo/accusativo, soggetti transitivi (A) e soggetti<br />

intransitivi (S) ricevono entrambi una marca di nominativo che li distingue dagli oggetti<br />

diretti transitivi (O), marcati dal <strong>caso</strong> accusativo, come schematizzato in Figura 6 e<br />

come mostrano gli esempi (10-11-12) tratti dalle principali lingue indoeuropee antiche:<br />

O S A<br />

accusativo nominativo<br />

Figura 6<br />

Latino: (10a) Titi-us Gai-um necat<br />

Tizio.NOM Gaio.ACC uccide<br />

“Tizio uccide Gaio”<br />

(10b) Gai-us iacet<br />

Gaio.NOM giace<br />

“Gaio giace”<br />

(10c) Titi-us currit<br />

Tizio.NOM corre<br />

“Tizio corre”<br />

Greco: (11a) Μενέλα-ος Εύφορβ-ον κτει̃νει<br />

Menelao.NOM Euforbo.ACC uccide<br />

“Menelao uccide Euforbo”<br />

(11b) Εύφορβ-ος κει̃ται<br />

Euforbo.NOM giace<br />

“Euforbo giace”<br />

21


(11c) Μενέλα-ος τρέχει<br />

Menelao.NOM corre<br />

“Menelao corre”<br />

Vedico: (12a) Indr-ah� Vr�tr-am hanti<br />

Indra.NOM Vr�tra.ACC uccide<br />

“Indra uccide Vr�tra”<br />

(12b) Vr�tr-ah� śete<br />

Vr�tra.NOM giace<br />

“Vr�tra giace”<br />

(12c) Indr-ah� drávati<br />

Indra.NOM corre<br />

“Indra corre”<br />

Tale sistema è molto diffuso tra le lingue <strong>del</strong> mondo (52/190 nel campione raccolto da<br />

Comrie 2005), oltre ad essere il più noto e studiato, dal momento che costituisce il<br />

principale sistema di codifica <strong>del</strong>le lingue indoeuropee sia antiche che moderne, non<br />

solo a livello morfologico, ma anche a livello morfosintattico. In esse, infatti, soggetti<br />

transitivi ed intransitivi condividono la proprietà di reggere l’accordo verbale di<br />

persona, <strong>genere</strong> e numero, diversamente da quanto accade per gli oggetti diretti.<br />

L’ordine dei costituenti riveste invece un ruolo secondario nell’identificazione <strong>del</strong>le<br />

relazioni grammaticali, almeno nelle lingue in cui esse sono già esplicitamente indicate<br />

dalla morfologia casuale e dall’accordo verbale, come nei casi precedentemente<br />

esaminati 16 . Più in generale, almeno in ambito indoeuropeo, l’ordine basico sembra<br />

16<br />

Gli esperimenti condotti in MacWhinney et al. (1984) dimostrano ad esempio che in italiano,<br />

tra le proprietà morfosintattiche che consentono l’individuazione dei ruoli sintattici di soggetto e<br />

oggetto, l’ordine dei costituenti riveste un ruolo secondario rispetto all’accordo verbale, sebbene<br />

soggetti transitivi e intransitivi tendano a ricorrere in posizione preverbale, mentre gli oggetti<br />

diretti occupino di norma una posizione postverbale.<br />

22


veicolare pittosto funzioni pragmatico-comunicative, come già rilevato da Meillet (1922<br />

[1903]: p.325): “l’ordre des mots avait une valeur espressive, et non syntaxique; il<br />

relevait de la rhétorique, non de la grammaire”.<br />

2.1.2 Sistema ergativo/assolutivo<br />

In un sistema ergativo S ed O ricevono la stessa marca morfologica (<strong>caso</strong> assolutivo),<br />

distinta da quella di A (<strong>caso</strong> ergativo), secondo quanto riportato in Figura 7 e come<br />

mostrano i seguenti esempi (13a-b) tratti dal dyirbal, lingua australiana <strong>del</strong> gruppo<br />

pama-nyunga:<br />

Figura 7<br />

O S A<br />

assolutivo ergativo<br />

(13a) ŋuma-ø yabu-ŋgu buran<br />

padre.ASS madre.ERG vedere.NON-FUT.<br />

“la madre ha visto il padre”<br />

(13b) ŋuma-ø banaganyu<br />

padre.ASS tornare.NON-FUT.<br />

“il padre è tornato”<br />

Tipologicamente, tale sistema è abbastanza diffuso (32/190) e si manifesta in diverse<br />

lingue anche a livello morfosintattico. Ad esempio l’ávaro, lingua caucasica nordorientale,<br />

affianca ad una morfologia nominale ergativa (<strong>caso</strong> ergativo -as, <strong>caso</strong><br />

assolutivo -ø) un analogo sistema di accordo in cui il verbo concorda con la classe<br />

nominale (marcando l’opposizione maschile/femminile) di S ed O (14a-b-c), ma non<br />

con quella di A (14c):<br />

23


(14a) vas-ø v-ekerula<br />

ragazzo.ASS SG.M.ASS.correre<br />

“il ragazzo corre”<br />

(14b) jas-ø j-ekerula<br />

ragazza.ASS SG.F.ASS.correre<br />

“la ragazza corre”<br />

(14c) vas-as: jas-ø j-ec:ula<br />

ragazzo.ERG ragazza.ASS SG.F.ASS.prega<br />

“il ragazzo prega la ragazza”<br />

Infine, nelle lingue che presentano un sistema di codifica di tipo ergativo esso può<br />

manifestarsi anche nell’ordine dei costituenti come in päri, lingua nilotica occidentale, o<br />

in huasteco, lingua maya <strong>del</strong> Messico: nella prima S ed O si collocano prima <strong>del</strong> verbo,<br />

mentre A lo segue; viceversa, nella seconda A tende a ricorrere in posizione preverbale<br />

mentre S ed O sono postverbali. In ogni <strong>caso</strong> si noti che in entrambe queste lingue<br />

l’ordine basico non è l’unica marca di ergatività. In päri vi è una morfologia ergativa<br />

che oppone un <strong>caso</strong> ergativo -i/-ε ad un <strong>caso</strong> assolutivo -ø, ed in huasteco c’è un sistema<br />

di affissi verbali regolato da un accordo analogo a quello <strong>del</strong>l’ávaro.<br />

2.1.3 Sistema neutro<br />

Un sistema casuale di tipo neutro non opera alcuna distinzione fra i tre primitivi A, S<br />

ed O, accomunati dalla mancanza di qualsiasi marca di <strong>caso</strong> (Figura 8).<br />

O S A<br />

<strong>caso</strong> -ø<br />

24


Figura 8<br />

Sebbene i sistemi casuali neutri siano molto diffusi (98/190), non esistono tuttavia<br />

lingue che presentino tale sistema di codifica a tutti i livelli <strong>del</strong>la grammatica. Se la<br />

morfologia nominale risulta orientata in tale senso, l’informazione necessaria ad<br />

individuare le posizioni argomentali all’interno <strong>del</strong>la frase è comunque recuperabile ad<br />

altri livelli, principalmente morfosintattico e/o sintattico, che presentano sistemi di tipo<br />

accusativo o ergativo.<br />

L’italiano, ad esempio, proseguendo una situazione creatasi in latino tardo (v. infra, §<br />

4.1), mostra un sistema neutro nell’ambito <strong>del</strong>la morfologia nominale che, con<br />

l’eccezione dei pronomi personali di prima e seconda persona singolare, non opera<br />

alcuna distinzione fra A, S ed O: tuttavia, l’accordo verbale e (tendenzialmente) l’ordine<br />

dei costituenti sono orientati in senso accusativo. In maniera analoga, ci sono lingue<br />

che, pur totalmente prive di morfologia casuale, mostrano un accordo verbale ed un<br />

ordine dei costituenti di tipo ergativo, come nel <strong>caso</strong> <strong>del</strong>l’huasteco (§ 2.1.2).<br />

2.1.4 Sistema tripartito<br />

I sistemi tripartiti, in cui ciascuna dei tre primitivi è identificato da una specifica<br />

marca casuale che lo distingue dalle altre due, sono molto rari (4/190) e, così come i<br />

sistemi neutri, si manifestano solo a livello di morfologia nominale ma non a livello<br />

morfosintattico o sintattico (Figura 9).<br />

Figura 9<br />

O S A<br />

<strong>caso</strong>-O <strong>caso</strong>-S <strong>caso</strong>-A<br />

Sulla base dei dati raccolti da Comrie (2005) esiste una sola lingua (il warrungu,<br />

lingua australiana <strong>del</strong> gruppo pama-nyunga) in cui tutti i sintagmi nominali presentano<br />

un sistema casuale tripartito, mentre nelle altre lingue in cui esso si manifesta, appare<br />

invece limitato ad una classe estremamente ridotta di sintagmi nominali. <strong>Il</strong> dyirbal, ad<br />

25


esempio, possiede una morfologia casuale tripartita unicamente per il pronome<br />

interrogativo wan y - “chi?”, che appare con tre desinenze diverse (wan y -una, wan y -a,<br />

wan y -d y u) a seconda che esso ricorra in funzione di O, S o A. Peraltro, almeno nel <strong>caso</strong><br />

<strong>del</strong> diyrbal, questa tripartizione è stata spiegata da Comrie (1978) e Silverstein (1976)<br />

come un fenomeno secondario, risultato dalla sovrapposizione fra la morfologia<br />

accusativa propria dei pronomi personali e la morfologia ergativa impiegata per gli altri<br />

sintagmi nominali.<br />

2.1.5 Sistema “doppio obliquo”<br />

Nella quinta combinazione logicamente possibile, entrambe le relazioni grammaticali<br />

dei predicati biargomentali sono marcate allo stesso modo e distinte dall’unico<br />

partecipante dei costrutti monoargomentali (Figura 10).<br />

O S A<br />

obliquo assolutivo obliquo<br />

Figura 10<br />

Quest’ultimo tipo, praticamente inesistente, non è attestato nel corpus di lingue<br />

raccolto da Comrie (2005), e la definizione stessa di “doppio obliquo” è stata<br />

specificamente introdotta da Harris (1990) a proposito <strong>del</strong>la distribuzione <strong>del</strong>le marche<br />

casuali che si osserva nei tempi passati in rošani, lingua iranica <strong>del</strong> Pamir. In questo<br />

particolare contesto, infatti, A ed O sono entrambi marcati da un <strong>caso</strong> obliquo, esito di<br />

un antico accusativo, mentre S riceve una marca di assolutivo, derivante da un<br />

precedente nominativo.<br />

Tuttavia, questa situazione abbastanza eccezionale sembra trovare una motivazione in<br />

prospettiva diacronica. <strong>Il</strong> sistema ricostruito da Payne (1980) per il proto-pamir mostra<br />

una scissione tipica <strong>del</strong>le lingue indoiraniche, con una codifica di tipo accusativo nei<br />

26


tempi presenti (S/A: assolutivo; O: obliquo) 17 , ed una di tipo ergativo per i tempi passati<br />

(S/O: assolutivo; A: obliquo), come schematizzato nella tabella di Figura 11.<br />

O S A<br />

Presente obliquo assolutivo assolutivo<br />

Passato assolutivo assolutivo obliquo<br />

Figura 11<br />

A partire da questa distribuzione, secondo Harris (1990) il sistema “doppio obliquo”<br />

si configura dunque come uno sviluppo transitorio prodottosi nell’orientamento <strong>del</strong><br />

sistema casuale impiegato nei tempi passati (in evoluzione dal tipo ergativo al tipo<br />

accusativo), nel momento in cui O, per analogia con il sistema casuale impiegato nel<br />

presente, riceve una marca di obliquo anche nel passato.<br />

2.2 Analisi dei dati tipologici: alla ricerca di principi universali<br />

La seguente tabella (Figura 12), ricavabile dai dati presentati in Comrie (2005),<br />

sintetizza la diffusione dei diversi orientamenti tipologici dei sistemi casuali esaminati<br />

nei paragrafi precedenti:<br />

17 Non tragga in inganno l’impiego dei termini “assolutivo” e “obliquo” in riferimento ad un<br />

sistema di un sistema casuale di tipo accusativo. La questione è solo terminologica: tali etichette<br />

sono state introdotte da una tradizione linguistica prettamente descrittiva, ma l’aspetto rilevante<br />

rimane il fatto che A e S siano identificati dallo stesso <strong>caso</strong> e distinti da O.<br />

27


Sistema di codifica n lingue<br />

neutro 98<br />

accusativo 52<br />

ergativo 32<br />

tripartito 4<br />

“doppio obliquo” (1)<br />

Totale 186 (+1)<br />

Figura 12<br />

Le evidenti differenze che si riscontrano nelle frequenze dei diversi tipi, ed in<br />

particolare l’estrema rarità di due di essi, hanno indotto a ricercare l’esistenza di alcuni<br />

vincoli e tendenze universali in grado di motivare una distribuzione così squilibrata. Tra<br />

gli altri, l’approccio funzionalista adottato da Comrie (1981), offre un’ipotesi<br />

interpretativa le cui predizioni collimano con l’effettiva realtà dei dati tipologici. In<br />

questa prospettiva, la morfologia casuale assume una funzione principalmente<br />

discriminatoria legata all’identificazione <strong>del</strong>le relazioni sintattiche ricoperte dai diversi<br />

argomenti <strong>del</strong> predicato all’interno <strong>del</strong>la frase.<br />

Le tre relazioni sintattiche A, S e O possono innanzi tutto ricorrere in due differenti<br />

tipi di costrutti, mono- e biargomentali. In particolare, costituendo l’unico argomento di<br />

predicati monoargomentali, l’identificazione di S non è problematica: da un punto di<br />

vista funzionale non è dunque necessario assegnare ad esso una marca esplicita che lo<br />

distingua dalle altre due relazioni sintattiche in quanto non cooccorre mai con nessuna<br />

di esse. Al contrario, è prioritaria la necessità di distinguere A e O, le due relazioni<br />

compresenti nei predicati biargomentali. Poiché non è mai necessario distinguere<br />

morfologicamente tra S e A, né tra S e O, in quanto ricorrono in costrutti diversi, il <strong>caso</strong><br />

impiegato per S può essere impiegato anche per uno dei due argomenti dei predicati<br />

biargomentali.<br />

Da questo punto di vista il sistema neutro, totalmente privo di marche di <strong>caso</strong>, non<br />

viene preso in considerazione, in quanto non opera alcuna distinzione a livello di<br />

morfologia nominale, risolve il problema ad altri livelli <strong>del</strong>la grammatica, ed è a tutti gli<br />

28


effetti una non-codifica. <strong>Il</strong> sistema accusativo e quello ergativo, i più diffusi nelle lingue<br />

<strong>del</strong> mondo, risultano invece pienamente motivati sulla base di questi principi: entrambi<br />

distinguono infatti A da O nei predicati biargomentali, con l’unica differenza che il<br />

primo identifica S con A ed ha una marca separata per O, mentre il secondo identifica S<br />

con O distinguendolo da A. Entrambi sono così in grado, attraverso due sole categorie<br />

morfologiche, di segnalare dove necessario l’opposizione fra A, S e O attraverso una<br />

codifica economica, da intendersi, con Martinet (1965: p.171), come ricerca<br />

<strong>del</strong>l’equilibrio fra i bisogni <strong>del</strong>la comunicazione di aumentare i mezzi distintivi e la<br />

ricerca <strong>del</strong> minimo sforzo che tende a ridurli. Fra i sistemi più rari, entrambi risultanti<br />

da contingenze diacroniche, quello tripartito è oltremodo esplicito e quindi non<br />

economico. Non solo marca l’opposizione fra A e O, ma distingue ciascuno dei due da<br />

S, sebbene quest’ultimo non cooccorra mai con i precedenti. <strong>Il</strong> sistema “doppio<br />

obliquo”, infine, risulta particolarmente inefficiente da un punto di vista funzionale dal<br />

momento che non marca l’opposizione fondamentale fra A e O introducendo invece una<br />

distinzione superflua fra A e S e fra O e S.<br />

A prescindere da valutazioni più generali sull’interpretazione in chiave funzionalista<br />

dei fenomeni linguistici, in questo <strong>caso</strong> tale approccio si rivela particolarmente valido<br />

nel rendere conto <strong>del</strong>l’effettiva distribuzione dei dati tipologici, evidenziando come le<br />

lingue naturali mostrino una netta preferenza per i sistemi più economici.<br />

2.3 Una nota sulla marcatezza<br />

In conclusione di questo capitolo, è opportuno inserire alcune considerazioni sulla<br />

marcatezza dei diversi casi all’interno dei sistemi di codifica accusativo ed ergativo 18 . I<br />

18 Per una trattazione approfondita dei diversi significati attribuiti in linguistica al termine<br />

“marcatezza” si rimanda ad Haspelmath (2006). In questa sede è sufficiente dire che, all’interno<br />

di una lingua, una categoria x è formalmente “marcata” se riceve una codifica esplicita, mentre<br />

una categoria y è “non marcata” se può essere espressa attraverso una codifica nulla. Dal punto<br />

di vista funzionale, una categoria x è invece “marcata” se presenta maggiori restrizioni<br />

distribuzionali rispetto ad un’altra categoria y, che si configura perciò come “non marcata”. Le<br />

categorie marcate possono inoltre assumere valori specifici e opzionali, mentre le categorie non<br />

marcate veicolano valori basici, la cui espressione può essere resa obbligatoria in alcune lingue.<br />

29


lavori di Comrie (1982) e Dixon (1994) confermano la validità di una generalizzazione<br />

colta già nell’Universale 38 di Greenberg:<br />

“Where there is a case system, the only case which ever has zero allomorphs<br />

is the one which includes among its meanings that of the subject of the<br />

intransitive verb”<br />

(Greenberg 1963: p.95)<br />

Ciò significa che all’interno di un sistema casuale accusativo o ergativo, il <strong>caso</strong> che<br />

marca la relazione sintattica S (rispettivamente, nominativo e assolutivo), è<br />

generalmente il termine non marcato, sia formalmente che funzionalmente. A livello<br />

formale, se in un sistema accusativo o ergativo un qualche <strong>caso</strong> si realizza con un<br />

morfema zero, esso sarà rispettivamente un nominativo o un assolutivo 19 . Da un punto<br />

di vista funzionale, invece, nominativo e assolutivo presentano minori restrizioni<br />

rispetto ad accusativo e ergativo: oltre a marcare due <strong>del</strong>le tre relazioni sintattiche,<br />

infatti, sono inoltre impiegati nei rispettivi sistemi per marcare il pivot sintattico 20 , sono<br />

utilizzati come forme di citazione dei nomi, e ricorrono in funzione di topic nei costrutti<br />

equativi. Infine, entrambi i casi non marcati ricorrono quasi esclusivamente nella<br />

funzione basica di segnalare la relazione sintattica ricoperta da un argomento <strong>del</strong><br />

19<br />

I controesempi a questa tendenza sono estremamente rari. Comrie (2005) riporta 6 lingue <strong>del</strong><br />

tipo “nominativo marcato” in cui il nominativo presenta una desinenza specifica mentre<br />

l’accusativo è privo di marche casuali. La situazione si presenta più articolata nelle lingue<br />

indoeuropee sia antiche che moderne che possiedono un sistema casuale, in cui alcuni paradigmi<br />

nominali (ad esempio i temi in -ā) presentano un nominativo non marcato ed un accusativo<br />

marcato, mentre altri (ad esempio i temi in -o) marcano, almeno formalmente, sia il <strong>caso</strong><br />

nominativo che il <strong>caso</strong> accusativo.<br />

20<br />

<strong>Il</strong> pivot sintattico costituisce l’argomento “principale” <strong>del</strong> predicato, individuato da alcune<br />

proprietà morfosintattiche: se in una lingua un certo argomento deve essere obbligatoriamente<br />

espresso, o se esso deve manifestare l’accordo con il predicato, tale argomento funge da pivot<br />

sintattico. Quest’ultimo può inoltre essere omesso (nelle lingue che lo consentono) nei costrutti<br />

coordinativi.<br />

30


predicato, mentre i casi marcati (accusativo ed ergativo) possono spesso assumere<br />

funzioni più specifiche 21 .<br />

21 In latino, come in altre lingue indoeuropee, l’accusativo marca il complemento di moto a<br />

luogo e quello di tempo continuato, oltre ad assumere spesso valori avverbiali. Analogamente,<br />

l’ergativo è impiegato anche in funzione di strumentale in dyirbal e in ávaro. Per altri esempi di<br />

questo tipo, si veda Dixon (1994: pp.57-58).<br />

31


3. SISTEMI DI CODIFICA DELLE RELAZIONI GRAMMATICALI: PARTE SECONDA<br />

Tutti i sistemi di codifica esaminati nel precedente capitolo sono accomunati dal fatto<br />

che, pur diversamente categorizzati, i primitivi A, S ed O rimangono comunque<br />

rilevanti per l’assegnazione di <strong>caso</strong> ai diversi argomenti. Tuttavia sono ampiamente<br />

attestati anche sistemi di codifica strutturati sulla base dei macroruoli semantici. <strong>Il</strong><br />

presente capitolo intende tracciare un quadro di questi sistemi, correntemente definiti di<br />

tipo attivo/inattivo (Klimov 1974; Mithun 1991) 22 , mettendo in evidenza il principio<br />

semantico sottostante alla loro organizzazione.<br />

3.1 Sistemi di codifica su base semantica<br />

<strong>Il</strong> tratto fondamentale nella definizione dei sistemi di codifica di tipo attivo, è stato<br />

individuato per la prima volta da Klimov (1974), nel momento in cui viene rilevata<br />

l’esistenza di lingue la cui struttura “is especially oriented to the rendering, not of<br />

subjective-objective relations, which find here only implicit expression, but of the<br />

relations existing between active and inactive participants” (Klimov 1974: p.13). In tali<br />

lingue l’assegnazione di <strong>caso</strong> agli argomenti di un predicato si basa infatti<br />

sull’opposizione fra i due macroruoli semantici Actor e Undergoer, così come definiti ai<br />

§§ 1.1-1.2. Indipendentemente dal fatto che ricorrano con predicati mono- o<br />

biargomentali, gli argomenti che ricoprono il macroruolo di Actor vengono marcati da<br />

un <strong>caso</strong> attivo che li distingue da quelli che ricoprono il macroruolo di Undergoer,<br />

marcati invece da un <strong>caso</strong> inattivo, secondo il seguente schema (Figura 13):<br />

Undergoer Actor<br />

Figura 13<br />

<strong>caso</strong> inattivo <strong>caso</strong> attivo<br />

22<br />

Varie altre etichette sono state proposte per sistemi di codifica di questo tipo: attivo/stativo<br />

(Foley - Van Valin 1984), split-S o fluid-S (Dixon 1979, 1994), o intransitivo scisso (Van Valin<br />

1990).<br />

32


In questa prima definizione dei sistemi attivi si è consapevolmente evitato il ricorso ai<br />

primitivi sintattici A, S e O. La difficoltà di descrivere l’organizzazione di tali sistemi<br />

attraverso categorie sintattiche era stata infatti rilevata già da Sapir (1917) il quale,<br />

nell’analisi dei sistemi pronominali <strong>del</strong>le lingue amerindiane riconosce che in alcune di<br />

esse “the ordinary contrast between subject and object does not hold” (Sapir 1917:<br />

p.85): una definizione di tale sistema attraverso le categorie sintattiche A, S e O<br />

richiede infatti di scindere la categoria di S in due sottocategorie, contraddicendo la<br />

nozione stessa di primitivo 23 . Tutto ciò è una diretta conseguenza <strong>del</strong>l’asimmetria, già<br />

sottolineata al § 1.3, tra il sistema dei ruoli sintattici e quello dei macroruoli semantici,<br />

che fa sì che ad una sola relazione sintattica (S) possano corrispondere due diversi<br />

macroruoli.<br />

Tuttavia, secondo una notazione introdotta in Dixon (1979) e ampiamente accettata e<br />

diffusa nella letteratura successiva, i sistemi di codifica su base semantica vengono<br />

comunque descritti ricorrendo ai primitivi sintattici. A e O rappresentano così<br />

l’argomento-Actor e l’argomento-Undergoer dei predicati biargomentali, mentre S<br />

risulta articolato nelle due sottocategorie SA ed SO che designano rispettivamente<br />

l’unico argomento di predicati monoargomentali che ricopre il macroruolo di Actor (e<br />

che riceve la stessa codifica di A) e l’unico argomento di predicati monoargomentali<br />

che ricopre il macroruolo di Undergoer (e che riceve la stessa codifica di O), come<br />

raffigurato nel seguente schema (Figura 14):<br />

Figura 14<br />

O SO SA A<br />

<strong>caso</strong> inattivo <strong>caso</strong> attivo<br />

Nel seguito <strong>del</strong>la trattazione, per uniformità con i lavori precedenti (e per non<br />

contribuire al proliferare di etichette e simboli) si adotterà dunque la notazione di<br />

Dixon, tenendo però sempre presente il valore puramente denotativo e non descrittivo di<br />

23 <strong>Il</strong> che non autorizza a invalidare il sistema tripartito dei primitivi sintattici e a postulare come<br />

uniche relazioni sintattiche quelle di soggetto e oggetto diretto. Quest’ultimo aspetto sarà<br />

discusso infra al § 3.2.<br />

33


SA ed SO: il fatto che entrambe le etichette facciano riferimento al primitivo S non<br />

implica necessariamente l’esistenza e la rilevanza di una categoria unitaria S nelle<br />

lingue in questione 24 .<br />

I sistemi di codifica attivi vengono tradizionalmente distinti in due tipi fondamentali,<br />

definiti, nei termini di Dixon (1979, 1994), fluid-S e split-S. Sebbene secondo Dixon<br />

solo il tipo fluid-S possa essere considerato un sistema organizzato su base semantica<br />

mentre il tipo split-S rientrerebbe tra i sistemi strutturati su base sintattica, i due tipi<br />

condividono in realtà il medesimo principio semantico sottostante, come emergerà più<br />

chiaramente nei due paragrafi seguenti. Entrambi codificano infatti a livello<br />

morfologico la distinzione fra Actor e Undergoer, e si distinguono unicamente per il<br />

fatto che, mentre nel tipo fluid-S gli argomenti <strong>del</strong>la maggior parte dei predicati possono<br />

essere marcati sia da un <strong>caso</strong> attivo che da un <strong>caso</strong> inattivo, nel tipo split-S esistono<br />

invece due classi verbali lessicalizzate che determinano la marca morfologica assegnata<br />

all’argomento.<br />

E’ stato inoltre rilevato un correlato tipologico che si accompagna ai due diversi<br />

sistemi di codifica. Le lingue che possiedono un sistema di tipo fluid-S sono infatti<br />

tipicamente dependent-marking, ossia marcano le relazioni fra predicato e argomenti<br />

sugli elementi dipendenti, mentre quelle che possiedono un sistema di tipo split-S sono<br />

head-marking, e le relazioni vengono marcate sulla testa <strong>del</strong> costrutto, attraverso un<br />

sistema molto articolato di affissi pronominali agglutinati al verbo 25 . Questa è la ragione<br />

per cui, ad un primo esame dei dati raccolti in Comrie (2005), il sistema di codifica<br />

attivo può apparire estremamente raro (4 lingue su 190). In realtà, dal momento che il<br />

capitolo di WALS (2005) curato da Comrie è dedicato alle manifestazioni dei sistemi di<br />

codifica a livello <strong>del</strong>la morfologia casuale, esso comprende conseguentemente solo le<br />

lingue attive di tipo fluid-S, le uniche a possedere un sistema casuale in quanto<br />

dependent-marking. Le lingue di tipo split-S, tipicamente head-marking, sono invece<br />

comprese tutte nel capitolo successivo (Siewierska 2005) dedicato all’orientameno dei<br />

sistemi di affissi pronominali.<br />

24<br />

Vi sono tuttavia lingue attive in cui alcune proprietà morfosintattiche consentono di<br />

individuare l’esistenza di una categoria S. Per gli esempi, si vedano Dixon (1994: p.75), e Foley<br />

– Van Valin (1984: pp.108-124).<br />

25<br />

Sulla distinzione fra lingue head-marking e dependent-marking si veda Nichols (1986).<br />

34


3.1.1 Opzionalità nell’assegnazione di <strong>caso</strong>: i sistemi fluid-S<br />

Le lingue che attestano un sistema di codifica di tipo fluid-S sono abbastanza rare,<br />

sebbene qualcuna in più rispetto alle quattro riportate da Comrie (2005) 26 . In un sistema<br />

di codifica di questo tipo, l’argomento dei predicati monoargomentali può<br />

potenzialmente essere marcato sia come un argomento di tipo SA, con un <strong>caso</strong> attivo,<br />

che come un argomento di tipo SO, con un <strong>caso</strong> inattivo.<br />

Lo tsova-tush 27 , lingua caucasica nord-orientale (Holisky 1987), presenta un sistema<br />

di codifica ergativo quando l’argomento <strong>del</strong> predicato è una terza persona: A riceve una<br />

marca di ergativo, mentre S ed O sono marcati da un <strong>caso</strong> definito “nominativo” nella<br />

tradizione <strong>del</strong>la linguistica caucasica, ma che è, funzionalmente, un assolutivo. Alle<br />

marche casuali si accompagna un accordo morfosintattico di tipo ergativo, con affissi<br />

(identici alle desinenze casuali) agglutinati alla radice <strong>del</strong> predicato, che distinguono A<br />

da S ed O.<br />

Tuttavia, tanto le marche casuali quanto gli affissi verbali si distribuiscono<br />

diversamente, secondo un sistema di tipo attivo, se l’argomento <strong>del</strong> predicato è un<br />

pronome personale di prima o seconda persona singolare. In questo <strong>caso</strong>, mentre nei<br />

predicati biargomentali A ed O continuano ad essere marcati rispettivamente dal <strong>caso</strong><br />

ergativo e assolutivo, l’unico argomento dei predicati monoargomentali può ricevere<br />

entrambe le codifiche, secondo una distribuzione <strong>del</strong>le marche morfologiche tipica dei<br />

sistemi di codifica attivi, in cui gli argomenti di alcuni predicati monoargomentali (SA)<br />

sono marcati come A, mentre quelli di altri (SO) sono marcati come O. L’opposizione<br />

26 <strong>Il</strong> corpus raccolto da Comrie (2005) attesta infatti le seguenti lingue fluid-S: georgiano, basco<br />

(sull’attribuzione di quest’uiltimo al tipo attivo aniziché al tipo ergativo, si veda Hualde - Ortiz<br />

de Urbina 2003), drehu (lingua oceanica <strong>del</strong>la Nuova Caledonia), e imonda (lingua <strong>del</strong>la<br />

famiglia di confine di Papua Nuova Guinea). Ad esse occorre però aggiungere almeno lo tsova-<br />

tush (Holisky 1987), il pomo orientale (lingua hoka <strong>del</strong>la California settentrionale), il tibetano<br />

parlato, il crow (lingua sioux), il baniwa do Içana (lingua arawak parlata lungo il corso<br />

superiore <strong>del</strong> Rio Negro) e il tabassarano (lingua caucasica nord-orientale), tutte riportate da<br />

Dixon (1994), che include tra queste lingue anche l’acehnese (lingua <strong>del</strong> gruppo austronesiano<br />

occidentale parlata nel nord di Sumatra: Durie 1985; Van Valin 1990), sulla cui posizione si<br />

veda infra § 3.1.3.<br />

27<br />

Tale lingua è nota nei lavori di Dixon (1979, 1994) come bats o batsbi.<br />

35


fra <strong>caso</strong> assolutivo e <strong>caso</strong> ergativo viene dunque rifunzionalizzata come opposizione fra<br />

