I SINTI PIEMONTESI - LE SÍNTI PIEMONTÁKERI
Testo bilingue italiano - sinto piemontese Storia, usi e costumi, lingua dei Sinti Piemontesi Testi delle canzoni contenuti nel CD Sinti Song di Lick Dubois
Testo bilingue italiano - sinto piemontese
Storia, usi e costumi, lingua dei Sinti Piemontesi
Testi delle canzoni contenuti nel CD Sinti Song di Lick Dubois
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I Sinti Piemontesi
Origini - Stanziamenti - Tradizioni
La guerra - La lingua romaní - Bibliografia e materiali
Le Sínti Piemontákeri
Katár véna - Kaj ǧivóna – Siklipén
O kuribén - I čib romaní - Lil ta vavér ková ke rakaréna pren le Sínti
In appendice:
Presentazione del gruppo musicale "Les Zingaria"
ed i testi del CD "Sinti Song" (di Lick Dubois)
Testo bilingue
italiano - sinto piemontese
di Sergio Franzese
2002
Rev. 2004 - 2021
Contenuto
So i-lo sibjardó ndren kavá lil
Nota introduttiva 4
Par so sas-lo sibjardó kavá lil 5
Regole ortografiche
Sar sibjaréla pes ta sar déla pes pren o sínto 7
Origini
Katár véna 9
Stanziamenti
Kaj ǧivóna
Tradizioni
Siklipén
- Nascita e infanzia
- Sar véla pes pro bolibén ta sar si o tarnipén
13
15
15
- Il matrimonio
- O romadinipén
15
- La morte
- O meribén
- La religione
- O pačávimo an o Devél
16
17
16
- Com'era un tempo la vita quotidiana…
- Sar sas o ǧivibén da sa le divés...
19
- … e come si vive oggi
- … ta sar ǧivóla pes kaná
La guerra
O kuribén
21
25
- 1 -
- La storia di Taro Debar, sinto partigiano
- I strófa do Taro Debar, sínto čirikló
26
- Bella Ciao
- Śukár čaj
La lingua zingara
I čib romaní
- Lingua nostra
- Čib marí
30
33
35
- Passano i Sinti
- Nakéna le Sínti
36
- Un sogno
- Ne sunó
37
- Il Grande Capo Bianco
- O Baró Śéfo Parnó
39
- Gli Zingari (Dalida)
- Le Sínti
42
- Quelli eran giorni (tradizionale – Dalida)
- Des tu kolá divés
- 4/3/43 (Lucio Dalla)
- Śtar – trin- duj biś ta trin
43
45
- La casa in riva al mare (Lucio Dalla)
- O ker paričál o méro
46
- Maria Giuana
- I María Ǧuána
47
- Maria Catlin-a
- I María Katlín-a
48
Bibliografia e materiali
Lil ta vavér ková ke rakaréna pren le Sínti 45
- 2 -
APPENDICE:
Les Zingaria (in italiano) 47
Les Zingaria (in sinto) 50
Testi delle canzoni del CD "Sinti Song" (Lick Dubois)
Láŭ da le giljá ke si an o CD "Sínti Song" (Lick Dubois) 53
Menela / Menela 56
Kova rom / Quell'uomo 57
Šukar čaj / Bella ragazza 58
Mro ǧukel / Il mio cane 59
Romní véla le šmiti / Moglie, ecco i gendarmi 60
O sinto / Il sinto 60
Des tu čaj? / Ricordi, ragazza? 61
Puro sinto / Vecchio sinto 62
Kunte gjavenas / Quando cantavano 63
Ǧar kali / Peli neri 64
- 3 -
Nota introduttiva
Il presente volume è costituito dalla trasposizione su carta di alcune delle
pagine diffuse attraverso il sito Internet "O Vurdón" 1 all’interno della sezione
"Progetto Níglo". Esse contengono un testo fin-alizzato alla valorizzazione delle
tradizioni e della lingua dei Sinti Piemontesi, una minoranza all’interno della
vasta comunità romaní stanziata principalmente tra il Piemonte ed il sud della
Francia.
Questa pubblicazione è destinata in primo luogo agli stessi Sinti Piemontesi
affinché attraverso le pagine scritte nella loro lingua possano ritrovare una
parte di quella identità perduta e, alle volte, da essi stessi negata.
Essa non si configura pertanto come un trattato antropologico o di altra natura
su questa popolazione. Le informazioni contenute nelle pagine che seguono
possono tuttavia contenere informazioni di un certo interesse anche per un
pubblico interessato a conoscere più da vicino aspetti diversi di questa cultura.
Il testo bilingue può inoltre essere considerato un utile compendio al volume "Il
dialetto dei Sinti Piemontesi" (grammatica + dizionario comparativo [su CD-
ROM]) pubblicato nel mese di maggio di quest’anno (2002). 2
Dedico questo volume a tutti i Sinti, miei fratelli, ed in particolare a due di
essi: Spatzo, poeta e musicista sinto estrekári 3 e Lick, cantautore e scrittore
sinto piemontese, che per me rappresentano un esempio di consapevolezza e
di dignità, qualità che nascono dall'amore per la propria storia e per la propria
gente.
Con l'augurio che la loro testimonianza sia di esempio a tutti i Sinti e che da
essi imparino a condividere l'orgoglio di appartenere ad un popolo libero e
fiero.
Per tutti i Sinti, che amo come miei fratelli.
Queste pagine sono state scritte per voi, affinché non dimentichiate chi siete!
Sergio Franzese
Torre Pellice, giugno 2002 – febbraio 2021
1 Sito non più attivo (sostituito da http://www.progettoniglo.org)
2 Nuova edizione gennaio 2021: Sergio Franzese, Il dialetto dei Sinti Piemontesi
https://www.yumpu.com/it/document/read/65202012/il-dialetto-dei-sinti-piemontesi
3 Spatzo, Vittorio Mayer Pasquale, 1927-2005
- 4 -
Par so sas-lo sibjardó kavá lil
Kavá lil rakaréla pri strófa, pro číro nakló, pro ǧivibén ta pri čib da le Sínti
Piemontákeri ke ǧivóna ndro Piemúnto ta an le Válči.
Kavá lil sas-lo sibjardó par te sikarél sa so si miśto maśkarál le Sínti, te del len
ne vast par te kamén pi but léngre bolibén ta par te na si-len laǧ da léngro
ǧivibén ta da léngri čib.
Kavá kaj na si-lo ne lil sibjardó pren le Sínti ma par le Sínti. Stik ke si nínge
komóni gaǧé ke kaména te ǧanén čomóni pren lénde par te dikén len in ne
vínkimo pi śukár, bi ǧungalipén. Kavá lil si-lo lačó nínge par jon ta stik del len
ne vast par te χajovén len fedér.
Kavá lil, ke si an duj čibjá, i-lo miśtó par sa kolá ke kaména te sikavén i čib
romaní da le Sínti Piemontakéri. Par jon sas-le sibjardé nínge ne lil ke sikavéla
sar si i čib (grammatica) ta but láŭ (dizionario).
Kun kavá tíkno bitrávimo me kamáva te penau "parkrava ma tumén" par sa le
Sínti, mre pral, ma pi but da sassaré me kamáva te penau "parkrava ma
tumén" par duj maśkár lénde: o Spatzo, poéta ta baśavimáskero sínto
estrekári (ke mukjás men ndro berś 2005), t'o Lick, gilimáskero ta sibjarpáskro
sínto piemontákero ke ǧivóla an le Valči: duj baré mal ta pral par mande.
Me kamávas ke sa le Sínti dikéna par lénde sar čačé baré Sínti ta sikavéna
léndra te na laǧén da léngro ǧivibén ma dikéna o śukaripén t'o baripén ke si an
léste.
Par sa le Sínti, ke me kamáva sar mre pral.
Kavá lil sas-lo sibjardó par tumén par te na bistarén kon san!
Sergio Franzese
Torre Pellice, giugno 2002 – febbraio 2021
- 5 -
- 6 -
Regole ortografiche
Sar sibjaréla pes ta sar déla pes pren o sínto
1) le vocali (a, e, i, o, u) e le consonanti b, d, f, g (di "gatto"), l, m, n, p, r,
s, t, v non presentano modificazioni rispetto alla lingua italiana e pertanto si
leggono e si scrivono allo stesso modo.
2) la lingua romaní (e, nel caso specifico, il dialetto sinto piemontese)
presenta inoltre una serie di fonemi che differiscono nella grafia dall'italiano.
Essi sono:
- č che si legge come c di cena. Es. číro (tempo)
- k che si legge come c di cane. Es. ker (casa)
- ǧ che si legge come g di gente. Es. ǧukél (cane)
- š (solo nel sinto piemontese parlato in Francia), si pronuncia come sc nella
parola scienza (in Piemonte š < ś, vedi al punto successivo)
- z che si legge come s in rosa. Es. zor (forza)
3) vi sono fonemi che non hanno corrispettivo nella lingua italiana. Essi sono:
- h che si pronuncia lievemente aspirata. Es. háligo (santo).
- χ che si pronuncia come ch nella parola tedesca Buch. Es. χajéri (soldi).
- ś che si pronucia come un suono collocato a metà tra s di sasso e sc di
scienza.
Es. śifúni (panni, stracci). Vedere nota alla pagina precedente.
- ź che si pronuncia come un suono collocato a metà tra j francese di jour (ž) e
s dolce di rosa (z). Es. piźúno (piccione). Vedere nota alla pagina precedente.
- n- (ŋ) presente in parole piemontesi entrate a far parte del dialetto sinto. Es.
fín-a, fín-a kaj (fino, fino a). Il fonema n- (ŋ) corrisponde al suono inglese -
ing (es. getting) ove la g fin-ale tende a scomparire. Vedere nota alla pagina
precedente.
- ö e ü che, come già detto in precedenza, sono presenti in parole di origine
piemontese e francese. Es. pöj (poi <piem. pöj), malerözo (nel SP fr.: triste
< fr. melheureux), ütav- (nel SP francese: aiutare <piem. giüté (?)).Vedere
nota alla pagina precedente.
4) La semivocale i come in italiano nella parola ieri si scrive j. Es. jag (fuoco),
daj (madre)
- 7 -
L'ACCENTO
L'accento cade prevalentemente sull'ultima sillaba fin-ale (tronche), in misura
minore sulla penultima (piane) e sulla terzultima (sdrucciole) nei termini di
origine genitiva in -éskero, -ákero, ecc.
Donne sinte piemontesi, Forno di Coazze, 1983
Sinte piemontákere, Furn ëd Kuáze, 1983
- 8 -
Origini
Katár véna
I Sinti vivono da molti secoli in
Europa. Ve ne sono in Germania, in
Austria, in Francia (dove sono
conosciuti anche con il nome di
Manouches) ed in Italia.
In Italia vi è un cospicuo numero di
Sinti. Ogni gruppo prende il nome
dalla località in cui ha origine lo
stanziamento. Per questo essi
vengono chiamati Piemontesi,
Lombardi, Marchigiani, ecc.
Non si sa con precisione quanti siano
i Sinti in Piemonte, ma si stima che
la popolazione possa aggirarsi
intorno ai tremila individui.
Allo stesso modo dei Rom e dei Calé
(Gitani) essi giunsero in Europa
dall'India molto tempo fa.
In Piemonte è nell'anno 1601 che
essi sono per la prima volta
menzionati in un documento (si
tratta di uno specifico bando contro
di essi). Tuttavia si può
ragionevolmente supporre che la loro
comparsa in tale regione sia
avvenuta all'incirca tra il 1410 ed il
1430.
La loro presenza è infatti già
segnalata in Germania meridionale,
in Svizzera tra il 1417 ed il 1419 ed
in alcune regioni della Francia,
sempre intorno alla stessa epoca.
Stando a quanto ci riferisce lo storico
francese François de Vauχ de Foletier
"dal 1494 al 1499 Conti dei Saraceni
ed un Marchese d'Egitto si facevano
consegnare somme di denaro, non
- 9 -
Le Sínti ǧivóna da but śelá berś an i
Európa. Jon si an le Tejč, an le
Estrakárja, an le Valči (koj si-le
pinǧardé nínge kun o láŭ da Manúś)
ta an i Itália.
An i Itália si dóstra but Sínti. Oni
sléχa léla o láŭ do stéto kaj si-li da pi
but číro. Par kavá kaj si le kardé
Piemontákeri, Lumbárdi, Markiǧáni,
ta in vavér vínkimi.
Na ǧanéla pes miśtó kéči si le Sínti
ndro Piemúnto. Stik ke si-le paśál da
trin míla.
Sar le Rom ta le Kalé (Gitani), nínge
jon vjen-le an i Európa katár i India.
Kavá sas-lo but but berś fa.
Si ndro berś 1601 (jek míla śóu śel ta
jek) ke pren ne lil sibjardó ndro
Piemúnto rakaréla pes par o vágo
kópo da le Sínti. Ma stik ke le vági ke
vjen-le ndro Piemúnto rivodén-le
maśkár o berś 1410 (jek míla śtar śel
ta deś) t'o berś 1430 (jek míla śtar
śel ta triánda).
Ǧanéla pes ke in ková číro le Sínti
ǧivodén-le ǧam an le Tejč da telé, an
i Svísera (paśál da le berś 1417 [jek
míla śtar śel ta deśueftá] ta 1419
[jek míla śtar śel ta deśuenjá]) ta
nínge an le Valči.
Ne rodipáskro* ke karélas pes
François de Vaux de Foletier ta ke
kamélas but le Sínti nakjás but berś
da péskro ǧivibén te rodél ndren le lil
puré sa le ková sibjardé pren lénde.
Jóu pendás ke "do berś 1494 (jek
míla śtar śel śtar biś ta deśueftá) fin-
come graziosa elemosina ma per
rinunciare ad alloggiare in città".
È dunque da ritenere che gli attuali
Sinti Piemontesi siano in larga misura
i discendenti di quegli Zingari. Tale
tesi è suffragata dalla continuità
esistente nei nomi di persona, che
ritroviamo ancora oggi inalterati
rispetto a quelli che attestano i
registri anagrafici e parrocchiali a
cominciare dagli anni intorno al
1450. I cognomi portati dai Sinti
Piemontesi sono in larga misura
francesi, come La Foret, De la
Garenne, Du Bois, La Fleur, De
Barre.
Accanto ad essi figurano anche nomi
quali Riviera, Cena, Orfei, Togni,
Niemen (Niuman e Nieuman),
Vailatti, ecc.
