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Valle che vai, gusto che trovi

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TROTA DELLA REGINA<br />

BALMA MERIS<br />

Sant’Anna di Valdieri - <strong>Valle</strong> Gesso<br />

ingredienti:<br />

4 filetti diTrota Fario di circa 200 g l'uno<br />

200 g di miele di montagna<br />

2 scalogni<br />

1 bicchiere di birra scura<br />

10 grani di pepe<br />

burro di montagna q.b.<br />

brodo vegetale q.b.<br />

fiori di Achillea<br />

Cospargere i filetti di trota con i fiori di Achillea e i grani di pepe, poi ungere una teglia con poco<br />

burro e adagiarveli. Cuocere in forno a 200 °C per circa 8 minuti.<br />

In una padella, preparare una riduzione con birra, miele e scalogno.<br />

Servire il filetto accompagnato dalla salsa alla birra e fiore fresco di Achillea.<br />

TROTA<br />

Le origini dellaTrota della Regina, ceppo mediterraneo dellaTrota Fario, risalgono a migliaia di<br />

anni fa. Il suo tratto distintivo è il popolarmente chiamato “secondo occhio”, un segno<br />

circolare e blu scuro sull’opercolo. Venne denominata Trota della Regina in onore di Elena di<br />

Savoia, <strong>che</strong> molto spesso si recava in valle Gesso, a Sant’Anna di Valdieri, ed era una grande<br />

appassionata di pesca, oltre <strong>che</strong> particolarmente amata dalla popolazione locale, per il suo<br />

atteggiamento democratico e pronto all’aiuto verso i bambini e le donne del luogo.<br />

Il 20 settembre 1863 il consiglio comunale di Valdieri tratta come primo punto all’o.d.g. la<br />

concessione del diritto di privativa di pesca nelle acque del torrente Gesso “nell’intento di far cosa<br />

grata a Sua Maestà l’ottimo nostro sovrano Vittorio Emanuele II” e il 21 settembre 1864 Vinadio<br />

aumenta la riserva di caccia e, nella stessa occasione, concede an<strong>che</strong> la privativa di pesca.<br />

Purtroppo le immissioni di trote di ceppo nord europeo nei torrenti del Parco delle Alpi Marittime<br />

hanno causato l'estinzione dellaTrota della Regina nel torrente Gesso.<br />

“Mio nonno Domenico era guardia caccia reale nella tenuta di Sant’Anna di Valdieri ed era un tipo<br />

molto socievole; mi raccontava sempre <strong>che</strong>, nei momenti liberi, si recava in cucina diventando così<br />

amico dei cuochi del re. Gli avevano insegnato a fare la maionese in una maniera un po’ particolare<br />

<strong>che</strong> gli piacque molto, tanto <strong>che</strong> a casa la preparava lui personalmente. In una scodella metteva<br />

1 o 2 tuorli con un po’ di sale e un cucchiaino di farina. Sbucciava, a parte, una piccola patata, la<br />

tagliava a metà e nella parte piatta infilava una for<strong>che</strong>tta; con questa mescolava bene il tuorlo<br />

poi, tenendo la scodella tra le gambe, lentamente aggiungeva un filo d’olio fino a quando la<br />

preparazione era pronta; in seguito vi spremeva mezzo limone. Quando mia nonna preparava la<br />

polenta, lui esclamava: «Nelle cucine del re non si mette l’acqua, ma il brodo». Loro ne avevano<br />

sempre tanto a causa dell’abbondanza di selvaggina: La parte bella serviva per arrosti e stufati,<br />

tutto il resto veniva bollito in grandi pentoloni, così c’era sempre il brodo sia per il riso sia per la<br />

polenta. Se poi non c’era il brodo, all’acqua si aggiungeva sempre un bicchierone di latte e dell’olio,<br />

il <strong>che</strong> la rendeva più morbida. I miei nonni e an<strong>che</strong> il mio papà erano soliti ricordare: «Noi non<br />

abbiamo mai patito la fame perché la regina Elena si preoccupava per tutti e i cesti con i viveri<br />

arrivavano sempre con leccornie specialmente per noi bambini»”. (Olga)<br />

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