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Touch Journal 01/2021

Il numero 01/2021 (febbraio/marzo 2021)) di Touch Journal. La testata trade di Nelson Srl si innesta in un progetto multiforme che supera il classico concetto di testata trade e mira a creare una nuova piattaforma che mette in relazione sinergica B2B e B2C. Queste due facce del mercato, sempre più complementari e inter-relazionate, sono legate in modo innovativo da Touch Journal (qui di seguito trovate l’edizione digitale del numero cartaceo spedito in distribuzione controllata) al web magazine iGizmo.it attraverso lo storytelling.

Il numero 01/2021 (febbraio/marzo 2021)) di Touch Journal. La testata trade di Nelson Srl si innesta in un progetto multiforme che supera il classico concetto di testata trade e mira a creare una nuova piattaforma che mette in relazione sinergica B2B e B2C. Queste due facce del mercato, sempre più complementari e inter-relazionate, sono legate in modo innovativo da Touch Journal (qui di seguito trovate l’edizione digitale del numero cartaceo spedito in distribuzione controllata) al web magazine iGizmo.it attraverso lo storytelling.

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4<br />

TOUCH<br />

Febbraio-Marzo <strong>2021</strong><br />

di Luca Figini<br />

Story<br />

Il Tribunale di Milano ha emesso una sentenza storica riconoscendo alla società titolare<br />

dell’ecosistema che gestisce dei marketplace un ruolo “attivo” nel commercio<br />

