01.02.2021 Views

Un Secolo di Luce

Il 1913 è l’anno che sul territorio del salernitano appaiono le prime imprese di produzione e distribuzione di energia elettrica, e in molti paesi del Circondario di Vallo della Lucania e della Valle del Calore iniziano ad accendersi le prime lampade a incandescenza per l’illuminazione pubblica. È il punto di svolta verso un lento ma inevitabile progresso tecnologico. Un Secolo di Luce, è il risultato di un lungo lavoro di studio e ricerca svolto per celebrare il centenario dell’arrivo dell’energia elettrica nel Cilento. Il libro racconta la storia di un’importante società elettrica costituita a Vallo della Lucania il 1910, la Società Idro-Elettrica Lucana, che nel 1913 diede inizio ai lavori di realizzazione di una centrale idroelettrica alimentata dal fiume Calore nel territorio comunale di Felitto, con la distribuzione di energia in moltissimi paesi del Circondario, da Felitto a Vallo della Lucania, attraversando i comuni di Campora, Cannalonga, Ceraso, Laurino, Magliano, Moio della Civitella, Novi Velia, Stio e tanti altri. Il 1913 è anche l’anno di costituzione di un’altra società concorrente, la Società Anonima Lucana d’Industrie Elettriche, che raggruppava piccole aziende locali di produzione e distribuzione sui territori di Agropoli, Aquara, Capaccio, Castel San Lorenzo e Roccadaspide, portando per la prima volta l’elettricità a Vallo della Lucania con una piccola officina di produzione termoelettrica a carbone. Il libro, oltre a dare un quadro storico del settore della produzione di energia elettrica a partire dalla fine dell’Ottocento, illustra le vicende legate al territorio e dei personaggi e società collegate a questo settore, come in particolare la Società Meridionale di Elettricità, in un taglio completamente inedito e accattivante, descrivendo luoghi, paesaggi e impianti.

Il 1913 è l’anno che sul territorio del salernitano appaiono le prime imprese di produzione e distribuzione di energia elettrica, e in molti paesi del Circondario di Vallo della Lucania e della Valle del Calore iniziano ad accendersi le prime lampade a incandescenza per l’illuminazione pubblica. È il punto di svolta verso un lento ma inevitabile progresso tecnologico.
Un Secolo di Luce, è il risultato di un lungo lavoro di studio e ricerca svolto per celebrare il centenario dell’arrivo dell’energia elettrica nel Cilento. Il libro racconta la storia di un’importante società elettrica costituita a Vallo della Lucania il 1910, la Società Idro-Elettrica Lucana, che nel 1913 diede inizio ai lavori di realizzazione di una centrale idroelettrica alimentata dal fiume Calore nel territorio comunale di Felitto, con la distribuzione di energia in moltissimi paesi del Circondario, da Felitto a Vallo della Lucania, attraversando i comuni di Campora, Cannalonga, Ceraso, Laurino, Magliano, Moio della Civitella, Novi Velia, Stio e tanti altri. Il 1913 è anche l’anno di costituzione di un’altra società concorrente, la Società Anonima Lucana d’Industrie Elettriche, che raggruppava piccole aziende locali di produzione e distribuzione sui territori di Agropoli, Aquara, Capaccio, Castel San Lorenzo e Roccadaspide, portando per la prima volta l’elettricità a Vallo della Lucania con una piccola officina di produzione termoelettrica a carbone.
Il libro, oltre a dare un quadro storico del settore della produzione di energia elettrica a partire dalla fine dell’Ottocento, illustra le vicende legate al territorio e dei personaggi e società collegate a questo settore, come in particolare la Società Meridionale di Elettricità, in un taglio completamente inedito e accattivante, descrivendo luoghi, paesaggi e impianti.

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Costabile Cerone

UN SECOLO DI LUCE

nel Circondario di Vallo della Lucania

La Società Idro-Elettrica Lucana

L’impianto idroelettrico sul fiume Calore a Felitto

e la tramvia di Vallo della Lucania

STORIA E TECNICA


Il Paesaggio Meccanico

Volume 1


Costabile Cerone

Laureato in architettura nel 1996 presso

l'Università degli Studi di Napoli Federico II,

svolge la libera professione di architetto

occupandosi di restauro, progettazione architettonica

e del paesaggio. Si interessa di ricerca

e studio del patrimonio di archeologia industriale

presente sul territorio, costituito da

ferrovie, antiche fabbriche, mulini ad acqua e

vecchie centrali idroelettriche dismesse, al fine

di individuare per queste ultime possibili

progetti di riattivazione e riutilizzo a scopo di

produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile,

e di valorizzazione degli ambienti di

elevato valore naturalistico e paesaggistico in

cui spesso sono inserite.

Ha scritto saggi sugli argomenti e numerosi

articoli su riviste locali sui temi dell'ambiente,

del paesaggio e dell'architettura.

Tra i progetti recenti: Il ritorno di un Paesaggio al

Vento, Recupero del mulino a vento di Montecorice;

Riattivazione ex centrali idroelettriche in località

Molino di Mare e Sorgenti di Capodifiume nel

comune di Capaccio.

In corso di realizzazione: Restauro della vecchia

fornace di Agropoli per un museo di archeologia

industriale.


a mia madre


UN SECOLO DI LUCE


Costabile Cerone

UN SECOLO DI LUCE

nel Circondario di Vallo della Lucania

La Società Idro-Elettrica Lucana

L’impianto idroelettrico sul fiume Calore a Felitto

e la tramvia di Vallo della Lucania

STORIA E TECNICA

IL PAESAGGIO MECCANICO

VOLUME 1


Immagine di copertina

Vallo della Lucania - Notturno, 1951

Referenze fotografiche

Costabile Cerone

Gianluca Volpe

Costabile Cerone

UN SECOLO DI LUCE

ISBN 978-88-909467-0-7

Grafica, impaginazione

e modellazione tridimensionale

Costabile Cerone

Stampa

Centro Grafico Meridionale S.r.l.

Stabilimento di Ogliastro Cilento (SA)

© Costabile Cerone 2013

costabile.cerone@alice.it


Sommario

9 - Presentazione

dott. Gennaro Capo, sindaco di Castel San Lorenzo

11 - Prefazione

15 - I. Come l'acqua accende una lampadina

Tecnica e storia della produzione industriale di energia elettrica

37 - II. L'impianto idroelettrico di Felitto sul fiume Calore

49 - III. La centrale e la sala macchine

55 - IV. Il progetto e la realizzazione dell'impianto

77 - V. Dalle origini alla costituzione della Società

77 - 1. L'elettrificazione delle ferrovie: la ferrovia elettrica del

Cilento e della Valle del Calore

93 - 2. La tramvia elettrica e l'illuminazione della città di Salerno

103 - VI. La Società Idro-Elettrica Lucana, SIEL

L'impianto idroelettrico e la tramvia di Vallo della Lucania

115 - VII. Il Consiglio di amministrazione e i soci azionisti

della SIEL

125 - VIII. La costruzione e l'inaugurazione dell'impianto

di Felitto

133 - IX. Il progetto di derivazione sul Calore e sul Tanagro

della Società Meridionale di Elettricità

7


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

143 - X. La Società Lucana per Imprese Idroelettriche

Impianti idroelettrici di Muro Lucano e Pertosa

153 - XI. Le imprese elettriche concessionarie della SIEL

167 - XII. La Società Anonima Lucana Imprese Elettriche

167 - 1. L'impianto di produzione a carbone di Vallo della

Lucania

173 - 2. L'ingegnere elettrotecnico Raffaele Migliacci di Felitto

181 - 3. La costituzione della SALIE

193 - XIII. L'impianto idroelettrico di Novi Velia sul

torrente Torna

205 - XIV. La Società Idro-Elettrica del Cilento

213 - XV. Il potenziamento dell'impianto idroelettrico di

Felitto

213 - 1. La direzione tecnica di Giovanni Giudice

231 - 2. Gli anni del conflitto e la ripresa economica nel

dopoguerra

241 - XVI. Dagli anni Cinquanta alla nascita dell'Enel

255 - XVII. Il trasferimento degli impianti al nuovo Ente

267 - XVIII. La definitiva chiusura dell'impianto

idroelettrico

277 - XIX. La rete di trasmissione e distribuzione

dell'energia nel Circondario di Vallo della Lucania

289 - XX. Gli uomini al lavoro nella centrale idroelettrica

di Felitto

301 - Bibliografia, siti internet e fonti di archivio

8


Presentazione

L'autore con questo libro testimonia una grande passione per

quel che riguarda l'ingegno umano in particolare nel campo della

produzione e dell'applicazione dell'energia elettrica ed è per

questa sua passione che ci siamo conosciuti; a Castel San Lorenzo

dove, in questo momento, vivo e svolgo la funzione di Sindaco vi

è un vecchio mulino ad acqua che all'inizio del secolo scorso fu

adattato per la realizzazione di una piccola centralina idroelettrica.

Anche se ci siamo visti tre, quattro volte, da subito vi è stata

stima reciproca e un comune sentire circa il rispetto e il dovere

della memoria per questo nostro recente passato da trasmettere

alle nuove generazioni; è sicuramente un merito importante che

va ascritto all'architetto Costabile Cerone.

Il Suo è un libro in cui l'evoluzione tecnologica, l'intuizione e le

capacità imprenditoriali degli uomini si intrecciano ai problemi

di un epoca per dare uno spaccato della nostra storia, della

determinazione di chi, se pur con pochi mezzi e strumenti a

disposizione, ha capito che bisognava investire in nuove idee per

migliorare il nostro territorio sfruttandone le risorse e le potenzialità.

È un percorso affascinante attraverso tutte le fasi che hanno

portato dai primi esperimenti all'attuale impiego dell'energia

elettrica. Un viaggio con gli uomini che, indipendentemente

dalla provenienza geografica, hanno unito idee e competenze per

costruire e gestire impianti con tutte le difficoltà tecnologiche e

sociali dei tempi.

Tra le righe si coglie tutta la curiosità, la passione e l'entusiasmo

dell'autore, la sua competenza e capacità di spaziare dalla tecnica

alle evoluzioni normative intrecciando il tutto in maniera

armonica e leggera, la sua testarda e certosina ricerca per i

9


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

dettagli resi in maniera semplice, ma non banale, così da rendere

piacevole la lettura anche li dove questa porta nei meandri della

tecnica che l'autore riesce a descrivere con chiarezza, ricorrendo,

ove necessario, a similitudini con i più semplici fenomeni della

nostra quotidianità per rendere il tutto comprensibile anche in

assenza di competenze specifiche.

Ammirevole la capacità dell'autore di trasferire, attraverso il

racconto, nitide fotografie di elementi strettamente tecnici o di

situazioni e rapporti tra le persone, spaziando dagli uni agli altri

con la stessa chiarezza ed efficacia. Scorrendo le pagine sembra

quasi di essere fisicamente negli impianti descritti, di poterli

vedere, di percepire la caparbietà e la fatica di chi li ha voluti e di

chi li ha realizzati o l'incredulità di chi, abituato a candele e

stoppini, all'oscurità delle vie, soprattutto nei nostri piccoli

paesi, si ritrova a percorrere strade illuminate per chissà quale

strana alchimia.

Ne deriva un libro che è certamente un interessante documento

di storia industriale del nostro territorio, utile agli addetti ai

lavori, per fini didattici o più semplicemente utile a tutti quei

lettori che hanno la curiosità di conoscere meglio gli eventi del

passato, nascosti dietro al rudere di un impianto abbandonato o

dietro una tramvia che non esiste più e di cui si ignorava

l'esistenza, ma che hanno fatto parte della nostra storia e del

percorso di vita che ci ha portati a quello che è il nostro oggi.

Un libro piacevole che mi onoro di aver potuto leggere in anteprima.

30 novembre 2013

dott. Gennaro Capo

Sindaco di Castel San Lorenzo

10


Prefazione

È da molti anni che mi occupo di archeologia industriale, compiendo

studi e rilievi delle testimonianze materiali dell'industria

presenti sul territorio salernitano, lette nel contesto della storia

socio-economica e tecnologica, con particolare riguardo agli

aspetti architettonici ed ambientali, per possibili progetti di

recupero nel rispetto delle caratteristiche tecniche e storiche dei

manufatti: mulini ad acqua, fabbriche, macchine, strade ferrate,

stazioni ferroviarie, ponti e centrali idroelettriche.

L'oggetto di questo lavoro è proprio una centrale idroelettrica

realizzata per distribuire l'energia nel Circondario di Vallo della

Lucania, grazie alla quale molti paesi videro la luce elettrica per

la prima volta.

Situata in un luogo suggestivo nel comune di Felitto, lungo il

corso del fiume Calore, la centrale, realizzata agli inizi del

Novecento dalla Società Idro-Elettrica Lucana, rappresenta un

notevole esempio di archeologia industriale, un ricco patrimonio

in cui si specchia una parte importante della nostra vicenda

tecnologica, ed oggetto oggi di una riscoperta culturale.

Nel complesso l'intero impianto idroelettrico, del tipo ad acqua

fluente, si integra quasi perfettamente nell'ecosistema fluviale,

sfruttando direttamente le acque del fiume convenientemente

deviate in località Remolino, e trasportate con un lungo canale

fino alla centrale, tra la quota 183,55 e la quota 125,65 metri sul

livello del mare.

Gli impianti idroelettrici appartenenti a questa tipologia, al

contrario di quelli a bacino, dove con la costruzione di una diga

viene creato un lago artificiale, sfruttano l'energia potenziale

dell'acqua mediante un dislivello di un tratto del fiume. Parte

della sua portata viene derivata mediante un piccolo sbarramento

ed immessa in un canale con pendenza minima, fino ad arriva-

11


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

re a un deposito chiamato camera di carico. Da qui l'acqua è

condotta lungo dei tubi alla sala macchine dove i gruppi di

generazione, composti da una turbina idraulica ed un alternatore,

sfruttano l'energia di caduta dell'acqua e la trasformano in

energia elettrica. L'acqua viene poi restituita al fiume per mezzo

di un canale di scarico.

L'impianto di Felitto, dopo il 1965 con il passaggio all'Enel, che

in quegli anni iniziò la produzione di energia con grandi centrali

termoelettriche, venne disattivato e abbandonato. La centrale,

appena visibile tra la folta vegetazione, si mostra oggi in grave

stato di abbandono, con la grande copertura a falde della sala

macchine completamente crollata.

Con una maggiore attenzione per l'ambiente e per il recupero del

patrimonio storico, sulla spinta delle attuali normative che

incentivano e favoriscono la produzione di energia “pulita” da

fonti rinnovabili, spero che l'impianto possa essere restaurato e

rimesso di nuovo in funzione.

In questo mio lavoro, oltre a descrivere l'impianto idroelettrico

ed il suo funzionamento, ho voluto raccontare la storia della

Società Idro-Elettrica Lucana, che come quella di tutte le società,

nel suo mezzo secolo di vita non è stata sempre facile e rettilinea.

Al grande successo iniziale si sono alternati anche momenti

difficili e complessi, dal rapporto con le piccole imprese satelliti

concessionarie, nate per distribuire l'energia nei vari paesi del

Circondario, al rapporto con una società concorrente e al difficile

periodo delle due guerre, fino alla sofferta nazionalizzazione del

settore elettrico avvenuta nel 1963, con la consegna

dell'impianto e dell'intera rete all'Enel.

Il saggio è diviso in diversi capitoli: al primo capitolo, riservato

alla tecnica e alla storia della produzione industriale di energia

elettrica, che descrive i principi della fisica per la generazione di

elettricità e le prime attività svolte dalle grandi aziende e società

elettriche dell'epoca, seguono i capitoli dedicati alla descrizione

dei luoghi, dell'impianto idroelettrico e delle diverse parti che lo

compongono: opere idrauliche, civili, meccaniche ed elettriche.

Dopo questa prima parte tecnica, i successivi capitoli sono rivolti

alla storia della società elettrica sorta a Vallo della Lucania, il cui

scopo era quello di realizzare la centrale di produzione sul fiume

Calore e la linea tramviaria a trazione elettrica per collegare il

capoluogo di Circondario con la stazione ferroviaria di Vallo-

Castelnuovo.

La storia locale della società segue l'intera vicenda dell'industria

elettrica dell'Italia meridionale ad opera di una delle maggiori

società italiane, la Società Meridionale di Elettricità, dai primi

esperimenti di elettrificazione delle ferrovie, fino all'utilizzo

12


Introduzione

dell'energia elettrica per forza motrice ed illuminazione. Nel

territorio a sud di Salerno, è nella Valle del Calore che si svolsero i

primi esperimenti elettrici ad opera di piccole imprese, impegnate

nella nuova sfida di inizio Novecento. La narrazione segue

inoltre l'evoluzione normativa per le concessioni di derivazione

d'acqua a scopo idroelettrico, dalla prima legge del 1884 al Testo

Unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici,

emanato con Regio Decreto n. 1775 del 1933.

Nel penultimo capitolo è descritta l'intera rete di trasmissione e

distribuzione elettrica realizzata nel Circondario, così come si

presentava agli inizi degli anni Sessanta, immediatamente

prima dell'istituzione dell'Ente Nazionale per l'Energia

Elettrica.

Nell'ultimo capitolo ho voluto condurre il lettore

nell'avvincente mondo operativo del vecchio impianto idroelettrico

di Felitto, come poteva apparire negli anni Trenta, operando

unicamente con sistemi manuali fino alla sua chiusura.

Costabile Cerone

13



Capitolo I

Come l'acqua accende una lampadina

Tecnica e storia della produzione industriale di energia elettrica

Un impianto idroelettrico per produrre energia utilizza la

forza dell'acqua, che opportunamente imbrigliata con uno

sbarramento sul fiume, è poi condotta fino all'arrivo in una

centrale, dove, quasi per magia, una macchina chiamata

alternatore, messa in rotazione da una turbina idraulica, la

trasforma in elettricità.

In realtà la magia è invece un importante fenomeno fisico

conosciuto con il nome di induzione elettromagnetica.

L'alternatore è una macchina elettrica rotante che utilizzando

questo fenomeno, trasforma l'energia meccanica

fornita da una turbina, in energia elettrica sottoforma di

corrente alternata, avente la caratteristica di variare continuamente

verso in modo alterno e a intervalli regolari di

tempo. La corrente generata assumerà pertanto la classica

rappresentazione grafica di un'onda sinusoidale, ed è

chiamata alternata perché passa in successione ogni

mezzo giro dell'alternatore da valori positivi a valori

negativi proprio con questo andamento. Un giro completo

dell'alternatore, rappresentato dalle due semionde del

grafico identiche in durata e ampiezza, rappresenta un

periodo o ciclo.

Questa variazione della corrente è quindi funzione del

numero di giri che compie la macchina ogni secondo, e

definisce la frequenza della corrente generata, la cui unità

di misura è indicata con Hertz (Hz). La corrente alternata

che comunemente usiamo è di 50 cicli al secondo, detta

generalmente tensione di rete con frequenza di 50 Hz.

Questo valore standard è stato scelto per motivi di funzionalità.

A tale frequenza l'occhio non percepisce le variazio-

1 Rappresentazione grafica di

una corrente alternata

15


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

2 Lampadina elettrica di Thomas

Edison, brevetto del 1880

ni di luminosità conseguenti alle oscillazioni della corrente

che attraversa il filamento di una lampadina; se la frequenza

scendesse sotto i 35-30 Hz la luce della lampadina ad

incandescenza non ci apparirebbe più costante ma tremolante.

Frequenze maggiori invece avrebbero imposto

velocità troppo elevate per poter essere raggiunte.

Per produrre una corrente alla frequenza di 50 Hz

l’alternatore deve ruotare ad una velocità di 50 giri al

secondo, equivalente a 3000 giri al minuto. Per tale motivo

queste macchine sono definite sincrone, proprio perché la

velocità di funzionamento è rigorosamente legata alla

frequenza della tensione generata.

Queste velocità sono però difficilmente raggiungibili con

turbine idrauliche utilizzate dagli impianti idroelettrici,

per cui bisognerà ridurla facendo in modo di non modificare

la frequenza utilizzando un particolare sistema

costruttivo dell'alternatore. Lo stesso tipo di generatore

che con uno speciale commutatore fa circolare una corrente

sempre nello stesso verso, quindi continua, prende il

nome di dinamo.

Affinché ci sia un passaggio di corrente elettrica in un

conduttore, bisogna applicare alle estremità una differenza

di potenziale elettrico capace di generare all'interno

dello stesso il movimento degli elettroni. Un alternatore,

come una pila, è dunque capace di generare questa differenza

di potenziale o tensione elettrica.

Per spiegare il significato di tensione usiamo un semplice

esempio. Due serbatoi di acqua sono collegati con un tubo,

se il livello nel primo serbatoio è identico al livello del

secondo, non si ottiene alcun movimento, mentre una

differente altezza provoca il passaggio di acqua dal serbatoio

col livello più alto a quello col livello più basso. Si

deduce che per ottenere il movimento si ha bisogno di una

differenza di altezza.

Negli impianti elettrici al posto del tubo abbiamo il conduttore

elettrico e al posto dell'acqua abbiamo la corrente

elettrica; la differenza non è più di altezza, ma di potenziale

elettrico o tensione.

Se aumentiamo la differenza di altezza, l'acqua scorre con

più velocità, allo stesso modo se aumentiamo la tensione

aumenta l'intensità di corrente. La differenza di altezza si

misura in metri, mentre la differenza di potenziale si

misura in Volt (V). L'unità di misura della tensione è stata

così denominata in memoria di Alessandro Volta, il fisico

16


Tecnica e storia della produzione industriale di energia elettrica

italiano che nel 1800 inventò il primo generatore di energia

elettrica, la pila. L'intensità della corrente, che rappresenta

la quantità di elettricità che nello stesso tempo attraversa

una sezione del conduttore, si misura in Ampere (A) e si

indica con la lettera I.

Dal prodotto tra la tensione e l'intensità si ottiene la potenza

elettrica del circuito misurata in Watt, che rappresenta

la capacità di svolgere un lavoro elettrico, quale per esempio

accendere una lampadina. Da questa relazione si

deduce che è possibile ottenere la stessa potenza con una

grande tensione e una piccola corrente, oppure con una

piccola tensione e una grande corrente, principio fondamentale

per il trasporto della corrente con fili elettrici su

lunghe distanze.

Dalla definizione di potenza elettrica deriva immediatamente

quella di energia elettrica, consistente nell'energia

necessaria ad un circuito elettrico per funzionare nel

tempo, quindi è pari alla potenza moltiplicata per il tempo.

L'unità di misura dell'energia elettrica è quindi il wattsecondo,

o meglio il wattora (Wh), o addirittura il chilowattora

(kWh) come preferito in campo commerciale.

È questa infatti l'unità di misura con cui lavorano i contatori

delle società che forniscono energia elettrica; un utilizzatore

elettrico consuma una quantità di energia pari a un

kWh se lavora con una potenza di un kW per un tempo

pari a un'ora.

In realtà ci sono diversi tipi di utilizzatori elettrici. Quelli

detti carichi resistivi, costituiti unicamente da una resistenza

dove la potenza, detta potenza attiva misurata in

Watt, è tutta dissipata termicamente, come ad esempio il

forno di casa, il ferro da stiro, una stufetta o la lampadina

ad incandescenza.

Ci sono poi altri utilizzatori detti carichi reattivi, come per

esempio un frullatore, un ventilatore, un trapano, un

alimentatore di una lampada fluorescente o il trasformatore,

dove una parte della potenza assorbita, detta potenza

reattiva, viene impegnata per eccitare i circuiti magnetici

senza essere trasformata in altre forme di energia, provocando

un ritardo della corrente rispetto alla tensione, detto

sfasamento. La potenza reattiva si misura in voltampere

reattivi (VaR).

È questo il motivo per cui la potenza di un alternatore non

si misura in watt, che indicano la potenza attiva, ma in

voltampere (VA) che è l'unità di misura della potenza

3 Alessando Volta

4 Pila di Volta

17


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

5 Elettrocalamita

6 Hans Christian Oersted

apparente, intesa come il prodotto tra la tensione e la

corrente senza tener conto dell'eventuale sfasamento. In

un circuito formato da soli carichi resistivi, i due valori

coincidono perfettamente perché si annulla lo sfasamento,

pertanto la potenza apparente e quella attiva sono uguali.

