15.04.2021 Views

MAP - Magazine Alumni Politecnico di Milano #9 - PRIMAVERA 2021 - Preview

Una piccola preview del nuovo numero degli Alumni del Politecnico di MIlano.

Una piccola preview del nuovo numero degli Alumni del Politecnico di MIlano.

SHOW MORE
SHOW LESS
  • No tags were found...

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

La rivista degli architetti, designer e ingegneri del <strong>Politecnico</strong> <strong>di</strong> <strong>Milano</strong><br />

Numero 9 - Primavera <strong>2021</strong><br />

<strong>Politecnico</strong> in numeri: ranking internazionali e indagini occupazionali - Al <strong>Politecnico</strong> si stu<strong>di</strong>a anche come insegnare meglio - Cosa accade<br />

nelle molecole nell'interazione con la luce? - Chimica, e vita, circolare <strong>di</strong> Gianvito Vilé - Mettiamo alla prova il mondo: reportage dai laboratori<br />

del Poli - Un algoritmo pilota a In<strong>di</strong>anapolis - Dal laboratorio all'impresa: come nasce una spin-off - Progress in research: la ricerca contro<br />

il coronavirus e quella a alto impatto sociale finanziata con il 5 per mille - Girls@Polimi, le borse <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o - Accordo tra il ministero<br />

delle infrastrutture dei trasporti e <strong>Politecnico</strong> <strong>di</strong> <strong>Milano</strong> - Virkill, il tessuto che protegge dai virus - Per mari politecnici: la prima barca al<br />

mondo stampata in 3D e l'Internet of Things per le vele del futuro - Il <strong>Politecnico</strong> su Marte: l'Alumnus che ha progettato il sotto-sistema<br />

robotico <strong>di</strong> Perseverance - Diario dalla Silicon Valley - Made in Polimi: museo a campus aperto - Il nuovo campo sportivo Giuriati - Il nuovo<br />

Campus <strong>di</strong> Architettura - Su strade future: il simulatore <strong>di</strong> guida dl <strong>Politecnico</strong> <strong>di</strong> <strong>Milano</strong> - Una giornata nell'ufficio degli Oggetti Rinvenuti<br />

1


5<br />

MADE IN ITALY<br />

STORIA DELLA PRIMA BARCA<br />

AL MONDO STAMPATA IN 3D<br />

E DEL GIORNO IN CUI HA TOCCATO ACQUA<br />

<strong>di</strong> Carmela Menzella<br />

Si chiama Mambo ed è una barca che ha la forma delle<br />

onde vivaci del mare e la forma data da un nuovo processo<br />

tecnologico nato al +LAB del Poli<br />

60


Il 22 settembre 2020 nel mare <strong>di</strong> Otranto<br />

il vento soffiava a 40 no<strong>di</strong>. C’era stata<br />

da poco una mareggiata e tutti quanti<br />

erano corsi ad ormeggiare le barche.<br />

Solo una barca si avventurava in<br />

acqua, sui fianchi si leggeva “Mambo”.<br />

«Saremmo dovuti partire a breve per<br />

il Salone Nautico <strong>di</strong> Genova, proprio<br />

per presentare la barca, e dunque se<br />

non avessimo fatto il varo tecnico quel<br />

giorno avremmo rischiato <strong>di</strong> vedere<br />

saltare il lavoro <strong>di</strong> mesi», racconta<br />

l’Alumnus Gabriele Natale, presidente<br />

e Ceo <strong>di</strong> Moi Composites, spin-off nata<br />

all’interno del +LAB, il laboratorio <strong>di</strong><br />

stampa 3D del Dipartimento <strong>di</strong> Chimica,<br />

Materiali e Ingegneria Chimica “Giulio<br />

Natta” del <strong>Politecnico</strong> <strong>di</strong> <strong>Milano</strong>.<br />

