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L'intervista scientifica di Italo Pentimalli - N° 6 - Aprile 2021

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il confronto - le interviste <strong>di</strong> italo pentimalli<br />

Enrico Facco:<br />

la coscienza e il mondo<br />

delle infinite possibilità<br />

Chi conosce il mio pensiero sa quanto le nostre inconsapevoli<br />

programmazioni con<strong>di</strong>zionano le nostre vite. Questi schemi sono<br />

gli strumenti attraverso cui la nostra mente interpreta il mondo,<br />

e sono molto potenti. Questo <strong>di</strong>scorso vale anche per la comunità<br />

<strong>di</strong> scienziati e filosofi, ad esempio quando parliamo <strong>di</strong> materia e spirito,<br />

corpo e coscienza. Anche gli scienziati sono influenzati da vecchie idee<br />

ra<strong>di</strong>cate che hanno il potere <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zionarne la visione.<br />

Ma se riuscissimo a superare questi limiti che scenario si aprirebbe?<br />

L’ho chiesto al professor Enrico Facco, stu<strong>di</strong>oso senior <strong>di</strong> Anestesiologia<br />

e Rianimazione presso l’Università <strong>di</strong> Padova, esperto <strong>di</strong> terapia<br />

del dolore, autore <strong>di</strong> oltre 250 pubblicazioni scientifiche e <strong>di</strong>versi libri,<br />

tra cui, i più recenti, L’enigma della coscienza (con Fabio Fracas)<br />

e Ritornare a Ippocrate. Riflessioni sulla me<strong>di</strong>cina moderna<br />

(con Silvano Tagliagambe). Quello che si apre è uno scenario senza limiti,<br />

in cui passato e futuro si uniscono in una visione straor<strong>di</strong>naria <strong>di</strong> ciò che<br />

siamo… e del nostro potere.<br />

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Heisenberg | APRILE | <strong>N°</strong> 06<br />

Faccio una premessa per i nostri lettori.<br />

Oggi scienziati e filosofi si <strong>di</strong>vidono<br />

fra chi ritiene che la “coscienza”<br />

sia qualcosa <strong>di</strong> riducibile al funzionamento<br />

del cervello, e chi ritiene che<br />

sia un meccanismo molto più ampio<br />

e profondo che va al <strong>di</strong> là della materia<br />

del cervello. Professore, lei come si<br />

colloca in questo <strong>di</strong>battito?<br />

Decisamente sul secondo fronte. La coscienza<br />

è definita dalle neuroscienze<br />

come una proprietà emergente dalla<br />

complessità del cervello. Se è così, la nostra<br />

mente non è totalmente riducibile<br />

al cervello per coerenza con il concetto<br />

stesso <strong>di</strong> proprietà emergente. Per capire<br />

il <strong>di</strong>battito attuale sulla coscienza bisogna<br />

risalire a Cartesio. È stato lui che<br />

ha creato questo “dualismo” fra mente<br />

e materia, una visione che continua a<br />

influenzare in maniera più o meno consapevole<br />

il pensiero occidentale. La separazione<br />

ra<strong>di</strong>cale cartesiana tra mente<br />

e materia aveva lo scopo <strong>di</strong> evitare<br />

un conflitto insanabile con la Chiesa,<br />

che reclamava l’esclusiva competenza<br />

sull’anima; così da allora la scienza si è<br />

limitata allo stu<strong>di</strong>o del solo mondo fisico<br />

per circostanze politico-religiose e<br />

non per ben fondate ragioni <strong>di</strong> conoscenza<br />

<strong>scientifica</strong> e filosofica.<br />

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il confronto - le interviste <strong>di</strong> italo pentimalli<br />