In tutti gli altri casi, quando nel circuito sono presenti

carichi reattivi, la potenza apparente è maggiore di quella

attiva. Il rapporto tra la potenza attiva e la potenza apparente

è definito fattore di potenza e si indica con il simbolo

cos φ.

Gli apparecchi dotati di un motore elettrico o di un trasformatore,

i cosiddetti carichi reattivi, per funzionare sfruttano

lo stesso fenomeno fisico dell'induzione elettromagnetica.

Per comprendere questo fenomeno in parole semplici si

può fare riferimento a concetti elementari riguardanti le

comuni calamite, o magneti, la cui caratteristica è quella di

attrarre i materiali ferrosi all'interno di uno spazio detto

campo magnetico.

Un magnete ha sempre due poli, un polo nord e un polo

sud. Avvicinando due magneti, si osserva che i poli uguali

si respingono e quelli diversi si attraggono, manifestando

una forza che viene detta magnetica.

Anche la corrente elettrica è in grado di generare un campo

magnetico, e si verifica facilmente con il classico esperimento

consistente nell'avvolgere intorno ad un cilindro di

ferro un certo numero di spire di rame formanti una

bobina, detta solenoide; collegate le due estremità del filo

ad una pila, il ferro diventa magnetico ed è in

grado di attrarre i materiali ferrosi.

Questo dispositivo, impiegato in diversi

congegni di uso quotidiano, come suonerie,

serrature elettriche, relè, ed in passato per il

telegrafo e il telefono, prende il nome di

elettrocalamita.

Nel 1819 il fisico e chimico danese Hans

Christian Oersted scoprì che l'elettricità

poteva essere trasformata in magnetismo.

Il suo esperimento fu molto semplice, avvicinando

un filo conduttore, percorso da corrente

elettrica generata da una pila, ad una bussola,

notò che l'ago cambiava direzione disponendosi

perpendicolarmente al filo, capendo

quindi che la corrente era in grado di creare un

18


Tecnica e storia della produzione industriale di energia elettrica

campo magnetico nello spazio circostante come un

magnete naturale.

Dopo la scoperta di Oersted il fisico francese André-Marie

Ampère sviluppò una teoria matematica che non solo

spiegava il fenomeno elettromagnetico appena osservato,

ma ne predisse molti altri, pubblicando nel 1826 una

memoria riassuntiva delle sue ricerche “Théorie mathématique

des phénomènes électrodynamiques uniquement déduite de

l'expérience”. In suo onore è stata denominata l'unità di

misura della corrente elettrica nel Sistema Internazionale,

il cui strumento di misura è l'amperometro.

A quel punto fu spontaneo chiedersi se fosse vero anche il

contrario, cioè se era possibile utilizzare il magnetismo per

generare elettricità.

La risposta non arrivò facilmente, ci vollero molta carta e

una lampada a petrolio, brillantezza e caparbietà,

indicibili combinazioni di bobine, magneti e

fili.

Nel 1831 il fisico inglese Michael Faraday, che

potremmo definire il più intuitivo e scrupoloso

scienziato del XIX secolo, finalmente trovò la

risposta. Faraday scoprì che quando si muove

un magnete nelle vicinanze di un circuito circola

una corrente che alternativamente si muove in

un verso e quindi in quello opposto.

È questo il fenomeno che si chiama induzione

elettromagnetica, ed esprime la capacità da

parte di un campo magnetico variabile di generare

una corrente elettrica indotta in un conduttore,

anch'essa variabile, cambiando verso

all'aumentare o diminuire del campo.

Anche questo fenomeno si può verificare con

un esperimento collegando i fili di un solenoide

a un misuratore di corrente. Inserendo un

magnete nel solenoide la lancetta del misuratore

si sposta da un lato e segnala il passaggio di

corrente che si interrompe quando il magnete

viene fermato, di conseguenza la lancetta

ritorna al centro. Se il magnete viene estratto

dal solenoide, si osserva ancora un passaggio

di corrente ma di verso opposto, la lancetta si

sposta dall'altro lato.

L'esperimento del magnete e della bobina fu in

realtà preceduto da un'altra esperienza esegui-

7 André-Marie Ampère

8 Bobina di Faraday

9 Michael Faraday

19


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

10 Esperimento dell’induzione

elettromagnetica con una

calamita e un solenoide

ta dal fisico inglese, che avvolse due bobine di filo isolato

in posizioni opposte intorno ad un anello di ferro; una

bobina era alimentata da una pila, il circuito primario, e

l'altra si chiudeva su un misuratore di corrente, il circuito

secondario. Con il passaggio di corrente nel circuito

primario scoprì che la corrente indotta nel secondario

dipendeva dal numero delle spire delle due bobine.

Questo apparecchio può essere utilizzato per trasformare

corrente in bassa tensione in corrente in alta tensione e

viceversa, inventando in questo modo il prototipo del

trasformatore.

Di fatto Faraday scoprì che qualsiasi sistema con cui si fa

variare un campo magnetico attraverso un circuito, avrebbe

generato una corrente, come se questa fosse stata generata

da una tensione.

Uno schema molto semplice per chiarire il funzionamento

di un alternatore è quello di una semplice spira rigida

rettangolare (rotore) che ruota intorno al proprio asse ed è

immersa in un campo magnetico costante, generato da due

magneti opposti (statore).

Per il principio dell'induzione, nella spira che si muove nel

campo magnetico nasce una tensione indotta che varia con

legge sinusoidale in funzione dell'angolo di rotazione e

che cambia segno ogni mezzo giro; chiudendo quindi la

spira su un carico elettrico, ad esempio una lampadina,

inizia a scorrere nel circuito una corrente alternata che

accende la lampadina.

Fatta la geniale scoperta dell'induzione elettromagnetica,

era chiaro che la corrente indotta scorresse in direzioni

opposte a seconda che il campo magnetico fosse in fase di

N

B

S

spazzola

11 Schema di un piccolo

alternatore

collettore

utilizzatore

(lampadina)

20


Tecnica e storia della produzione industriale di energia elettrica

crescita o diminuzione, ma era ancora un mistero perché

ciò avvenisse. Rimaneva un quesito: in che direzione

scorre la corrente indotta?

Due anni più tardi dalla scoperta di Faraday, il fisico russo

Heinrich Friedrich Lenz, riuscì a capire il fenomeno e a

darvi una risposta.

Egli comprese che la corrente indotta genera un proprio

campo magnetico, ma cosa più interessante, scoprì che si

oppone sempre alla variazione del campo magnetico

esterno che lo ha generato.

Questo fenomeno è chiamato autoinduzione ed è noto

come legge di Lenz. Si tratta di una legge di non facile

comprensione, la cui giustificazione risiede nel principio

di conservazione dell'energia, principio della fisica affermante

che l'energia non può essere né creata, né distrutta,

ma solo trasformata tra due forme diverse.

Per comprendere con un esempio pratico questo fenomeno

torniamo all'esperimento del solenoide e del magnete.

Abbiamo visto che una calamita ferma di fronte a un

solenoide non induce corrente. Avvicinando il polo nord

della calamita al solenoide induce in questo una corrente

che genera a sua volta un campo magnetico col polo nord

rivolto alla calamita, in modo da opporsi sempre al suo

avanzamento. Allontanando la calamita, la corrente

indotta circola nel verso opposto, generando un polo sud,

contrastando quindi l'allontanamento. Lo stesso fenomeno

avviene se si avvicina e si allontana il polo sud della

calamita al solenoide, o se invece è la spira a ruotare fra due

poli magnetici, generando per il fenomeno

dell'autoinduzione un campo magnetico che

contrasta continuamente la rotazione.

Per metterla in rotazione bisogna quindi

compiere un lavoro opponendosi alla forza

contrastante, corrispondente alla trasformazione

tipica dei generatori di lavoro meccanico

in energia elettrica, che per il principio di

conservazione dell'energia, trascurando le

perdite, la potenza elettrica è uguale alla

potenza meccanica.

Sono dunque i principi sviluppati da Faraday

e Lenz che vengono applicati per generare

elettricità, ma bisogna attendere comunque

più di mezzo secolo affinché altri geniali

pionieri utilizzassero al meglio le loro scoperte

12 Heinrich Friedrich Lenz

21


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

13 Spaccato di un alternatore

trifase: statore e rotore

nel settore industriale con la nascita dell'elettrotecnica,

ovvero l'applicazione ingegneristica dell'elettricità.

Per motivi di corretto funzionamento ed efficienza energetica,

le realizzazioni degli alternatori industriali sono

ovviamente più complesse rispetto al modello della

semplice spira che ruota fra due magneti. In realtà la

singola spira rotante è una bobina con un elevato numero

di spire orientate in differenti direzioni per accrescere

l'effetto e ottenere tensioni più elevate, e che i magneti

sono invece degli elettromagneti, con i quali si riesce ad

ottenere notevoli valori di campo magnetico.

Inoltre lo schema classico di un alternatore è quello che

vede invertirsi i ruoli di campo magnetico e bobina rotante,

preferendo per motivi costruttivi di far ruotare il campo

magnetico (rotore), che svolge la funzione di induttore,

all'interno di una bobina fissa (statore), che svolge la

funzione di indotto, in modo da poter prelevare più facilmente

la tensione dai morsetti.

Come in precedenza accennato, per ridurre la velocità di

rotazione di 3000 giri al minuto, difficilmente ottenibile

con una turbina idraulica, rimanendo invariata la frequenza

di 50 Hz, si aumenta il numero dei magneti

dell'induttore disponendoli a raggiera, con i poli nord e

1

sud contrapposti, detto rotore a poli salienti.

Questo tipo di alternatore finora descritto è detto monofase,

in quanto genera una singola tensione alternata, ma in

pratica ha scarso utilizzo, preferendo alternatori trifase per

la loro maggiore efficienza. Pertanto gli alternatori utilizzati

in campo industriale per la produzione di energia

elettrica sono degli alternatori trifase, realizzati semplicemente

inserendo nello statore tre distinti avvolgimenti

indotti, ruotati tra di loro di 120°, così da ottenere tre

tensioni in uscita (tre fasi) sfasate l'una rispetto all'altra,

ovvero le fasi sono generate una alla volta ogni terzo di

giro.

L'insieme di questa terna di correnti, sommabili fra di loro,

1

È abbastanza semplice rendersi conto che se p è il numero di coppie polari

(due poli) e v è la velocità di rotazione al minuto del rotore (rpm), la frequenza

della tensione indotta sullo statore sarà pari (p x v)/60 espressa in Hz, da cui il

numero di coppie polari sarà pari a (50 x 60)/v, quindi inversamente proporzionali

alla velocità.

Generalmente la scelta del numero dei magneti viene fatta in relazione alle

caratteristiche meccaniche delle turbine idrauliche. Per esempio, un alternatore

da accoppiare ad una turbina funzionante a 750 giri al minuto dovrà avere

un numero di coppie polari che soddisfi la seguente relazione: (60 x 50)/750

pari a quattro coppie polari, ovvero 8 poli.

22


Tecnica e storia della produzione industriale di energia elettrica

costituisce quella che è chiamata corrente trifase. Il vantaggio

di questo sistema è poter trasportare le tre correnti

prodotte non più con sei fili, due per ciascuna fase come se

fossero tre singoli generatori, di cui un filo viene percorso

all'andata e l'altro al ritorno, ma utilizzando con appropriati

collegamenti soltanto un gruppo di tre fili, generalmente

chiamato terna. Ciò è reso possibile dal fatto che ad

ogni istante l'intensità di una corrente è sempre uguale e

contraria alla somma delle altre due, e quindi un filo che

trasporta una fase serve contemporaneamente per il

2

ritorno delle altre due.

Questo sistema si è dimostrato particolarmente efficiente

per la trasmissione dell'energia elettrica, e permette la

massima estensione delle linee di trasporto su lunghe

distanze, con minore potenza dissipata lungo le stesse

rispetto a un sistema monofase. Tramite un trasformatore

la tensione della corrente generata viene alzata ai valori

desiderati per la trasmissione a distanza, ad alta o media

tensione (AT-MT). All'arrivo o lungo la rete analoghi

trasformatori, sistemati in apposite cabine di trasformazione,

riducono a loro volta la tensione ai valori richiesti

per il suo utilizzo, e trasferita alle singole utenze con linee a

bassa tensione (BT).

Dunque dalla scoperta di Faraday nel 1831 alla reale

utilizzazione dell'energia elettrica, con un efficace sistema

di produzione e distribuzione in corrente alternata trifase

su lunghe distanze, ci sono voluti molti decenni di sperimentazioni,

fino ad arrivare alla fine dell'Ottocento e

giungere ai primi anni del XX secolo per l'inizio di

un'ampia diffusione sul territorio nel settore civile e

industriale.

Hippolyte Pixii, collaboratore tecnico di Ampère, nel 1832

presentò all'Accademia delle Scienze di Parigi una macchina

magneto-elettrica, formata da bobine fisse e da una

calamita rotante azionata manualmente, che può essere

considerata uno dei primissimi generatori capaci di con-

14 Schema di un alternatore

trifase

15 Dinamo di Pixii

2

Questo fenomeno è facilmente verificabile se rappresentiamo le tre fasi,

convenzionalmente indicate con le lettere R,S,T, con tre vettori di uguale

lunghezza applicati nello stesso punto, e ruotati fra loro con angoli uguali di

120° in modo da formare una stella, dove il polo comune, identificato comunemente

con la lettera N, si trova a potenziale nullo quindi neutro. Di conseguenza

la somma vettoriale di due dei tre vettori è uguale all'altro ma di segno

contrario, mentre la somma vettoriale dei tre si annulla, rappresentando il

polo neutro a potenziale zero, ovviamente se le tre tensioni sono uguali. In

parole povere ciascuna di queste correnti alternate sfrutta per l'andata il

proprio conduttore, e per il ritorno i conduttori degli altri circuiti.

23


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

16 James Clerk Maxwell

17 Zenobe Thèophile Gramme

vertire energia meccanica in energia elettrica.

È del 1856, ad opera dell'ingegnere tedesco

Ernst Werner von Siemens, il primo generatore

elettromeccanico con rotore massiccio in

ferro dotato di cave per l'alloggiamento

dell'indotto, e lo chiamò generatore di elettricità

dinamica, o dinamo. Nel 1858 il fisico

italiano Antonio Pacinotti progetta una

macchina reversibile, cioè un dispositivo per

produrre corrente elettrica da poter essere

usato anche come motore. La macchina,

costruita nel 1860 presso il gabinetto di fisica

tecnologica dell'università di Pisa, aveva la

forma di un anello e con una ingegnosa disposizione

di fili, forniva una corrente continua.

Sei anni dopo il matematico e fisico scozzese

James Clerk Maxwell elaborò la prima teoria moderna

dell'elettromagnetismo, con la dimostrazione che

l'elettricità e il magnetismo si propagano attraverso lo

spazio sotto forma di onde alla velocità costante della luce.

Il suo lavoro nella redazione di un modello unificato per

l'elettromagnetismo, con la formulazione di quattro

equazioni differenziali, note come Equazioni di Maxwell, è

considerato uno dei grandi risultati della fisica del XX

3

secolo. Nel dicembre del 1866 Siemens presentò

all'Accademia delle Scienze di Berlino una nuova macchina

per la conversione di energia meccanica in energia

elettrica senza l'impiego di magneti permanenti, realizzando

una dinamo ad autoeccitazione, con avvolgimenti

alimentati dalla macchina stessa.

L'elettrotecnico Zenobe Thèophile Gramme di origine

belga, nel 1869, con l'adozione di un anello simile a quello

di Pacinotti, perfezionò la dinamo, costruendo la prima

macchina efficiente capace di produrre corrente continua e

da cui si svilupperà l'industria elettrica moderna.

Le dinamo di Gramme azionate da una macchina a vapore

sono state usate per diverse applicazioni, come

l'illuminazione dei fari, la galvanostegia e l'illuminazione

di fabbriche.

3

Nel 1887 il fisico tedesco Heinrich Rudolf Hertz scoprì in via sperimentale le

onde elettromagnetiche, poi dette onde hertziane, la cui esistenza era stata

stabilita in via teorica da Maxwell, con la dimostrazione che dei segnali

elettrici potevano essere inviati attraverso l'aria, ponendo le basi per

l'invenzione della radio. In suo onore, nel sistema internazionale la frequenza

è misurata in hertz.

24


Tecnica e storia della produzione industriale di energia elettrica

Nel 1870 brevetta la teoria della macchina

magneto-elettrica per la produzione di correnti

continue, e l'anno successivo fondò a Parigi la

Société des machines magnéto-électriques Gramme,

iniziando la produzione dei primi alternatori

per usi industriali.

In Italia il Tecnomasio Italiano che costruiva

ottimi strumenti scientifici, dal 1879 con la

direzione dell'ingegnere Bartolomeo Cabella,

diede inizio ai primi esperimenti di illuminazione

elettrica, iniziando ad orientarsi verso la

produzione di apparecchiature industriali, per

diventare negli anni di fine Ottocento il maggiore

protagonista dell'industria elettromeccanica

nazionale. In quell'anno, all'Esposizione

internazionale di Berlino, Werner von Siemens,

insieme al meccanico Johann Georg Halske, presentò per

la prima volta al pubblico l'applicazione della trazione

elettrica alla ferrovia.

Un piccolo locomotore elettrico a due assi di 2,2 KW di

potenza capace di trainare, alla velocità di 7 Km orari, tre

carri muniti di sei sedili ognuno. Una macchina a vapore

collegata a una dinamo forniva l'energia necessaria al

movimento del locomotore attraverso una terza rotaia

centrale.

Nel 1881 venne impiantata la prima vera tramvia elettrica

sulla linea Gross-Lichterfelde della città, della lunghezza

di 2,5 km, percorsa con velocità di 20 km all'ora.

L'anno successivo, Thomas Edison, inventore

della leggendaria lampadina a filamento, diede

inizio all'effettivo impiego industriale

dell'energia elettrica con l'attivazione del

primo sistema di distribuzione al mondo. Con

un motore a vapore alimentato a carbone fece

girare una dinamo, fornendo energia elettrica

al quartiere di Manhattan a New York intorno

al suo laboratorio di Pearl Street.

Nello stesso anno l'industriale Jacob

Schoellkopf diede inizio alla produzione della

prima centralina idroelettrica al mondo in

corrente continua presso le cascate del Niagara,

capace di soddisfare il fabbisogno dei mulini,

dell'illuminazione notturna delle cascate e

quella di un villaggio adiacente.

18 Pubblicità Società Gramme

19 Werner von Siemens

25


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

20 Locomotore elettrico Siemens

& Halske all’esposione di

Berlino, 1879

21 Tram elettrico Siemens sulla

linea Gross-Lichterfelde a

Berlino 1881

26


Tecnica e storia della produzione industriale di energia elettrica

22 Thomas Edison

Centrali di questo tipo risolsero i problemi ai paesi poveri

di carbone, come l'Italia, dove si sviluppò un grandissimo

interesse per l'idroelettrico.

In Europa a settembre 1882, in occasione dell'Esposizione

Elettrica Internazionale di Monaco, si compiono i primi

esprimenti di illuminazione elettrica, confrontando

diversi sistemi con quella a gas.

A Milano, in prossimità del duomo in contrada Santa

Radegonda, a giugno 1883 entrava in esercizio la seconda

centrale termoelettrica al mondo e la prima in Europa con

il sistema Edison, realizzata dalla Società generale italiana di

elettricità sistema Edison, con l'illuminazione dei locali della

Galleria Vittorio Emanuele II, delle vicine strade e del

Teatro alla Scala.

Promotore dell'iniziativa è stato l'ingegnere Giuseppe

4

Colombo , che in seguito alla Mostra internazionale

dell'elettricità di Parigi del 1881, intuisce immediatamente

le potenzialità e le possibili applicazioni su base industriale

della dinamo elettrica presentata da Edison.

Questo sistema prevedeva l'uso di dinamo con la produzione

di corrente continua a 110 Volt, ma subito si rilevò

poco conveniente in quanto non era possibile trasportarla

su lunghe distanze senza gravi perdite dovute alla dissipa-

5

zione di energia sotto forma di calore.

23 Loro originario della Società

Edison

24 Giuseppe Colombo

4

Giuseppe Colombo è entrato nella storia dell'ingegneria pubblicando a

marzo 1878, il Manuale dell'ingegnere civile e industriale, della collana dei

manuali Hoepli, che ha accompagnato gli studi e le attività di migliaia di

ingegneri italiani. Non si è limitato alla diffusione accademica, ma in qualità di

imprenditore ha dato un forte impulso alla nascita dell'industria elettrica in

Italia.

5

La dissipazione di energia sotto forma di calore rappresenta il tipico effetto

Joule, dal nome del fisico inglese che lo osservò attorno al 1855, detto anche

effetto termico o legge di Joule. In fisica è un fenomeno per cui un conduttore

attraversato da una corrente elettrica dissipa energia sotto forma di calore in

funzione dell'intensità della corrente elettrica che lo attraversa.

27


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

25 Nikola Tesla

26 Pubblicità Ganz & Comp.

Le utenze elettriche per questo motivo dovevano

essere dislocate nelle immediate vicinanze

dei generatori.

In quello stesso periodo, Nikola Tesla, ingegnere

e fisico di origine serba emigrato negli Stati

Uniti, una delle più brillanti menti del

Novecento, che credeva fermamente

nell'indiscussa superiorità della corrente

alternata, brevetta il sistema di distribuzione

elettrica trifase a 240 Volt a frequenza di 60 Hz.

La sua convinzione si basa sul fatto che le

perdite nella trasmissione dell'elettricità

dipendono dalla tensione, quindi a una maggiore

tensione corrispondono minori perdite e

una minore sezione del cavo in cui essa transita.

Per questo motivo, a differenza della corrente

continua, è possibile trasportare corrente alternata per

lunghe distanze con pochissime dispersioni alzando la

tensione semplicemente tramite un trasformatore, e poi,

prima di provvedere alla distribuzione alle singole utenze,

con un secondo trasformatore abbassare la tensione a

livelli inferiori, quindi più sicuri.

Questo può avvenire solo con la corrente alternata in

quanto un trasformatore è in grado di operare esclusivamente

con questo tipo di corrente, sfruttando sempre il

6

principio dell'induzione elettromagnetica.

Nel 1885 gli ingegneri Ottó Bláthy, Miksa Déri e Károly

Zipernowsky del dipartimento elettrico dell'azienda Ganz

& Co. con sede a Budapest, sviluppano un efficiente

modello di trasformatore, noto come modello ZBD dalle

iniziali dei loro cognomi. La fornitura di corrente trifase

permette facilmente di creare un campo magnetico rotante

6

Un semplice trasformatore è costituito da un anello di ferro generalmente a

forma di un parallelepipedo cavo, dove in posizioni opposte sono avvolte due

bobine, un avvolgimento primario e un avvolgimento secondario con numero

di spire diverse. Applicando sul primario una tensione elettrica alternata, per

effetto dell'induzione elettromagnetica, si crea nel nucleo un flusso magnetico

variabile, con l'induzione nel secondario di una tensione alternata. La tensione

prodotta nel secondario è proporzionale al rapporto tra il numero di spire del

primario e del secondario. È da sottolineare che il trasformatore converte la

tensione entrante in un valore differente, ma senza aumentare o diminuire la

potenza. Il prodotto della tensione per la corrente è uguale tra i due circuiti,

pertanto risulta evidente che un trasformatore che abbassa la tensione eleva la

corrente e viceversa. Un trasformatore trifase, come per un alternatore, può

essere assimilato a tre trasformatori monofase indipendenti, ma realizzato con

tre avvolgimenti primari e tre avvolgimenti secondari su di un unico nucleo

con tre rami paralleli.

28


Tecnica e storia della produzione industriale di energia elettrica

che è alla base del funzionamento del motore

elettrico, la cui esistenza venne dimostrata pubblicamente

dal fisico e ingegnere italiano Galileo

7

Ferraris nel 1885. Con la disposizione di due

bobine fisse perpendicolari fra di loro e percorse

da correnti alternate sfasate di 90°, è riuscito a

generare, nello spazio compreso fra di esse, un

campo magnetico capace di far ruotare un piccolo

cilindro di rame sospeso con un filo al suo interno.