<strong>caso</strong> inattivo e <strong>caso</strong> attivo, secondo il seguente schema (Figura 15):<br />

Figura 15<br />

O SO SA A<br />

<strong>caso</strong> assolutivo<br />

(<strong>caso</strong> inattivo)<br />

36<br />

<strong>caso</strong> ergativo<br />

(<strong>caso</strong> attivo)<br />

Nello studio condotto da Holisky (1987) sui fattori che determinano l’assegnazione di<br />

un <strong>caso</strong> ergativo o assolutivo vengono presi in esame 233 predicati monoargomentali<br />

che ammettono l’una e/o l’altra marca, e che si distribuiscono in 5 classi con le seguenti<br />

modalità:<br />

I classe: 31 predicati che ammettono solo una marca di assolutivo.<br />

Si tratta di predicati stativi, risultativi, e trasformativi (“essere”,<br />

“avere fame”, “avere freddo”, “avere paura”, “crescere”, “asciugare”,<br />

“andare in pezzi”, ecc…), che designano uno stato o un mutamento di<br />

stato su cui il partecipante non esercita alcun controllo volontario. A<br />

questo gruppo si aggiungono tutti quei predicati derivati attraverso<br />

l’aggiunta <strong>del</strong> suffisso -dalar “involontariamente, inconsciamente”.<br />

II classe: 27 predicati che ricorrono normalmente all’assolutivo, ma che in<br />

contesti particolari possono ammettere una marca di ergativo.<br />

Dal punto di vista <strong>del</strong>la semantica verbale la classe è affine alla<br />

precedente e comprende predicati stativi, risultativi e trasformativi<br />

(“essere in ritardo”, “diventare povero”, “diventare triste”,<br />

“ammalarsi”, “stancarsi”, “soffocare”, “morire”, ecc…). Tuttavia si<br />

può presumere che in specifiche circostanze verbi di questo tipo<br />

possano presupporre una partecipazione volontaria all’evento: in<br />

questo <strong>caso</strong> l’argomento <strong>del</strong> predicato può essere marcato dal <strong>caso</strong><br />

ergativo. A questo proposito, appare significativo il giudizio dei<br />

parlanti sull’impiego <strong>del</strong> <strong>caso</strong> ergativo con i predicati di questa


classe: in molti casi il costrutto era ritenuto inaccettabile non perché<br />

fosse categoricamente impossibile, ma sostenendo che nessuno vuole<br />

morire o essere povero 28 .<br />

III classe: 61 predicati che ammettono entrambe le marche, ergativo e<br />

assolutivo.<br />

Si tratta di predicati stativi, risultativi, trasformativi e di alcuni<br />

verbi di movimento, in cui l’evento denotato dal predicato può essere<br />

rappresentato come volontario o involontario marcando l’argomento,<br />

rispettivamente, al <strong>caso</strong> ergativo o assolutivo. Un medesimo lessema<br />

verbale assume così il significato di “buttarsi” o “cadere”, “colpire” o<br />

“urtare (accidentalmente)”, “sdraiarsi” o “stare sdraiato”,<br />

“nascondersi” o “essere nascosto”, ecc… a seconda di quale dei due<br />

casi venga impiegato per marcare l’argomento.<br />

IV classe: 36 predicati che ricorrono normalmente con il <strong>caso</strong> ergativo e<br />

raramente con il nominativo.<br />

Questa classe è costituita da predicati di movimento (“correre<br />

velocemente”, “strisciare”, “andare avanti e indietro”, ecc…) e altri<br />

predicati di attività (“riunire”, “lavarsi”, “ridere”, ecc…) che<br />

designano attività avviate volontariamente. L’uso <strong>del</strong> <strong>caso</strong> assolutivo<br />

è limitato a contesti estremamente rari e situazioni anomale in cui, per<br />

un qualche motivo, l’azione ha luogo indipendentemente dalla<br />

volontà <strong>del</strong> partecipante.<br />

V classe: 78 predicati che ammettono solo una marca di ergativo.<br />

L’ultima classe comprende predicati eventivi di movimento<br />

(“correre”, “saltare”, “volare”, “arrivare”, ecc…), di comunicazione<br />

(“parlare”, “pregare”, “giurare”, “maledire”, ecc…) e altri predicati<br />

che designano attività volontarie (“combattere”, “pensare”,<br />

“guardare”, “partecipare”, ecc…).<br />

28<br />

Holisky (1987: p.115): “when I constructed the first person form for the verb ‘get poor’ in<br />

Tsova-Tush using ergative marking, my consultant did not say categorically that it wasn’t<br />

possible. She said it isn’t possible, because you would never want to be poor”.<br />

37


L’analisi di questo insieme di dati mostra dunque che l’assegnazione <strong>del</strong> <strong>caso</strong><br />

morfologico ai pronomi di prima e seconda persona singolare nello tsova-tush non<br />

coinvolge alcun parametro di ordine sintattico, bensì è determinata da un principio<br />

semantico da riconoscersi, con Holisky (1987), nell’opposizione fra i due macroruoli<br />

semantici: “actors are marked with ergative and undergoers with nominative [ossia<br />

assolutivo]” (Holisky 1987: p.119). E’ opportuno rilevare che l’attribuzione <strong>del</strong><br />

macroruolo ad un certo argomento richiede un’interpretazione semantica <strong>del</strong>l’intera<br />

frase che coinvolga tanto la struttura semantica <strong>del</strong> predicato quanto il contenuto<br />

lessicale inerente <strong>del</strong> sintagma nominale che funge da argomento, secondo quella che è<br />

l’articolata definizione dei macroruoli vista ai §§ 1.1-1.2. Nel <strong>caso</strong> <strong>del</strong>lo tsova-tush<br />

sembra possedere infatti una particolare salienza il tratto <strong>del</strong>la volizionalità, come<br />

rivelato dal fatto che rientrino nella I classe tutti i predicati formati con il suffisso -dalar<br />

“involontariamente”, dai differenti significati che possono assumere i numerosi<br />

predicati <strong>del</strong>la III classe a seconda <strong>del</strong> <strong>caso</strong> assegnato all’argomento, e, non ultimo, dal<br />

giudizio esplicito dei parlanti. Non sono invece discriminanti opposizioni legate<br />

all’Aktionsart <strong>del</strong> predicato (pur in percentuali significativamente molto diverse,<br />

predicati stativi e attivi si distribuiscono in tutte e cinque le classi), né all’affectedness<br />

<strong>del</strong> referente <strong>del</strong> sintagma nominale.<br />

Si noti tuttavia che i parametri di agentività e Aktionsart (e, in misura più limitata,<br />

anche quello di affectedness) tendono a sovrapporsi ampiamente, soprattutto nei casi<br />

<strong>del</strong>la I e <strong>del</strong>la V classe, che peraltro costituiscono da soli quasi la metà dei predicati in<br />

esame (109/233): tutti i predicati <strong>del</strong>la I classe denotano infatti uno stato inerente o<br />

risultante e presuppongono un partecipante inagentivo e affected, mentre quelli <strong>del</strong>la V<br />

classe sono tutti predicati di attività che denotano una partecipazione agentiva e non<br />

affected (con l’eccezione di alcuni predicati di movimento traslazionale, sul cui status si<br />

veda supra § 1.2.4).<br />

3.1.2 Classi verbali lessicalizzate: i sistemi split-S<br />

Le lingue che possiedono un sistema di codifica di tipo split-S sono più numerose<br />

rispetto a quelle che attestano sistemi fluid-S 29 e, a differenza di queste ultime, non<br />

29 Si tratta di 26 lingue su 380 nel campione raccolto in Siewierska (2005).<br />

38


ammettono opzionalità nell’assegnazione di una marca SA o SO ai diversi argomenti dei<br />

predicati monoargomentali. Presentano invece due classi di predicati lessicalizzate e<br />

complementari che determinano l’assegnazione di un <strong>caso</strong> attivo o inattivo ai rispettivi<br />

argomenti.<br />

L’ampia rassegna di lingue presentata da Mithun (1991) e gli studi condotti da Durie<br />

(1987, 1988) e Van Valin (1990) sulle classi verbali <strong>del</strong>l’acehnese, rilevano l’esistenza<br />

di un principio semantico, riconosiciuto anche in Dixon (1994) 30 , sotteso alle<br />

lessicalizzazione <strong>del</strong>le due classi. Esse si oppongono infatti sulla base <strong>del</strong>l’insieme dei<br />

tratti che definiscono i due macroruoli semantici (Aktionsart, agentività e affectedness)<br />

sebbene la salienza dei singoli tratti costituisca un parametro di variazione<br />

interlinguistica, come mostrano i seguenti esempi <strong>del</strong> guaraní e <strong>del</strong> lakhota discussi in<br />

Mithun (1991).<br />

<strong>Il</strong> guaraní possiede due serie di affissi pronominali (i nomi comuni non hanno marche<br />

di <strong>caso</strong>) denominate serie a- e serie še-, che nei predicati biargomentali marcano<br />

rispettivamente A (15a) ed O (15b).<br />

(15a) a-gwerú aíña (15b) še-yukà varà̃ mo/á̃<br />

“io li sto portando” “egli mi avrebbe ucciso”<br />

Entrambi possono inoltre marcare anche l’unico argomento di due diverse classi di<br />

predicati monoargomentali (16a-b, 17a-b):<br />

(16a) a-xá (17a) še-rasí̃<br />

“io vado” “io sono malato”<br />

(16b) a-pu/á̃ (17b) še-ropeh/í<br />

“io mi alzai” “io ho sonno”<br />

30<br />

Dixon (1994: p.74): “The Sa/So division of intransitive verbs in a split-S language always has<br />

a firm semantic basis but there are generally some ‘exceptions’ (with the number and nature of<br />

the exceptions varying from language to language)”.<br />

39


Le due serie di affissi si distribuiscono dunque secondo il seguente schema (Figura<br />

16):<br />

Figura 16<br />

O SO SA A<br />

še- a-<br />

In particolare, gli affissi <strong>del</strong>la serie a- sono selezionati da una classe di lessemi verbali<br />

di cui fanno parte predicati come “andare”, “correre”, “volare”, “nuotare”, “sparare”,<br />

“fumare”, “cadere”, “morire”, “affondare”, “svegliarsi”, ecc…, mentre gli affissi <strong>del</strong>la<br />

serie še- si applicano a una classe di predicati come “essere malato”, “essere stanco”,<br />

“essere debole”, “essere forte”, “essere veloce”, “essere arrabbiato”, ecc… Le due classi<br />

sono distinte sulla base di un parametro semantico legato alle proprietà azionali <strong>del</strong><br />

predicato, e in particolare all’opposizione di Aktionsart fra predicati eventivi (predicati<br />

di attività, trasformativi e risultativi) e predicati stativi. Non sono invece pertinenti i<br />

parametri di agentività e di affectedness, in quanto entrambe le classi contengono<br />

predicati che designano una partecipazione non agentiva (“perdersi” rientra nella prima<br />

classe, “essere debole” nella seconda) e un coinvolgimento <strong>del</strong> partecipante (“morire” e<br />

“svegliarsi” fanno parte <strong>del</strong>la prima classe, “essere morto” e “essere stanco” <strong>del</strong>la<br />

seconda). Si noti tuttavia che mentre entrambe le classi includono predicati inagentivi,<br />

solo la prima classe comprende predicati agentivi: come già rilevato al § 1.2.4, il<br />

parametro di eventività e quello di agentività tendono infatti a coincidere, sebbene ciò<br />

non implichi una analoga sovrapposizione dei parametri opposti.<br />

Sembra inoltre significativo che il guaraní conservi un ristretto margine di opzionalità<br />

di tipo fluid-S per alcuni predicati monoargomentali che possono presentare sia prefissi<br />

a- che prefissi še-: karú significa “pranzare/cenare” quando compare con i pronomi<br />

<strong>del</strong>la serie a-, ma “essere ingordo” con i pronomi <strong>del</strong>la serie še-; analogamente ka/ú<br />

significa “ubriacarsi” con i pronomi <strong>del</strong>la serie a-, ma “essere un ubriacone” con i<br />

pronomi <strong>del</strong>la serie še-. La differenza di significato assunta a seconda <strong>del</strong>l’affisso<br />

pronominale, conferma dunque che il tratto semantico discriminante è costituito<br />

dall’opposizione fra predicati stativi e predicati eventivi.<br />

40


Come il guaraní, anche il lakhota, lingua sioux parlata sia nel North Dakota che nel<br />

South Dakota, possiede due serie di affissi pronominali (wa- e ma-), impiegati per<br />

marcare A (18a) ed O (18b) nei predicati biargomentali:<br />

(18a) waktékte (18b) maktékte<br />

“io (lo) ucciderò” “(egli) mi ucciderà”<br />

I medesimi affissi marcano inoltre SA ed SO di due distinte classi di predicati<br />

monoargomentali (19a-b-c-d-e, 20a-b-c-d-e), distribuendosi secondo quanto<br />

rappresentato dallo schema in Figura 17:<br />

(19a) mawáni (20a) wamátikha<br />

“io cammino” “io sono stanco”<br />

(19b) wawáte (20b) iyómakp h i<br />

“io ho mangiato” “io sono felice”<br />

(19c) wanúwe (20c) mahą�ske<br />

“io ho nuotato” “io sono alto”<br />

(19d) wat h í (20d) mahį�xpaye<br />

“io abito” “io sono caduto”<br />

(19e) ináwaxme (20e) mač h éka<br />

“io sono nascosto” “io barcollo”<br />

Figura 17<br />

O SO SA A<br />

ma- wa-<br />

Anche sulla base di questi pochi esempi, appare chiaro che, diversamente da quanto<br />

accade per il guaraní, in lakhota il tratto rilevante per la lessicalizzazione <strong>del</strong>le due<br />

classi verbali non è in relazione con le proprietà azionali <strong>del</strong> predicato, dal momento che<br />

41


entrambe le classi attestano sia predicati stativi (“abitare” rientra nella prima classe ed<br />

“essere alto” nella seconda) che eventivi (“camminare” fa parte <strong>del</strong>la prima classe e<br />

“cadere” <strong>del</strong>la seconda). <strong>Il</strong> tratto maggiormente saliente sembra essere piuttosto<br />

l’opposizione di agentività: i predicati <strong>del</strong>la prima classe denotano infatti attività o stati<br />

su cui il partecipante può esercitare un controllo volontario, mentre la seconda classe è<br />

costituita da predicati che designano stati o attività non soggetti ad un controllo<br />

volontario.<br />

In altre lingue facenti parte <strong>del</strong> campione analizzato da Mithun (1991) sono invece<br />

due o più i tratti che concorrono a definire l’opposizione fra le due classi di predicati. In<br />

pomo centrale (e con modalità simili in caddo, lingua parlata in Oklahoma) affinché un<br />

argomento riceva un <strong>caso</strong> inattivo, non è sufficiente che esso non eserciti alcun<br />

controllo volontario sull’evento, ma deve anche essere coinvolto (affected) dall’evento<br />

stesso e subire un mutamento di stato. Mentre gli argomenti di predicati risultativi e<br />

trasformativi (“invecchiare”, “ingrassare”, ecc…) sono marcati da un <strong>caso</strong> inattivo, gli<br />

argomenti di predicati che denotano stati permanenti (“essere indiano”, “essere destro”,<br />

“essere cieco”, ecc…) sono marcati da un <strong>caso</strong> attivo come quelli dei predicati di<br />

attività.<br />

3.1.3 Verso una trattazione unitaria dei tipi fluid-S e split-S<br />

A dispetto <strong>del</strong>la classica bipartizione di Dixon, il sistema di codifica fluid-S e quello<br />

split-S presentano in realtà sostanziali elementi in comune. Innanzi tutto gli esempi<br />

<strong>del</strong>lo tsova-tush, <strong>del</strong> guaraní e <strong>del</strong> lakhota confermano quanto già rilevato all’inizio <strong>del</strong><br />

capitolo, ossia che in entrambi i tipi l’assegnazione di una marca morfologica di <strong>caso</strong><br />

agli argomenti <strong>del</strong> predicato non dipende dalle relazioni sintattiche che essi ricoprono<br />

ma dai due principali parametri che concorrono alla definizione dei macroruoli<br />

semantici, Aktionsart e agentività. Gli studi condotti da De Lancey (1985), Holisky<br />

(1987), Van Valin (1990) e Mithun (1991) rivelano infatti che sono proprio i tratti<br />

semantici legati all’Aktionsart e all’agentività a governare l’assegnazione di un <strong>caso</strong><br />

attivo o inattivo nei sistemi di tipo fluid-S e a determinare, in quelli di tipo split-S, la<br />

lessicalizzazione <strong>del</strong>le due classi di predicati, attiva e inattiva, e di conseguenza<br />

l’attribuzione <strong>del</strong> relativo <strong>caso</strong>. <strong>Il</strong> fatto che in tali lingue la marcatura morfologica degli<br />

argomenti <strong>del</strong> predicato non sia legata alla loro posizione sintattica ma risponda al<br />

42


macroruolo semantico, trova una conferma particolarmente evidente nei così detti<br />

“costrutti a doppio paziente” (Mithun 1991: p.517) attestati, ad esempio, in lakhota. In<br />

quest’ultima lingua, infatti, entrambi gli argomenti di un predicato biargomentale<br />

possono ricevere un <strong>caso</strong> inattivo se nessuno dei due ricopre il macroruolo di Actor. In<br />

predicati come iyénimač h eča (“io somiglio a te”), ínimata (“io sono fiero di te”) e<br />

iyénimahakeča (“io sono alto come te”), gli affissi pronominali -ni- “tu” e -ma- “io”<br />

appartengono entrambi alla serie inattiva in quanto, indipendentemente dalla posizione<br />

argomentale di entrambi, nessuno dei due argomenti designa un partecipante agentivo.<br />

Inoltre, in conseguenza <strong>del</strong>l’ampia sovrapposizione, già più volte rilevata, fra le<br />

categorie di agentività ed eventività, l’insieme dei predicati il cui argomento riceve un<br />

<strong>caso</strong> attivo o inattivo coincide largamente da un lingua all’altra, anche in maniera<br />

trasversale alle due tipologie. I predicati di attività che significano “andare”, “correre”,<br />

“sparare”, “nuotare”, “mangiare”, ecc… non solo fanno sempre parte di una medesima<br />

classe, quella attiva, nelle diverse lingue split-S, ma anche nelle lingue fluid-S rientrano<br />

tutti in una <strong>del</strong>le due classi che non ammettono opzionalità e i cui argomenti possono<br />

essere marcati solo da un <strong>caso</strong> attivo. Analogamente, predicati stativi come “essere<br />

stanco”, “essere alto”, “essere malato”, “avere freddo”, ecc… ricadono all’interno <strong>del</strong>la<br />

classe inattiva in tutte le lingue split-S, ed anche nello tsova-tush i loro argomenti<br />

possono essere marcati solo da un <strong>caso</strong> inattivo. Quando i parametri di agentività ed<br />

Aktionsart divergono, o in predicati di attività come “cadere” e “morire” che sfuggono<br />

al controllo volontario <strong>del</strong> partecipante, o in predicati stativi come “abitare” e “stare<br />

nascosto” che invece presuppongono una partecipazione agentiva, emergono le<br />

differenze interlinguistiche legate alla scelta <strong>del</strong>lo specifico tratto pertinente e rilevante<br />

per la categorizzazione <strong>del</strong>le due classi di predicati 31 .<br />

Appare peraltro verisimile ipotizzare una continuità diacronica fra sistemi fluid-S e<br />

split-S, con classi lessicali che si costituiscono a partire da elementi prototipici, ossia da<br />

quei predicati che anche in una lingua fluid-S come lo tsova-tush ricorrono sempre o con<br />

un <strong>caso</strong> attivo o con un <strong>caso</strong> inattivo 32 . D’altronde, la stessa distinzione sincronica fra i<br />

due sistemi fa riferimento a tipi ideali. La realtà dei dati linguistici sembra piuttosto<br />

configurare, ancora una volta, un continuum che non consente discriminazioni nette. Ad<br />

31<br />

Non solo il parametro pertinente varia da una lingua all’altra, ma può mutare nel tempo anche<br />

all’intreno <strong>del</strong>la stessa lingua (Mithun 1991: pp.536-537).<br />

32<br />

Un’evoluzione di questo tipo potrebbe anche dare ragione <strong>del</strong> fatto che i sistemi split-S sono<br />

molto più numerosi di quelli fluid-S.<br />

43


una estremità si collocano infatti lingue come lo tsova-tush in cui sebbene la maggior<br />

parte dei predicati ammetta entrambe le marche, esistono comunque due classi (la I e la<br />

V) per le quali l’assegnazione di <strong>caso</strong> è a tutti gli effetti lessicalizzata; al polo opposto vi<br />

sono lingue come il guaraní in cui la quasi totalità <strong>del</strong>le radici verbali sono<br />

lessicalizzarte in due classi opposte e complementari, e tuttavia possiedono (ancora) un<br />

minimo margine di opzionalità. Sulla base <strong>del</strong>la descrizione fornita da Durie (1987,<br />

1988), Van Valin (1990) e Foley (2005), l’acehnese sembra occupare un posizione<br />

intermedia: esso presenta infatti due consistenti classi lessicalizzate ma a fianco di esse<br />

vi sono più di trenta predicati per i quali sussiste opzionalità nella scelta <strong>del</strong>la marca di<br />

<strong>caso</strong>.<br />

In conclusione di questa analisi e alla luce dei dati precedentemente esposti è dunque<br />

possibile affermare che, dal punto di vista <strong>del</strong> principio semantico sottostante, il tipo<br />

split-S e il tipo fluid-S sono unificabili ed è legittimo parlare, più in generale, di sistemi<br />

di codifica attivi come di sistemi in cui l’assegnazione di <strong>caso</strong> è determinata<br />

dall’opposizione dei due macroruoli semantici Actor e Undergoer.<br />

3.2 Approcci sintattici alla descrizione <strong>del</strong>le lingue attive<br />

Sebbene la maggior parte degli studi sull’argomento riconoscano nei sistemi di<br />

codifica di tipo attivo un principio soggiacente di ordine fondamentalmente semantico,<br />

non sono mancati tentativi di descrivere tale sistema attraverso categorie sintattiche. Le<br />

spiegazioni di questo tipo prendono le mosse dall’Ipotesi Inaccusativa formulata da<br />

Perlmutter (1978) nel quadro teorico <strong>del</strong>la Grammatica Relazionale. L’approccio<br />

relazionalista individua nelle due relazioni grammaticali di soggetto e oggetto diretto<br />

(rispettivamente rappresentati, in termini relazionalisti, dalle etichette RG 1 e RG 2) i<br />

principi organizzatori di una sintassi autonoma dagli altri livelli <strong>del</strong>la grammatica, e<br />

postula che le proposizioni possano essere costituite da più livelli sintattici distinti.<br />

Secondo l’Ipotesi Inaccusativa si possono dunque individuare, in termini puramente<br />

sintattici, due tipi di predicati intransitivi: nel primo tipo, gli inergativi, il soggetto<br />

superficiale coincide con il soggetto <strong>del</strong> livello soggiacente, mentre nel secondo tipo, gli<br />

inaccusativi, esso corrisponde in realtà ad un oggetto diretto soggiacente. Nei sistemi di<br />

codifica di tipo attivo tale opposizione sarebbe manifestata assegnando all’argomento<br />

44


dei predicati inergativi la stessa marca morfologica <strong>del</strong> soggetto transitivo e a quello dei<br />

predicati inaccusativi la marca <strong>del</strong>l’oggetto diretto transitivo.<br />

Sebbene lo stesso Perlmutter riconosca l’esistenza di una base semantica nella<br />

distinzione fra le due classi di predicati intransitivi, studi successivi, ed in particolare<br />

Rosen (1984), hanno negato l’esistenza di un fondamento semantico universalmente<br />

valido che consenta di definire in maniera coerente le due categorie opposte 33 . In<br />

particolare viene messo in evidenza come la categorizzazione dei diversi predicati in<br />

due classi distinte non si equivalga interlinguisticamente: l’esempio addotto è quello<br />

<strong>del</strong> predicato “morire”, che in alcune lingue (si veda supra il <strong>caso</strong> <strong>del</strong> guaraní)<br />

appartiene alla stessa classe di predicati come “correre” o “sparare”, mentre in altre<br />

(lakhota e pomo centrale) rientra nella classe di predicati come “avere freddo” o “essere<br />

felice”.<br />

Tuttavia, come già ossevato al § 3.1.2, ciò dipende dal fatto che, pur riconoscendo<br />

nell’Aktionsart e nell’agentività i principali parametri semantici che determinano<br />

l’opposizione <strong>del</strong>le due classi verbali, le singole lingue si differenziano nella scelta <strong>del</strong>lo<br />

specifico parametro che governa la categorizzazione. Nel <strong>caso</strong> specifico <strong>del</strong> predicato<br />

“morire”, in guaraní esso è classificato con “correre” poiché il tratto rilevante è<br />

l’opposizione di Aktionsart fra predicati eventivi e predicati stativi, mentre in lakhota o<br />

pomo centrale rientra nella stessa classe di “avere freddo” in quanto il parametro<br />

rilevante è quello legato all’agentività. Molte altre obiezioni mosse agli approcci<br />

semantici cadono nel momento in cui dati apparentemente aberranti vengano inseriti in<br />

una prospettiva che consideri la lingua come diasistema risultante dalla stratificazione di<br />

diverse fasi diacroniche, in cui operano processi di grammaticalizzazione,<br />

33<br />

Harris (1982) sembra assumere una posizione intermedia. Nella sua analisi <strong>del</strong> georgiano<br />

come lingua attiva, viene infatti riconosciuto che, sebbene l’assegnazione di un <strong>caso</strong> attivo o<br />

inattivo ad un determinato argomento non sia direttamente predicibile su base semantica, ma<br />

richieda necessariamente la mediazione <strong>del</strong>la sintassi., la semantica <strong>del</strong> predicato determina in<br />

ogni <strong>caso</strong> le relazioni grammaticali iniziali: “[s]emantics strictly determines <strong>IN</strong>ITIAL<br />

grammatical relations. In Georgian, initial subjects include agents, cognizers, experiencers, and<br />

possessors. Initial direct objects include patients, stimuli (of affective verbs), and possessed”<br />

(Harris 1982: p.303). Si noti, per inciso, che i ruoli semantici di agente, conoscente, esperiente e<br />

possessore sono tutti riconducibili al macroruolo di Actor, mentre paziente, stimolo e posseduto<br />

ricadono sotto il macroruolo di Undergoer.<br />

45


lessicalizzazione, e fenomeni di interlinguismo. Di seguito, si riportano due casi<br />

esemplari.<br />

E’ stato rilevato che in caddo, in cui l’opposizione fra le due classi verbali sembra<br />

determinata dal tratto semantico [controllo], il predicato “morire”, pur designando un<br />

evento chiaramente non soggetto al controllo di un partecipante, rientra nella stessa<br />

classe di predicati come “andare”, “combattere” e “parlare”. L’apparente contraddizione<br />

si risolve tenendo presente che il predicato che attualmente significa “morire”,<br />

significava in origine “andare a casa”: una lessicalizzazione conseguente ad un chiaro<br />

fenomeno di tabù linguistico ha dunque reso meno trasparente l’originario parametro<br />

semantico. <strong>Il</strong> fatto che in guaraní il predicato avuří (“essere annoiato”) sia classificato<br />

tra i predicati eventivi dipende invece dal contatto linguistico: il termine è infatti un<br />

prestito dallo spagnolo aburrir(se), ed in guaraní tutti i prestiti verbali rientrano nella<br />

classe eventiva, mentre gli aggettivi in quella stativa 34 .<br />

In ogni <strong>caso</strong>, al di là di quelle che possono essere spiegazioni contingenti,<br />

l’argomentazione di Rosen (1984) è inficiata da un fraintendimento più profondo. Si<br />

riveda a questo proposito l’intero passo in cui, a proposito <strong>del</strong>l’interfaccia tra ruoli<br />

semantici e relazioni grammaticali iniziali, si nega la possibilità di predire queste ultime<br />

a partire da una rappresentazione semantica <strong>del</strong>la frase.<br />

“[T]here is ample evidence that the Universal Alignment Hypothesis is<br />

untenable […] the key point is that the initial strata can be established by<br />

syntactic tests, independent of meaning. We find that ‘die’ takes an initial 1<br />

in Choctaw, an initial 2 in Italian:<br />

(70) a. Choctaw Initial term<br />

<strong>Il</strong>li- li- tok kiyo. (1)<br />

die 1st NOM PST not<br />

‘I did not die’<br />

b. Italian (2)<br />

Non sono morto.<br />

34<br />

D’altra parte il predicato nativo kaigwá “essere annoiato” rientra regolarmente nella classe<br />

stativa. Altri esempi di come i fenomeni di mutamento linguistico possano oscurare il principio<br />

semantico sotteso ai sistemi di codifica attivi, sono raccolti in Mithun (1991).<br />

46


not I-am died<br />

‘I did not die’<br />

A critic might object that this method is naïve because it ignores the<br />

possibility that (70a,b) might not really be synonymous. The concept of<br />

dying surely has different resonances in different cultural and religious<br />

communities. Perhaps in Choctaw culture ‘dying’ is somehow conceived as<br />

a step I take, rather than something that happens to me, in which case one<br />

could claim that the two nominals in (70) do not have the same semantic<br />

role. But consider a more banal concept such as ‘sweat’. With this predicate<br />

the initial nuclear term is a 2 in Choctaw, a 1 in Italian.”<br />

(Rosen 1984: pp.61-62)<br />

Tutto il passo si regge su un uso equivoco (e sovrapposto) dei termini “meaning” e<br />

“concept”, utilizzati come sinonimi: il significato linguistico rimane invece sempre<br />

indipendente dal concetto o dal senso che un determinato contesto socioculturale può<br />

attribuire agli eventi che si producono nella realtà extralinguistica. Questo è, come<br />

evidenziato a più riprese da De Mauro (1966, 1967, 2005), il valore profondo <strong>del</strong><br />

principio saussuriano <strong>del</strong>l’arbitrarietà <strong>del</strong> segno, altrimenti ridotto alla visione, già<br />

aristotelica, <strong>del</strong>la lingua come nomenclatura. La similarità o l’opposizione di due o più<br />

concetti esperienziali in termini extralinguistici non implica in alcun modo che<br />

all’interno di una certa lingua essi realizzino o non realizzino lo stesso significato. Di<br />

fronte al continuum <strong>del</strong>la realtà extralinguistica antistante il codice, ciascuna lingua<br />

discrimina e seleziona arbitrariamente i tratti rilevanti alla categorizzazione: tornando<br />

all’esempio di “morire”, diremo dunque che, qualunque sia la valutazione culturale<br />

<strong>del</strong>l’esperienza <strong>del</strong>la morte, il guaraní rileva come tratto linguisticamente significativo il<br />

fatto che essa comporti un mutamento di stato, mentre il lakhota o il pomo orientale il<br />

fatto che si tratti di un evento che si sottrae al controllo di un partecipante. L’obiezione<br />

formulata da Rosen sarebbe perciò valida solo se all’interno di una stessa lingua si<br />

trovassero controesempi significativi.<br />

Più in generale, l’Ipotesi Inaccusativa, così come formulata negli approcci successivi a<br />

quello originariamente semantico-sintattico di Perlmutter (1978), sembra poco adatta ad<br />

una interpretazione interlinguisticamente valida <strong>del</strong>le manifestazioni di sistemi di<br />

codifica attivi. Questo perché le relazioni sintattiche di soggetto e oggetto diretto,<br />

assunte come primitivi sintattici, costituiscono categorie valide unicamente all’interno<br />