Mambo, acronimo <strong>di</strong> Motor Ad<strong>di</strong>tive<br />

Manufacturing Boat, è stata presentata<br />

al Salone Nautico Internazionale <strong>di</strong><br />

Genova 2020, come la prima barca al<br />

mondo in vetroresina stampata in 3D.<br />

«Per farlo, utilizziamo fibre <strong>di</strong> vetro<br />

e una matrice <strong>di</strong> vinilestere», spiega<br />

Natale. Il processo è stato brevettato<br />

nel 2015 proprio al +LAB, si tratta <strong>di</strong><br />

una tecnologia CFM, Continuous Fiber<br />

Manufacturing, che unisce le prestazioni<br />

dei materiali compositi a fibra<br />

continua, a matrice termoindurente,<br />

e le potenzialità offerte dai processi<br />

<strong>di</strong> ad<strong>di</strong>tive manufacturing. «Si cambia<br />

la chimica <strong>di</strong> come questo materiale<br />

reagisce. Mi spiego: normalmente si<br />

utilizzano resine molto poco reattive<br />

perché l’artigiano deve avere il<br />

tempo <strong>di</strong> impregnare le fibre <strong>di</strong> vetro<br />

con la resina, prendersi il tempo <strong>di</strong><br />

posizionare il materiale nello stampo<br />

nella corretta posizione, laminare e<br />

rullare il tutto. Noi invece utilizziamo<br />

delle fibre impregnate con delle matrici<br />

che polimerizzano in 20 millisecon<strong>di</strong><br />

e che vengono <strong>di</strong>sposte in maniera<br />

controllata, attraverso un robot che è<br />

in grado <strong>di</strong> stendere questo materiale<br />

ad una velocità sostenuta, anche <strong>di</strong> 100<br />

mm al secondo. Se dovessimo rifare<br />

Mambo oggi ci impiegheremmo poco<br />

meno <strong>di</strong> un mese».<br />

GABRIELE NATALE<br />

Presidente e CEO Moi Composites<br />

Alumnus Design&Engineering<br />

61


MADE IN ITALY<br />

5<br />

La carena ricalca un modello ideato<br />

da Renato “Sonny” Levi, storico<br />

designer e padre fondatore della<br />

moderna motonautica. «Sul <strong>di</strong>segno<br />

<strong>di</strong> questo scafo del 1973 chiamato<br />

“Arci<strong>di</strong>avolo” siamo andati a costruire<br />

delle forme organiche per <strong>di</strong>mostrare<br />

le vere potenzialità dei processi <strong>di</strong><br />

ad<strong>di</strong>tive, ovvero la realizzazione <strong>di</strong><br />

forme estremamente complesse, che<br />

non potrebbero mai essere realizzate<br />

con i processi tra<strong>di</strong>zionali. L’ idea alla<br />

base <strong>di</strong> questo concept è quella <strong>di</strong><br />

passare dalla produzione <strong>di</strong> massa alla<br />

personalizzazione <strong>di</strong> massa. Perché <strong>di</strong><br />

fatto utilizzando un processo <strong>di</strong>gitale<br />

si ha la possibilità <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare la<br />

struttura, la geometria dello scafo ma<br />

anche della parte coperta in funzione<br />

<strong>di</strong> quello che è lo scopo finale della<br />

barca. Si può personalizzare qualsiasi<br />

elemento dell’imbarcazione in base<br />

alle esigenze. Per noi personalizzare<br />

significa ascoltare, capire e interpretare<br />

i bisogni dei clienti». Senza bisogno <strong>di</strong><br />

utilizzare stampi o altre attrezzature,<br />

prendono dunque forma non solo<br />

prototipi ma veri e propri pezzi unici<br />

o prodotti in serie limitata. “We print<br />

it real” è il claim <strong>di</strong> Moi Composites,<br />

Natale ne racconta la genesi: «Io e<br />

Michele Tonizzo, l’altro socio, eravamo<br />

due ricercatori del <strong>Politecnico</strong>, nel<br />

gruppo della professoressa Marinella<br />

Levi, anche lei socia della spin-off.<br />

Michele è un architetto e noi tre soci<br />

incarniamo l’anima del <strong>Politecnico</strong>:<br />

architettura, design e ingegneria. Il<br />

processo <strong>di</strong> lavorazione CFM è partito<br />

dalla mia tesi <strong>di</strong> laurea perché volevo<br />

<strong>di</strong>mostrare la fattibilità <strong>di</strong> questa<br />

tecnologia. Le tecnologie <strong>di</strong> stampa<br />

3D spesso sono viste dall’industria<br />

come tecniche <strong>di</strong> prototipazione,<br />

mentre utilizzando il processo CFM<br />

tutti gli oggetti che abbiamo realizzato<br />

sono oggetti funzionanti: da Mambo<br />

alla Bmx fino allo stakeboard che<br />

realmente Michele utilizza». Non<br />

solo nautica quin<strong>di</strong>, «Tutto il mondo<br />

della personalizzazione è per noi<br />

potenzialmente interessante. Per<br />

esempio, in campo biome<strong>di</strong>cale<br />

abbiamo avviato la produzione <strong>di</strong><br />

sottostrutture <strong>di</strong> rinforzo in 3D per<br />

protesi». Il futuro del mare, in Moi<br />

Composites, lo immaginano Green.<br />

«Come tutte le tecnologie <strong>di</strong> ad<strong>di</strong>tive<br />

manufacturing, anche la tecnologia<br />

CFM utilizza solo il materiale necessario<br />

alla produzione del componente<br />

desiderato, e questo è solo l’aspetto<br />

più visibile. Se consideriamo che<br />

ad oggi per la realizzazione <strong>di</strong> un<br />

prodotto in composito bisogna creare<br />

prima il modello, da questo ricavare<br />

lo stampo e che in qualche modo a<br />

fine ciclo questi tool dovranno essere<br />

smaltiti, allora l’impatto ambientale<br />

<strong>di</strong>venta ancora più significativo.<br />

Aggiungiamo che in alcuni settori e<br />

per la creazione <strong>di</strong> alcuni componenti<br />

in composito le operazioni <strong>di</strong> trim<br />

possono anche arrivare a produrre il<br />

60% <strong>di</strong> scarti <strong>di</strong> lavorazione, ve<strong>di</strong>amo<br />

quin<strong>di</strong> che l’impatto ambientale viene<br />

notevolmente abbattuto».<br />

Tornando a quel 22 settembre 2020<br />

Gabriele Natale ricorda: «Vedere<br />

questa barca presa con le fasce e<br />

sospesa in aria, sapendo che era stata<br />

stampata in 3D ed era stata realizzata<br />

utilizzando dei canoni <strong>di</strong> progettazione<br />

completamente <strong>di</strong>fferenti da quello<br />

che è lo standard, è stato emozionante.<br />

Nell’attimo in cui Mambo ha toccato il<br />

pelo dell’acqua, si è fermato il cuore».<br />

62


63


MADE IN ITALY<br />

UN SISTEMA A GONFIE VELE,<br />

RICOPERTE DI SENSORI<br />

<strong>di</strong> Giulio Pons<br />

5


La parte più antica e importante delle imbarcazioni, la vela, è quella<br />

<strong>di</strong> cui meno conosciamo i parametri. Fino ad oggi. La startup Koyré,<br />