Se il sistema di sospensione fosse realizzato con

perni e cuscinetti si potrebbe osservare la rotazione

continua del cilindro. Con questi esperimenti si

è aperta la strada per la realizzazione del motore

elettrico polifase, fino a quando nel 1888 Nikola

Tesla depositava cinque brevetti sulla costruzione

di motori asincroni, acquistati poi dalla

Westinghouse. A seguito dell'introduzione del sistema

trifase di distribuzione dell'energia elettrica, e grazie alla

scoperta del campo magnetico rotante, si è diffuso rapidamente

l'uso del motore asincrono o motore ad induzione,

con l'inizio su larga scala della produzione industriale, che

ha portato alla realizzazione della macchina elettrica

rotante più diffusa al mondo.

George Westinghouse, ingegnere e ricco imprenditore

americano fondatore nel 1886 della Westinghouse Electric

Company, concorrente della General Electric Light Company

fondata da Edison nel 1889, basandosi sulle scoperte e le

invenzioni brevettate da Tesla, riesce in brevissimo tempo

a porre fine a quella che all'epoca venne definita la guerra

delle correnti; da allora la corrente alternata si è imposta

definitivamente il tutto il mondo.

Questo tipo di sistema venne testato anche dalla Thomson-

Houston Electric Company, fondata dal Elihu Thomson e

Edwin J. Houston, che nel 1887 realizzarono il primo

trasformatore di potenza in olio, permettendo migliori

caratteristiche d'isolamento elettrico e di smaltimento del

calore.

27 George Westinghouse

28 Galileo Ferraris

7

Galileo Farraris nel 1897 istituì l'Associazione Elettrotecnica ed Elettronica

Italiana (AEI), con la formazione delle prime sezioni di Milano, Torino,

Genova, Roma, Napoli e Palermo. Lo scopo dell'associazione era quello

d'incoraggiare e divulgare in Italia lo studio dell'elettrotecnica, di contribuire

allo sviluppo di questa scienza e delle sue applicazioni, di stabilire e mantenere

fra tutti gli elettrotecnici italiani relazioni amichevoli e continue e di

facilitare loro la conoscenza dei lavori di ogni genere, invenzioni, scoperte,

esperienze ecc., fatte anche all'estero e di aiutarli a far conoscere i propri lavori.

29


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

29 Stabilimento della Brown

Boveri & Cie a Baden

30 Pubblicità AEG di Berlino

Edison quando si rende conto che la distribuzione in

corrente continua era destinata alla sconfitta, si accorda

con l'ingegnere Elihu Thomson, costituendo nel 1892 a

New York la General Electric Company (GE) con la fusione

delle due società, realizzando filiali in Europa e in Italia

con la fondazione della Compagnia Generale di Elettricità

CGE nel 1908, specializzata nella produzione elettrotecnica

ed elettromeccanica, con sede e stabilimenti a Milano.

Nel frattempo in Europa per sfruttare tali possibilità, nel

1891 nasce la Brown Boveri & Company a Baden in Svizzera,

specializzata in gruppi turbogeneratori, che si affianca alle

tedesche Siemens, AEG (Allgemeine Elektrizitat

Gesellschaft), e Schuckert di Norimberga.

La AEG, fondata a Berlino nel 1887, insieme alla francese

Thomson-Houston collegata alla General Electrics americana,

nel 1904 costituisce in Italia la Società italiana di

Elettricità S.A. con sede a Milano, per la produzione e la

8

distribuzione di elettricità e di vari dispositivi elettronici.

L'anno precedente l'azienda svizzera si fuse con il

Tecnomasio Italiano, che divenne il Tecnomasio Italiano

Brown Boveri (TIBB) con sede a Milano, dove ha avuto per

vari decenni i propri uffici e stabilimenti.

8

La società dal 1911 si occupa della produzione di motori, dinamo, trasformatori

e parti elettriche, nello stesso stabilimento di via Borgognone che in

precedenza è stato sede della CGE,e ceduto nel 1966 all'Ansaldo.

30


Tecnica e storia della produzione industriale di energia elettrica

Con la fusione delle due aziende ampliò la produzione di

motori elettrici, generatori di corrente, trasformatori e

apparecchiature per la distribuzione dell'energia elettrica,

con la produzione nel settore ferroviario e tramviario. Dal

1904 al 1915 veniva controllato dall'azienda tedesca concorrente

AEG, che acquisì una maggioranza di capitale.

A dicembre 1905, a Milano, la Società Ercole Marelli di

apparecchi elettromeccanici, nata nel 1891 come ditta

individuale per iniziativa di Ercole Marelli, meccanico al

Tecnomasio Italiano, inaugura uno stabilimento a Sesto

San Giovanni per la produzione di motori elettrici, elettro-

9

pompe centrifughe e trasformatori.

Un ulteriore progresso tecnologico del sistema a corrente

alternata fu compiuto quando l'azienda svizzera

10

Maschinenfabrik Oerlikon MFO di Zurigo, specializzata

nella produzione di generatori e trasformatori, presentò

all'esposizione elettrotecnica di Francoforte del 1891 un

sistema per trasportare l'elettricità su grandi distanze con

perdite ridotte, prodotta tramite generatori azionati da

turbine.

9

Nel 1920 la Ercole Marelli diventa Società anonima per azioni, con un

potenziamento negli della produzione di grossi macchinari come alternatori e

trasformatori, sistemi di comando per laminatoi per i maggiori produttori di

acciaio mondiali, macchine di propulsione per navi ed equipaggiamenti per

treni, elettropompe per acquedotti ed opere di bonifica.

10

Nel 1967 la MFO fu integrata nella Brown Boveri & Co.

31 Stabilimento Tecnomasio

Italiano Brown Boveri (TIBB) a

Milano

31


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

32 Stabilimento Società Ercole

Marelli a Sesto San Giovanni

33 Turbine idrauliche Piccard-

Pictet & Cie

In occasione dell'Esposizione Universale del 1893 a

Chicago, Westinghouse e Tesla si aggiudicano l'appalto

per l'illuminazione dell'intera fiera, e realizzano su commissione

della Niagara Falls Power Company il primo

impianto idroelettrico con alternatori di potenza di 75 MW

e una linea di trasporto di 32 Km per l'illuminazione di una

città a nord dello Stato di New York, entrato in servizio a

metà del 1895.

Per la parte idraulica la Compagnia nel 1892 stipula

un contratto di fornitura con la fabbrica di turbine

Piccard-Pictet & Cie di Ginevra, che in seguito alla

vittoria nel concorso per l'attrezzatura della centrale

idroelettrica delle cascate del Niagara, ricevette

incarichi da tutto il mondo. L'azienda nacque

dall'incontro degli ingegneri Lucien Pictet e Paul

Piccard, inventore del primo servomotore con

numero di giri costanti per regolatori idraulici

automatici.

A Milano nel frattempo la rete di distribuzione per

l'illuminazione si era ampliata, infatti nel 1889 viene

inaugurata in via G.B. Vico una nuova centrale

termoelettrica della potenza di 240 kW, poiché quella

di via Santa Radegonda risultava ormai inadeguata.

32


Tecnica e storia della produzione industriale di energia elettrica

L'ubicazione decentrata di questa centrale era resa possibile

dall'adozione del sistema Thomson-Houston che usava

sempre corrente continua, ma che consentiva un raggio

utile di distribuzione della corrente superiore a quello del

sistema Edison.

In questo periodo sulle riviste tecniche come Il Politecnico o

11

L'Industria Elettrica , sono sempre più frequenti gli interventi

degli ingegneri e delle aziende dell'industria elettrica,

favorevoli allo sfruttamento delle risorse idriche. Il

punto fermo, comune a tutti gli interventi, se pur differenziati

nelle proposte operative, era ottenere il massimo dalle

nostre risorse, denominate, in contrapposizione al carbone

nero delle miniere, carbone bianco.

Pertanto lo sviluppo dell'industria elettrica in Italia,

a differenza di altri paesi dove la fonte termica era

predominante, si è caratterizzata principalmente

per l'uso delle fonti idriche, alleggerendo la dipendenza

dai paesi esportatori di carbone, specializzandosi

in una politica energetica di “energie rinnovabili”

ante litteram, che dagli inizi del Novecento

portò allo sfruttamento di valli e corsi d'acqua, con

la realizzazione di numerose centrali idroelettriche.

Con il notevole aumento del prezzo del carbone,

salito nel 1889 del 20%, la Società delle Forze

Idrauliche di Tivoli inaugura il 4 luglio 1892 la centrale

idroelettrica Acquoria sulla riva sinistra

dell'Aniene per l'illuminazione della capitale.

L'impianto dotato di una linea elettrica lunga 28

km, una distanza notevole per quei tempi, ha

rappresentato in Italia il primo esempio di trasporto

a carattere industriale dell'energia elettrica a

corrente alternata, e per le sue innovative caratteristiche

tecniche venne visitato dai tecnici di tutto il

mondo.

In quell'occasione il direttore della società,

l'ingegnere Carlo Esterle, ebbe modo di cogliere

appieno l'importanza e le grandi potenzialità di

sviluppo del nuovo settore della produzione,

trasporto e distribuzione dell'energia elettrica. La

centrale dotata di sei alternatori ognuno di 230 kW,

produceva con un salto di 50 metri una potenza

complessiva di 1300 kW.

34 Dinamo Edison tipo Jumbo

nella sala macchine di via Santa

Radegonda a Milano, 1883

35 Brevetti Tesla, 1888

11

Bollettino ufficiale dell'Associazione Nazionale Esercenti Imprese Elettriche.

33


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

36 Carlo Esterle direttore della

Società Edison

37 Motrice a due assi Edison

1897

Le turbine, gli alternatori, i trasformatori e tutte le parti

elettriche vennero fornite e installate dall'ungherese Ganz

& Co., una delle grandi aziende elettromeccaniche europee

dell'epoca, con stabilimento a Budapest e officine in

Austria a Leobersdorf e in Germania a Ratibor.

Specializzata in equipaggiamenti elettrici, brevetta il

sistema dei trasformatori per corrente alternata, e diventa

l'azienda pioniere per l'elettrificazione della rete ferroviaria

italiana con il sistema trifase a corrente alternata.

Nel 1896 l'ingegnere Esterle viene chiamato alla direzione

della Edison, proprio quando questa si accinge ad effettuare

cospicui investimenti in nuovi rami di attività a seguito

di una concessione ottenuta con il comune di Milano, per

l'esercizio della rete tramviaria e la fornitura

dell'alimentazione elettrica ai nuovi tram, che stavano

sostituendo gli obsoleti omnibus.

Dopo i notevoli risultati ottenuti con l'impianto di Tivoli,

la Edison abbandona il sistema in corrente continua, e

ottenuta la concessione del salto di Paderno sul fiume

Adda, diede inizio alla costruzione di una centrale idroelettrica

ad acqua fluente con una rete di trasmissione in

corrente alternata trifase.

Dopo tre anni di lavori, nel 1898 entra in esercizio la centrale

Bertini sul fiume d'Adda in Brianza, che con i suoi 9.600

kW di potenza e una linea lunga quasi 38 km per il trasporto

dell'energia verso Milano, è stata la prima centrale

12

idroelettrica più potente d'Europa.

38 La cartolina ricordo della

elettrificazione della Ferrovia

della Valtellina, la prima al

mondo ad alta tensione.

12

A supporto della centrale Bertini, nel 1906 fu costruita più a valle la centrale

idroelettrica Esterle, capace di produrre il triplo di potenza pari a 30.000 kW.

34


Tecnica e storia della produzione industriale di energia elettrica

Furono installate sette turbine del tipo Francis di 1590 kW,

di cui una di riserva, fornite dalla ditta Riva Monneret di

Milano, specializzata nella costruzione di macchine

idrauliche, che sfruttando favorevoli condizioni di mercato

legate allo sviluppo del settore idroelettrico riuscì ad

affermarsi come il primo produttore italiano di motori

idraulici. Le turbine erano collegate ad alternatori in

corrente alternata forniti dalla Brown Boveri & Company.

L'impianto si completava con trasformatori della Ganz &

Comp. e da un quadro elettrico General Electric.

Nel 1899, Esterle figura tra i soci fondatori dell'Associazione

fra esercenti imprese elettriche in Italia (Aeie),

l'organizzazione di categoria degli imprenditori elettrici di

cui, nel 1902, è nominato Presidente.

39 Locandina pubblicitaria della

Società Riva & C., 1910

40 Alternatori Brown Boveri &

Company installati nella

centrale idroelettrica di Paderno

d’Adda

41 Centrale idroelettrica Bertini

a Paderno d’Adda della Edison

42 Logo General Electric, 1899

35


43 «L’elettricità», cartolina del

1905


Capitolo II

L’impianto idroelettrico di Felitto sul fiume Calore

Il fiume, le cui acque hanno alimentato per anni l'impianto

idroelettrico, è denominato Calore Lucano per distinguerlo

dall'omonimo fiume che tocca Benevento. Il suo corso

costituisce un importante affluente di sinistra del fiume

Sele al quale si congiunge poco prima del ponte di Barizzo,

dopo un tragitto di 63 chilometri, ai piedi della collina di

Altavilla Silentina non lontano dalle antiche rovine di

Paestum.

Nasce sulle pendici settentrionali del Monte Cervati, da

alcune grosse polle ai piedi di un'alta parete rocciosa, in

una balza boscosa denominata Festole a quota 1130 metri,

e si ingrossa lungo il tragitto con l'apporto dei corsi

d'acqua Sammaro e Fasanella.

Il suo corso si svolge in un bacino caratterizzato spesso da

località impervie e di difficile accesso, infossandosi tra

strette e alte pareti rocciose, come accade nella gola del

Monte Pescorubino presso il centro abitato di Laurino, e

del Monte Ceglie, tra le località di Magliano Nuovo e

Felitto.

Le copiose acque, che scendono attraverso l'omonima

valle, un tempo poco accessibile ma tra le più belle, pittoresche

e fertili dell'Italia meridionale, avrebbero potuto

“animare mille opifici” in quelle contrade, e nella stessa valle

lungo il corso di una fiumara c'e “un punto che richiamerà fra

non molto l'occhio degli industriali per la gran copia di forza a

buon mercato che quivi naturalmente si produce”.

Questo è quello che immaginava lo studioso Cosimo De

Giorgi nel suo viaggio di esplorazione nel Cilento, compiuto,

nella primavera e nell'estate del 1881, su incarico del

1 Il fiume Calore nella stretta

gola sotto il centro abitato di

Felitto

37


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

2 Cosimo De Giorgi

3 Lo sbarramento dell’Auso per

l’alimentazione del vecchio

impianto idroelettrico del

Fasanella

Regio Corpo delle Miniere per effettuare

un'indagine geologica dei distretti di Campagna

e Vallo della Lucania. Si riferiva all'enorme forza

motrice che le acque del fiume Calore avrebbero

potuto produrre, e all'enorme pressione della

sorgente ai piedi del Monte Alburno, sotto

un'alta e scoscesa rupe tra Sant'Angelo a

Fasanella ed Ottati. Quest'ultima sgorga da una

spaccatura nella roccia nota come Grotta

dell'Auso, che scaricandosi nel torrente

Fasanella dava movimento a diversi mulini e

altri opifici idraulici.

È evidente che in quel periodo storico di fine

Ottocento non si era ancora ben rafforzata l'idea

di poter utilizzare le recenti scoperte tecnologiche

per sfruttare al meglio la nuova fonte di

energia, l'elettricità. Passarono ancora molti anni affinché

il presagio divenisse realtà, ma alla fine gli industriali

arrivarono e la valle si elettrificò.

Nel 1913 la Società Idroelettrica del Fasanella, ottenuta la

concessione per l'impianto e l'esercizio di un'officina

elettrica, realizzò con l'utilizzo delle acque dell'Auso un

piccolo impianto idroelettrico con l'adattamento delle

strutture di un antico mulino e gualchiera. Altri tre mulini

sul fiume Calore, a valle dell'abitato di Laurino e di Castel

San Lorenzo, furono anch'essi trasformati in centraline per

produzione di energia elettrica, e a Felitto, la Società Idro-

Elettrica Lucana realizzava il primo impianto di produzione

di energia con tutte le opere e le caratteristiche tecniche

che l'ingegneria dell'epoca imponeva.

Gli elementi distinguibili dell'impianto sono: una traversa

che sbarra il corso del fiume e le relative opere di derivazione

e di adduzione destinate al prelievo e al trasporto

dell'acqua; la centrale idroelettrica, l'edificio contenente i

gruppi di generazione e gli apparati elettrici; e le opere di

scarico e restituzione della portata utilizzata.

L'opera di sbarramento per intercettare il corso d'acqua,

costituita da una traversa in muratura è situata in località

Remolino, un ampio slargo alla fine di una profonda gola

scavata dal fiume, dove, dopo un breve tratto, si incanala

di nuovo in un successivo stretto passaggio incastonato fra

sovrastanti pareti rocciose, sulla cui cima del versante

destro, in località Rupe, si intravede arroccato a strapiombo

l'antico borgo di Felitto.

38


L’impianto idroelettrico di Felitto sul fiume Calore

In questo luogo “sembra che il Monte Felitto si sia rotto alla

base” staccandosi dal resto della montagna “per dar passaggio

al fiume, e sulla parte distaccata sorge il paese”. A nord la

balza rocciosa discende dolcemente fino al vallone Conca,

mentre a sud-ovest cade giù a precipizio sul Calore

Dallo sbarramento ha inizio il canale di alimentazione, che

passando a monte della sponda sinistra del fiume, adagiato

sulle scoscese pendici della montagna, percorre la gola

per tutta la sua lunghezza fino a raggiungere la condotta

forzata che si precipita fino alla centrale situata a valle del

paese in località Casale, poco distante da un caratteristico

ponte medievale in pietra a schiena d'asino.

La traversa a sezione trapezoidale è alta tre metri, con

scarpa a monte di un metro e mezzo, detta petto, di una

parte piana orizzontale, detta soglia, e da una scarpa a valle

di nove metri di lieve pendenza. Costruita trasversalmente

al fiume contiene entro i limiti dell'alveo l'innalzamento

del livello d'acqua a monte, fino al raggiungimento della

presa, permettendo di derivare la portata d'acqua prestabilita.

Con la dismissione dell'impianto e la conseguente interruzione

di regolari operazioni di manutenzione, nel corso

degli anni il piccolo bacino creato a monte della traversa si

è progressivamente interrato, riempiendosi di ciottoli e

13

ghiaia trasportati dal fiume.

13

La traversa non ha comunque il compito di creare un invaso, come gli

sbarramenti per gli impianti a bacino, ma semplicemente di definire e

mantenere una quota di derivazione elevata, in relazione alle necessità

dell'impianto.

4 Il ponte medievale a schiena

d’asino sul fiume Calore in

località Casale

5 L’opera di sbarramento in

località Remolino

39


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

6 Il callone regolato da una

paratoia in ferro el a soglia di

presa

La sua particolare sagoma, costituita da una lunga parete

inclinata verso valle, oltre alla chiara funzione statica, ha la

funzione di evitare fenomeni erosivi nel caso l'acqua venga

tracimata durante una piena o da portate superiori a

quelle derivabili dall'impianto e smaltite dallo scarico.

La traversa nel corso degli anni è stata comunque oggetto

di fenomeni di corrosione superficiale dovuti alla forza

dell'acqua, subendo diversi interventi di rafforzamento

della scarpa a valle, con la realizzazione di un rivestimento

protettivo resistente in calcestruzzo cementizio.

È chiaro che per la loro natura questi tipi di sbarramento

sono destinati ad essere tracimati, ed occorre pertanto

sagomarli in modo che la lama stramazzante si adatti bene

al paramento, e sia assicurata la necessaria protezione

contro gli scalzamenti.

Su di un lato, verso l'opera di presa, è presente una luce, il

cosiddetto callone, regolato mediante un'apposita saracinesca

in ferro, detta paratoia, costituita da una parete

mobile con sistema di sollevamento a vite e volantino.

Il callone, o sghiaiatore, viene periodicamente aperto per

la rimozione del materiale solido sedimentato a monte

della traversa. La luce permette inoltre di regolare il

rilascio di una quantità di acqua nell'alveo, a valle dello

sbarramento, per consentire la vita nel fiume, garantendo

il cosiddetto Deflusso Minimo Vitale (DMV) per la salvaguardia

dell'ecosistema fluviale.

La presa, la cui soglia è posta ad una quota superiore al

livello del fondo, in modo da impedire l'ingresso del

trasporto solido, è costituita da

un canale moderatore a sezione

trapezia di due metri di larghezza

e profondità, con

funzioni di dissabbiatore, e

munito di sfioratore di superficie,

o scolmatore, per eliminare

un eventuale eccesso di portata.

Il canale moderatore ha la

funzione di vasca di decantazione

per i materiali trasportati

dal fiume, indispensabile per

eliminare dall'acqua il fango, la

sabbia e la ghiaia immessa nel

canale durante la presa.

All'estremità, verso valle, sono

40


L’impianto idroelettrico di Felitto sul fiume Calore

ricavate a livelli diversi due luci regolate da paratoie piane,

quella più bassa rivolta verso il fiume, la cui apertura

coincide con il fondo della vasca, è utilizzata come scarico

per svuotarla in caso di necessità, mentre l'altra controlla il

deflusso d'acqua verso il canale di derivazione.

Accanto alla traversa, sulla sinistra orografica del fiume,

esiste un piccolo edificio che era adibito alla residenza del

personale addetto alla sorveglianza dell'opera di presa, e

alla manovra a mano delle paratoie che regolano lo scarico

e l'afflusso dell'acqua nel canale di derivazione.

Il canale a pelo libero, che attraversa a mezza costa la gola

del fiume, è realizzato in muratura, ed ha una lunghezza di

2105,16 metri con pendenza dello 0,23 per mille, munito di

uno sfioratore di dieci metri di lunghezza e due paratoie

piane, manovrabili a mano, per gli scarichi di fondo.

La sezione rettangolare, di due metri di larghezza e un

metro e mezzo di profondità, è studiata per una portata di

1300 litri al secondo con una velocità di circa 0,71 metri al

secondo, calcolabile con alcune note formule di idraulica e

meccanica dei fluidi.

Attualmente il canale non porta più acqua ed è franato in

vari punti, ma viene utilizzato come suggestivo sentiero

naturalistico per attraversare l'intera gola, costeggiando

superiormente il fiume, in mezzo alla ricca vegetazione del

bosco.

Le acque del fiume che attraversano la gola, scivolando fra

le bianche e lisce pareti di roccia calcarea, sono state nel

corso dei secoli più volte imbrigliate ed utilizzate per

alimentare diversi mulini.

7 Sistema di sollevamento a vite

e volantino della paratoia del

callone

8 Il canale moderatore con lo

sfioratore di superficie e la

paratoia per lo scarico di fondo

41


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

9 Il canale derivatore in

muratura lungo la gola del

fiume

Percorrendo la profonda e stretta valle, lungo il versante

destro sono ancora visibili i ruderi di antichi mulini ad

acqua appartenenti alla tipologia a ruota idraulica orizzontale,

costruiti direttamente sulla sponda rocciosa del

fiume. Sono immediatamente riconoscibili dalla torre di

caduta posteriore e dal vano seminterrato contenente la

ruota idraulica, posto sotto al locale delle macine, evidenziato

all'esterno da un'ampia apertura ad arco per la

fuoriuscita dell'acqua utilizzata.

Il primo di proprietà comunale, è situato in località Rupe, il

secondo, ubicato più a valle in località Sansonetto, era di

proprietà della famiglia De Augustinis.

Questi, insieme ad altri singolari mulini sono gli stessi che

il De Giorgi, durante il suo viaggio, ebbe modo di visitare,

scrivendo nei suoi appunti di viaggio:

“Felitto è un paese destinato ad un migliore avvenire. Ha di fatti

una grande potenza motrice immagazzinata nel fiume Calore,

ma non è adoperata che per muovere pochi mulini”.

Questi piccoli manufatti, indispensabili per l'economia

locale, rimasero funzionanti per molti anni, fino a quando,

con la realizzazione dell'impianto della Società Idro-

Elettrica Lucana e l'introduzione del mulino elettrico,

cessarono per sempre il loro esercizio tanto da essere

totalmente abbandonati e dimenticati.

Continuando il percorso lungo il canale di derivazione si

esce dalla gola, e superato il ponte sul Calore della strada

provinciale ex SS 488 Roccadaspide - Laurino, lo stesso

termina in una vasca di carico, dove l'acqua incanalandosi

nella condotta forzata, che sottopassa la strada, inizia la

discesa verso la centrale.