Presso i Sinti Piemontesi che vivono
in Francia troviamo, oltre a Dubois,
Lafleur, Laforet, Debarre (Debard,
debor, desbaress), anche altri nomi
di famiglia (alcuni dei quali esistono
in altri gruppi italiani): Bellonie,
Bouillon (Bouglione, Bouglione,
Bouglioni), Cappello (Caplo),
Casagrande, Chevalier, Chiodi (Clodi,
Glodiche, Glodios), Delorier (Delori),
Lariviere, Michelet, Ortica, Ricardo,
Spada, Vincent, etc…
a ko berś 1499 (jek míla śtar śel śtar
biś ta deśuenjá) an le Válči sas
komóni Sínti ke penénas par le gaǧé
ke jon rivónas do Eǧíto ta da vavér
temá ke si dur ta jon mangénas lové
par te na ǧan ándro fóro".
Jamén pačássa ke le Sínti
Piemontákeri véna da kolá Sínti koj
sóske léngre láŭ sas-le sar le láŭ da
le Sínti da maré divés. Fin-a do berś
1450 (jek míla śtar śel ta paś śel)
pren le lil ke sibjarénas pen an le
kresjá ta an le kangerjá kánte vénas
pro bolibén le tikné stik déna pren
but láŭ ke le Sínti Piemontákeri si-len
pándra kaná: La Forêt, De la
Garenne, Du Bois, La Fleur, De
Barre.
Vavér Sínti karéna pen Riviera, Cena,
Orfei, Togni, Niemen (Niuman ta
Nieuman), Vailatti ...
Maśkerál le Sínti Piemontakéri ke si
an le Válči si nínge le Dubois, le
Lafleur, le Laforet, le Debarre
(Debard, debor, desbaress), ta si
nínge vavér láŭ (komóni maśkar kolá
láŭ an i Italia lačéna pen mónsi
maśkerál le sínti da vavér sléχe). Jon
si: Bellonie, Bouillon (Bouglione,
Bouglione, Bouglioni), Cappello
(Caplo), Casagrande, Chevalier,
Chiodi (Clodi, Glodiche, Glodios),
Delorier (Delori), Lariviere, Michelet,
Ortica, Ricardo, Spada, Vincent, ta
vavér…
* rodipáskro = ricercatore
- 10 -
L'itinerario seguito da Rom Sinti e Gitani
O drom ke kerdén le Rom le Sínti ta le Kalé
Un'antica mappa dell'Europa.
I primi Sinti vi giunsero dopo il 1200 e fecero la loro
prima comparsa in Piemonte intorno agli anni 1410-1430
Ne purí bílda di Európa.
Le váge Sínti rivodén an i Európa palál o berś 1200
ta ndro Piemúnto paśal le berś 1410-1430
- 11 -
Sinto piemontese che suona la chitarra, Forno di Coazze, 1983
Sinto piemontákero ke baśavéla i śejla, Furn ëd Kuáze, 1983
- 12 -
Stanziamenti
Kaj ǧivóna
La principali comunità di Sinti Piemontesi sono stanziate nei pressi delle grandi città
(Torino, Cuneo, Asti, Alessandria) e vicino a paesi quali Carmagnola (TO), Villafalletto
(CN), Villafranca (CN), San Damiano (AT), Chivasso (TO), Ivrea (TO) ed in diverse
altre località.
Se ne trovano anche nelle zone di Vercelli, nel Biellese e di Novara, dove la presenza
si mescola a quella dei Sinti Lombardi.
Oltre che in Piemonte, i Sinti Piemontesi sono presenti anche in altre regioni italiane
quali Lombardia, Liguria, Toscana, Lazio. Si tratta perlopiù di una presenza sporadica
ed assai limitata.
Una comunità di Sinti Piemontesi significativa sotto l'aspetto numerico si trova in
Francia nella regione delle Alpi Marittime-Costa Azzurra, ivi stanziata da almeno due
secoli.
Nei pressi di Grasse, e precisamente a Plan de Grasse, vi è un quartiere abitato
esclusivamente da Sinti Piemontesi. Essi abitano in case, hanno un'occupazione
stabile ed i giovani frequentano regolarmente la scuola.
Si tratta di una situazione sicuramente più favorevole di quelle che conosciamo in
Piemonte poiché' là l'inserimento sociale si coniuga con il mantenimento delle
tradizioni, tra cui l'uso della propria lingua da parte di tutti, senza vergogna, anche
dei bambini. 4
Accampamento di Sinti Piemontesi a
Torino (Le Reuse - Via Lega).
Fotografia risalente agli anni '80.
Fino a quell'epoca venivano ancora
utilizzati i carrozzoni tipici, che sono
stati progressivamente sostituiti
dalle piu moderne moderne e
confortevoli roulottes e da camper.
Plása da le Sínti Piemontákeri a
Türináte (Le Reuse - Via Lega).
Kajá bílda sas-li kerdí ndren le berś
'80. In ková číro sas-le pándra le
puré baré vardinjá. Ndren le berś ke
vjen-le palé ko stéto da le vardinjá
sa komensodén te ǧivón ndren le
lačé kampíne ta le kámper.
Foto - bílda: A.Artuffo
4 Dal 2002, anno din cui questo libro è stato scritto, ad oggi (2021), la situazione è purtroppo cambiata con il
progerssivo abbandono delle tradizioni e della lingua sinta da parte delle giovani generazioni.
- 13 -
Il Piemonte.
Le zone contrassegnate in rosso
indicano le principali zone di
stanziamento sei Sinti Piemontesi.
O Piemúnto.
Pri bílda i fárba lolí si čidí pren le stéti
kaj si pi but famíje da Sínti
Piemontákeri.
Le rigá kaj le Sínti si-le pi but si paričál da le baré fóri (Türináte, Kúni, Astráte,
Lisándrja) ta paričál da le gáŭ sar Karmanjóla, Vilafalét, Vilafránka, San Damián,
Čivás, Ivréa ta but vavér tikné gáŭ.
Si nínge da le rigá da Biéla, da Varséj ta Nuára; da kalá rigá si nínge but Sínti
Lumbárdi.
Si komóni famíje da Sínti Piemontákeri ke ǧivóna vrin do Piemúnto, an i
Lumbardía, an i Ligüria, da le rigá di Tuskán-a ta da Rúma, ma na i-le but.
An le Válči, ndren le "Alpes Maritimes - Côte d'Azur" (maśkarál Nisáte ta Cannes)
ǧivóna vavér Sínti Piemontákeri. Jon si-le koj da pi but ke duj śel berś.
Da le rigá da Grasse, ne fóro pren le tiné bérge na dur katár Cannes, si ne tiknó
gáŭ sa da Sínti Piemontákeri, ková gáŭ karéla pes Plan de Grasse. Sa ǧivóna
ndren le ker, le rom ta le romnjá bitravéna sar le gaǧé, le čavé ta le čjá ǧána ki
starbiča.
Koj si fedér ke ndro Piemúnto sóske le Sínti ǧivóna sar le gaǧé ma na bistaréna
péngre siklipén ta sa rakaréna pándra in sínto, nínge le tikné čavé. Na si-len kek
laǧ da léngri čib. 5
5 Do beś 2002, kánte sas-lo sibjardó kavá lil, fin-a maré divés (2021) nínge koj sas parúvimi maśkar le Sinti.
But léndra, le tarné, mukjén le siklipén da le puré ta na rakaréna butér i čib romaní
- 14 -
Tradizioni
Siklipén
Mentre molte usanze stanno
cambiando, altre sono rispettate
ed osservate ancora oggi.
Vediamo quelle legate ai
principali momenti della vita.
Nascita e infanzia.
But siklipén na si butér sar
vagéstra, tanké vavér na
parudén-le ta le Sínti keréna
pándra sar kerénas le puré.
Sar véla pes pro bolibén ta sar si
o tarnipén.
Non ci sono particolari riti legati alla
nascita, che di solito avviene in
ospedale.
Una volta invece le donne
partorivano nell'accampamento,
fuori dalla roulotte, assistite dalle
donne più anziane.
I Sinti amano molto i bambini e
generalmente hanno molti figli.
I bambini Sinti, come tutti i bambini
del mondo, amano divertirsi e
giocare ma appena essi crescono
iniziano a badare ai fratelli ed alle
sorelle più piccoli e accompagnano la
madre o il padre nelle loro attività.
Il matrimonio.
Le čavé da le Sínti véna pro bolibén
sar sassaré. Kánte si o číro te
binkavél o tiknó i romní ǧála ki
spitája.
Ne kópo le romnjá kinénas le čavé
ndro stéto kaj sas-le plasadé, ma
vrin di vardín, ta le puré romnjá
dénas len ne vast par te čivén o
čavó pro bolibén.
Le Sínti si-len but čavé sóske jon
kaména len but.
Sar sa le tikné do bolibén, le tikné
sínti kaména te kelén ta kaména te
san, ma kánte komensóna te ven pi
baré si te dikén pren le pral ta le
penjá pi tikné ta komensóna te ǧan
kun i daj o kun o ba par te den len
ne vast an léngre bitrávimi.
Presso i Sinti vi è ancora l'usanza del
matrimonio per fuga.
Due giovani che desiderano sposarsi,
dopo essersi corteggiati per un po' di
tempo in modo discreto, decidono di
fuggire insieme, andando a rifugiarsi
per alcuni giorni presso dei parenti.
- 15 -
O romadinipén.
O romadinipén paśál le Sínti keréla
pes pándra kun o naśibén do tarnó
čavó ta di tarní čaj.
Kánte ne tarnó čavó ta ne tarní čaj
kaména te soloχavén pen, le duj
Al loro ritorno essi si presentano ai
rispettivi genitori che, dopo averli
rimproverati, solitamente danno loro
la benedizione che sancisce l'unione
e da quel momento essi sono da
tutti considerati come marito e
moglie.
komensóna te pinǧarén pen ta
dikéna pen da garadó, ta palál ne
písla číro naśéna ketané, ǧána paśál
vavér Sínti ta čéna koj duj o trin
divés.
Kánte le duj tarné véna-le palé o ba
t'i daj keréna te dikén ke si
χolinjákere lénča, ma pöj čivéna sa
par mistipén ta da ková čiro o tarnó
čavó t'i tarní čaj si par sassaré rom
ta romní.
Jon na keréna le soloχadé an i
kangerín o an i kresín. Si par kavá
ke but čavé inǧéna o láŭ di daj.
O meribén.
Questo matrimonio non necessita di
essere confermato né in chiesa né in
municipio. Per questa ragione i figli
solitamente portano il cognome
materno.
La morte.
Quando uno Zingaro moriva,
tradizionalmente veniva bruciata la
roulotte e le cose che gli
appartenevano, per evitare che
attraverso di esse se ne potesse
offendere la memoria.
Ora le condizioni di vita sono
diverse, tuttavia il rispetto dei Sinti
per i defunti rimane molto profondo
e quando ne parlano lo fanno
premettendo sempre l'aggettivo
"povero" o "povera" al nome del
defunto o della defunta.
Kánte ne Sínto merélas-lo χačarélas
pes léskri vardín ta sa léskre ková,
gjal le ǧidé na stikónas te prasén o
muló kun kolá bédi.
Kaná o ǧivibén da le Sínti na si butér
sar vagéstra ma le Sínti tinkaréna
sémpar léngre mulé kun baró
kamlipén ta kánte rakaréna pren
lénde penéna sémpar "čóro" o "čóri"
angjál o láŭ do muló o di mulí.
O pačávimo an o Devél.
O pi but da le Sínti Piemontákeri
pačéna an o Devél ta si-le katólik,
ǧána ki kangerín ta keréna te bolén
le čavé, prijavéna but i Devléskeri
Daj ta le Maχaré.
Sar sa le Sínti ta le Rom, le Sínti
Piemontákeri pačéna ke si le zor lačé
ta le zor diné, ta ke si o beng, le
maχaré ta le mulé.
Kánte si-le nasalé but Sínti ǧána te
dikén ne "gaǧí maχarí", ke si ne ǧuvlí
ke stik kerél o mistipén par lénde.
- 16 -
La religione.
Quasi tutti i Sinti Piemontesi
praticano la religione cattolica,
battezzano i loro figli in chiesa e si
mostrano particolarmente devoti alla
Madonna e ad alcuni Santi.
Come tutti i Sinti ed i Rom, anche i
Sinti Piemontesi credono
nell'esistenza di forze spirituali
soprannaturali benigne e maligne,
all'esistenza del diavolo, ai santi ed
agli spiriti dei defunti.
Molti Sinti quando sono malati si
recano presso una cosidetta
"santona" (non zingara) per essere
aiutati a guarire.
In Piemonte ogni anno in estate a
Forno di Coazze ha luogo un raduno
religioso al quale partecipano molti
Sinti Piemontesi che vi si recano per
venerare la Madonna.
È stato don Renato Rosso, un prete
che ha vissuto a lungo tra i Sinti, ad
iniziare tale consuetudine.
La prima volta l'incontro ebbe luogo
nell'anno 1982.
Qualche famiglia di Sinti Piemontesi
partecipa al raduno che si svolge
ogni anno alle Saintes Maries de la
Mer in Camargue (Francia). Gli
Zingari, che giungono da molte parti
d'Europa vi si ritrovano per venerare
Santa Sara la nera. In tale
occasione, il 24 maggio, la statua
viene portata in processione dalla
cripta della chiesa fino al mare.
Vi è inoltre un ristretto numero di
famiglie di Sinti Piemontesi che in
anni recenti ha aderito alla Missione
Evangelica Zigana, di orientamento
pentecostale.
Ndro Piemúnto óni berś da enjalé le
Sínti Piemontákeri lačéna pen kaj
Furn ëd Kuáse par te prijavén i
Devléskeri Daj.
Sas o don Renato Rosso, ne raśáj ke
ǧivólas maśkarál le Sínti, ke
komensodás te karéna len in ková
stéto.
O vágo kópo le Sínti gjen-le koj sas
andro berś 1982 (jek míla enjá śel
śtar biś ta duj).
Komóni Sínti Piemontákeri ǧána an
le Saintes Maries de la Mer, ne gáŭ
ndri Camargue an le Válči. Koj
lačéna pen but Sínti, Rom ta Kalé
(Gitani) ke rivóna da sa le rigá di
Európa par te prijavén i Háligi Sára i
brúna par te inǧén la di kéltra (ke si
ndri barí kangerín) fin-a ko méro.
Kavá keréla pes óni berś o biś-taśtar
da máǧ.