<strong>di</strong> cui fanno parte due <strong>Alumni</strong>, ha appena sviluppato un sistema <strong>di</strong><br />

sensori in ottica IoT<br />

Per parlare <strong>di</strong> futuro, e del futuro della<br />

barca a vela, l’Alumnus Marco Caglieris<br />

prende in prestito le parole <strong>di</strong> un uomo<br />

nato nel 1824, il fisico e ingegnere<br />

britannico Lord William Thomson Kelvin:<br />

“Quando puoi misurare ciò <strong>di</strong> cui stai<br />

parlando, ed esprimerlo in numeri, puoi<br />

affermare <strong>di</strong> saperne qualcosa”. La startup<br />

Koyré, che Caglieris ed altri quattro soci<br />

hanno avviato insieme nel 2018 e <strong>di</strong> cui<br />

fa parte anche l’Alumnus Luca Formentini,<br />

si basa proprio sul prendere le misure <strong>di</strong><br />

ciò che ancora non conosciamo. E nello<br />

specifico, con il progetto SENSORSAIL,<br />

ciò che non conosciamo appieno sono<br />

le vele delle imbarcazioni. «Noi soci <strong>di</strong><br />

Koyré siamo tutti appassionati velisti,<br />

regatiamo spesso tra Francia, Spagna e<br />

nei mari e laghi italiani. Conoscendo il<br />

mondo della nautica, ed unendolo alle<br />

nostre conoscenze professionali, siamo<br />

ingegneri e fisici, sapevamo che per le<br />

vele non erano stati sviluppati dei sistemi<br />

<strong>di</strong> misurazione oggettivi. Una barca da<br />

regata presenta centinaia <strong>di</strong> sensori<br />

capaci <strong>di</strong> rilevare parametri utili sia ai<br />

progettisti che a velisti e navigatori per<br />

valutare la performance. La vela, che è<br />

l’elemento più importante <strong>di</strong> una barca,<br />

ne è però oggi priva, perché i sistemi<br />

attuali ancor oggi non sono utilizzabili su<br />

una struttura flessibile e nelle con<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>di</strong> navigazione <strong>di</strong> una barca a vela. Le<br />

misurazioni <strong>di</strong> parametri quali tensioni<br />

e deformazioni in questo senso, fatte<br />

anche dai migliori tecnici <strong>di</strong>sponibili, sono<br />

sempre stimate. Noi invece vogliamo<br />

offrire degli elementi <strong>di</strong> oggettività».<br />

Nasce così SENSORSAIL, un nuovo sistema<br />

per la valutazione delle performance<br />

attraverso la sensorizzazione delle parti<br />

flessibili delle imbarcazioni, utilizzando<br />

l’analisi dei dati in ottica Industria 4.0.<br />

Come funziona? Dal mondo nautico<br />

spostiamoci a quello dello smart<br />

clothing, ovvero l’abbigliamento tecnico<br />

sensorizzato con <strong>di</strong>spositivi elettronici,<br />

che consente <strong>di</strong> monitorare le funzioni<br />

corporee a scopo me<strong>di</strong>co o <strong>di</strong> benessere.<br />

Grazie a questi indumenti si possono ad<br />

esempio misurare i parametri fisiologici<br />

e rilevare i dati dell’attività sportiva.<br />

«Dall’abbigliamento sensorizzato abbiamo<br />

mutato l’utilizzo <strong>di</strong> questi sensori molto<br />

sofisticati - spiega Caglieris - e abbiamo<br />

sondato l’interesse in campo industriale».<br />

La vita sconosciuta delle vele può rivelarci<br />

molte cose: «Si degradano in tempi<br />

<strong>di</strong>versi a seconda <strong>di</strong> quanto sono state<br />

esposte alla luce del sole; un altro dato<br />

particolarmente importante è quello delle<br />

vibrazioni, perché più sono sollecitate<br />

e più si usurano. Ma è soprattutto la<br />

rilevazione <strong>di</strong> sforzi e deformazioni ad<br />

«Le Tecnologie IoT<br />

saranno sempre più<br />

pervasive. Passeremo<br />

dall’Internet of<br />

Thing all’Internet of<br />

Everything»<br />

MARCO CAGLIERIS<br />

Co-fondatore e CEO <strong>di</strong> Koyré<br />

Alumnus MIP<br />

essere interessante: se posso sapere in<br />

anticipo che un’attrezzatura è giunta alla<br />

fine del suo ciclo, posso sostituirla prima<br />

che ne <strong>di</strong>minuiscano le prestazioni o si<br />

rischi una rottura. Ad oggi, come <strong>di</strong>cevo<br />

prima, questi parametri non hanno<br />

misurazioni oggettive e ci si limita ad<br />

una valutazione qualitativa». Due sono i<br />

potenziali clienti del sistema: i progettisti<br />

e gli utilizzatori i quali, analizzando in<br />

tempo reale le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> utilizzo,<br />

possono migliorare prestazioni, durata e<br />

sicurezza del sistema vele/scafo.<br />

Il nome della startup cita un altro<br />

personaggio <strong>di</strong> fine ‘800, lo storico<br />

della scienza e filosofo russo Alexandre<br />

Koyré, autore del saggio “Dal mondo del<br />

pressappoco all’universo della precisione”.<br />

«Al <strong>Politecnico</strong> <strong>di</strong> <strong>Milano</strong> - <strong>di</strong>ce Caglieris -<br />

ho appreso un concetto fondamentale: la<br />

<strong>di</strong>fferenza tra invenzione e innovazione.<br />

L’invenzione è l’idea. L’innovazione è<br />

mettere insieme tutte le componenti:<br />

dai clienti ai tecnici, dai fornitori ai<br />

finanziatori, il team e le competenze,<br />

per realizzarla e portarla realmente sul<br />

mercato. Ci prefiggiamo che questo<br />

avvenga entro la fine <strong>di</strong> quest’anno». Il<br />

sistema è sviluppato in logica Internet of<br />

Things e sarà poi potenziato da sistemi <strong>di</strong><br />

intelligenza artificiale (AI) per l’analisi dei<br />

dati. In che modo? Caglieris spiega: avere<br />

i dati per i nostri clienti è fondamentale,<br />

ma lo è ancor più <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> sistemi che<br />

li analizzano in tempo reale per restituire<br />

informazioni semplici, imme<strong>di</strong>ate e utili<br />

sia ai neofiti sia ai professionisti del<br />

settore. «La vela è una passione ma è<br />

solo il primo <strong>di</strong> molti settori che stiamo<br />

valutando: abbiamo incontrato aziende <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>versi settori industriali, dove abbiamo<br />