10 I resti dell’antico mulino ad

acqua in località Rupe

11 La profonda gola del fiume

Calore tra Remolino e località

Casale a valle di Felitto

42


L’impianto idroelettrico di Felitto sul fiume Calore

La vasca ha la funzione di assorbire momentaneamente le

oscillazioni della massa d'acqua nella condotta e nel canale

di derivazione, riducendo gli effetti delle brusche variazioni

di portata che potrebbero danneggiare le turbine.

Immediatamente all'esterno della vasca, sulla condotta

forzata è montato in posizione verticale un tubo piezometrico,

un dispositivo di sicurezza di rientrata d'aria che

protegge contro la formazione di depressioni in conseguenza

di colpi di ariete. Si tratta di un fenomeno idraulico

che si presenta in una condotta quando il flusso d'acqua in

movimento al suo interno viene bruscamente fermato

dalla repentina chiusura di una valvola, o viceversa, cioè

quando una condotta chiusa e in pressione viene aperta

repentinamente. Il colpo di ariete consiste in un'onda di

pressione che si origina a causa dell'inerzia di una colonna

d'acqua in movimento quando impatta, ad esempio,

contro la saracinesca di una valvola chiusa in maniera

improvvisa.

Si verifica dunque nelle condotte forzate che alimentano le

centrali idroelettriche, tanto che, quando è necessario

fermare una turbina chiudendo il flusso d'acqua, si aziona

dapprima il deviatore di flusso per alleggerire il carico

sulle pale, e si riduce poi gradualmente il flusso per evitare

il colpo d'ariete.

La condotta è costituita da una tubazione metallica di circa

90 metri di lunghezza e di 90 cm di diametro, realizzata con

elementi in lamiera di acciaio curvati alla calandra e

chiodati tra loro. La condotta poggia su sellette in muratura

con blocchi di ancoraggio, una a metà

della sua lunghezza e uno al suo termine,

detto blocco di testa. Contro questo blocco si

scarica tutta la pressione agente sulla sezione

della condotta in corrispondenza del

gomito di raccordo con il tubo collettore, dal

quale si dipartono i condotti che alimentano

le singole macchine.

In prossimità del blocco terminale di ancoraggio,

sulla condotta è presente una portella

d'ispezione a tenuta per l'accesso interno,

detta passo d'uomo, costruito in modo analogo

a quello delle caldaie a vapore, per

resistere alla notevole pressione interna.

Dalla vasca di carico l'acqua entra nella

condotta acquistando l'energia cinetica

12 Paratoia di regolazione

dell’acqua all’ingresso della

vasca di carico in testa alla

condotta forzata

13 La condotta forzata in

corrispondenza del blocco di

testa con la portella d’ispezione

43


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

14 Uscite esterne dei cunicoli di

scarico

necessaria per mettere in azione le turbine idrauliche

accoppiate assialmente agli alternatori, che messi in

rotazione alla velocità stabilita, strettamente legata alla

frequenza di 50 Hz, generano l'energia elettrica.

Il dislivello dei peli morti dell'acqua, a quota 163,06 metri

sul livello del mare a monte, in corrispondenza della vasca

di carico, e a quota 125,65 a valle delle turbine, in corrispondenza

dei cunicoli di scarico, è di 37,40 metri, pari al

salto di quota.

La potenza disponibile per il quantitativo di acqua derivata

di 1300 litri, concessa alla società con il Decreto del 1912,

14

era di 476,66 kW.

Dai cunicoli di scarico ha inizio un canale interrato a pelo

libero realizzato in muratura che restituisce l'acqua utilizzata

all'alveo naturale del fiume, a quota 121,65 metri

s.l.m.

Le macchine installate in centrale, per la trasformazione

dell'energia cinetica dell'acqua in energia meccanica,

erano due turbine a reazione del tipo Francis ad asse

orizzontale, capaci di erogare ognuna, sotto la caduta

utilizzabile e con circa 650 litri di acqua, una potenza di

15

circa 250 cavalli vapore (187 kW).

In generale le turbine idrauliche hanno dei rendimenti

molto elevati, spesso sopra il 90%, e per questo motivo

molto apprezzate rispetto ad altre fonti di energia meccanica,

anche se la loro installazione richiede necessariamente

diverse infrastrutture da realizzare.

La turbina di tipo Francis è costituita da un organo fisso, il

distributore, consistente in una cassa a spirale munita di

una serie di palette interne mobili per poter dirigere e

regolare il flusso verso le pale fisse dell'organo mobile, la

girante.

L'acqua si muove come in una condotta in pressione, come

14

L'energia producibile da una turbina (in Watt) è data dal prodotto della

3

portata d'acqua in metri cubi al secondo (m /s) per il salto di quota in metri,

2

per l'accelerazione di gravità (9,81 m/s ), per il rendimento complessivo

dell'impianto, che dipende dalle perdite di energia che si generano nelle

condotte forzate, nelle turbine e nei generatori elettrici.

15

Nel presente saggio faccio un uso molto frequente di unità di misura che si

riferiscono alla potenza, espressa in diversi modi prima dell'unificazione delle

unità di misura realizzata nel 1960 durante la XI Conferenza Generale dei Pesi

e delle Misure, tenuta a Sèvres in Francia. Tuttavia, prima di questa data,

vigevano differenze notevoli nella pratica corrente. L'unità di misura della

potenza è a volte espressa in HP (Horse Power), altre volte in CV, ovvero

Cavallo vapore, altre volte ancora in kW, la cui equivalenza è: 1CV = 0.9863 HP

= 735,4 W = 0,7354 kW.

44


L’impianto idroelettrico di Felitto sul fiume Calore

se la turbina fosse la continuazione della condotta stessa, e

attraverso il distributore perviene alla ruota alla quale

cede la sua energia, fuoriuscendo dal basso da un tubo

verticale a sezione troncoconica, detto tubo d'aspirazione,

16

con lo sbocco sotto il pelo minimo del canale di scarico.

Tali turbine utilizzano, dunque, non solo la pressione

dell'acqua proveniente dalla condotta forzata, superiore a

quella atmosferica, ma anche l'aspirazione rappresentata

dal peso della colonna di acqua che sta sotto, fra la turbina

17

stessa ed il livello di acqua di scarico.

Le due turbine erano munite: di valvole d'isolamento della

condotta principale, dette valvole di by pass, con relativo

meccanismo di manovra a mano; di regolatore automatico

di velocità e di un meccanismo per portare a mano

l'erogazione al grado voluto, il variagiri; e di una massa

volante atta a mantenere gli scarti di velocità nei limiti del 4

fino al 10 per cento, per brusche variazioni del carico, fino

ad un terzo circa del totale.

15 Cunicolo di scarico interrato

con il tubo di aspirazione della

turbina a sezione troncoconica

16 Sezione longitudinale di una

t u r b i n a t i p o F r a n c i s d i

produzione Ganz & Comp.

16

Questo tipo di turbina prende il nome dall'ingegnere inglese James Bicheno

Francis, che la sviluppò nel 1848, portando numerosi contributi nel campo

dell'ingegneria idraulica.

17

Le turbine Francis sono generalmente utilizzate per piccoli e medi salti

compresi da 10 a 350 metri, sia nei piccoli impianti a partire da 50, 100

Kilowatt, sia in quelli grandi con potenze di decine di Megawatt.

45


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

17 Alternatore trifase da 251

kVA a 750 giri al minuto

Il regolatore è composto da un sensore per la misura della

velocità a masse centrifughe, tachimetro, e da un servomotore

a pressione d'olio, che, attraverso un sistema di leve,

ruota le pale del distributore della turbina con conseguente

variazione della sezione di afflusso dell'acqua.

Se la velocità aumenta a causa di una diminuzione della

potenza richiesta, il meccanismo provoca una diminuzione

della potenza immessa in turbina fino al raggiungimento

della condizione di equilibrio, quindi di regime. Nel

caso invece di un decremento della velocità, dovuto ad un

aumento di potenza richiesta, il regolatore provoca

l'apertura del distributore. Questo sistema riesce a mantenere

costantemente in equilibrio la potenza motrice con la

potenza continuamente variabile assorbita dalla rete

elettrica.

È evidente che il regolatore entra in funzione quando la

condizione di regime cambia, ovvero quella condizione

fissata in funzione della quantità di potenza prodotta ad

una determinata frequenza.

Con un particolare dispositivo chiamato variagiri, si può

modificare la condizione di regime, modificando il valore

della potenza prodotta a quella determinata frequenza. Se

ad esempio si vuole diminuire il carico dal 50 al 25 per

cento basta spostare la posizione del variagiri con un

volantino posto sul regolatore. Questo dispositivo è di

essenziale importanza per l'inserimento e il distacco dei

gruppi generatori con la rete, e come vedremo in seguito,

per la ripartizione del carico fra gruppi in parallelo.

Le turbine mediante un giunto elastico erano accoppiate

assialmente agli alternatori trifase di diversa potenza, uno

18

da 251 kVA a 750 giri al minuto e l'altro da 225 kVA a 1000

giri, per una potenza complessiva di 352 kW, assorbendo i

250 cavalli vapore disponibili per ciascuno di essi. Detti

alternatori producevano corrente alternata a 500 Volt con

frequenza di 50 Hz che, mediante due trasformatori trifase

con raffreddamento naturale in olio della potenza di 300

kVA ciascuno, alloggiati in un apposito locale, era elevata

19

a 15.000 Volt per il trasporto dell'energia.

18

Il VA (Volt-Ampere) e i Watt, sono due espressioni della stessa grandezza

elettrica, la potenza. I VA indicano la potenza apparente mentre i Watt

indicano la potenza attiva.

19

In questo tipo di trasformatore, utilizzato in passato per potenze fino a circa

1000 kVA, l'olio era contenuto in cassoni di lamiera, contenenti le parti

elettriche attive, e venivano costruiti saldando all'esterno una serie di alette

metalliche per la dissipazione del calore. L'olio oltre alla funzione di isolante,

46


L’impianto idroelettrico di Felitto sul fiume Calore

Nella sala macchine, sul lato opposto ai gruppi turbogeneratore,

era presente il quadro di comando in marmo

contenente i necessari apparecchi per il controllo delle

macchine e per la manovra degli alternatori e di un interruttore

automatico di massima corrente. A protezione

della linea e dei trasformatori dalle sovratensioni atmosferiche

e di manovra, era installata in un apposito locale una

terna di scaricatori a liquido.

L'energia prodotta era quindi immessa sull'elettrodotto

Felitto-Vallo della Lucania e serviva ad alimentare i comuni

di Felitto, Magliano, Monteforte Cilento, Stio, Campora,

Gioi, Moio della Civitella, Cannalonga, Vallo della

Lucania, Novi Velia e Ceraso.

18 Il fabbricato della centrale

idroelettrica in località Casale

ha la fondamentale funzione di veicolo per il trasporto del calore dalle parti

del trasformatore soggette a riscaldamento all'ambiente.

La parti del trasformatore che producono calore sono il nucleo magnetico e gli

avvolgimenti: l'olio che li lambisce si riscalda, conseguentemente diminuisce

di densità per cui si forma, nella parte centrale del trasformatore, una colonna

ascendente d'olio caldo che, ricadendo lungo le pareti del cassone, cede calore

all'aria per conduzione.

47


Casale

Felitto

Rupe

19 Schema dell’impianto

idroelettrico di Felitto, dallo

sbarramento sul fiume Calore in

località Remolino, alla centrale

in località Casale

Opera di presa

Canale di derivazione

Vasca di carico

Condotta forzata

Canale di restituzione

Remolino


Capitolo III

La centrale idroelettrica e la sala macchine

Lo stato di conservazione soffre dei lunghi anni di totale

incuria e abbandono; nonostante la centrale si presenti

ricoperta da rovi e con la copertura della sala macchine

crollata totalmente, nel complesso non ha subito cambiamenti

sostanziali tali da modificarne la struttura e l'aspetto

architettonico originario.

Gli spazi all'interno del fabbricato, realizzato completamente

in muratura intonacata, si sviluppano su di un

unico piano a pianta rettangolare, con dimensioni di 32

metri di lunghezza e 14,65 metri di larghezza, disposto con

il suo asse longitudinale ortogonale alla condotta forzata.

Planimetricamente risulta diviso in tre parti funzionalmente

diverse, chiaramente leggibili anche dalla composizione

esterna dei prospetti del fabbricato, presentandosi

con un'architettura semplice e lineare che palesa la concezione

distributiva degli spazi interni.

In posizione centrale è collocato il grande salone della sala

macchine, di dimensioni interne di 14,55 x 13,20 metri e

altezza di 5,5 metri all'imposta del tetto, studiata per

contenere tre gruppi generatori e il quadro generale di

comando. Quest'ultimo è costituito da una struttura in

ferro ricoperta nella parte frontale da quattro pannelli in

marmo su cui sono fissati gli strumenti di misura elettrici

(voltometri, amperometri e lampade sincroniche) e il

volano per l'apertura e chiusura dei circuiti.

La sala, resa luminosa da tre finestroni con arco a sesto

ribassato, presentava un tetto a due falde costituito da

capriate in legno con staffe e catena metalliche, collegate

da una doppia orditura in travi a sezione squadrata,

49


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

1 Ingresso principale alla

centrale idroelettrica

2 Amperometro IME 400 A

3 Quadro generale di comando

sorreggenti i listelli su cui poggiava il manto di copertura

in tegole marsigliesi.

La conformazione spaziale interna, più che riprendere la

tipologia delle coperture dei fabbricati industriali con

struttura in ferro, assumeva l'aspetto di un luogo liturgico,

un “tempio dell'energia”, dove gli unici protagonisti dello

spazio erano le turbine, gli alternatori e il quadro comandi.

Attualmente la sala si presenta in pessime condizioni,

dove fra la vegetazione spontanea, che oramai ha invaso

l'interno, e i materiali di crollo di parte della copertura,

travi di legno spezzate e cocci di tegole, si scorge ancora la

struttura del quadro comandi e la carcassa metallica di uno

dei gruppi turbo-generatore brutalmente amputato di

molte delle sue componenti meccaniche ed elettriche.

Questa macchina costruita un secolo fa nelle officine

meccaniche della Ganz a Budapest, appena velata da una

leggera patina di ruggine, unico segno del tempo trascorso,

è li ferma quasi ad aspettare che qualcuno la ricomponga

in tutti i sui pezzi, ed una volta restaurata rimettersi di

nuovo al lavoro e produrre energia.

Le turbine e gli alternatori costruiti in quegli anni, e fino a

metà del secolo, hanno funzionato ininterrottamente per

moltissimo tempo; alcuni sono ancora al lavoro e continuano

a produrre energia. È come se queste macchine, completamente

in metallo, fossero state costruite per durare

per sempre, sfidando gli anni; come le stesse locomotive a

vapore erano realizzate per sfidare i chilometri senza mai

spegnerle, affidate al personale di sorveglianza che le

50


La centrale idroelettrica e la sala macchine

manteneva accese con un fuoco di stazionamento e pressione

ridotta, pronte per poter ripartire.

L'energia elettrica rappresentava il futuro, e la costruzione

di una centrale e delle relative macchine e opere idrauliche,

rappresentavano l'espressione della scienza esatta,

della buona ingegneria, l'estrema sintesi di lunghissimi

anni di sperimentazioni tecniche e di scoperte scientifiche.

C'era un approccio quasi “esoterico” verso la realizzazione

di una macchina, capace di autocontrollarsi con complicati

e “misteriosi” meccanismi automatici, accuratamente

posizionata all'interno di vere e proprie “cattedrali”.

A vederle sembrano la trasposizione in ferro delle leggi e

dei principi della fisica, come a me piace definirle.

Con un occhio attento si osservano le discipline

dell'elettromagnetismo, dell'elettromeccanica,

dell'idraulica. Si riconosce Faraday, Ampère, Lenz,

Maxwell e le leggi sull'induzione elettromagnetica.

Galileo Ferraris, Nikola Tesla e gli studi sul campo magnetico

rotante e sul moderno sistema elettrico a corrente

alternata; l'ingegnere tedesco Werner von Siemens con i

notevoli studi e applicazioni nel campo delle macchine

elettriche. Un vero e proprio compendio di fisica ed elettrotecnica.

Accanto alla sala macchine sono presenti altri ambienti

distribuiti in due blocchi di diversa lunghezza, sulla

sinistra quello contenente i locali della stazione di trasformazione,

accessibile dalla sala centrale con un ampio

passaggio ad arco, e sulla destra quello più corto contenente

l'alloggio del centralinista.

4 Volantino del regolatore

5 La girante interna della turbina

idraulica

6 Il primo gruppo turbogeneratore

installato in centraledi

produzione Ganz & Comp. di

Budapest

51


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

7 La sala trasformatori

8 Carcassa metallica di un

trasformatore in bagno d’olio

con alette di raffreddamento

Entrambi i blocchi presentano una copertura piana realizzata

con un solaio cementizio in putrelle di ferro, risultando

espressamente distinguibili dal prospetto esterno.

Il blocco di sinistra, diviso da un ampio corridoio centrale

che collega la sala con l'esterno, è diviso in quattro locali,

su un lato l'officina riparazioni e il magazzino, e dall'altro

la sala trasformatori ed un ambiente accessorio da cui si

raggiunge un vano superiore contenente la terna degli

scaricatori.

La sala trasformatori, collegata al quadro comandi con un

cunicolo interrato per il passaggio dei cavi elettrici, era

protetta da una porta di accesso in ferro, nel rispetto delle

prescrizioni per le misure e le cautele da adottare per la

20

prevenzione contro il rischio elettrico.

Il locale degli scaricatori, raggiungibile con un'elegante

scala a chiocciola in ghisa, si eleva su di un angolo del

fabbricato formando un torrino a base quadrata, di altezza

maggiore rispetto all'intera composizione; la copertura è

costituita da un piccolo tetto a due falde con struttura

portante in legno, gronde e pluviali in lamiera zincata, e

manto in tegole marsigliesi.

Questo locale è in diretta comunicazione con la sala trasformatori

al piano terra mediante un condotto verticale

per il passaggio dei cavi elettrici, che dagli scaricatori sono

portati verso l'esterno attraverso gli isolatori in ceramica,

da cui partiva la linea principale di distribuzione per Vallo

della Lucania.

La quota del pavimento interno, posta a 127,80 metri s.l.m.,

è evidenziata sulla facciata principale da una fascia marcapiano

a rilievo realizzata in pietra, che separa la parte

interrata del fabbricato posta al di sotto della sala macchine,

dove sono ricavati i quattro cunicoli di scarico evidenziati

all'esterno da aperture ad arco a sesto ribassato. Tre al

di sotto della sala macchine e il quarto, per un eventuale

ampliamento, in corrispondenza della sala trasformatori.

La quota del pelo libero dell'acqua all'interno dello scarico

è di 125,65 metri s.l.m.

20

Secondo le norme le macchine, i trasformatori e le apparecchiature elettriche

in genere, funzionanti a tensione superiore a 1.000 Volt, devono essere

installati in locali o recinti muniti di porte di accesso chiudibili a chiave.

52


La centrale idroelettrica e la sala macchine

9 Lato posteriore del fabbricato

in corrispondenza del portone

d’ingresso principale

10 Condotta forzata in lamiera

chiodata

53


11 Interno della sala macchine


Capitolo IV

Il progetto e la realizzazione dell’impianto

1907-1914

L'impianto idroelettrico di Felitto, risalente ai primi anni

del XX secolo, nacque per soddisfare gli interessi civili di

illuminazione, produttivi e di trasporto locale, nel periodo

in cui la sperimentazione idroelettrica aveva originato sul

territorio salernitano, la costituzione di numerose piccole

imprese operanti nel settore della produzione e distribuzione

di energia elettrica con la costruzione di piccole

centraline, in un quadro molto frammentato che vedeva in

genere sorgere un'azienda per ogni impianto di produzione.

Queste aziende facevano riferimento soprattutto a

industrie e tecnologie tedesche, che presto assunsero

l'egemonia europea nel settore, con la fondazione anche di

succursali italiane e la costruzione di una fabbrica di

materiali elettrici a Milano. Il capoluogo lombardo divenne

ben presto un polo all'avanguardia dell'Italia industriale

nel settore elettrico ed elettromeccanico, e sede dal 1884,

della prima società elettrica italiana, la Edison.

Con l'introduzione in Italia delle grandi società finanziarie

svizzere e tedesche, la presenza delle connazionali società

di produzione di apparecchiature elettromeccaniche in

quegli anni fu molto diffusa, divenendo l'AEG il maggiore

protagonista dell'avventura elettrica nel Mezzogiorno e

uno dei maggiori gruppi elettrotecnici mondiali.

Tra i promotori delle holding finanziarie c'era sempre un

grande costruttore elettromeccanico, con l'accordo tra le

parti, che le imprese elettriche controllate avrebbero

dovuto rifornirsi di materiali unicamente presso la casa

madre. Il fenomeno ebbe dimensioni europee, di cui l'Italia

fu però un terreno privilegiato di sperimentazione.

55


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

1 Stabilimento della Compagnia

Generale di Elettricità (CGE)

Le iniziative intraprese nel territorio salernitano, con la

costituzione di aziende elettriche di produzione e distribuzione,

come stava accadendo per l'intera nazione, vedono

tra gli entusiasti pionieri nel nuovo crescente settore:

imprenditori grandi e piccoli; lungimiranti e ragionevoli

sindaci, convinti sostenitori della nuova industria elettrica

capace di portare sviluppo economico e civile nei piccoli

paesi che rappresentavano; commercianti, aristocratici,

possidenti, tecnici e giovani ingegneri appena diplomati.

Alcune di queste aziende assunsero la veste giuridica di

società per azioni, di cui solo alcune destinate a sopravvivere

ai processi di concentrazione e fusione che sono

fisiologici nella fase di avvio di un nuovo settore industriale.

Siamo in un'area geografica periferica, un bacino di utenza

che per numero e concentrazione di abitanti, non attraeva

gli appetiti delle grandi società, impegnate nella realizzazione

di potenti impianti, che puntavano all'utilizzazione

dei corsi d'acqua con portate maggiori e soprattutto con la

possibilità di sfruttare salti più elevati e di realizzare

impianti a bacino con grandi serbatoi artificiali.

I corsi d'acqua minori, al contrario, oltre ad essere caratterizzati

da portate inferiori, soffrivano di lunghi e frequenti

periodi di secca durante i mesi estivi.

Le particolari caratteristiche idrogeologiche del territorio,

sebbene permettessero in alcuni casi applicazioni maggiori,

come lo sfruttamento idroelettrico dei fiumi Tusciano e

Tanagro della Società Meridionale di Elettricità SME, portavano

più di frequente alla diffusione di imprese e impianti

di piccole dimensioni, destinati per di più a non durare

molto nel tempo.

56


Il progetto e la realizzazione dell’impianto 1907-1914

È comunque l'inizio del Novecento, fino al primo conflitto

mondiale, il periodo di massima crescita sia per quanto

riguarda il numero delle società elettriche sia per quanto

riguarda la produzione.

Anni in cui si scatenò una vera e propria corsa per accaparrarsi

i diritti di derivazione sui numerosi corsi d'acqua

presenti sul territorio, e che videro impegnati gli ingegneri

delle società nella preparazione di studi, rilievi, livellazioni

e triangolazioni per portare a compimento precisi ed

efficienti progetti di sfruttamento idroelettrico. Nella

progettazione di un impianto idroelettrico tutto doveva

essere scientificamente misurato, calcolato in ogni dettaglio:

dalla topografia delle valli alla geologia dei monti,

dalla capacità di un torrente alla portata di un fiume.

Nel 1906 la SME affidava all'ingegnere milanese Angelo

Omodeo, uno dei più attivi progettisti di impianti idroelettrici

dell'epoca, l'incarico di eseguire uno studio razionale

e completo delle forze idrauliche in Italia meridionale ed

insulare, rivolto all'esame di nuove possibili derivazioni

idroelettriche a sud del Tusciano, al fine di integrare

l'energia fornita con questo impianto, i cui lavori iniziati

nel 1901 si erano conclusi quattro anni dopo.