47


di lingue di tipo accusativo. Indipendentemente dall’eventuale riconoscimento di una<br />

definizione universalmente valida di soggetto (Keenan 1976, Dixon 1994), la<br />

Grammatica Relazionale opera in ogni <strong>caso</strong> attraverso un pivot sintattico proprio di<br />

lingue accusative 35 , che identifica i primitivi A e S: ciò ha indotto di conseguenza a<br />

ritenere superflua tale distinzione, negando l’esistenza di tre primitivi semantico-<br />

sintattici. Dixon (1994) ha invece dimostrato che nelle lingue sintatticamente ergative le<br />

proprietà morfosintattiche che consentono di individuare la categoria pivot si<br />

distribuiscono diversamente tra gli argomenti <strong>del</strong> predicato, identificando i primitivi S e<br />

O, mettendo al tempo stesso in evidenza i problemi incontrati dall’approccio<br />

relazionalista nel rendere conto di alcuni fenomeni sintattici tipici <strong>del</strong>le lingue ergative,<br />

quali i costrutti antipassivi (Dixon 1994: pp.234-236).<br />

Infine, la categoria stessa di pivot sembra non essere una nozione universalmente<br />

valida. Sebbene su di essa si orientino, pur con modalità opposte, molti fenomeni<br />

sintattici <strong>del</strong>le lingue accusative ed ergative, Foley – Van Valin (1984: pp.108-124)<br />

hanno rilevato l’esistenza di lingue attive come il pomo orientale e l’acehnese, in cui è<br />

totalmente assente la nozione di pivot sintattico, probabilmente in conseguenza <strong>del</strong> fatto<br />

che si tratta di lingue organizzate sulla base <strong>del</strong>l’opposizione semantica Actor –<br />

Undergoer, e che non configurano più in generale il parametro <strong>del</strong>la transitività. In<br />

pomo orientale, ad esempio, data una struttura coordinativa costituita da due predicati<br />

monoargomentali, la possibilità di omettere l’argomento <strong>del</strong> secondo di essi non è legata<br />

unicamente alla coreferenzialità dei sintagmi nominali. L’argomento <strong>del</strong> secondo<br />

predicato può infatti essere omesso solo se esso ricopre il medesimo macroruolo<br />

semantico <strong>del</strong>l’argomento <strong>del</strong> primo predicato. Ciò significa che il pomo orientale non<br />

possiede una categoria sintattica di pivot indipendente e svincolata dal macroruolo<br />

semantico, dimostrando piuttosto come la sintassi risponda direttamente alla<br />

rappresentazione semantica <strong>del</strong>la frase 36 .<br />

35<br />

Per la definizione di pivot sintattico si veda supra, Nota 20.<br />

36<br />

L’assenza di un pivot sintattico nelle lingue attive sembra inoltre correlata alla presenza di un<br />

sistema di affissi pronominali molto sviluppato (head-marking nei termini di Nichols 1986) che<br />

renderebbe superfluo il ricorso a specifici vincoli sintattici che governino la costruzione di<br />

proposizioni complesse e l’omissione di sintagmi nominali. Le lingue che possiedono un<br />

sistema di codifica attivo non sono peraltro le uniche a poter essere prive di un pivot sintattico.<br />

Anche una lingua ergativa come l’archi (lingua caucasica nord-orientale) e alcune lingue <strong>del</strong>la<br />

48


3.3 Sistemi casuali misti: tendenze universali nella distribuzione <strong>del</strong> tipo accusativo<br />

e ergativo (…e attivo?)<br />

In conclusione di questi due capitoli in cui sono stati passati in rassegna i diversi<br />

sistemi di codifica a cui può rispondere la morfologia nominale, si ritiene opportuno<br />

trattare il <strong>caso</strong> di lingue che attestano sistemi casuali misti. Sono infatti abbastanza<br />

frequenti lingue il cui sistema casuale mostra un orientamento di tipo accusativo in<br />

alcuni contesti, ed uno di tipo ergativo in altri 37 . Tra i fattori che determinano la<br />

distribuzione dei due diversi sistemi di codifica all’interno di una singola lingua si<br />

individuano principalmente alcuni parametri di ordine tempo-aspettuale 38 , e altri legati<br />

al contenuto semantico <strong>del</strong> sintagma nominale. Fra a questi ultimi, l’evidenza<br />

interlinguistica permette di attribuire una particolare rilevanza al grado di animatezza e<br />

individuazione <strong>del</strong> referente <strong>del</strong> sintagma nominale. I numerosi dati raccolti negli studi<br />

di Silverstein (1976), Comrie (1978, 1981), e Dixon (1994) rivelano infatti una tendenza<br />

universale nella distribuzione dei sistemi casuali di tipo accusativo ed ergativo quando<br />

essi sono compresenti nella stessa lingua: in particolare, i sintagmi nominali che<br />

occupano una posizione alta nella gerarchia di animatezza e individuazione sono<br />

marcati secondo un sistema casuale di tipo accusativo, mentre quelli meno animati e<br />

famiglia tibeto-burmana sono prive <strong>del</strong>la categoria di pivot (Foley-Van Valin 1984: pp.120-<br />

124).<br />

37<br />

Diverso è il <strong>caso</strong>, di cui ci limitiamo a riportare alcuni esempi, di lingue che presentano<br />

sistemi di codifica distinti ai diversi livelli <strong>del</strong>la grammatica: l’italiano mostra un sistema<br />

casuale di tipo neutro ed un accordo verbale accusativo; il laz (lingua caucasica meridionale:<br />

Harris 1990) possiede un sistema casuale di tipo attivo ed un accordo verbale accusativo, al<br />

contrario <strong>del</strong> choctaw (lingua muskogeana occidentale parlata in Alabama: Davies 1986) che<br />

presenta invece un sistema casuale accusativo ed un accordo verbale attivo; e ancora, il warlpiri<br />

(lingua australiana <strong>del</strong> gruppo pama-nyunga: Comrie 1978) ha un sistema casuale ergativo e un<br />

accordo verbale accusativo. Ciascuna lingua è dunque in grado di trattare separatamente sistemi<br />

di codifica differenti ai diversi livelli, e il sistema di codifica può mutare ad un certo livello<br />

indipendentemente e senza conseguenze sugli altri livelli. Tuttavia, si nota una certa tendenza ad<br />

armonizzare i diversi livelli (Harris 1990).<br />

38<br />

<strong>Il</strong> <strong>caso</strong> più noto è quello <strong>del</strong>l’ergatività scissa nelle lingue indo-iraniche, a cui si è già<br />

accennato al § 2.1.5, che presentano una codifica accusativa nei tempi non passati e nell’aspetto<br />

imperfettivo, ma una codifica ergativa nei tempi passati (medio persiano e lingue pamir) o<br />

nell’aspetto perfettivo (hindi e rājāsthanī).<br />

49


meno individuati presentano un sistema casuale orientato in senso ergativo (Figura<br />

18) 39 .<br />

NOM/ACC─────────────────────────►<br />

◄─────────────────────────── ERG/ASS<br />

----------------------------------------------------------------------------------------------------------<br />

pron. I/II pers. > pron. III pers. > nomi umani > nomi animati non umani > nomi inanimati<br />

Figura 18<br />

Reinterpretata come gerarchia implicazionale, tale distribuzione prevede che un<br />

sintagma nominale possa ricevere una codifica di tipo accusativo solo se tutti gli altri<br />

sintagmi nominali che occupano posizioni più alte nella gerarchia ricevono una codifica<br />

di tipo accusativo. In maniera speculare, un sintagma nominale potrà ricevere una<br />

codifica di tipo ergativo solo se tutti gli altri sintagmi nominali collocati in posizioni più<br />

basse <strong>del</strong>la gerarchia ricevono una codifica di tipo ergativo.<br />

Le motivazioni di questa tendenza nella distribuzione dei due diversi sistemi di<br />

codifica sono riconducibili al grado di marcatezza funzionale <strong>del</strong> contesto in cui essi<br />

vengono impiegati. E’ già stato rilevato (§ 2.3) che in un sistema casuale di tipo<br />

accusativo, il nominativo rappresenta il <strong>caso</strong> non marcato rispetto all’accusativo, mentre<br />

in un sistema ergativo l’assolutivo è non marcato rispetto all’ergativo. I sintagmi<br />

39 La gerarchia di animatezza e individuazione, così come rappresentata in Figura 18 e Figura<br />

19, è tratta dai lavori di Silverstein (1976) e Comrie (1981). Al vertice <strong>del</strong>la scala si collocano i<br />

pronomi personali di prima e seconda persona, in quanto designano sempre referenti umani ed<br />

individuati (un “io” parlante ed un “tu” interlocutore), seguiti dai pronomi di terza persona, il<br />

cui referente, pur individuato, non è necessariamente umano. Occupano posizioni inferiori i<br />

nomi umani, animati ma meno individuati dei pronomi, i nomi di animali, animati ma non<br />

umani, ed infine i nomi comuni inanimati e non individuati. Le posizioni che si determinano<br />

possono inoltre essere ulteriormente articolate in sotto-gerarchie: la categoria “nomi umani” è<br />

infatti a sua volta suddivisa in “antroponimi > nomi di parentela > nomi di mestiere”, e quella<br />

dei “nomi inanimati” in “nomi comuni di cosa > nomi di massa > astratti deverbali”. Infine,<br />

sebbene si sovrappongano ai poli opposti <strong>del</strong>la scala, i parametri di animatezza e individuazione<br />

possono divergere nelle posizioni intermedie: all’interno dei nomi umani, ad esempio, a parità<br />

di animatezza gli antroponimi sono più individuati dei nomi di mestiere.<br />

50


nominali più animati e più individuati, che designano per lo più referenti umani,<br />

tendono a ricorrere tipicamente nel macroruolo di Actor e a realizzarsi nella relazione<br />

sintattica A: essi presenteranno dunque un <strong>caso</strong> non marcato (nominativo) in funzione<br />

di A, ma saranno marcati in funzione di O (accusativo). Al contrario, i sintagmi<br />

nominali meno animati e individuati che tipicamente ricorrono nel macroruolo di<br />

Undergoer e nella relazione sintattica O non sono marcati in tale funzione (assolutivo)<br />

ma lo sono in funzione di A (ergativo).<br />

In particolare, si configura uno stretto legame tra il sistema accusativo ed i pronomi<br />

personali: anche in una lingua come il diyrbal, che presenta una morfologia ed una<br />

sintassi pienamente ergative, i pronomi personali di prima e seconda persona singolare<br />

sono marcati secondo un orientamento accusativo; gli esempi si moltiplicano nelle<br />

lingue indoeuropee, con le lingue romanze e l’inglese che a fronte di una morfologia<br />

nominale di tipo neutro conservano una distinzione di tipo nominativo/accusativo nei<br />

pronomi di prima e seconda persona persona singolare. Ad ulteriore conferma di questa<br />

tendenza, i dati riportati in Comrie (2005) sulla distribuzione dei diversi sistemi di<br />

codifica nelle lingue <strong>del</strong> mondo, mostrano che, mentre per i sintagmi nominali pieni il<br />

rapporto fra lingue che attestano un sistema accusativo e lingue che attestano un sistema<br />

ergativo è 52:32, per quanto riguarda i sistemi pronominali tale rapporto privilegia<br />

maggiormente il sistema accusativo (61:20). Infine, ancora più indicativo appare quanto<br />

emerge da Siewierska (2005): nelle lingue head-marking, che presentano un sistema di<br />

affissi pronominali agglutinati al verbo (sebbene in molti casi sia difficile distinguere se<br />

questi ultimi, che pure codificano tratti tipicamente pronominali come persona e<br />

numero, siano veri e propri pronomi o elementi di morfologia flessiva), emerge infatti<br />

una nettissima prevalenza <strong>del</strong> sistema accusativo rispetto a quello ergativo (212:19).<br />

Con poche eccezioni (Mithun 1991: p.542), gli studi sull’argomento non si sono mai<br />

occupati <strong>del</strong>l’eventuale posizione che un sistema attivo potrebbe occupare sulla scala di<br />

animatezza, se compresente con altri sistemi.<br />

Un ragionamento analogo a quello condotto riguardo alla distribuzione dei sistemi<br />

accusativo ed ergativo, e basato sulla marcatezza di un certo <strong>caso</strong> in relazione al<br />

contesto in cui esso è impiegato, non consente di formulare alcuna ipotesi, in ragione<br />

<strong>del</strong> fatto che nei sistemi di codifica attivi non sembra possibile individuare un termine<br />

marcato ed uno non marcato. <strong>Il</strong> rapporto fra la categoria A/SA (Actor) e la categoria<br />

O/SO (Undergoer) si configura infatti come una opposizione complementare in cui<br />

51


ciascuna <strong>del</strong>le due è funzionalmente marcata rispetto all’altra 40 . Una situazione<br />

equivalente si ripresenta a livello di marcatezza formale: nelle lingue split-S <strong>caso</strong> attivo<br />

e <strong>caso</strong> inattivo sono entrambi morfologicamente marcati attraverso le due distinte serie<br />

di affissi pronominali. Questo vale anche per alcune lingue fluid-S, come lo tsova-tush<br />

ed il georgiano, in cui entrambi i casi ricevono una desinenza esplicita, ma non per altre<br />

che impiegano una morfologia casuale esplicita solo per il <strong>caso</strong> attivo (tibetano) o solo<br />

per il <strong>caso</strong> inattivo (pomo orientale).<br />

Tuttavia, almeno secondo quanto riportato da Mithun (1991), si manifesta una certa<br />

tendenza dei sistemi casuali attivi a ricorrere con pronomi personali e nomi che<br />

designano referenti umani. I dati raccolti in Siewierska (2005) sembrano inoltre<br />

mostrare una compatibilità <strong>del</strong> tipo attivo con gli elementi pronominali superiore a<br />

quella <strong>del</strong> tipo ergativo (26:19) ma decisamente inferiore a quella <strong>del</strong> tipo accusativo<br />

(26:212).<br />

In realtà, traendo le conseguenze di alcuni fenomeni diacronici, il tipo attivo<br />

sembrerebbe occupare una posizione intermedia rispetto agli altri due sistemi sulla<br />

gerarchia di animatezza. Come mostrato da Plank (1985), i sistemi accusativo ed<br />

ergativo possono evolvere in direzioni opposte. <strong>Il</strong> passaggio da una codifica di tipo<br />

accusativo ad una di tipo ergativo, ha luogo nel momento in cui le marche grammaticali<br />

cessano di identificare l’argomento S con A, allineandolo invece con O (e viceversa nel<br />

passaggio da un sistema ergativo ad uno accusativo).<br />

In questa evoluzione si produce uno stadio intermedio e transitorio di tipo attivo.<br />

Nell’evoluzione accusativo > ergativo, ad esempio, la marca di accusativo non si<br />

estende immediatamente a tutti gli argomenti S, ma in un primo momento solo agli<br />

argomenti di tipo SO, ossia quelli che condividono con O il macroruolo di Undergoer. È<br />

legittimo supporre che i sintagmi nominali che ricorrono in tale funzione designino<br />

tipicamente referenti inagentivi che occupano posizioni basse nella gerarchia di<br />

animatezza. Se in una certa fase sincronica di una lingua sono compresenti un sistema<br />

casuale accusativo ed uno attivo è perciò verisimile che il secondo si manifesti con i<br />

nomi meno animati e individuati. Nell’evoluzione da un sistema ergativo ad uno<br />

accusativo il percorso è esattamente speculare, con la marca di ergativo che si estende in<br />

40<br />

Mancano purtroppo studi specifici sulla marcatezza dei due casi all’interno <strong>del</strong>le lingue attive,<br />

dedicati, ad esempio, al vaglio dei contesti che permettono di individuare il <strong>caso</strong> non marcato,<br />

solitamente impiegato come forma di citazione dei nomi o in funzione di topic nei costrutti<br />

equativi.<br />

52


un primo momento da A agli argomenti SA, in quanto entrambi ricoprono il macroruolo<br />

di Actor. I referenti di tali argomenti, prototipicamente agentivi, saranno<br />

tendenzialmente umani ed animati. Se dunque una lingua attesta sia un sistema casuale<br />

attivo che uno ergativo, il sistema attivo si manifesterà nei nomi più animati e il sistema<br />

ergativo in quelli meno animati.<br />

La posizione dei tre diversi sistemi in relazione alla gerarchia di animatezza e<br />

individuazione può essere così rappresentata dal seguente schema (Figura 19):<br />

NOM/ACC > ATT/<strong>IN</strong>ATT > ERG/ASS<br />

----------------------------------------------------------------------------------------------------------<br />

pron. I/II pers. > pron. III pers. > nomi umani > nomi animati non umani > nomi inanimati<br />

Figura 19<br />

Tale schema, che rimane al momento una deduzione ipotetica, è da intendersi come<br />

una gerarchia implicazionale: non significa cioè che ogni lingua mostri necessariamente<br />

la compresenza di tutti e tre i tipi morfologici, ma, se almeno due di essi sono presenti,<br />

essi tenderanno a disporsi in base alle posizioni relative. Allo stato attuale <strong>del</strong>le<br />

conoscenze, i dati che consentono di verificare tale ipotesi sono frammentari e<br />

contraddittori. Essa è confermata dallo tsova-tush, che presenta un sistema attivo nei<br />

pronomi di prima e seconda persona singolare ma un sistema ergativo per tutti gli altri<br />

sintagmi nominali. Le previsioni di tale gerarchia sembrano essere valide anche per il<br />

latino tardo. Altrove (Rovai 2005) si è mostrato che in latino tardo, in cui sono<br />

compresenti un sistema di codifica accusativo ed uno attivo, quest’ultimo è limitato,<br />

almeno in un primo momento, ai sintagmi nominali meno animati ed individuati (astratti<br />

verbali e nomi comuni di cosa). <strong>Il</strong> koasati (lingua muskogeana orientale: Mithun 1991:<br />

p.542) mostra però una situazione esattamente opposta, in cui i pronomi mostrano un<br />

sistema di codifica attivo ed i nomi comuni un sistema accusativo. La questione è <strong>del</strong><br />

tutto aperta e richiede ampie indagini tipologiche che esulano dalle competenze <strong>del</strong><br />

presente lavoro.<br />

53


4. <strong>TRATTI</strong> NON ACCUSATIVI <strong>IN</strong> LAT<strong>IN</strong>O: LO STATO DELL’ARTE<br />

In latino, il sistema di codifica <strong>del</strong>le relazioni grammaticali è chiaramente orientato in<br />

senso nominativo/accusativo, sia a livello <strong>del</strong>la morfologia nominale che <strong>del</strong>la<br />

morfosintassi 41 : A e S sono marcati dal <strong>caso</strong> nominativo e reggono l’accordo con le<br />

forme finite <strong>del</strong> verbo, mentre O è marcato dal <strong>caso</strong> accusativo e non governa l’accordo<br />

verbale.<br />

Tuttavia, da un lato i testi tardolatini rivelano l’esistenza di un sub-sistema di tipo attivo<br />

(§ 4.1), dall’altro, sebbene in ambiti più circoscritti, tratti di tipo non accusativo<br />

emergono anche in epoca arcaica e classica, sia in contesti non relazionali (§ 4.2) che<br />

relazionali (§ 4.3).<br />

4.1 Latino tardo e estensione <strong>del</strong>l’accusativo<br />

In latino tardo, il possibile impiego <strong>del</strong>l’accusativo in luogo <strong>del</strong> nominativo in<br />

funzione di soggetto (Plank 1985; La Fauci 1988, 1997; Cennamo 2001a, 2001b, in<br />

stampa), testimonia l’esistenza di un sistema di codifica <strong>del</strong>le relazioni grammaticali di<br />

tipo attivo. A partire dal III secolo d.C. e in testi di diversa provenienza, i soggetti di<br />

predicati passivi (21), stativi (22-23), risultativi (24) e trasformativi (25) 42 , possono<br />

infatti ricevere la stessa marca casuale degli oggetti diretti transitivi, come nei seguenti<br />

casi.<br />

(21) sardam exossatur (Apic. De re coq. 7,13,5)<br />

(22) remanent dies quadraginta et unum (Per.Aeth. 27,1)<br />

41<br />

In una lingua morfologicamente ricca come il latino, l’ordine dei costituenti riveste un ruolo<br />

<strong>del</strong> tutto secondario nell’individuazione <strong>del</strong>le relazioni grammaticali e possiede una funzione<br />

principalmente pragmatica e legata alla struttura <strong>del</strong>l’informazione, come notato a suo tempo da<br />

Meillet (1922 [1903]) a proposito <strong>del</strong>le lingue indoeuropee antiche in generale (v. § 2.1.1), e<br />

recentemente riconfermato da Polo (2004).<br />

42<br />

Per una lista più ampia di esempi si veda Rovai (2005: pp.77-82).<br />

54


(23) totam curationem haec est (Mulomed. 526)<br />

(24) fit orationem (Per.Aeth. 15,3)<br />

(25) interiit annum (Mulomed. 776)<br />

Gli argomenti di predicati passivi ed intransitivi che ricoprono un ruolo semantico<br />

inattivo (SO) sono dunque morfologicamente riallineati con l’argomento inattivo dei<br />

costrutti transitivi (O), con il quale condividono il macroruolo semantico di Undergoer<br />

(v. § 3.1). Al contrario, i soggetti agentivi di predicati intransitivi attivi (SA) continuano<br />

ad essere marcati al <strong>caso</strong> nominativo e ad essere associati al soggetto di predicati<br />

transitivi (A), dal momento che entrambi sono riconducibili al macroruolo di Actor. La<br />

scissione <strong>del</strong>la categoria di S in due sottoclassi sulla base di un parametro semantico,<br />

con i soggetti di alcuni predicati intransitivi che mostrano proprietà condivise con il<br />

soggetto transitivo, ed altri che condividono invece proprietà con l'oggetto diretto<br />

transitivo, è un tratto peculiare dei sistemi di codifica di tipo attivo (§ 3.1).<br />

In alcuni ambiti <strong>del</strong>la grammatica tardolatina, dunque, le relazioni grammaticali non<br />

sono più identificate sulla base di un sistema di tipo nominativo/accusativo, ma sulla<br />

base di un sistema di tipo attivo/inattivo. Dal punto di vista <strong>del</strong>la morfologia dei casi,<br />

questo comporta che “the accusative-nominative contrast was (re-)semanticized, with<br />

the accusative serving to code inactive and the nominative to code more active actants”<br />

(Plank 1985: p.291), come illustrato dal seguente schema (Figura 20):<br />

Figura 20<br />

O SO SA A<br />

accusativo<br />

(<strong>caso</strong> inattivo)<br />

55<br />

nominativo<br />

(<strong>caso</strong> attivo)<br />

In un secondo momento, a partire dal V secolo d.C. nelle iscrizioni africane e<br />

dall’VIII / IX secolo nelle altre zone <strong>del</strong>l’impero, l’estensione <strong>del</strong>l’accusativo a scapito<br />

<strong>del</strong> nominativo arriverà a comprendere anche i soggetti intransitivi attivi e quelli


transitivi, orientando così la distribuzione <strong>del</strong>le marche casuali verso un sistema di tipo<br />

neutro (§ 2.1.3), in cui A, S e O sono marcati indifferentemente dal <strong>caso</strong> accusativo 43 :<br />

solo l’accordo verbale e, più tardi, l’ordine dei costituenti continuano ad uniformarsi ad<br />

un sistema di tipo accusativo.<br />

In conclusione di questa parte, occorre rilevare come nella letteratura sull’argomento,<br />

per designare l’insieme <strong>del</strong>le manifestazioni di tratti attivi nella codifica <strong>del</strong>le relazioni<br />

grammaticali venga solitamente impiegato il termine “sub-sistema”. La scelta<br />

terminologica è motivata dal fatto che, sebbene nei documenti a nostra disposizione tali<br />

fenomeni coesistano con un sistema accusativo che rimane ampiamente maggioritario,<br />

le loro manifestazioni sono tutt’altro che sporadiche 44 , e soprattutto è innegabile<br />

l’esistenza di corrispondenze regolari e sistematiche tra soggetti marcati all’accusativo e<br />

ruolo semantico inattivo.<br />

<strong>Il</strong> ridotto numero di attestazioni <strong>del</strong>l’uso <strong>del</strong>l’accusativo in funzione di soggetto è<br />

certamente determinato da fattori diastratici e diamesici. Pur di registro medio-basso, le<br />

fonti a nostra disposizione sono per lo più costituite da testi letterari, aperti solo in<br />

misura ridotta a fenomeni di una lingua parlata che, tra il IV e il V secolo d.C., si<br />

distacca definitivamente dalla norma di una lingua scritta sostanzialmente artificiale e<br />

ripetitiva dando origine ad una situazione di diglossia che contrappone “due norme (non<br />

lingue) legate a due livelli (alto e basso) con una tendenziale ma non meccanica<br />

corrispondenza di strati sociali” (Zamboni 1997: p.30). Risalgono infatti a questo<br />

periodo tutti i testi canonici <strong>del</strong>la letteratura volgare (Appendix Probi, Mulomedicina,<br />

Peregrinatio, ecc...), documenti che, pur redatti in una lingua semplice e alla portata di<br />

quanti abbiano un principio di istruzione, non costituiscono in ogni <strong>caso</strong> trasposizioni<br />

dirette <strong>del</strong> parlato.<br />

Solo l’evidenza diacronica degli esiti romanzi rivela quale fosse, nella<br />

Umgangssprache, la reale entità <strong>del</strong> fenomeno <strong>del</strong>l’accusativo esteso, che condurrà alla<br />

definitiva crisi <strong>del</strong> sistema casuale latino e alla diffusione <strong>del</strong>l’accusativo come<br />

43<br />

Non si può escludere che, in una fase intermedia di questa evoluzione, si sia manifestato un<br />

sistema di codifica di tipo ergativo, nel momento in cui tutti i soggetti intransitivi fossero<br />

marcati dal <strong>caso</strong> accusativo (Zamboni 2000).<br />

44<br />

Dall’esame condotto in Rovai (2005) su 8 testi (De re coquinaria, Mulomedicina Chironis,<br />

Pergrinatio Aetheriae, De observatione ciborum, Itinerarium Antonini Placentini, Breviarius de<br />

Hierosolyma, De situ terrae sanctae, Lex Curiensis) sono infatti emersi ben 134 casi in cui<br />

l’accusativo sostituisce il nominativo in funzione di soggetto.<br />

56


Universalkasus <strong>del</strong> paradigma nominale romanzo (Norberg 1943, 1944; Väänänen<br />

1971; Lausberg 1976, Gaeng 1984, Pensado 1986, Zamboni 2002) 45 .<br />

4.2 Tratti non accusativi in latino arcaico e classico in contesti non relazionali<br />

Al di là <strong>del</strong>la situazione <strong>del</strong> latino tardo, è stato evidenziato da più parti 46 come, anche<br />

in fasi più antiche, la morfosintassi latina mostri alcuni aspetti non pienamente conformi<br />

ad un sistema di codifica di tipo accusativo. Tratti non accusativi compaiono già in<br />

latino arcaico e classico, spesso in registri bassi e informali, come rivela l’impiego<br />

<strong>del</strong>l’accusativo come <strong>caso</strong> non marcato in costrutti esclamativi (26), presentativi (27) ed<br />

enumerativi (28), attestato sia in fonti letterarie che epigrafiche 47 .<br />

(26) Lepidum senem (Pl. Pseud. 435)<br />

(27) sed eccum Palaestrionem, stat cum milite (Pl. Mil. 1290)<br />

(28) Puteolos, Antium, Tegeano(s), Pompeios, hae sunt verae coloniae<br />

(CIL IV 525)<br />

Come rilevato al § 2.3, in un sistema di codifica accusativo, il nominativo dovrebbe<br />

essere infatti il <strong>caso</strong> funzionalmente non marcato impiegato in funzione di topic in<br />

45 Poche le eccezioni che proseguono invece il <strong>caso</strong> nominativo, costituite non a <strong>caso</strong> da nomi<br />

che designano referenti umani (homo > it. uomo, ant.fr. uem, rum. om; mulier > it. moglie, sp.<br />

mujer; presbyter > it. prete, fr. prêtre, sp. preste; latro > it. ladro, ant.fr. lere; companio > it.<br />

compagno, fr. copain, sp. compaño; soror > fr. soeur, sp. sor, rum. sor; sartor > it. sarto,<br />

med.fr. sartre, sp. sastre; rex > it. re; miles > rum. mire; ecc…). Per la discussione di questi casi<br />

si veda Rovai (2005).<br />

46 Sulla presenza di tratti tipologici attivi o ergativi in latino si vedano i seguenti lavori: Collinge<br />

(1978), Lehmann (1985), La Fauci (1988, 1997), Cennamo (2001a, in stampa), e Lazzeroni<br />

(2002).<br />

47 Si tratta <strong>del</strong> così detto “accusatif en fonction de nominatif” (Ernout – Thomas 1972: pp.22-<br />

25).<br />

57


un’esclamazione o come forma di citazione in un’enumerazione. Non stupisce dunque<br />

che anche il nominativo ricorra correntemente in questa stessa funzione, nel momento in<br />

cui esso si stabilisce come <strong>caso</strong> <strong>del</strong> soggetto/topic: tuttavia, ciò che è importante<br />

sottolineare, è che la medesima funzione può essere ricoperta anche dall’accusativo. Per<br />

quanto riguarda la marcatezza formale, inoltre, sia il nominativo che l’accusativo<br />

presentano una marca morfologica esplicita nella maggior parte <strong>del</strong> sistema <strong>del</strong>la<br />

flessione latina. Le migliori e più equilibrate considerazioni sullo status marcato <strong>del</strong><br />

nominativo o <strong>del</strong>l’accusativo, restano quelle proposte da Lehmann (1985) e di seguito<br />

riportate:<br />

“The evidence shows that nominative and accusative in Latin are unlike<br />

these cases in typical accusative systems, because they are not opposed as<br />

marked vs. unmarked; rather either case is both formally and functionally<br />

marked in certain respects in which the other case is unmarked, so that<br />

there is an equipollent opposition between them”<br />

(Lehmann 1985: p.247).<br />

Tuttavia non sempre è chiaro se queste proprietà morfosintattiche rappresentino tratti<br />

attivi o piuttosto tratti ergativi. Da un lato, infatti, l’impiego <strong>del</strong>l’accusativo come <strong>caso</strong><br />

non marcato, rende la sua funzione e la sua distribuzione assimilabili a quelle proprie<br />

<strong>del</strong> <strong>caso</strong> assolutivo all’interno dei sistemi ergativi (§ 2.3; Collinge 1978, Lehmann<br />

1985). Dall’altro, il fatto che il <strong>caso</strong> utilizzato per marcare O possa marcare anche altri<br />

elementi che, in quanto estranei ad un contesto predicativo, ricoprono un ruolo<br />

semantico certamente inagentivo, è invece tipico di un sistema attivo (Cennamo 2001b,<br />

in stampa). Anche l’opposizione funzionale di marcatezza dei due casi e la presenza di<br />

marche formali esplicite per entrambi rimandano ad una situazione propria dei sistemi<br />

attivi (§ 3.3).<br />

Rimane in ogni <strong>caso</strong> una differenza fondamentale tra i tratti non accusativi appena<br />

esaminati ed il sub-sistema di codifica attivo attestato in latino tardo: il secondo si<br />

manifesta infatti nella codifica morfologica <strong>del</strong>la struttura degli argomenti di un<br />