verificato che ci sono esigenze che<br />

non trovano oggi soluzioni adeguate».<br />

Viene da chiedersi: un mondo ci cui<br />

conosciamo ogni misura, che mondo<br />

sarà? Caglieris risponde così: «Il trend<br />

è segnato da tempo e le tecnologie IoT<br />

saranno pervasive, <strong>di</strong>ventando Internet of<br />

Everything». Poi, conclude: «L’importante<br />

è che questi dati rimangano in secondo<br />

piano, ci aiutino in modo invisibile a<br />

vivere in un mondo più semplice e ci<br />

permettano <strong>di</strong> godere ancor più della<br />

bellezza del mare, della magia del vento e<br />

del sapore delle competizioni».<br />

65


6<br />

NEL MONDO<br />

STORIE DA UN ALTRO PIANETA:<br />

CON I PIEDI SULLA TERRA,<br />

LA TESTA SU MARTE<br />

E IL CUORE NEL LANCIO<br />

NASA/JPL-Caltech/ASU/MSSS<br />

66


L’Alumnus Marco Dolci, responsabile della matematica<br />

del sotto-sistema robotico del rover Perseverance,<br />

ci racconta com’è essere “uno dei mille” del progetto Mars2020.<br />

E com’è vivere in <strong>di</strong>fferita tra Terra e Marte<br />

<strong>di</strong> Irene Zreick<br />

Segui gli<br />

aggiornamenti <strong>di</strong><br />

Perseverance su<br />

Instagram<br />

NASA/JPL-Caltech<br />

67


NEL MONDO<br />

6<br />

Il progetto Mars2020 inizia a prendere<br />

forma nel 2012, dopo l’atterraggio, o meglio,<br />

l’ammartaggio, del rover Curiosity. Ci sono<br />

voluti quasi <strong>di</strong>eci anni per perfezionare<br />

il design, fare calcoli, proiezioni, test e<br />

partorire, alla fine, il rover Perseverance,<br />

ammartato lo scorso 18 febbraio.<br />

“Partorire” è un termine che racconta sia<br />

le <strong>di</strong>fficoltà che il grande coinvolgimento<br />

<strong>di</strong> chi ci lavora ogni giorno. «Dalla bozza<br />

iniziale, fino a poter toccare il rover con<br />

le mani e vedere che funziona come ci<br />

si aspetta… è come prendersi cura <strong>di</strong> un<br />

bambino che cresce», ci racconta Marco<br />

Dolci, ingegnere e Alumnus del <strong>Politecnico</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>Milano</strong>, uno dei 1.000 ingegneri,<br />

scienziati e ricercatori che hanno<br />

contribuito a dar vita a Perseverance.<br />

«Come genitori, nella sua avventura noi<br />

siamo sempre lì per lui, che però segue la<br />

sua strada e va lontano. È un parallelismo<br />

che vale anche nell’apprezzamento<br />

al dettaglio delle piccole cose che<br />

Perseverance fa, ogni giorno. Tra i<br />

giornalisti e nella società c’è sempre la<br />

tendenza a chiederci quale sia la sua<br />

ultima grande scoperta; ma per gente che<br />

ci lavora ogni giorno da quasi 10 anni, ogni<br />

passetto che fa è un evento grande: <strong>di</strong>etro<br />

c’è il lavoro <strong>di</strong> tante persone che ci hanno<br />

pensato, che ci hanno fatto innumerevoli<br />

test, che non hanno dormito, affinché<br />

quel singolo passo fosse possibile».<br />

Marco è “uno dei 1.000” da cinque anni,<br />

come ingegnere dei sistemi robotici, un<br />

ruolo che gli ha permesso <strong>di</strong> seguire da<br />

vicino le varie fasi dell’evoluzione del<br />

rover. Da lui ci siamo fatti raccontare<br />

la missione Mars2020 e gli obiettivi del<br />

piccolo grande Perseverance. «È prima <strong>di</strong><br />

tutto una missione <strong>di</strong> esplorazione del<br />

suolo marziano e ha quattro obiettivi<br />

fondamentali. Il primo e più imme<strong>di</strong>ato<br />

è lo stu<strong>di</strong>o della geologia marziana»,<br />

spiega Dolci. Perseverance è una specie<br />

<strong>di</strong> geologo robotico e stu<strong>di</strong>a le rocce e<br />

le proprietà minerali del suolo marziano,<br />

su scale che vanno da 1 metro a 1 mm <strong>di</strong><br />

grandezza. Il secondo obiettivo tocca una<br />

delle gran<strong>di</strong> domande dell’astrobiologia:<br />

«Noi sappiamo che Marte, dal punto <strong>di</strong><br />

vista dell’evoluzione planetaria, fino a<br />

3 miliar<strong>di</strong> e mezzo <strong>di</strong> anni fa era molto<br />

simile alla Terra. Poi è successo qualcosa,<br />

un evento che non conosciamo, che<br />

lo ha trasformato in quello che è oggi,<br />

ma non sappiamo se in quel momento<br />

Marte ospitasse vita né se, in mancanza<br />

<strong>di</strong> quell’evento, l’evoluzione sarebbe<br />

proseguita in modo simile a come è<br />

accaduto sulla Terra». Perseverance<br />

cercherà <strong>di</strong> far luce su questo con analisi<br />

<strong>di</strong> suolo a bordo del rover, per capire<br />

se il pianeta, in un certo punto del<br />

suo passato, poteva rappresentare un<br />

ambiente favorevole a ospitare vita. Un<br />

altro compito importante <strong>di</strong> Perseverance<br />

è la raccolta <strong>di</strong> campioni <strong>di</strong> suolo, roccia<br />