È in questi anni di inizio secolo, contraddistinti da

un'impressionante sviluppo nel settore idroelettrico

dilagante in tutto il Regno, che a Vallo della Lucania, con

2 Impianto idroelettrico del

Tusciano della SME Centrale e

sottostazione

57


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

atto del 25 giugno 1910 del notaio Domenico Penza di

Casalvelino, fu costituita la Società Idro-Elettrica Lucana

SIEL, rappresentata dal cavaliere Armido Rubino in

qualità di presidente del consiglio di amministrazione.

Con il medesimo atto, omologato presso il tribunale a

dicembre dello stesso anno, la società diveniva cessionaria

di un'istanza prodotta il 14 luglio 1907 dagli ingegneri

Pietro Manzi e Guglielmo Pinto, intesa ad ottenere la

concessione di derivare dal fiume Calore, nel comune di

Felitto, un volume di acqua di 1300 litri al secondo.

Lo scopo era di realizzare in località Vallone Conca

un'officina idroelettrica per produzione di energia da

utilizzare nei paesi limitrofi, sia per l'illuminazione nelle

ore notturne sia per trazione e forza motrice durante il

giorno, al fine di animare i nascenti opifici industriali.

All'epoca furono le concessioni per l'illuminazione e il

trasporto pubblico, con l'apertura di un mercato di consumi

domestici grazie allo sviluppo delle lampade ad incandescenza,

a offrire inizialmente quelle prospettive di

remunerazione che motivarono i grandi investimenti

necessari alla costruzione degli impianti elettrici e delle

reti di trasmissione e distribuzione.

Difatti, tra i motivi che spinsero la Società Idro-Elettrica

Lucana a costruire l'impianto idroelettrico sul Calore, c'era

quello di realizzare un sistema di trasporto con l'utilizzo di

una tramvia elettrica, che avrebbe dovuto collegare Vallo

della Lucania con la stazione ferroviaria.

L'istanza inoltrata dai due ingegneri venne eseguita ai

sensi della legge n. 2644 del 10 agosto 1884 concernente le

derivazioni di acque pubbliche, e del successivo regolamento

del 1893. La norma stabiliva che per derivare acque

pubbliche, e alimentare con queste mulini ed altri opifici,

bisognava avere un titolo legittimo o ottenere la concessione

dal Governo, che per i corsi d'acqua pubblica minori

21

erano assentite dal Prefetto sentito il Genio Civile.

Fissava inoltre che gli atti di concessione contenessero

tutte le informazioni riguardanti la derivazione: quantità

d'acqua, tempo, modo, norme di costruzione e canone

21

Il Genio Civile trova le sue origini agli inizi del XIX secolo, durante il periodo

della dominazione napoleonica e si caratterizza come risposta tecnica a

esigenze territoriali di progettazione e gestione delle opere pubbliche: acque,

strade, ponti, edifici e proprietà erariali in genere. Nel periodo successivo

all'Unità d'Italia, il Genio Civile è posto alle dipendenze del Ministero dei

Lavori Pubblici, e di norma ha sede in ogni capoluogo di provincia, con

competenze sul territorio provinciale.Con il R.D. 2 marzo 1931 n. 287, veniva

58


Il progetto e la realizzazione dell’impianto 1907-1914

annuo. Le concessioni potevano durare al massimo 30

anni, ma terminato tale periodo, il concessionario aveva il

diritto di un ulteriore rinnovo trentennale se non fossero

insorti motivi di impedimento.

La derivazione, come da progetto allegato a firma

dell'ingegnere Roberto Guiscardo Pinto, fratello di

Guglielmo, doveva avvenire tramite un'opera di presa,

realizzata con uno sbarramento del fiume, costituito da

una traversa in muratura a monte della confluenza del

torrente Remolino.

La quantità di acqua da derivare era tale da dover garantire

il prelievo necessario al funzionamento sia del mulino di

proprietà comunale in località Rupe, la cui presa ricadeva

a valle dello sbarramento, sia del mulino Sansonetto di

proprietà degli eredi De Augustins, la cui presa ricadeva

anch'essa a valle della traversa.

A seguito dei nulla osta ottenuti, dalla Deputazione

Provinciale, dal Ministero dei Lavori Pubblici e dal

Ministero della Guerra, che tramite il Comando di Corpo

d'Armata territorialmente interessato si esprimeva in

merito alla difesa territoriale, con Decreto della Prefettura

di Salerno n. 1616 del 7 aprile 1909, la domanda di concessione

per la derivazione di acqua dal fiume Calore fu

ammessa in istruttoria, dichiarandone la pubblica utilità.

Depositati gli atti di progetto presso il comune di Felitto

senza che vi furono opposizioni, come da regolamento

fece seguito la visita di sopralluogo dell'Ufficio del Genio

Civile.

La completezza formale della domanda di derivazione,

condizione necessaria per essere ammessa in istruttoria,

non implicava tuttavia la sua automatica accettazione.

Dopo i requisiti formali si doveva verificare che non ci

fossero altre richieste concorrenti, ed a questo punto, si

poteva assegnare la priorità. A seconda dell'assetto legislativo

e delle sue modifiche nei vari momenti storici, la

priorità veniva assegnata sulla base di principi diversi.

stabilito, tra le altre cose, che in ogni sede provinciale ordinaria siano presenti

otto sezioni: servizio generale, derivazioni d'acqua e linee elettriche, opere

idrauliche, bonifiche, opere stradali, opere marittime, opere edilizie, opere e

servizi speciali dipendenti da pubbliche calamità.

Gli Uffici del Genio Civile, quale corpo tecnico dello stato con mansioni di

consulenza e controllo, provvedono alla revisione dei progetti di opere

riguardanti gli enti locali, collaudi di lavori eseguiti con mutui e sussidi dello

stato, istruttorie tecniche per concessioni di derivazioni di acque pubbliche,

sorveglianza di polizia fluviale, pratiche per espropriazione di pubblica utilità

e consulenza alle prefetture.

59


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

Nel periodo ”pioneristico”, che va dagli anni Novanta

dell'Ottocento al 1916, la priorità alle domande di derivazione

su un corso d'acqua veniva data rispettando la

cronologia di presentazione delle stesse.

Tuttavia i problemi che questa impostazione determinava,

si manifestarono molto presto, in quanto la semplice

precedenza temporale non garantiva in alcun modo il

migliore sfruttamento delle acque o la migliore proposta

progettuale.

Questo problema venne risolto definitivamente dal

Decreto n. 1644 del 20 novembre 1916, che stabiliva fra

l'altro la possibilità di dichiarare concorrenti domande

posteriori che presentavano uno speciale motivo di interesse

pubblico, preferendo fra più domande quella che

22

avanzava la migliore e più vasta utilizzazione idraulica.

Dopo una lunga istruttoria, sulla base del progetto definitivo

approvato dal Genio Civile con le modifiche da esso

suggerite, il Prefetto di Salerno con Decreto del 24 settembre

1912 concedeva alla Società Idro-Elettrica Lucana, concessionaria

dell'istanza originaria del 1907, la facoltà di

derivare dal fiume Calore presso Felitto, in contrada

23

Remolino, alla quota 184 metri s.l.m., 13 moduli di acqua

per la durata di 29 anni fino al 23 settembre 1941, per un

24

canone annuo determinato in 1944,78 lire.

La derivazione consentiva di produrre con un salto di

37,40 metri una potenza di 476,66 KW, da utilizzarsi per la

produzione di energia elettrica per luce e forza motrice da

distribuire in diversi centri.

La luce per l'illuminazione degli abitati di Vallo della

Lucania, Stio, Campora, Laurino, Piaggine, Felitto, Castel

San Lorenzo, Roccadaspide, Aquara, Bellosguardo,

Monteforte Cilento, Magliano Vetere, Albanella, Controne

e Postiglione, e la forza motrice per azionare la tramvia

dall'abitato di Vallo alla stazione ferroviaria di

Castelnuovo - Vallo scalo, nonché nelle ore diurne per le

22

Per la complessità della materia sulla disciplina delle acque, caratterizzata da

aspetti tecnici con rilevanti e complesse questioni giuridiche, la legge istituiva

il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, con sede a Roma.

23

In Italia il modulo è l'unità di misura dell'acqua corrente, e rappresenta un

corpo d'acqua che scorre nella costante quantità di cento litri al minuto

secondo e si divide in decimi, centesimi e millesimi.

24

La normativa introduceva per la prima volta una quantificazione del canone

annuo dovuto dai concessionari allo Stato: in particolare, per derivazioni a

scopo di forza motrice, il canone annuo era pari a 3 lire per ogni cavallo

dinamico nominale. La forza motrice andava calcolata come differenza di

livello tra i peli morti a monte e a valle del meccanismo motore.

60


Il progetto e la realizzazione dell’impianto 1907-1914

piccole industrie presenti nel Circondario, quali mulini,

cartiere, oleifici e segherie.

Questo era lo scopo iniziale della società, all'epoca della

domanda di derivazione, prima che sorgessero sul territorio

altre piccole imprese elettriche locali, riducendo di fatto

i paesi che aveva intenzione di servire, raggiunti semmai

in anticipo dalle linee elettriche delle imprese concorrenti.

Castel San Lorenzo, Roccadaspide e Laurino, furono i

paesi della valle del Calore ad avere l'energia elettrica

qualche anno prima di Felitto e degli altri paesi del

Circondario. A Vallo della Lucania il 19 dicembre 1911,

iniziò l'esercizio un piccolo impianto di produzione

termoelettrica a carbone e la distribuzione di energia ad

opera di un'altra società elettrica, la Società Anonima Lucana

25

d’Industrie Elettriche, SALIE.

A Castel San Lorenzo nel 1910 venne realizzata una piccola

centralina idroelettrica alimentata dal fiume Calore

dall'industriale Nicola Falcone, titolare della Banca

Commercio e Industria di Roccadaspide, collegata al Banco di

Napoli e alla Banca Commerciale Italiana, conosciuta come la

COMIT, che in quegli anni ha sostenuto la realizzazione

degli impianti della maggior parte delle imprese industriali

ed elettriche in Italia.

25

Della Società Anonima Lucana d’Industrie Elettriche ne parlerò in un successivo

capitolo.

3 La stazione ferroviaria di

Castelnuovo Vallo

61


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

4 L ' i n a u g u r a z i o n e d e l l a

centralina Falcone a Castel San

Lorenzo (l'ingegnere Raffaele

Migliacci al centro del gruppo di

sinistra, Nicola Falcone e il

sindaco Pasquale Rizzo nel

gruppo di centro)

5 Raffaele Migliacci

L'impianto venne realizzato con l'adattamento delle

strutture di un vecchio mulino appartenuto alla famiglia

dei Carafa, detto Molino del Principe, che utilizzava le acque

del fiume derivate con un canale in muratura lungo 850

metri dall’opera di presa, collocata sulla riva sinistra a

monte della confluenza con il fiume Fasanella. Il progetto

venne redatto dal giovane ingegnere elettrotecnico

Raffaele Migliacci di Felitto, pioniere e protagonista del

settore dell'industria elettrica nel territorio.

La turbina idraulica, collocata all'interno di una delle due

vasche di carico a pelo libero del mulino, opportunamente

ampliata e adattata allo scopo, era del tipo Francis in

camera libera ad asse orizzontale, collegata con un sistema

di cinghie e pulegge al generatore elettrico per la produzione

di energia. Il generatore era installato all'interno

della sala principale, anch'essa ampliata e completata con

la realizzazione di una nuova copertura. Su di un lato della

costruzione venne realizzato un torrino con la funzione di

cabina elettrica contente i trasformatori, caratterizzato

all'esterno da un doppio ordine di tre finestre soprapposte

di diversa dimensione, incorniciate con fasce in mattoni a

faccia vista. Dalle più piccole posizionate nella parte alta,

contenenti i supporti degli isolatori ceramici, partiva la

linea elettrica trifase sostenuta da pali in legno. Passando

per la via del cimitero, la linea trasferiva l'energia elettrica

a Castel San Lorenzo, raggiungendo una cabina sistemata

62


Il progetto e la realizzazione dell’impianto 1907-1914

all'interno della casa canonica adiacente la chiesa dei Santi

Cosma e Damiano, e con un'altra linea fino a

Roccadaspide, che all'epoca rappresentava il centro più

industrioso della bassa valle del Calore, insieme a Laurino

nella parte alta.

Nei due centri abitati, serviti dalla piccola centralina,

l'energia elettrica veniva distribuita alle utenze soltanto di

sera a partire dalle ore diciotto. L'addetto all'impianto era

il sig. Pasquale Pacifico che ogni giorno puntualmente si

recava alla centralina e dava la corrente alla linea.

Da quel piccolo paese del Circondario di Roccadaspide, il

cavaliere Pasquale Rizzo, sindaco attento ed impegnato

allo sviluppo socio-economico della propria terra, si

impegnerà per la realizzazione di una ferrovia a trazione

elettrica nella valle del Calore. Insieme all'industriale

Falcone partecipò personalmente all'avventura elettrica di

inizio secolo, quale socio fondatore e azionista della Società

Anonima Lucana d’Industrie Elettriche per l'illuminazione

della città di Vallo, e titolare di un'omonima impresa

elettrica per la distribuzione di energia ad Agropoli.

Della centralina di Castel San Lorenzo, nonostante le

approfondite ricerche di archivio, rimangono sconosciute

le ditte fornitrici delle apparecchiature elettromeccaniche

componenti il piccolo impianto idroelettrico. Ma non vi è

alcun dubbio che provenissero da Milano, che in quel

periodo divenne di fatto la capitale indiscussa del settore,

dove avevano sede sia le maggiori società elettriche,

controllate dai grandi gruppi stranieri, sia un notevole

numero di aziende medio-piccole operanti nell'industria

elettrica.

6 Castel San Lorenzo in una foto

del 1920

63


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

7 Roccadaspide, Corso XX

Settembre e Rione Perillo dal

Castello Giuliani, 1913

Per la realizzazione della rete di distribuzione, l'impresa

elettrica Falcone si avvalse della collaborazione di un

giovane elettrotecnico, Giovanni Giudice, inviato sul

posto da una ditta fornitrice di materiale elettrico.

La realizzazione di un nuovo impianto di distribuzione in

genere richiedeva molto tempo, dalla posa in opera dei

pali e delle mensole a muro muniti degli isolatori in ceramica,

alla messa in opera di chilometri di conduttori in

rame, e dei relativi allacci alle singole utenze domestiche e

della pubblica illuminazione con l'installazione dei corpi

stradali illuminanti, fino al collaudo dell'intero impianto.

Per questo motivo Giovanni, originario di Milano dove

nacque il 14 febbraio 1891, si trasferì per l'occasione qualche

anno a Roccadaspide. In quel soggiorno, il 31 maggio

1915, nacque Paolo il primo di sette figli, che insieme al

padre ebbe un ruolo fondamentale nell'attività della

Società Idro-Elettrica Lucana e nella distribuzione

dell'energia nel Circondario.

Nella valle del Calore, come in altre piccole aree geografiche,

almeno per il momento lontana dagli interessi delle

società maggiori, si insediarono ed iniziarono ad operare

piccole imprese, che trovarono la propria sede di produzione

proprio nei vecchi mulini ad acqua.

Questo avveniva per tre ordini di motivi: in primo luogo

per ragioni di struttura architettonica; il mulino infatti era

già dotato di opere per la derivazione e di restituzione, le

64


Il progetto e la realizzazione dell’impianto 1907-1914

quali con piccoli aggiustamenti potevano essere adattate

all'installazione di un piccolo impianto idroelettrico.

In secondo luogo, i proprietari di un mulino erano già

depositari di una concessione di derivazione, e pertanto li

poneva al riparo da lente e macchinose procedure burocratiche

indispensabili per ottenere ex novo tali concessioni.

Come già visto in precedenza, la prima disciplina organica

riguardante l'uso e la derivazione di acque pubbliche era la

legge n. 2644 del 1884, che introdusse il concetto di temporaneità,

dando la facoltà di utilizzare l'acqua pubblica per

un periodo non superiore a trent'anni, “a condizione che

paghino il relativo canone coloro che hanno utilizzato le acque

nel trentennio 1854-1884, potendone dare dimostrazione certa”.

Insomma, da una parte venne riconosciuto una sorta di

diritto antico, per cui chi aveva usato acqua pubblica per un

certo periodo, ne poteva di fatto disporre chiedendone il

semplice riconoscimento Domanda di riconoscimento per

antico uso.

Infine la struttura mulino ha da sempre goduto di un

rapporto privilegiato con le comunità vicine, collocandolo

in primo piano nell'erogazione del servizio elettrico.

Nonostante ciò, non sono soltanto positivi gli aspetti del

ruolo propulsivo avuto dalla struttura del mulino, ma

sopratutto negativi, come l'avere in sé già tutte le opere per

la derivazione, in molti casi esercitò un ruolo deprimente

sugli sviluppi futuri, che spesso si limitarono

all'installazione di turbine e alternatori più potenti, o

maggiormente al loro abbandono per la limitata e incostante

produzione di energia.

La centralina di Castel San Lorenzo difatti funzionò fino al

1929, quando, chiusa definitivamente per la scarsità di

produzione, venne riutilizzata per impiantarvi nuovamente

un mulino a doppio palmento, macinando fino al

26

1950.

Nel frattempo in paese era già arrivata la distribuzione di

un'altra impresa elettro-commerciale, la Società Salernitana

di Elettricità con la presidenza del cavaliere Raffaele

Marotta di Laurino, nata agli inizi degli anni Venti per

distribuire l'energia ad Albanella, Altavilla Silentina,

Paestum, Castel San Lorenzo e Roccadaspide.

Ed è proprio a Laurino che il cavaliere Marotta, proprietario

terriero con possedimenti oltre che in paese, nel Vallo

26

Il mulino, abbandonato da molti anni, con un finanziamento regionale è stato

acquistato e restaurato dal comune di Castel San Lorenzo nel 2005.

65


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

8 Ruderi della centralina

Molinelle lungo il fiume Calore a

valle di Laurino

di Diano, a Vallo della Lucania e a Castellabate, imprenditore

locale affascinato dall'industria e dalla finanza e

dall'impegno amministrativo, vedendolo sindaco del

piccolo centro nel 1956, affrontava da autentico giovane

pioniere questa straordinaria avventura elettrica di inizio

secolo. Nel 1912 realizzò una piccola centralina idroelettrica

della potenza di 60 kW detta Molinelle, con

l'adattamento di un vecchio mulino alimentato anch'esso

dalle acque del fiume Calore, opportunamente derivate

con uno sbarramento detto della “Palata ri coppa”, così

chiamato perché posizionato a monte di un altro sbarramento,

realizzato in prossimità del vecchio ponte in pietra

a schiena d'asino a valle del paese. Da qui veniva derivata

l'acqua necessaria per alimentare un secondo mulino

ubicato sulla sponda sinistra del fiume.

L'impianto, ubicato alla fine della profonda gola, stretta fra

il paese e il Monte della Guardia, utilizzava una portata

d'acqua di 700 litri al secondo con un salto di 7,50 metri.

9 Raffaele Marotta sulla Stimula-

De La Chapelle 1908, una

quattro cilindri prodotta a Saint

Chamond

10 Panorama di Laurino, 1919

66


Il progetto e la realizzazione dell’impianto 1907-1914

Era dotato di due turbine Francis orizzontali in camera

libera, da 50 HP e 250 giri al minuto, con regolatori automatici

di velocità, accoppiate con cinghie di trasmissione

agli alternatori da 35 kVA della Brown Boveri & Co, azienda

fornitrice anche dei trasformatori. I due gruppi idraulici

erano affiancati da un motore sussidiario ad olio pesante,

modello Advance, della potenza di 46 HP, controllati con

un quadro di manovra provvisto di strumenti di misura

della C.G.S.

La piccola centralina di Marotta produsse l'energia elettrica

per l'abitato di Laurino, che sul concludersi di un'epoca,

in un luogo lontanissimo dalla oramai decadente vivacità

della Belle Epoque, l'anno successivo si illuminò, sostituendo

lentamente le vecchie luci della ribalta del piccolo teatro

con i riflettori montati in sala.

Certo un'immagine vaga e deprimente della Ville Lumiere,

soltanto poche e deboli lampade sulle strade e sui vicoli

pubblici, a volte spente o intermittenti per sbalzi e interruzioni

di corrente, ma possiamo immaginare l'emozione di

quei semplici ed umili abitanti nel vedere il loro paese

illuminato ogni sera, dopo secoli di buio a stento schiarito

da qualche candela e poche lanterne.

Nel 1913 fu dunque stipulato un contratto trentennale tra il

Comune e la ditta del cavaliere. Due anni dopo, il primo

febbraio 1915, venne inaugurata la Banca di Salerno

nell'elegante sede di via Largo Procida, nello stesso palazzo

dov'era la Banca d'Italia e la Regia Delegazione del

Tesoro. Alla presidenza del nuovo Istituto di Credito, nato

per sostenere l'industria e il commercio di Salerno, compa-

27

riva il cavaliere Giuseppe Matarazzo , e tra i membri del

consiglio di amministrazione il cavaliere Marotta che

aveva sposato Ida, la figlia del presidente.

In un articolo pubblicato a Vallo della Lucania il giorno

successivo all'inaugurazione del novello ente finanziario,

si scorreva l'elenco dei componenti del primo consiglio

direttivo, dove il cavaliere fu definito “intelligente attivo

gentiluomo del Circondario di Vallo, che invece di oziare approfittando

del largo suo censo ha arricchito il nativo Mandamento

di Laurino di un'importantissima officina d'Energia Elettrica,

che è un vero progresso e fecondo sviluppo di civiltà e di nuovi

benefici commerci in quel simpatico lembo del patriottico

Cilento”.

11 Amperometro da quadro

della C.G:S.

12 Giuseppe Matarazzo

27

Giuseppe era il fratello minore del Conte Francesco Matarazzo che trasferitosi

in Brasile fondò uno dei gruppi industriali più importanti del Mondo.

67


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

Sfruttando l'energia prodotta con il suo piccolo impianto,

installò a Laurino un moderno mulino elettrico che macinava

e selezionava automaticamente, separando la crusca

dalla farina, e un frantoio con silos in acciaio per il filtraggio

e la conservazione dell'olio, che occupava gli spazi del

refettorio del Convento di Sant'Antonio di sua proprietà.

Al 1919 la ditta elettrica Marotta forniva la forza elettromotrice

ad un secondo mulino a Laurino in località San Vito, e

ad altri due situati a Valle dell'Angelo e nel comune di

Piaggine.

Come in tutti gli altri piccoli centri abitati, l'arrivo

dell'elettricità con il suo crescente diffondersi, cambiò

sostanzialmente i ritmi di vita di intere generazioni.

Per la prima volta per quel territorio non solo la notte

diventava vivibile, con l'illuminazione pubblica delle

strade e delle piazze e delle singole dimore private, che

comunque per molti anni restò un privilegio solo delle

famiglie più agiate, ma divenne potenzialmente produttivo

con la realizzazione dei primi opifici industriali azionati

da motori elettrici; mulini, frantoi, segherie, panifici,

officine meccaniche, ecc.

L'ambiente umano si popolava di tecnologie fino ad allora

sconosciute: prese, cavi, interruttori, limitatori di corrente

e motori elettrici.

Nuove periodicità, come il pagamento della bolletta della

luce, ai primi tempi con il sistema a forfait e poi alcuni anni

dopo con la lettura del contatore, scandivano le mensilità

degli utenti.

Le linee elettriche sostenute dai pali in legno e da qualche

traliccio metallico disseminato nelle valli, sulle pendici e

13 L'oleificio nei locali del

refettorio nel Convento di

San'Antonio a Laurino

68


Il progetto e la realizzazione dell’impianto 1907-1914

sulle rocce delle montagne, portavano l'energia nei vari

paesi del Circondario, manifestando sempre più la crescente

presenza dell'artificiale nel naturale, in un'area

oramai proiettata verso un lento ma inevitabile progresso

tecnologico.

Nei primi decenni del secolo scorso il processo di elettrificazione

aveva vistosamente trasformato il paesaggio

nazionale, tanto che all'epoca, l'Associazione fra esercenti

imprese elettriche scriveva: “Gli italiani si imbattono per ogni

dove in linee che percorrono e attraversano le campagne, strade e

fiumi, incontrano nelle valli tubi che si inerpicano per le montagne,

ammirano nuovi edifici cui manca il caratteristico camino”.