Quin<strong>di</strong> è un con<strong>di</strong>zionamento culturale potentissimo,<br />

tanto che anche il senso comune separa materia e spirito.<br />

Ma oggi? Che evoluzione sta avendo in ambito scientifico<br />

questo tipo <strong>di</strong> visione?<br />

Oggi, per quanto la situazione sia molto cambiata, il dualismo<br />

cartesiano influenza ancora fortemente molti stu<strong>di</strong>osi.<br />

L’approccio scientifico classico ha separato l’osservatore dal<br />

mondo, come se l’osservatore fosse neutro e privo <strong>di</strong> ruolo nella<br />

definizione del fenomeno osservato, fatto clamorosamente<br />

smentito dalla fisica quantistica, che ci ha <strong>di</strong>mostrato come<br />

l’osservatore influenza la realtà. La stessa fisica quantistica ha<br />

superato il concetto classico <strong>di</strong> materia rendendo obsoleto il<br />

materialismo fondato su <strong>di</strong> esso e ha aperto nuove rivoluzionarie<br />

prospettive per una migliore comprensione della <strong>di</strong>mensione<br />

della coscienza.<br />

Mi spiego meglio. Da un lato, nello stu<strong>di</strong>o della coscienza il “riduzionismo<br />

scientifico”, cioè il metodo che identifica i circuiti<br />

neurali alla base dei vari fenomeni mentali, è un metodo valido<br />

e potente e non è in <strong>di</strong>scussione. Tuttavia quando il processo<br />

<strong>di</strong> riduzione fosse completato, nella visione materialista rimarrebbero<br />

solo i circuiti cerebrali e la coscienza sparirebbe; e con<br />

questo sparirebbero anche tutti i suoi contenuti e l’esperienza.<br />

L’approccio scientifico classico<br />

ha separato l’osservatore dal mondo,<br />

come se l’osservatore fosse neutro<br />

e privo <strong>di</strong> ruolo nella definizione<br />

del fenomeno osservato,<br />

fatto clamorosamente smentito<br />

dalla fisica quantistica,<br />

che ci ha <strong>di</strong>mostrato come<br />

l’osservatore influenza la realtà.<br />

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Heisenberg | APRILE | <strong>N°</strong> 06<br />

A proposito <strong>di</strong> “contenuti” della coscienza,<br />

lei stu<strong>di</strong>a da tempo le “Esperienze<br />

<strong>di</strong> pre-morte”, quei fenomeni<br />

<strong>di</strong> persone clinicamente morte che<br />

ritornano in vita raccontando <strong>di</strong> aver<br />

visto quello che succedeva intorno a<br />

loro. Non si tratta <strong>di</strong> parapsicologia<br />

ma appunto fatti clinici che vengono<br />

stu<strong>di</strong>ati in tutto il mondo dalla me<strong>di</strong>cina.<br />

Perché sono importanti e perché<br />

rimettono in <strong>di</strong>scussione la natura<br />

stessa della realtà fisica?<br />

paura della morte, il più angoscioso <strong>di</strong>lemma<br />

dell’umanità. Inoltre sono esperienze<br />

transculturali: gli elementi più<br />

importanti <strong>di</strong> queste esperienze − come<br />

il tunnel, la luce, l’incontro con le persone<br />

defunte, la straor<strong>di</strong>naria serenità −<br />

sono infatti comuni a tutte le culture e<br />

tutte le epoche storiche. Potremmo definirle<br />

quin<strong>di</strong> “archetipiche”, espressione<br />

<strong>di</strong> quel vasto e ancora sconosciuto<br />

inconscio collettivo.<br />

Le esperienze <strong>di</strong> pre-morte (in inglese<br />

NDE) e le esperienze <strong>di</strong> uscita dal corpo<br />

(OBE) hanno accompagnato la storia<br />

dell’umanità <strong>di</strong> tutti i tempi e <strong>di</strong> tutte<br />

le culture, dal mito <strong>di</strong> Er nella Repubblica<br />

<strong>di</strong> Platone, al Libro Tibetano dei<br />

Morti alla II Lettera <strong>di</strong> San Paolo ai Corinzi.<br />

A partire dagli anni ’70 del secolo<br />

scorso questi fenomeni apparentemente<br />

bizzarri e a priori considerati mera<br />

espressione <strong>di</strong> <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni cerebrali, hanno<br />

cominciato ad essere stu<strong>di</strong>ati <strong>scientifica</strong>mente<br />

e oggi una considerevole<br />

mole <strong>di</strong> dati è <strong>di</strong>sponibile nella letteratura<br />