e atmosfera per una eventuale futura<br />

missione <strong>di</strong> «Mars sample return: il cui<br />

obiettivo sarebbe quello <strong>di</strong> poter riportare<br />

questi campioni sulla Terra per poterli<br />

analizzare. Sarebbe un evento scientifico<br />

<strong>di</strong> gran<strong>di</strong>ssimo livello internazionale e<br />

rappresenterebbe una svolta negli stu<strong>di</strong><br />

per capire se Marte potesse ospitare<br />

la vita». E infine, pensando ancora più<br />

in grande, Perseverance è su Marte<br />

anche per preparare l’esplorazione<br />

umana: sono previsti infatti alcuni<br />

esperimenti specifici che permetteranno<br />

<strong>di</strong> capire se sia possibile utilizzare<br />

risorse marziane per rendere il pianeta<br />

più abitabile per un’eventuale missione<br />

con “veri esseri umani a bordo”.<br />

In questo momento «Perseverance sta<br />

bene», ci conferma Dolci. Le attività del<br />

rover possono essere seguite (quasi) in<br />

<strong>di</strong>retta sui canali della NASA, che ne dà<br />

aggiornamenti ora per ora su Instagram<br />

Dolci si occupa del sotto-sistema<br />

robotico del rover e, in particolare, dei<br />

due manipolatori, il braccio robotico<br />

esterno e quello interno. Il design è molto<br />

simile a quello <strong>di</strong> Curiosity (un design<br />

collaudato aiuta a minimizzare i rischi)<br />

ma ci sono alcune importanti <strong>di</strong>fferenze.<br />

NASA/JPL-Caltech/MSSS/ASU<br />

68


Il sotto-sistema robotico <strong>di</strong> Perseverance,<br />

progettato da Dolci, è il più complesso<br />

mai mandato dall’uomo al <strong>di</strong> là dell’orbita<br />

terrestre per poter esplorare il sistema<br />

solare. «È composto da due parti», ci<br />

spiega l’ingegnere, «una parte è il braccio<br />

robotico <strong>di</strong> circa 2 metri, che porta,<br />

sull’estremità, una torretta con strumenti<br />

scientifici per le analisi e una trivella per<br />

raccogliere campioni. Una volta che il<br />

campione è raccolto, il braccio si piega<br />

verso il rover e deposita il campione<br />

nella “pancia” <strong>di</strong> Perseverance. All’interno<br />

del rover c’è un altro braccio robotico<br />

che prende il campione, lo inserisce in<br />

un tubo, lo esamina e lo mette al sicuro,<br />

con l’idea <strong>di</strong> lasciarlo sul suolo marziano<br />

per un’eventuale futura missione <strong>di</strong><br />

recupero». Marco ha seguito il progetto<br />

dalla fase <strong>di</strong> test, verification e validation<br />

fino al lancio e anche adesso, nella fase<br />

<strong>di</strong> operations: «sviluppo la matematica, la<br />

applico al software e valuto come questo<br />

interagisce con l’hardware, cioè con tutto<br />

il sistema». Il suo compito, dunque, è<br />

stato quello <strong>di</strong> supervisionare la crescita<br />

armoniosa del sistema, tenendo conto<br />

dell’hardware, del software, dei dati<br />

<strong>di</strong> avionica, e far sì che «tutto venisse<br />

costruito in maniera ragionevole» tenendo<br />

conto <strong>di</strong> tutti i fattori in gioco. Dolci ci<br />

spiega che la maggiore criticità in questo<br />

tipo <strong>di</strong> impresa è che non possiamo<br />

controllare l’ambiente nel quale il rover<br />

andrà ad operate una volta arrivato a<br />

destinazione. «Chiamiamo questo tipo <strong>di</strong><br />

variabili “incognite nascoste”. Dobbiamo<br />

far sì che il sistema possa sopravvivere<br />

e operare in modo affidabile anche<br />

se le con<strong>di</strong>zioni al contorno variano<br />

e questa è una grande sfida. Non c’è<br />

una soluzione già preconfezionata,<br />

la dobbiamo costruire noi».<br />

Com’è una “giornata tipo” nella vita<br />

<strong>di</strong> Perseverance e dei “suoi 1.000”?<br />

«Noi viviamo sulla Terra», ci spiega<br />

pazientemente Dolci, «ma lavoriamo sul<br />

tempo <strong>di</strong> Marte. E questo crea qualche<br />

effetto collaterale nelle nostre vite,<br />

perché il giorno, su Marte, dura 25 ore.<br />

Quin<strong>di</strong> ogni giorno il nostro orario <strong>di</strong><br />

entrata al lavoro sfasa <strong>di</strong> un’ora. All’inizio<br />

del mese iniziamo alle 8, il giorno dopo<br />

alle 9 e così via. Ci sono giorni in cui si<br />

comincia alle 2 <strong>di</strong> notte!» Questo per<br />

seguire e ottimizzare il tempo del rover<br />

su Marte, che lavora durante il dì, e <strong>di</strong><br />

notte si riposa (o meglio, si ricarica).<br />

«Qui, a NASA-JPL CalTech, “oggi” e<br />

“domani” si <strong>di</strong>cono in modo <strong>di</strong>verso a<br />

seconda che intendano il giorno terrestre<br />

o quello marziano. Il giorno marziano<br />

si chiama “sol”. Quin<strong>di</strong>, se per “oggi<br />

sulla Terra” <strong>di</strong>ciamo “today”, quando ci<br />

riferiamo a Marte <strong>di</strong>ciamo “tosol”. Per <strong>di</strong>re<br />