Erano, questi ultimi, le centrali idroelettriche, che costituivano

tuttavia soltanto la parte architettonicamente più

esibita e caratterizzata di una serie impegnativa di lavori e

di complessi interventi tecnologici.

14 La prima illuminazione

pubblica con lampade elettriche

nel centro di Laurino

15 Pubblicità lampade elettiche

A.E.G.-Thomson Houston, 1913

69


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

A Felitto, la Società Idro-Elettrica Lucana, a seguito della

concessione assentita dal Prefetto di Salerno del 1912,

diede inizio ai lavori per la costruzione dell'impianto

idroelettrico e delle relative opere di derivazione. Come

stabilito dal regolamento la concessione era subordinata

ad un disciplinare, che insieme alla relazione e ai disegni

tecnici di progetto, costituiva parte integrante del decreto.

Il disciplinare, accettato e sottoscritto dalla società l'undici

settembre dello stesso anno, conteneva tutte le norme,

condizioni e disposizioni a cui era legata la concessione e

che il concessionario si obbligava ad osservare: quantità ed

uso dell'acqua da derivare, luogo e modalità di presa e di

restituzione delle acque con descrizione delle opere,

durata della concessione e relativo canone, termini per il

completamento dei lavori, collaudo, condizioni e obblighi

del concessionario.

Come stabilito nel regolamento la società, pena la decadenza

della concessione, doveva iniziare i lavori entro

diciotto mesi dalla data del decreto ed ultimarli entro altri

diciotto.

L'inizio dei lavori doveva essere comunicato all'Ufficio del

Genio Civile affinché potesse sorvegliare l'andamento,

avendo la facoltà di sospenderli nel caso in cui non fossero

state osservate le condizioni. Successivamente doveva

essere comunicata anche la data di fine lavori all'ingegnere

capo dell'Ufficio, il quale, dopo una visita ispettiva ad

impianto ultimato, poteva redigere il certificato di collaudo.

A tal punto a seguito alla prescritta comunicazione, dopo il

notevole tempo trascorso per l'ottenimento della concessione,

ebbero inizio i lavori per la costruzione della centrale

e delle opere di derivazione.

La legge del 1884 sulle derivazioni di acque pubbliche era

disegnata su un panorama produttivo dominato largamente

dalle utilizzazioni agricole, non stupisce quindi che

la pratica per la definizione della concessione idroelettrica

trascinò per diversi anni l'iter burocratico iniziato nel 1907,

nonostante il dovuto sollecito da parte di qualche illustre

deputato e consigliere provinciale, oltre al particolare

riguardo per il progetto direttamente da parte

dell'ingegnere capo dell'Ufficio Tecnico Provinciale.

Di particolare interesse è il terzo articolo del disciplinare,

dove sono dettagliatamente descritte le caratteristiche

tecniche e dimensionali di tutte le opere da realizzare,

70


Il progetto e la realizzazione dell’impianto 1907-1914

integrate dalle modifiche suggerite dall'Ufficio del Genio

Civile di Salerno con la nota del 12 giugno 1912:

“Art. III° La presa sarà effettuata a mezzo di una traversa stabile

in muratura impiantata normalmente all'alveo di cui si occuperà

l'intera larghezza e sul quale si eleverà non oltre metri 3,00; avrà

la soglia di larghezza non inferiore a metri 1,50, la scarpa a monte

con base non inferiore ad un mezzo dell'altezza, e la scarpa a valle

con la base non inferiore a tre volte l'altezza; in sinistra ed a

monte di detta traversa s'inizierà il canale moderatore che si

svolgerà sulla stessa costa del Calore per una lunghezza non

inferiore a metri 50,00 e con sezione possibilmente maggiore del

susseguente canale derivatore, ma con pendenza uguale o

minore.

Sarà provveduto di uno scaricatore di fondo e di uno sfioratore di

superficie avente lunghezza non inferiore a m. 15,00 con soglia a

livello di immissione. L'edificio derivatore in cui termina il

predetto canale moderatore avrà sezione rettangolare di m. 2 di

larghezza ed altezza tale da non permettere il passaggio ad una

quantità di acqua maggiore di quella chiesta in derivazione.

Avrà soglia e stipiti in pietra da taglio, sarà provvisto di saracinesca

in ferro o in legno, manovrabile da apposito praticabile. La

soglia sarà alquanto elevata sul fondo del moderatore. Al detto

edificio farà seguito il canale derivatore di m. 2,00 di larghezza a

pareti verticali, tutto a cielo aperto e sarà adeguatamente rivestito

nei punti che dessero luogo ad infiltrazioni e munito anche

esso di uno sfioratore di superficie di lunghezza non minore di m.

10. All'estremo del canale derivatore verrà costruita la vasca di

carico dalla quale mediante conduttura forzata in metallo,

l'acqua sarà convogliata alla centrale idro-elettrica, donde mercé

apposito canale di scarico sarà restituita al fiume Calore.

La centrale dovrà essere costruita in muratura come in muratura

dovrà essere rivestito il canale di scarico, salvo che non fosse

scavato in roccia. La conduttura forzata in metallo dovrà resistere

ad una pressione di prova superiore almeno di cinque atmosfere

a quella di esercizio.”

L'organizzazione dei lavori, diretti dall'ing. Pietro Manzi,

fu veramente ammirevole. Eseguiti grazie al duro lavoro

di numerose maestranze, manovali, muratori, carpentieri,

nel pieno rispetto del progetto allegato al disciplinare,

durarono poco più di due anni, superando con abilità i

numerosi problemi tecnici e costruttivi che inevitabilmente

una mirabile opera comportava; un capolavoro di

ingegneria realizzato sul territorio, paragonabile soltanto

agli impianti idroelettrici delle maggiori società

dell'epoca.

71


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

16 Felitto inizi Novecento

Tra le difficoltà incontrate durante i lavori, ci fu quella

relativa alle vie di comunicazione per il trasporto dei

materiali e delle attrezzature da cantiere; per la centrale,

ubicata in prossimità della strada rotabile, il più grande

inconveniente fu la movimentazione dei pesanti tubi in

lamiera d'acciaio per la condotta forzata e delle apparecchiature

elettromeccaniche.

Ma la maggiore complicazione fu la realizzazione del

lunghissimo canale di derivazione in muratura che percorreva

l'intera gola del corso d'acqua, dallo sbarramento a

Remolino fino alla camera di carico, avanzando per più di

due chilometri lungo il versante della montagna fortemente

accidentato, con lunghi tratti a strapiombo sul letto del

fiume che scorreva incassato fra alte sponde rocciose, in

una vegetazione fitta ed impenetrabile.

Operai avanzavano dentro la gola per la realizzazione del

canale, eseguendo il taglio delle sponde rocciose a picco

sul fiume, altri erano impegnati nella esecuzione della

struttura monolitica in muratura della traversa di sbarramento

a Remolino, mentre in località Casale i maestri

muratori costruivano il fabbricato della centrale. La realizzazione

dell'impianto venne agevolata dalla presenza sul

posto di abbondante e ottima pietra da costruzione e da

calce, nonché della sabbia, oltre la possibilità di rifornirsi

facilmente d'acqua per la vicinanza del fiume.

In prossimità dell'inizio del canale derivatore, e alla fine

della gola, rispettivamente sulla sinistra e sulla destra

orografica del fiume, sono presenti due vecchie fornaci in

pietra per la produzione della calce.

72


Il progetto e la realizzazione dell’impianto 1907-1914

Tra le aziende fornitrici delle apparecchiature meccaniche

ed elettriche impiegate per la realizzazione dell'impianto

si annoverano: per la fornitura e l'installazione delle parti

elettriche e il gruppo turbo-generatore, composto da una

turbina Francis e da un alternatore ad otto poli di 251 kVA

di potenza a 750 giri al minuto, l'azienda ungherese Ganz &

Co., distribuita dalla Società Italiana di Elettricità; per i

meccanismi di manovra del gruppo, la ditta veneta

28

dell'Ing. Silvio De Pretto & C. ; per la fornitura degli strumenti

di misura elettrici, installati dopo la nazionalizzazione

dall'Enel per un ammodernamento al quadro elettri-

29

co di comando, la IME Istrumenti Misure Elettriche.

Degli originari strumenti di misura installati non vi è

rimasta nessuna traccia, pertanto rimane incerta

l'originaria fornitura. L'ipotesi più attendibile è che fossero

30

della C.G.S. , che nel periodo pionieristico ha equipaggiato

con i suoi strumenti la maggior parte dei quadri di

comando degli impianti di produzione, tra cui quello

installato nella centralina di Marotta a Laurino.

Dopo gli articolati lavori per la costruzione delle opere

civili ed idrauliche, e per l'installazione delle apparecchiature

elettromeccaniche e delle parti elettriche, l'impianto

venne inaugurato a dicembre 1914.

In quello stesso periodo a Castel San Lorenzo per iniziativa

dell'attivo sindaco del paese, l'avvocato Giovanni Salerno,

funzionario del Ministero delle Finanze, fu impiantato il

Panificio Salerno, il primo panificio della Valle del Calore

con un forno elettrico a vapore, detto Vapoforno, alimentato

con l'energia della centralina di Falcone, il cui bianco pane

“splendidamente” cotto si mangiava a Roccadaspide,

Felitto, Albanella e nell'intera Valle.

I fratelli Giuseppe e Luigi Salerno, titolari di una ditta di

appalti, si dedicavano costantemente allo sviluppo e al

progresso della Valle, ideando una ditta di trasporti

pubblici quando l'industria automobilistica era ancora ai

17 Manifesto pubblicitario della

C.G.S.

18 Sezione trasversale di una

turbina Francis Ganz & Comp.

28

La ditta fu fondata nel 1885 dall'ingegnere Silvio De Pretto con stabilimento a

Schio in provincia di Vicenza, per la progettazione e fornitura di impianti per

la produzione di energia elettrica, idraulica e termica. Nel 1920 si fonde con la

svizzera Escher Wyss specializzata nella produzione di turbine idrauliche,

assumendo la denominazione di De Pretto-Escher Wyss.

29

La società IME è stata fondata a Milano nel 1946 iniziando la produzione di

strumenti di misura ad indice per grandezze elettriche alternate e continue.

30

La C.G.S. Società Anonima per Istrumenti Elettrici (C.G.S. acronimo di

Centimetro-Grammo-Secondo) fondata ad Ivrea nel 1896 da Camillo Olivetti, e

trasferita poi a Milano dal 1904, era un'azienda elettromeccanica per la

realizzazione di strumenti elettrici di misura.

73


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

19 L'autobus FIAT 15 lungo la

strada per Laurino in località

Scaraviello

suoi primi passi, sorta fra numerose diffidenze e ostilità.

Ma con sguardo sicuro in quel non lontano avvenire

impiantarono un'importante linea automobilistica della

lunghezza di oltre 50 km, che dalla stazione di Albanella,

passando per l'omonimo centro abitato, proseguiva per

Roccadaspide, Castel San Lorenzo, Felitto, Laurino,

Piaggine, fino a Sacco.

L'ingegnere Lattanzi, direttore della Sezione Servizi

Automobilistici Italiani presso il Ministero dei Lavori

Pubblici, si esprimeva affermando che il migliore di questi

servizi era proprio quello gestito dalla Ditta Salerno, per

correttezza, serietà e precisione.

Il servizio era assicurato da un autobus FIAT 15 ter, prodotto

dal 1912 al 1920 ed in servizio fino agli anni

Quaranta, dotato di un motore quattro cilindri in linea di

3

4398 cm , con potenza di 40 Cv a 1800 giri al minuto che

raggiungeva una velocità massima di 40 km orari.

20 In sosta a Laurino di fronte la

farmacia del Cav. Salvatore

Durante

21 (A lato) Carcassa statore

appartenente all’alternatore

fornito dal Tecnomasio Italiano

Brown Boveri alla Società Idro-

Elettrica Lucana per l’impianto

di Felitto

74



22 Volantino a vite della paratoia

in corrispondenza dell’opera di

presa in località Remolino a

Felitto


Capitolo V

Dalle origini alla costituzione della società

1884-1907

1. L’elettrificazione delle ferrovie: la ferrovia elettrica del Cilento e della Valle

del Calore

La storia di una società elettrica, o meglio di una qualsiasi

azienda innovatrice, è sempre soprattutto una storia di

uomini, di imprenditori pionieri che con le loro rette

decisioni e lungimiranti scelte, sono stati capaci di trasmettere

svolte radicali allo sviluppo della propria azienda e

innanzitutto a quello di un'intera comunità locale, specialmente

in un'area geografica caratterizzata da una diffusa

arretratezza e da un secolare isolamento come si presentava

allora il territorio interno del Cilento.

Oggi a distanza di un secolo, ecco che la vecchia centrale

idroelettrica di Felitto, abbandonata oramai da oltre

quarant'anni e ridotta ad un romantico reperto di archeologia

industriale appena distinguibile tra la folta vegetazione,

si innalza a simbolo dell'innovazione tecnologica di

inizio Novecento, rimanendo a testimoniare lo sforzo

coerente di questi uomini, che con tenacia e coraggio

realizzarono questo capolavoro d'ingegneria, costruito

come si dice a “regola d'arte”, come richiesto dai buoni

manuali dell'epoca.

Il suo mostrarsi lascia perplessi, non è un tradizionale

fabbricato rurale, non ti aspetti di trovare in quel posto, a

pochi metri dalla riva del fiume a ridosso del ripido versante

montuoso, un fabbricato che ti richiama alla memoria

qualche vecchio opificio industriale, non si capisce

subito cosa c'è al suo interno, si intuisce comunque con

meraviglia che lì una volta c'era il segreto del progresso.

Ma in definitiva chi furono questi uomini, che al di là delle

ideologie politiche, dello status sociale e dei partiti di

appartenenza, divisi tra democratici, progressisti e conser-

77


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

vatori, massoni antifascisti e simpatizzanti di regime, le

loro azioni hanno rappresentato per la nostra storia un

ottimo esempio di buona volontà di fare le cose; la tensione

verso la professionalità, lo sforzo costante per il progresso,

il desiderio della rinascita e del cambiamento, soprattutto

nei confronti della gestione del potere e della mentalità

degli amministratori e dirigenti locali, spesso non aperti

allo sviluppo e che mantennero questa terra per secoli in

uno stato di totale arretratezza.

La situazione amministrativa dell'epoca è ben raffigurata

da una relazione del sottoprefetto di Vallo della Lucania

inviata al Prefetto di Salerno il 14 gennaio 1888, in cui

lamentava l'assenza totale di qualsiasi tipo di iniziativa per

migliorare le condizioni morali e materiali dell'abitato, la

cui causa principale era da attribuire allo scarso sviluppo

delle idee da parte delle rappresentanze comunali, abituate

ad agire e a vivere così come si era sempre fatto, senza

tener in debito conto i numerosi bisogni sorti dalle mutate

condizioni economiche e dai principi della scienza, come

promuovere la viabilità pubblica, tutelare la pubblica

salute, portare l'acqua potabile, assicurare convenientemente

il servizio cimiteriale, ecc.

L'arrivo dell'acqua nei paesi, come successivamente per

l'illuminazione, rappresentava un evento importante, un

cambiamento d'epoca, una vera e propria festa, tanto che

al momento di inaugurare la fontana pubblica le autorità e

l'intera popolazione si riversava in strada per i festeggiamenti.

Siamo a cavallo tra Ottocento e Novecento, quando le

innovazioni tecnologiche e le scoperte scientifiche legate

all'elettricità, con la definitiva affermazione delle potenzialità

e della praticabilità della sua trasmissione a distanza

mediante fili, incrementarono a dismisura gli studi e i

progetti finalizzati principalmente alla produzione di

energia e al suo utilizzo, ed in particolare per

l'elettrificazione delle ferrovie e tramvie. In una società

ancora del tutto priva di automobili, il treno era l'unico

mezzo di trasporto meccanico e risultava abbastanza

naturale vederlo come portatore di sviluppo e come

legame indispensabile con la civiltà del proprio tempo.

Dove non arrivavano rotaie, le persone e le merci nella

migliore delle ipotesi erano costrette a spostarsi con

esasperata lentezza a bordo dei carri trainati da animali, o

direttamente sul dorso di un asino, o addirittura a piedi,

78


L’elettrificazione delle ferrovie: la ferrovia del Cilento e della Valle del Calore

mostrandosi questi mezzi del tutto inadeguati in un

mondo in cui il nuovo era rappresentato appunto dalle

ferrovie.

In quel periodo si moltiplicavano i progetti per le cosiddette

ferrovie economiche a trazione elettrica a scartamento

ridotto, cioè con un binario più stretto che consentiva raggi

di curvatura meno ampi e pendenze più elevate limitando

la necessità di costose opere d'arte come ponti e gallerie,

potendo raggiungere facilmente regioni montuose come

quelle del meridione, e su cui transitassero solo convogli

misti merci e viaggiatori.

È di marzo 1901 un interessante progetto inedito,

dell'ingegnere napoletano Enrico Blanco, per una ferrovia

economica a trazione elettrica nel Cilento, che prevedeva

la costruzione di una linea in sede propria a scartamento

ridotto di un metro, Agropoli - Casalicchio - Vallo - Laurino -

Ponte Sele, unendo in tal modo tutti quei paesi interni

rimasti in “deplorevole abbandono”.

La ferrovia, lunga 127 km e divisa in due tratti con sedici

stazioni, si sarebbe dovuta diramare dalla stazione ferroviaria

di Agropoli per raggiungere Castellabate e seguendo

il litorale, continuare fino alle marine di Agnone,

Acciaroli, Pioppi e Casalvelino, ritornando poi all'interno

per la valle dell'Alento, raggiungere la stazione di Vallo, e

per il secondo tratto, procedendo per Cannalonga,

Campora e Laurino doveva immettersi nella valle del

Calore, unendo Felitto, Castel San Lorenzo, Aquara,

Castelcivita, Controne, per raggiungere infine la stazione

ferroviaria di Ponte Sele.

Secondo le ultime cognizioni tecniche dell'epoca nel

settore della trazione elettrica ferroviaria, era previsto il

sistema a corrente alternata trifase ad alta tensione di 8.000

Volt, che abbassata a 1.500 Volt mediante delle stazioni di

trasformazione, veniva immessa nella linea aerea in

doppio filo per alimentare i motori trifase a campo rotante

sulle vetture e carri automotrici, previsti per il servizio

viaggiatori e treni merci. La trazione elettrica delle automotrici

che dovevano essere impegnate per il servizio di

linea sulla ferrovia, poteva essere assicurata da due considerevoli

cadute d'acqua, con salto di venti metri, determinate:

per il primo tratto da Agropoli a Vallo, dal fiume

Alento con una derivazione presso la località detta la

Pantana; per il secondo tratto, da Vallo a Ponte Sele, dal

fiume Calore con una derivazione presso Castelcivita.

1 Relazione di progetto dell’ing.

Blanco per la ferrovia economica

a trazione elettrica del Cilento

79


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

2 Stazione di Battipaglia

3 Stazione di Agropoli con una

locomotiva del gruppo 200 che le

Ferrovie dello Stato acquisirono,

dopo il 1906, dalla Società per le

Strade Ferrate Meridionali

Le due derivazioni dovevano alimentare le officine elettriche

dotate di turbine a reazione con asse orizzontale

direttamente accoppiate agli alternatori trifase.

La realizzazione di questa nuova linea permetteva dunque

di collegare le parti interne del Cilento con i tratti locali

delle linee principali della Società per le Strade Ferrate del

Mediterraneo, conosciute come Ferrovie Meridionali; la

Battipaglia-Vallo-Sapri, che arrivò ad Agropoli nel 1884 e

31

quattro anni dopo a Vallo della Lucania , e la Eboli-Potenza

con la diramazione da Sicignano per Lagonegro, raggiunto

nel 1892.

Le due linee costruite a semplice binario e a trazione a

vapore, insieme all'intera rete ferroviaria del Regno, con la

nazionalizzazione delle ferrovie nel 1905, passarono alla

gestione diretta dello Stato.

Della costruzione di queste linee ferroviarie se ne parlava

in Parlamento già dal 1861, quando in un acceso dibattito,

che vide ardenti scontri tra le deputazioni lucana e campana,

si discuteva sulle due soluzioni proposte.

La prima prevedeva un itinerario da Eboli attraverso il

Cilento e Vallo della Lucania fino a Sapri, la seconda un

itinerario interno più breve attraverso il Vallo di Diano,

raggiungendo Castrocucco, a sud di Maratea, attraverso la

valle del fiume Noce che sfocia nel golfo di Policastro.

31

La linea ferroviaria Battipaglia-Reggio, conosciuta come linea Tirrenica,

divenne presto uno degli assi portanti del traffico ferroviario Nord-Sud per

merci e viaggiatori, anche in seguito al servizio di traghettamento attraverso lo

stretto di Messina. La linea venne elettrificata negli anni Trenta a 3.000 volt a

corrente continua, e nel dopoguerra venne avviato il progetto di raddoppio

del binario.

80


L’elettrificazione delle ferrovie: la ferrovia del Cilento e della Valle del Calore

La scelta non fu affatto semplice, e con la legge Baccarini

del 1879, sulla costruzione di nuove linee di completamento

della rete ferroviaria del Regno, vista la riconosciuta

importanza delle due linee, vennero scelte entrambe, e

inserite tra le ferrovie da costruire a totale carico dello

Stato: il tracciato litoraneo e quello interno per il Vallo di

Diano.

La legge divideva le ferrovie da realizzare in quattro

categorie: nella prima rientravano quelle a carico dello

Stato; nella seconda quelle costruite dallo Stato con la

partecipazione obbligatoria delle province interessate, tra

cui la linea Benevento-Avellino e la Taranto-Brindisi; nella

terza con il contributo del venti per cento delle spese di

costruzione e di armamento, tra cui la Salerno-San

Severino; nella quarta rientrava la costruzione di 1530

chilometri di ferrovie secondarie, non individuate a priori

dalla legge, purché le province e i comuni interessati ne

provassero l'utilità e si impegnassero a pagare quattro

decimi del costo di realizzazione. La legge dunque, senza

particolari impegni, dava speranza ai vari deputati locali

interessati a far inserire le loro ferrovie, basando spesso le

proprie campagne elettorali sulla promessa

dell'ottenimento dei fondi e della successiva realizzazione.

Con tale provvedimento presero il via la progettazione e la

costruzione di centinaia di chilometri di nuove ferrovie

per lo più destinate a congiungere i centri medio-piccoli

della penisola, fino ad allora rimasti ai margini

delle grandi direttrici.

Nelle discussioni parlamentari per il completamento

della rete ferroviaria, che portarono

all'approvazione della legge, il senatore Pasquale

Atenolfi, originario di Cava dei Tirreni, rappresentò

una figura determinante per l'inserimento

dei tratti di collegamento tra la linea Reggio-

Paola-Castrocucco alla linea Eboli-Romagnano

per le valli del Noce e di Diano, e tra Castrocucco

alla linea Eboli-Salerno per il Cilento. Il tracciato

passava infatti per Castelnuovo e le sue proprietà

della Pantana, congiungendosi verso nord,

direttamente con Salerno, Cava dei Tirreni,

Napoli e quindi Roma, dove abitualmente

soggiornava. Sindaco in quegli anni a Cava dei

Tirreni, nel 1871 venne nominato senatore nel

collegio di Vallo della Lucania.

4 Stazione di Avellino

5 Stazione di Benevento

6 Pasquale Atenolfi

81


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

7 Agostino Magliani

Con Regio Rescritto del 15 febbraio 1841 gli venne concesso

il titolo di Marchese di Castelnuovo Cilento, dove

possedeva oltre all'antico castello, un'estesa proprietà a

Vallo Scalo detta la Pantana, tra la via provinciale per

Rutino e il fiume Alento. In quella fascia, tra la tenuta, dove

possedeva una masseria con un'elegante villa, e la foce del

fiume, c'era un'ampia zona paludosa che aveva cominciato

a bonificare con la realizzazione di canali di scolo per

l'incanalamento delle acque. Per l'utilizzo di macchine e

tecniche moderne di coltivazione risultava

all'avanguardia rispetto al resto del Circondario, uno dei

più arretrati della provincia. In quella villa il geologo De

Giorgi ebbe la fortuna d'incontrare il marchese, che di

solito risiedeva a Napoli o a Roma per i suoi impegni in

Parlamento, restando colpito dalla sua cortesia.