58


predicato, mentre i primi coinvolgono elementi che non occupano una posizione<br />

argomentale e ricorrono quindi in contesti non relazionali 48 .<br />

4.3 Tratti non accusativi in latino arcaico e classico in contesti relazionali<br />

Anche se limitatamente a domini periferici <strong>del</strong>la transitività, tratti attivi sono tuttavia<br />

identificabili in alcuni costrutti impersonali il cui unico argomento è marcato dal <strong>caso</strong><br />

accusativo, attestati fin dagli autori arcaici come nei seguenti casi (29-30-31-32-33-34):<br />

(29) me […] despicatur (Pl. Cas. 185)<br />

(30) epityra estur (Pl. Mil. 24)<br />

(31) agitandumst vigilias (Pl. Trin. 869)<br />

(32) nilne te populi veretur (Atta, com. 7 )<br />

(33) me taedet<br />

(34) me pudet<br />

Sebbene gli argomenti marcati all’accusativo ricoprano senza dubbio un ruolo<br />

semantico inattivo (esperiente o paziente), non risulta tuttavia chiaro se essi siano<br />

48 Per queste stesse ragioni ai fini <strong>del</strong> presente lavoro non saranno presi in considerazione<br />

processi grammaticali e derivazioniali come la passivizzazione, le nominalizzazioni e la<br />

preverbazione (Lehmann 1985). Come riconosciuto dallo stesso Lehmann, essi rimangono<br />

abbastanza disconnessi all’interno <strong>del</strong>la grammatica latina, in alcuni casi si spiegano sulla base<br />

di tendenze universali (come nota anche Dixon (1994), i costrutti imperativali rispondono<br />

universalmente ad un orientamento di tipo attivo, dal momento che un ordine configura<br />

necessariamente la presenza di un agente, mentre le nominalizzazioni tendono a riflettere un<br />

pattern ergativo), e comunque non hanno a che vedere con l’assegnazione <strong>del</strong>le relazioni<br />

grammaticali all’interno <strong>del</strong>la frase.<br />

59


argomenti di tipo SO o veri e propri argomenti O, in quanto è assente l’accordo verbale<br />

di persona (29, 32, 33, 34), <strong>genere</strong> e numero (30, 31), che è invece sempre regolarmente<br />

attestato in latino tardo tra gli accusativi in funzione di nominativo ed il verbo<br />

principale 49 . Fondate ragioni di natura filologica inducono inoltre ad una certa cautela<br />

nella trattazione dei passi di Plauto e Atta 50 .<br />

Si potrebbero aggiungere alcuni casi analoghi che sembrano però avere uno status<br />

almeno in parte formulaico. Si tratta di attestazioni <strong>del</strong> costrutto predicativo nugas esse<br />

(“essere una nullità”), attestato sia in fonti epigrafiche (35) che letterarie (36-37) 51 :<br />

(35) tu mortuus es, tu nugas es (CIL IV 5279, 5282)<br />

(36) qui tam nugas esset (Cic. ad Fam. 8,15,1)<br />

(37) non nugas saltatoribus in theatro fieret (Varr. Sat. 513)<br />

Le precedenti considerazioni non impediscono comunque di riconoscere in strutture di<br />

questo tipo il punto di partenza per la diffusione di codifiche attive a situazioni<br />

transitive più canoniche, secondo quanto sostenuto da Cennamo (in stampa). Ciò vale in<br />

49 Si veda ad esempio il seguente passo: Lex Cur. XVIII 8: quantoscumque filios infra XX annos<br />

ei nati fuerint, in cui il soggetto, sebbene marcato al <strong>caso</strong> accusativo, regge l’accordo verbale di<br />

persona, <strong>genere</strong> e numero.<br />

50 In dettaglio, le seguenti critiche e obiezioni sono state a più riprese sollevate da Calboli: Pl.<br />

Cas. 185: il passo in questione “does not exist and has been invented by editors such as Lindsay,<br />

Leo and, recently, Questa” (Calboli 2005: p.247; v. anche Calboli 1962: pp.32-39); Pl. Mil. 24:<br />

“epityra estur is the reading of Palatinian tradition, while the Palimpsest Ambrosianus gives,<br />

regardless of a little lacuna, the reading epityrum as accepted by all editors except Lindsay”<br />

(Calboli 2005: p.250; v. anche Calboli 1962: pp.41-42); Pl. Trin. 869: sarebbe impossibile<br />

stabilire se agitandumst sia un gerundio o un gerundivo (Calboli 2005: pp.251-252; Calboli<br />

1962: pp.20-26); Atta, com. 7: in questo <strong>caso</strong>, te potrebbe essere “un accusativo oggetto<br />

d’impersonale non passivo ma medio-deponente” (Calboli 1962: p.29).<br />

51 A proposito <strong>del</strong> costrutto nugas esse, si vedano anche Väänänen (1971: p.209) e Lazzeroni<br />

(2002: p.153).<br />

60


particolare per costrutti che risultano totalmente ambigui tra un’interpretazione passiva<br />

ed una impersonale, come nel seguente passo di Ennio (38) 52 :<br />

(38) Imus huc, hinc illuc, cum illuc ventum est, ire illuc lubet.<br />

Incerte errat animus, praeter propter vitam vivitur<br />

(Enn. Scaen. 240/1)<br />

Dal momento che vivitur rimane ambiguo tra un predicato impersonale ed uno<br />

passivo, non è di conseguenza possibile stabilire se vitam, che ricopre in ogni <strong>caso</strong> il<br />

macroruolo di Undergoer, sia un argomento di tipo SO oppure O.<br />

In conclusione, sulla base <strong>del</strong>le attuali conoscenze è possibile sostenere l’esistenza di<br />

tratti non accusativi, probabilmente attivi, già in latino arcaico, che costituirebbero i<br />

presupposti di ulteriori sviluppi manifestati, in epoche successive, dall’impiego<br />

<strong>del</strong>l’accusativo in funzione di soggetto. Al di fuori <strong>del</strong> latino tardo, mancano però<br />

attestazioni non ambigue di un sub-sistema di codifica <strong>del</strong>le relazioni grammaticali<br />

attivo che marchi, attraverso la morfologia nominale, la distinzione tra soggetti<br />

intransitivi SA e soggetti intransitivi SO.<br />

52 Faccio riferimento all’edizione di Vahlen, Ennianae Poesis Reliquiae, Teubner, Leipzig,<br />

1928. Per la discussione di questo passo v. Rovai (2007).<br />

61


CAP. 5 ALTERNANZE DI GENERE: SOSTANTIVI MASCHILI (O FEMM<strong>IN</strong>ILI) E ALLOMORFI<br />

NEUTRI<br />

Probabilmente una nuova linea di ricerca può essere intrapresa partendo<br />

dall’osservazione di fatti apparentemente estranei al dominio <strong>del</strong>la sintassi <strong>del</strong><br />

predicato. La grammatiche latine, sia storiche che descrittive, presentano di solito una<br />

sezione dedicata a sostantivi che attestano forme riconducibili a declinazioni e/o generi<br />

differenti 53 , e in queste sillogi di eccezioni e anomalie confluiscono elementi che sono il<br />

risultato di fenomeni di diverso tipo.<br />

In questa sede non interessano i casi di eteroclisi e metaplasmo che trovano una<br />

spiegazione su base prettamente morfologica e che si producono in conseguenza dei<br />

molteplici processi analogici e di rianalisi che coinvolgono la declinazione nominale<br />

latina: in molti casi si tratta infatti di nomi che a partire dall’età repubblicana<br />

confluiscono nelle classi ampie e produttive dei temi in -ā e in -o/e, ma continuano a<br />

presentare forme arcaizzanti riconducibili alla tematizzazione originaria rispettivamente<br />

in -ē e -u/ou. Ancora attraverso analogia e rianalisi si spiegano i numerosi nomi che<br />

alternano forme <strong>del</strong>la II e <strong>del</strong>la IV declinazione (senatus consultum, -i, ma Sall. Cat.<br />

42,3: ex senatus consultu; lectus, -i, ma Pl. Amph. 513 gen. lectūs) e viceversa (arcus, -<br />

ūs, ma Lucr. RN 6,526 gen. arqui; fetus, -ūs, ma Accio trag. 244 abl.pl. fetis), <strong>del</strong>la II e<br />

<strong>del</strong>la III (sequester, -tris, ma Pl. Merc. 737, Rud. 1018 sequestro), o <strong>del</strong>la III e <strong>del</strong>la V<br />

(tabes, -is, ma Lucr. RN 1,806 abl. tabē).<br />

In altri casi, non c’è mutamento di classe flessionale ma alternanza di <strong>genere</strong><br />

all’interno <strong>del</strong>la stessa declinazione. A ciò si accompagna spesso una differenza di<br />

significato, come avviene tipicamente per i fitonimi <strong>del</strong>la seconda declinazione, in cui il<br />

<strong>genere</strong> femminile designa l’albero ed il <strong>genere</strong> neutro il rispettivo frutto o legname. Le<br />

motivazioni di alternanze di questo tipo erano state identificate già dai grammatici<br />

antichi, come mostra il seguente passo <strong>del</strong>le Institutiones di Prisciano (39) 54 :<br />

53<br />

Si vedano, ad esempio, Kühner (1912: pp.471ss.); Leumann – Hofmann – Szantyr (1965:<br />

pp.5-12); Ernout (1974: pp.1-4).<br />

54<br />

La stessa spiegazione viene fornita anche da altri grammatici. Si veda ad esempio il seguente<br />

passo <strong>del</strong>l’Ars grammatica di Donato (K I p.375): “sunt [nomina] incerti generis inter<br />

femininum et neutrum, ut buxus pirus prunus malus: sed neutro fructum, feminino ipsae arbores<br />

saepe dicimus”. Le stesse parole sono impiegate anche da Diomede (K I p.327) e da Pompeo (K<br />

62


Sunt alia [nomina], quae differentiae significationis causa mutant genera, ut<br />

‘haec pirus hoc pirum’, ‘haec malus hoc malum’, ‘haec arbutus hoc<br />

arbutum’, ‘haec myrtus hoc myrtum’, ‘haec prunus hoc prunum’. Et hoc in<br />

plerisque invenis arborum nominibus, in quibus ipsae arbores feminino<br />

<strong>genere</strong>, fructus neutro proferuntur vel ligna, ut ‘haec buxus’ arbos, ‘hoc<br />

buxum’ lignum.<br />

(K II p.142)<br />

Per altri sostantivi <strong>del</strong>la seconda declinazione che alternano forme maschili o<br />

femminili a forme neutre, sembra invece rimanere parzialmente valida<br />

un’interpretazione risalente al pur datato contributo di Zimmermann (1919), secondo<br />

cui le forme neutre avrebbero valore di collettivo. Una spiegazione di questo tipo appare<br />

infatti plausibile nei casi di oscillazioni tra forme maschili (o femminili) singolari e<br />

neutri plurali (locus / loca, iocus / ioca, ecc…), in cui la desinenza -a conserverebbe<br />

l’originario valore indoeuropeo di collettivo 55 , ma risulta assai meno convincente nel<br />

rendere conto di alternanze <strong>del</strong> tipo forus / forum. Secondo Zimmermann (1919: p.232),<br />

forum avrebbe infatti sviluppato il significato di “mercato” a partire da un originario<br />

significato di “passaggio” proprio <strong>del</strong>la forma maschile forus che, attraverso la<br />

desinenza -um, avrebbe poi assunto il valore collettivo di “insieme di passaggi, file di<br />

venditori al mercato”. Tale sviluppo appare decisamente improbabile, soprattutto in<br />

considerazione <strong>del</strong> fatto che anche l’antico maschile forus significa, già a partire da<br />

Lucilio (Sat. 3, 146), “mercato” 56 .<br />

Esclusi dunque i nomi eterocliti e i metaplasmi dovuti a mutamenti morfologici, tolte<br />

le coppie di sostantivi in cui la differenza di <strong>genere</strong> rispecchia una differenza di<br />

significato, ed eliminati i casi in cui il <strong>genere</strong> neutro può avere valore di collettivo,<br />

rimane tuttavia un consistente numero di sostantivi maschili e femminili <strong>del</strong>la seconda<br />

declinazione che presentano un allomorfo neutro, definibili, con Corbett (1991: p.67),<br />

V p.163). Le citazioni di grammatici antichi fanno riferimento al numero <strong>del</strong> volume e al<br />

numero di pagina <strong>del</strong>l’edizione di H. Keil, Grammatici Latini, voll. 1-8, Teubner, Leipzig,<br />

1855-1880.<br />

55<br />

Sul cui valore si veda già Brugmann (1906: p.644).<br />

56 Per una discussione più completa <strong>del</strong>l’alternanza forus / forum si veda infra, § 7.5.<br />

63


come “double- or multiple-gender nouns”, ossia nomi che possiedono più di un <strong>genere</strong><br />

grammaticale senza alcuna differenza sul piano semantico.<br />

Nei seguenti paragrafi, verranno dunque discussi i casi di questo tipo, focalizzando<br />

l’attenzione sul contesto sintattico-semantico in cui le diverse forme possono<br />

comparire 57 .<br />

5.1 Autumnus (m) / autumnum (n)<br />

Autumnus, etimologicamente un aggettivo (Ernout - Meillet 1932) 58 , appare<br />

correntemente sostantivato come maschile <strong>del</strong>la seconda declinazione fin dalla più<br />

antica <strong>del</strong>le attestazioni, costituita dal seguente passo di Ennio (40):<br />

(40) Aestatem autumnus sequitur, post acer hiems it (Enn. Ann. 16,420)<br />

Tuttavia, nel De re rustica di Columella, in cui la forma maschile è normalmente<br />

attestata nei seguenti passi (41, 42):<br />

(41) autumnus deinde falcem maturis palmitibus admouet (RR 4,29,11)<br />

(42) et cum autumnus incesserit, ante quam frigus cacumina adurat,<br />

omnia folia decerpere expediet (RR 5,10,21)<br />

ricorre anche una forma autumnum (43):<br />

(43) nec omnibus annis eodem uultu uenit aestas aut hiems,<br />

57<br />

Per evitare di appesantire eccessivamente la lettura, nell’analisi dei singoli casi vengono<br />

riportati solo i passi rilevanti ai fini <strong>del</strong>la discussione. L’insieme <strong>del</strong>le attestazioni a cui è<br />

possibile fare riferimento per determinare il <strong>genere</strong> di ogni sostantivo esaminato, sono riportate<br />

in Appendice. Lo spoglio dei testi è stato effettuato attraverso il corpus informatizzato BTL-2.<br />

Tutte le occorrenze sono state verificate manualmente sui testi.<br />

58<br />

L’aggettivo rimane, almeno secondo Walde (1938), “ohne sichere idg. Anknüpfung”.<br />

64


nec pluuium semper est uer aut umidum autumnum (RR 1,pr.,23)<br />

Quest’ultima forma compare in funzione di soggetto inagentivo di un predicato stativo<br />

monoargomentale (“essere umido”: umidum’ (autumnum)) e conseguentemente, in<br />

base alla definizione dei macroruoli data ai §§ 1.1-1.2, ricopre il macroruolo di<br />

Undergoer.<br />

5.2 Buxus (f) /buxum (n)<br />

Secondo il passo di Prisciano precedentemente riportato, l’alternanza buxus (f) /<br />

buxum (n), rimanderebbe ad una differenza di significato tra le due forme, con il <strong>genere</strong><br />

femminile e neutro impiegati per designare rispettivamente la pianta <strong>del</strong> bosso ed il<br />

legno di bosso (e, per metonimia, gli oggetti realizzati in tale materiale) 59 . Tuttavia tale<br />

opinione non era condivisa da tutti i grammatici antichi. In un brano <strong>del</strong> commento<br />

all’Eneide, Servio la definisce una distinzione inutile (ad Aen. 12,766: “superfluam …<br />

discretionem”), ed altrove (ad Georg. 2,449) lo stesso Servio conferma che il bosso in<br />

quanto pianta poteva essere designato indifferentemente dal <strong>genere</strong> femminile e dal<br />

neutro.<br />

In Ennio sono infatti compresenti la forma femminile (44-45) e quella neutra (46),<br />

entrambe impiegate con il significato di “pianta di bosso”:<br />

(44) buxus araneae (inc. 12)<br />

(45) buxus victa, taxs tonsa (inc. 13)<br />

(46) longique cupressi stant rectis foliis et amaro corpore buxum<br />

(Ann. 262)<br />

<strong>Il</strong> <strong>caso</strong> è dunque <strong>del</strong> tutto analogo all’alternanza autumnus / autumnum, in quanto alla<br />

differenza di <strong>genere</strong> non si accompagna una differenza di significato. Per altro, sebbene<br />

59 Una spiegazione identica è fornita anche da Capro, Orth., K VII p.100: Buxus arbor est,<br />

buxum autem materia ipsa.<br />

65


il neutro non sia mai impiegato al plurale per designare la pianta di bosso, il passo<br />

enniano non è l’unico <strong>caso</strong> in cui il singolare buxum ricorre con tale significato in<br />

funzione di soggetto, ma esso compare anche in due passi di Ovidio (47-48):<br />

(47) Nec densum foliis buxum fragilesque myricae, nec tenues cytisi cultaque<br />

pinus abest (Ars 3,691/2)<br />

(48) non Chaonis afuit arbor, non nemus Heliadum, non frondibus aesculus<br />

altis, nec tiliae molles, nec fagus et innuba laurus, et coryli fragiles et<br />

fraxinus utilis hastis enodisque abies curvataque glandibus ilex et<br />

platanus genialis acerque coloribus inpar amnicolaeque simul salices et<br />

aquatica lotos perpetuoque virens buxum tenuesque myricae et bicolor<br />

myrtus et bacis caerula tinus (Met. 10,90/8)<br />

Si noti che sia negli Annali di Ennio che nei due brani di Ovidio, buxum ricorre come<br />

soggetto di predicati stativi monoargomentali (“stare”: stare’ (buxum), in (46);<br />

“esserci”: esse’ (buxum), in (47) e (48)): in tutti e tre i casi il macroruolo semantico è<br />

perciò quello di Undergoer.<br />

5.3 Callus (m) / callum (n)<br />

<strong>Il</strong> sostantivo callus è sempre attestato al <strong>genere</strong> maschile a partire da Nevio, in cui<br />

ricorre al nominativo singolare nel seguente frammento <strong>del</strong>le palliatae (49):<br />

(49) praecisum omasum pernam callus glisis glandia (pall. 65)<br />

<strong>Il</strong> neutro non è mai attestato al plurale, ed il singolare callum compare solo due volte,<br />

in Plauto (50) ed in Cicerone (51):<br />

(50) Magis calleo quam aprugnum callum callet (Per. 305)<br />

66


(51) ergo his laboriosis exercitationibus et dolor intercurrit non numquam,<br />

inpelluntur feriuntur abiciuntur cadunt, et ipse labor quasi callum<br />

quoddam obducit dolori (Tusc. 2,36)<br />

Nel primo <strong>caso</strong> (50), callum è soggetto di un predicato stativo monoargomentale che<br />

denota una qualità (“essere calloso”: callere’ (callum)), mentre in Cicerone (51), esso<br />

appare in funzione di oggetto diretto di un predicato transitivo. Dal punto di vista<br />

semantico si tratta in entrambi i casi di argomenti che ricoprono il macroruolo di<br />

Undergoer.<br />

In contesti non relazionali, si segnalano inoltre tre attestazioni <strong>del</strong>la forma callum in<br />

Apicio (52-53-54), utilizzata come forma di citazione in titoli ed enumerazioni:<br />

(52) IX. callum porcinum vel bubulum et ungellae coctae ut diu durent<br />

(De re coq. 1,cap.)<br />

(53) I. vulvae steriles, callum, libelli, coticulae et ungellae (De re coq. 7,cap.)<br />

(54) Callum, libelli, coticulae, ungellae: cum piper liquamine lasere adponis.<br />

(De re coq. 7,1,5)<br />

Come già evidenziato al § 4.2, anche gli elementi che ricorrono all’interno di<br />

enumerazioni, pur in un contesto non relazionale, ricoprono un ruolo semantico inattivo.<br />

5.4 Clipeus (m) /clipeum (n)<br />

<strong>Il</strong> nominativo maschile singolare clipeus compare per la prima volta nei frammenti<br />

<strong>del</strong>le tragedie di Ennio (55) 60 :<br />

60<br />

Non vi sono ragioni per accogliere la distinzione, proposta già dai grammatici antichi (Capro<br />

Orth. K VII p.97), fra clipeus/clypeus “scudo” e clupeum “piastra metallica decorata”. Clupeum<br />

ricorre infatti con il significato di “scudo” in Plauto (Truc. 506: quin ubi natust machaeram et<br />

clupeum poscebat sibi?) e da esso deriva secondariamente per metonimia l’altro significato.<br />

67


(55) hehae! ipse clipeus cecidit (scen.inc. 417)<br />

<strong>Il</strong> <strong>genere</strong> maschile continua ad essere correntemente impiegato in tutti gli autori<br />

successivi e tuttavia, come mostra la seguente testimonianza di Servio (56), già i<br />

grammatici antichi avevano rilevato l’esistenza di forme neutre:<br />

(56) nam lectum est etiam 'hoc clipeum', ut probat Caper (ad Aen 9,706)<br />

In effetti clipeum ricorre in funzione di soggetto nelle fabulae atellanae di Pomponio<br />

(57), nel De lingua latina di Varrone (58), nell’Eneide (59), nel De architectura di<br />

Vitruvio (60) e nelle favole di Igino (61):<br />

(57) Clipeum in medio fixum est (atell. 29)<br />

(58) cavum enim clipeum [est] (LL 5,19)<br />

(59) dat tellus gemitum et clipeum super intonat ingens (Aen. 9,709)<br />

(60) mediumque lumen in hemisphaerio relinquatur, ex eoque clipeum<br />

aeneum catenis pendeat (de arch. 5,10,5)<br />

(61) Lynceus de templo Iunonis Argiuae detraxit clipeum quod Danaus in<br />

iuuenta gesserat et Iunoni sacrauerat (fab. 273,2)<br />

Dal punto di vista <strong>del</strong> contesto sintattico-semantico, si nota che in Pomponio, Varrone<br />

e Vitruvio clipeum ricorre sempre come soggetto di predicati stativi monoargomentali<br />

(“essere piantato”: fixum’ (clipeum), in (57); “essere cavo” cavum’ (clipeum), in (58);<br />

“essere appeso”: pendere’ (clipeum), in (60)): in tutti e tre i casi clipeum ricopre perciò<br />

68


il macroruolo semantico di Undergoer, così come nel passo di Igino (61), in cui appare<br />

in funzione di oggetto diretto di un predicato transitivo 61 .<br />

L’interpretazione <strong>del</strong> passo virgiliano (59) necessita di alcune considerazioni ulterioni.<br />

Nell’ambito <strong>del</strong>la Role and Reference Grammar i predicati che denotano emissione di<br />

suoni sono infatti tipicamente rappresentati come predicati di attività monoargomentali,<br />

il cui unico argomento riveste il macroruolo di Actor, seppure non prototipico. Tuttavia,<br />

una più attenta analisi <strong>del</strong> contesto configura una situazione nettamente diversa. <strong>Il</strong><br />

clipeum in questione è infatti lo scudo <strong>del</strong> troiano Bizia che rimbomba cadendo a terra<br />

trapassato dalla falarica scagliata da Turno. Non vi è dunque alcuna agentività in questo<br />

scudo che risuona sotto i colpi <strong>del</strong> re dei Rutuli, e tale predicato appare piuttosto uno<br />

stativo (intonare’ (clipeum)), il cui argomento clipeum ricopre il ruolo semantico di<br />

paziente che si trova nella condizione di rimbombare per effetto <strong>del</strong> colpo ricevuto.<br />

Anche in questo <strong>caso</strong>, dunque, clipeum ricorre nel macroruolo di Undergoer.<br />

La forma clipeum è inoltre attestata in un contesto non relazionale, all’interno di una<br />

enumerazione, in Livio (62):<br />

(62) prima classis omnes appellati; seniores ad urbis custodiam ut praesto<br />

essent, iuuenes ut foris bella gererent; arma his imperata galea, clipeum,<br />

ocreae, lorica, omnia ex aere; (aUC 1,43,2)<br />

5.5 Cyclaminus (f) / cyclaminum (n)<br />

Cyclaminus è un prestito dal greco kyklaminos (m/f), entrato in latino come femminile<br />

<strong>del</strong>la seconda declinazione, come mostrano le numerose forme di nominativo singolare<br />

attestate nella Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, tra cui la seguente (63):<br />

(63) Cyclaminos decocta in aqua perniunculos curat omniaque alia frigoris<br />

vitia (Nat.Hist. 26,106)<br />

61 Si noti tuttavia che in un contesto identico l’autore utilizza in precedenza il maschile: fab.<br />

170,9: Lynceus circumspiciens in templo quid ei muneri daret, casu conspexit clipeum quem<br />

Danaus consecrauerat Iunoni, quem in iuuenta gesserat.<br />

69


Tuttavia, in altri tre passi <strong>del</strong>la medesima Naturalis Historia, esso è attestato anche al<br />

neutro singolare (64-65-66):<br />

(64) in vepribus nascitur cyclaminum (Nat.Hist. 21,51)<br />

(65) Florum prima ver nuntiat viola alba, tepidioribus vero locis etiam hieme<br />

emicat; post ea, quae ion appellatur et purpurea, proxime flammem,<br />

quod phlox vocatur, silvestre dumtaxat. cyclaminum bis anno, vere et<br />

autumno; aestates hiemesque fugit. (Nat.Hist. 21,64)<br />

(66) ulcera capitis manantia urina tauri efficaciter sanat, item hominis vetus,<br />

si cyclaminum adiciatur et sulpur, efficacius tamen vitulinum fel, quo<br />

cum aceto calefacto et lendes tolluntur. (Nat.Hist. 28,164)<br />

In (64) e (65) cyclaminum è soggetto di predicati trasformativi monoargomentali<br />

(“nascere”: DIVENTARE natum’ (cyclaminum); “spuntare”: DIVENTARE<br />

*emicatum’ (cyclaminum)), mentre in (66) esso appare in funzione di soggetto di un<br />

predicato passivo che, come già rilevato in Nota 12, in termini di azionalità si configura<br />

come un predicato risultativo monoargomentale (“essere aggiunto”: DIVENTARE<br />

adiectum’ (cyclaminum)). Ancora una volta, le forme neutre si manifestano nel<br />

macroruolo di Undergoer.<br />

5.6 Gladius (m) / gladium (n)<br />

Le forme maschili di tale sostantivo sono frequentissime, sia al plurale che al<br />

singolare, a partire dagli Annales di Ennio (67) e dalle commedie di Plauto (68):<br />

(67) Deducunt habiles gladios filo gracilento (Ann. 127)<br />

(68) {Ples.} Quin occidisti extemplo? {Trach.} Gladius non erat. (Rud. 841)<br />

70


L’unica eccezione è costituita da una forma singolare gladium che ricorre in funzione<br />

di soggetto nelle Satire di Lucilio (69):<br />

(69) haerebat mucro gladium in pectore totum (Sat.inc. 85)<br />

Tale forma compare come soggetto di un predicato stativo monoargomentale (“essere<br />

piantato”: haerere’ (gladium)), ossia nel macroruolo di Undergoer 62 .<br />

5.7 Iugulus (m) / iugulum (n)<br />

<strong>Il</strong> <strong>genere</strong> maschile, che continua ad essere correntemente impiegato anche negli autori<br />

successivi, tanto al singolare quanto al plurale, è testimoniato fin dal seguente passo di<br />

Accio (70):<br />

(70) Nitidantur iugulos quadripedantum sonipedum (Theb. 1)<br />

Tuttavia, sia Varrone (71) che Livio (72), attestano la forma neutra iugulum in<br />

funzione di soggetto:<br />

(71) 'citius Orion patefit.' huius signi caput dicitur ex tribus stellis, quas infra<br />

duae clarae, quas appellant umeros; inter quas quod videtur iugulum,<br />

Iugula dicta (LL 7,50)<br />

(72) aperienda nimirum nocte ianua fuit et armati comisatores accipiendi<br />

praebendumque ferro iugulum (aUC 40,9,1)<br />

62 Inoltre, sebbene il passo di Lucilio sia l’unica testimonianza a nostra disposizione, alcune<br />

osservazioni di Varrone (LL 9,81: quod dicitur a multis duobus modis […] ut hoc gladium et hic<br />

gladius) e Quintiliano (Inst. 1,5,17: 'gladia' qui dixerunt <strong>genere</strong> exciderunt) lasciano intendere<br />

che l’oscillazione di <strong>genere</strong> gladius / gladium era frequente.<br />

71


In Varrone (71) iugulum è soggetto di un predicato intransitivo stativo<br />

(“apparire/essere visibile”: visum’ (iugulum)), mentre in Livio (72) è il soggetto<br />

passivo di una perifrastica (“essere offerto/porto”: DIVENTARE praebitum’<br />

(iugulum)): in entrambi i casi il macroruolo semantico è quello di Undergoer.<br />

Talvolta il termine designa, per metonimia, non la gola ma le clavicole. Anche in<br />

questo significato derivato sono impiegati indifferentemente sia il <strong>genere</strong> maschile,<br />

come nel seguente passo di Plinio il Vecchio (73):<br />

(73) Terrestrium solus homo bipes. uni iuguli, umeri, ceteris armi; uni ulnae.<br />

(Nat.Hist. 11,243)<br />

che il <strong>genere</strong> neutro, come nei seguenti passi di Celso (74-75-76-77-78):<br />

(74) int quartum decimum et unum et uicensimum diem sanescunt<br />

maxilla, malae, iugulum, pectus, latum os scapularum, costae, spina,<br />

coxarum os, ta calx, manus, planta (Med. 8,7,5)<br />

(75) Iugulum uero si transuersum fractum est, numquam per se rursus<br />

recte coit et, nisi mouetur, sanari sine inctura potest (Med. 8,8,1a)<br />

(76) Raro uero admodum in priorem partem iugulum inclinatur (Med. 8,8,1a)<br />

(77) Vbi ad scapulas iugulum tendit, simul dextra manu plana propellendus in<br />

posteriorem partem umerus et illud in priore adtrahendum.<br />

(Med. 8,8,1b)<br />

(78) Post haec si iugulum ad scapulas inclinatum est, brachium ad latus<br />

(Med. 8,8,1d)<br />

La forma neutra iugulum appare dunque come soggetto di tre predicati stativi<br />

monoargomentali (“essere rotto”: fractum’ (iugulum), in (75); “essere rivolto”:<br />

tendere’ (iugulum) in (77); “essere inclinato”: inclinatum’ (iugulum), in (78)), un<br />

72


predicato risultativo monoargomentale (“guarire/risanarsi”: DIVENTARE sanum’<br />

(iugulum), in (74)), ed un predicato passivo/riflessivo che, come già rilevato, rientra<br />

anch’esso nella classe azionale dei risultativi (“inclinarsi”: DIVENTARE inclinatum’<br />

(iugulum), in (76)). In tutti e cinque i casi il neutro ricorre dunque nel macroruolo di<br />

Undergoer.<br />

5.8 Lupinus (m) / lupinum (n)<br />

Forme maschili di tale sostantivo compaiono già a partire dal De agricultura di<br />