“domani” usiamo “tomorrow” e “solorrow”.<br />

«La maggiore<br />

criticità in questo tipo<br />

<strong>di</strong> impresa è che non<br />

possiamo controllare<br />

l’ambiente nel<br />

quale il rover<br />

andrà ad operare<br />

una volta arrivato<br />

a destinazione.<br />

Chiamiamo<br />

questo tipo <strong>di</strong><br />

variabili “incognite<br />

nascoste”»<br />

69


6<br />

NEL MONDO<br />

NASA/JPL-Caltech<br />

NASA/JPL-Caltech/ASU/MSSS<br />

70


Può creare un po’ <strong>di</strong> confusione… anche<br />

se oggi è molto più facile, non servono più<br />

calendari e orologi, abbiamo le app che<br />

sincronizzano tutte le operazioni».<br />

Questi primi mesi <strong>di</strong> missione vengono<br />

detti <strong>di</strong> “commissioning”. Servono per<br />

valutare che il rover funzioni bene<br />

nell’ambiente, prima <strong>di</strong> iniziare la<br />

missione <strong>di</strong> esplorazione vera e propria.<br />

«Ogni sera, prima <strong>di</strong> andare a dormire,<br />

Perseverance ci manda tutti i dati relativi<br />

alle attività della giornata. Mentre lui<br />

dorme, noi analizziamo questi dati e gli<br />

<strong>di</strong>amo la sequenza <strong>di</strong> cose che fare per il<br />

giorno dopo». Questi dati vengono inviati<br />

a Terra attraverso la Deep Space Network,<br />

l’unico sistema al mondo che permetta<br />

<strong>di</strong> ricevere informazioni e controllare gli<br />

spacecrafts oltre l’orbita lunare. È costituita<br />

da 3 gran<strong>di</strong> antenne dal <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 70<br />

m che si trovano in Australia, in Spagna<br />

e in California, in modo da fornire<br />

sempre un punto attracco per i dati che<br />

vengono inviati in<strong>di</strong>pendentemente<br />

dalla posizione relativa alla Terra. I<br />

dati convergono a NASA-JPL CalTech,<br />

che controlla la Deep Space Network.<br />

«Perseverance è atterrato in un cratere<br />

che si chiama Jezero, che sembra essere<br />

un antico lago. Sul bordo del cratere<br />

c’è un delta che pare proprio essere<br />

la foce <strong>di</strong> un fiume. Alla fine della fase<br />

<strong>di</strong> commissioning, per i successivi 2<br />

anni terrestri, Perseverance realizzerà<br />

la sua missione esplorativa vera e<br />

propria, che consiste nel risalire il<br />

letto <strong>di</strong> questo fiume. E poi… chissà!».<br />

Ma non è solo il futuro lontano a<br />

nascondere incognite. «Tutti i giorni<br />

affronto problemi che non so come<br />

risolvere e che nessuno ha mai risolto<br />

prima: non esistono libri <strong>di</strong> testo. Il<br />

motto <strong>di</strong> NASA-JPL CalTech è “Dare<br />

Mighty Things”, cioè “osate cose gran<strong>di</strong>”.<br />

È il nostro approccio alle sfide, ma è un<br />

approccio che ha ra<strong>di</strong>ci molto umane: noi<br />

siamo esploratori, dobbiamo lanciare,<br />

dobbiamo andare dove nessuno è mai<br />

andato, dobbiamo andare, conoscere,<br />

esplorare. Lavoriamo a problemi che<br />

nessuno ha mai risolto e il punto è che<br />

noi dobbiamo risolverli. Dobbiamo<br />

trovare una soluzione e <strong>di</strong>mostrare che è<br />

robusta e affidabile, che funziona anche<br />

se le circostanze cambiano». A NASA-<br />

JPL CalTech lavorano circa 6.000 persone<br />

<strong>di</strong>vise in due gran<strong>di</strong> aree, una che si<br />

occupa <strong>di</strong> ricerca pura, l’altra <strong>di</strong> flight<br />

projects, come Perseverance, Curiosity,<br />

Cassini–Huygens e molti altri. «Io seguo<br />

progetti <strong>di</strong> volo», racconta Dolci, «ed è<br />

un ambiente molto <strong>di</strong>namico, eccitante,<br />

febbrile perché bisogna lanciare. BISOGNA<br />

LANCIARE!!! Tutto quello che facciamo è<br />

per poter lanciare. D’altra parte, per poter<br />

lanciare, dobbiamo <strong>di</strong>mostrare che quello<br />

che noi pensiamo sia giusto. È sempre<br />

una sfida e la affrontiamo con una<br />

buona dose <strong>di</strong> paranoia ingegneristica,<br />

ponendoci in maniera critica rispetto<br />

al problema, col desiderio <strong>di</strong> imparare<br />

e fare sempre meglio. Può esserci tanta<br />

tensione nei momenti più delicati, come<br />

i test che devono validare i modelli o,<br />

naturalmente, come l’atterraggio <strong>di</strong> un<br />

rover, ma li affrontiamo con la fiducia nei<br />

colleghi, che hanno fatto del loro meglio,<br />

e in un sistema <strong>di</strong> revisioni e assistenza<br />

che aiuta a minimizzare gli errori.<br />

Anche nei momenti in cui io non sono<br />

coinvolto <strong>di</strong>rettamente, come l’atterraggio<br />

appunto, so che i miei colleghi stanno sul<br />

problema esattamente come farei io».<br />

Ma da dove è partito il lancio <strong>di</strong> Marco<br />

Dolci verso quest’avventura spaziale?<br />

Dolci si laurea in fisica all’Università<br />

Statale <strong>di</strong> <strong>Milano</strong> (sia laurea triennale<br />

che magistrale). Dopo<strong>di</strong>ché gli offrono<br />

la possibilità <strong>di</strong> fare un dottorato in<br />

astrofisica. «Ma io ho sempre avuto il<br />

desiderio <strong>di</strong> un’unità <strong>di</strong> conoscenza<br />

tra scienza e tecnologia in ambito<br />

spaziale, così ho deciso <strong>di</strong> iscrivermi<br />

al <strong>Politecnico</strong> <strong>di</strong> <strong>Milano</strong> per prendere<br />