Da písla berś nínge komóni famíje da
Sínti Piemontákeri kerdén pen
evanǧelísta an i "Missione Evangelica
Zigana".
- 17 -
Santa Sara condotta dagli Zingari in processione verso il mare alle Saintes Maries de la
Mer (24 maggio) – Foto: S.Franzese (maggio 2004)
Le Sínti inǧéna i Háligi Sara ndro panín do méro an les Saintes Maries de la Mer o 24 maǧ
da sa le berś – Bilda: S.Franzese (maǧ 2004)
- 18 -
Com'era un tempo la vita
quotidiana...
Sar sas o ǧivibén da sa le divés...
I vecchi raccontano che un tempo i
Sinti si spostavano di paese in paese
con le loro roulotte trainate dai
cavalli e che quando volevano
fermarsi tre o quattro giorni in un
posto nessuno veniva a cacciarli,
come avviene adesso, che subito
arrivano i vigili o la polizia.
I mestieri tradizionali dei Sinti erano
già allora il Luna Park ed il circo e
costituivano la ragione principale
della loro vita itinerante.
Le donne se ne andavano di casa in
casa a vendere qualcosa come
centrini, lenzuola, pettini, specchietti
ed altri oggetti di quel tipo.
Inoltre esse conoscevano l'arte della
chiromanzia o, quantomeno,
raccontavano di saper leggere la
mano a quei gagé disposti a
crederci.
Gli uomini esercitavano il mestiere di
commercianti di cavalli: li
acquistavano che erano in condizioni
non buone e dopo averli ben curati li
rivendevano.
Inoltre aggiustavano le sedie e
fabbricavano cestini con il vimini.
In estate giravano per cercare lavoro
in campagna ed in autunno
andavano a caccia di ricci.
Il riccio, la cui carne grassa è molto
apprezzata, è il piatto tipico della
cucina sinta; altre specialità come la
"puzústra" (salame piccante fatto
con le interiora della gallina
macinate e fatte soffriggere insieme
a uova sbattute) ed il "śukló χabén"
(ricetta a base di interiora e carne di
- 19 -
Le puré ginéna ke ndro číro nakló le
Sínti pirénas da ne gáŭ a ne vavér
kun léngre vardinjá čardiné da le
graj ta ke kánte kaménas te čen trin
o śtar divés in ne stéto kéǧeno na
vélas te bičavél len vek, na sas sar
kaná ke glej rivóna le váχte o le
śmíti.
Le bitrávimi da le Sínti sas-le le
mesté t'o tualúno ta si par kolá
bitrávimi ke le Sínti na čénas
plasadé in ne stéto ma pirénas
sémpar da kaj e da koj.
Le romnjá ǧánas-le da ker in ker te
binkavén čomóni sar le tikné śifúni
par i tísa, le pláχte, le demeluári, le
tíni spígli, ta vavér tiné bédi.
Jon ǧanénas nínge te dukarén, o
penénas gjal par le gaǧé ke pačénas
e ke kaménas te ǧanén čomóni do
číro ke véla.
Le rom kerénas le maruslári:
kinénas le graj ke sas-le písla
nasalé, sastovénas len miśtó ta palé
binkávenas len.
gallina con uova, aceto e verdure).
Quando avevano bisogno di qualcosa
per sfamarsi andavano a chiedere
pane, patate, uova, salame, lardo.
Talvolta accadeva che alcuni gagé
particolarmente generosi regalassero
loro un po' di carne, una gallina o un
coniglio.
Jon lačarénas nínge le śéze ta
kerénas le kórbi kun o stréjo.
Da enjalé rodénas bitrávimo ndren le
félde ta vagéstra ke komensólas o
vend ǧánas par nígli.
O níglo si ne čačó pekéskero da sa le
Sínti, ke kaména but léskro mas
tuló; vavér pekéngere da le Sínti si i
puzústra t'o śukló χabén.
Kánte sas-len bróχa da čomóni par
te ningavén pen i bok jon ǧánas te
mangén félzo, matréli, ranjé, goj,
balavás.
Komóni kópi se le gaǧé sas-le da
lačó lió dénas len nínge písla mas,
ne χaχnín o ne śośój.
Kánte vélas-li i rat, palál do χabén,
le Sínti beśénas pénge trujál da ne
barí jag. Sas sémpar ne puró rom o
ne purí romní ke ginélas paramísi ta
sa śunénas kun ne barí váχta.
La sera, dopo aver mangiato, i Sinti
si sedevano intorno ad un fuoco.
C'era sempre un uomo o una donna
anziani che raccontavano alcune
fiabe e tutti ascoltavano prestando
attenzione.
Nei giorni di festa gli uomini
suonavano i loro strumenti. La
maggior parte di essi sapeva
suonare la chitarra, qualcuno anche
il violino. Essi cantavano le canzoni
mentre le giovani ragazze ballavano.
Allora non esisteva la tivù, i Sinti
erano più poveri ma anche più felici
e per essi i tempi erano migliori.
Ndren le patreǧá le rom baśavénas
léngre baśávimi. But maśkarál lénde
ǧanénas te baśavén i śéjla, komóni
ǧanélas te baśavél nínge i gájga. Jon
gjavénas le giljá pi śukár tanké le
tarné čjá kelénas.
In ková číro na sas i durdikéngeri*,
le Sínti sas-le pi čororé ma sas-le pi
baχtalé ta par kavá kaj par jon sas
fedér.
*durdikéngeri = televisione
- 20 -
Il Circo (di Fulvio Pennacchi)
O tualúno (bílda da Fulvio Pennacchi)
...e come si vive oggi
...ta sar ǧivóla pes kaná
Nel corso degli ultimi cinquanta anni
la vita dei Sinti è molto cambiata.
Ora i Sinti non possono più fermarsi
dove vogliono ma debbono restare
solamente nei posti loro assegnati.
Molte volte questi campi-sosta sono
lontani dai centri abitati e si trovano
nei pressi delle discariche.
I mestieri che venivano praticati un
tempo ora non servono più.
Ora essi non possono più andare a
vendere senza licenza.
Se la polizia o i vigili sorprendono
qualcuno a vendere senza licenza lo
costringono a pagare multe salate e
gli fanno il processo. Dopo tre o
quattro volte c'è il rischio di finire in
prigione.
La vita dei Sinti è cambiata perché la
società è diversa.
- 21 -
O trúpo da le Sínti parudás but in
kalá paś śel berś.
Kaná le Sínti na stik butér čéna kaj
kaména ma si te ǧan mónsi ndrén le
pláse ke si-le kerdé par lénde.
But kópi kolá pláse i-le dur do gáŭ ta
i-le paričál da le stéti kaj fardéla pes
o χamardipén.
Le bitrávimi do číro nakló na ǧána
butér miśtó da maré divés.
Kaná na stik butér ǧána te binkavén
bi volín. Se le śmíti o le váχti léna
komóni ke binkavéla bi volín keréna
te presarén léske but fúnti ta palé
keréna léske nínge i strófa. Dópu
trin o śtar kópi čivéna les ndro
starebén.
O ǧivibén da le Sínti parudás but
óske nínge le gaǧé na ǧivóna butér
sar vagéstra.
Gli uomini non commerciano più i
cavalli, non fabbricano più cesti di
vimini e non aggiustano più le sedie.
Tra i Sinti la gioventù è esposta a
molti pericoli. Da un lato i giovani
sanno di non essere gagé e dall'altro
essi vorrebbero vivere come se lo
fossero.
Sono tentati dalla ricchezza facile,
dal consumismo rappresentato dalle
auto di lusso, dai bei vestiti e da
tutto ciò che appare bello e costoso.
Per trovare il denaro in fretta molti
si perdono ed agiscono in modo
sbagliato.
Questo non accade solamente tra i
Sinti, naturalmente e cosi anche tra i
gagé.
Ma per i giovani Sinti tutto ciò è
assai più triste poiché non è facile
intravedere per essi delle
opportunità per uscire da una
situazione così frustrante.
Molto gagé si avvicinano ai Sinti non
come amici ma con cattive
intenzioni, ad esempio per
commissionare loro qualche furto e
praticare la ricettazione.
Com'è diventata triste la vita per i
Sinti oggigiorno!
Se tutto questo non cambia il futuro
sarà ancora peggiore.
Ma per fortuna non ci sono solo cose
brutte. Ci sono anche fatti che
lasciano sperare che qualcosa può
ancora cambiare.
Molti Sinti cominciano a capire che le
cose non possono continuare in
questo modo e per questo alcuni
lavorano come i gagé. Non importa
se si tratta di lavori modesti.
Ciò che conta è che essi non vadano
più a rubare.
Le rom na kinéna ta na binkavéna
butér le graj, na keréna butér le
kórbi da stréjo ta na lačéna butér le
śjéze.
Le tarné sínti na χajovéna butér
kavó si o čačó drom. Da ne rik jon
ǧanéna ke na si gaǧé ma da ne
vavér rik jon kaména te ǧivón sar le
gaǧé. Kaména te ven bravalé glej,
dikéna le śukár naśibángere, le
śukár rivibén, sa so si śukár ta kuč.
Par te ven lénge o lové glej but
tarné naśéna pen ta keréna kerávimi
bilačé.
Kavá kaj na kapitóla mónsi maśkarál
le Sínti, ma kapitóla nínge maśkarál
le gaǧé.
Par le tarné Sínti sa kavá si pi
bibaχtaló sóske but kópi par lénde
na dikéla pes sar te ven vrin ta
léngro trúpo véla pardó da χolín.
But kópi le gaǧé ke ǧána kaj le Sínti
na si-le čačé mal, ma si-le diné
ménči ke kaména mónsi te bičalén
len te čorén par te rikarén o ková
čordinó.
Ke bibaχtaló trúpo si kaná par but
Sínti!
Se sa kavá na paruvéla le číri ke
véna si-le pándra pi ǧungalé.
Ma par i baχt na si mónsi le ková
ǧungalé. Si nínge ková śukár ke
mukéna te dikén ke čomóni stik
pándra paruvél.
But Sínti komensóna te χajovén ke
gjál na stik ǧála angjál ta par kavá
kaj si kolá ke ǧána te bitravén sar le
gaǧé. Na keréla či se but kópi le
bitrávimi si-le čororé. O ková baró si
ke jon na ǧána butér te čorén.
Si pándra komóni Sínti ke keréna le
sajék bitrávimi da but berś fa sar le
mesté t'o tualúno ndren le fuáre ta
- 22 -
Altri Sinti continuano a svolgere
alcuni dei mestieri tradizionali, come
i lunaparchisti ed i circensi.
le dimánśe.
- 23 -
Bambina dall'aria "furbetta", Forno di Coazze, 1983
Tarní čaj "goǧarí", Furn ëd Kuáze, 1983
- 24 -
La guerra
O kuribén
La guerra ha causato ai Sinti ed ai
Rom molto dolore.
Oltre mezzo milione di Sinti e di Rom
hanno trovato la morte nei campi di
sterminio in Germania.
Se ne parla poco e molti ancora oggi
ignorano questi tristi fatti.
In Italia per fortuna, anche durante il
fascismo, gli Zingari non sono stati
apertamente perseguitati come in
Germania, ma in alcuni casi ci sono
state deportazioni di persone che
non hanno mai fatto ritorno a casa.
Durante la guerra i Sinti hanno
vissuto la povertà come la maggior
parte dei gagé, ed anche qualche
storia di lotta antifascista, come
quella di Taro Debar, sinto
piemontese partigiano.
O kuribén kerdás te vel but duk par
le Sínti ta le Rom.
Pi but da panč śel míla Sínti ta Rom
sas-le mardé ndrén le stildéngere an
le Tejč.
Rakaréla pes písla da kavá ta but
gaǧé na ǧanéna kajá strófa tuganí.
An i Itália, par i baχt, nínge telál le
kasténgere, le Sínti na sas-le mardé
sar an an le Tejč, ma komóni Sínti
sas-le inǧadé koj ta na vjen-le butér
keré.
Tanké sas o kuribén le Sínti ǧivodénle
ndro čororipén, sar but gaǧé. Sas
nínge komóni Sínti ke kerdén o
kuribén kúntra a le kasténgere, sar o
Taro Debar, sinto piemontákero ke
kerdás o čirikló.
- 25 -
La storia di Taro Debar,
sinto partigiano.
I strófa do Taro Debar,
sínto čirikló.
Io ero (sono stato) tra i gagé fin da
bambino.
Il mio povero papa e la mia povera
mamma morirono quando avevo
quattro anni.
Mi misero in mezzo alle suore ed ai
preti; là feci le scuole.
Rimasi fino quattordici anni con le
suore e con i preti.
(Me ne) andai dopo un po' di tempo,
avevo già sedici anni, andai a
lavorare con (presso) dei signori del
paese.
Non avevo ancora diciotto anni,
arrivarono la tre o quatto signori.
Vennero dal mio padrone e mi
dicevano: "Abbiamo bisogno di te".
Ed io dissi (risposi): "per cosa avete
bisogno di me?"
"Cerchiamo un ragazzo svelto che
passi in mezzo ai tedeschi e che vada
sulle montagne dove si trovano i
<partigiani>.
Io non sapevo ancora cos'erano i
partigiani.
Non parlarono, fanno (?), (mi)
diedero mille (lire) solo perché
portassi un messaggio sulle
montagne.
Presi quelle mille lire e portai quel
messaggio.
Quando tornai, tre o quattro giorni
dopo, essi vennero di nuovo alla
grande casa (l'officina?) e mi dicono:
"Guarda, tu, vieni presto via di la
perché un giorno o l'altro arriveranno
- 26 -
Me sómas maśkarál da le gáǧe fin da
tíkno.
Mro čóro ba e mri čóri daj mujén-le ke
me sás-ma śtar berś.
Čidén ma maśkerál le raśanjá ta le
raśáj; koj kerdóm le starbíči.
Čjom fín-a a deś-u-śtar berś kun le
raśanjá ta le raśaj.
Gjom dópu ne písla číro, sás-ma ǧa
móu(?) deś-u-śóu berś, gjom te
bitraváu kun baré raj do gáu.
Na sás-ma pándra deś-u-oχtó berś,
vjen-le koj trin o śtar raj.
Vjen-le koj da mro raj e penénas
mánge: "Jamén sás-ma (sás-amen)
bróχa túke".
E me pendóm: "par so tumén í-tumén
bróχa?"
"Jamén rurássa ne čavó sígo te nakél-lo
maśkarál le tejč e te ǧal-lo pren le bérge
kaj si le <partigiani>.