Le opere di bonifica della Pantana con i tubi di drenaggio e

i perfezionati attrezzi agrari furono molto apprezzati

anche dall'ingegnere Angelo Raffaele Passaro di Vallo,

presidente del locale Comizio Agrario, che nel 1881 venne

incaricato di redigere uno studio sulle condizioni della

classe agricola nel Circondario, per l'inchiesta agraria

promossa dal governo, ed affidata a una commissione

parlamentare presieduta dal senatore Stefano Jacini. In

qualità di Ministro dei Lavori Pubblici, ebbe grandi meriti

nel settore delle ferrovie, con l'approvazione della legge

del 1865 che unificava il sistema ferroviario e riordinava il

servizio postale e telegrafico.

Nel pieno dibattito politico per la scelta del

tracciato ferroviario, interno o litoraneo, fra i

vari esponenti politici salernitani, qualcuno

spingeva per la realizzazione di un tracciato

intermedio che avrebbe dovuto attraversare

le valli del Calore e dell'Alento, sostenuto

ardentemente in parlamento anche dal

Presidente del Consiglio provinciale

l'avvocato Francesco Alario, originario di

Moio della Civitella. Procuratore del Re a

Vallo della Lucania e deputato eletto nel

collegio di Capaccio, quando al Governo era

Ministro delle Finanze un altro cilentano, il

senatore Agostino Magliani di Laurino, si

impegnò insieme al ministro al completamento

della ferrovia meridionale sostenendo

la legge del 1879.

82


L’elettrificazione delle ferrovie: la ferrovia del Cilento e della Valle del Calore

La convinzione che un tracciato intermedio per la valle del

Calore era preferibile rispetto a quello litoraneo, si basava

oltre che sulla minore lunghezza del percorso, quindi

meno costosa per la realizzazione, soprattutto perché

avrebbe giovato all'economia di centri più popolosi,

apportandovi benessere e civiltà, in una regione fertilissima

di granaglie, vini generosi, olii abbondanti e di ottima qualità,

frutta squisita, ecc., al contrario della paludosa piana del

Sele, invasa da febbri e da malaria, le cui operazioni di

bonifica procedevano a rilento.

La proposta che arrivò tardi in parlamento, e nemmeno

corredata di un progetto di massima, non fu comprensibilmente

accolta.

Questo è quanto riferì anche il Presidente Alario in un

discorso tenuto a Roccadaspide il 18 luglio 1881, alla

presenza del sindaco, il cavaliere Gaetano Giuliani, che in

quell'anno, con decreto del 13 marzo, all'età di 31 anni fu

nominato Ufficiale nell'Ordine della Corona d'Italia.

Il Presidente, nonostante si vide costretto a suggerire in

parlamento la costruzione di entrambe le linee per porre

definitivamente fine al vecchio problema, affermava che

bisognava comunque sentirsi orgogliosi per il risultato

raggiunto, non solo per una maggiore grandezza economica,

ma soprattutto per il progresso morale e civile

dell'Italia, con la consapevolezza di non trovarsi ancora tra

le nazioni d'Europa a non possedere un'adeguata rete

ferroviaria.

Della linea per la valle del Calore, se ne

fece promotore anche De Giorgi, quando

nella primavera di quell'anno, durante il

suo viaggio di studio nel Cilento, fu

accolto proprio dal cavaliere Giuliani nel

suo Castello di Roccadaspide, acquisito

dalla famiglia nella prima metà

dell'Ottocento dai principi Filomarino di

Napoli.

Il geologo, accompagnato dal cavaliere

in parecchie escursioni nella valle del

Calore, riteneva che se la strada ferrata

da Salerno per le Calabrie fosse passata

per questa valle, invece di circondarla a

levante e ponente, sarebbe riuscita a

sviluppare le industrie agrarie rendendola

una delle più ricche della zona.

8 Gaetano Giuliani

83


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

9 I l c a s t e l l o G i u l i a n i a

Roccadaspide in una foto

dell’ing. Migliacci nei primi anni

del Novecento

10 Stazione di Paestum

La sua costruzione inoltre avrebbe incontrato minori

difficoltà tecniche, rispetto alle due linee realizzate, per la

presenza delle solide rocce calcaree, meno soggette ai

fenomeni franosi delle arenarie e delle argille dei monti del

Cilento, costituendo soprattutto degli ottimi materiali da

costruzione e da calce per ponti e viadotti.

In luogo di due strade ferrate, che per la loro realizzazione

avevano sottratto parecchi milioni dalle tasche dei contribuenti,

sarebbe stata sufficiente soltanto una linea per

collegare Salerno con Reggio Calabria, che partendo da

Eboli, attraversando la valle del Calore, giungeva a

Laurino, per risalire dalla valle del torrente tra Stio e

Campora fino a Vallo della Lucania, e di lì proseguendo

per il corso dell'Alento fino ad Ascea, per congiungersi con

la ferrovia in costruzione per Castrocucco.

Nel suo viaggio, prima di recarsi ad Altavilla, il cavaliere

Giuliani gli tenne compagnia anche nella visita a Capaccio

e agli scavi dell'antica città di Paestum, nel bel mezzo di

un'insalubre, desolante e incolta campagna, dove i lavori

per la realizzazione della ferrovia che avrebbe dovuto

raggiungere Agropoli e Vallo, erano stati da poco iniziati

dalla Società per le Strade Ferrate del Mediterraneo su incarico

del Governo.

84


L’elettrificazione delle ferrovie: la ferrovia del Cilento e della Valle del Calore

La costruzione della linea litoranea incontrò subito

grosse difficoltà per la progettazione esecutiva della

galleria di Rutino, tanto che diede l'opportunità ai

politici locali di riprendere la proposta alternativa

della linea del Calore.

Infatti qualche mese dopo, l'otto gennaio 1882,

venne subito convocata un'assemblea a

Roccadaspide fra i rappresentanti dei comuni

interessati, istituendo un Comitato di sostegno al

progetto, ma per l'impossibilità di corrispondere le

relative quote a loro carico dovute per legge, anche

questo tentativo non ebbe seguito. Proprio in

quell'anno il senatore Magliani, fu omaggiato in

segno di gratitudine di una medaglia dal Consiglio

provinciale delle Terre d'Otranto, attuale provincia

di Lecce, quale promotore della strada ferrata

Taranto-Brindisi, inaugurata poi nel 1886. Due anni

prima il senatore venne eletto alla presidenza del

Consiglio provinciale di Salerno conservando la

carica fino alla data del decesso, avvenuto a Roma

nel febbraio del 1891, seguito, per una singolare

coincidenza, dalla morte di Alario, al quale molti comuni

del Circondario di Vallo devono alla sua amministrazione,

l'esecuzione di numerosi lavori di sistemazione del territorio,

compresa la realizzazione della viabilità stradale.

Intanto con la legge n. 3048 del 1885, con cui furono stipulate

le convenzioni per l'esercizio delle ferrovie italiane e

ridotte ad un decimo le partecipazioni nella spesa da parte

degli enti locali per la costruzione delle ferrovie complementari,

venne tentata una successiva presentazione del

progetto da parte del costituito Comitato popolare pro linea

Calore. La proposta per l'esecuzione dell'importante opera

fu approvata all'unanimità dal Consiglio provinciale con

la presidenza di Magliani, ma anche questa volta non si

ottennero gli attesi risultati.

In conseguenza delle ulteriori agevolazioni e delle consistenti

richieste di strade ferrate in tutta la penisola, vennero

presentati numerosi progetti per 6500 chilometri di

nuove linee, tanto da richiedere un'apposita commissione

per valutare quali fossero i tronchi ferroviari più necessari.

Sul finire del secolo ebbe inizio il dibattito sull'opportunità

di rinnovare le concessioni ferroviarie del 1885, attuate in

base alla legge sulle convenzioni, che divideva le principali

ferrovie italiane in tre reti, esercitate da tre distinte

11 Medaglia di bronzo in onore

al ministro Magliani per la

strada ferrata Taranto-Brindisi

12 Stazione di Taranto

13 Stazione di Brindisi

85


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

società, la Società per le Strade Ferrate del Mediterraneo,

conosciuta anche come la Mediterranea, la Società per le

Strade Ferrate Meridionali, nota anche come gruppo

Bastogi, dal nome del presidente e fondatore Conte Pietro

Bastogi di Livorno, Ministro delle Finanze nel neonato

Regno d'Italia, e la Società per le Strade Ferrate della Sicilia.

Le prime due avrebbero dovuto sviluppare i traffici nordsud,

la prima sul versante occidentale, direttrice tirrenica,

la seconda su quella orientale, direttrice adriatica, alla

terza furono affidati invece le linee della Sicilia. La durata

dei contratti era di 60 anni divisi in tre periodi di 20 anni, di

cui il primo ebbe inizio effettivo il primo luglio 1885, con

scadenza il 30 giugno 1905.

Scopo delle convenzioni era quello di dare uno stabile

assetto al sistema ferroviario, assicurando la manutenzione

ed il miglioramento delle ferrovie e del materiale

rotabile, sottraendo dal bilancio dello Stato le esigenze

dell'esercizio ferroviario. Nessuno di questi scopi fu

raggiunto, tanto che già nei primi anni, dopo il 1885,

cominciarono a verificarsi consistenti esborsi finanziari da

parte dello Stato, per l'insufficienza dei fondi di riserva

necessari per la manutenzione del materiale fisso e rotabile,

così come erano previsti dalle convenzioni.

Pertanto, con l'avvicinarsi della prima scadenza, ci si

interrogò sulle azioni da intraprendere per migliorare la

qualità del servizio e per dare un assetto definitivo al

sistema ferroviario nazionale, che per l'incapacità delle

compagnie di gestione private non era stato adeguato alle

nuove esigenze determinate dallo sviluppo industriale.

Per l'occasione fu nominata una Commissione Reale per la

riorganizzazione delle Ferrovie, dove tra i componenti eletti

appare un protagonista della nostra storia, il nipote del

senatore Pasquale Atenolfi, l'ingegnere Eduardo Talamo.

La legge del 1885 prevedeva altresì che le società potessero

e s e g u i r e d e l l e s p e r i m e n t a z i o n i i n n o v a t i v e

sull'infrastruttura ferroviaria e sul materiale rotabile,

quindi, alla fine del 1897, il Ministro dei Lavori Pubblici

insediò una commissione incaricata di studiare

l'applicazione della trazione elettrica alle ferrovie di

traffico limitato. Nel 1899 furono pubblicati gli Atti della

commissione, comprendente tre monografie, tra cui un

riassunto sulle “Considerazioni sulla trazione elettrica ferroviaria

in relazione ad alcuni esperimenti eseguiti nelle officine

della casa Ganz di Budapest”.

86


L’elettrificazione delle ferrovie: la ferrovia del Cilento e della Valle del Calore

Dopo la dimostrazione della prima locomotiva

elettrica, svolta durante l'Esposizione di

Berlino del 1879 da parte della Siemens &

Haskle, lo sviluppo della trazione elettrica

interessò in un primo momento le tramvie. La

possibilità di estenderla alla trazione ferroviaria,

che implicava l'utilizzazione di motori

molto più potenti e alimentati con tensioni più

elevate, seguì inevitabilmente gli sviluppi

dell'elettrotecnica per la costruzione di macchine

elettriche rotanti e della loro regolazione.

La commissione in conclusione propose degli

esperimenti per dimostrare la possibilità

dell'esercizio con la trazione elettrica. Nel 1899

veniva sperimentato il sistema con accumulatori

sulla Milano-Monza, ma dimostrò presto il

suo limite per la scarsa resa delle batterie. Nel 1901 si

collaudava l'alimentazione con la terza rotaia sulla linea

Milano-Varese, e a ottobre dell'anno successivo, sulla linea

del Lago di Como, che da Lecco porta in Valtellina, fu

eseguito un esperimento con il sistema a corrente alternata

trifase, con linee elettriche aeree ad alta tensione e bassa

frequenza. Per l'alimentazione della linea, la Società delle

Strade Ferrate Meridionali realizzò la centrale idroelettrica

di Campovico, in provincia di Sondrio sulle sponde del

fiume Adda. Per il materiale rotabile la società ordinò la

costruzione di dieci elettromotrici all'ungherese Ganz,

divise in due serie, differenziate soltanto negli allestimenti

32

interni.

14 Eduardo Talamo

15 Cartolina commemorativa

ferrovia elettrica Milano-Monza,

1899

16 Elettromotrice trifase Ganz

modello RA 324 (FS E24)

produzione 1902

32

Le automotrici classificate nei gruppi 30 e 32 della Rete Adriatica, e successivamente

riclassificate nei gruppi E.1 ed E.2 dalle Ferrovie dello Stato, sono

state le uniche serie di elettromotrici che adottarono il sistema elettrico trifase,

e rappresentano uno dei primi e rari esempi di esercizio regolare al mondo con

tale sistema.

87


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

Il sistema a terza rotaia non aveva particolari problemi, se

non quello legato alla protezione della stessa dai contatti

accidentali, mostrandosi adatto al servizio metropolitano.

Il sistema scelto per la migliore efficienza fu invece quello a

corrente alternata trifase, utilizzando per l'alimentazione

dei locomotori elettrici due fasi aeree e come terza fase le

rotaie.

Il sistema, noto a livello mondiale come sistema italiano,

dimostrò al pubblico e agli ambienti ferroviari l'indiscussa

33

supremazia della trazione elettrica sul vapore.

17 Locomotiva trifase E550 sulla

linea Genova-Savona, 1916

33

Nel 1906 venne elettrificata con il sistema aereo a corrente alternata trifase la

ferrovia del Sempione tra l'Italia e la Svizzera, e nel 1910 la ferrovia del passo di

Giovi, il valico dell'Appennino Ligure lungo la linea per Torino, che doveva

smaltire il grande afflusso di merci al porto di Genova, dimostrando definitivamente

la supremazia della trazione elettrica sul vapore e la sua vocazione

alle linee di montagna. La trazione fu affidata alle locomotive del gruppo E550

(soprannominate mulo dei Giovi), progettata dall'Ufficio Studi del Servizio

Materiale e Trazione delle FS, per la parte meccanica, e dalla Società Italiana

Westinghouse di Vado Ligure, per la parte elettrica, la cui progettazione fu

affidata al maggiore esperto dell'epoca, l'ingegnere ungherese Kálmán Kandó

della Ganz. L'alimentazione avveniva per mezzo di due trolley a stanga

montati sul tetto della cabina forniti dal Tecnomasio Italiano-Brown-Boveri, che

nel 1919 acquisì definitivamente l'impianto industriale di Vado Ligure,

iniziando la produzione di vari tipi di locomotive altamente innovative,

destinate principalmente alle Ferrovie dello Stato.

In Italia la trazione elettrica ferroviaria a corrente alternata trifase, che

rendeva il sistema troppo esposto a guasti, quindi soggetto a frequente

manutenzione, oltre a impedire l'uso di velocità sostenute, negli anni seguenti

venne definitivamente sostituita con la trazione elettrica a corrente continua.

88


L’elettrificazione delle ferrovie: la ferrovia del Cilento e della Valle del Calore

Intanto, il cavaliere Pasquale Rizzo, sindaco di

Castel San Lorenzo, aveva seguito con attenzione

le vicende della ferrovia della valle del Calore, e da

buon amministratore continuava a promuoverne

la realizzazione, consapevole dei grossi vantaggi

che un veloce e moderno sistema di trasporto

poteva rendere al suo paese a all'intera valle.

Trasferitosi a Salerno, dove nel 1896 all'età di 37

anni sposò Carmela Lorito, ebbe modo di frequentare

lo studio del cognato, il cavaliere Domenico

Lorito, che nel 1878 finiti gli studi ginnasiali al

Liceo-Convitto di Salerno si diplomò in ingegneria

affermandosi in città nell'esercizio della libera

34

professione di ingegnere.

Il sindaco, giovandosi della competenza tecnica

del cognato, gli propose di redigere un nuovo

progetto per una ferrovia secondaria da presentare al

Ministero dei Lavori Pubblici a Roma, contando

sull'amicizia del cavaliere Giuliani che a giugno 1895 fu

eletto deputato nel collegio di Capaccio del Circondario di

Campagna, ed in carica per diverse legislature consecutive.

Molto vicino al primo ministro Giolitti, l'onorevole

avrebbe garantito l'ottenimento delle autorizzazioni e del

contributo da parte del Governo.

Il progetto di massima redatto nel 1903, che prevedeva

l'ottenimento della concessione e del contributo governativo

come previsto dalla Legge n. 561 del 27 dicembre 1896

sulle tramvie a trazione meccanica e ferrovie economiche,

si riferiva ad una Ferrovia economica a trazione elettrica per la

vallata del Calore in provincia di Salerno. Il progetto venne

illustrato in una relazione di presentazione, incompleta

però dei necessari grafici e della planimetria individuante

il percorso della linea. Per i continui esborsi economici da

parte dello Stato, con la successiva legge del 1897, il governo

sospese ogni aiuto per le linee ferroviarie non ancora

avviate, incoraggiando invece l'iniziativa privata mediante

una sussidio per ogni chilometro da realizzare.

18 Pasquale Rizzo

19 Salerno, Palazzo Natella

34

A Salerno è a firma dell'ing. Lorito il progetto del Palazzo Natella presentato

al comune nel 1922, dove presso l'Archivio Storico si conserva la pianta

tipologica del 1°, 2° e 3° livello. L'ampio portico, i locali e i caffè situati al piano

terra del fabbricato caratterizzavano l'edificio come luogo di sosta e svago per

l'aristocrazia salernitana dei primi trent'anni del Novecento. Nei giorni in cui

Salerno fu Capitale, l'edificio fu adibito a sede del Ministero dell'Agricoltura e

Foreste, di quello dei Lavori Pubblici e degli uffici di collegamento dei Ministri

della Guerra e della Marina.

89


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

20 Francesco Tedesco

Durante la fase di progettazione, l'ingegnere con una

lettera del 10 agosto, informava il cognato sull'opportunità

di presentare temporaneamente soltanto il progetto del

primo tronco e non di tutta la linea, e che dai nuovi calcoli

eseguiti, riteneva prudente limitare la richiesta della

sovvenzione chilometrica dello Stato soltanto a lire 4.000,

potendola meglio giustificare rispetto a quella stabilita

dalla legge n. 168 del 30 aprile 1899 che l'aveva incrementata

a lire 5.000. Il progetto prevedeva la realizzazione della

linea divisa in due tronchi come ammesso dalla legge,

potendo in questo modo usufruire delle sovvenzioni a

decorrere dal giorno in cui ogni tronco veniva aperto

all'esercizio con l'autorizzazione del Governo, secondo il

piano stabilito negli atti di concessione, con l'evidente

vantaggio di non aspettare il completamento dell'intera

ferrovia.

Il progetto di massima venne così presentato al Ministero

l'anno successivo, dandone notizia su un articolo pubblicato

il 31 marzo 1904 sul periodico Il Calore di

Roccadaspide diretto da Donato Capuano, nel quale su di

un trafiletto di cronaca veniva annunciato anche il ritorno

in paese dell'onorevole Giuliani, dove si sarebbe fermato

per qualche mese prima di ripartire per Roma.

Il sindaco Pasquale Rizzo, sulla pagina dedicata a Castel

San Lorenzo, riferiva dell'incontro dell'ing. Lorito e

dell'onorevole, con i dirigenti del Ministero e dell'Ispettore

Capo delle Ferrovie, ottenendo una relazione favorevole

sul progetto, tanto che il Ministro dei LL.PP., l'onorevole

Francesco Tedesco, riconosciuta la grande importanza

della ferrovia della vallata del Calore, e i vantaggi che

arrecava alla popolazione sottraendola alla miseria,

promise il suo autorevole appoggio.

Nello stesso articolo affermava che il completamento

dell'iniziativa avrebbe richiesto ancora del tempo, in

quanto per l'ottenimento definitivo della concessione per

la costruzione e l'esercizio della ferrovia, bisognava preparare

un progetto definitivo, corredato di planimetria della

linea, dei profili, dei dettagli e particolari costruttivi e della

stima dei lavori. Per la redazione di tali elaborati l'ing.

Lorito sarebbe ritornato sul campo ad eseguire dei sopralluoghi

al fine di completare i restanti studi e rilievi.

Concludeva dichiarando che la speranza dell'esito finale

era divenuta una certezza, in quanto non era presumibile

che il Ministero poteva negare un sussidio che in maggiori

90


L’elettrificazione delle ferrovie: la ferrovia del Cilento e della Valle del Calore

proporzioni era stato elargito ad altre regioni del

Regno, e sarebbe stata una leggerezza imperdonabile

non solo in un Ministro ma in qualsiasi persona

che si rispetti.

Elogiava inoltre l'operato dell'onorevole Giuliani,

affermando che le miserie del mezzogiorno

d'Italia non sarebbero state oggetto di umiliante

discussione in parlamento, se tutti i deputati

meridionali si fossero comportati allo stesso

modo, adoperandosi per il bene della propria

terra. Il progetto tuttavia non venne portato a

termine, ma anche se alla fine fosse stato approvato

dal governo con l'ottenimento delle relative

sovvenzioni chilometriche, non sarebbe mai stato

realizzato per i costi troppi elevati da sostenere a

carico delle comunità locali.

Agli inizi del Novecento fu proprio per l'impegno

dell'onorevole Francesco Tedesco, di origini avellinesi, che

in qualità di Ministro dei LL.PP. del Governo Giolitti, nel

1905 prese il provvedimento per la nazionalizzazione

delle ferrovie.

La decisione creò un ampio malcontento in parlamento,

facendo vacillare il Governo, tanto che Giolitti, presentando

le dimissioni al Re, indicò di affidare l'incarico di primo

ministro ad Alessandro Fortis, con il quale venne emanata

la legge n. 137 del 22 aprile 1905, che permise allo Stato di

prendere in carico l'intera rete ferroviaria del Regno,

provvedendone alla sistemazione e all'adeguamento.

Con la nascita delle Ferrovie

dello Stato si ebbero delle

conseguenze importanti per il

settore elettrico, quando le

società private, vedendosi

espropriare le reti ferroviarie,

reinvestirono gli indennizzi

statali proprio in questo settore.

Tra le ex società ferroviarie

che si trasformarono in holding

elettriche assunse presto

un ruolo di primo piano la

Bastogi, che insieme alla

Mediterranea, sottoscrissero

un aumento di capitale della

Società AEG Thomson-Houston.

21 Giovanni Giolitti

22 Tram a Parigi della Thomson

Houston

91


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

22 Sede Edison, via Foro

Bonaparte, Milano

23 Sede Edison, via Foro

Bonaparte, Milano

24 Ponte nei pressi di Brienza

della linea Atena Lucana -

Marsico Nuovo delle Ferrovie

Calabro Lucane

Nel 1908, la Bastogi insieme alla Società Meridionale di

Elettricità SME, e alla Società ginevrina Franco-Suisse pour

l'industrie Electrique, costituirono la Società per le Forze

Idrauliche della Sila, nella quale intervenne l'anno successivo

anche la Banca Commerciale, al fine di realizzare i

programmi idroelettrici che l'ingegnere Omodeo stava

studiando per la Calabria, e che nel 1911 si tradussero in un

progetto esecutivo.

La Società Mediterranea volle sopratutto reinvestire i

capitali ottenuti dal riscatto statale, avanzando una richiesta

di concessione per la costruzione della rete ferroviaria

secondaria dell'Italia meridionale, la cui progettazione

esecutiva era pronta già da tempo. Con la legge n. 580 del

27 luglio 1910, che approvava i progetti e ne affidava la

costruzione e l'esercizio a privati, la richiesta venne accolta

e l'anno dopo firmò il contratto di concessione per la

realizzazione delle ferrovie a scartamento ridotto della

Basilicata e Calabria, con qualche diramazione in provincia

di Salerno, al fine di soddisfare la domanda di trasporto

delle locali popolazioni.

La ferrovia realizzata veniva denominata Ferrovie Calabro

Lucane (FCL) con Direzione dell'esercizio a Roma, mentre

la sede milanese della Mediterranea venne acquistata

successivamente dalla Edison, dove si trasferì lasciando la

vecchia sede di Santa Radegonda.

