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Rivista ottobre 2021

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Questa mia ultima opera s’intitola Contagio ed è nata proprio

dall’attuale momento storico. Mai nel corso della mia

vita, da quando ero in collegio ad oggi, avevo assistito ad

una situazione così scioccante. Migliaia di persone morte

nel mondo per Covid, e le conseguenze per la società,

per il mondo dei bambini, la scuola, mi hanno fatto capire

che non siamo onnipotenti. L’artista può fotografare questo

dolore, e l’analisi che è dentro la mia opera, ha in sé

questo contenuto. Ma io dico sempre che l’opera d’arte autentica

è piena di misteri, quindi l’emozione che provoca

in chi la guarda è unica. Ho sempre pensato che un’opera

libera, nel trascorrere del tempo, parlerà. Non sto a spiegare

il significato di questa mia ultima opera. Quando la

gente la vedrà, ciascuno esprimerà il proprio pensiero. Se

nel mio museo entrano trenta persone, nessuno vedrà una

mia opera allo stesso modo. Quindi un’opera d’arte può essere

letta in trenta modi diversi. Qualsiasi tipo di emozione

provochi: è quella l’arte.

Potremmo dire che professionalità e tenacia le hanno

permesso di raggiungere le estremità dell’Himalaya.

Quali vette vorrebbe ancora conquistare?

Sono nato nel Meridione, ma ho avuto la fortuna di trasferirmi

ancora bambino con la mia famiglia a Firenze. Sono

stato contagiato da questa città, a parer mio, la più bella al

mondo, la patria dell’arte e della bellezza. Ho avuto la fortuna

di confrontarmi con la cultura fiorentina. Mi parlavano

di New York, di tante altre città, ma io mi sono sempre

e solo voluto confrontare con Firenze, perché la sua bellezza,

i suoi grandi artisti, gli straordinari capolavori sono

ancora oggi uno stimolo per la mia arte. Ho tenuto una

mostra nel Giardino di Boboli e un’altra a Palazzo Medici

Riccardi. Poi il direttore degli Uffizi, Eike Schmidt, manifestò

grande attenzione verso la mia arte e volle visitare

il mio museo. Quando venne, onorato, lo ringraziai, ma lui

volle ringraziare me per l’emozione che aveva ricevuto dalle

mie opere e mi disse che, se ne avessi donata una agli

Uffizi, lui sarebbe stato onorato di esporla. Così è stato.

Un mio autoritratto è esposto nella galleria degli autoritratti

nel Corridoio Vasariano. Avere una mia opera esposta

agli Uffizi è stata per me una tra le più grandi emozioni

mai provate. Ho lavorato sul territorio proprio perché mi

voglio continuamente confrontare con questa città, che è

l’unica che può farmi una critica. Io credo che la mia arte

la dimostrerà il tempo; di questo sono consapevole. Dopo

cinquanta o sessant’anni, se sei ancora apprezzato è

perché la tua arte continua a provocare emozioni. Un’arte

che viene da dentro ha un’anima che continuerà a vivere

nel tempo. Non smetterò di confrontarmi con qualcosa

che ancora non ho fatto e che è nuova per me. La mia sfida

con Firenze proseguirà.

Autoritratto (2018), olio su tela, cm 70x90

Autoritratto in metamorfosi (2016), olio su tela, cm 100x80

ANTONIO MANZI

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