Me na ǧanávas pándra so sas le
<partigiani>
Jon na rakardén-le, kerén-le, djen-le ne
paró mónsi te inǧaráu ne lil aprén le
bérge.
Me ljom ková paró e inǧardóm ková lil.
Kuándo vjom palénde, trin o śtar divés
dópu, jon vjen-le pándra koj do baró
ker e penén mánge: "Dik ke, tu, jáu glej
a vek da koj perké ne divés o vavér véla
la i tedeschi, ti prenderanno e ti
uccideranno. Vieni con me. Verrai
sulle montagne e i tedeschi non ti
prenderanno".
Io andai con loro e così feci la guerra
tra i "ciriclé" (i "ciriclé" nella nostra
lingua sono i partigiani) ed io feci il
"ciricló" (che vuol dire passero,
uccello).
Feci il partigiano dalle parti di
Montoso, Barge, Bagnolo. e i miei
capi erano Petralia, Zama, Milan,
Barbato, l'onorevole Colajanni.
Rimanemmo là in mezzo tre o
quattro mesi, poi ci portarono dalle
parti di Monforte, Barolo, Serralunga,
dalle parti di Alba.
Là feci ancora un anno da partigiano.
Mi ricordo ancora un giorno che i
"casténgheri" (sarebbero i fascisti)
volevano ancora prendere Alba.
Noi partigiani facemmo facemmo (a
forza di fare) finché non li lasciammo
passare.
Dalle nostre parti non passarono.
Passarono da un'altra parte, che i
partigiani, o era la paura, o non
erano abbastanza uomini (non
avevano abbastanza coraggio),
scapparono, ed i fascisti passarono.
Lasciamo li cinque o sei morti, ma
non fuggimmo.
Dalle nostre parti i fascisti non
passarono.
Ricordo ancora che vicino a me quel
giorno avevo un partigiano ed i
tedeschi con un colpo gli spararono
in testa e cadde a terra morto.
Io rimasi un po' li vicino, lo vidi
morto. Cosa fare? Lo lasciai lì e
proseguii.
Sparavo dietro a quei tedeschi e a
- 27 -
(véna) koj le tejč, léna tu e maréna tu.
Jáu mánča. Véssa pren le bérge e le
tejč na léna tu".
Me gjom lénča e gjal kerdóm o koribén
maskarál le "čiriklé" (le čiriklé nella
nostra lingua sono partigiani) e me
kerdóm o čirikló (che vuol dire passero,
uccello).
Kerdóm o čirikló da le rik do Montoso,
Barge, Bagnolo… e i mre śéfi sas-le
Petralia, Zama, Milan, Barbato,
l'onorevole Colajanni.
Čjam koj a maśkerál trin o śtar čon, pöj
bičadén men da le rik 'd Monforte,
Barolo, Serralunga… da le rik d'Alba.
Koj kerdóm pándra ne berś da čirikló.
Dáva ma pándra ne divés ke i
kasténgeri (sarebbero i fascisti)
kaménas pándra te len Alba.
Jamén le čiriklé, e kerdam kerdám finké
na mukjám te nakén-le.
Da maré rik na nakjén-le.
Nakjén-le da ne vavér rik, ke i čiriklé, o
sas i traś, o na sas dóstra rom, naśjén-le
pénge, e i kasténgeri nakjén-le.
Jamén mukjám panč o śóu mulé koj, ma
na naśjám.
Da maré rik le tejč e le kasténgeri na
nakjén-le.
Me dáva ma pándra ke paričál mánde
kavá divés koj sás-ma ne čirikló e le tejč
kun ne dab snapardén les andró śeró e
perdás-lo pri čik muló.
Me čjom a koj ne písla paričál, dikjóm
les muló. So keráva? Mukjóm les koj e
quei fascisti che venivano dietro, e
facemmo facemmo (a forza di fare)
finché se ne andarono, andarono
ancora indietro, ed essi, i tedeschi ed
i fascisti venivano dietro, fecero un
altro (?) e passarono. arrivarono ad
Alba. Presero Alba.
Noi, anche noi camminammo a piedi
da…, andammo a Monforte e quel
giorno catturammo cento e
cinquanta (cento e mezzo) fascisti,
Brigate Nere, Cacciatori delle Alpi.
Tre o quattro giorni dopo il capo ci
disse a noi partigiani: "Uccideteli
tutti!" e noi li uccidemmo tutti.
Sentivo (sento) ancora adesso nelle
mie orecchie tutte le urla di quei
ragazzi.
Uno diceva: "Io non ho fatto nulla.
Non ho mai sparato sui partigiani", e
un altro: "Mi hanno portato via di
casa, mi hanno chiamato, mi hanno
detto: "se non vieni in mezzo a noi ti
uccidiamo".
Un altro che gridava: "se non vado
(fossi andato) in mezzo a loro,
uccidevano (avrebbero ucciso) mio
padre e mia madre".
Un altro gridava: "Io sono (padre <
fr. pere?) sposato. Se non andavo
(fossi andato) mi dicono (dicevano)
che uccidevano (avrebbero ucciso)
mio figlio".
Ma noi quando il capo ci disse di
sparare, noi sparammo e li
uccidemmo tutti. Cento, più di cento
uomini.
Quello (queste cose) mi sono rimaste
in testa ed ora che ho molti anni
penso ancora a cosa è la guerra,
perché ci si ammazzava l'uno con
l'altro.
Che molte volte eravamo anche
fratelli, uno nei partigiani ed un altro
- 28 -
gjom angjál.
Čerdávas aprén a kalá tejč e a kalá
kasténgeri ke vénas-le aprén, e kerdám
kerdám finké te ǧánas, gjen pándra
palénde, e jon, le tejč e le kasténgeri
vjen-le palénde, kerdén ne vavér
trúśimo e nakjén… e gjen Albáte… ljen
Alba.
Jamén, nínge jamén gjam pe palénde
da (?) gjam a Munfórt e ková divés koj
ljám śel ta paś kasténgeri, Brigate Nere,
Cacciatori delle Alpi.
Trin o śtar divés naklé o śéfo pendás
ménge čiriklé: "Mardén-le (marén-le)
sassaré!" e mardám len sassaré.
Śunávas pándra kaná andrén maré
kand sa le gólas ke dénas kalá čavé.
Jek penélas-lo: "Me na kerdóm či.
Me na sčerdjóm maj aprén le čiriklé", e
ne vavér: "Me ljen ma ndro ker, kardén
mánge, pendén mánge: "se na véssa
maskerál jamén, jamén marássa tu".
Ne vavér ke délas-lo góli: "se me na
ǧáva maskerál jon, marénas mro ba ta
mri daj".
Ne vavér délas-lo góli: "Me som per
romadinó. Se na ǧávas penéna ke
marénas o tiknó".
Ma jamén kuándo o śéfo pendás te
čardél, jamén čardjám e mardám len
sassaré…śel… pi but…pi but da śel rom.
Dová kalá čjas-lo mánde ndro mro śeró
e kaná ke í-ma but berś pensáva pándra
so si o koribén, perké te mardás nes jek
kun vavér.
Ke but kópi sámas nínge pral, jek ndren
nei fascisti.
Se mi credete (date retta a me), la
guerra non fatela mai più.
Quello, desidero solamente che chi
ascolta ciò che ho detto adesso
(sappia che) non è una bugia.
Ciò che ho detto è una cosa
avvenuta molti anni fa, e credo
(spero) che voi crediate a ciò che ho
detto, ed io non voglio più vedere
giorni cosi.
le čiriklé t'o vaver ndren le kasténgeri.
Se pačéna ma, o koribén na keréna
butér kek.
Dová, me kamáva mónsi kon si ke
śunéla so pendóm me kaná, na i ne
χoχavibén.
Dová ke me pendóm si ne kóva ke
kapitodás-lo but berś fa, e pačáv ke
tumén pačéna so pendóm, e na kamáva
butér dikáu divés agjál.
Registrazione effettuata in data 30 marzo 1984 presso il campo nomadi di Cuneo - Madonna
dell'Olmo. - File audio: http://www.progettoniglo.org/taro.mp3
Foto - bílda: S.Franzese – maggio 2004
Amilcare "Taro" Debar – sinto partigiano)
O Amilcare "Taro" Debar – sínto čirikló
- 29 -
Bella ciao
Śukar Čaj (*)
Una mattina mi son svegliato
O bella ciao, o bella ciao,
o bella ciao ciao ciao
Una mattina mi son svegliato
Ed ho trovato l'invasor
O partigiano porta mi via
O bella ciao, o bella ciao, o bella ciao
ciao ciao
O partigiano porta mi via
Che mi sento di morir
E se io muoio da partigiano
O bella ciao, o bella ciao, o bella ciao
ciao ciao
E se io muoio da partigiano
Tu mi devi seppellir
Mi seppellirai lassù in montagna
O bella ciao, o bella ciao, o bella ciao
ciao ciao
Mi seppellirai lassù in montagna
Sotto l'ombra di un bel fior
Cosi le genti che passeranno
O bella ciao, o bella ciao, o bella ciao
ciao ciao
Cosi le genti che passeranno
Mi diranno che bel fior
E questo è il fiore del partigiano
O bella ciao, o bella ciao, o bella ciao
ciao ciao
E questo è il fiore del partigiano
Morto per la libertà
E questo é il fiore del partigiano
Morto per la libertà
Je trasárla me sganǧadóm ma
Oj śukár čaj śukár čaj śukár čaj čaj čaj
Je trasárla me sganǧadóm ma
Le kasténgere ís-le koj
Oj čirikló, inǧar ma vek
Oj śukár čaj śukár čaj śukár čaj čaj čaj
Oj čirikló, inǧar ma vek
Ke śunáva te meráu
Se me meráva sar čirikló
Oj śukár čaj śukár čaj śukár čaj čaj čaj
Se me meráva sar čirikló
Inǧarén mro trúpo dur
Čivén les koj aprén le bérge
Oj śukár čaj śukár čaj śukár čaj čaj čaj
Čivén les koj aprén le bérge
Telé da ne tíni blúma
Ta sa kolá ke nakén koj
Oj śukár čaj śukár čaj śukár čaj čaj čaj
Ta sa kolá ke nakén koj
Dikéna sar si śukár
Kajá si i blúma do čirikló
Oj śukár čaj śukár čaj śukár čaj čaj čaj
Kajá si i blúma do čirikló
Ke mujás-lo par jamén
Kajá si i blúma do čirikló
Ke mujás-lo par jamén
Riśardas la in sinto o Sergio Franzese
Tradotto in sinto da Sergio Franzese
- 30 -
(*) La traduzione di "Bella Ciao" dall'italiano al sinto ha comportato inevitabilmente un
adattamento, pur restando il più fedele possibile al testo originale.
Ecco qui di seguito alcune note esplicative:
1) Śukar čaj = Bella ragazza. Si è scelto il termine sinto "čaj" (ragazza) per assonanza
fonetica con "ciao".
2) il termine kasténgere significa fascisti (da kast "legno" ovvero "manganello"). È stato usato
in mancanza di un termine preciso per indicare il nemico. Nel caso specifico esso appare più
che mai adatto.
3) čirikló, come spiegato nel racconto, è il termine usato dai Sinti per indicare i partigiani. Esso
significa "uccello, passero".
4) inǧarén mro trupo dur = lett. "portate il mio corpo lontano"
5) dikéna sar si śukár = vedranno come è bello (il fiore)
6) ...ke mujás-lo par jamén = lett. "che è morto per noi". In sinto non esiste un termine per
indicare il concetto astratto della libertà.
I partigiani sulle montagne
Le čiriklé pren le bérge
- 31 -
Anziana donne sinta piemontesi, Forno di Coazze, 1983
Purì sínta piemontákera, Furn ëd Kuáze, 1983
- 32 -
La lingua zingara
I čib romaní
Come tutti i Sinti ed i Rom, anche i
Sinti Piemontesi parlano la lingua
romaní.
La lingua romaní è di origine indiana
arricchita di numerosi termini
acquisiti da altre lingue che
testimoniano il percorso seguito dagli
Zingari per giungere in Europa da
lontane regioni che essi
abbandonarono forse a causa di
conflitti e carestie.
La lingua romaní è costituita da una
varietà di dialetti con una origine
comune ma diversi tra loro. Tale
diversità, che appare soprattutto più
marcata tra i dialetti dei Sinti e quelli
dei Rom, può spesso costituire un
serio ostacolo alla comprensione
reciproca.
Per questo se un Sinto Piemontese
può dialogare senza troppi problemi
con un Sinto Lombardo, incontrerà
certamente maggiore difficoltà con
un Sinto Tedesco o con un Rom
Abruzzese e riuscirà a comprendere
solamente alcune parole della lingua
parlata dai Rom provenienti da paesi
più lontani.
Purtroppo però in Piemonte la lingua
è stata abbandonata. Solamente i più
anziani sono ancora in grado di
parlarla.
I Sinti Piemontesi in Francia parlano
ancora il sinto come lingua
quotidiana.
Nei pressi della comunità di Plan de
Grasse abita un sinto piemontese, di
nome Lick Dubois, che insieme a suo
- 33 -
Sar sa le Sínti ta le Rom, nínge le
Sínti Piemontákeri rakaréna i čib
romaní.
But láŭ di čib romaní véna da le čibjá
ke rakaréna pen pándra kaná an i
India, ma but vavér láŭ véna da sa le
čibjá ke rakerénas ndren le temá kaj
le Sínti nakjén-le kánte vjen-le an i
Európa. Stik ke vjen-le vek da kolá
temá par te naśen katár o kuribén ta
katár i bok.
I čib romaní na si sémpar sajék. Le
Rom rakaréna in ne vínkimo, le Sínti
in ne vavér vínkimo. Maśkarál le
Sínti in óni stéto rakaréla pes in ne
vínkimo ke na i-lo sajék do vavér.
But kópi le čibjá da le Sínti déna zer
maśkár lénde, ma in vavér kópi na
stik χajovén pen.
Se ne Sínto Piemontákero śunéla ne
Sínto Lumbárdo ke rakaréla stik
χajovéla les miśto, ma se śunéla ne
Sínto Tejč o ne Rom Abruzzese na
χajovéla les but. Se śunéla ne Rom
Ungarézo χajovéla mónsi písla láŭ o
na χajovéla či.
Par bibáχt no Piemúnto i čib vélas-li
bistardí. Mónsi le Sínti pi puré
ǧanéna pándra te rakarén o sínto
miśtó.
