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Globalizzazione,<br />

ma quale?<br />

In rete del concetto di globalizzazione si parla a tappeto.<br />

Alcuni lo chiamano “fenomeno”, altri “effetto. Certo è che,<br />

spogliandosi dai pregiudizi ideologici e da preconcetti figli del<br />

secolo scorso, il termine “globalizzazione” indica una realtà<br />

concreta, ma per nulla nuova al mercato ed alla realtà mondiale,<br />

almeno dal tempo dei Fenici e del loro navigare nelle<br />

acque ancora sconosciute ed agitate del futuro “mare nostrum”.<br />

Dice wikipedia,: “Con il termine globalizzazione si indica il fenomeno<br />

di crescita progressiva delle relazioni e degli scambi a livello<br />

mondiale in diversi ambiti, il cui effetto principale è una decisa<br />

convergenza economica e culturale tra i Paesi del mondo. Sebbene<br />

molti preferiscano considerare semplicisticamente questo fenomeno solo a partire dalla fine<br />

del XX secolo, osservatori attenti alla storia parlano di globalizzazione anche nei secoli passati.<br />

Ma erano tempi diversi in cui la globalizzazione si identificava, essenzialmente, nell' internazionalizzazione<br />

delle attività di produzione e degli scambi commerciali”.<br />

Ricorrere alla mera giustificazione, “erano tempi diversi”, è un po' come quando, in occasione<br />

di un matrimonio tra due persone giovanissime che si amano, i genitori dicevano, anzi opponevano,<br />

la tesi, “Sì, eravamo anche più giovani di voi, ma erano tempi diversi”. Ad ogni<br />

era va adattato il suo sistema. Nella nostra troviamo internet e la televisione, i satelliti e i<br />

messaggi via cavo. Al tempo di Egizi e Caldei c'erano tavolette di terracotta incise, papiri,<br />

navi a remi e a vela. Tempi diversi per comunicare informazioni comunque essenziali per la<br />

vita dell'epoca,l'accrescimento delle culture frutto della contaminazione positiva delle esperienze.<br />

Era globalizzazione? Torniamo ai Fenici: chi raccolse il messaggio degli antichi navigatori<br />

mediterranei di allora non fece che consentire l'evoluzione delle proprie potenzialità<br />

protoindustriali. E gli effetti del contatto erano comunque scambi di nozioni, accrescimenti<br />

o evoluzioni di pensieri. Sono i mezzi di trasmissione delle nozioni e i sistemi di conquista<br />

del mercato ad essere cambiati: non è cambiata, ma questa è una forma diversa di globalizzazione,<br />

ostile a scambi culturali e non aziendali, l’atavica paura dell’uomo, la difesa del<br />

proprio orticello e di quel sistema di vita che non vorremmo mai modificare.<br />

Su questo globo, oggi ristretto e piccolo come non mai, non ci sta il terrore che l'altro possa<br />

amche solo far evolvere la realtà costituita nella quale, come in uno stagno al sicuro dal<br />

vento, sguazziamo senza grosse sorprese, senza incertezze. Alle multinazionali del prodotto<br />

risponde la multinazionale del pensiero, la nostra globalizzazione preferita: quella che<br />

leva i primi colpi di vento a spazzare lo stagno, alzando alte le onde.<br />

Lì viaggiano idee e pensieri capaci di abbattere i muri e,consentono,<br />

finalmente, all'uomo di alzare gli occhi verso un cielo sgombro da nubi<br />

e libero.<br />

Questa però non chiamatela globalizzazione. Chiamatelo amore.<br />

Editoriale<br />

Roberto Barucco<br />

Direttore editoriale<br />

Anno III N. 6 Giugno <strong>2010</strong><br />

EDITORIALE<br />

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