internazionale. Diverse ipotesi <strong>di</strong><br />

matrice riduzionista sono state formulate<br />

nel tentativo <strong>di</strong> spiegare questi fenomeni,<br />

tuttavia nessuna <strong>di</strong> esse è stata<br />

<strong>di</strong>mostrata finora, mentre alcune sono<br />

facilmente smentibili sulla base <strong>di</strong> altri<br />

fatti noti incompatibili con le ipotesi formulate.<br />

Dunque le NDE costituiscono<br />

una forte sfida alle conoscenze attuali<br />

e al para<strong>di</strong>gma dominante in me<strong>di</strong>cina.<br />

Come <strong>di</strong>ceva lei, ci sono alcuni casi ben<br />

documentati nella letteratura <strong>scientifica</strong><br />

<strong>di</strong> soggetti che riportano percezioni<br />

esatte <strong>di</strong> ciò che avveniva intorno a loro<br />

mentre erano in arresto car<strong>di</strong>aco, fatto<br />

che appare incompatibile con le attuali<br />

conoscenze sulla coscienza. In sintesi, le<br />

NDE non hanno nulla in comune con<br />

il sogno né con il delirium, e hanno un<br />

indubbio valore cognitivo, perché tutte<br />

le persone che le hanno provate vanno<br />

incontro ad un’evoluzione della visione<br />

personale e del mondo e perdono la<br />

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il confronto - le interviste <strong>di</strong> italo pentimalli<br />

Ecco, an<strong>di</strong>amo oltre la fisiologia del<br />

cervello. Lei usa una bella analogia:<br />

come nel mondo delle particelle<br />

quantistiche queste vivono in uno<br />

stato <strong>di</strong> perenne indeterminazione<br />

finché l’azione <strong>di</strong> un osservatore non<br />

le fa “collassare” in uno stato reale,<br />

concreto, così esiste un piano in cui<br />

convivono tutte le idee possibili, e l’artista,<br />

l’inventore, lo scienziato, grazie<br />

alla loro azione mentale ne rendono<br />

reale una singola fra tutte le altre. E<br />

questo vale per qualunque momento<br />

in cui passiamo dal nostro ragionare<br />

inconscio a una scelta precisa.<br />

Insomma, è giusto <strong>di</strong>re che viviamo<br />

immersi in un campo <strong>di</strong> infinite possibilità<br />

mentali <strong>di</strong> cui noi sfruttiamo<br />

solo una minima parte?<br />

Sì! Si tratta <strong>di</strong> un’analogia, che non presuppone<br />

l’esistenza <strong>di</strong> processi fisici<br />

quantistici nel cervello, ma riguarda il<br />

nostro modo <strong>di</strong> conoscere la parte più<br />

profonda <strong>di</strong> noi. Dopo avere pensato<br />

per secoli che la coscienza e la razionalità<br />

fossero il fondamento dell’essere<br />

umano è oggi chiaro che la coscienza<br />

or<strong>di</strong>naria è come una minuscola isoletta<br />

che galleggia in un mare <strong>di</strong> psiche<br />

inconscia con cui siamo in una continua<br />

comunicazione. Questa psiche è<br />

universale, come il concetto <strong>di</strong> inconscio<br />

collettivo suggerisce. Ma questo<br />

l’uomo lo sa da sempre.<br />

Se guar<strong>di</strong>amo all’antico Oriente e la sua<br />

saggezza, già prima <strong>di</strong> Cristo nel testo<br />

bud<strong>di</strong>sta del Laṅkāvatārasūtra, troviamo<br />

il concetto <strong>di</strong> “coscienza fondamentale”<br />

o “coscienza deposito”, la base<br />

primor<strong>di</strong>ale inconscia della coscienza<br />

nel continuum mentale che include<br />

l’Io. Nello Zen è descritta la Buddhadatu,<br />

la parte più profonda dell’inconscio,<br />

comune a tutti gli esseri senzienti.<br />

Quin<strong>di</strong> più <strong>di</strong> duemila anni fa il bud<strong>di</strong>smo<br />

parlava già <strong>di</strong> un inconscio molto<br />

più profondo <strong>di</strong> quello psicanalitico e <strong>di</strong><br />