un’altra laurea magistrale in Ingegneria<br />

Spaziale», racconta. «Proprio in quel<br />

periodo partecipai a un concorso per<br />

studenti <strong>di</strong> ingegneria e fisica italiani,<br />

sponsorizzato da ASI e ISSNAF. Il premio<br />

era andare 2 mesi in un centro <strong>di</strong><br />

ricerca nordamericano a scelta. Lo vinsi.<br />

Volevo andare a NASA-JPL CalTech. Non<br />

sapevo niente, non sapevo neanche<br />

dove fosse, era in California ma per me<br />

poteva essere in cima a un ghiacciaio<br />

dell’Alaska: io volevo andare lì perché è il<br />

centro mon<strong>di</strong>ale leader dell’esplorazione<br />

robotica del sistema solare e quin<strong>di</strong><br />

dell’intero universo. Ci rimasi un annetto,<br />

non due mesi, lavorando a missioni <strong>di</strong><br />

astrofisica <strong>di</strong> piccola e me<strong>di</strong>a stazza.<br />

Quando tornai in Italia, dopo la laurea al<br />

<strong>Politecnico</strong> <strong>di</strong> <strong>Milano</strong>, iniziai un dottorato<br />

a Torino. Appena ho potuto, sono tornato<br />

a NASA-JPL CalTech e dopo intensi<br />

colloqui sono stato assunto. Tutto quello<br />

che ho fatto mi è servito per arrivare dove<br />

sono oggi. Quello che mi colpisce molto<br />

dell’approccio italiano, e in particolare del<br />

<strong>Politecnico</strong> <strong>di</strong> <strong>Milano</strong>, è questa visione <strong>di</strong><br />

ingegneria <strong>di</strong> sistema. Ingegneria Spaziale<br />

è un’ingegneria <strong>di</strong> sistema, che prende il<br />

sistema spaziale e lo decompone dei vari<br />

sotto-sistemi. Ogni insegnamento è un<br />

approfon<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> un sotto-sistema e<br />

questo permette <strong>di</strong> avere una conoscenza<br />

globale molto approfon<strong>di</strong>ta e considerare<br />

il sistema nella sua interezza. L’approccio<br />

matematico che ho è dovuto agli stu<strong>di</strong><br />

fisici, ma io mi considero prima <strong>di</strong> tutto un<br />

ingegnere <strong>di</strong> sistemi: la mia vera natura è<br />

quella <strong>di</strong> essere un ingegnere che guarda<br />

al sistema nella sua interezza e cerca <strong>di</strong><br />

ottimizzarlo».<br />

MARCO DOLCI<br />

NASA-JPL Caltech Robotics<br />

Systems Engineer<br />

Alumnus Ingegneria Spaziale<br />

NASA/JPL-Caltech<br />

71


NEL MONDO<br />

6<br />

DIARIO DALLA MIA<br />

SILICON VALLEY<br />

<strong>di</strong> Paolo Sacchetto


73


NEL MODNO<br />

6<br />

Dal 2007 l’Alumnus Paolo Sacchetto sale in bicicletta e raggiunge<br />

il suo posto <strong>di</strong> lavoro: Apple Park a Cupertino, dove oggi <strong>di</strong>rige l’Area<br />

Display. In esclusiva per noi, il <strong>di</strong>ario <strong>di</strong> una sua giornata<br />

