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Caccia e Natura - n° 1/2021

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consueto e gli do il via per cominciare

la nostra bella e finta avventura.

Nonostante i suoi 15 anni e con qualche

acciacco in più, noto con piacere

che la passione lo tiene sempre vivo

sulla cresta dell’onda, gira quasi come

ai vecchi tempi, anche se la velocità

tradisce un po’ la sua età, ma io sono

più che felice di vederlo così, carico

della sua solita avida volontà che mi

fa quasi dimenticare che anche io ho

15 anni di licenze in più sulle spalle e i

capelli un po’ più bianchi.

Si vede a occhio che non è il solito

cane allenato di sempre, un po’ lento,

zoppicante, stanco, ma felice di essere

ancora Ago, il fenomeno, mio amato

figlio, fratello e fedele compagno che

ancora una volta è qui con me a dividere,

nel bene e nel male, una giornata

di caccia insieme.

Passiamo così circa un’ora del nostro

tempo a girare il terreno in lungo e

in largo, equasi senza accorgersene ci

troviamo finalmente, e con il vento un

po’ a favore, ad andare in direzione del

posto dove ho liberato la femmina; ma

ecco che d’improvviso e come prevedevo

Ago impazzisce, accelera, compie

alla perfezione due o tre lacet da solito

campione, quindi stordito da un’intensa

emanazione si blocca di botto cadendo

in una ferma catalettica a circa

30 metri da me, bello, statuario, la testa

alta, il corpo proteso leggermente in

avanti… bellissimo, ma non passano

neanche alcuni secondi che mi rendo

subito conto però che non è quello il

punto in cui avevo liberato la femmina;

aveva forse pedinato? Probabile,

perché a caccia, può accadere di tutto.

Come al solito mi aspetta e io come

sempre mi avvicino lentamente da

dietro per non disturbarlo, lo accarezzo,

toccandolo sulla testa per fargli

sentire la mia presenza, che gli sono

accanto, che sto qui, con lui, e lo invito

ad accostare; lui lentamente esegue, si

blocca di nuovo, lo ritocco e riparte,

due, tre piccoli passi e riferma.

Prendo allora io l’iniziativa, avanzo un

poco, ma basta un solo altro mio piccolo

passo che dallo sporco s’innalza

con un fragore assordante e una serie

di cocò, cocò, cocò mai sentiti prima

un enorme e bellissimo maschio di

fagiano tenebroso, che si allunga protestando

fragorosamente davanti a noi

mostrandoci la sua spaventosa coda

a modo di mandarci a quel paese per

averlo molestato.

Rimango sbigottito, perché questo proprio

non me lo aspettavo, lo osservo

attentamente allontanarsi per pochissimi

attimi, prontamente imbraccio il

fucile e lo miro, ma un improvviso dolore

lancinante si appropria però prepotentemente

del mio braccio sinistro,

arrivando in un attimo fino al petto.

Nonostante il forte dolore, riesco a

stento e come se fosse l’ultima cosa da

fare a tirare il grilletto una, due volte, e

il fagiano davanti a me scoppia in aria

come un fuoco d’artificio in un impetuoso

arcobaleno di penne e di colori;

cado pesantemente a terra, ma riesco

faticosamente ad alzare leggermente

la testa e a vedere a malapena Ago che

si precipita verso il suo, anzi il nostro

ultimo vero regalo, lo abbocca ed esegue

un riporto che bello così forse non

me ne aveva fatto mai vedere prima.

Si avvicina un po’ barcollante, depone

delicatamente il fagiano in terra per

farmi vedere una volta di più quanto

siamo stati bravi e si accuccia lentamente

proprio qui davanti a me, poggia

il suo bel muso sopra il mio petto

ormai al culmine del dolore e mi guarda

triste. Guaisce, ho capito, anche lui

non sta molto bene forse per lo sforzo

e l’emozione subita. Lo accarezzo, ma

ho il brutto presentimento che forse

sarà per l’ultima volta. “Bravo Ago” gli

dico “buon compleanno, tanti auguri

figliolo e… addio.”

Ma proprio mentre scivola una lacrima,

l’ultima, sulla mia guancia, i nostri

sguardi si incrociano intensamente;

contemporaneamente anche i nostri

occhi si chiudono e con loro, e per

sempre, anche il forziere con tutte le

nostre bellissime avventure di caccia

vissute insieme.

Ci ritrovarono il giorno dopo, abbracciati

e fradici per la pioggia caduta

nella notte, sereni, contenti e con il

fagiano stretto in mezzo a noi quasi a

volerlo proteggere come un tesoro da

chiunque; il nostro ultimo e bellissimo

ricordo che rimarrà poi imbalsamato

a vita nella nostra casa, a perenne ricordo

dei due grandi e appassionati

cacciatori che siamo stati, poggiato su

di una base al cui interno mia moglie

aveva, in memoria della mia passione

e vita passata insieme con Ago, riposto

le nostre ceneri mescolate insieme.

E la femmina ebbe salva la vita.

Ago è il nome che gli abbiamo dato

perché l’abbiamo preso in agosto.

Caccia e Natura 21

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