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consueto e gli do il via per cominciare
la nostra bella e finta avventura.
Nonostante i suoi 15 anni e con qualche
acciacco in più, noto con piacere
che la passione lo tiene sempre vivo
sulla cresta dell’onda, gira quasi come
ai vecchi tempi, anche se la velocità
tradisce un po’ la sua età, ma io sono
più che felice di vederlo così, carico
della sua solita avida volontà che mi
fa quasi dimenticare che anche io ho
15 anni di licenze in più sulle spalle e i
capelli un po’ più bianchi.
Si vede a occhio che non è il solito
cane allenato di sempre, un po’ lento,
zoppicante, stanco, ma felice di essere
ancora Ago, il fenomeno, mio amato
figlio, fratello e fedele compagno che
ancora una volta è qui con me a dividere,
nel bene e nel male, una giornata
di caccia insieme.
Passiamo così circa un’ora del nostro
tempo a girare il terreno in lungo e
in largo, equasi senza accorgersene ci
troviamo finalmente, e con il vento un
po’ a favore, ad andare in direzione del
posto dove ho liberato la femmina; ma
ecco che d’improvviso e come prevedevo
Ago impazzisce, accelera, compie
alla perfezione due o tre lacet da solito
campione, quindi stordito da un’intensa
emanazione si blocca di botto cadendo
in una ferma catalettica a circa
30 metri da me, bello, statuario, la testa
alta, il corpo proteso leggermente in
avanti… bellissimo, ma non passano
neanche alcuni secondi che mi rendo
subito conto però che non è quello il
punto in cui avevo liberato la femmina;
aveva forse pedinato? Probabile,
perché a caccia, può accadere di tutto.
Come al solito mi aspetta e io come
sempre mi avvicino lentamente da
dietro per non disturbarlo, lo accarezzo,
toccandolo sulla testa per fargli
sentire la mia presenza, che gli sono
accanto, che sto qui, con lui, e lo invito
ad accostare; lui lentamente esegue, si
blocca di nuovo, lo ritocco e riparte,
due, tre piccoli passi e riferma.
Prendo allora io l’iniziativa, avanzo un
poco, ma basta un solo altro mio piccolo
passo che dallo sporco s’innalza
con un fragore assordante e una serie
di cocò, cocò, cocò mai sentiti prima
un enorme e bellissimo maschio di
fagiano tenebroso, che si allunga protestando
fragorosamente davanti a noi
mostrandoci la sua spaventosa coda
a modo di mandarci a quel paese per
averlo molestato.
Rimango sbigottito, perché questo proprio
non me lo aspettavo, lo osservo
attentamente allontanarsi per pochissimi
attimi, prontamente imbraccio il
fucile e lo miro, ma un improvviso dolore
lancinante si appropria però prepotentemente
del mio braccio sinistro,
arrivando in un attimo fino al petto.
Nonostante il forte dolore, riesco a
stento e come se fosse l’ultima cosa da
fare a tirare il grilletto una, due volte, e
il fagiano davanti a me scoppia in aria
come un fuoco d’artificio in un impetuoso
arcobaleno di penne e di colori;
cado pesantemente a terra, ma riesco
faticosamente ad alzare leggermente
la testa e a vedere a malapena Ago che
si precipita verso il suo, anzi il nostro
ultimo vero regalo, lo abbocca ed esegue
un riporto che bello così forse non
me ne aveva fatto mai vedere prima.
Si avvicina un po’ barcollante, depone
delicatamente il fagiano in terra per
farmi vedere una volta di più quanto
siamo stati bravi e si accuccia lentamente
proprio qui davanti a me, poggia
il suo bel muso sopra il mio petto
ormai al culmine del dolore e mi guarda
triste. Guaisce, ho capito, anche lui
non sta molto bene forse per lo sforzo
e l’emozione subita. Lo accarezzo, ma
ho il brutto presentimento che forse
sarà per l’ultima volta. “Bravo Ago” gli
dico “buon compleanno, tanti auguri
figliolo e… addio.”
Ma proprio mentre scivola una lacrima,
l’ultima, sulla mia guancia, i nostri
sguardi si incrociano intensamente;
contemporaneamente anche i nostri
occhi si chiudono e con loro, e per
sempre, anche il forziere con tutte le
nostre bellissime avventure di caccia
vissute insieme.
Ci ritrovarono il giorno dopo, abbracciati
e fradici per la pioggia caduta
nella notte, sereni, contenti e con il
fagiano stretto in mezzo a noi quasi a
volerlo proteggere come un tesoro da
chiunque; il nostro ultimo e bellissimo
ricordo che rimarrà poi imbalsamato
a vita nella nostra casa, a perenne ricordo
dei due grandi e appassionati
cacciatori che siamo stati, poggiato su
di una base al cui interno mia moglie
aveva, in memoria della mia passione
e vita passata insieme con Ago, riposto
le nostre ceneri mescolate insieme.
E la femmina ebbe salva la vita.
Ago è il nome che gli abbiamo dato
perché l’abbiamo preso in agosto.
Caccia e Natura 21