Catone (79):<br />

(79) aquam lupinus deferuerit et faecem de uino bono, inter se omnia<br />

commisceto pariter. (Agr. 96,1)<br />

<strong>Il</strong> maschile è inoltre l’unico <strong>genere</strong> attestato al plurale. Tuttavia al singolare ricorre<br />

anche il neutro lupinum, sia all’interno <strong>del</strong>lo stesso De agricultura (80), che in tre passi<br />

di Plinio il Vecchio (81-82-83):<br />

(80) ager rubricosus et terra pulla, materina, rudecta, harenosa, item quae<br />

aquosa non erit, ibi lupinum bonum fiet. (Agr. 34,2)<br />

(81) ad communem quadripedum hominumque usum (est) lupinum<br />

(Nat.hist. 18,50)<br />

(82) dedi tibi herbas horarum indices et, ut ne sole quidem oculos tuos a terra<br />

voces, heliotropium ac lupinum circumaguntur cum illo.<br />

(Nat.hist. 18,252)<br />

(83) oves tondentur, lupinum stercorandi causa vertitur, terra proscinditur<br />

(Nat.hist. 18,257)<br />

73


In questi casi lupinum appare dunque in funzione di soggetto di un predicato<br />

risultativo monoargomentale (“diventare buono”: DIVENTARE bonum’ (lupinum), in<br />

(80)), di un predicato stativo (“essere utile”: ad usum’ (lupinum), in (81)), di un<br />

predicato trasformativo di movimento (“volgersi/girarsi”: DIVENTARE circumactum’<br />

(lupinum), in (82)), e di un predicato passivo (“essere trasformato”: DIVENTARE<br />

versum’ (lupinum), in (83)): la forma neutra ricorre dunque, in tutti questi casi, nel<br />

macroruolo semantico di Undergoer.<br />

Lupinum compare inoltre all’interno di alcune enumerazioni, ancora nel De<br />

agricultura catoniano (84) e nel De re rustica di Columella (85):<br />

(84) Quae segetem stercorent fruges: lupinum, faba, uicia. Stercus unde<br />

facias: stramenta, lupinum, paleas, fabalia, acus, frondem iligneam,<br />

querneam. (Agr. 37,2)<br />

(85) Leguminum genera cum sint conplura, maxime grata et in usu hominum<br />

uidentur faba, lenticula, pisum, phaselus, cicer, cannabis, milium,<br />

panicum, sesama, lupinum, linum etiam et hordeum, quia ex eo tisana<br />

est. (RR 2,7,1)<br />

5.9 Pannus (m) / pannum (n)<br />

Pannus è correntemente attestato al maschile fin dalle prime occorrenze, come nel<br />

<strong>caso</strong> <strong>del</strong>le fabulae togatae di Titinio (86):<br />

(86) tunica et togula obunctula adimetur, pannos possidebit fetidos<br />

(tog. 139)<br />

Si noti però che una forma di neutro singolare pannum è utilizzata nelle atellanae di<br />

Novio (87):<br />

(87) Qui habet uxorem sine dote, pannum positum in purpura est<br />

(atell. 86)<br />

74


Pannum compare dunque nel macroruolo di Undergoer, in funzione di soggetto di un<br />

predicato stativo monoargomentale (positum’ (pannum)).<br />

5.10 Papyrus (f) / papyrum (n)<br />

Così come cyclaminos, anche papyrus è un prestito dal greco entrato in latino come<br />

femminile <strong>del</strong>la seconda declinazione, secondo quanto attestano i seguenti passi di<br />

Lucano (88), Catullo (89), Apuleio (90) e Marziale (91):<br />

(88) sic, cum tenet omnia Nilus, conseritur bibula Memphitis cumba papyro<br />

(BC 4, 135/6)<br />

(89) velim Caecilio, papyre, dicas Veronam veniat (Carm. 35,2/3)<br />

(90) modo si papyrum Aegyptiam argutia Nilotici calami inscriptam non<br />

spreueris inspicere (Met. 1,1)<br />

(91) Perdite Niliacas, Musae, mea damna, papyros. (Ep. 13,1)<br />

Tuttavia, nella Naturalis Historia di Plinio il Vecchio è attestato anche il <strong>genere</strong><br />

neutro (92-93-94-95):<br />

(92) Papyrum ergo nascitur in palustribus Aegypti aut quiescentibus Nili<br />

aquis (Nat.Hist. 13,71)<br />

(93) nuper et in Euphrate nascens circa Babylonem papyrum intellectum est<br />

eundem usum habere chartae (Nat.Hist. 13,73)<br />

(94) post hanc papyrum est (Nat.Hist. 13,77)<br />

75


(95) Cognta in Aegypto res est harundini papyrum (Nat.Hist. 24,88)<br />

<strong>Il</strong> neutro papyrum ricorre in funzione di soggetto di due predicati stativi<br />

monoargomentali (“esserci”: esse’ (papyrum), in (94); “essere una cosa <strong>del</strong>la stessa<br />

specie”: cognata res’ (papyrum), in (95)), di un predicato trasformativo<br />

monoargomentale (“nascere”: DIVENTARE natum’ (papyrum), in (92)), e di un<br />

predicato passivo (“essere capito/compreso”: DIVENTARE intellectum’ (papyrum), in<br />

(93)). <strong>Il</strong> macroruolo semantico è, in tutti i casi, quello di Undergoer.<br />

5.11 Thesaurus (m) /thesaurum (n)<br />

A partire da Ennio (96) e Plauto (97) ed in tutti gli autori successivi tale sostantivo<br />

attesta unicamente forme maschili:<br />

(96) Acherontem obibo ubi Mortis thesauri obiacent (scen. 245)<br />

(97) Eo dico, ne me thensauros repperisse censeas (Aul. 240)<br />

L’unica eccezione è costituita da un passo di Petronio che, sebbene utilizzi<br />

l’accusativo plurale maschile thensauros in altri tre passi <strong>del</strong> Satyricon (98-99-100):<br />

(98) ego fidem meam malo quam thesauros (Sat. 57,9)<br />

(99) quid porro tu, dive, tuis cunctaris in armis, non frangis portas, non muris<br />

oppida solvis thesaurosque rapis? (Sat. 124,1)<br />

(100) versat manus improba furtum thesaurosque rapit (Sat. 128,6)<br />

impiega invece il neutro nel seguente contesto (101):<br />

76


(101) litterae thesaurum est, et artificium numquam moritur (Sat. 46,8)<br />

Anche in questo <strong>caso</strong> la forma neutra ricorre dunque nel macroruolo semantico di<br />

Undergoer, dal momento che costituisce un argomento di un predicato stativo equativo<br />

(“essere (uguale a)”: esse’ (litterae, thesaurum)).<br />

5.12 Uterus (m) / uterum (n)<br />

<strong>Il</strong> <strong>genere</strong> maschile, correntemente attestato nei testi esaminati, ricorre per la prima<br />

volta nel seguente frammento <strong>del</strong>le fabulae togatae di Afranio (102):<br />

(102) Iam crescit uterus tam quam grauidae mulieri (tog. 337)<br />

Tuttavia il neutro uterum è impiegato in funzione di soggetto nei tre passi seguenti,<br />

nello stesso Afranio (103), in Plauto (104) ed in Turpilio (105):<br />

(103) Consedit uterum, non ut omnino tamen (tog. 345)<br />

(104) Perii, mea nutrix. obsecro te, uterum dolet. (Aul. 691)<br />

(105) Disperii misera: uterum cruciatur mihi! (pall. 179)<br />

In tutti e tre i casi uterum riveste il macroruolo di Undergoer, in quanto compare<br />

come argomento di due predicati stativi monoargomentali (“essere calmo/placarsi”:<br />

considere’ (uterum), in (103); “dolere”: dolere’ (uterum), in (104)) e di un predicato<br />

passivo (“essere straziato”: DIVENTARE cruciatum’ (uterum), in (105)).<br />

77


CAP. 6 UN SUBSISTEMA ATTIVO<br />

I dodici sostantivi maschili e femminili <strong>del</strong>la seconda declinazione discussi nel<br />

capitolo precedente (autumnus, buxus, callus, clipeus, cyclaminus, gladius, iugulus,<br />

lupinus, pannus, papyrus, thesaurus, uterus) presentano dunque allomorfi neutri che<br />

non trovano alcuna motivazione sulla base di una differenza di significato. Tuttavia tali<br />

sostantivi costituiscono un gruppo omogeneo connotato da caratteristiche comuni a vari<br />

livelli (diacronico, diastratico e semantico) e, soprattutto, gli allomorfi neutri si<br />

distribuiscono secondo corrispondenze regolari e sistematiche.<br />

6.1 Analisi e distribuzione dei dati<br />

Occorre innanzi tutto rilevare che nei sostantivi presi in esame il <strong>genere</strong> maschile o<br />

femminile è cronologicamente prioritario rispetto al neutro. In nessun <strong>caso</strong> infatti il<br />

neutro si configura come il <strong>genere</strong> originario: o il maschile è chiaramente più antico, o<br />

le due forme sono contemporanee in quanto compresenti nello stesso autore, come<br />

schematizzato nella seguente tabella (Figura 17) 63 :<br />

63 L’unica eccezione è costituita dal <strong>caso</strong> di uterus / um, in cui il neutro ricorre nell’Aulularia di<br />

Plauto mentre il maschile è attestato per la prima volta in Afranio. Questo rimane comunque<br />

l’unico elemento discordante e, in ogni <strong>caso</strong>, lo scarto cronologico tra le due attestazioni si<br />

riduce a pochi decenni. Le datazioni proposte nella tabella fanno riferimento alla composizione<br />

<strong>del</strong>le singole opere in cui sono attestate le forme in esame. Per gli autori di cui sono giunti solo<br />

frammenti, le date rimandano invece al loro periodo di attività.<br />

78


Lemma<br />

Prima attestazione<br />

<strong>del</strong> <strong>genere</strong><br />

maschile/femminile<br />

79<br />

Prima attestazione<br />

<strong>del</strong> <strong>genere</strong> neutro<br />

autumnus / um Ennio, Ann. (187-172 a.C.) Columella, RR (~65 d.C.)<br />

buxus / um Ennio, Ann. (187-172 a.C.) Ennio, inc.<br />

callus / um Nevio, pall. (~235-201 a.C.) Plauto, Pers. (197-191 a.C.)<br />

clipeus / um Ennio, scen. (~200-169 a.C.) Pomponio, atell. (~89 a.C.)<br />

cyclaminus / um Plinio il Vecchio, Nat Hist.<br />

(77 d.C.)<br />

ibidem<br />

gladius / um Ennio, Ann. (187-172 a.C.) Lucilio, Sat. (~130 a.C.)<br />

iugulus / um Accio, trag. (~140-86 a.C) Varrone, LL (45-43 a.C.)<br />

lupinus / um Catone, de Agr. (~200-150<br />

a.C)<br />

ibidem<br />

pannus / um Titinio (~180 a.C.) Novio, atell. (~89 a.C.)<br />

papyrus / um Catullo, Carm. (54 a.C.) Plinio il Vecchio, Nat Hist.<br />

(77 d.C.)<br />

thesaurus / um Ennio, scen. (~200-169 a.C.) Petronio, Sat. (54-66 d.C.)<br />

uterus / um Afranio (~130 a.C.) Plauto, Aul. (194-191 a.C.)<br />

Figura 17<br />

La priorità <strong>del</strong> maschile o <strong>del</strong> femminile è particolarmente evidente per i sostantivi<br />

entrati in latino come prestiti dal greco. Nomi che in greco ricorrono al <strong>genere</strong> maschile<br />

e/o femminile, una volta passati in latino attestano infatti, a fianco <strong>del</strong>le rispettive forme<br />

maschili e/o femminili, un allomorfo neutro assente nel mo<strong>del</strong>lo greco.<br />

I generi maschile e femminile appaiono inoltre prioritari anche da un punto di vista<br />

più strutturale. Non solo si tratta <strong>del</strong>le forme più antiche e più diffuse, ma la loro<br />

distribuzione non presenta vincoli o restrizioni legati al contesto sintattico-semantico.<br />

Come può confermare un un rapido riesame dei casi discussi al capitolo precedente,<br />

esse possono infatti comparire indifferentemente nel ruolo sintattico di A, S, ed O, e<br />

tanto nel macroruolo semantico di Actor quanto in quello di Undergoer.<br />

Non così i rispettivi allomorfi neutri, la cui distribuzione è chiaramente e<br />

univocamente vincolata ad uno specifico ruolo sintattico e soprattutto ad un preciso<br />

macroruolo semantico, come mostra la seguente tabella (Figura 18) che raccoglie e<br />

classifica i dati emersi dall’analisi <strong>del</strong>le 35 attestazioni di allomorfi neutri in contesti<br />

relazionali esaminate nel precedente capitolo 64 :<br />

64 Ad esse occorre aggiungere i sei casi (esempi 52-53-54-62-84-85) in cui le forme neutre<br />

compaiono in contesti non relazionali, all’interno di enumerazioni o come forme di citazione.


Lemma Attestazioni<br />

Ruolo<br />

sintattico<br />

80<br />

Classe<br />

<strong>del</strong> predicato<br />

Macroruolo<br />

semantico<br />

autumnum Col. RR 1,pr.,23 S stativo Undergoer<br />

buxum Enn. Ann. 262 S stativo Undergoer<br />

Ov. Ars 3,691 S stativo Undergoer<br />

Ov. Met. 10,98 S stativo Undergoer<br />

callum Pl. Per. 305 S stativo Undergoer<br />

Cic. Tusc. 2,36 O attivo Undergoer<br />

clipeum Pomp. atell. 29 S stativo Undergoer<br />

Varr. LL 5,19 S stativo Undergoer<br />

Virg. Aen. 9,709 S stativo Undergoer<br />

Vitr. de arch. 5,10,5 S stativo Undergoer<br />

Igin. fab. 273,2 O attivo Undergoer<br />

cyclaminum Plin. Nat.Hist. 21,51 S trasformativo Undergoer<br />

Plin. Nat.Hist. 21,64 S trasformativo Undergoer<br />

Plin. Nat.Hist. 28,164 S risultativo Undergoer<br />

gladium Lucil. Sat.inc. 85 S stativo Undergoer<br />

iugulum Varr. LL 7,50 S stativo Undergoer<br />

Liv. aUC 40,9,1 S risultativo Undergoer<br />

Cels. Med. 8,7,5 S risultativo Undergoer<br />

Cels. Med. 8,8,1a S stativo Undergoer<br />

Cels. Med. 8,8,1a S risultativo Undergoer<br />

Cels. Med. 8,8,1b S stativo Undergoer<br />

Cels. Med. 8,8,1d S stativo Undergoer<br />

lupinum Caton. de Agr. 34,2 S risultativo Undergoer<br />

Plin. Nat.hist. 18,50 S stativo Undergoer<br />

Plin. Nat.hist. 18,252 S trasformativo Undergoer<br />

Plin. Nat.hist. 18,257 S risultativo Undergoer<br />

pannum Nov. atell. 86 S stativo Undergoer<br />

papyrum Plin. Nat.Hist. 13,71 S trasformativo Undergoer<br />

Plin. Nat.Hist. 13,73 S risultativo Undergoer<br />

Plin. Nat.Hist. 13,77 S stativo Undergoer<br />

Plin. Nat.Hist. 24,88 S stativo Undergoer<br />

thesaurum Petr. Sat. 46,8 S stativo Undergoer<br />

uterum Afran. tog. 345 S stativo Undergoer<br />

Pl. Aul. 691 S stativo Undergoer<br />

Turp. pall. 179 S risultativo Undergoer<br />

Figura 18


Su un totale di 35 attestazioni il <strong>genere</strong> neutro compare dunque 33 volte in funzione di<br />

soggetto intransitivo (S) e 2 volte come oggetto diretto transitivo (O). Si tenga però<br />

presente che nella maggior parte dei casi in cui i sostantivi analizzati ricorrono<br />

all’accusativo singolare, non è mai possibile determinare se si tratti di<br />

maschili/femminili o di neutri, in quanto essi non sono accompagnati da pronomi,<br />

aggettivi o participi che consentano di identificarne il <strong>genere</strong> 65 .<br />

In ogni <strong>caso</strong>, gli allomorfi neutri sono impiegati per marcare argomenti che rivestono<br />

il macroruolo di Undergoer, indipendentemente dal loro ruolo sintattico. Questo<br />

comporta che i soggetti inagentivi di predicati intransitivi inattivi, ossia gli argomenti di<br />

tipo SO, possono ricevere una codifica morfologica che li distingue dagli argomenti di<br />

tipo SA. All’interno di un sistema di codifica <strong>del</strong>le relazioni grammaticali di tipo<br />

accusativo, basato sui primitivi sintattici A, S e O, quale è quello <strong>del</strong> latino, non vi è<br />

alcuna ragione di distinguere una particolare classe di soggetti intransitivi segnalandone<br />

il macroruolo di Undergoer. Piuttosto, come è già stato rilevato al § 3.1, la pertinenza<br />

<strong>del</strong> macroruolo semantico nell’assegnazione di una marca morfologica agli argomenti<br />

<strong>del</strong> predicato è un tratto peculiare dei sistemi di codifica attivi.<br />

Lo studio degli allomorfi di <strong>genere</strong> <strong>del</strong>la seconda declinazione rivela dunque che la<br />

loro distribuzione risponde ad un sistema di codifica di tipo attivo, dal momento che<br />

l’impiego <strong>del</strong>l’allomorfo neutro è sistematicamente correlato alla designazione di<br />

partecipanti che ricorrono nel macroruolo di Undergoer.<br />

6.2 <strong>Il</strong> neutro come marca di inattivo<br />

La scelta <strong>del</strong> <strong>genere</strong> neutro come marca morfologica dei partecipanti inattivi e<br />

inagentivi sembra essere legata a due ordini di fattori. Innanzi tutto esso è certamente<br />

connotato in termini di inagentività, in quanto tipicamente impiegato per marcare<br />

sostantivi che, in conseguenza <strong>del</strong> loro stesso contenuto lessicale inerente, tendono a<br />

ricorrere in contesti inattivi e inagentivi.<br />

La possibilità di impiegare un allomorfo neutro per marcare gli argomenti di predicati<br />

intransitivi che rispondono al macroruolo di Undergoer, sembra però determinata<br />

soprattutto da ragioni di ordine più strutturale, legate all’organizzazione stessa <strong>del</strong><br />

65<br />

Si vedano, a tale proposito, i dati riportati in Appendice.<br />

81


paradigma dei temi in -o. Dal punto di vista strettamente sincronico <strong>del</strong>la distribuzione<br />

<strong>del</strong>le desinenze nominali, tale possibilità comporta infatti che un argomento di tipo SO<br />

possa essere marcato da un morfema -um, formalmente identico a quella che per i<br />

sostantivi <strong>del</strong>la seconda declinazione maschili, femminili o neutri, è la desinenza<br />

propria degli argomenti O. All’interno dei temi in -o il morfema -um viene così a<br />

configurarsi come un vero e proprio <strong>caso</strong> inattivo, che identifica argomenti di tipo SO e<br />

O sulla base <strong>del</strong> comune macroruolo semantico.<br />

Una situazione di questo tipo è quindi <strong>del</strong> tutto analoga a quella <strong>del</strong> latino tardo, dal<br />

momento che il macroruolo semantico risulta rilevante nella codifica morfologica degli<br />

argomenti <strong>del</strong> predicato. Tutto ciò consente dunque di affermare che in latino un subsistema<br />

di codifica di tipo attivo non è limitato a fasi tarde <strong>del</strong>la lingua, ma si manifesta<br />

fin dalle prime attestazioni letterarie, con una diffusione di gran lunga più ampia rispetto<br />

a quanto correntemente ritenuto (§ 4.3) 66 . Anche in questo <strong>caso</strong> si è ritenuto opportuno<br />

designare l’insieme di queste manifestazioni morfologiche attive con il termine “subsistema”,<br />

in quanto il sistema di codifica dominante rimane comunque orientato in<br />

senso accusativo. Tuttavia in alcuni ambiti <strong>del</strong>la lingua latina, che mostrano precise<br />

caratteristiche diacroniche e diastratiche, si riscontra una regolarità sistematica<br />

nell’associazione <strong>del</strong>l’allomorfo neutro con il macroruolo semantico di Undergoer.<br />

D’altra parte è già stato notato (§ 4.1) che le stesse codifiche attive <strong>del</strong> latino tardo<br />

costituiscono un tratto <strong>del</strong>la lingua parlata che penetra nella lingua scritta in misura<br />

assai ridotta rispetto alla reale portata <strong>del</strong> fenomeno, ed è attestato solo nei testi letterari<br />

di registro più basso. Non sarà dunque un <strong>caso</strong> che anche la possibilità di marcare gli<br />

argomenti di tipo SO attraverso un allomorfo neutro sia attestata in autori ed opere ben<br />

definiti in termini cronologici e di <strong>genere</strong> letterario. Si tratta infatti quasi esclusivamente<br />

di autori arcaici (Ennio, Plauto, Lucilio, Catone, Turpilio, Afranio), di opere <strong>del</strong> teatro<br />

popolare (oltre alle commedie plautine, le atellanae di Pomponio e Novio, le palliatae<br />

di Turpilio e le togatae Afranio), o di testi <strong>del</strong> filone manualistico/enciclopedico <strong>del</strong> I<br />

66<br />

Non sfugge certamente una differenza significativa rispetto al latino tardo, in cui le<br />

manifestazioni di tale sub-sistema non si limitano a sostantivi <strong>del</strong>la seconda declinazione ma<br />

coinvolgono nomi di tutte le classi flessionali. Sui probabili motivi di questa situazione si veda<br />

infra § 9.2. Per il momento si può notare comunque che la seconda declinazione era l’unica che,<br />

tramite la categoria dei neutri tematici, potesse ammettere l’esistenza di soggetti marcati da una<br />

desinenza (-um) che all’interno <strong>del</strong>la medesima declinazione era tipicamente impiegata come<br />

marca degli oggetti diretti.<br />

82


secolo d.C. (la Naturalis historia di Plinio il Vecchio, il De re rustica di Columella, il<br />

De architectura Vitruvio, e il De medicina di Celso). Ad essi si aggiungano il De lingua<br />

latina di Varrone, precursore di quest’ultimo <strong>genere</strong>, ed il Satyricon, con tutte le<br />

peculiarità legate alla lingua e allo stile di Petronio 67 .<br />

Occorre inoltre notare che tali codifiche attive si manifestano in un gruppo di<br />

sostantivi semanticamente coerente, costituito da nomi di piante (buxus, cyclaminus,<br />

lupinus, papyrus), nomi di parti <strong>del</strong> corpo (iugulus, uterus), nomi comuni di cosa<br />

(callus, clipeus, gladius, pannus, thesaurus), e da una designazione temporale<br />

(autumnus). Si tratta in tutti i casi di nomi che, in una gerarchia di animatezza e<br />

individuazione, occupano le posizioni più basse. Questo fatto sembra confermare<br />

quanto ipotizzato al § 3.3 a proposito dei sistemi di codifica misti, ossia che, se nella<br />

morfologia nominale di una lingua sono compresenti una sistema di codifica accusativo<br />

ed uno attivo, i tratti attivi tenderebbero a manifestarsi nei nomi meno animati. Al<br />

contempo, poiché tali fenomeni costituiscono il diretto antecedente <strong>del</strong>l’uso tardolatino<br />

<strong>del</strong>l’accusativo in funzione di soggetto, il fatto che essi siano limitati a sostantivi<br />

inanimati adduce un significativo elemento a sostegno di una ipotesi altrove proposta<br />

(Rovai 2005), secondo cui la stessa estensione <strong>del</strong>l’accusativo in latino tardo si sarebbe<br />

avviata a partire dai sostantivi meno animati ed individuati.<br />

6.3 Le desinenze -us e -um: <strong>caso</strong> attivo e <strong>caso</strong> inattivo?<br />

E’ già stato detto (§ 4.1) che in latino tardo si giunge ad una risemantizzazione<br />

<strong>del</strong>l’opposizione tra <strong>caso</strong> nominativo e accusativo come opposizione tra <strong>caso</strong> attivo e<br />

<strong>caso</strong> inattivo, secondo quella che è la formulazione di Plank (1985). Tuttavia, i<br />

presupposti di tale risemantizzazione, almeno all’interno dei temi in -o, appaiono già<br />

ben evidenti in epoche più antiche. Possiamo infatti affermare non solo che all’interno<br />

<strong>del</strong>la seconda declinazione la desinenza -um poteva fungere da <strong>caso</strong> inattivo, come<br />

emerso dai precedenti paragrafi, ma anche che la desinenza -us poteva assumere il<br />

valore di <strong>caso</strong> attivo, in quanto tipicamente impiegata per marcare argomenti che<br />

rivestono il macroruolo di Actor.<br />

67 Si discostano per cronologia e <strong>genere</strong> testuale soltanto le poche attestazioni (5/32) rilevate in<br />

Cicerone, Virgilio, Ovidio e Livio.<br />

83


Indizi in tal senso vengono da alcuni casi di allomorfia che <strong>del</strong>ineano una situazione<br />

opposta a quella dei sostantivi esaminati fino ad ora. Si tratta di tre nomi <strong>del</strong>la seconda<br />

declinazione, correntemente attestati al <strong>genere</strong> neutro (balneum, fatum e vinum), che<br />

mostrano un allomorfo maschile nei seguenti passi <strong>del</strong> Satyricon (106-107-108-109-<br />

110):<br />

(106) vix me balneus calfecit (Sat. 41,11)<br />

(107) vinus mihi in cerebrum abiit (Sat. 41,12)<br />

(108) medici illum perdiderunt, immo magis malus fatus (Sat. 42,5)<br />

(109) et servi homines sunt et aeque unum lactem biberunt, etiam si illos malus<br />

fatus oppresserit (Sat. 71,1)<br />

(110) hoc mihi dicit fatus meus (Sat. 77,3)<br />

Si noti che la forma maschile appare come primo argomento di predicati di attività<br />

telici biargomentali (“riscaldare”: fare’ (balneus [calefacere’ (balneus, me)] in (106);<br />

“andare (al cervello)”: fare’ (vinus [abire-in’ (vinus, cerebrum)] in (107); “rovinare”:<br />

fare’ (fatus [perdere’ (fatus, illum)] in (108); “opprimere/gravare”: fare’ (fatus<br />

[opprimere’ (fatus, illos)] in (109); “dire”: fare’ (fatus [dicere’ (fatus, hoc)] in (110)):<br />

in tutti e cinque i casi il maschile è dunque impiegato per marcare un argomento che<br />

riveste prototipicamente il macroruolo di Actor.<br />

Le forme neutre balneum, fatum e vinum, marcate da una desinenza -um e (perciò)<br />

tipicamente associate al macroruolo di Undergoer, vengono sostituite da allomorfi<br />

maschili nel momento in cui ricorrono nel macroruolo di Actor. Questa incompatibilità<br />

<strong>del</strong> neutro con il macroruolo di Actor e, specularmene, il legame tra forme maschili e<br />

contesti attivi ed agentivi, inducono a ritenere che le desinenze -us ed -um, impiegate<br />

per marcare i due distinti generi nei temi in -o, tendessero ad essere interpretate come<br />

marche morfologiche di <strong>caso</strong> attivo e <strong>caso</strong> inattivo, almeno in alcuni ambiti <strong>del</strong>la lingua<br />

84


latina che si discostano da quella rigidamente codificata dei testi di età classica, e<br />

comunque ben prima <strong>del</strong>la risemantizzazione che avrà luogo in latino tardo 68 .<br />

68 Attribuire intenzioni ad un autore è sempre azzardato, tuttavia sembra che Petronio utilizzi<br />

consapevolmente questi allomorfi maschili come tracce di lingua parlata. Essi ricorrono infatti<br />

solo all’interno dei discorsi diretti dei liberti che compaiono nell’episodio <strong>del</strong>la Cena<br />

Trimalchionis: Dama (Sat. 41,11-41,12), Seleuco (Sat. 42,5), e Trimalchione stesso (Sat. 71,1-<br />

77,3). Si noti che altrove, in un brano in esametri in cui il protagonista Encolpio, parodia degli<br />

eroi epici perseguitati dagli dei, attribuisce la propria impotenza niente meno che alla<br />

persecuzione da parte <strong>del</strong> dio Priapo, viene invece utilizzata la forma neutra “classica” fatum<br />

(Sat. 139,2: non solum me numen et implacabile fatum persequitur).<br />

85


7. SOSTANTIVI NEUTRI E ALLOMORFI MASCHILI<br />

Balneum, fatum e vinum non sono tuttavia gli unici neutri tematici che presentano<br />

sporadicamente allomorfi maschili: il presente capitolo raccoglie infatti altri sette<br />

sostantivi neutri <strong>del</strong>la seconda declinazione per i quali sono attestati allomorfi di <strong>genere</strong>.<br />

Così come per i sostantivi raccolti nel capitolo 5, anche in questo <strong>caso</strong> la distribuzione<br />

degli allomorfi verrà esaminata in riferimento al contesto sintattico-semantico. Tuttavia,<br />

è necessario sottolineare fin da subito che per tutti i sostantivi di seguito analizzati si<br />

individuano due fasi cronologiche ben distinte: una più antica, in cui sono compresenti<br />

forme maschili e neutre, ed una successiva, in cui è attestato unicamente il <strong>genere</strong><br />

neutro. E’ dunque evidente che l’analisi <strong>del</strong>la distribuzione degli allomorfi sarà condotta<br />

relativamente alla fase in cui le due forme coesistono 69 .<br />

7.1 Caelum (n) / caelus (m)<br />

Caelum è un sostantivo correntemente attestato al <strong>genere</strong> neutro in latino classico,<br />

sebbene mostri entrambi i generi nelle prime attestazioni letterarie. Occorre precisare<br />

innanzi tutto che non è possibile ricostruire un <strong>genere</strong> originario indoeuropeo (Ernout<br />

1972: p.3), né attraverso la ricostruzione interna, né attraverso la comparazione. La<br />

forma presenta un suffisso *-(s)lo- che deriva nomi di strumento, tipicamente tanto<br />

maschili (pālus < *pāg-(s)lo-, v. il diminutivo pāxillus) quanto neutri (velum < *veh-<br />

(s)lo- v. il diminutivo vexillum) 70 . D’altro canto, la comparazione non aiuta: “aucun<br />

69<br />

A differenza di quanto avvenuto per i nomi discussi al capitolo 5 (v. Nota 57), in questo <strong>caso</strong><br />

non è stato ritenuto necessario costituire un repertorio di attestazioni in base alle quali si possa<br />

determinare il <strong>genere</strong> dei sostantivi di seguito raccolti. Non sussiste infatti alcun dubbio sul fatto<br />

che essi siano neutri, e tutte le attestazioni di un <strong>genere</strong> diverso saranno direttamente riportate<br />

all’interno dei singoli paragrafi.<br />

70<br />

La radice verbale è stata identificata in caelare (secondo quella che era già l’etimologia<br />

varroniana: Varr. LL 5,18: caelum dictum scribit Aelius quod est caelatum; Varr. Men. 420:<br />

appellatur a caelatura caelum), o, più probabilmente, in caedere (Ernout - Meillet 1932; Walde<br />

1938): nella seconda ipotesi, il cielo sarebbe considerato “comme découpé en régions<br />

qu’observe la science augurale ou que parcourent les astres” (Ernout - Meillet 1932: p.126),<br />

86


nom pareil du ciel n’est connu” (Ernout - Meillet 1932: p.126), e gli esiti <strong>del</strong>la radice<br />

indoeuropea *(s)qāit-/(s)qāid- “hell, leuchtend” (Walde – Pokorny 1930) o *(s)kāi-<br />