LA SVEGLIA<br />

Mi sveglio tra le 6:30 e le 7:00. La prima<br />

cosa che vedo sono le tende, le apro e<br />

mi affaccio su un panorama <strong>di</strong> villette<br />

con il giar<strong>di</strong>no. Si ha l’impressione<br />

<strong>di</strong> vivere in un paesino <strong>di</strong> periferia<br />

ma in realtà ci troviamo nel centro<br />

<strong>di</strong> Cupertino. Da 18 anni questo è il<br />

paesaggio su cui poso lo sguardo, e poi<br />

l’iPhone. Subito dopo metto gli occhi<br />

sulle scarpe da corsa, sul sellino della<br />

bicicletta o nell’acqua della piscina<br />

in cui mi tuffo. Una delle sveglie<br />

più importanti della mia vita risale<br />

all’estate del 1999. Avevo inviato più <strong>di</strong><br />

20 curriculum a <strong>di</strong>verse aziende della<br />

Silicon Valley e avevo programmato<br />

appositamente le vacanze a San<br />

Francisco. Conservo un’immagine<br />

<strong>di</strong> una <strong>di</strong> quelle mattine: io e mia<br />

moglie Graziella, nel parcheggio della<br />

CIENA Corporation, una startup <strong>di</strong><br />

neanche cinquanta persone. Abituati<br />

al campus Alcatel <strong>di</strong> Vimercate, dove<br />

allora lavoravo, Graziella mi chiese:<br />

«Sei sicuro che vuoi venire qui?». Le<br />

<strong>di</strong>ssi: «No, non sono sicuro». Dopo<br />

quattro ore <strong>di</strong> colloqui uscii con la<br />

risposta contraria. Ad affascinarmi fu<br />

la missione aziendale: l'espansione <strong>di</strong><br />

internet avrebbe migliorato la qualità<br />

della vita delle persone.<br />

LA MATTINA<br />

La qualità della vita per me è andare<br />

in bicicletta al lavoro, pensando al<br />

lavoro che farò <strong>di</strong> lì a breve. Ci impiego<br />

il tempo <strong>di</strong> 2 chilometri in bicicletta<br />

e alle 9:00 sono a Apple Park. Fu<br />

proprio un vicino <strong>di</strong> casa, che nel 2007<br />

lavorava già qui, a propormi <strong>di</strong> inviare<br />

il curriculum. Oggi sono il responsabile<br />

dell’area <strong>di</strong>splay. La mia agenda del<br />

mattino è ricca <strong>di</strong> projects review, in<br />

cui gli ingegneri presentano a me e ad<br />

altri <strong>di</strong>rettori lo stato <strong>di</strong> avanzamento<br />

dei vari progetti. Dal mio ufficio posso<br />

spaziare con la vista e vedere le<br />

cento persone del mio team, siamo<br />

circondati da vetrate, rifiniture in legno<br />

e spazi aperti. Poi posso vedere anche<br />

la mia famiglia, nella foto incorniciata<br />

su <strong>di</strong> un quadretto. Sulla scrivania ho<br />

le cose che più mi sono care, e che ho<br />

collaborato a sviluppare qui in Apple:<br />

ad esempio il primo monitor 24 pollici<br />

in alluminio, svariati iPhone, Watch<br />

e l’iPad 3 con la tecnologia Display<br />

Retina sviluppata da noi, un progetto<br />

<strong>di</strong> tre anni in cui ho messo tutto il mio<br />

amore. Un giorno impresso nella mia<br />

memoria è il 27 gennaio 2010, quando<br />

Steve Jobs salì sul palco mostrando<br />

le tavole della legge <strong>di</strong> Mosè e <strong>di</strong>sse:<br />

«Vogliamo far partire il 2010 come<br />

si deve, annunciando un prodotto<br />

veramente magico e rivoluzionario».<br />

Io ero proprio lì sotto, nelle prime file:<br />

«L'abbiamo chiamato iPad».<br />

IL PRANZO<br />

Il pranzo è strategico. Normalmente lo<br />

faccio ad Apple Park, insieme ad un<br />

manager <strong>di</strong> una delle altre <strong>di</strong>visioni<br />

aziendali, per scambiarci consigli,<br />

appunto, strategici, idee, esperienze, e<br />

aprire una piccola finestra sul lavoro<br />

degli altri. Se ripenso ai panorami<br />

della mia vita, la mia prima finestra sul<br />

mondo è stato il <strong>Politecnico</strong>. Mi sono<br />

laureato in telecomunicazioni nel 1996.<br />

Durante i miei anni <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, internet<br />

era in una fase embrionale e, sentendo<br />

a lezione delle scoperte tecnologiche e<br />

dei nuovi prodotti concepiti in Silicon<br />

Valley, nasceva e cresceva in me il<br />

desiderio <strong>di</strong> venire a lavorarci. Il Poli<br />

mi ha aperto gli occhi su quello che<br />

accadeva in ambiti internazionali e<br />

io immaginavo <strong>di</strong> scostare le tende <strong>di</strong><br />

casa e <strong>di</strong> ritrovarmi qui.<br />

IL POMERIGGIO<br />

Nel pomeriggio cerco <strong>di</strong> concentrare gli<br />

incontri per nuovi progetti a lungo termine,<br />

brainstorming <strong>di</strong> nuove idee o incontri<br />

uno a uno con i miei collaboratori.<br />

Dietro ad ogni prodotto sul quale<br />

ho lavorato c’è un'esperienza <strong>di</strong> gruppo<br />

che mi ha lasciato molto non solo a<br />

livello professionale ma anche umano.<br />

Ringrazio il <strong>Politecnico</strong> <strong>di</strong> <strong>Milano</strong> per<br />

avermi dato la possibilità <strong>di</strong> maturare<br />

la capacità <strong>di</strong> lavorare bene in gruppo.<br />

Il Poli è stato tosto! Stu<strong>di</strong>are e andare<br />

bene al <strong>Politecnico</strong> era <strong>di</strong>fficile. Fin<br />

dal primo anno, sono stato fortunato a<br />

trovare un gruppo <strong>di</strong> altri quattro studenti<br />

con cui stu<strong>di</strong>are insieme dopo le<br />

lezioni o nei fine settimana. Ci aiutavamo<br />

a vicenda e ancora oggi ci sentiamo<br />

regolarmente. Nel mio lavoro, più che<br />

PAOLO SACCHETTO<br />

Apple<br />

Director, Display Electrical Engineering<br />

Alumnus Ingegneria delle Telecomunicazioni<br />

74


le parti tecniche <strong>di</strong> un prodotto, che sia<br />

un successo o un fallimento, mi rimane<br />

l’esperienza <strong>di</strong> gruppo. Le giornate memorabili<br />

sono anche quelle <strong>di</strong>fficili, in<br />

cui ho dovuto risolvere problemi inaspettati.<br />

Applichiamo nuove tecnologie<br />

a prodotti rivoluzionari per la prima<br />

volta al mondo. Ogni anno sperimentiamo<br />

cose nuove. Questo implica incorrere<br />

spesso in errori o esperimenti<br />

falliti. Nel corso degli anni ho imparato<br />

a vedere gli errori con un'ottica <strong>di</strong>versa<br />

da quella che avevo in Italia o all’inizio<br />

della mia carriera lavorativa.<br />

LA SERA<br />

Torno a casa alla sera verso le 19:00<br />

per cenare con la famiglia. Dopo cena,<br />

e dopo essermi preso una pausa,<br />

verso le 20:30, leggo e rispondo alle<br />

email fino alle 22:30. Poi vado a letto.<br />

Gli stu<strong>di</strong> in<strong>di</strong>cano che l’esposizione<br />

alla luce blu durante le ore serali può<br />

influire sui ritmi circa<strong>di</strong>ani e ritardare<br />

il sonno. Così uso la modalità, da noi<br />

sviluppata, <strong>di</strong> Night Shift, che porta<br />

automaticamente i colori del <strong>di</strong>splay<br />

verso le gradazioni più calde dello<br />

spettro. Al mattino, il <strong>di</strong>splay ritorna<br />

alle impostazioni originali. In questo<br />

modo il <strong>di</strong>splay si adatta al mio ritmo<br />

circa<strong>di</strong>ano. Cosa sogno? Steve Jobs<br />

<strong>di</strong>ceva che “l’unico modo per fare un<br />

ottimo lavoro è amare quello che fai”.<br />

Ecco, Io sogno il <strong>di</strong>splay perfetto: quello<br />

che non si vede. Immagino davvero <strong>di</strong><br />

raggiungere una fedeltà <strong>di</strong> risoluzione<br />

e movimenti riprodotti sul <strong>di</strong>splay tali<br />

da vedere come da una finestra. Una<br />

realtà. Ci si affaccia e mi teletrasporto<br />

in Italia, come fossi davvero lì.<br />

75


<strong>Alumni</strong>@polimi.it | www.alumni.polimi.it<br />

100

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!