In Italia la piattaforma e-commerce<br />

è responsabile per gli illeciti di terzi<br />

a Sezione specializzata<br />

L<br />

in materia d’impresa<br />

del Tribunale di Milano,<br />

con ordinanza cautelare<br />

del 19 ottobre 2020,<br />

ha deciso un procedimento d’urgenza<br />

promosso da due produttori di beauty e<br />

profumeria, che avevano adottato un sistema<br />

di distribuzione selettiva per tutelare<br />

il prestigio dei brand, nei confronti<br />

di Amazon. Attraverso la piattaforma di<br />

e-commerce sono stati venduti i prodotti<br />

dei marchi in modo diretto e attraverso<br />

terzi. Il Tribunale di Milano ha riconosciuto<br />

al gestore dei marketplace (Amazon)<br />

la responsabilità per contraffazione<br />

di marchio. La parte più interessante<br />

della sentenza è questa: il sito di e-commerce<br />

è stato considerato un hosting<br />

provider attivo con riferimento alle vendite<br />

effettuate da terzi sulla piattaforma.<br />

Questa decisione cambia le regole del<br />

gioco o, quantomeno, crea un precedente<br />

in un quadro giuridico ancora fluido in<br />

tema di e-commerce, comodamente vincolato<br />

dalle norme previste dal Decreto<br />

legislativo 70/2003. Il quale attua la direttiva<br />

europea 2000/31/CE ed equipara<br />

le piattaforme di e-commerce a service<br />

provider, ossia in modo equipollente a<br />

un gestore telefonico che non può essere<br />

ritenuto responsabili dei dati che transitano<br />

sulle “linee”. La domanda a cui non<br />

si è trovata risposta, finora, è questa: nel<br />

momento in cui un sito e-commerce puro<br />

genera un fatturato dalla vendita, diretta<br />

o indiretta, di prodotti, è davvero “super<br />

partes” e non può essergli imputata alcuna<br />

responsabilità, alcun obbligo, alcun<br />

dovere legislativo?<br />

Finora la risposta non data, ma di prassi,<br />

è “sì”, in virtù del Dlgs 70/2003: questo<br />

crea una netta spaccatura di responsabilità<br />

e obblighi tra i retailer fisici e i pure<br />

player online. In questa fenditura si innestano<br />

comportamenti anticompetitivi,<br />

tra cui il mancano versamento di tasse<br />

e imposte in misura commisurata e coerente<br />

al Paese in cui si sta operando. Questi<br />

risparmi si trasformano in politiche<br />

aggressive di prezzo e, spesso, in mancate<br />

tutele dell’ecosistema nel suo complesso,<br />

acquirente incluso. Sia ben chiaro, non è<br />

il caso specifico di Amazon, ma più che<br />

altro dei siti “mordi e fuggi” che promettono<br />

scontissimi e prezzacci e poi spariscono<br />

senza ottemperare agli obblighi<br />

fiscali e legali.<br />

La responsabilità dell'e-commerce<br />

La sentenza del Tribunale di Milano,<br />

invece, è una pietra fondante, perché riconosce<br />

che il gestore dei marketplace è<br />

responsabile degli illeciti compiuti da<br />

terzi in quanto ha un ruolo attivo: nello<br />

specifico si occupa di gestire i clienti, le<br />

promozioni e le attività commerciali in<br />

senso stretto. È inoltre importante che<br />

il Tribunale abbia scelto di agire d’urgenza,<br />

dopo avere attentamente valutato<br />

la liceità del sistema di distribuzione<br />

selettiva dei prodotti e riscontrando che<br />

le modalità di vendita sul marketplace ledevano<br />

il prestigio del brand. Così il Giudice<br />

Dott.ss Zana ha accertato la vendita<br />

diretta dei beni da parte dell’e-commerce,<br />

con cui è stata stabilita la responsabilità<br />

per contraffazione di marchio, e poi ha<br />

esaminato i processi e i servizi attuati dal<br />

pure player.<br />

Come scrive l’Avvocato Riccardo Traina<br />

Chiarini nel suo commento sulla pagina<br />

dello Studio Previdi (https://www.previti.<br />

it/amazon-hosting-provider-attivo/): “Il<br />

Tribunale ha dunque accertato, in concreto,<br />

che Amazon, tra l’altro, (i) “gestisce<br />

lo stoccaggio e la spedizione dei prodotti”,<br />

(ii) “gestisce un servizio clienti per le<br />

inserzioni di vendita di terzi, che costituisce<br />

l’unico servizio di cui il cliente dispone<br />

per potersi interfacciare con il venditore”,<br />

(iii) “è responsabile di un’attività<br />

promozionale anche tramite inserzioni<br />

Amazon: il ceo<br />

non è più Bezos<br />

L’annuncio è “shock” perché raro<br />

vedere abbandonare il timone al<br />

capitano e fondatore di un impero<br />

della magnitudo di Amazon. Invece<br />

è successo. Jeff Bezos, ceo<br />

di Amazon, lascerà la carica nel<br />

terzo trimestre di quest’anno. Ed<br />

è già stato scelto il sostituto: Andy<br />

Jassy, attualmente ceo di Amazon<br />

Web Services (Aws). L’avvicendamento<br />

avverrà in questi termini e<br />

con un così largo anticipo nell’annuncio.<br />

Bezos ha affidato le sue spiegazioni<br />

in una e-mail: “Essere l’amministratore<br />

delegato di Amazon è una<br />

responsabilità profonda e consuma.<br />

Quando si ha una responsabilità<br />

del genere, è difficile prestare<br />

attenzione ad altro. In qualità di<br />

presidente esecutivo rimarrò impegnato<br />

in importanti iniziative di<br />

Amazon, ma avrò anche il tempo<br />

e l’energia di cui ho bisogno per<br />

concentrarmi sul Day 1 Fund, il<br />

Bezos Earth Fund, Blue Origin,<br />

The Washington Post e tutte le altre<br />

mie passioni”.<br />

•<br />

su siti internet di terzi” e (iv) “permette<br />

ai consumatori di inferire l’esistenza di<br />

un legame tra Amazon” e le aziende produttrici<br />

dei prodotti venduti sulla piattaforma”.<br />

Nel caso specifico, il Tribunale ha<br />

rilevato che l’attività prestata da Amazon<br />

è qualificabile in termini di fornitura di<br />

un servizio di hosting “attivo”, “avendo<br />

conoscenza e controllo dei dati che vengono<br />

inseriti dai terzi venditori”.<br />

L’importanza della decisione è evidente<br />

sotto “il profilo risarcitorio, sul regolamento<br />

delle spese processuali e sulla<br />

diversa modulazione del comando cautelare<br />

(soprattutto ove l’illecito sia continuativo)”.<br />

Diversità di vedute in Europa<br />

Questo ruolo attivo, secondo il Tribunale,<br />

della piattaforma la esclude dall’esenzione<br />

di responsabilità previsto dall’articolo<br />

16 del citato Dgls 70/2003. Ora si apre<br />

uno scenario inatteso: la sentenza di Milano<br />

è in contrasto con la decisione presa<br />

in Lussemburgo.<br />

A inizio ottobre 2020, la Corte di giustizia<br />

dell’Unione europea ha riconosciuto<br />

la natura di hosting provider passivo ad<br />

Amazon. Questo perché in Lussemburgo<br />

si sono limitati a considerare, per come<br />

era imbastito il dossier, la sola attività<br />

logistica. La dicotomia giurisprudenziale<br />

deriva dalla diversa analisi delle fattispecie.<br />

A Milano, infatti, è entrata nel<br />

dettaglio delle attività svolte in concreto<br />

dalla piattaforma e-commerce e dai marketplace<br />

con l’obiettivo di individuare la<br />

linea di confine tra prestatore dei servizi<br />

della società dell’informazione neutrale e<br />

non neutrale.<br />

Urge una attualizzazione della direttiva<br />

europea 2000/31/CE, non solo attraverso<br />

emendamenti ma costruendo un corpus<br />

legislativo coerente e uniforme, che regoli<br />

le distonie tra retail fisico e online. Se<br />

poi questo sia un testo unico oppure una<br />

struttura legislativa ad hoc, poco importa.<br />

Serve ed è diventato urgente e necessario.<br />

“la distinzione tra hosting attivo e<br />

passivo passa, ormai e inevitabilmente,<br />

sempre più da una verifica in concreto<br />

caso per caso della condotta e delle attività<br />

svolte dal provider”. Considerando<br />

il tipo di attività svolte dai pure player,<br />

dal nostro punto di vista, non esiste alcun<br />

dubbio: hanno un ruolo “attivo” e devono<br />

essere soggetti, senza alcun limite, ai medesimi<br />

obblighi dei negozi fisici. •

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