LO SCARPONE 06 - Club Alpino Italiano
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La figura di Kurt Diemberger, icona<br />
dell’alpinismo mondiale, l’unico<br />
alpinista a essere salito per primo<br />
in vetta a due dei 14 ottomila, è stata al<br />
centro dell’attenzione alla 54ª edizione<br />
del TrentoFilmfestival. Socio onorario<br />
del CAI e del festival, recente autore di<br />
“Passi verso l’ignoto” (Corbaccio editore),<br />
il grande salisburghese ha raccontato<br />
della sua carriera tra zero e ottomila<br />
attraverso più di mezzo secolo. Due ore<br />
di film, emozioni e briose annotazioni<br />
sono filate via in un baleno la sera del 5<br />
maggio all’Auditorium Santa Chiara<br />
dopo il ritratto che di Kurt ha sobriamente<br />
schizzato Roberto Mantovani.<br />
Nel lungo monologo Diemberger ha<br />
fornito al pubblico una vera e propria<br />
storia dell’alpinismo, dal Westalpenstill,<br />
lo stile alpino portato in Himalaya da<br />
Kurt e dal connazionale Hermann Buhl,<br />
fino ai giorni nostri. Di notevole interesse<br />
i rari spezzoni in bianco e nero sulla<br />
preparazione delle spedizioni, quando in<br />
vista della trasferta montagne di scatolame<br />
stavano per prendere il volo: operazione<br />
a cui Kurt stesso sovrintendeva<br />
8 • Lo Scarpone n. 6 - Giugno 20<strong>06</strong><br />
Ospiti e suggestioni della 54ª edizione, con Kurt Diemberger<br />
Kurt, lezione di stile<br />
Premi SAT<br />
insieme con il sommo Buhl, poi scomparso<br />
sotto i suoi occhi su un’infida cresta<br />
del Chogolisa. Emozionante la lunga<br />
sequenza filmata con i francesi sulla<br />
vetta dell’Everest, in una limpida giornata<br />
che consentì a Kurt anche di realizzare<br />
con la sua piccola Rollei 35 millimetri<br />
un panorama a 36 gradi mai più uguagliato,<br />
e che è stato oggetto di venerazione<br />
a Trento nel foyer del teatro.<br />
Estraneo al protagonismo di altri illustri<br />
colleghi, Diemberger ha raccontato<br />
con semplicità la sua vita sotto lo sguardo<br />
intenerito della moglie Teresa che<br />
stava in platea. E alla fine ha voluto sul<br />
palco Maria Antonia Sironi con cui è<br />
stato a suo tempo sposato e che ha condiviso<br />
con il vecchio orso esperienze<br />
alpinistiche estreme. Tona ha ricambiato<br />
rendendo omaggio al Kurt generoso e<br />
filantropo che guida come presidente<br />
onorario la benemerita associazione<br />
“Eco Himal” di cui lei stessa è presidente.<br />
Per concludere, si è capito benissimo<br />
che l’interminabile applauso finale era<br />
rivolto più al “guru” che all’alpinista, a<br />
questo irripetibile Kurt che da sempre<br />
●<br />
Tre uomini di valore<br />
La giuria del Premio SAT presieduta da<br />
Bruno Angelini e composta da Franco<br />
de Battaglia, Marco Benedetti, Stefano<br />
Fontana, Franco Giacomoni, Ulisse<br />
Marzatico e Bepo Pedrotti ha voluto<br />
premiare quest’anno tre alpinisti illustri.<br />
La cerimonia si è svolta alla casa della<br />
SAT e si è conclusa come di prammatica<br />
con il Coro diretto da Mauro Pedrotti.<br />
Per la categoria sociale il premio è<br />
andato a Oreste Forno, valtellinese,<br />
giornalista pubblicista che ha contribuito<br />
a far conoscere l’organizzazione<br />
“Mato Grosso” raccogliendo fondi, presentando<br />
serate e pubblicando il libro<br />
“Grazie montagna” dedicato a Battistino<br />
Bonali. Forno ha poi dato vita a<br />
“Cime di pace”, coinvolgendo alpinisti e sezioni del CAI sparse in tutta Italia.<br />
Per la categoria storico - scientifico - letteraria il premio è andato a Bepi Pellegrinon,<br />
accademico del CAI, oggi editore affermato con la sua prestigiosa etichetta “Nuovi<br />
sentieri”. Infine è toccato a Cesarino Fava l’ambito riconoscimento per la categoria<br />
“alpinismo” anche se la giuria ha voluto “riconoscere i meriti dell’uomo prima che dell’alpinista”.<br />
E un alpinista generoso Cesarino certamente lo è: non esitò ad affrontare<br />
la bufera che imperversava sull’Aconcagua per salvare un alpinista riportando<br />
gravi lesioni. Poi salì ai piedi della parete del Torre per cercare nel ‘59 i suoi compagni<br />
salvando l’amico Cesare Maestri.<br />
“Quando scoprì la bellezza delle vette patagoniche”, scrivono gli amici trentini nella<br />
motivazione, “si mise a disposizione degli alpinisti italiani, raccogliendo anche fondi e<br />
promuovendo sottoscrizioni tra gli altri emigrati per permettere agli amici trentini di<br />
entrare a pieno titolo nella cerchia del grande alpinismo internazionale”. Nella foto,<br />
da sinistra, Pellegrinon, Fava e Forno.<br />
Kurt Diemberger, ultrasettantenne<br />
alpinista e cineasta austriaco, con<br />
l’illustre collega Lothar Brandler,<br />
autore di memorabili film di alpinismo<br />
tra i quali “Una cordata europea”.<br />
affronta la vita giorno dopo giorno con<br />
ottimismo, confidando nella benevolenza<br />
degli amichevoli “spiriti dell’aria”.<br />
Che bella lezione in questi tempi pieni<br />
di incertezze... (Red)<br />
UN CARDO D’ORO RISPLENDE<br />
PER “SUA ALTEZZA” NIVES<br />
Erri De Luca, scrittore e giornalista<br />
napoletano appassionato di alpinismo, si è<br />
aggiudicato il “Cardo d’oro” del 35°<br />
Premio ITAS del libro di montagna con<br />
“Sulla traccia di Nives” (Arnoldo<br />
Mondadori editore), avvincente storia<br />
dell’alpinista Nives Meroi (vedere Lo<br />
Scarpone numero 1/<strong>06</strong>, pagina 12). Con il<br />
“Cardo d’argento” sono stati premiati<br />
“Le Alpi” (Bollati Boringhieri) di Werner<br />
Bätzing e “Appeso a un filo di seta”<br />
(Corbaccio) di Hans Kammerlander.<br />
Segnalati “Il tempo dei sanatori di Arco”<br />
(Museo storico di Trento) di Beatrice<br />
Carmellini, “I sentieri bambini” (Cierre)<br />
di Giuseppe Cauzzi e Alesandro Canesso<br />
e “Costruire le Alpi” (Tararà) di Giovanni<br />
Simonis. Creando non poco imbarazzo,<br />
De Luca non si è presentato a ritirare il<br />
premio. Motivo? Ha spiegato di disdegnare<br />
ogni riconoscimento letterario. La consegna<br />
al castello del Buonconsiglio è stata<br />
l’occasione per ricordare due amici del<br />
festival recentemente scomparsi: il giornalista<br />
Emanuele Cassarà che ne è stato<br />
direttore e Flavio Faganello, illustre fotografo<br />
trentino, che per due volte, nel ‘74 e<br />
nel ‘93, si è aggiudicato l’Itas.