Le Sínti Piemontákeri ke ǧivóna an le
Válči rakaréna pándra o sínto.
Da le rigá da Plan de Grasse ǧivóla o
Lick Dubois, ne Sínto Piemontákero
ke kun péskro čavó, trin o śtar vavér
rom ta je kelimáskeri čidás pren ne
ketanibén da baśavimángere (Les
Zingaria). Jou kerdál lénča ne dísko
figlio e ad altri ha costituito un
gruppo musicale (Les Zingaria) ed ha
prodotto un CD con canzoni in lingua
sinta.
Lick ha anche scritto un libro che
parla di come vivevano i Sinti una
volta.
È un bell'esempio per tutti i Sinti
Piemontesi perché a differenza di
molti egli dimostra di saper amare la
propria gente e di voler conservare la
propria lingua.
Se vuoi saperne di più a
proposito di Lick e del suo
gruppo musicale e se vuoi
leggere i testi delle sue canzoni
vai a pagina 51.
(CD) da giljá in sínto.
O Lick sibjardás nínge duj lil ke
rakaréna pro ǧivibén da le puré Sínti.
Si ne śukár ková sa so o Lick kerdás
ta si lačó se sa le Sínti Piemontàkeri
kaména péngre siklipén ta péngri čib
sar jóu.
Se kaméssa te ǧanés pi but pro Lick
ta pren le ménči ke baśavéna lésal,
ta se kaméssa te des pren le láŭ da
léskre giljá, ǧan te dena pren o lil
(pagina) 51.
- 34 -
Alla lingua sinta, ormai poco diffusa tra i Sinti in Piemonte, ho dedicato una
poesia (Lingua nostra). Attraverso altre poesie ho voluto descrivere in poche
parole la vita e l'anima sinta.
Par i čib romaní, ke but Sínti an o Piemúnto bistardén, me kerdóm ne
sibjárimo – puezía (Čib marí); an vavér sibjárimi me rakardóm pro ǧivibén t'o
lió romanó da le Sínti.
Lingua nostra
Ti amo,
lingua nostra.
Tu sei ricca e povera
come noi.
Quando siamo tristi
tu ci dai le parole per piangere,
quando siamo contenti
tu ci dai le parole per rallegrarci,
quando dobbiamo nasconderci
tu, lingua nostra, ci aiuti.
Tu hai viaggiato insieme a noi
lungo le strade del mondo,
eri il fuoco delle nostre canzoni,
ed ora
in questi terreni malsani
che i gagé ci riservano
tu muori un poco ogni giorno,
come noi.
Se ti perdiamo
anche noi saremo perduti.
Ascoltate, ragazzi,
ascolta gioventù,
i nostri vecchi Sinti
ci hanno lasciato
questa bella dolce lingua.
Non dimentichiamola,
insegniamola ai nostri figli,
conserviamola sempre con noi
come il più grande tesoro
che ci appartiene.
(1999)
Čib marí
Kamáva tu,
čib marí.
Tu sal bravalí ta čororí
sar jamén.
Kánte sam tugané
ménge tu déssa le laŭ par te rovás,
kánte sam kontán
ménge tu déssa le laŭ par te sas,
kánte si-amén bróχa te garavássa men
tu, čib marí,
déssa ménge ne vast.
But pirdál ménčal
pren sa le dromá do bolibén,
sálas i jag da maré giljá,
ma kaná
ndrén kalá ǧungalé pláse
kaj čidéna men le gaǧé
tu meréssa ne písla óni divés,
sar jamén.
Se naśavássa tu
nínge jamén sam naśadé.
Śunén čavále,
śunén terné,
maré puré Sínti
mukjén-le ménge
kajá śukár, gulí čib.
Na bistarás la,
sikavás la par maré čavé,
inǧarás la sémpar ménčal
sar o pi baró braválimo
ke si-amén.
(1999)
- 35 -
Passano i Sinti
Nakéna le Sínti
Passano i Sinti con i carrozzoni
portando con sé cavalli, bambini e galline.
Tra di loro gli uomini parlano,
alla ricerca di un luogo in cui
trascorrere la notte.
Tutti strillano, i bambini piangono,
lungo le strade le donne leggono la mano.
Vagano e fuggono per il mondo
tra fortuna e miseria.
Senza patria e senza casa sempre vanno
il sole e la luna vegliano su di loro.
Suonano i violini, suonano con maestria
una bella ragazza danza con cuore
infuocato.
Tutti la osservano e sognano,
vorrebbero restare soli con lei.
Dalla sera alla mattina si canta
domani chissà, è un altro giorno.
Quando hanno fame vanno a chiedere
per procurarsi un poco di cibo.
Cercano il pane, le patate e la carne,
salame, crauti e lardo.
Da sempre i Sinti fanno così
arrivano, passano e vanno lontano.
Vagano e fuggono tutta la vita
tra fortuna e miseria...
Nakéna le Sínti kun baré vardinjá
inǧéna lénča graj, čavé ta χaχnjá.
Maśkár lénde le rom rakaréna,
par te nakén i rat ne stéto rodéna.
Sa déna góli, le čavé rovéna
pren le dromá, le romnjá dukaréna.
Piréna naśena par o bolibén
maśkarál i baχt t'o čororipén.
Bi čik ta bi ker sémpar ǧána pénge
o kam t'i čardiní dikéna pren lénde.
Baśavéna le gájge, baśavéna miśtó
je śukár čaj keléla kun i jag andro lió.
Sa dikéna par láte ta déna suné
kaménas kun joi te čen kokoré.
Di ratí fin-a ki tresárla gjavéla pes
tájsa kon ǧanél, si vavér divés.
Kánte si bokalé jon ǧána mangén
Par te véna lénge je písla χabén.
Rodéna o félzo, le matréli t'o mas,
goj, śutló śeχ ta balavás.
Da sémpar le Sínti keréna gjal
rivóna, nakéna ta ǧana durál.
Piréna naśéna sa o ǧivibén
maśkarál i baχt t'o čororipén...
(6/2002)
(6/2002)
- 36 -
Un sogno
Stasera, amico, ho il cuore pesante
Prendo la mia chitarra e in solitudine vado
A riposare sull'erba, lontano dal paese
Ma non ho la forza di mettermi a cantare
Chiudo gli occhi ed inizio a sognare
Dinanzi a me scorrono gli anni passati
Il mio caro nonno con il suo carrozzone
I cavalli che si abbeverano al fiume
Là un pò più lontano su quella strada
Una bambina una donna ed un uomo
Sono mio padre con mia madre e mia sorella
Li vedo venire verso di me
Hanno vissuto in povertà
Spostandosi di paese in paese.
Tra le campagne, sulle strade battute
Camminavano i Sinti in ogni parte
Là tra i pesci nell'acqua
Rivedo mio zio, il povero Balin
Dietro le piante, lontani da tutto
Un ragazzo ed una ragazza stanno
nascosti
In questo bel luogo mi piace restare
Sento qualcuno che mi chiama per nome
È la mia cara mamma che veglia su di me
e con la sua mano carezza il mio viso
Ma tutt'a un tratto mi sveglio
Ho dormito? Non puo essere! Non capisco!
Mi guardo intorno ma non c'è più nessuno
tutti quei Sinti se ne sono andati
Cosa è successo? Sono impazzito?
Son trascorse tre ore ed io ho sognato
All'improvviso sento la paura nel cuore
Sono nel duemila ed io sono vecchio!
Quel mondo non esiste più
Immagini anctiche di un tempo migliore
Nella tristezza ora piango
Il mio volto nero è pieno di lacrime
Nel cuore della notte io, uomo stanco,
Mi volto indietro e vedo la mia lunga strada
La mia chitarra piange ed alla luna d'argento
suona una canzone del tempo passato
Ne sunó
Kajá rat, móre, síma o ǧi paró
Láva mri séjla ta ǧav kokoró
pri víza beśáva koj vrin do gáŭ
Ma na síma i zor par te gjaváŭ
Pangáv le jaká ta dáva suné
Angjál mánde nakéna sa le berś naklé
Mro kamló papú kun léskri vardín
Le graj ke pjéna ndro baró panín
Koj ne písla durál pren kóva drom
Ne tikní čaj, ne romní ta ne rom
I-le mro ba kun mri daj ta mri pen
Pirén katár mánde, dikáva len
An o čororipén ǧivónas-le
Da gáŭ a gáŭ sémpar ǧánas-le
Maśkár le féldi, pren le dromá
Pirénas le Sínti da sa le rigá
Maśkarál le mačé koj ndro panín
Dikáv mro kaké, o puró Balín
Palál da le ruk dur da sassaré
Ne čavó ta ne čaj čéna-le garadé
An kajá śukár plása kamáva te čáŭ
Śunáva komóni ke karéla mro láŭ
Si mri kamlí daj ke pren mánde dikéla
Ta pren da mro muj lákro vast čivéla
Ma sa da ne dab me sganǧaváva
Sutjóm? Nastík! Na χajováva!
Dikáv trujál mánde ma na si kek
Sa kolá Sínti gjen pénge vek
So kapitodás? Narvaló vjom?
Nakjén-le trin kóre, ne sunó me djóm
Glej me śunáva i dar andro lió
Som no berś duj míla ta me som puró!
Ková bolibén na si butér
bílde puré da ne číro fedér
An o bibaχt rováva kaná
Mro kaló muj si perdó da lasuá
An o paś di ratí me, kinó rom
Palál mánde dikáva mro baró drom
Rovéla mri séjla ta ko čon rupanó
Ne gilí baśavéla do číro nakló
- 37 -
Più di una volta ho affermato che gli Zingari sono i Pellerosse d'Europa, legati
da un comune destino di discriminazione e di emarginazione sociale ed
economica.
Per questo alcuni anni fa ho tradotto in sinto piemontese una lettera scritta nel
1855 dal capo pellerossa Seath al presidente americano Franklin (Il Grande
Capo Bianco) come un segno di fratellanza tra genti lontane accomunate dal
bisogno di rivendicare il diritto ad esistere come popolo e cultura...
Komóni kópi me pendóm ke le Sínti ta le Rom si le Lolimorčjákeri* di Europa
sóske léngri strófa ta léngre siklipén sas-le mudardé ne písla óni divés. Le
Lolimorčjákeri* koj an i Amérika sas-le but kópi muklé kokoré bi bitrávimo ta
bi číro ke véla, própi sar le Sínti ta le Rom kaj paśál ménde.
Par kavá kaj me riśardom in sinto ne lil ke o śéfo lolimorčjákero* Seath
sibjardás an o berś 1855 (jek míla oχtó śel duj biś ta deśupánč) ko baredér di
Amérika Franklin (O baró Śéfo Parnó). Gjal si sar se le Sínti ta le
Lolimorčjákeri* lačéna maśkar pénde ta déna góli ketané da sa léngri zor par
te penén ke kaména te čen-le ǧidé...
* Lolimorčjákeri = Pellerossa
- 38 -
Il Grande Capo Bianco
Il Grande Capo Bianco
mi manda a dire da Washington che
desidera acquistare la nostra terra.
Come si possono comprare o
vendere il cielo o il calore della terra?
O Baró Śéfo Parnó
O Baró Śéfo Parnó
ke si an o Uóśington penéla ke
kaméla te kinél marí čik.
Sar stik kinássa o binkavássa o
bolibén t'o tatipén di čik?
L'idea mi sembra strana.
Noi non siamo padroni della
freschezza dell'aria, e dello
zampillare dell'acqua.
Come si può chiedere di comprarli da noi?
Per la mia gente
qualsiasi componente di questa terra
è sacro.
Qualsiasi ago splendente di pino.
qualsiasi sponda sabbiosa,
qualsiasi nebbia nell'oscurità dei boschi
qualsiasi radura erbosa,
qualsiasi insetto ronzante
è santo nella memoria e
nell'esperienza del mio popolo.
Sappiamo che l'uomo bianco
non comprende il nostro sistema di
vita.
Per lui un pezzo di terreno vale
quanto un altro,
perché egli è uno straniero che viene
durante la notte
e prende dalla terra qualsiasi cosa gli
occorra.
La terra è sua nemica, non sua
sorella,
e quando egli l'ha conquistata
continua per la sua strada.
Egli abbandona la tomba di suo
padre
e dimentica il diritto di nascita dei
suoi figli.
Non vi è alcun posto tranquillo
nella città dell'uomo bianco.
Nessun posto ove si possano
ascoltare
- 39 -
Ke tinkárimo narvaló!
Jamén na sam le baré raj do śil,
di vínta ta do baró panín
ta par kavá kaj nastík kinássa len
Par jamén
sa le ková ke i-le ndro bolibén i-le
hálige.
Le patrjá kun i fárba do sonakáj,
i čik paričál o méro,
i víza ta le ruk do veś,
le tiné fjéχe:
jon sassaré i-le hálige ndren maró
tinkárimo
ta ndren maró lió.
Jamén ǧanássa ke o rom parnó
na χajovéla maró ǧivibén.
Par jóu ne tokór da čik i-lo sar ne
vavér
sóske jóu si ne čamardó
ke véla ndri rat
ta léla di čik sa so si les bróχa.
Jóu na kaméla i čik, i čik na i-li léskri
pen,
palál ke ljás sa di čik
mukéla la ta ǧála péske vek par
péskro drom.
Jóu mukéla o muléskero
da léskro ba
ta bistaréla ke palál léste si te ven
pro bolibén léskre čavé.
Na si kek stéto śukár
ndro fóro do rom parnó.
Na si kek stéto kaj stik śunássa le giljá
da le patrjá kánte purdéla i vínta
t'o baśávimo ke keréna le paká da le
čiriklé.
lo stormire delle fronde a primavera
o il ronzare delle ali degli insetti.
Ma forse è soltanto perché io sono un
selvaggio
e non comprendo,
mi sembra che il frastuono delle città
offenda le mie orecchie.
Quanto vale la vita
se l'uomo non può udire di notte il grido
del succhiacapre o il gracidare delle
rane in uno stagno?
Anche i bianchi scompariranno,
forse prima di altre tribù.
Continuate a contaminare il vostro letto,
ed una notte sarete soffocati
dai vostri stessi rifiuti.
Quando i bisonti saranno tutti
sterminati
i cavalli selvaggi tutti domati,
quando gli angoli segreti delle foreste
saranno invasi dall'odore di molti
uomini,
la vista delle colline oscurata dai fili
che parlano
allora l'uomo si chiederà:
"Dove sono gli alberi ed i cespugli?