“id.” (Pokorny 1959) nelle altre lingue 71 , non consentono di individuare in caelum un<br />

neutro tematico di eredità indoeuropea.<br />

Inoltre, il grammatico Carisio segnala come le più antiche ricorrenze <strong>del</strong> lemma<br />

attestassero il <strong>genere</strong> maschile (111):<br />

(111) Caelum hoc, cum sit neutrum, etiam masculine veteres dixerunt,<br />

ut Ennius “quem Caelus genuit” (Instit.Gram. K I p.72)<br />

In realtà in Ennio sono attestati in funzione di soggetto sia il maschile caelus (112,<br />

113) che il neutro caelum (114):<br />

(112) Saturno quem Caelus genuit (Ann. 26)<br />

(113) Initio primus in terris imperium summum Caelus habuit (Euhem. 60)<br />

(114) Vertitur interea caelum cum ingentibus signis (Ann. 211)<br />

Può non sorprendere che il <strong>genere</strong> maschile sia utilizzato nella personificazione <strong>del</strong><br />

cielo come divinità (112, 113) 72 , tuttavia occorre sottolineare che esso è attestato anche<br />

al di fuori di tale contesto (115):<br />

come sembrerebbe confermare la frequente cooccorrenza con templum. Tuttavia, almeno<br />

secondo Walde (1938), un legame con la lingua sacra degli auguri rimane indimostrabile,<br />

nonostante il possibile intermediario osco kaíla “templum, aedes”.<br />

71<br />

Si vedano gli esiti raccolti in Walde (1938), Walde – Pokorny (1930) e Pokorny (1959): a.isl.<br />

heiđ (n. “heiterer Himmel”), got. Haidus (m. “Art und Weise”), sscr. kētu-� (m.<br />

“Lichterscheinung, Helle, Bild”) e kēta-� (m.“Bild, Gestalt, Zeichen”).<br />

72<br />

Si veda, ad esempio, la seguente affermazione di Servio (ad Aen. 5,801): ideo autem diximus<br />

'Caelus pater', ut deus significaretur: nullus enim deus generis neutri est. nam caelum <strong>genere</strong><br />

neutro elementum significat.<br />

87


(115) Fortis Romani sunt quamquam caelus profundus (Ann.inc. 546)<br />

L’aspetto più rilevante è comunque il fatto che, in un autore che presenta entrambe le<br />

forme, caelum compaia in funzione di soggetto di un predicato passivo/riflessivo<br />

(“volgersi”: DIVENTARE versum’ (caelum) in 114) 73 , e dunque nel macroruolo<br />

semantico di Undergoer.<br />

Occorre inoltre sottolineare che non sono attestate forme di plurale fino all’epoca<br />

cristiana, in cui compare il <strong>genere</strong> maschile caeli. Se anche ammettessimo che tale<br />

forma sia dovuta all’influsso <strong>del</strong> greco ου�ρανοί, è significativo che l’unica forma plurale<br />

in epoca precedente, in Lucrezio, attesti il <strong>genere</strong> maschile (116):<br />

(116) quis pariter caelos omnis convertere (RN 2,1097)<br />

Questo fatto era stato rilevato anche nel seguente passo <strong>del</strong> grammatico Palemone<br />

(117):<br />

(117) Sunt nomina in singulari numero neutri generis, in plurali masculini, hoc<br />

7.2 Collum (n) / collus (m)<br />

caelum hi caeli, non caela (Ars 537)<br />

Così come caelum, neppure collum sembra rientrare tra i neutri deboli di eredità<br />

indoeuropea. Esso viene infatti ricondotto alla radice *k w el-/k w ol- “girare/girarsi”<br />

(Ernout - Meillet 1932; Walde – Pokorny 1930; Pokorny 1959), attestata con lo stesso<br />

significato di “collo” nelle lingue germaniche (got. e ant.isl. hals, ags. heals, nat. Hals)<br />

e baltiche (lit. kãklas, lett. kakls), che testimoniano unicamente il <strong>genere</strong> maschile. Si<br />

noti che, anche in latino, collum è attestato al <strong>genere</strong> neutro solo a partire dalla tarda età<br />

repubblicana, e in particolare dal seguente passo di Cicerone (118):<br />

73 La versione attiva di questa costruzione è attestata, ad esempio, in Lucrezio: dicat […]<br />

hominem tanto membrorum esse impete natum, trans maria alta pedum nisus ut ponere posset<br />

et manibus totum circum se vertere caelum (RN 5,911/15); e nello stesso Ennio: qui caelum<br />

versat stellis fulgentibus aptum (Ann. 29).<br />

88


(118) erat eo tempore in nobis summa gracilitas et infirmitas corporis,<br />

procerum et tenue collum (Brut. 313)<br />

Gli autori successivi testimoniano solo forme neutre, tanto che l’anomalia <strong>del</strong> <strong>genere</strong><br />

maschile è esplicitamente stigmatizzata da Quintiliano (119):<br />

(119) Neque enim 'tuburchinabundum' et 'lurchinabundum' iam in nobis<br />

quisquam ferat, licet Cato sit auctor, nec 'hos lodices', quamquam id<br />

Pollioni placet, nec 'gladiola', atqui Messala dixit, nec 'parricidatum',<br />

quod in Caelio uix tolerabile uidetur, nec 'collos' mihi Caluus<br />

persuaserit: quae nec ipsi iam dicerent. (Inst. 1,6,42)<br />

Per un grammatico <strong>del</strong> I secolo d.C. il <strong>genere</strong> maschile era dunque un desueto<br />

arcaismo che neppure lo stesso Calvo, oratore <strong>del</strong>la prima metà <strong>del</strong> I secolo a.C.,<br />

avrebbe più utilizzato. Tuttavia il <strong>genere</strong> maschile è ampiamente documentato in autori<br />

<strong>del</strong> III e II secolo a.C., come mostrano le numerose attestazioni in Nevio (120), Plauto<br />

(121-122-123-124), Catone (125), Cecilio Stazio (126-127), Lucilio (128-129) e Accio<br />

(130):<br />

(120) utrum scapulae plus an collus calli habeat, nescio. (pall. 115)<br />

(121) tam consimilest atque ego; sura, pes, statura, tonsus, oculi, nasum vel<br />

labra, malae, mentum, barba, collus: totus. quid verbis opust? (Amph.<br />

443/5)<br />

(122) hoc quidem haud molestumst, iam quod collus collari caret. (Capt. 357)<br />

(123) di immortales, iam ut ego collos praetruncabo tegoribus (Capt. 902)<br />

(124) illic in columbum, credo, leno vortitur, nam in collumbari collus haud<br />

multo post erit. (Rud. 887/8)<br />

89


(125) accipite, si vultis, hoc onus in vestros collos. (orat. 229)<br />

(126) hunc collum ludo praecidi iube! (pall. 56)<br />

(127) Ad restim res redit. Immo collus, non res: nam ille argentum habet.<br />

(pall. 215)<br />

(128) calda ac bene plena, olorum atque anseris collus.<br />

(Sat 7,268)<br />

(129) modo sursum, modo deorsum, tamquam collus cernui. (Sat. 27,703)<br />

(130) quid cesso ire ad eam? em praesto est: camo collum<br />

grauem! (trag. 302)<br />

In tempi più prossimi a Quintiliano, il <strong>genere</strong> maschile compare, oltre che<br />

nell’oratoria di Calvo, anche nel seguente passo di Varrone (131) 74 :<br />

(131) ut nitens pavonis collus nihil extrinsecus sumens. (Men. 500)<br />

All’interno <strong>del</strong>le stesse Menippaeae varroniane, ricorre però in funzione di soggetto<br />

anche la forma neutra collum (132):<br />

(132) collum procerum fictum levi marmore regillae tunicae definitur purpura.<br />

(Men. 372)<br />

Si noti che collum ricopre la funzione di soggetto di un predicato stativo<br />

monoargomentale (“essere definito/<strong>del</strong>ineato”: definitum’ (collum)): dal punto di vista<br />

semantico tale forma ricorre dunque nel macroruolo di Undergoer.<br />

74 L’unica attestazione <strong>del</strong> <strong>genere</strong> maschile in epoca successiva a Quintiliano è il seguente passo<br />

di Frontone: Aur.Imp. 2,1,1: Iis margaritis collos filiarum tuarum despoliabis.<br />

90


7.3 Compitum (n) / compitus (m)<br />

Tale sostantivo si è originato come forma deverbale da competo “incontrarsi” 75 . <strong>Il</strong><br />

<strong>genere</strong> neutro è diffuso a partire dalla seconda metà <strong>del</strong> I secolo a.C., come mostrano le<br />

numerose ricorrenze <strong>del</strong> plurale compita in Virgilio (Georg. 2,382), Properzio (Eleg.<br />

2,20,22; 2,22a,3; 4,1a,23; 4,3,57) ed Orazio (Sat. 2,3,26; 2,3,281; 2,5,50; Ep. 1,1,49).<br />

La più antica attestazione di tale sostantivo, nelle palliatae di Cecilio Stazio (133),<br />

testimonia però il <strong>genere</strong> maschile:<br />

(133) [ubi] adiacentem compitum (pall. 226)<br />

Esso è ancora attestato nelle Epistulae varroniane (134):<br />

(134) ubi compitus erat aliquis (epist. 75)<br />

Tuttavia altrove, nel De lingua latina, lo stesso Varrone testimonia una forma neutra<br />

compitum (135):<br />

(135) sic e lacte coacto caseus nominatus, sic ex hominibus contio dicta, sic<br />

coemptio, sic compitum nominatum. (LL 6,43)<br />

Tale forma ricorre come soggetto di un predicato stativo monoargomentale (“essere<br />

chiamato”: nominatum’ (compitum)), nel macroruolo semantico di Undergoer.<br />

7.4 Corium (n) / corius (m)<br />

Secondo Ernout - Meillet (1932) e Walde (1938) corium è riconducibile alle radice<br />

indoeuropea *(s)ker-, attestata anche in altre lingue con lo stesso significato di “pelle<br />

75<br />

La trasparente etimologia era riconosciuta già in Varrone LL 6,25: ubi viae competunt.<br />

91


(di animale/conciata)” 76 . La comparazione e i diversi esiti nelle varie lingue mostrano<br />

che neppure corium rientra tra i neutri deboli ereditari.<br />

D’altra parte, nelle testimonianze letterarie più antiche, corium è attestato anche al<br />

<strong>genere</strong> maschile, come già notava il grammatico Festo (136):<br />

(136) corius ab antiquis masculino <strong>genere</strong> dicebatur (Verb.Sign. 60)<br />

In effetti, le seguenti forme di maschile sono attestate in Plauto (127-128-129):<br />

(137) tris facile corios contrivisti bubulos (Poen. 139)<br />

(138) iam tibi tuis meritis crassus corius redditust (fr. II,5)<br />

(139) Ex tuis verbis meum futurum corium pulchrum praedicas, quem Apella<br />

atque Zeuxis duo pingent pigmentis ulmeis (Epid. 625)<br />

che testimonia però anche alcune forme neutre (140-141-142-143):<br />

(140) fieret corium tam maculosum quam est nutricis pallium (Bacch. 434)<br />

(141) quod periit, periit: meum corium cistella (Cist. 703)<br />

(142) detegetur corium de tergo meo (Epid. 65)<br />

(143) fiet tibi puniceum corium, postea atrum denuo (Rud. 1000)<br />

76 Si vedano Pokorny (1959) e Walde - Pokorny (1930): sscr. cárman- (n. “Fell, Haut”) e kr�ti-<br />

(f. “Fell”), av. čarəman- (n. “Fell, Haut”), ags. heorđa (m. “Wildhaut”) e hriđer (m. “Haut”),<br />

a.a.t. herdo (m. “vellus”), n.a.t/ted.svizz. herde/härde (“Schaf- oder Ziegenfell”), a.russ. skorá<br />

(f. “Haut, Tierhaut”), pol. skóra (f. “Haut, Tierhaut”).<br />

92


Le quattro forme neutre ricorrono dunque come soggetti di un predicato passivo<br />

(“essere scorticato”: DIVENTARE detectum’ (corium) in (132)), di due predicati<br />

risultativi monoargomentali (“diventare macchiato”: DIVENTARE maculosum’<br />

(corium) in (130); “diventare purpureo”: DIVENTARE puniceum’ (corium) in (133)),<br />

e di un predicato trasformativo (“andare in rovina”: DIVENTARE peritum’ (corium) in<br />

(131)). In tutti i casi corium compare perciò nel macroruolo di Undergoer.<br />

Analogamente, nelle opere di Varrone sono atteatati sia il maschile corius in passo<br />

<strong>del</strong>le Menippeae (144) che il neutro corium all’interno <strong>del</strong> De agricultura (145):<br />

(144) Corius […] ulmum tuus depavit (Men. 135)<br />

(145) corium [sit] atactu non asperum ac durum (RR 2,5,8)<br />

Anche in questo <strong>caso</strong> la forma corium, in quanto soggetto di un predicato stativo<br />

monoargomentale (“essere ruvido e rigido”: asperum ac durum’ (corium)), ricorre nel<br />

macroruolo semantico di Undergoer.<br />

7.5 Forum (n) / forus (m)<br />

Forum è un altro neutro che non risale a eredità indoeuropea. <strong>Il</strong> sostantivo è collegato<br />

al tema in consonante *dhwer/or- (Ernout - Meillet 1932; Walde 1938; Pokorny 1959),<br />

conservato nella maggior parte <strong>del</strong>le lingue indoeuropee con il significato di “porta”.<br />

Solo in latino, in cui il significato originario è comunque conservato nel plurale tantum<br />

fores, si è sviluppata una forma tematica con il significato di “piazza <strong>del</strong> mercato” 77 . <strong>Il</strong><br />

sostantivo è correntemente attestato al neutro in latino classico, ma due allomorfi forus<br />

e forum appaiono in testi precedenti 78 . La forma maschile è infatti attestata nei seguenti<br />

passi di Lucilio (146) e Pomponio (147):<br />

77<br />

Anche in vedico la forma tematica dvāram “porta” è uno sviluppo secondario a partire dal<br />

plurale tantum femminile dvārah� “id”. <strong>Il</strong> significato più affine a quello latino è l’a.sl. dvorŭ<br />

“cortile/fattoria” (Walde 1938; Pokorny 1959).<br />

78<br />

Ovviamente, il maschile forus, con il diverso significato di “tavolame <strong>del</strong>la nave” e “seggio<br />

pubblico”, non viene preso in considerazione. A proposito di tale forma, si veda Ernout -<br />

93


(146) Romanis ludis forus olim ornatus lucernis (Sat. 3, 146)<br />

(147) Forus macellus fana portus porticus (atell. 36)<br />

Le prime ricorrenze di una forma neutra forum si riscontrano invece in Plauto (148-<br />

149):<br />

(148) Nec mihi placet tuom profecto nec forum nec comitium (Cur. 402)<br />

(149) Forum coquinum qui vocant, stulte vocant, nam non coquinum est, verum<br />

furinum est forum (Pseud. 790/1)<br />

In entrambi i casi forum compare in funzione di soggetto di predicati stativi<br />

(“piacere”: placere’ (forum) in (138); “essere (proprio) di ladri”: furinum’ (forum) in<br />

(139)), e quindi nel macroruolo di Undergoer.<br />

7.6 Sagum (n) / sagus (m)<br />

<strong>Il</strong> termine che designa il mantello tipico dei soldati è un prestito dal gallico *sagōn,<br />

come altri termini <strong>del</strong> vestiario quali birrus, un mantello con cappuccio, e bracae, a sua<br />

volta entrato in gallico dal germanico. Anche in questo <strong>caso</strong>, il latino classico attesta il<br />

<strong>genere</strong> neutro, come rivela il seguente passo di Orazio (150):<br />

(150) terra marique victus hostis punico lugubre mutavit sagum (Ep. 9,28)<br />

Nelle fasi più antiche <strong>del</strong>la lingua il lemma è però attestato anche al maschile, come<br />

segnala la testimonianza <strong>del</strong> grammatico Nonio (151):<br />

Meillet (1932): “Peut-être meme mot que forum; la difference de genre s’est accompagnée<br />

d’une differentiation de sens”.<br />

94


(151) Sagum generis neutri ut plerumque. Masculini Ennius: tergus igitur<br />

sagus pinguis opertat” (Non. Comp.Doct. 223)<br />

<strong>Il</strong> <strong>genere</strong> maschile ricorre infatti nei seguenti passi di Ennio (152-153) e di Catone<br />

(154):<br />

(152) tergus igitur sagus pinguis opertat (Ann. inc.529)<br />

(153) sagus caeruleus (Ann. inc.530)<br />

(154) quotiens cuique tunicam aut sagum dabis, prius ueterem accipito,<br />

unde centones fiant. (Agr. 59,1)<br />

Nel I secolo a.C. Varrone attesta ancora una forma maschile sagus nei frammenti <strong>del</strong>le<br />

Saturae Menippaeae (155), ma impiega una forma neutra sagum nel De Lingua Latina<br />

(156):<br />

(155) cum neque aptam mollis umeris fibulam sagus ferret (Men. 569)<br />

(156) quibus operibantur, operimenta, et pallia opercula dixerunt. in his<br />

multa peregrina, ut sagum, reno gallica, gaunac[um]a et<br />

amphimallum graeca; contra latinum torale, ante torum, et torus a<br />

torto, quod is in promptu. (LL 5,167)<br />

Si noti che sagum compare all’interno di una enumerazione (156), ossia, come<br />

rilevato in più occasioni (§§ 4.2, 5.3, 5.4, 5.8), in un contesto tipicamente inagentivo in<br />

quanto non configura alcuna partecipazione ad un processo verbale.<br />

95


7.7 Tergum (n) / tergus (m)<br />

Anche nel <strong>caso</strong> di tergum abbiamo a che fare con un neutro debole non ereditario:<br />

“pas d’étymolgie connue”, secondo Ernout - Meillet (1932: p.989), e anche il confronto<br />

con il greco (σ)τέρφος “Rückenhaut der Tiere, Fell, Leder” (Walde 1938), nonostante<br />

l’affinità semantica si rivela fortemente problematico negli esiti. Esiste anche un<br />

metaplasmo <strong>del</strong>la terza declinazione tergus,-oris, anch’esso antico (Enn. Ann. inc.529)<br />

ma probabilmente più recente rispetto alle forme <strong>del</strong>la seconda declinazione 79 ,<br />

considerando anche il fatto che solo queste ultime entrano nelle locuzioni avverbiali (a<br />

tergo; de tergo; post tergum) e nei composti verbali (terga dare; terga vertere ><br />

tergiversor) e nominali (tergiversator, tergiversatio).<br />

Se il latino classico conosce solo il <strong>genere</strong> neutro, Plauto testimonia anche una forma<br />

maschile (157):<br />

(157) habeo opinor familiarem tergum (Asin. 319)<br />

Tuttavia, in altri passi <strong>del</strong>lo stesso Plauto è attestata una forma neutra tergum (158-<br />

159-160):<br />

(158) si tergum cicatricosum (est), nihil hoc similist similius (Amph. 446)<br />

(159) si illi sunt virgae ruri, at mihi tergum domist (Bacch. 365)<br />

(160) numquam edepol vostrum durius tergum erit quam terginum hoc meum<br />

(Pseud. 154)<br />

In tutti e tre i contesti, tergum ricorre in funzione di soggetto di predicati stativi<br />

monoargomentali (“essere coperto di cicatrici”: cicatricosum’ (tergum) in (158);<br />

“essere a casa”: domi esse’ (tergum) in (159); “essere (più) duro”: durius’ (tergum) in<br />

(160)), ossia nel macroruolo semantico di Undergoer.<br />

79 Si veda Ernout – Meillet (1932 : p.989) : “Tergus,-oris, plus récent, est fait d’après pectus,-<br />

oris”.<br />

96


8. I CASI DI ALLOMORFIA NEUTRO - MASCHILE: ANCORA UN SUB-SISTEMA ATTIVO<br />

I sette sostantivi discussi nel precedente capitolo configurano una situazione in<br />

apparenza opposta rispetto a quelli raccolti nel capitolo 5 ed analizzati al capitolo 6.<br />

Mentre questi ultimi, infatti, ricorrono correntemente al <strong>genere</strong> maschile o femminile e<br />

attestano sporadicamente, ma in contesti ben definiti, il <strong>genere</strong> neutro, caelum, collum,<br />

compitum, corium, fatum, sagum e tergum sono invece normalmente attestati al <strong>genere</strong><br />

neutro ma mostrano occasionalmente allomorfi maschili.<br />

In realtà i due gruppi presentano sostanziali elementi in comune. Innanzi tutto occorre<br />

infatti rilevare che, anche nei casi di caelum, collum, corium, fatum, sagum e tergum, il<br />

<strong>genere</strong> maschile appare cronologicamente prioritario rispetto al neutro, come<br />

sembrano indicare i dati raccolti nella seguente tabella (Figura 19):<br />

Lemma<br />

Prima attestazione<br />

<strong>del</strong> <strong>genere</strong> maschile/femminile<br />

97<br />

Prima attestazione<br />

<strong>del</strong> <strong>genere</strong> neutro<br />

caelum Ennio, Ann. (187-172 a.C.) ibidem<br />

collum Nevio, pall. (~235-201 a.C.) Varrone Men. 372<br />

compitum Cecilio Stazio, pall. (~180 a.C.) Varrone, LL (45-43 a.C.)<br />

corium Plauto, Epid. (~195 a.C.) Plauto, Cist. (204 a.C.)<br />

forum Lucilio, Sat. (~130 a.C.) Plauto, Cur. (193 a.C.)<br />

sagum Ennio, Ann. (187-172 a.C.) Varrone, LL (45-43 a.C.)<br />

tergum Plauto, Asin. (211 a.C.) Plauto, Amph. (~201-189 a.C.)<br />

Figura 19<br />

Nel <strong>caso</strong> di collum, compitum e sagum il maschile è nettamente più antico <strong>del</strong> neutro,<br />

per quanto riguarda caelum, corium e tergum i due generi possono essere considerati<br />

contemporanei, e solo nel <strong>caso</strong> di forum le forme maschili appaiono alcuni decenni più<br />

tardi rispetto a quelle neutre. In ogni <strong>caso</strong>, nessuno di questi sostantivi rientra fra i neutri<br />

deboli di eredità indoeuropea, come è già stato mostrato nel precedente capitolo<br />

discutendo i singoli casi.


Gli allomorfi maschili di questi sostantivi si concentrano dunque sistematicamente<br />

nelle attestazioni letterarie più antiche (Nevio, Ennio, Plauto, Lucilio e Cecilio Stazio),<br />

sebbene per alcuni di essi forme maschili continuino ad essere attestate fino alla tarda<br />

età repubblicana, come dimostra il fatto che ancora in Varrone siano compresenti collus<br />

e collum, corius e corium, sagus e sagum. A partire da questa altezza cronologica si<br />

riscontrano unicamente forme che attestano il <strong>genere</strong> neutro.<br />

Si noti, tuttavia, un secondo e forte elemento di similarità che accomuna questi nomi a<br />

quelli esaminati al capitolo 6. Nelle fasi più antiche <strong>del</strong>la lingua, in cui i due generi sono<br />

compresenti (in sei casi su sette attestati all’interno di uno stesso autore), mentre il<br />

maschile non ha restrizioni sulla base <strong>del</strong> contesto sintattico-semantico, la distribuzione<br />

degli allomorfi neutri è, anche in questo <strong>caso</strong>, vincolata al macroruolo semantico, come<br />

mostrano i dati precedentemente discussi (§§ 7.1-7.7) e sintetizzati nella seguente<br />

tabella (Figura 20) 80 :<br />

Lemma Attestazioni Ruolo sintattico<br />

Classe<br />

<strong>del</strong> predicato<br />

Macroruolo<br />

semantico<br />

caelum Enn. Ann. 211 S risultativo Undergoer<br />

collum Varr. Men. 372 S stativo Undergoer<br />

compitum Varr. LL 6,43 S stativo Undergoer<br />

corium Pl. Bacch. 434 S risultativo Undergoer<br />

Pl. Cist. 703 S trasformativo Undergoer<br />

Pl. Epid. 65 S risultativo Undergoer<br />

Pl. Rud. 1000 S risultativo Undergoer<br />

Varr. RR 2,5,8 S stativo Undergoer<br />

forum Pl. Cur. 402 S stativo Undergoer<br />

Pl. Pseud. 791 S stativo Undergoer<br />

tergum Pl. Amph. 446 S stativo Undergoer<br />

Figura 20<br />

Pl. Bacch. 365 S stativo Undergoer<br />

Pl. Pseud. 154 S stativo Undergoer<br />

80<br />

Anche in questo <strong>caso</strong>, ai dati in Figura 20, si aggiunga l’impiego <strong>del</strong> neutro in un contesto<br />

enumerativo nell’esempio (156).<br />

98


Così come accade per autumnus, buxus, callus, clipeus, cyclaminus, gladius, iugulus,<br />

lupinus, pannus, papyrus, thesaurus e uterus, anche per caelum, collum, compitum,<br />

corium, fatum, sagum e tergum, almeno nelle fasi più antiche <strong>del</strong>la lingua latina, fino a<br />

quando coesistono forme maschili e forme neutre, gli allomorfi neutri marcano soggetti<br />

intransitivi che rivestono il macroruolo di Undergoer, ossia argomenti di tipo SO 81 . La<br />

loro distribuzione risponde quindi ad un sub-sistema di tipo attivo/inattivo, in cui il<br />

macroruolo semantico è pertinente all’assegnazione di una marca morfologica agli<br />

argomenti <strong>del</strong> predicato. Sulle motivazioni <strong>del</strong>l’impiego <strong>del</strong> morfema di <strong>genere</strong> neutro<br />

in funzione di <strong>caso</strong> inattivo vale, ovviamente, quanto già detto al § 6.2.<br />

Infine, un ulteriore elemento che accomuna i due insiemi di sostantivi è costituito<br />

dalla coerenza semantica: anche in questo secondo <strong>caso</strong> le codifiche attive si<br />

manifestano infatti in un gruppo di sostantivi che occupano i livelli più bassi su una<br />

gerarchia di animatezza, costituito da nomi di parti <strong>del</strong> corpo (collum, corium, tergum),<br />

nomi comuni di cosa (sagum) e di luogo (caelum, compitum, forum) 82 .<br />

L’unica differenza che intercorre tra i casi precedentemente esaminati ed i sostantivi<br />

discussi nel presente capitolo, consiste dunque nel fatto che, per quanto riguarda questi<br />

ultimi, a partire dalla metà <strong>del</strong> I secolo a.C. cessano le attestazioni <strong>del</strong> <strong>genere</strong> maschile<br />

e si generalizza l’impiego <strong>del</strong> <strong>genere</strong> neutro<br />

Al di là di questo, essi confermano pienamente le conclusioni raggiunte al capitolo 6 e<br />

mostrano che, già in epoche antichissime, alcuni ambiti <strong>del</strong>la morfologia nominale<br />

latina (i temi in -o) rivelano evidenti tratti tipici di un sistema di codifica di tipo attivo,<br />

manifestati dalla rilevanza <strong>del</strong> macroruolo semantico nella codifica morfologica <strong>del</strong>le<br />

relazioni grammaticali. Ciò significa, in particolare, che all’interno <strong>del</strong>la seconda<br />

declinazione sussiste la possibilità di marcare i soggetti che ricoprono il macroruolo di<br />

81<br />

Nella quasi totalità dei casi in cui i sostantivi analizzati ricorrono in funzione di oggetto<br />

diretto mancano elementi discriminanti per determinare se si tratti di forme maschili o neutre.<br />

82<br />

A fianco dei casi discussi esiste un’altra serie di sostantivi neutri in latino classico attestati al<br />

<strong>genere</strong> maschile in fasi arcaiche (can<strong>del</strong>abrum, dorsum, fretum, macellum, salum, symbolum,<br />

ecc…). Questi casi non sono stati presi in esame nel presente lavoro, poiché i dati disponibili<br />

non consentono una analisi <strong>del</strong>la loro distribuzione sulla base <strong>del</strong> contesto sintattico-semantico,<br />

dal momento che non è possibile rilevare una compresenza sincronica di forme maschili e<br />

neutre in funzione di soggetto. Riguardo ad essi dobbiamo limitarci a rilevare che le forme<br />

maschili sono più antiche di quelle neutre.<br />

99


Undergoer attraverso il <strong>genere</strong> neutro ossia, elemento ancor più significativo, attraverso<br />

una marca morfologica sincronicamente identica a quella <strong>del</strong>l’oggetto diretto.<br />

100


9. NEUTRI O ACCUSATIVI MASCHILI?<br />

Lo scopo <strong>del</strong> presente capitolo è quello di proporre ed esaminare un’ipotesi<br />

interpretativa che possa fornire una risposta ad alcune questioni rimaste aperte: perché<br />

per un gruppo di sostantivi la forme maschili scompaiono e si generalizza la forma<br />

neutra? E, più in generale, perché le codifiche attive si manifestano in origine solo con<br />

sostantivi <strong>del</strong>la seconda declinazione?<br />

9.1 Ipotesi a confronto: presupposti e conseguenze<br />

Fino ad ora, l’insieme dei dati raccolti ed analizzati ci ha consentito di appurare<br />

l’esistenza di tratti attivi in contesti relazionali fin dal latino arcaico, dimostrando che,<br />

se in una certa fase <strong>del</strong>la lingua sono compresenti forme maschili (o femminili) e forme<br />

neutre di un sostantivo appartenente ai temi in -o, le seconde sono vincolate a contesti<br />

inattivi. Tutto ciò indurrebbe a ipotizzare l’esistenza, almeno potenziale, di una serie<br />

completa di coppie di allomorfi maschile (o femminile) vs neutro, nelle quali<br />

l’allomorfo neutro possa essere impiegato in funzione di SO.<br />

I dati a nostra disposizione consentono però di formulare anche un’ipotesi di altro<br />

tipo: le forme in -um impiegate per marcare argomenti di tipo SO potrebbero non essere<br />

in realtà neutri deboli, bensì accusativi maschili (o femminili) che possono sostituire il<br />

nominativo in funzione di soggetto Undergoer. D’altra parte, è già stato a più riprese<br />

evidenziato che la possibilità di marcare soggetti inattivi con il <strong>caso</strong> accusativo è<br />

ampiamente documentata in latino tardo, in cui costituisce con ogni probabilità un tratto<br />

<strong>del</strong>la lingua parlata, e gli stessi tratti attivi emersi in epoche precedenti si manifestano in<br />

testi che presentano precise caratteristiche diacroniche e diastratiche (§ 6.2). A questo si<br />

aggiunga che tali forme in -um possono ricorrere come forme di citazione all’interno di<br />

contesti non relazionali (§§ 5.3, 5.4, 5,8), in cui l’impiego <strong>del</strong>l’accusativo pro<br />

nominativo è ben documentato (§ 4.2).<br />

Possiamo inoltre sottolineare da subito una maggiore legittimità teoretica di questa<br />

seconda ipotesi rispetto alla precedente, in quanto non viene introdotta una spiegazione<br />

ad hoc (l’esistenza di una serie di allomorfi), ma, attraverso un procedimento di tipo<br />

101


abduttivo, viene applicata a nuovi casi una regola certamente valida per casi noti. Nei<br />

seguenti paragrafi saranno raccolti e vagliati alcuni indizi a sostegno di essa.<br />