un fondo comune a tutte le <strong>di</strong>verse forme<br />

<strong>di</strong> coscienza, comprendenti quelle<br />

degli animali. Il punto è come comunichiamo<br />

con questa parte profon<strong>di</strong>ssima<br />

<strong>di</strong> noi. Lei <strong>di</strong>ce che ne sfruttiamo<br />

solo una minima parte. È vero. Infatti<br />

nell’antica Grecia, l’Arte era figlia della<br />

Memoria. Se ci pensiamo, il vero artista,<br />

ma anche il grande scienziato come<br />

Einstein, deve avere la rara capacità <strong>di</strong><br />

attingere alle profon<strong>di</strong>tà dell’inconscio<br />

per portare alla luce i più profon<strong>di</strong> e<br />

universali significati a beneficio <strong>di</strong> tutta<br />

l’umanità. Questa è la ragione per cui<br />

Platone <strong>di</strong>ceva che conoscere è in realtà<br />

ri-conoscere.<br />

Quin<strong>di</strong> più <strong>di</strong> duemila<br />

anni fa il bud<strong>di</strong>smo parlava<br />

già <strong>di</strong> un inconscio<br />

molto più profondo<br />

<strong>di</strong> quello psicanalitico<br />

e <strong>di</strong> un fondo comune<br />

a tutte le <strong>di</strong>verse forme<br />

<strong>di</strong> coscienza, comprendenti<br />

quelle degli animali.<br />

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Heisenberg | APRILE | <strong>N°</strong> 06<br />

La fisica quantistica ha scoperto e <strong>di</strong>mostrato l’entanglement<br />

– cioè la connessione fra due particelle a <strong>di</strong>stanza.<br />

Oggi alcuni stu<strong>di</strong>osi ipotizzano l’entanglement fra persone,<br />

si parla anche <strong>di</strong> una forma non locale <strong>di</strong> coscienza,<br />

cioè non racchiusa nel cervello <strong>di</strong> ognuno. Quin<strong>di</strong> questo<br />

vuol <strong>di</strong>re ipotizzare che la coscienza possa essere un campo<br />

<strong>di</strong> informazioni non locale?<br />

Nella letteratura <strong>scientifica</strong> internazionale c’è una crescente<br />

mole <strong>di</strong> articoli, soprattutto <strong>di</strong> matrice quantistica, che ipotizzano<br />

una non-località della coscienza. È un’ipotesi apparentemente<br />

assurda per la visione classica ancorata al principio <strong>di</strong><br />

causalità e località, ma non è per questo da considerare falsa<br />

a priori. Parallelamente stanno emergendo nuove <strong>di</strong>mostrazioni<br />

<strong>di</strong> meccanismi quantistici <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse funzioni biologiche,<br />

impensabili fino agli anni recenti; le ipotesi quantistiche della<br />

coscienza, come la recente teoria <strong>di</strong> Penrose e Hameroff, pur<br />

non ancora <strong>di</strong>mostrate, stanno acquisendo nuove evidenze a<br />

loro favore. Da millenni sappiamo che la coscienza emerge e<br />

<strong>di</strong>pende dal cervello: in termini molto semplici, se il cervello è<br />

sano l’in<strong>di</strong>viduo è cosciente, mentre una sua lesione può portare<br />

a per<strong>di</strong>ta della coscienza, la quale poi riappare se le lesioni<br />

cerebrali guariscono. Questo non <strong>di</strong>mostra tuttavia che la<br />

coscienza sia residente nel cervello e sia un suo esclusivo prodotto.<br />

Infatti se, come esperimento mentale, si ammette una<br />

relazione mente-cervello analoga a quella tra Internet e il PC,<br />

il funzionamento è identico: se il PC funziona, ci si può collegare<br />

a Internet, mentre se si rompe questo non è più possibile<br />

finché non venga riaggiustato. Tuttavia Internet continua a<br />

esistere e a veicolare informazioni in modo non locale anche<br />

se il singolo PC è danneggiato. In conclusione, l’osservazione<br />

clinica della relazione mente-cervello non <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> per sé<br />

la residenza della coscienza nel cervello. Ovviamente è solo<br />

un’ipotesi senza pretesa <strong>di</strong> verità, ma finché non viene falsificata<br />

non può essere esclusa a priori su base assiomatica.<br />

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il confronto - le interviste <strong>di</strong> italo pentimalli<br />