Scomparsi!
Dov'è l'aquila?
Scomparsa!"
E cosa significa dire addio al rondone
e alla caccia
se non la fine della vita
e l'inizio della sopravvivenza?
Stik ke me som mónsi ne rom divjó
ta na χajováva,
ma mánde déla zer ke i góli do baró
fóro keréla duk kaj mre kan.
Keči mol o ǧivibén
se o rom na stik śunél le čiriklé di rat
o sar déna góli le geraljá ndro panín?
Nínge le rom parné je dives si te
merén,
kon ǧanéla se na meréna
vagéstra da le vavér rom?
Se óni divés tumén keréna te vel
tumaró vódro pi melaló,
véla ne rat ke tumaré melalipén
maréna tumén.
Kánte le baré nóski i-le sa mardé
ta le graj divjé i-le sa romané,
kánte le stéti garadé ndren le veś
véna pardé do χand da but rom,
ta kánte le tíne bérge véna-le garadé
da le táŭ ke rakaréna, alúra dikéna
ke o rom pučéla pes:
"Kaj si le ruk t'i víza?
Na si butér!
Kaj si o baró čiriklo brúno?
Na si butér!"
Kánte sa kavá na si butér,
nínge o ǧivibén véla śilaló ta tuganó
ta sassaré si te čingarén
óni divés pi zor par te ǧivóna.
Śéfo Seath, 1855
Capo Seath, 1855
- 40 -
Inoltre per amore di questa lingua e della gente sinta mi sono cimentato nella
traduzione-adattamento (traduzione non letterale) di alcune canzoni.
Si tratta delle canzoni Gli Zingari, Quelli eran giorni (interpretate da Dalida),
4/3/43 e La casa in riva al mare (di Lucio Dalla). oltre che di una canzone
popolare piemontese (Maria Giuana).
Un'altra canzone popolare piemontese, Maria Catlin-a, qui di seguito riportata, è
invece frutto di una traduzione elaborata da don Renato Rosso.
Alcuni di questi testi ci portano ovviamente fuori dalla tradizione sinta ma
ritengo utile poter dimostrare che una lingua puó tornare a vivere ed essere
usata anche per avvicinare culture diverse..
Ta sémpar par o kamlipén ke me śunáva par kajá čib me riśardom komóni giljá
gaǧikané in sínto.
Si le gilja Le Sínti, Des tu kola divés (ke gjavélas i Dalida), 4/3/43 ta O ker
paričál o méro (do Lucio Dalla) ta nínge ne gilí piemontákeri (I María Ǧuána).
I vavér gilí píemontákeri, I María Katlín-a, ke i-li sibjardí kaj telé sas o raśáj don
Renato ke riśardas la in sínto.
Le Sínti, jon na gjavéna le giljá da le gaǧé in sínto, ma me pačáva ke da maré
divés sa so i-lo sibjardó in sínto sikavéla ke kajá čib si-li pándra ǧidí ta stik déla
ne vast kaj sa le ménči par te χajovén pen fedér maśkár lénde...
- 41 -
Gli Zingari
Le Sínti
Zingaro chi sei
figlio di Boemia
dimmi tu perché
sei venuto qui ?
Quando mi stancai
dell'Andalusia
E tu vecchio dimmi come fu
La mia terra ormai non esiste più…
I cavalli son stanchi nell'umida sera
ma la folta criniera
sembra il vento invocar
Stan gli zingari attorno
alle fiamme splendenti
destan ombre giganti
nel chiarore lunar
Palpita allor la canzon più bizzarra
nasce nel cuor quel vibrar di chitarra
Questo è il canto di chi non conosce frontiera
è l'ardente preghiera del Gitano che va
Dimmi dove vai
Tornero in Bohemia
me ne andro lontan
per mai più tornar
E tu dove vai ?
Nell'Andalusia
E tu perchè piangi cosi ?
Io son vecchio ormai e rimango qui…
Gitano perchè non rimani stasera
per la nuova avventura
puoi domani partir
Resta ancora a cantar
nella notte stellata
finchè l'alba spietata
faccia il sogno svanir
Canta che un di il gran re di Cuccagna
ti regalo un castello in lspagna
Questo è il canto di chi non conosce frontiera
è l'ardente preghiera del Gitano che va…
Sínto, katár ves
kun tro muj kinó?
Pen mánge par so
vjal tu fín-a kaj
Váva da durál
katár i Andaluzía
Par so tu puró sal gjal tuganó?
Dav ma mro śukár gáŭ ke i-lo duraló…
An i rómani rat sa le graj si kiné
ta léngre jaká
si pardé da dromá
Sa le Sínti beśéna
trujál ne barí jag
maśkár jon rakaréna
pren da léngre divés
Ndren ne vardín komóni baśavéla
je śukár gilí vavér rom gjavéla
Śunél pes i gájga ta rovéla o lió
kavá si o prijávimo do Sínto čororó
Pen mánge kaj ǧas
Pále ki Boémia
ǧáv mánge durál
kaj me na ǧanáv
Tu pen mánge kaj...
Ki Andaluzía
E tu par so rovés ?
Me som ǧam puró, me meráva kaj…
Me mangáv túke Sínto te čes pándra kaj
par so kamés tu
te ǧas túke vek ?
Baśáv par mánde
tre giljá but puré
fin-a kante o kam
mudaréla i rat.
Rakár ma do divés ke ndro tem Sonakáj
o baró raj djas tu péskri čaj
Śunél pes i gájga ta rovéla o lió
kavá si o prijávimo do Sínto čororó…
- 42 -
Quelli eran giorni
Des tu kolá divés
Parole: Daiano - E.Raskin
Musica: Tradizionale russa zigana (Dorogoj
dlinnoyu)
Titolo originale: "Those Were the Days"
Baśávimo da le Sínti an i Rüsia (Dorogoj
dlinnoyu) "Those Were the Days"
C’era una volta una strada
un buon vento mi portò laggiù
e se la memoria non m’inganna
all’angolo ti presentasti tu
Quelli eran giorni, si, erano giorni
e tu al mondo non puoi chiedere di più
noi ballavamo
anche senza musica
nel nostro cuore c’era molto più
La la la la la la…
{nel nostro cuore c’era molto più}
Vivevamo in una bolla d’aria
che volava sopra la città
la gente ci segnava con il dito
dicendo: "Guarda la felicità"
Quelli erano giorni si, erano giorni
e niente ci poteva più fermar
quando il semaforo
segnava rosso
noi passavamo allegri ancor di più
La la la la la la…
{noi passavamo allegri ancor di più}
Poi si sa col tempo anche le rose
un mattino non fioriscon più
e così andarono le cose:
il buon vento non soffiò mai più
Quelli eran giorni, si, erano giorni
e tu al mondo non puoi chiedere di più
e ripensandoci
mi viene un nodo qui
e se io canto questo non vuol dir
La la la la la la…
{noi passavamo allegri ancor di più}
Oggi son tornata in quella strada
un buon ricordo mi ha portata là
stavi in mezzo a un gruppo di persone
Sas je kópo ne tíkno drom
i vínta purdélas śilalí
ta glej da durál me dikjóm
ke paričál mánde véssas tu
Des tu kolá divés, des tu kolá divés
kánte tu sálas mánča, mri romní
mro lió sas narvaló
kamélas mónsi tu
ta ketané 'men sámas baχtalé
La la la la la la…
{ta ketané 'men sámas baχtalé}
Na sas-men félzo né lové
ménge sas dóstra máro kamlipén
ta sa kolá ke dikénas men
penénas: "Dik sar kaména pen"
Des tu kolá divés, des tu kolá divés
koj an o baró veś da garadé
maśkarál da le ruk
kerdám o kamlipén
ta ketané 'men sámas baχtalé
La la la la la la…
{ta ketané 'men sámas baχtalé}
O číro maréla le tíne blúme
t’i vínta na purdéla butér
sar an o ǧivibén sa le ková
meréna ne divés o vavér
Des tu kolá divés, des tu kolá divés
kánte me sómas túsal mri romní
ninge tu narvalí
kaméssas ma, moré
ta ketané 'men sámas baχtalé
La la la la la la…
{ta ketané 'men sámas baχtalé}
Des tu kolá divés, des tu kolá divés
kánte me sómas túsal, mri romní
ninge tu narvalí
kaméssas ma, moré
- 43 -
e raccontavi: “cari amici miei…
Quelli eran giorni, si, erano giorni
e tu al mondo non puoi chiedere di più
noi ballavamo
anche senza musica
di là passava la nostra gioventù...
La la la la la la…
{noi passavamo allegri ancor di più}
ta ketané 'men sámas baχtalé
La la la la la la…
{ta ketané 'men sámas baχtalé}
Ta kajá rat ne sunó me djóm
pren ková drom páple me gjom
tu sálas koj ta dur dikéssas
da tri gulí véjza pándra gjavéssas:
Des tu kolá divés, des tu kolá divés
do tarnipén kánte sa si śukár
tu but kaméssas ma
me but kamavas tu
ta ketané 'men sámas baχtalé
La la la la la la…
{ta ketané 'men sámas baχtalé}
Gypsy Scene
© by Christine Lillian Whitfield
- 44 -
4/3/43
Śtar–trin–duj biś ta trin
Dice che era un bell'uomo e veniva,
veniva dal mare..
parlava un'altra lingua, però sapeva
amare
e quel giorno lui prese a mia madre
sopra un bel prato,
l'ora piu dolce prima di essere
ammazzato.
Cosi lei restò sola nella stanza, la
stanza sul porto
con l'unico vestito ogni giorno piu
corto
e benché non sapesse né il nome e
neppure il paese
mi aspettò come un dono d'amore sino
dal primo mese.
Compiva sedici anni quel giorno la mia
mamma
le strofe di taverna le cantò a ninna
nanna
e stringendomi al petto che sapeva,
sapeva di mare
giocava a far la donna con un bimbo
da fasciare.
E forse fu per gioco o forse per amore
che mi volle chiamare come Nostro
Signore
della sua breve vita il ricordo, il
ricordo piu grosso è tutto in questo
nome che io mi porto addosso.
E ancora adesso che gioco a carte e
bevo vino per la gente del porto mi
chiamo Gesù Bambino... (3)
Penél ke vélas do méro e ke sas,
e ke sas śukár rom...
rakarélas vavér čib, ma me les na
pinǧardóm
ta jóu ljas-lo mri daj pren di víza,
jou ljas la koj pren
sas i paluní kóra da péskro ǧivibén.
Kokorí čjas-li mri daj ándro ker,
ándro ker puró
kun péskro rivibén óni dives pi tiknó
na ǧanélas-li léskro láŭ ta nínge o gáŭ
ma kun o kamlipén djas číro ko tiknó
čáu.
Deśuśóu berś joi kerélas,
kerélas mri daj
ta délas zer pándra ne tarní čaj
čumidélas ma ta sálas,
sar sas-li kamlí!
Kelélas-li mánča ta sas baχtalí.
Stik ke sas par kelibén ke mri terní daj
kardás ma kun o láŭ da maró Baró Raj
da péskro ǧivibén o pi baró ková
ke mánge mukjás
si kavá śukár láŭ ke pren mánde
čidás.
Ta kaná ke me som baró rom
ke kaméla te pjel
par sa le rom dakáj
karáva ma Tiknó Devél
Ta kaná ke me som baró rom
ke kaméla te pjel
par sa le rom dakáj
karáva ma Tiknó Devél
Ta kaná ke me som baró rom
ke kaméla te pjel
par sa le rom dakáj
karáva ma Tiknó Devél...
- 45 -
La casa in riva al mare
O ker paričal o mero
Dalla sua cella lui vedeva solo il mare,
ed una casa bianca in mezzo al blu
e una donna si affacciava, Maria,
è il nome che le dava lui
Alla mattina lei apriva la finestra
e lui pensava: "quella è casa mia,
tu sarai la mia compagna, Maria",
una speranza e una follia
E sogno la libertà,
e sogno di andare via, via
e un anello vide già,
sulla mano di Maria
Lunghi silenzi come sono lunghi gli
anni,
parole dolci che si immaginò
"questa sera vengo fuori, Maria,
ti vengo a fare compagnia"
E gli anni stan passando tutti gli anni
insieme
ha già i capelli bianchi e non lo sa
dice sempre "manca poco, Maria,
vedrai che bella la città"
E sognò la libertà,
e sognò di andare via, via
e un anello vide già,
sulla mano di Maria
E gli anni son passati, tutti gli anni
insieme
ed i suoi occhi ormai non vedon più
Disse ancora: "la mia donna sei tu",
e poi fu solo in mezzo al blu
e poi fu solo in mezzo al blu,
e poi fu solo in mezzo al blu.
Katár léskro starebén dikélas mónsi o
méro,
Ta ne parnó ker maśkarál o panín
ne romní vélas-li vrin, Marí
ková si o láŭ ke djas la jóu…
Ta kánte jou dikélas di valín
jou tinkarélas: "koj si mro ker,
si-tu te ves mri romní, Marí,
kamáva tu, tu sal lačí"…
Djas sunó te ǧal-lo vrin
djas sunó te ǧal-lo koj
ta ne gustrín jou dikjás
pro lákro tíno vast
Óni divés o ǧivibén sás-lo sajék,
ta jou penélas ándro péskro lió
"kája rat me váva vrin, Marí
me váva koj, mri romní"
Ta le berś nakéna sa le berś ketané
kána si-les parné bal ta na ǧanél
"váva vrin" sémpar penéla, "Marí,
tu véssa mánča mri romní" …
Djas sunó te ǧal-lo vrin
djas sunó te ǧal-lo koj
ta ne gustrín jou dikjás
pro lákro tíno vast
Ta le berś nakjén-le sa le berś ketané
ta léskre jaká butér na dikén
Pándra pendás: "dáv tu mro lió"
ta gjal jóu čjas-lo kokoró
ta gjal jóu čjas-lo kokoró,
ta gjal jóu čjas-lo kokoró...
- 46 -
Maria Giuana (*)
Maria Giuana l'era 'n sl'üss
l'era 'n sl'üss che la filava oh
l'era 'n sl'üss che la filava oh
ciumba la la.
Le pasai da li 'l sur dutur
"cos'i l'eve Maria Giuana oh
cos'i l'eve Maria Giuana oh"
ciumba la la.
Se 'l saveisa sur dutur,
mi ju tanta mal la testa oh
mi ju tanta mal la testa oh
ciumba la la.
