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Caccia e Natura - n° 1/2021

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parati, per tali specie, ai cacciatori

che, nel rispetto delle disposizioni

nazionali (art. 19 L. n. 157/92), avevano

partecipato a specifici corsi di

formazione per il contenimento delle

specie di riferimento, che, nel caso

di che trattasi, è la specie cinghiale,

come appunto previsto dal comma 4

dell’ art. 37 della L.R. toscana n. 3/94.

Alla luce di tale sentenza, la Regione

Toscana, di riflesso, ha quindi ritenuto

nulle tutte le abilitazioni rilasciate

anche dalle Province toscane, che

consentivano l’attività di controllo sul

cinghiale ai sensi del richiamato art.

37 nelle forme della girata, dell’appostamento

e della braccata, rilasciate

senza partecipazione ai corsi di formazione

e quindi semplicemente a

seguito di richiesta da parte dei cacciatori

interessati, come “ampliamento”

dell’attestato cheli abilitava alla

caccia al cinghiale in braccata, ma da

calendario venatorio.

Scendendo nel dettaglio e, a titolo

esemplificativo, la sola Provincia di

Arezzo, dai primi anni 2000 al 2015,

anno in cui le competenze in materia

faunistico venatoria sono transitate

alle Regioni, aveva abilitato, senza la

partecipazione a corsi e con il metodo

sopra descritto, circa seimila cacciatori,

cioè chi, quale iscritto a una squadra

di caccia al cinghiale, aveva presentato

istanza volta all’ottenimento

1 - Alla luce della sentenza della Corte

Costituzionale n. 21/2021, la Regione

Toscana ha ritenuto nulle tutte le

abilitazioni rilasciate anche dalle Province

toscane, che consentivano l’attività

di controllo sul cinghiale ai sensi

del richiamato art. 37 nelle forme della

girata, dell’appostamento e della

braccata, rilasciate senza partecipazione

ai corsi di formazione

2 - La problematica conseguenziale, al

momento, è di forte impatto sui territori

per ciò che riguarda il controllo

di una specie che, come noto, è fonte

di danni alle produzioni agricole, oltre

che pericolo per la sicurezza stradale

dell’attestato di abilitazione alle attività

di controllo del cinghiale, attestato che

veniva rilasciato, come detto, quale

“ampliamento” dell’abilitazione posseduta

per l’esercizio della caccia al cinghiale

in braccata.

La problematica conseguenziale, al

momento, è di forte impatto sui territori

per ciò che riguarda il controllo

di una specie che, come noto, è fonte

di danni alle produzioni agricole, oltre

che pericolo per la sicurezza stradale,

in considerazione del fatto che gli

interventi di contenimento sono di

difficile attuazione, per la mancanza

di personale, oggi non più abilitato in

virtù della citata sentenza n. 21.

Sempre a titolo esemplificativo, nella

stessa provincia, gli abilitati agli

interventi di controllo sul cinghiale

risultano 360, cioè chi ha partecipato

a corsi di formazione sulle specie

invasive ed opportuniste della

durata di 18 ore, che le associazioni

venatorie provinciali hanno organizzato

dal 2016 ad oggi.

Al momento, stante il periodo interessato

dall’emergenza Covid-19, le

vigenti normative vietano di organizzare

lezioni in presenza e la modalità

che la Regione Toscana consente alle

associazioni venatorie che intendono

organizzare i corsi per il rilascio delle

abilitazioni al controllo della fauna selvatica

è quella da remoto con non più

di 25 partecipanti a sessione; problemi

sopra problemi, quindi, problemi ed

ancora problemi, se teniamo conto che

l’età media del cacciatore è elevata e che

quindi non per tutti è facile avvicinarsi

alle moderne tecnologie telematiche

e informatiche, anche semplicemente

per partecipare a un corso.

Se pensiamo inoltre che, come disposto

dalla Regione Toscana, il cacciatore

cui interessa ottenere solamente l’abilitazione

per il controllo del cinghiale,

in quanto venuta meno conseguentemente

alla sentenza di che trattasi, deve

obbligatoriamente partecipare alle

lezioni anche delle altre specie oggetto

del corso, che possono non essere

di interesse, oppure specie delle quali

l’interessato ha già il possesso dell’abilitazione,

la problematica si moltiplica

enormemente, con le critiche legittime

che merita dal mondo venatorio e

da chi ha il dovere di rappresentarlo,

primi tra i quali l’Enalcaccia, mossasi

nelle sedi opportune a difesa dei propri

associati e del territorio.

(Arezzo, 13 maggio 2021)

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© Petair / Shutterstock

Caccia e Natura 7

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