9.1.1 Forme inequivocabilmente neutre?<br />

Occorre innanzi tutto rilevare che in 52 casi su 55 in cui le forme in -um compaiono in<br />

funzione di soggetto, esse non sono accompagnate da aggettivi, participi, dimostrativi o<br />

relativi che attestino con certezza il <strong>genere</strong> neutro 83 . Tali forme vengono registrate dai<br />

grammatici come neutre semplicemente perché, in un’ottica normativa, la categoria dei<br />

neutri deboli è l’unica che ammetta <strong>del</strong>le forme in -um in funzione di soggetto (su<br />

questo si veda infra § 9.2).<br />

L’assenza di una marca inequivocabile di <strong>genere</strong> non è però discriminante a favore di<br />

nessuna <strong>del</strong>le due ipotesi: da questo punto di vista esse si equivalgono.<br />

9.1.2 <strong>Il</strong> plurale<br />

Per quanto riguarda il plurale dei sostantivi esaminati, si nota una situazione<br />

abbastanza anomala. Nel primo gruppo di nomi (autumnus, buxus, callus, clipeus,<br />

cyclaminus, gladius, iugulus, lupinus, pannus, papyrus, thesaurus, uterus), esso è infatti<br />

attestato solo al maschile: se al singolare tali nomi presentano forme in -um che<br />

potrebbero essere neutre, al plurale il <strong>genere</strong> neutro non è mai attestato 84 . Nel secondo<br />

83 Le uniche eccezioni sono costituite dagli esempi già discussi (48: virens buxum, Ov. Met.<br />

10,90/8), (59: clipeum […] ingens, Virg. Aen. 9,709), (93: nascens […] papyrum, Plin. Nat.Hist.<br />

13,73) e (160: durius tergum, Pl. Pseud. 154). Si noti però che in tre casi su quattro si tratta di<br />

autori classici (Cicerone, Virgilio e Ovidio), e a proposito <strong>del</strong>l’esempio plautino (160) vale la<br />

pena rilevare che in Nonio (Comp.Doct. 227) il passo è riportato come durum (anziché durius)<br />

tergum.<br />

84 Fanno eccezione tre attestazioni <strong>del</strong>la forma clipea, che ricorrono tutte in Livio (aUC<br />

34,52,6; 38,35,5; 40,51,3), ed il neutro plurale iugula in Cicerone (Fat. 10). Non si può<br />

escludere che nella lingua di autori classici, fortemente vincolata ad una norma grammaticale,<br />

tali forme siano state create per analogia con le forme di nominativo singolare clipeum e<br />

102


gruppo (caelum, collum, compitum, corium, fatum, sagum e tergum), forme di neutro<br />

plurale sono ovviamente attestate a partire dal momento in cui il neutro si generalizza<br />

come unico <strong>genere</strong>. Questo non impedisce comunque che, in alcuni casi, continuino ad<br />

essere attestate forme maschili.<br />

Una situazione di questo tipo sembrerebbe addurre un elemento a favore <strong>del</strong>la seconda<br />

ipotesi. Se infatti le forme autumnum, buxum, callum, ecc… costituissero una serie di<br />

allomorfi neutri <strong>del</strong>le rispettive forme maschili, non si vede perché non dovrebbero<br />

essere attestate anche le corrispondenti forme plurali *autumna, *buxa, *calla,<br />

ecc…L’assenza di una prova indipendente come il plurale in -a che attesti senza dubbio<br />

il <strong>genere</strong> neutro, comporta dunque che l’esistenza di tali allomorfi neutri si motivi solo<br />

sulla base di quegli stessi casi che necessitano di una spiegazione.<br />

Tale difficoltà non sorge invece ipotizzando che i sostantivi in questione possiedano<br />

in realtà un unico <strong>genere</strong> (maschile o femminile), e che le forme in -um che compaiono<br />

in funzione di soggetto siano accusativi impiegati per marcare argomenti di tipo SO.<br />

9.1.3 <strong>Il</strong> neutro debole nelle lingue indoeuropee<br />

Infine, abbiamo già avuto modo di notare che in tutti i sostantivi esaminati il <strong>genere</strong><br />

maschile o femminile risulta prioritario rispetto alle forme neutre. <strong>Il</strong> latino ripropone<br />

dunque una situazione tipica di tutte le lingue indoeuropee. Che all’interno di esse il<br />

neutro debole costituisca uno sviluppo secondario, è noto infatti fin da Meillet (1931) ed<br />

è stato ribadito più recentemente da Villar (1983) ed Ostrowski (1982, 1985). <strong>Il</strong> primo<br />

mostra infatti che i neutri tematici riconducibili ad eredità comune indoeuropea sono<br />

pochissimi 85 , mentre il secondo rileva come essi formino una classe semanticamente<br />

meno coerente rispetto ai neutri forti: se questi ultimi designano elementi <strong>del</strong> lessico<br />

iugulum che, pur negli specifici contesti sintattico-semantici individuati, avevano comunque<br />

circolazione letteraria (§ 5.1.4).<br />

85<br />

Villar (1983: p.137): “Los neutros temáticos restituibles a la lengua común son es<strong>caso</strong>s.<br />

Resultan aun más es<strong>caso</strong>s si nos referimos a la lengua común preanatolia. Los dos más seguros<br />

son *yugom (ai. yugam, gr. ζυγόν, lat. iugum, got. juk, het. iugan) y *pedom (ai. padam, gr.<br />

πέδον, a.irl. ed, a.isl. fet, het. pedan)”. Poco oltre (ib.: p.144, nota 3) vengono riportati altre sei<br />

possibili forme indoeuropee comuni: *arHtrom, *dōrom/ dōnom, *gr�Hnom, *k w olsom,<br />

*weghiom, *werdhom.<br />

103


fondamentale, nomi di massa e astratti, i neutri deboli possono invece designare anche<br />

entità individuate, talvolta persone (scortum in Latino, τέκνον o α�νδράποδον in Greco).<br />

Inoltre, nelle lingue indoeuropee il neutro tematico risulta strutturalmente debole<br />

anche in quanto categoria morfologica, dato che si differenzia dal maschile e dal<br />

femminile solo nel <strong>caso</strong> nominativo. In particolare, per quanto riguarda il latino si noti<br />

che diversamente dai neutri forti che non solo sono conservati ma costituiscono una<br />

classe produttiva fino al VI secolo d.C., i neutri deboli iniziano ad entrare nel paradigma<br />

maschile già nel I secolo d.C. 86 , e sono rapidamente assorbiti da quest’ultimo nella<br />

transizione dal latino alle lingue romanze.<br />

9.1.4 Un possibile sviluppo di forme neutre secondarie<br />

<strong>Il</strong> quadro che si <strong>del</strong>inea sulla base dei precedenti paragrafi, induce a ritenere possibile<br />

l’ipotesi secondo cui autumnum, buxum, callum, clipeum, cyclaminum, gladium,<br />

iugulum, lupinum, pannum, papyrum, thesaurum, uterum, e, almeno in un primo<br />

momento, caelum, collum, compitum, corium, fatum, sagum e tergum, non sarebbero<br />

allomorfi neutri che sostituiscono le forme maschili in specifici contesti sintatticosemantici,<br />

bensì sostantivi maschili marcati dal <strong>caso</strong> accusativo per segnalarne il<br />

macroruolo di Undergoer.<br />

Questo darebbe anche ragione <strong>del</strong> fatto che alcuni di questi nomi presentano forme<br />

maschili solo nelle fasi più antiche <strong>del</strong>la lingua, mentre da un certo momento in poi<br />

attestano solo il <strong>genere</strong> neutro. Sulla base di queste premesse, infatti, i neutri caelum,<br />

collum, compitum, corium, fatum, sagum e tergum, nessuno dei quali rientra tra i neutri<br />

deboli ereditari, si sarebbero creati secondariamente in latino, a partire da antichi<br />

maschili per i quali si è generalizzata la forma di inattivo.<br />

Un duplice e convergente sviluppo può aver condotto a questa situazione. Innanzi<br />

tutto occorre tenere presente che il <strong>caso</strong> accusativo, nella sua funzione di <strong>caso</strong> inattivo e<br />

anche in quanto <strong>caso</strong> non marcato (§ 4.2), può estendersi a scapito <strong>del</strong> nominativo,<br />

sostituendolo in funzione di soggetto. Questo è esattamente ciò che accade in latino<br />

86<br />

Come mostrato da Vaananen (1982: p.187), e Zamboni (1997: p.35), i neutri forti in -us,-oris<br />

tendono infatti ad attrarre tutti i nomi inanimati che presentano un nominativo singolare in -us,<br />

come creando un nuovo paradigma cibus,-oris (si veda il plurale cibora in Antimo, de obs. 23).<br />

104


tardo, come rivela la generalizzazione <strong>del</strong>l’accusativo come Universalksus in latino<br />

medioevale e nelle lingue romanze 87 (§ 4.1).<br />

In secondo luogo, è verisimile ritenere che nel momento in cui un sostantivo poteva<br />

presentare una desinenza -um in funzione di soggetto, esso si prestasse ad essere<br />

rianalizzato come neutro tematico in conseguenza <strong>del</strong>la similarità con un nucleo<br />

preesistente di neutri deboli più antichi e, questi sì, di eredità indoeuropea, quali ad<br />

esempio donum, verbum, ecc… L’unico elemento che distingue il paradigma tematico<br />

maschile da quello neutro è infatti il <strong>caso</strong> nominativo, ma se esso viene sostituito dal<br />

morfema di accusativo -um, i due paradigmi risultano identici.<br />

A seguito di questa rianalisi si sarà sviluppato anche un plurale analogico in -a, che<br />

tuttavia non ha impedito la conservazione, in alcuni casi, di originarie forme maschili<br />

come nel già citato esempio lucreziano (109) o in Frontone (160):<br />

(116) quis pariter caelos omnis convertere (RN 2,1097)<br />

(160) Iis margaritis collos filiarum tuarum despoliabis (Aur.Imp. 2,1,1)<br />

Tale sviluppo non è comunque vincolante: alcuni nomi hanno esteso la forma inattiva<br />

(caelum, collum, compitum, corium, fatum, sagum e tergum) 88 , molti altri no (autumnus,<br />

buxus, callus, clipeus, cyclaminus, gladius, iugulus, lupinus, pannus, papyrus,<br />

thesaurus, uterus), probabilmente in conseguenza di una maggiore o minore frequenza<br />

di attestazioni all’interno di contesti inattivi 89 .<br />

87<br />

Un processo <strong>del</strong> tutto identico ha luogo in medio olandese (Gianollo 2002).<br />

88<br />

E’ assai probabile che ad essi vadano aggiunti i casi di can<strong>del</strong>abrum, dorsum, fretum,<br />

macellum, salum, symbolum, ecc…, sui quali si veda Nota 82.<br />

89<br />

Si noti, a questo proposito, che <strong>del</strong> secondo gruppo fanno parte alcuni nomi di piante, che<br />

designano referenti che hanno comunque una certa probabilità di ricorrere all’interno di<br />

rappresentazioni attive.<br />

105


9.1.5 Prove inequivocabili?<br />

La validità di tale ipotesi poggia soprattutto sul fatto che essa appare più esplicativa e<br />

meno ad hoc di un’ipotesi alternativa che postuli l’esistenza di una serie di coppie di<br />

allomorfi maschile (o femmile) / neutro. Tuttavia, le prove a sostegno di essa<br />

rimangono, pur numerose, indiziarie e interne.<br />

La prova discriminante sarebbe costituita da forme di accusativo inequivocabilmente<br />

maschili o femminili, come ad esempio l’accusativo plurale, che ricorressero in<br />

funzione di soggetto Undergoer. Niente di tutto ciò è attestato, e questo non sorprende:<br />

gli accusativi in funzione di soggetto rimangono pur sempre forme estranee alla norma<br />

grammaticale <strong>del</strong>la lingua scritta.<br />

Tuttavia il seguente e già citato passo di Accio (70) suscita alcuna considerazioni:<br />

(70) Qui ubi ad Dircaeum fontem adueniunt, mundule nitidantur iugulos<br />

quadripedantum sonipedum. (Theb. 1)<br />

Tale brano viene normalmente interpretato e tradotto come: “e quando costoro<br />

giungono alla fonte dircea, lavano con cura i colli dei destrieri dal piede risonante”. Alla<br />

forma nitidantur viene perciò attribuito un valore di medium tantum non attestato<br />

altrove, come mostrano le seguenti testimonianze di Ennio (151) e Columella (152) 90 :<br />

(151) eam secum aduocant, eunt ad fontem, nitidant corpora (Trag. 135)<br />

(152) et aeramenta detersa nitidentur atque rubigine liberentur, ceteraque,<br />

quae refectionem desiderant, fabris concinnanda tradantur (RR 12,3,9)<br />

Si consideri inoltre che i verbi <strong>del</strong>la prima coniugazione che si formano a partire da un<br />

aggettivo x e, mediante l’aggiunta <strong>del</strong> suffisso -je/jo, assumono il significato di “rendere<br />

x”, non sono mai dei media tantum (acerbo, aequo, alieno, aspero, brevio, caeco,<br />

captivo, cavo, claro, comodo, concavo, libero, sacro, ecc…). L’anomalia <strong>del</strong>l’hapax<br />

90 La forma di participio presente attestata in Stazio, Silv. 4,9,37 (panes nitidantis aphronitri)<br />

non consente valutazioni in tal senso.<br />

106


nitidantur cessa di esistere nel momento in cui si interpreti questa forma come un<br />

passivo seguito da un soggetto accusativo (“i colli dei destrieri vengono lavati con<br />

cura”). Si è tuttavia consapevoli <strong>del</strong> fatto che, anche in questo <strong>caso</strong>, l’ipotesi<br />

interpretativa proposta non è sostenuta da prove esterne e trae validità soprattutto da una<br />

superiore capacità esplicativa rispetto all’interpretazione di nitidantur come un hapax<br />

mediale di nitido: le attestazioni di tale verbo rimangono in ogni <strong>caso</strong> troppo poche per<br />

consentire conclusioni certe 91 .<br />

9.2 I grammatici antichi e il problema <strong>del</strong> <strong>genere</strong><br />

In conclusione di questo capitolo, può risultare interessante una breve digressione su<br />

come i grammatici antichi affrontassero le questioni legate al problema<br />

<strong>del</strong>l’assegnazione univoca di un <strong>genere</strong> a sostantivi che ne attestavano più di uno.<br />

A prescindere <strong>del</strong>le interpretazioni e <strong>del</strong>le spiegazioni da essi proposte, di cui è già<br />

stato fornito un esempio al § 5.1, appare prima di tutto significativo che nei grammatici<br />

antichi tale problema, posto in un’ottica strettamente normativa, emergesse di frequente.<br />

Oltre a trattati più brevi specificamente dedicati all’argomento, come i due De dubiis<br />

nominibus attribuiti al grammatico Capro (K VII pp.107-111), la questione viene<br />

affrontata anche in alcune sezioni <strong>del</strong>le più vaste opere di Carisio (K I pp.70-80),<br />

Diomede (K I p.327), Donato (K IV pp.375-376), Prisciano (K II pp.141-142), ancora<br />

nei commenti a Donato di Servio (K IV pp.431-432), di Pompeo (K V pp.159-163) ed<br />

infine in un capitolo <strong>del</strong>la Compendiosa Doctrina di Nonio significativamente intitolato<br />

De indiscretis generibus.<br />

Come attesta il seguente passo <strong>del</strong> commento di Servio all’Ars grammatica di Donato<br />

(K IV pp.407/408), riprendendo la posizione già varroniana, il maschile ed il femminile<br />

erano riconosciuti come i due generi principali (161):<br />

(161) Genera dicta sunt ab eo, quod generant, atque ideo duo sunt tantum<br />

genera principalia, masculinum et femininum. Haec enim sexus<br />

tantum generat. Genera autem aut naturalia sunt, aut ex auctoritate<br />

91<br />

Ciò non significa che non valga la pena in futuro di riesaminare, alla luce <strong>del</strong>le presenti<br />

considerazioni, eventuali usi “eccezionali” come media tantum di verbi meglio attestati e<br />

normalmente impiegati all’attivo.<br />

107


descendunt: naturalia sunt, ut vir mulier; auctoritate descendunt, ut<br />

hic paries, haec fenestra. In his enim naturalem nullum intellegimus<br />

sexum, sed eum sequimur, quem firmavit auctoritas. Cetera vero<br />

genera a superioribus veniunt, ut est neutrum quod nec masculinum<br />

est nec femininum. (ad Don. K IV pp.407-408)<br />

Del tutto analoghe sono le considerazioni che si leggono in Prisciano e nei commenti a<br />

Donato di Sergio e Pompeo 92 . <strong>Il</strong> <strong>genere</strong> grammaticale viene dunque direttamente<br />

correlato e sovrapposto al <strong>genere</strong> naturale, con la conseguenza che per tutti quei<br />

sostantivi il cui referente non è connotato in termini di sesso, l’assegnazione <strong>del</strong> <strong>genere</strong><br />

è possibile solo ex auctoritate. Ciò è valido particolarmente per il <strong>genere</strong> neutro,<br />

chiaramente privo di una motivazione naturale extralinguistica e definito in termini<br />

unicamente negativi (quod nec masculinum est nec femininum) 93 . Particolarmente<br />

esplicito sulle modalità di assegnazione <strong>del</strong> <strong>genere</strong> ai diversi sostantivi risulta il seguente<br />

passo di Pompeo (162):<br />

(162) illa [genera] quae a natura sunt communi sensu discernimus; quae<br />

sunt ab auctoritate auctoritate discernimus. In illis generibus quae a<br />

natura sunt nec Vergilius nec Cicero nec aliqui auctores opus sunt<br />

92<br />

Questi i passi in questione. Prisciano, Inst., K II p.141: Genera igitur nominum principalia<br />

sunt duo, quae sola novit ratio naturae, masculinum et femininum. Genera enim dicuntur a<br />

generando proprie quae generare possunt, quae sunt masculinum et femininum. Nam comune et<br />

neutrum vocis magis qualitate quam natura dinoscuntur; Sergio, Explan. in Donatum, K IV<br />

pp.492/493: Varro dicit genera dicta a generando. […] Quod si verum est nulla potest res<br />

integrum genus habere nisi masculinum et femininum. Ergo in animalibus possumus certa<br />

genera deprehendere, ut puta hic equus, haec equa; cetera vero, quae generare aut generari<br />

non possunt, non habent certa genera a natura, sed ab auctoritate suscipiunt; Pompeo, Comm.,<br />

K V pp.159/160: Varro ait genera tantum illa esse quae generant: illa proprie dicuntur genera.<br />

Quodsi sequemur auctoritatem ipsius, non erunt genera nisi duo, masculinum et femininum.<br />

[…] <strong>Il</strong>lud scire debes, quod multa sunt genera a natura, multa ab auctoritate.<br />

93<br />

Si vedano anche: Prisciano, Inst., K II 141: neutrum vero, quantum ad ipsius vocis qualitatem,<br />

nec masculinum nec femininum est; Sergio, Explan. in Donatum, K IV 493: neutrum nihil est<br />

aliud, nisi quod nec masculinum nec femininum; Pompeo, Comm., K V 160: quid si nec<br />

masculinum sit nec femininum? Iam neutrum est.<br />

108


tibi, sed naturaliter rationem sequimur. Scimus quoniam debeo dicere<br />

haec mulier, hic vir. Ut autem dicam hic pampinus, non naturalem<br />

rationem sequor, sed ex auctoritate hoc dico, quoniam scio ita lectum<br />

esse apud Vergilium. [...] Si haec omnia, sive pampinus sive silex sive<br />

alia, interrogati fuerimus, quae non a naturali ratione veniunt, non<br />

ante debemus respondere, nisi etiam exempla nobis occurrerint.<br />

(Comm. K V p.160)<br />

Nell’ottica normativa propria dei grammatici antichi, dunque, per tutti quei sostantivi<br />

che non rimandano ad un <strong>genere</strong> naturale, l’unico modo per individuare il <strong>genere</strong><br />

corretto è fare riferimento agli exempla forniti dagli auctores. Tuttavia l’assegnazione<br />

ex auctoritate risulta problematica nel momento in cui l’auctoritas stessa non fornisce<br />

indicazioni univoche, come notano Prisciano (163) e Sergio (164):<br />

(163) Dubia autem sunt genera, quae nulla ratione cogente auctoritas<br />

veterum diverso <strong>genere</strong> protulit. (Inst., K II p.141)<br />

(164) cetera vero, quae generare aut generari non possunt, non habent certa<br />

genera a natura, sed ab auctoritate suscipiunt. Atque in his plerumque<br />

auctoritas nutat. (Explan. in Donatum, K IV p.493)<br />

Di fronte ad una situazione di questo tipo il problema rimane irrisolto, ed i grammatici<br />

si limitano a registrare l’esistenza, per un medesimo sostantivo, di differenti generi in<br />

auctores diversi. Era avvertita in ogni <strong>caso</strong> la necessità di fornire dei criteri formali che,<br />

a partire dagli exempla letterari, consentissero di determinare il <strong>genere</strong> di un sostantivo.<br />

Tali criteri, che sono rimasti largamente validi fino ad oggi nelle grammatiche<br />

descrittive, si basano sulla forma <strong>del</strong>la desinenza <strong>del</strong> nominativo singolare, come<br />

testimonia il seguente passo di Prisciano (165):<br />

(165) De singulis igitur terminationibus quomodo possint comprehendi<br />

genera, prout valeam, hinc tractare incipiam. (Inst., K II p.142)<br />

109


Nel seguito <strong>del</strong>la trattazione, in cui sono passate in rassegna le diverse terminazioni<br />

che può assumere il nominativo singolare, Prisciano afferma (166):<br />

(166) In ‘um’ neutra sunt omnia (Inst., K II p.148)<br />

Questo ovviamente non significa che tutti i neutri latini terminino in -um (d’altronde<br />

nei paragrafi precedenti sono stati elencati neutri che terminano in -u, -al, -el, ecc…),<br />

bensì che tutti i nomi che presentano un nominativo singolare in -um sono neutri. Tale<br />

criterio di classificazione è accolto anche da altri grammatici come dimostrano le<br />

affermazioni di Carisio (167) e di Probo (168):<br />

(167) M littera neutra tantum finiuntur (Instit. Gram, K I p.70)<br />

(168) Neutri generis nomina, quae ablativo casu numeri singularis o littera<br />

terminantur [i.e. i neutri deboli <strong>del</strong>la seconda declinazione], haec<br />

nominativo casu numeri singularis quinque his formis definiuntur<br />

tantum, um eum ium vum us. (Instituta artium, K IV p.111)<br />

Sulla base di queste definizioni è dunque chiaro che, nel momento in cui all’interno di<br />

un exemplum (il più <strong>del</strong>le volte tratto da un autore di diversi secoli precedente), un<br />

sostantivo attestava una desinenza -um in funzione di soggetto, esso poteva essere<br />

classificato solo come neutro tematico <strong>del</strong>la seconda declinazione. Nel suo De dubiis<br />

nominibus, Capro riporta, correttamente, clipeus come sostantivo maschile <strong>del</strong>la<br />

seconda declinazione, citando passi di Ennio e Virgilio che attestano tale <strong>genere</strong> sia al<br />

singolare che al plurale. Tuttavia egli rileva anche l’esistenza di una forma clipeum in<br />

funzione di soggetto nel già citato passo <strong>del</strong>le atellanae di Pomponio (55: clipeum in<br />

medio fixum est (atell. 29)), che viene raccolta come unica attestazione <strong>del</strong> <strong>genere</strong><br />

neutro per tale sostantivo: in realtà, come emerso dei precedenti paragrafi (§ 9.1), vi<br />

sono buone ragioni per ritenere che tale forma altro non fosse che l’accusativo singolare<br />

<strong>del</strong> sostantivo maschile clipeus.<br />

D’altra parte si consideri che i soggetti marcati da un <strong>caso</strong> accusativo erano<br />

certamente estranei alla norma <strong>del</strong>la lingua letteraria codificata dalle grammatiche: se<br />

110


anche fossero stati attestati in opere di registro più basso, sarebbero certamente stati<br />

emendati a partire già dalla tradizione più antica. Ciò è accaduto fino a tempi<br />

relativamente recenti, allorquando numerosi passi di testi tardolatini, in cui la presenza<br />

di soggetti marcati all’accusativo è documentata al di là di ogni dubbio, sono stati editi<br />

sostituendo la lectio difficilior di un accusativo in funzione di soggetto con una<br />

“normale” forma di nominativo. Ancora nell’edizione <strong>del</strong> 1877 <strong>del</strong> De observatione<br />

ciborum di Antimo, a cura di V. Rose, l’incipit <strong>del</strong>l’opera, pur attestato da alcuni codici<br />

come “qualiter omnes cibos comedantur”, veniva edito come “qualiter omnes cibi<br />

comedantur”.<br />

Se dunque le uniche attestazioni di tratti attivi in età arcaica e classica giunte fino a<br />

noi coinvolgono sostantivi <strong>del</strong>la seconda declinazione, e si manifestano nell’alternanza<br />

di quelle che sono correntemente ritenute forme maschili e forme neutre, questo<br />

potrebbe essere dovuto proprio ai suddetti criteri formali di classificazione dei generi<br />

adottati dalla tradizione grammaticale, e ad un equivoco generato dall’identità fra la<br />

desinenza di accusativo singolare maschile o femminile e quella di<br />

nominativo/accusativo singolare neutro. Un sostantivo che, in funzione di soggetto,<br />

presentasse una desinenza -um, quando anche esso venisse identificato come<br />

un’eccezione rispetto a più diffuse forme maschili o femminili, trovava comunque<br />

collocazione all’interno di una categoria morfologica valida e riconosciuta, quella <strong>del</strong><br />

neutro tematico, venendo così recepito e preservato come una forma se non corrente<br />

quanto meno corretta.<br />

111


10. CONCLUSIONI<br />

Al di là <strong>del</strong> fatto che si tratti di nominativi neutri o di accusativi maschili o femminili,<br />

in una prospettiva sincronica di distribuzione <strong>del</strong>le marche casuali l’impiego <strong>del</strong>le forme<br />

in -um in funzione di soggetto configura un sub-sistema di codifica <strong>del</strong>le relazioni<br />

grammaticali di tipo attivo. All’interno <strong>del</strong>la seconda declinazione, infatti, la stessa<br />

marca formale -um che è impiegata per gli oggetti diretti O, può essere impiegata anche<br />

per i soggetti inattivi di tipo SO. L’individuazione di una corrispondenza sistematica tra<br />

le forme in -um e argomenti che ricoprono il macroruolo semantico di Undergoer,<br />

dimostra perciò che alcuni ambiti <strong>del</strong>la grammatica latina rivelano orientamenti di tipo<br />

attivo fin dalle più antiche attestazioni letterarie.<br />

Tutto ciò modifica in maniera significativa il quadro <strong>del</strong>le conoscenze, in quanto le<br />

manifestazioni di tratti attivi in latino arcaico e classico non appaiono più limitate al<br />

diverso grado di marcatezza dei casi nominativo e accusativo (§ 4.2) e ad aree<br />

periferiche <strong>del</strong>la transitività (§ 4.3), bensì coinvolgono la marcatura morfologica degli<br />

argomenti <strong>del</strong> predicato all’interno <strong>del</strong>la frase.<br />

Per quanto riguarda la storia <strong>del</strong>la lingua latina, questi fenomeni segnano dunque un<br />

forte elemento di continuità tra latino arcaico e latino tardo. Non si tratta di un singolo<br />

lessema che, attestato nelle commedie plautine, scompare negli autori classici per poi<br />

ricomparire nei testi tardi, bensì di un principio soggiacente alla codifica degli<br />

argomenti che si snoda con continuità attraverso i secoli, dalle origini (Ennio, Catone,<br />

Plauto, ecc…) attraverso gli ultimi decenni <strong>del</strong>la repubblica (Varrone, Pomponio,<br />

Novio, ecc…), fino al I secolo d.C. (Plinio il Vecchio, Celso, Petronio, ecc…).<br />

La risemantizzazione <strong>del</strong>l’opposizione fra nominativo e accusativo che ha avuto luogo<br />

in latino tardo, non costituisce dunque un mutamento imprevedibile, né è una<br />

conseguenza <strong>del</strong>la perdita di competenza linguistica, ma sviluppa antichissimi<br />

presupposti: fin dalle prime attestazioni letterarie, infatti, la desinenza -um porteva<br />

assumere il valore di <strong>caso</strong> inattivo (e, probabilmente, -us quello di <strong>caso</strong> attivo: § 6.3).<br />

Quanto al fatto che tali tratti attivi si manifestino solo all’interno <strong>del</strong>la seconda<br />

declinazione, ciò significa comunque che essi ricorrono in un ambito solo relativamente<br />

ristretto, dal momento che i temi in -o costituiscono con quelli in -a le due classi più<br />

ampie e produttive <strong>del</strong>la declinazione latina.<br />

112


La situazione che si <strong>del</strong>inea sembra invece apportare elementi a sostegno <strong>del</strong>l’ipotesi<br />

proposta da Cennamo (2000, 2001b, in stampa), secondo cui il latino mostra chiari<br />

segni di una evoluzione da lingua dependent-marking a lingua head-marking. I casi<br />

discussi mostrano infatti che in età arcaica le codifiche attive sono marcate, attraverso la<br />

morfologia nominale, sugli elementi dipendenti, mentre in fasi successive esse verrano<br />

marcate sul sintagma verbale, in latino tardo attraverso la distribuzione dei riflessivi sibi<br />

e se (Cennamo 2000), e nelle lingue romanze attraverso la selezione degli ausiliari<br />

perfettivi.<br />

In una più ampia prospettiva indoeuropeistica, l’esistenza di tratti attivi in latino<br />

arcaico chiama ovviamente in causa l’ipotesi <strong>del</strong> (proto-)indoeuropeo come lingua<br />

attiva. Tale ipotesi, che costituisce una riformulazione <strong>del</strong>la vecchia teoria di Uhlenbeck<br />

(1917) sull’ergatività indoeuropea, è stata ripresa ed ampliata negli studi di Schmidt<br />

(1979, 1980), Gamkrelidze – Ivanov (1995 [1984]), Lehmann (19959 e, più<br />

recentemente da Bauer (2000). Cuzzolin (1998) ha inoltre dimostrato che, almeno sul<br />

piano teoretico, non esistono valide ragioni per rigettare l’ipotesi, pur non priva di<br />

problemi, di un (proto-)indoeuropeo ergativo e prima ancora attivo. D’altra parte,<br />

vincoli semantici analoghi a quelli individuati nel presente lavoro per il latino, sono stati<br />

riconosciuti anche in altre lingue indoeuropee da Lazzeroni (2002): in vedico, greco<br />

omerico ed ittita i neutri forti non possono ricorrere nel macroruolo di Actor, ed in<br />

avestico i soggetti che ricoprono il macroruolo di Undergoer possono essere marcati dal<br />

<strong>caso</strong> accusativo. Tutti questi casi rivelano l’esistenza di un principio semantico che<br />

rende rilevante l’opposizione fra partecipanti attivi ed inattivi.<br />

Inoltre, il probabile sviluppo di forme di neutro debole a partire da antichi accusativi<br />

maschili o femminili, trasposto in una prospettiva indoeuropea, conferma pienamente<br />

l’ipotesi avanzata da Lazzeroni (2002), secondo cui l’identità fra la desinenza di<br />

nominativo/accusativo singolare neutro e quella di accusativo singolare maschile e<br />

femminile potrebbe non essere una mera coincidenza sincronica dei temi in -o: “il<br />

nominativo neutro tematico è omofono <strong>del</strong>l’accusativo tematico animato perché è<br />

l’accusativo tematico animato” (Lazzeroni 2002: 157).<br />

E’ aperta la questione se le diverse manifestazioni di codifiche attive all’interno <strong>del</strong>le<br />

lingue indoeuropee antiche debbano essere ricondotte all’eredità comune di una lingua<br />

madre, o non siano piuttosto sviluppi paralleli conseguenti ad una tendenza universale<br />