"Sa beveisa nen tant vin
mal la testa paseria oh
mal la testa paseria oh"
ciumba la la.
Sa i beveisa nen tant vin
st'ura chi i saria gia morta oh
st'ura chi i saria gia morta oh
ciumba la la.
E ades che i möra mi
vöi c'am sutru 'n ti na crota oh
vöi c'am sutru 'n ti na crota oh
ciumba la la.
Damigian-a par cüsin
buti stupi par candeile oh
buti stupi par candeile oh
ciumba la la.
E la gent ca i ven-u dré d mi
vöi ca i cantu la Viuleta oh
vöi ca i cantu la Viuleta oh
ciumba la la.
E cul preivi ca 'm ven benedí
vöi ca 'l sia ciuc ad grapa oh
vöi ca 'l sia ciuc ad grapa oh
ciumba la la.
(tradotta in sinto da don Renato Rosso)
I Maria Ǧuána
I María Ǧuána sas pren o vudár
sas-li koj ke bitravélas-li
sas-li koj ke bitravélas-li
tru la la la ...
Nakjás koj o gaǧó Menegín
"sar ǧal túke María Ǧuána ooh
sar ǧal túke María Ǧuána ooh"
tru la la la...
Menegín, na ǧála miśtó
o śeró dukól ma but, aohh
o śeró dukól ma but, aohh
tru la la la...
Te na pjéssa but but mol
duk ko śnóro na nakéla tu
duk ko śnóro na nakéla tu
tru la la la...
Te na pjáva but but mol
na ǧanés ke me meráva ooh
na ǧanés ke me meráva ooh
tru la la la...
O divés ke me som mulí
inǧén ma ndren i kéltra ooh
inǧén ma ndren i kéltra ooh
tru la la la...
Durialí telál o śeró
śtar tusnjá sar momoljá aohh
śtar tusnjá sar momoljá aohh
tru la la la...
O tonólo pren le piré
kun i mol ke véla telé aohh
kun i mol ke véla telé aohh
tru la la la...
Me kamáva o raśáj piló
nínge jóu di χačardí aohh
nínge jóu di χačardí aohh
tru la la la...
Me kamáva le raśanjá
nínge jon piljá sar jamén aohh
nínge jon piljá sar jamén aohh
tru la la la...
- 47 -
Maria Catlin-a (*)
(La Monferrina)
O ciau ciau Maria Catlin-a
dummie dummie na siassà.
Oh si si ch'ji la daria
L'ai lassà l'siass a ca.
Ris e coi e tajarin
Guarda un po cume a balu bin
Balu mei le paisanote
che le tote ed Türin.
O bundì, bundì, bundì
'ncura na volta, 'ncura na volta.
O bundì, bundì, bundì
'ncura na volta e pöi pa pi.
'ncura na volta sota la porta
'ncura na vira sota la riva.
O bundì, bundì, bundì
'ncura na volta e pöi pa pi.
Cosa 't fas Maria Catlin-a
li setà sel taburet;
da na man la ventalin-a
e da l'autra 'l fassulet.
Pié 'na gioia che vi pias,
dei 'na man tirela an bras.
La curenta l'e pi bela
e pöj trallarillala.
O bundì, bundì, bundì...
Per dansé la Munferin-a l'e rivaie
n'üfisial.
L'a ciapà Maria Catlin-a
l'a portala 'n mes al bal.
Fate in la ti paisan
passu mi cul garde-enfant;
fame mach un bel inchin
e it fassu un bel basin.
O bundì, bundì, bundì...
I Maria Katlin-a
(I Munferin-a)
Lačí rat María Katlín-a
jáu tu mánča te kelés
oj oj oj naśtík keláva
óske dukón ma le piré
Koi trujál da mri vardín
vjen-le glej par te kelén
sa le Sínti goǧaré
ta le petlári sturimén
Sal lačí, lačí, lačí,
páple je kópo, paple je kópo
Sal kamlí, kamlí, kamlí
páple je kópo telál o vudár,
páple je kópo paśál o panín
Sal gulí, gulí , gulí,
páple je kópo oj śukár romní...
So kerés María Katlín-a
ndri kampína kokorí
kun ne tusní da lačí mol
ta ne bóla da zumín?
Pen tu mánge so kamés,
ǧássa ménge koj ndro veś
par te kerás o kamlipén
e tru la la la la la
Sal lačí, lačí, lačí...
Vjas-lo koj ko kelibén
nínge je prínso śukár
jóu ljas i María Katlín-a
ta na mukjás la butér
Sa le gáǧe len dikénas
lákro vast jóu čumidélas
sas kontán i María Katlín-a
ta le piré sas-le sasté !
Sal lačí, lačí, lači...
Palál mónsi trin divés
le duj sas romadiné
baré soloχadé kerdén-le
sa le Sínti do gáŭ gjen-le
Pien-le but ta but χajén
dik oj móre so kerdén
ta kaná sa si pilé
ta gjavéna sassaré
Sal lačí, lačí, lačí...
- 48 -
Bibliografia e materiali
Lil ta vavér ková ke rakaréna pren le Sínti
Informazioni di carattere generale:
Lacio Drom, rivista bimestrale di studi zingari pubblicata dal Centro Studi
Zingari (Roma) dal 1965 al 1999
Etudes Tsiganes, rivista pubblicata dal Centre des Etudes Tsiganes, Parigi (59
rue de l'Ourcq, 75019 Paris)
Armando Brignolo (a cura di), Sinti: un modo di vivere, Gruppo editoriale "Il
Torchio", Asti, senza data
Jean Louis Gaie, Le hameau tsigane de Plan de Grasse, in Etudes Tsiganes n.
1/1971, pp. 40-46
Bernard Formoso , Relations Tsiganes/non-Tsiganes: le cas du hameau du
Plan de Grasse, in Etudes Tsiganes n. 3/1983, pp. 29-39
Lick Dubois, Scenes de la vie manouche (sur les routes de Provence avec les
Sinti Piémontais), Ed. Wallada, Châteauneuf-les-Martigues, 1998
Lick Dubois, Il était une fois les Bohémiens, Ed. Wallada, Port de Bouc, 2003
Linguistica e narrativa:
Sergio Partisani, Glossario del dialetto zingaro piemontese, in Lacio Drom n.
6/1972
Giulio Soravia, Dialetti degli Zingari Italiani, Pacini, Pisa, 1977 (pagg. 51-56)
Bernard Formoso, O peskadúro, le pecheur. Une conte en sinto piémontais, in
Etudes Tsiganes m. 1/1984, pp. 13-22
AA.VV., O Sucar gau, Centro Studi Zingari/Opera Nomadi di Torino,
ciclostilato, 1984
J.C.Brulé - Shimt Chaudy , Storielle Sinte, in Lacio Drom n. 5/1979
Bernard Formoso, O bovedantúna - un racconto in sinto piemontese, in Lacio
Drom n. 4/1984 (con note di Mirella Karpati)
Sergio Franzese, il Dialetto dei Sinti Piemontesi - note grammaticali e
- 49 -
glossario, Centro Studi Zingari di Torino, 1985
Sergio Franzese, Mari čib... maro braválimo (La nostra lingua... la nostra
ricchezza), sussidiario illustrato di sinto piemontese, Centro Studi Zingari,
Torino, 1987
Bernard Formoso - Georges Calvet, Leχique tsigane: dialecte sinto
piémontais, P.O.F., Paris, 1987
Annibale Niemen, O ker kun le penijá - La casa con le ruote, Sinnos Editrice -
Collana i Mappamondi, Roma, 1995
Sergio Franzese, Grammatica di Sinto Piemontese e Dizionario Comparativo di
Sinto Piemontese (con registri in sinto piemontese - sinto piemontese
"francese" - italiano - inglese - francese), Edizioni "O Vurdón", 2002 – rev.
2021
Nuova edizione gennaio 2021: Sergio Franzese, Il dialetto dei Sinti Piemontesi
https://www.yumpu.com/it/document/read/65202012/il-dialetto-dei-sinti-piemontesi
Sergio Franzese, Rakarássa romanés (testi in lingua romani – dialetto sinto
piemontese), Edizioni "O Vurdón", 2004.
Revisione gennaio 2021:
https://www.yumpu.com/it/document/read/65206716/sergio-franzese-rakarassa-romanes
Altro:
Les Zingaria, Sinti Song, CD musicale contenente 10 brani in lingua sinta
cantati da Lick Dubois (1999)
Les Zingaria, Noël d'un enfant Tsigane, CD musicale e narrato contenente
brani in lingua sinta ed in francese cantati da Lick Dubois
Les Zingaria, Nomadsong, CD musicale contenente 7 brani in lingua sinta
cantati da Lick Dubois (2015)
- 50 -
Les Zingaria
Si tratta di un gruppo costituito da sei musicisti Sinti Piemontesi residenti
nella zona delle Alpi Marittime - Costa Azzurra, fondato ed animato da Lick
Dubois, autore-compositore-interprete.
Nel 1999 il gruppo ha inciso il suo primo CD dal titolo "Sinti Song",
contenente dieci brani in sinto interpretati da Lick.
Les Zingaria si sono esibiti in Francia ed in Italia.
- 51 -
Lick Dubois
Lick Dubois è un sinto
piemontese che vive a Cannes.
Egli fa parte di quella comunità di
Sinti Piemontesi stanziata in
Francia, nella regione della Alpi
Marittime. Fin da giovane Lick ha
dimostrato di possedere un
notevole talento musicale che egli
ha sempre coniugato con l'amore
per la sua gente.
I Sinti Piemontesi sono una
minoranza nella minoranza a cui
Lick ha saputo dar voce attraverso
numerose canzoni, in sinto ed in
francese, composte nel corso degli
anni
Egli è inoltre autore di due libri: "Scènes
de la vie manouche - Sur les routes de
Provence avec les Sintis Piémontais"
(1998) e "Il était une fois les Bohémiens"
(2003) – pubblicati dalle Edizioni Wallâda
(2 rue de Fabritis, 13110 Port de Bouc,
Francia).
Dal 1978 al 1986 Lick ha
animato, a Mougins e a Grasse, le
"Nuits Tsiganes" (Notti Zigane),
un evento artistico della Costa
Azzurra di grande richiamo in cui
venivano rappresentate danze e
musiche di diverse etnie zingare.
Egli è inoltre l'autore di "O Sinto",
il principale brano musicale del
film "Lo Zingaro" (titolo originale:
Le Gitan) prodotto nel 1976 dal
regista José Giovanni, con Alain
Delon e Annie Girardot, nel quale
Lick recitava la parte del fratello
del protagonista.
- 52 -
Sempre con la casa editrice Wallâda nel 2007 Lick pubblica "Enfances Tsiganes"
e nel 2010 "Romanestan: l'île du peuple rom".
- 53 -
Sinti Piemontesi in Francia intorno agli anni 1960
Famiglia Bouillon
Sínti Piemontákeri an le Válči paśál les berš 1960
Famíja Bouillon
(da Wilhem Stoll)
- 54 -
Les Zingaria
Les Zingaria i-le Sinti Piemontákeri ke ǧivóna kaj le Alpes Maritimes -
Côte d'Azur, an le Válči. Kavá ketanibén da śtar o panč baśavimángere ta
jek kelimáskeri sas-lo čidó pren do Lick Dubois, ne sínto ke baśavéla,
gjavéla ta sibjaréla le láŭ da léskre giljá.
An o berś 1999 kalá baśavimángere kerdén-le léngro vágo dísko (CD):
"Sinti Song". An léste si deś giljá ke o Lick gjavéla in sínto.
Les Zingaria inǧjén-le léngre giljá ta kelibén an but stéti da le Válči ta
ndro berś 2001 vjen-le nínge an i Itália.
- 55 -
O Lick Dubois
O Lick Dubois si ne sínto
piemontákero ke ǧivóla da le
rigá da Cannes. Jóu vjas-lo pro
bolibén maśkarál da kolá Sinti
Piemontákeri ke si-le da but berś
kaj le Alpes Maritimes, an le
Válči. O Lick komensodás te
baśavél ta gjavél kánte sas-lo
pándra tarnó. Jóu si ne rom ke
kaméla but léskre Sínti. Maśkarál
le Rom ta le Sínti le Piemontákeri
si-le písla. Da but berś o Lick déla
lénge i véjzla kun léskre giljá.
Jóu sibjardás nínge duj baré Lil ke
rakaréna pro ǧivibén romanó ndren le
berś naklé. O vágo da kolá Lil si: "Scenes
de la vie manouche - Sur les routes de
Provence avec les Sintis Piémontais"
(1998).
O vaver lil si: "Il était une fois les
Bohémiens" (2003) - Editions Wallada, 2
rue de Fabritis, 13110 Port de Bouc,
France.
Do berś 1978 fin-a ko berś 1986
o Lick kerélas te vel paśál léste
but Sínti, Manúś ta Kalé par te
baśavén ta gjavén lésal an le gáŭ
da Mougins ta Grasse. Sas le
"Nuits Tsiganes" (Romané Ratjá),
ta sas but śukár par sa kolá ke
ǧánas-le koj te śunen len. Si
sémpar o Lick ke sibjardás o
baśávimo "O Sínto" an o film "Le
Gitan" da José Giovanni, kun
Alain Delon ta Annie Girardot. An
ková film o Lick kerdás i rik do
pral.
- 56 -
Pándra kun Wallâda ndro berś 2007 o Lick keréla te vel vrin "Enfances
Tsiganes" ta nado berś 2010 "Romanestan: l'île du peuple rom"
O CD (Sinti Song)
Láŭ da le giljá
1 - MENELA
2 - KOVA ROM
3 - ŚUKAR ČAJ
4 - MRO ǦUKEL
5 - ROMNI VELA LE ŚMITI
6 - O SINTO
7 - DES TU ČAJ
8 - PURO SÍNTO
9 - KUNTE GJAVENAS
10 - ǦAR KALI
- 57 -
MENELA
Naš, naš, naš, ǧa le tri gitara
ta bašau mange tu sa i rat.
Pjas, pjas, pjas i lači tikni mol
pjas, pjas, pjas fin-a ki tresarla.
Tuja le kamlo čavo, ǧaja mišto kun mri
čaj;
dikena vena mišto, tu ta mri čaj, tu mro
čavo.
Kel, kel, kel, mro lačo tikno pral,
kel, kel, kel, sa da tri bari zor.
Šun, šun, šun, sar bašaveja tu,
čaj, čaj, čaj, kel mange tu mišto.
