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tenimento della sua vita, sia come bìos sia z ¯oé 16 , cioè il nutrimento o l’alimentazione,
che dir si voglia. E tra le ‘vivande’, posizione tutta speciale occupa la più sfuggente
delle bevande, la meno necessaria e pure la più desiderabile e appetibile,
che ti porta a essere più di te e altro da te, o meno di te fino alla bestialità; a rivelare
la parte sotterranea, cioè ctonia o del sottosuolo della tua personalità individuale
e collettiva, del tuo ego fisiologico, fisionomico e sociale insieme, cioè il vino,
‘inventato’ e veicolato da Bacco 17 .
3. Fin dall’esordio del suo capitolo intitolato a Bacco, Cartari fissa la principale delle
antinomie entro le quali oscillano e si muovono le poliedriche caratteristiche della
‘numinosità’ del figlio di Giove, così variabili e ad ampio spettro da poterlo assimilarle
proprio a quel Pan – dio primordiale e sotterrano “del tutto”, come dice il
nome – i cui simili, i Satiri dalle gambe caprine come lui, sono corteggio frequente,
se non indispensabile, di Dioniso. L’autore infatti, dopo averne messo in primo
piano le qualità di “ardito capitano” soggiogatore di “diverse nazioni”, fa notare
come “fu celebre il nome suo appresso de gli antichi” perché “fu credito ritrovatore
del vino e che innanzi a tutti gli altri ne avesse mostrato l’uso a’ mortali”, i quali
lo adorarono non solo con i nomi di Bacco e Dioniso, ma anche di “Libero padre”
per esprimere “con diversi cognomi gli effetti che fa in noi il vino”, rappresentandolo
perciò, anche in immagine, “in molti simulacri e diverse statoe quando ad un
modo e quando ad un altro”, in una molteplicità di casistiche che autorizzarono anche
gli artisti, contemporanei al mitografo cinquecentesco o a lui posteriori, a prodursi
in una ‘libertà’ di variazioni sul tema che non ha pari per gli altri dei dell’Olimpo
antico. Tutte però aventi per massimo comune denominatore proprio il vino
e ciò che vi attiene dall’angolazione botanica – a cominciare dall’uva, subito dopo
la vite come premessa, con le sue ramificazioni, le sue foglie, i suoi pampini – a quella
produttiva – nella filiera dalla vendemmia alla pigiatura, dalla botte al recipiente,
dal calice alla libagione – esemplificati tutti dalla figura di Bacco in persona, dai
suoi seguaci, dai suoi adepti. Con la premessa di rivendicazione al dio, di essere il
“ritrovatore” stesso del vino che l’“ardito capitano” aveva introdotto in Grecia da
fuori con una operazione che viene costantemente esaltata dai beneficiari tramite
l’allestimento di un apparato trionfale degno di chi è per sua natura condottiero
vittorioso e trascinatore di seguaci. E infatti anche nei prodotti artistici dal Rinascimento
in poi a dominare saranno i soggetti del trionfo del dio con indispensabile
veicolo e relativi traino e corteo, in numero quasi uguali a quelli, più esemplificativi
e più compendiari, dell’assolo della figura di Bacco con tutti i suoi attribuiti ‘vinicoli’
primari.
Cartari immediatamente dopo – anzi, a strettissimo e inscindibile prosieguo
– contraddice quanto affermato nel cap. II sulla perpetua giovinezza del dio 18 e al
cap. I, dedicato a Saturno, dio del Tempo, quando anticipa, relativamente alle quattro
stagioni dell’anno, come Bacco incarni e rappresenti la terza, quella dell’autunno
e della maturazione finale della fruttificazione della terra 19 . Il mitografo afferma
perentoriamente, infatti, accompagnandola con la prima tavola esplicativa
del capitolo (la 65 dell’intero trattato) 20 , che la “sua imagine” ebbe tanta varietà di
raffigurazioni proprio perché “la fecero talora in forma di tenero fanciullo, talora di
feroce giovane e talora di debole vecchio, nuda alle volte et alle volte vestita, e
quando con carro e quando senza” (fig. 1a). Tutte puntualizzazioni che il Nostro argomenterà
in seguito con riferimenti a testi, più letterari che figurati, dato che i primi
erano sopravvissuti ed erano accessibili in maniera infinitamente più numerosa
e di più facile reperimento per lui e per i suoi stessi lettori 21 .