E quin<strong>di</strong>, per concludere, a cosa ci apre tutto ciò?<br />

La scienza della coscienza è nata negli anni ’80 del secolo scorso, ossia oltre tre<br />

secoli dalla nascita della scienza moderna. La coscienza è un argomento che coinvolge<br />

molte <strong>di</strong>scipline e ha profonde implicazioni epistemologiche e metafisiche,<br />

letteralmente che vanno oltre la realtà fisica. Ne è un segno il fatto che gli unici<br />

scienziati che se ne sono occupati seriamente nella prima metà del XX secolo sono<br />

stati i fisici quantistici e non i neurologi né gli psicologi.<br />

Il para<strong>di</strong>gma dominante del materialismo, che abbiamo visto fin qui, non è costitutivamente<br />

idoneo né sufficiente a comprendere il mondo della coscienza e dei<br />

fenomeni soggettivi. Per farlo dobbiamo superare il dualismo mente-materia che<br />

risale a Cartesio e dobbiamo avere un approccio più ampio che consenta <strong>di</strong> reintrodurre<br />

la soggettività come parte inelu<strong>di</strong>bile della realtà. Non è un caso che il<br />

pensiero antico − in particolare i filosofi presocratici, il taoismo e il bud<strong>di</strong>smo − con<br />

il suo approccio non dualista sia molto più compatibile con il para<strong>di</strong>gma della fisica<br />

quantistica rispetto al pensiero occidentale post-aristotelico. Nel taoismo, ma anche<br />

in Eraclito, era già perfettamente chiara la reciproca trasformazione e complementarietà<br />

<strong>di</strong> tutti gli opposti, compresa la relazione materia-energia e mente-corpo<br />

nel <strong>di</strong>venire del mondo. L’Occidente moderno ci è arrivato dopo 2500 anni con<br />

la fisica quantistica. L’energia si trasforma ma non si nullifica e la materia è costituita<br />

da energia concentrata e particelle virtuali in sé prive <strong>di</strong> massa, che emerge<br />

dal vuoto quantistico. Dunque tutto si trasforma ma nulla si crea e si <strong>di</strong>strugge. La<br />

realtà non è costituita <strong>di</strong> enti separati e in<strong>di</strong>pendenti dotati <strong>di</strong> esistenza intrinseca<br />

autonoma, ma è un sistema complesso inscin<strong>di</strong>bile <strong>di</strong> eventi intercorrelati in eterna<br />

trasformazione, incessante scambio <strong>di</strong> informazioni e coevoluzione.<br />

Con<strong>di</strong>vido in pieno la sua visione. Sembrerebbe un ritorno all’antica saggezza<br />

delle religioni ma aggiornata dalla scienza.<br />

Proprio così. È un’idea che ricorda il <strong>di</strong>o progenitore dei Veda, Prajāpati, che dà<br />

origine al mondo per poter essere riconosciuto e poi si ritira <strong>di</strong>etro le quinte come<br />

sfondo dell’apparire, depositario dell’ineffabile ignoto. L’idea del riconoscimento<br />

sembra una bella metafora per in<strong>di</strong>care la coscienza che rappresenta il mondo,<br />

senza la quale esso stesso non esisterebbe. Pensiamoci, l’esistenza infatti – dalle singole<br />

particelle, alle cellule e poi alle persone – richiede la trasmissione <strong>di</strong> informazioni<br />

che vengono recepite per poter apparire. Senza questo passaggio <strong>di</strong> informazioni,<br />

a qualsiasi livello, non c’è relazione. In conclusione, forse la coscienza, intesa<br />

nel suo senso più ampio ed elementare, ossia la capacità <strong>di</strong> recepire e trasmettere<br />

informazioni, potrebbe rivelarsi una <strong>di</strong>mensione costitutiva dell’universo esistente.<br />

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Heisenberg | APRILE | <strong>N°</strong> 06<br />

La realtà non è costituita<br />

<strong>di</strong> enti separati<br />

e in<strong>di</strong>pendenti dotati<br />

<strong>di</strong> esistenza intrinseca<br />

autonoma, ma è un sistema<br />

complesso inscin<strong>di</strong>bile<br />

<strong>di</strong> eventi intercorrelati<br />

in eterna trasformazione,<br />

incessante scambio<br />

<strong>di</strong> informazioni<br />

e coevoluzione.<br />

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