Tuja le kamlo čavo, ǧaja mišto kun mri
čaj;
dikena vena mišto, tu ta mri čaj, tu mro
čavo.
Sig, sig, sig, bašau mange koja
i "tik tok" do puro Menela.
Nakadam sa le tušnja di mol
ta kana šunava ma mišto... (2)
MENELA
Corri, corri, corri a prendere la tua
chitarra e suona per me tutta la notte.
Beviamo, beviamo, beviamo il buon
vinello
beviamo, beviamo, beviamo fino a
domattina.
Caro ragazzo, prendi con te mia figlia ed
abbi cura di lei;
che tra di voi tutto vada bene, tu e mia
figlia, tu figlio mio.
Balla, balla, balla, mio caro fratellino,
balla, balla balla, con tutta la tua
energia.
Ascolta, ascolta, ascolta come suoni,
ragazza, ragazza, ragazza, balla bene
per me.
Caro ragazzo, prendi con te mia figlia ed
abbi cura di lei;
che tra di voi tutto vada bene, tu e mia
figlia, tu figlio mio.
Presto, presto, presto, cantami quella
(canzone)
la "tic toc" del vecchio Menela.
Abbiamo finito tutte le bottiglie di vino
ed ora mi sento bene... (2)
- 58 -
KOVA ROM
Šun, gjavela, gjavela kova rom,
šun, bašavela, bašavela kova rom
da maškaral do baro veš,
ta gjavela kun le šukar čirikle.
Ta le kaškaraki, le kuraki goǧare
rakarnas-le kun kova rom.
Roma, romale, čavale, šunen. (2)
Ta sa le Sinti, sa le Sinti penenas
ke jas e puro Sinto, Sinto narvalo
me jou mukelas te penel
oh ta fanola ta šunela čirikle
oh ta fanola ta fanola narvalo
me jou mukelas te penel.
Šun, gjavela, gjavela kova rom,
šun, bašavela, bašavela kova rom
da maškaral do baro veš,
ta gjavela kun le šukar čirikle.
Ta le kaškaraki, le kuraki goǧare
rakarnas-le kun kova rom...
QUELL'UOMO
Ascolta, canta, canta quell'uomo
ascolta, suona, suona quell'uomo
là in mezzo al bosco,
e canta, canta con gli uccelli.
E le gazze, e i corvi furbi
parlavano a quell'uomo.
O uomo, o uomini, o giovani, ascoltate.
(2)
E tutti i Sinti, tutti i Sinti dicevano
che era un vecchio Sinto, un Sinto matto
ma lui lasciava dire
oh pareva ascoltare gli uccelli
oh sembrava, sembrava matto
ma lui lasciava dire.
Ascolta, canta, canta quell'uomo
ascolta, suona, suona quell'uomo
là in mezzo al bosco,
e canta, canta con gli uccelli.
E le gazze, e i corvi furbi
parlavano a quell'uomo ...
- 59 -
ŠUKAR ČAJ
Ǧa, šukar čaj
kun tre jaka da sonakaj.
Kunte kelela
o lunso da le vardinja
ah, sa le Sinti
ah, sa le Sinti
te gjavena e...
Šukar čaj, šukar čaj.
Oh Sinta, oh Sinta.
Ǧa, šukar čaj
kun tre jaka da sonakaj.
Kunte kelela
o lunso da le vardinja
ta me kamau tu,
ta me kamau tu.
Ehi šukar čaj, šukar čaj, šukar čaj
šukar čaj, šukar čaj, šukar čaj...
BELLA RAGAZZA
Va', bella ragazza
con i tuoi occhi splendenti.
Quando balla
vicino ai carrozzoni
ah, tutti i Sinti
ah, tutti i Sinti
cantano...
Bella ragazza, bella ragazza.
Oh Sinta, oh Sinta.
Va', bella ragazza
con i tuoi occhi splendenti.
Quando balla
vicino alle carrozzoni
ed io ti amo,
ed io ti amo.
Ehi bella ragazza, bella ragazza, bella
ragazza ,
bella ragazza , bella ragazza , bella
ragazza ...
- 60 -
MRO ǦUKEL
Ta me ǧijom
kun mro tikno ǧukel
andren o veš
te rodas čirikle
gjavenas mišto.
Ta mro ǧukel kun i bari χolin
našelas-lo da pal di čirikle
gjavenas mišto.
Jamas minge mišto
kun mro ǧukel
andren o baro veš,
ta mro ǧukel našelas-lo
tel kola pure bare ruk
ta me šunavas ma mišto,
ke piravas tel kola ruk... (2)
IL MIO CANE
Ed io andai
con il mio piccolo cane
nel bosco
per cercare degli uccelli
che cantavano bene.
Ed il mio cane con grande collera
correva dietro agli uccelli
che cantavano bene.
Stavo bene
con il mio cane
nel bosco,
ed il mio cane correva
sotto quei grandi vecchi alberi
ed io mi sentivo bene
passeggiando sotto quegli alberi...(2)
- 61 -
ROMNI, VELA LE ŠMITI
Romni, vela le šmiti
na keren tumínga Sinti
čardjen-le čoraben pre manda
jin kola dine gaǧe
ando vavar divas.
Na roven tine čave
dikena ke váva pale.
Ta tu, o romni, de dament
da sa maro kova
ke sar me ǧanes.
Naš, naš, naš tikni čaj
naš, naš, naš, naš palal tri daj
ta pen lake te vel-li pale kaj
te ranǧar-li sa o kova.
Na roven tine čave,
na roven tine čave. (2)
Romni, de ma mro koro,
na ǧanava a ke kora vava pale,
kun kala šmiti jam sempar našade,
me na keren tuminga,
vava pale ...
MOGLIE, ECCO I GENDARMI
Moglie, ecco i gendarmi
non preoccupatevi Sinti
mi hanno accusato di un furto
sono stati quei cattivi gagé dell'altro
giorno.
Non piangete bambini,
vedrete che tornerò.
Moglie, tu occupati
di tutte le nostre cose
che tu conosci come me.
Corri, corri, corri bambina
corri, corri, corri a cercare tua madre
e dille di venire qui
a mettere a posto ogni cosa.
Non piangete bambini,
non piangete bambini. (2)
Moglie, dammi la mia giacca,
non so a che ora tornerò,
con questi gendarmi abbiamo sempre
torto,
ma non preoccupatevi,
io tornerò ...
O SINTO
... tuke Sinto,
ah tri čori romni,
ah tro tino čavo ...
Sinto ...
IL SINTO
... a te Sinto,
ah, la tua povera donna,
ah, il tuo piccolo bambino ...
Sinto ...
- 62 -
DES-TU ČAJ ?
Des-tu mri čaj, kunte ǧijam
luns do baro panin
garavas maro kamlipen
tel kola bare ruk ?
Le čirikle gjavelas,
pren da maro šero
jamas minge mišto
luns do baro panin.
Ta ča ka či ka
ta ča ka či ka
ta duj ta trin ta štar ta deš. (2)
Kamavas te našas mange
me tu na kamejas,
darjas da tro ba da tri daj
di dar te maren tu.
Pendal mange, te dau čiro
da kaj trin štar dives
na jin ke na kamejas
jas tu i bari dar.
Ta ča ka či ka
ta ča ka či ka
ta duj ta trin ta štar ta deš. (2)
Jamas minge mišto
luns do baro panin ...
RICORDI, RAGAZZA?
Ricordi, ragazza mia, quando andavamo
vicino al fiume
per nascondere il nostro amore
sotto quei grandi alberi ?
Gli uccelli cantavano
sopra le nostre teste
stavamo bene
vicino al fiume.
Ta cia ka ci ka
ta cia ka ci ka
e due e tre e quattro e dieci. (2)
Volevo che scappassi insieme a me
ma tu non volevi,
avevi paura di tuo padre e di tua madre,
temevi che ti avrebbero picchiata.
Mi dicesti di aspettare
tre o quattro giorni
non perche tu non volessi
ma perchè avevi tanta paura.
Ta cia ka ci ka
ta cia ka ci ka
e due e tre e quattro e dieci. (2)
Stavamo bene
vicino al fiume ...
- 63 -
PURO SINTO
Je dab jas e puro Sinto
čingarlas-lo kun i romni
ta kerlas te ǧal sovel-li
avrin tel i vardin.
Leskri romni penelas-li:
na dar, na mutrov pal tre kang,
na vava andri vardin do beng,
rom ke kandela sa šerf.
Praselas i romni da sa le dine laŭ,
ta kun i χolin pagarlas i vardin
ta leskri romni marmura velas-li. (2)
Kunte penelas ki romni:
so jin kava dino χaben?
Ǧava mange χav ki virta
χava so kamava.
Ǧa dik kova kamlo rezo
da koja Njan par peskro rom
ta dik o muj do baro graj
o χaben da le ǧukel.
Praselas i romni da sa le dine laŭ,
ta kun i χolin pagarlas i vardin
ta leskri romni marmura velas-li... (2)
VECCHIO SINTO
Una volta c'era un vecchio Sinto
che litigava con la moglie
e la faceva dormire fuori
sotto al carrozzone.
Sua moglie diceva:
non temere, puoi star tranquillo
che non verro nel carrozzone del
diavolo,
razza di uomo puzzolente.
Insultava la moglie con tutte le brutte
parole,
e con rabbia rompeva il carrozzone
e gli altri mormoravano alle spalle di sua
moglie. (2)
Quando diceva alla moglie:
che razza di cibo schifoso è mai questo?
Me ne vado all'osteria
a mangiare cio che mi piace.
Va', guarda il buon riso
che prepara Nian per per suo marito
e guarda tu, muso di cavallo,
che mi dai il cibo dei cani.
Insultava la moglie con tutte le brutte
parole,
e con rabbia rompeva il carrozzone
e gli altri mormoravano alle spalle di sua
moglie... (2)
- 64 -
KUNTE GJAVENAS
QUANDO CANTAVANO
Sa našadam o ǧiviben
da mare Sinti,
le vardinja luns do panin
ǧijen-le vek.
Jenas mišto andro čiro
le pure Sinti.
Kunte gjavenas
da luns da koja bari jag
sa le romnja kelenas
da luns da koja bari jag.
Kunte gjavenas
da luns da koja bari jag
sa le romnja kelenas
sa i rat.
Čore Sinti kaj nakjen sa
rovava kana,
kunte ǧanas pre le droma,
te ǧan mangen le matreli,
t'o balavas, o maro t'i mol.
Sa našadam o ǧiviben
da mare Sinti
le vardinja luns do panin
ǧijen-le vek
jenas mišto andro čiro
le pure Sinti ...
Tutti abbiamo abbandonato la vita
dei nostri Sinti,
i carrozzoni vicino al fiume
se ne sono andati.
Stavano bene allora
i vecchi Sinti.
Quando cantavano
vicino a quel grande fuoco
tutte le donne danzavano
vicino a quel grande fuoco.
Quando cantavano
vicino a quel grande fuoco
tutte le donne danzavano
tutta la notte.
Poveri Sinti che non ci sono più
io adesso rimpiango,
quando andavano sulle strade
a chiedere le patate,
un po' di lardo, il pane e il vino.
Tutti abbiamo abbandonato la vita
dei nostri Sinti
i carrozzoni vicino al fiume
se ne sono andati.
Stavano bene i vecchi Sinti
di allora ...
- 65 -
ǦAR KALI
Tu ǧajas sa nangi
luns do baro panin
ta me dikavas tu te toves tu.
O panin našelas maškaral da tri ǧar,
ǧalas šukar andro panin.
Pjavas panin pre tri morčin,
parlas ma li da ǧiviben,
kelenas tre šukar čuča
andro šukar panin.
Kamjas men sar jag
andre kova panin
le mače kelenas pal mande
dikavas te našel o panin
pre tri ǧar
tri ǧar, kali sar e murja ...
PELI NERI
Camminavi tutta nuda
vicino al fiume
ed io ti guardavo mentre ti lavavi.
L'acqua scorreva tra i tuoi peli,
eri bella nell'acqua.
Bevevo l'acqua sulla tua pelle,
mi riempiva di vita,
danzavano i tuoi seni
nell'acqua.
Ci amavamo come il fuoco
in quell'acqua
i pesci danzavano intorno a me
io guardavo l'acqua che correva
tra i tuoi peli
i tuoi peli, neri come le more...
Christmas with the Gypsies
© by Christine Lillian Whitfield
- 66 -
Sergio Franzese è nato a Torino il 6 febbraio 1958, ha fatto
parte del Comitato Promotore del Centro Studi Zingari (Via dei
Barbieri 22, 00186 Roma), editore della rivista Lacio Drom.
Ha svolto per oltre quattro decenni ricerche sull'identità
culturale (aspetti storici, socio-antropologici e linguistici) dei
Rom e dei Sinti, in modo particolare ha approfondito questa
tematica nell'ambito delle comunità dei Sinti Piemontesi,
minoranza storica presente all'interno del territorio piemontese
e francese (Alpes Maritimes, Côte d'Azur) da oltre mezzo
secolo, attraverso contatti e lunghe frequentazioni.
Ha curato la sezione dedicata a Rom e Sinti allestita presso il Centro Inteculturale della
Città di Torino (laboratorio sulle minoranze storiche cittadine).
Ha realizzato e curato dal mese di aprile 1977 al mese di marzo 2013 il sito Internet
(ora non più attivo) "O Vurdón" dedicato alla storia e cultura romaní (zingara) e,
successivamente, nel 2013, ha fondato l’Associazione Culturale "ProgettoNiglo" per la
tutela delle tradizioni e della lingua dei Sinti in Italia, di cui è presidente, realizzando
contestualmente il sito "Progettoniglo.org" (http://www.progettoniglo.org), che
raccoglie i frutti delle sue ricerche sul dialetto dei Sinti Piemontesi e altri contributi.
Tra le sue principali pubblicazioni, e ricerche, oltre al presente volume, figurano il
vocabolario dei Rom Χoraχané, pubblicato sul n. 2/1983 della rivista Lacio Drom, la
grammatica (e vocabolario) di sinto piemontese (edizioni: 1985, 2002, 2021), il
manuale di conversazione Rakarássa Romanés (testi in lingua romaní - dialetto sinto
piemontese) (2004, rev. 2021), un sussidiario per bambini di lingua romaní in due
differenti varianti linguistiche (rom χoraχanó e sinto piemontese). Ha collaborato
inoltre con diverse associazioni del settore in Italia ed all’estero.
© 1 a edizione: 2002
© revis. 2004 - 2021