Gli enunciati d’esordio vengono per intanto enucleati e portati – secondo la
citata impostazione tipografica del trattato – in evidenza a bordo pagina con i pri-
Fig. 1 V. Cartari, Le imagini de i dei
de gli antichi…., ill. di B. Zaltieri,
Venezia 1571
a-Tav 65 Le tre età di Bacco.
Primavera, Autunno, Estate *
b. Tav. 67, Bacco, il suo corteggio, i
suoi attributi
c. Tav. 69, Trionfo di Bacco su carro
trainato da pantere; Bacco
‘condottiero’ con tirso e gazza su
elefante; Bacco con ‘ferola’*
mi titoli di paragrafo che sono Bacco ha più cognomi, Bacco di diverse età, Vino inteso
per Bacco.
Sull’autorità di Filostrato e di una sua “tavola”– il primo dei classici antichi da
lui reclutati – l’autore cinquecentesco specifica che ci sono molti modi “da far conoscer
Bacco per chi lo dipinge o scolpisce, perché una ghirlanda di edera con le
sue coccole mostra che egli è Bacco (fig. 1b), due piccole cornette parimente che
spuntino dalle tempie fanno il medesimo, et una pantera ancora che gli si metta
appresso”. Tutti attributi figurativi indispensabili – le cosiddette exuviae dei latini
– per riconoscere e identificare la divinità, anzi “cose per lo più tirate alla natura del
vino, del quale intendono spesso i poeti sotto il nome di Bacco” che mostrò “a’
mortali già da principio come si avevano da raccoglier l’uve dalle viti e spremere il
dolce succo tanto grato et utile ancora a chi temperatamente l’usa sì come a gli disordinati
bevitori apporta gravissimi danni”. Un monito, quindi, moraleggiante, imprescindibile
a tutti i committenti e ai ricercatori di immagini bacchiche che, muovendo
da qualsivoglia motivazione nell’acquisizione di esse, devono assolutamente
tener presente questi avvertimenti per se stessi e per gli altri destinatari, complice
l’eticità degli artisti chiamati a inverare in modo sorvegliato tali figure, al fine di non
perdere mai di vista, come avevano fatto gli antichi stessi, i pericolosi effetti di un
liquore tanto dolce ma, anche, ingannevolmente, tanto nocivo. “Imperoché facendolo
nudo volevano dire che ‘l vino e la ubriachezza spesso scuopre quello che
tenuto fu prima occulto con non poca diligenza, onde ne nacque il proverbio che
la verità sta nel vino” (fig. 1b). La proverbiale Verità, dunque, nuda per definizione!
Avendo a esponente il susseguente, abituale titoletto di paragrafo Bacco perché
vecchio, le argomentazioni di scorta spaziano dalla citazione di una statua del
dio, rappresentato decrepito e calvo per mostrare “che il troppo bere affretta la
vecchiaia e che in questa età beono assai gli uomini”, a una digressione di medicina
galenica sulla perdita di “umidità” con l’avanzare degli anni e sul malaccorto
ricorso al vino “tanto caldo di virtù e in potere che secca e asciuga”, come la più
inappropriata delle compensazioni. E qui non è possibile evitare proprio il binomio
antinomico delle due versioni caravaggesche di Bacco, dalla prorompente salute
alla livida malattia di consunzione 22 (figg. 2-3). Forse debitrici di una probabile specificazione
di Vincenzo stesso che, proprio perché il vino riscalda, si doveva fare
l’immagine di Bacco “per lo più giovane senza barba, allegro e giocondo […] delicato
e tutto molle e rubicondo nel viso perché aveva bevuto troppo, sì che imbriacatosi
non poteva tenere gli occhi aperti”. In ciò simile a quel Como “il dio dei
convivi […] giovane cui cominci apparire la prima lanugine”; banchetti nell’antichità
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