<strong>del</strong>l’interferenza <strong>del</strong> ruolo semantico nella codifica dei ruoli sintattici. Quel che è certo,<br />

è che esse confermano la seguente affermazione di Klimov (1983):<br />

113


“when applying the more or less reliable material of the languages of<br />

active, ergative and nominative constructions, what attracts the attention is<br />

the significant admitting power of the structures of the first one in the<br />

interpretation of the whole set of those non-systematic phenomena […]<br />

which may be found in the second and third types”<br />

(Klimov 1983: pp.338-339).<br />

<strong>Il</strong> potenziale esplicativo <strong>del</strong>le codifiche attive induce in ogni <strong>caso</strong> ad attribuire ad esse<br />

una qualche priorità, se non di ordine cronologico, probabilmente di ordine cognitivo. In<br />

ambito cognitivista il sistema attivo/inattivo è stato infatti riconosciuto come la<br />

proiezione immediata <strong>del</strong>la rappresentazione concettuale dei processi, organizzati<br />

attorno alla fondamentale distinzione fra stato e azione e fra i due ruoli archetipici di<br />

Agente e Paziente (Langacker 1990, 1999).<br />

Concludiamo rilevando che, nel <strong>caso</strong> specifico degli allomorfi di <strong>genere</strong> <strong>del</strong>la seconda<br />

declinazione latina, una serie di forme anomale e irregolari, una volta inserite nella<br />

prospettiva appropriata, vengono a costituire un quadro ben definito e coerente sia sotto<br />

il profilo storico-evolutivo che sotto quello tipologico. <strong>Il</strong> contributo che la linguistica<br />

storica può offrire allo studio dei principi universali soggiacenti alle strutture<br />

linguistiche si rivela, ancora una volta, assai rilevante.<br />

114


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122


APPENDICE<br />

La presente appendice raccoglie tutte le attestazioni che consentono di determinare<br />

con certezza il <strong>genere</strong> dei 12 sostantivi <strong>del</strong>la seconda declinazione discussi al capitolo 5.<br />

Per questo motivo sono riportati solo i riferimenti ai passi che attestano le uniche forme<br />

pertinenti all’identificazione <strong>del</strong> <strong>genere</strong>, ossia nominativo singolare, nominativo plurale<br />

e accusativo plurale. Le attestazioni <strong>del</strong>l’accusativo singolare ed eventualmente di altre<br />

forme <strong>del</strong> paradigma saranno riportate solo nel <strong>caso</strong> in cui siano accompagnate da<br />

aggettivi, participi, dimostrativi o relativi che presentino una esplicita marca di <strong>genere</strong>.<br />

Si è ritenuto inoltre opportuno rilevare il numero di casi in cui le forme di accusativo<br />

singolare risultano ambigue fra il <strong>genere</strong> maschile o femminile e il <strong>genere</strong> neutro.<br />

Autumnus (m) / autumnum (n): “autunno”<br />

Maschile sg. nom. 52 Apuleio Met. 2,4; Cesare BC. 3,2,3; Celso Med.<br />

2,1,1; 2,1,2; 2,1,16; 2,8,40; 5,26,6; 7,7,4e; Cicerone<br />

Facet. 31,2; Columella Arb. 25,2; RR 3,21,3;<br />

4,29,11; 5,10,21; 10,1,1; 11,2,57; Ennio Ann.<br />

16,424; Frontone Aur.Caes. 1,6,3; Grattio Cyneg.<br />

149; Orazio Carm. 2,5,11; 4,7,11; Epod. 2,18; Sat.<br />

2,6,19; Igino Astronomo Astr. 4,3,3; 4,3,3; 4,5,1;<br />

Giovenale Sat. 5,151; Laus Pisonis 151; Lucrezio<br />

RN 5,743; Manilio Astr. 2,177; 2,189; 2,266; 3,313;<br />

Marziale Ep. 9,13,1; 12,57,22; 13,113,1; Ovidio<br />

Rem. 187; Met.2,29; 15,209; Fast. 4,897; Pont.<br />

3,1,13; Plinio il Vecchio Nat.hist. 18,309; Seneca<br />

Her.Fur. 949; Thy. 168; Servio ad Aen. 6,685; ad<br />

Georg. 1,43; 3,296; 3,479 (2x); Stazio Silv. 2,1,217;<br />

Varrone LL 6,10; RR 1,28,1; Virgilio Georg. 2,521.<br />

pl. nom. 0<br />

acc. 7 Orazio Carm. 2,14,15; Giovenale Sat. 6,230;<br />

Marziale Ep. 9,1,1; Ovidio Met. 1,117; 3,327; 6,439;<br />

Pont. 1,8,28.<br />

123


Neutro sg. nom./acc. 1 Columella RR 1,pr.,23<br />

pl. nom./acc. 0<br />

Forme ambigue di acc.sg.<br />

maschile/neutro<br />

61<br />

Buxus (f) / buxum (n): “pianta di bosso”<br />

Femminile sg. nom. 22 Ennio inc. 12 ; inc. 13; Marziale Ep. 14,25,2;<br />

Ovidio Met. 4,30; Plinio il Giovane Ep. 2,17,14;<br />

acc. 2<br />

2,17,14; 5,6,16; 5,6,18; 5,6,32; 5,6,35; Plinio il<br />

Vecchio Nat.hist. 16,71; 16,73; 16,183; 16,204;<br />

16,226; Stazio Theb. 2,77; 5,94; 8,222; 9,480; Ach.<br />

1,827; Valerio Flacco Arg. 3,231; Virgilio Aen.<br />

9,619.<br />

Plinio il Giovane Ep. 5,6,17; Valerio Flacco Arg.<br />

1,319.<br />

pl. nom. 2 Apuleio Mun. 36,13; Plinio il Vecchio Nat.hist.<br />

17,163.<br />

acc. 3 Marziale Ep. 1,88,5; 3,20,13; Plinio il Giovane Ep.<br />

5,6,32.<br />

Neutro sg. nom./acc. 3 Ennio Ann. 262; Ovidio Ars 3.691; Met. 10.97.<br />

pl. nom./acc. 0<br />

Forme ambigue di acc.sg.<br />

femminile/neutro<br />

2<br />

124


Callus (m) / callum (n): “callosità/pelle spessa”<br />

Maschile sg. nom. 14 Celso Med. 5,18,35; 5,26,31a; 5,28,12h; 5,28,12m;<br />

acc. 3<br />

7,2,2 (2x); 7,4,1b; 8,5,4; 8,7,6; 8,8,2b; 8,10,7o (2x);<br />

8,16,4; Nevio pall. 65.<br />

Domizio Marso poet. 2,1; Plinio il Vecchio Nat.hist.<br />

32,127; 34,155.<br />

pl. nom. 0<br />

acc. 3 Scribonio Largo Comp. ind.; 37; 205.<br />

Neutro sg. nom./acc. 5 Apicio de re coq. 1,ca,1; 7,ca,1; 7,1,5; Cicerone<br />

Tusc. 2,36,12; Plauto Per. 305.<br />

pl. nom./acc. 0<br />

Forme ambigue di acc.sg.<br />

maschile/neutro<br />

43<br />

Clipeus (m) / clipeum (n): “scudo”<br />

Maschile sg. nom. 42 Lucio Ampelio Mem. 8,5; 8,10; Augusto<br />

Mon.Ancyranum 6,18; Cicerone de fin. 2,97; Ennio<br />

scen.inc. 417; Aulo Gellio NA 14,6,4; Hist.Aug.<br />

Claud. 3,3; 7,6; <strong>Il</strong>ias Latina 230; Igino fab. 170,10;<br />

Livio aUC 9,19,7; Ovidio Met. 12,621; 13,110;<br />

13,118; 15,192; Plauto Cur. 574; Trin. 596; Plinio il<br />

Vecchio Nat.hist. 2,100; 35,14; dub.serm. 5; Asinio<br />

Pollione orat. 1,34; Quintiliano Inst. 7,2,7; 8,4,24;<br />

Seneca Phoen. 470; Servio ad Aen. 2,351; 8,447;<br />

Silio Italico Pun 1,522; 7,296; 8,385; 8,418; 9,323;<br />

10,563; 15,391; Stazio Theb 6,665; 8,398; 9,332;<br />

Ach 1.879; Svetonio Cal. 16,4; Tacito Ann. 2,83;<br />

Valerio Massimo Mem. 3,2,5; Varrone LL 7,93;<br />

125


Virgilio Aen. 12,432.<br />

gen. 1 Ovidio Met. 4,782.<br />

acc. 12 Igino fab. 170,9; Lucano BC 9,669; Ovidio Met.<br />

8,27; Servio ad Aen. 3,287 (2x); Stazio Theb. 7,648;<br />

9,42; Virgilio Aen. 7,789; 8,447; 10,242; 10,261;<br />

10,482.<br />

pl. nom. 21 Ennio Ann. 11,363; Granio iur. 8; <strong>Il</strong>ias Latina 607;<br />

1050; Plinio il Vecchio Nat.hist. 1,2a; 35,4; Seneca<br />

Nat.Quaest. 1,1,15; 7,20,2; Servio ad Aen. 3,637;<br />

9,368; Silio Italico Pun. 1,620; 6,8; 6,434; 10,316;<br />

12,23; 15,755; Stazio Theb. 4,18; 8,404; Valerio<br />

Flacco Arg. 3,76; Virgilio Aen. 7,186; 7,686.<br />

acc. 43 Apuleio Apol. 22; Cicerone de Div. 1,99; 2,59;<br />

Curzio Rufo Alex. 4,3,25; 10,7,14; Floro Epit. 1,1;<br />

2,8; <strong>Il</strong>ias Latina 563; Igino fab.20,1; Tito Livio<br />

aUC 31,39,10; Lucano BC 1,242; Ovidio Her.<br />

3,119; Fast. 4,209; Plinio il Giovane Pan. 17,2;<br />

Plinio il Vecchio Nat.hist. 7,200; 35,12 (2x); 35,14<br />

(2x); Servio ad Aen. 2,389; 3,286; 6,110; Silio<br />

Italico Pun. 1,53; 2,17; 2,474; 2,605; 5,216; 10,600;<br />

Stazio Theb. 4,730; 8,165; 9,261; 10,152; Silv.<br />

5,2,131; Ach. 1,417; Svetonio Dom. 23,1; Valerio<br />

Flacco Arg. 8,301; Varrone LL 7,40; Virgilio Aen.<br />

2,389; 2,422; 2,443; 2,734; 7,626; 11,196.<br />

Neutro sg. nom./acc. 6 Igino fab. 273,2; Livio aUC 1,43,2; Pomponio atell.<br />

29; Varrone LL 5,19; Virgilio Aen. 9,709; Vitruvio<br />

de arch. 5,10,5.<br />

pl. nom./acc. 6 Livio aUC 34,52,6; 35,10,12; 35,41,10; 38,35,5;<br />

Forme ambigue di acc.sg.<br />

maschile/neutro<br />

106<br />

40,51,3; Licinio Macro hist. 24.<br />

126


Cyclaminus (f) / cyclaminum (n): “pianta di ciclamino”<br />

Femminile sg. nom. 10 Plinio il Vecchio Nat.hist. 1,25a (3x); 25,116 (2x);<br />

pl. nom. 0<br />

acc. 0<br />

25,125; 25,134; 26,54; 26,106; 26,161.<br />

Neutro sg. nom./acc. 3 Plinio il Vecchio Nat.hist. 21,51; 21,64; 28,164.<br />

pl. nom./acc. 0<br />

Forme ambigue di acc.sg.<br />

femminile/neutro<br />

Gladius (m) / gladium (n): “spada”<br />

0<br />

Maschile sg. nom. 71 Altercatio Hadr. et Epict. 8; Apuleio Met 4,25;<br />

Flor. 17; Soc. 18; Capro Orth. 101; Cicerone Sest.<br />

24; Lig. 9; Top. 52; Rhet.Her. 4,26; Igino<br />

Astronomo Astr. 3,33,1; Livio aUC 1,43,3; 5,48,9;<br />

38,46,4; Lucano BC 4,248; 7,503; Cornelio Nepote<br />

Vit.Alc. 10,5; Plauto Rud. 841; Plinio il Vecchio<br />

Nat.hist. 1.9a; 9,54; 18,246; 18,255; 18,256; 18,256;<br />

18,313; Porfirione ad Carm. 1,27,5; Quintiliano<br />

Inst. 2,16,6; 6,1,48; 8,4,27; 8,6,12; 9,2,7; 10,1,11;<br />

10,1,15; 11,3,166; Decl. 296,9; Decl.Maior. 1,2;<br />

1,11; 1,14; 1,15; 1,17; 2,6 (2x); 2,22; Hist.Aug.<br />

Tyr.Trig. 8,7; Seneca Tro. 284; Phoen. 631;<br />

Her.Oet. 153; de Ben. 2,6,1; de Clem.1,8,2; 1,11,3;<br />

Epist. 13,11; 82,7; 87,30; Nat.Quaest. 2,31,1;<br />

2,59,9; Seneca il Vecchio Contr. 1,7,9; 7,1,9; 7,5,4;<br />

Contr.Exc. 4,7,1 (2x); Servio ad Don. 430; ad Aen.<br />

3,517; 10,815; 12,734; 12,736; Silio Italico Pun.<br />

7,114; Svetonio Cal. 49,3; fr. 195; Tacito Dial. 5,5;<br />

Valerio Massimo Mem. 2,6,7; 3,2,16; Varrone LL<br />

127


9,81.<br />

acc. 10 Apuleio Met. 2,32; Curzio Rufo Alex. 8,3,9; Igino<br />

fab. 88,9; Livio aUC 22,53,12; Plauto Cas. 660;<br />

Quintiliano Decl. 322; Decl.Maior. 1,8; 3,7; Seneca<br />

Dial. 4,35,1; Epist. 13,14.<br />

pl. nom. 34 Anonimo pall. 71; Cicerone Catil 3,6; Pis. 21; Mil.<br />

10; Phil. 2,108; 12,8; 14,6; Att. 4,3,3; Curzio Rufo<br />

Alex. 4,9,3; Floro Epit. 2,9; Irzio BG 8,23,6;<br />

Giovenale Sat. 10,164; Livio aUC 1,25,4; 1,51,8;<br />

6,12,9; 9,6,2; 22,4,7; 22,46,5; 38,17,3; Lucano BC<br />

1,320; 2,115; 7,781; Ovidio Met. 15,801; Sallustio<br />

B.Iug. 94,1; Historia Augusta Quad.Tyr. 10,2;<br />

Seneca de Clem. 1,25,3; Epist. 109,18; Nat.Quaest.<br />

6,32,5; Servio ad Aen. 7,732; 8,636; Tacito Germ.<br />

43,6; Hist. 1,79; 1,80; Valerio Massimo Mem. 3,1,1.<br />

acc. 121 Apuleio Met. 4,21; 7,6; 7,11; 8,27; Cesare BC<br />

1,75,3; 3,93,2; 3,93,3; Cicerone Catil. 3,2; Sul. 28;<br />

Sest. 77; Mil. 41; Phil. 2,104; 2,118; 5,18; 11,7;<br />

Tusc. 2,59; Curzio Rufo Alex. 3,11,4; 4,9,5; 6,9,20;<br />

8,14,29; 9,8,20; 10,9,5; Ennio Ann. 253; Floro Epit.<br />

2,8; 2,13; Frontino Str. 2,5,27; 4,5,7; Gaio Inst.<br />

4,155; Aulo Gellio NA 9,13,7; <strong>Il</strong>ias Latina 597;<br />

616; Giustiniano Dig. 50,16,41,pr; Giovenale Sat.<br />

8,195; 10,123; 10,131; 14,162; 15,168; Livio aUC<br />

1,53,7; 2,30,13; 2,46,3; 6,13,2; 9,5,10; 9,35,4;<br />

22,48,2; 28,3,11; 28,33,5; 32,17,14; 34,14,11;<br />

35,30,9; 35,51,3; 37,40,12; 37,41,3; 38,21,5;<br />

40,13,4; 40,39,9; 44,34,8; Lucano BC 5,283; 6,124;<br />

6,301; 7,81; 7,453; 7,495; 7,560; 7,574; 7,748;<br />

8,603; 9,850; Cornelio Nepote Vit.Iph. 1,4; Vit.Dat.<br />

11,2; Ovidio Her. 10,88; 12,96; 17,246; 20,37; Ars<br />

1,260; 3,589; 3,672; Met. 7,333; 7,345; 8,77; Fast.<br />

2,693; 2,697; 3,697; 4,925; Trist. 3,2,25; Petronio<br />

Sat. 89,61; Plinio il Giovane Pan. 18,3; Plinio il<br />

Vecchio Nat.Hist. 32,23; Porfirione ad Epod. 7,1;<br />

Claudio Quadrigario hist. 10; Historia Augusta<br />

Ant.Heliog. 33,4; Maxim. 6,2; Aurel 31,5; Seneca<br />

Tro. 1174; Dial. 2,6,2; 5,18,3; 5,33,1; de Ben.<br />

7,26,4; Epist. 24,14; 76,33; Servio ad Aen. 7,525;<br />

10,432; ad Georg. 2,539; Silio Italico Pun. 7,270;<br />

Sisenna hist. 70; Stazio Theb. 3,583; Svetonio<br />

Iul.Caes.14,2; Cal. 24,3; 29,2; Othon.6,3; Tacito<br />

Agr. 36,1; Germ. 24,1; Hist. 4,66; Ann. 2,14; 3,46;<br />

6,2; Valerio Massimo Mem. 2,8,7; 6,2,10; 8,9,2;<br />

128


Neutro sg. nom./acc. 1 Lucilio Sat.inc. 85.<br />

pl. nom./acc. 0<br />

Forme ambigue di acc.sg.<br />

maschile/neutro<br />

244<br />

Iugulus (m) / iugulum (n): “gola (clavicole)”<br />

9,2,1; Velleio Patercolo Hist. 2,47,3; Virgilio Aen.<br />

12,278.<br />

Maschile sg. nom. 3 Lucano BC 2,317; 5,63; 10,387.<br />

acc. 6 Apuleio Met. 1,18; Lucano BC 3,743; Plinio il<br />

Giovane 1,20,14; Seneca Dial. 3,2,2; Stazio Theb.<br />

2,123; 3,380.<br />

pl. nom. 2 Lucano BC 4,562; Plinio il Vecchio Nat.hist.<br />

11,243.<br />

acc. 9 Accio trag. 603; Floro Epit. 1,45; Giovenale Sat.<br />

4,110; Lucano BC 4,821; 5,370; 7,182; 7,644;<br />

9,264; Stazio Theb. 12,680.<br />

Neutro sg. nom./acc. 7 Celso Med. 8,7,5; 8,8,1a (2x); 8,8,1b; 8,8,1d; Livio<br />

aUC 40,9,1; Varrone LL 7,50.<br />

pl. nom./acc. 1 Cicerone Fat. 10.<br />

Forme ambigue di acc.sg.<br />

maschile/neutro<br />

69<br />

129


Lupinus (m) / lupinum (n): “lupino”<br />

Maschile sg. nom. 3 Catone de Agr. 96,1; Scribonio Largo Comp. 144;<br />

Marziale Ep. 5,78.<br />

pl. nom. 4 Columella RR 6,25,1; Plinio il Vecchio Nat.hist.<br />

22,154; Servio ad Georg. 2,130; Quinto Sereno<br />

Sammonico Med. 38,729.<br />

acc. 4 Calpurnio Siculo Ecl. 3,82; Ovidio Med. 69;<br />

Petronio Sat. 14,3; Quinto Sereno Sammonico Med.<br />

12,184.<br />

Neutro sg. nom./acc. 7 Catone de Agr. 34,2; 37,2 (2x); Columella RR 2,7,1;<br />

pl. nom./acc. 0<br />

Forme ambigue di acc.sg.<br />

maschile/neutro<br />

19<br />

Pannus (m) / pannum (n): “panno”<br />

Plinio il Vecchio Nat.hist. 18,50; 18,252; 18,257.<br />

Maschile sg. nom. 5 Celso Med. 8,10,1g; Orazio Ars 16; Seneca Epist.<br />

20,11; Servio ad Aen. 10,653; Varrone LL 5,114.<br />

acc. 1 Valerio Massimo Mem. 7,2,5.<br />

pl. nom. 4 Celso Med. 8,9,1d; 8,9,1e; Giovenale Sat. 14,300;<br />

Vitruvio de Arch. 7,8,4.<br />

acc. 8 Orazio Epod. 17,51; Petronio Sat. 44,15; 102,12;<br />

Plinio il Vecchio Nat.hist. 16,33; 20,139; Porfirione<br />

ad Epod. 17,51; Seneca Dial. 5,19,4; Titinio tog.<br />

130


139.<br />

Neutro sg. nom./acc. 1 Novio atell. 86.<br />

pl. nom./acc. 0<br />

Forme ambigue di acc.sg.<br />

maschile/neutro<br />

Papyrus (f) / papyrum (n): “papiro”<br />

Femminile sg. nom. 0<br />

7<br />

acc. 1 Apuleio Met. 1,1.<br />

voc. 1 Catullo Carm. 35,2.<br />

abl. 1 Lucano BC 4,136.<br />

pl. nom. 0<br />

acc. 1 Marziale Ep. 13,1.<br />

Neutro sg. nom./acc. 4 Plinio il Vecchio Nat.hist. 13,71; 13,73; 13,77;<br />

pl. nom./acc. 0<br />

Forme ambigue di acc.sg.<br />

femminile/neutro<br />

7<br />

24,88.<br />

The(n)saurus (m) / the(n)saurum (n): “tesoro”<br />

Maschile sg. nom. 21 Apuleio Met. 5,2; Cicerone de Div. 2,142 (2x);<br />

Fedro fab. 1,27; Giustiniano Dig. 10,4,15,pr. (2x);<br />

24,3,7,12; 41,1,31,1 (2x); 41,1,63,1; 48,13,5,3;<br />

Plauto Asin. 655; Poen 625; Pseud. 84; Plinio il<br />

Giovane Ep. 1,22,3; Quintiliano Inst. 11,2,2;<br />

131


Sallustio fr.Hist. 3,109; Seneca Dial. 7,24,2; de Ben.<br />

1,15,6; Terenzio Eun. 12; Varrone carm. 1,3.<br />

acc. 5 Giustiniano Dig. 10,4,15,pr. (2x); Plauto Asin. 277;<br />

Aul. 12; Mer 641.<br />

pl. nom. 11 Ennio trag. 192; Giustiniano Dig. 6,1,67,pr.;<br />

49,14,3,10; Livio aUC 29,8,9; 29,19,8; Perioch. 49;<br />

Sallustio B.Iug. 10,4; 37,4; 75,1; 92,6; Vitruvio de<br />

Arch. 5,9,8.<br />

acc. 37 Cicerone Part. 109; ad Fam. 11,10,5; Curzio Rufo<br />

Alex. 5,5,2 (2x); 10,6,23; Aulo Gellio NA 2,10,3;<br />

Tito Livio aUC 6,14,11; 6,15,12; 29,18,4; 29,18,6;<br />

29,18,17; 29,19,8; 31,13,1; 44,23,9; Petronio Sat.<br />

57,9; 124,1; 128,6; Fedro fab. 4,21; Plauto Aul. 240;<br />

Mil. 1064; Pseud. 628; Plinio il Vecchio Nat.hist.<br />

pr.,17; 10,199; 17,99; Porfirione ad Epod. 2,2,31;<br />

Sallustio B.Iug. 12,1; 37,4; fr.Hist. 1; Historia<br />

Augusta Alex.Sev. 46,2; Valer. 4,3; Prob. 23,2;<br />

Seneca Epist. 115,5; Servio ad Aen. 1,433; ad<br />

Georg. 4,228; Svetonio Nero 31,4; Valerio Massimo<br />

Mem. 7,1,2; Virgilio Aen. 1,359.<br />

Neutro sg. nom./acc. 1 Petronio Sat. 46,8.<br />

pl. nom./acc. 0<br />

Forme ambigue di acc.sg.<br />

maschile/neutro<br />

51<br />

132


Uterus (m) / uterum (n): “utero/ventre”<br />

Maschile sg. nom. 16 Afranio tog.337; Apuleio Met. 5,11; 5,18;<br />

Giustiniano Dig. 37,9,1,13; 38,16,3,9; Plinio il<br />

Vecchio Nat.hist. 11,1a; 8,168; 11,80; 11,209;<br />

Quintiliano Decl. 306,6; 321,7; Decl.Maior. 13,12;<br />

Seneca Epist. 102,23; Servio ad Aen. 2,20; Tacito<br />

Ann. 1,59; 12,51.<br />

acc. 7 Ovidio Met. 10,495; Quintiliano Decl.Maior. 10,3;<br />

Seneca Oed .1039; Dial. 12,16,3; Stazio Theb.<br />

9,634; Silv. 1,2,270; Ach. 1,672.<br />

pl. nom. 2 Lucrezio RN 5,808; Plinio il Vecchio Nat.hist.<br />

9,157.<br />

acc. 1 Manilio Astr. 1,843.<br />

Neutro sg. nom./acc. 3 Afranio tog. 345; Plauto Aul. 691; Turpilio pall.<br />

pl. nom./acc. 0<br />

Forme ambigue di acc.sg.<br />

maschile/neutro<br />

49<br />

179.<br />

133


<strong>IN</strong>DICE<br />

Introduzione………………………………………………………………… pag. 5<br />

1. Struttura degli argomenti <strong>del</strong> predicato:<br />

macroruoli semantici e ruoli sintattici…………………………………… » 8<br />

1.1 Per una prima definizione dei macroruoli semantici:<br />

agentività e affectedness………………………………………………. » 8<br />

1.2 Per una definizione completa dei macroruoli:<br />

semantica <strong>del</strong> predicato e proprietà semantiche degli argomenti » 11<br />

1.2.1 Tratti semantici inerenti……………………………………….... » 11<br />

1.2.2 Classi verbali………………………………………………….… » 12<br />

1.2.3 Strutture logiche………………………………………………… » 14<br />

1.2.4 Strutture logiche e assegnazione dei macroruoli……………….. » 16<br />

1.3 Argomenti <strong>del</strong> predicato e ruoli sintattici:<br />

i primitivi semantico-sintattici………………………………………... » 18<br />

2. Sistemi di codifica <strong>del</strong>le relazioni grammaticali: parte prima…………. » 20<br />

2.1 Sistemi di codifica su base sintattica………………………………….. » 20<br />

2.1.1 Sistema nominativo/accusativo…………………………………. » 21<br />

2.1.2 Sistema ergativo/assolutivo……………………………………... » 23<br />

2.1.3 Sistema neutro…………………………………………………… » 24<br />

2.1.4 Sistema tripartito………………………………………………… » 25<br />

2.1.5 Sistema “doppio obliquo”……………………………………….. » 26<br />

2.2 Analisi dei dati tipologici: alla ricerca di principi universali………….. » 27<br />

2.3 Una nota sulla marcatezza……………………………………………... » 29<br />

3. Sistemi di codifica <strong>del</strong>le relazioni grammaticali: parte seconda............... » 32<br />

3.1 Sistemi di codifica su base semantica…………………………………. » 32<br />

3.1.1 Opzionalità nell’assegnazione di <strong>caso</strong>: i sistemi fluid-S………… » 35<br />

3.1.2 Classi verbali lessicalizzate: i sistemi split-S……………………. » 38<br />

3.1.3 Verso una trattazione unitaria dei tipi fluid-S e split-S………….. » 42<br />

3.2 Approcci sintattici alla descrizione <strong>del</strong>le lingue attive………………… » 44<br />

134


3.3 Sistemi casuali misti: tendenze universali nella distribuzione<br />

<strong>del</strong> tipo accusativo e ergativo (…e attivo?)………………………….. pag. 49<br />

4. Tratti non accusativi in latino: lo stato <strong>del</strong>l’arte………………………… » 54<br />

4.1 Latino tardo e estensione <strong>del</strong>l’accusativo……………………………… » 54<br />

4.2 Tratti non accusativi in latino arcaico e classico<br />

in contesti non relazionali……………………………………………… » 57<br />

4.3 Tratti non accusativi in latino arcaico e classico<br />

in contesti relazionali…………………………………………………... » 59<br />

5. Alternanze di <strong>genere</strong>:<br />

sostantivi maschili (o femminili) e allomorfi neutri…………………….. » 62<br />

5.1 Autumnus (m) / autumnum (n)................................................................. » 64<br />

5.2 Buxus (f) /buxum (n)................................................................................ » 65<br />

5.3 Callus (m) / callum (n)............................................................................ » 66<br />

5.4 Clipeus (m) /clipeum (n).......................................................................... » 67<br />

5.5 Cyclaminus (f) / cyclaminum (n)............................................................. » 69<br />

5.6 Gladius (m) / gladium (n)........................................................................ » 70<br />

5.7 Iugulus (m) / iugulum (n)......................................................................... » 71<br />

5.8 Lupinus (m) / lupinum (n)........................................................................ » 73<br />

5.9 Pannus (m) / pannum (n)......................................................................... » 74<br />

5.10 Papyrus (f) / papyrum (n)...................................................................... » 75<br />

5.11 Thesaurus (m) /thesaurum (n)............................................................... » 76<br />

5.12 Uterus (m) / uterum (n).......................................................................... » 77<br />

6. Un subsistema attivo……………………………………………………….. » 78<br />

6.1 Analisi e distribuzione dei dati………………………………………… » 78<br />

6.2 <strong>Il</strong> neutro come marca di inattivo……………………………………….. » 81<br />

6.3 Le desinenze -us e -um: <strong>caso</strong> attivo e <strong>caso</strong> inattivo?............................... » 83<br />

7. Sostantivi neutri e allomorfi maschili…………………………………….. » 86<br />

7.1 Caelum (n) / caelus (m)........................................................................... » 86<br />

7.2 Collum (n) / collus (m)............................................................................ » 88<br />

7.3 Compitum (n) / compitus (m).................................................................. » 91<br />

135


7.4 Corium (n) / corius (m)........................................................................ pag. 91<br />

7.5 Forum (n) / forus (m)............................................................................... » 93<br />

7.6 Sagum (n) / sagus (m).............................................................................. » 94<br />

7.7 Tergum (n) / tergus (m)………………………………………………... » 96<br />

8. I casi di allomorfia neutro - maschile: ancora un sub-sistema attivo.…... » 97<br />

9. Neutri o accusativi maschili?........................................................................ »101<br />

9.1 Ipotesi a confronto: presupposti e conseguenze………………………... »101<br />

9.1.1 Forme inequivocabilmente neutre?................................................. »102<br />

9.1.2 <strong>Il</strong> plurale………………………………………………………….. »102<br />

9.1.3 <strong>Il</strong> neutro debole nelle lingue indoeuropee………………………... »103<br />

9.1.4 Un possibile sviluppo di forme neutre secondarie……………….. »104<br />

9.1.5 Prove inequivocabili?...................................................................... »106<br />

9.2 I grammatici antichi e il problema <strong>del</strong> <strong>genere</strong>…………………………. »107<br />

10. Conclusioni………………………………………………………………… »112<br />

Bibliografia…………………………………………………………………….. »115<br />

Appendice……………………………………………………………………… »123<br />

Indice…………………………………………………………………………... »134<br />

136

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