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Questa mia ultima opera s’intitola Contagio ed è nata proprio
dall’attuale momento storico. Mai nel corso della mia
vita, da quando ero in collegio ad oggi, avevo assistito ad
una situazione così scioccante. Migliaia di persone morte
nel mondo per Covid, e le conseguenze per la società,
per il mondo dei bambini, la scuola, mi hanno fatto capire
che non siamo onnipotenti. L’artista può fotografare questo
dolore, e l’analisi che è dentro la mia opera, ha in sé
questo contenuto. Ma io dico sempre che l’opera d’arte autentica
è piena di misteri, quindi l’emozione che provoca
in chi la guarda è unica. Ho sempre pensato che un’opera
libera, nel trascorrere del tempo, parlerà. Non sto a spiegare
il significato di questa mia ultima opera. Quando la
gente la vedrà, ciascuno esprimerà il proprio pensiero. Se
nel mio museo entrano trenta persone, nessuno vedrà una
mia opera allo stesso modo. Quindi un’opera d’arte può essere
letta in trenta modi diversi. Qualsiasi tipo di emozione
provochi: è quella l’arte.
Potremmo dire che professionalità e tenacia le hanno
permesso di raggiungere le estremità dell’Himalaya.
Quali vette vorrebbe ancora conquistare?
Sono nato nel Meridione, ma ho avuto la fortuna di trasferirmi
ancora bambino con la mia famiglia a Firenze. Sono
stato contagiato da questa città, a parer mio, la più bella al
mondo, la patria dell’arte e della bellezza. Ho avuto la fortuna
di confrontarmi con la cultura fiorentina. Mi parlavano
di New York, di tante altre città, ma io mi sono sempre
e solo voluto confrontare con Firenze, perché la sua bellezza,
i suoi grandi artisti, gli straordinari capolavori sono
ancora oggi uno stimolo per la mia arte. Ho tenuto una
mostra nel Giardino di Boboli e un’altra a Palazzo Medici
Riccardi. Poi il direttore degli Uffizi, Eike Schmidt, manifestò
grande attenzione verso la mia arte e volle visitare
il mio museo. Quando venne, onorato, lo ringraziai, ma lui
volle ringraziare me per l’emozione che aveva ricevuto dalle
mie opere e mi disse che, se ne avessi donata una agli
Uffizi, lui sarebbe stato onorato di esporla. Così è stato.
Un mio autoritratto è esposto nella galleria degli autoritratti
nel Corridoio Vasariano. Avere una mia opera esposta
agli Uffizi è stata per me una tra le più grandi emozioni
mai provate. Ho lavorato sul territorio proprio perché mi
voglio continuamente confrontare con questa città, che è
l’unica che può farmi una critica. Io credo che la mia arte
la dimostrerà il tempo; di questo sono consapevole. Dopo
cinquanta o sessant’anni, se sei ancora apprezzato è
perché la tua arte continua a provocare emozioni. Un’arte
che viene da dentro ha un’anima che continuerà a vivere
nel tempo. Non smetterò di confrontarmi con qualcosa
che ancora non ho fatto e che è nuova per me. La mia sfida
con Firenze proseguirà.
Autoritratto (2018), olio su tela, cm 70x90
Autoritratto in metamorfosi (2016), olio su tela, cm 100x80
ANTONIO MANZI
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