92


2. La tramvia elettrica e l’illuminazione della città di Salerno

Nel frattempo anche in Italia, come nel resto dell'Europa, si

era sviluppato l'uso delle tramvie elettriche, che si distinguevano

dalle ferrovie secondarie per avere i binari posati

direttamente sulle strade ordinarie, quindi senza sede

propria.

La prima normativa risale alla legge n. 561 del 1896, che

prevedeva la distinzione tra ferrovie e tramvie extraurbane,

consistente nella occupazione di una parte della sede

stradale per queste ultime, salvo qualche parziale deviazione

per brevi tratti del percorso per valide circostanze,

mentre per le ferrovie doveva essere costruita una sede

propria o esclusivamente riservata.

All'epoca la concessione per le tramvie extraurbane era di

competenza dell'ente proprietario della strada interessa-

35

ta, Provincia o Comune, e dal 1907 divenne di competenza

dello Stato, previo il necessario consenso alla occupazione

del suolo stradale da parte degli Enti. La legge

prevedeva la possibilità di ottenere una sovvenzione

chilometrica governativa per la costruzione e l'esercizio di

una linea tramviaria o ferroviaria, intesa ad agevolare la

realizzazione di comunicazioni coi capoluoghi di circondario.

La domanda di concessione per la costruzione ed esercizio

della tramvia doveva essere rivolta al Ministero dei

Lavori Pubblici, e autorizzata dallo Stato con decreto reale

con cui venivano accordate le sovvenzioni chilometriche

su proposta del Ministero del Tesoro.

35

Legge 16 giugno 1907 n. 540, concernente “Provvedimenti per agevolare le

comunicazioni coi capoluoghi di circondario e disposizioni relative alle ferrovie

concesse all'industria privata alle tramvie ed agli automobili in servizio pubblico”.

93


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

1 Carrozza con cavalli della SAO

di Milano

Nel 1892 la società Edison presentò un progetto di elettrificazione

della rete tramviaria urbana della città di

Milano, fino ad allora a trazione animale, realizzando

l'anno dopo una linea sperimentale da Piazza Duomo a

Corso Sempione per dimostrare i vantaggi del nuovo

sistema, così dal 1895, stipulato un contratto di concessione

con il comune di Milano, sostituì la Società Anonima

degli Omnibus (SAO) nella gestione della rete, la cui elettrificazione

fu completata nel 1901.

Per l'alimentazione a corrente alternata della tramvia, la

Edison nel 1898 inaugurò la centrale idroelettrica Bertini

sulla riva destra del fiume Adda, con l'utilizzo della diga

Poiret, nel vicino comune di Paderno d'Adda, e il Naviglio

36

come canale di derivazione.

2 Tram in piazza Duomo a

Milano fine Ottocento

3 Motrice a due assi tipo Edison

È invece nel 1896, che a seguito della iniziale normativa, il

Consiglio provinciale di Salerno si occupò per la prima

volta della concessione di una tramvia a trazione elettrica

da Salerno a Cava dei Tirreni, con la presentazione

nell'anno successivo di un progetto firmato da un gruppo

di ingegneri, tra cui l'ing. Giuseppe Tajani di Vietri sul

Mare e l'ing. Andrea Sprecher di Cava dei Tirreni, per

l'impianto tramviario nel centro urbano della città, successivamente

prolungato da Cava fino a Pompei, prevedendo

per l'alimentazione della linea una derivazione idroelettrica

sul fiume Picentino. Quest'impianto di produzione,

secondo il progettista Tajani, avrebbe potuto costituire il

centro motore di un programma di affari elettrici nella

36

Il Naviglio di Paderno è un canale artificiale parallelo al fiume Adda

realizzato per consentire la navigazione tra Milano e il lago di Como, i cui

primi studi di progetto furono eseguiti nel 1516 da Leonardo da Vinci.

94


La tramvia elettrica e l’illuminazione della città di Salerno

provincia di Salerno, il cui maggiore impegno era costituito

dalla realizzazione della tramvia elettrica di 30 km dal

capoluogo fino a Pompei.

A seguito dell'autorizzazione richiesta dalla Società anonima

delle tramvie elettriche della provincia di Salerno, con

l'apporto di capitali stranieri di una finanziaria belga, i

lavori di costruzione iniziarono nel 1907, inaugurando la

prima tratta fino a Cava dei Tirreni il 4 agosto 1909, per

37

raggiungere Pompei due anni dopo.

Prima di allora si era visto in città un servizio di due piccole

vetture, omnibus trainate da cavalli, che facevano il servizio

dalla Ferrovia al Teatro comunale, intitolato in memoria

di Giuseppe Verdi nel 1901, l'anno della sua scomparsa.

Inaugurato il 15 aprile 1872, la sua costruzione venne

deliberata dal Consiglio Comunale il 1863 su proposta

dell'allora sindaco dott. Matteo Luciani, liberale ed esponente

della Destra storica, primo cittadino di Salerno del

Regno d'Italia.

Durante il mandato di Luciani il Corso Garibaldi divenne

l'arteria principale e più elegante della città, promotore

dell'installazione della prima illuminazione pubblica con

lampade a gas. Dal 1863 venne eletto Presidente del

Consiglio provinciale, cedendo la carica dieci anni dopo

all'avvocato Francesco Alario.

4 Tramvia a trazione elettrica

Salerno-Pompei

37

Per l'alimentazione della linea tramviaria, la società decise di adottare la

corrente monofase, ma con tensione diversa fra tratti interurbani e sezioni

urbane. Per la produzione della corrente monofase fu costruita una apposita

centrale termica, situata nei pressi del capolinea a Pompei, ma per la complessità

del sistema, dopo quattro anni di servizio, a partire dal 1913 si adottò un

sistema di alimentazione a corrente continua prodotta in due stazioni

convertitrici situate a Pagani e a Cava dei Tirreni alimentate in corrente

alternata trifase a 6000 Volt dalla rete di trasmissione della Società Meridionale

di Elettricità.

95


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

5 Certificato azionario Società

Meridionale di Elettricità

Sono gli stessi ingegneri Tajani e Sprecher che due anni

prima firmano il progetto di massima per lo sfruttamento

idroelettrico del fiume Tanagro del 1895, il cui impianto

entrò in funzione solo nell'aprile del 1921, e del fiume

Tusciano, un corso d'acqua di dimensioni in realtà modeste

situato a pochi chilometri a sud di Salerno, che rappresentò

lo scopo iniziale per la costituzione della Società

Meridionale di Elettricità, SME.

Fondata a Napoli il 20 marzo del 1899, dalla blasonata e

maggiore azionista Société Financière Franco-Suisse pour

l'Industrie Electrique costituita a Ginevra nel 1898 da un

pool di importanti istituti bancari franco-svizzeri, dalla

Compagnia Napolitana d'Illuminazione e Scaldamento col Gas,

38

e dalla Banca Commerciale Italiana , con lo scopo di conseguire

“la concessione di forza idraulica del fiume

Tusciano” e “la costruzione e l'esercizio di impianti idroelettrici

per diffondere nell'Italia meridionale l'impiego

dell'energia per illuminazione, forza motrice industriale e

trazione”.

La direzione della società fu affidata al giovane avvocato

Maurizio Capuano, nella qualità di amministratore delegato.

Le parti sottoscrissero la prima serie di 4.000 azioni

rappresentanti il capitale emesso dalla Società pari ad un

milione di lire.

L'impianto idroelettrico del Tusciano, il primo ad essere

realizzato dalla SME nel Sud Italia i cui lavori ebbero inizio

6 Maurizio Capuano

7 Linea tranviaria di Napoli

inaugurata nel 1901

38

La Banca Commerciale Italiana, la cosiddetta COMIT, istituita a Milano nel

1894 per iniziativa di un consorzio di banche tedesche, e diretta da Otto Joel e

Federico Weil, sostenne la nuova struttura industriale del paese con la raccolta

di capitale di rischio per i principali settori, siderurgico, meccanico, elettrico,

chimico, trasporti e tessile.

96


La tramvia elettrica e l’illuminazione della città di Salerno

il 1901, venne ultimato e collaudato nel 1905, e con lo

sfruttamento di 1900 litri di acqua al secondo ed un salto di

276,10 metri, assicurava una produzione di energia di

3.900 kW, trasportata con una linea a 30 kV fino alle industrie

di Torre Annunziata.

La portata d'acqua era stata limitata dal decreto di concessione

a 1900 litri, al fine di garantire una scorta per la

cosiddetta “riserva ferroviaria”, una forma di prelazione a

favore dell'elettrificazione delle ferrovie.

Nel 1898, il Ministero dei Lavori Pubblici emana una

circolare che prevedeva la possibilità di riservare parte

dell'energia ricavabile dai nuovi impianti idroelettrici, per

l'alimentazione elettrica delle ferrovie. Pertanto il relativo

nulla osta, rilasciato dalla Direzione Generale delle Opere

Idrauliche dello stesso Ministero, diveniva una condizione

necessaria al fine dell'ottenimento del definitivo decreto a

seguito della richiesta di una concessione di derivazione.

L'impianto del Tusciano è del tipo ad acqua fluente, con

l'opera di presa ubicata sulla sponda destra del fiume, in

contrada Acqua Bona del comune di Acerno, costituita da

uno sbarramento che devia l'acqua in un canale dissabbiatore

e immessa in una galleria a pelo libero della lunghezza

di circa 6 km, lungo la quale erano state costruite ventidue

finestre di accesso. Giunta in una vasca di carico, ubicata a

420,37 m s.l.m., con una condotta forzata si precipita fino in

39

centrale, e da qui restituita al corso del fiume.

Tra i fornitori della parte idraulica dell'impianto si rilevano

per le cinque turbine installate la ginevrina Piccard-

Pictet & Cie e per la condotta forzata la Società Nazionale

40

Officine Savigliano, SNOS.

Per la parte elettrica: la Westinghouse per gli alternatori, e la

svizzera Maschinenfabrik Oerlikon per i trasformatori che

innalzano la tensione a 30.000 Volt (30 kV).

39

Nel 1924, scaduto il vincolo per l'acqua concessa per la cosiddetta "riserva

ferroviaria", che limitava la portata a 1.900 l/s, fu installata una seconda

condotta forzata e sostituite le vecchie turbine. Nel 2001, a seguito di lavori

per il rinnovamento dell'impianto, le due condotte sono state sostituite da

un'unica condotta forzata avente il diametro di 1,2 metri.

40

La SNOS fondata a Torino nel 1880 ha rappresentato una delle più prestigiose

società industriali italiane di meccanica, elettrotecnica e carpenteria

metallica. Tra il 1887 e il 1889 realizza il ponte San Michele con struttura ad

arco in ferro che attraversa una gola del fiume Paderno, situato a poca distanza

dalle centrali idroelettriche Bertini e Esterle. Realizzato da un'unica campata

su due livelli per il traffico misto ferroviario-stradale, è lungo 266 metri e alto

85 metri al di sopra del livello del fiume. Per le sue peculiarità tecniche, il ponte

è considerato un capolavoro di archeologia industriale italiana, nonché una

delle più notevoli strutture realizzate dall'ingegneria ottocentesca.

8 Impianto idroelettrico ad

Olevano sul Tusciano della SME

9 Trasformatore Maschinenfabrick

Oerlikon

97


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

10 Progetto dell’impianto

d’illuminazione e distribuzione

elettrica nella città di Salerno

dalla linea del Tusciano, 1903

11 Planimetria di progetto per la

rete di distribuzione elettrica

della città di Salerno, 1903

Durante i lavori di realizzazione dell'impianto del

Tusciano, la Compagnia Napoletana d'Illuminazione e

Scaldamento col Gas, azionista della grande cordata della

SME, il 31 maggio 1903 inviava a firma del direttore

Capuano, la richiesta al Prefetto di Salerno per la concessione

all'installazione di un impianto di distribuzione

elettrica nella città di Salerno, per usi industriali e di

illuminazione pubblica e privata. La linea di distribuzione

si derivava dalla linea principale dell'impianto idroelettrico

del Tusciano, con una stazione di trasformazione da

installare a sud della città nei pressi del torrente Irno o

all'interno del vicino Gasometro.

La società richiedeva al Prefetto di procedere celermente al

rilascio della concessione, in quanto era intenzionata ad

iniziare al più presto le trattative con l'amministrazione

municipale per l'illuminazione del Corso Garibaldi con

lampade elettriche ad arco, in sostituzione della vecchia

illuminazione con lampade a gas, dichiarando che entro il

termine di un anno dal rilascio del decreto avrebbe completato

tutti i lavori previsti nell'allegato progetto.

98


La tramvia elettrica e l’illuminazione della città di Salerno

Con decreto del 2 dicembre 1903 il Prefetto comm.

Giovanni Ferrando, autorizzava la società ad installare

l'impianto elettrico nel comune di Salerno.

Nel consiglio di amministrazione della SME, a dicembre

del 1904, si discusse sullo stato dei lavori dell'impianto del

Tusciano e sugli accordi con la Compagnia Napoletana per

la concessione di Salerno, presi definitivamente l'anno

successivo.

Ad ottobre la società aveva inviato una richiesta al Prefetto

di Salerno per l'autorizzazione ad immettere corrente alla

tensione di 3.000 Volt nella linea di trasmissione principale

fino a Pontecagnano, frazione di Montecorvino Pugliano,

dalla stazione di Olevano al palo n. 236, per fornire energia

elettrica al centro abitato tramite l'impresa elettrica locale

del cav. Gaetano Campione, che aveva ottenuto dalla SME

la concessione di 60 cavalli di potenza (44 kW).

A seguito della richiesta inviata al Prefetto il 3 febbraio

1904 dal cavaliere, l'impianto di condutture elettriche per

l'illuminazione elettrica pubblica e privata della frazione,

per l'attivazione di un mulino da cereali e per azionare

macchine agricole nel territorio comunale, fu autorizzato

con Decreto n. 28158 del 3 ottobre.

L'istanza di autorizzazione venne integrata nel mese di

agosto con la relazione tecnica, la planimetria dell'abitato

di Pontecagnano, la planimetria della rete di trasmissione,

la tavola dei tipi delle mensole per le condutture principali

e secondarie, i bracci per le lampade ad incandescenza, e

degli isolatori per la linea a 3.000 Volt.

12 Domanda di autorizzazione

inviata al Prefetto dal cav.

Campione, 1904

13 Particolari di progetto

dell’impianto d’illuminazione e

distribuzione elettrica di

Pontecagnano dalla linea del

Tusciano, 1904

99


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

14 Lavori di elettrificazione della

C i r c u n v e s u v i a n a i n i z i o

Novecento

15 Cartolina pubblicitaria della

Ferrovia Circumvesuviana

Il 29 ottobre di tenne la visita di collaudo da parte del

Genio Civile alla linea di trasmissione della SME, con il

rilascio del relativo nulla osta, e il 7 gennaio 1905 la visita di

collaudo dell'impianto dell'impresa Campione a

Pontecagnano. Il cavaliere dopo qualche anno lo ritroveremo

come consigliere delegato della Società Anonima

Lucana d'Industrie Elettriche, SALIE, insieme all'ing.

Raffaele Migliacci, che nel frattempo aveva sposato la

sorella Teodora.

In quegli stessi anni la SME era impegnata nei lavori di

elettrificazione della Circumvesuviana per conto della

Società Anonima Strade Ferrate Meridionali (SFSM), nata nel

1901 per l'esercizio ed il prolungamento della linea

Napoli-Ottaviano. Il progetto prevedeva la realizzazione

di un sistema di collegamento ad anello intorno al Vesuvio

e al monte Somma, con due tronchi esterni, uno per Barra a

Napoli e l'altro per Poggiomarino a Sarno. Per il completamento

del programma si era avvalsa dell'intervento

finanziario del gruppo svizzero Franco-Suisse che controllava

la SME, il cui obiettivo era quello di realizzare altri

tronchi ferroviari e di elettrificare l'intera linea, che diven-

41

ne per un primo tratto a trazione elettrica nel 1905.

Per l'alimentazione delle linee furono realizzate due

centrali termoelettriche, una a Napoli nel centro del vecchio

quartiere industriale, Centrale della Bufala, ed una più

potente a Torre Annunziata, il cui centro industriale stava

per essere raggiunto dall'elettrodotto dell'impianto idroelettrico

sul Tusciano.

Per occuparsi della sistemazione di una turbina a vapore

della potenza di 2000 kW, per conto della Società

42

Napoletana per Imprese Elettriche, SNIE , nel 1906 fu inviato

dalla ditta milanese Gadda & C., che costruiva macchine

elettriche e turbine idrauliche e a vapore su brevetto

41

La prima guerra bloccò per un decennio tutte le prospettive di sviluppo della

Circumvesuviana, che divenne interamente elettrificata negli anni Venti.

42

La SNIE sorta nel 1899 con capitali torinesi e napoletani, vantava nel 1904

un'ampia rete di distribuzione dei quartieri occidentali della città di Napoli, e

dei comuni a nord e a est del capoluogo. Dalla fusione con la Società Generale di

Illuminazione SGI, nacque la Società Generale Elettrica Napoletana, successivamente

incorporata nella SME. La SGI, di proprietà della Banca industriale e

commerciale e di altri finanzieri italiani e svizzeri, era sorta a Roma nel 1875 e

si era trasferita a Napoli nel 1889, dove aveva iniziato la produzione di

elettricità con quattro piccole officine termoelettriche a carbone. L'energia

veniva fornita alla Società Tramways Napoletani e utilizzata per

l'illuminazione nel centro della città. Da subito in difficoltà, nel 1893 era stata

rilevata dalla Compagnia Napoletana di Illuminazione e Scaldamento col Gas,

insieme con alcuni partners svizzeri, e affidata alla direzione di Capuano.

100


La tramvia elettrica e l’illuminazione della città di Salerno

Belluzzo, l'ingegnere elettromeccanico Giuseppe Cenzato.

Due anni prima, durante un soggiorno alla sede di Baden

della Brown Boveri & Company, aveva maturato

un'esperienza a livello europeo sull'installazione e attivazione

di turbine, dinamo e trasformatori.

Nel 1907 divenne capo ufficio impianti del Tecnomasio

Italiano Brown Boveri di Milano, che nel frattempo aveva

43

assorbito la Gadda.

In quello stesso anno l'ingegnere Tajani, in qualità di

consulente tecnico della SME, firma un progetto per la

realizzazione di una ferrovia a scartamento ridotto, che da

Salerno, passando per Vietri doveva raggiungere Amalfi.

Nel frattempo la società diede inizio ai lavori per la costruzione

dell'impianto idroelettrico di Prata Sannita sul Lete

della potenza di 5000 kW, sul versante meridionale del

Matese, completato tre anni dopo con le stesse forniture

idrauliche dell'impianto del Tusciano e del materiale

elettrico fornito dall'AEG.

16 Giuseppe Cenzato, Napoli

1916

43

Il soggiorno napoletano offrì all'ingegnere Cenzato anche l'occasione di

rivelare le sue capacità tecniche a Maurizio Capuano della SME, nominandolo,

nel 1912, direttore tecnico della consociata SNIE per controllarne la

gestione.

17 Turbinen-Fabrik AEG

dell’architetto Peter Behrens,

1909

101


18 Interno dello stabilimento

AEG a Berlino, 1908


Capitolo VI

La Società Idro-Elettrica Lucana, SIEL

L’impianto idroelettrico e la tramvia di Vallo della Lucania

È in questo particolare periodo storico, caratterizzato dal

pieno sviluppo dell'industria idroelettrica e delle applicazioni

nel settore della pubblica illuminazione e dei trasporti,

che, il 14 luglio 1907, gli ingegneri Pietro Manzi e i

fratelli Guglielmo e Guiscardo Pinto, presentarono ai sensi

della legge del 1884, allora vigente, e del successivo regolamento

sulle derivazioni di acque pubbliche, una domanda

con il relativo progetto di massima a firma di Guiscardo

per lo sfruttamento idroelettrico del fiume Calore, assicurandosi

in questo modo la priorità temporale in base alla

data di presentazione, che all'epoca era l'unico criterio per

ottenere una nuova concessione di derivazione d'acqua.

Nel rispetto di quanto prescritto dal regolamento il progetto

era composto dalla relazione tecnico descrittiva, dal

piano generale, dal profilo longitudinale, dalle sezioni

trasversali tipo, dai disegni delle principali opere idrauliche

e dal calcolo sommario della spesa.

L'ingegnere Pietro Manzi, domiciliato a Salerno, ma di

origine Lucana, era nato il 30 settembre 1861 ad Accettura,

un paesino in provincia di Matera, edificato su di una

collina a 770 metri s.l.m. da cui domina la valle del torrente

Salandrella, che dà origine al fiume Cavone. Da quei

luoghi della Lucania interna ben conosceva queste località

del Cilento, molto simili geograficamente alla sua terra di

origine, che ricoperta per metà da pascoli e boschi era

segnata dal corso d'acqua del torrente.

Da qualche anno stava seguendo gli sviluppi

dell'illuminazione e della tramvia elettrica nel capoluogo, i

cui lavori di costruzione ebbero inizio proprio in

103


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

1 La vecchia stazione di

Capaccio-Roccadaspide

quell'anno, maturando l'idea di realizzare una linea

tramviaria e l'illuminazione nel Circondario di Vallo della

Lucania con l'utilizzo dell'energia prodotta dalla derivazione

sul Calore.

L'ingegnere Pietro Manzi era amico e collega dei fratelli

Roberto Guiscardo e Guglielmo Pinto di origine pugliese,

nati a Foggia. Come riferì lo stesso Manzi, fu lui insieme a

Guiscardo, ad occuparsi personalmente della redazione

del progetto di massima per le opere di derivazione dal

Calore e per la costruzione ed esercizio della tramvia

elettrica fra la stazione ferroviaria e la città di Vallo, per il

trasporto di merci e persone, impiegando due anni di

lavoro per i successivi studi di approfondimento fino alla

redazione del progetto definitivo.

Si può dire che tutto cominciò qualche mese prima, nella

primavera del 1907, con il disgelo delle nevi sui versanti

del monte Cervati e la portata del corso d'acqua al massimo

regime, quando i due ingegneri per eseguire le necessarie

misurazioni decisero di compiere dei sopralluoghi

sul fiume Calore, e partendo da Salerno, arrivare a Felitto

dopo un lungo e sfiancante viaggio.

Di buon mattino, saliti alla stazione di Salerno a bordo di

un treno diretto a Sapri, trainato da una sbuffante locomotiva

a vapore del gruppo 320, di costruzione Ansaldo 1905

44

ereditata dalla Rete Mediterranea , si fermarono alla

stazione di Capaccio da cui era più semplice raggiungere

l'antico borgo medievale di Felitto.

Superato il ponte di ferro sul fiume Sele, iniziava a delinearsi

a levante la catena montuosa del monte Soprano, su

44

Queste locomotive numerate RM 3601–3700 nel parco macchine della Rete

Mediterranea confluirono nel nuovo gruppo 320 delle Ferrovie dello Stato.

104


La Società Idro-Elettrica Lucana: L’impianto idroelettrico e la tramvia di Vallo della Lucania

cui un tempo sorse il vecchio centro abitato di Capaccio,

che congiungendosi con i contrafforti di Monteforte

Cilento e Magliano Nuovo, chiudeva a ponente la valle da

raggiungere, nella quale scorrevano le copiose acque del

fiume Calore. Scesi alla stazione, nel bel mezzo della

pianura di Paestum, e saliti questa volta su di un carretto a

trazione animale, piuttosto scomodo, carico di bagagli,

strumenti di rilevazione, un barometro a mercurio ed un

45

termometro per le livellazioni barometriche , blocco

notes, la cartina topografica militare, regolo calcolatore,

una serie di paline da misurazione bianche e rosse, proseguirono

il viaggio lentamente per la sconnessa e polverosa

via provinciale per Roccadaspide. Costeggiando il boscoso

versante orientale del monte Vesole e Chianiello, attraversato

Castel San Lorenzo, dopo aver valicato il ponte sul

Calore in località Casale, giunsero finalmente in paese

soltanto a tarda sera.

Dopo una sosta a Felitto di qualche giorno, necessari per

completare gli studi e i rilievi per la redazione del progetto,

ripresero la via del ritorno, salendo sul treno viaggiatori

diretto a Sapri, che da Capaccio li portasse questa volta alla

stazione di Vallo scalo.

2 La vecchia stazione di Sapri

con una locomotiva a vapore in

primo binario

45

La livellazione barometria consiste nella misura della differenza di quota fra

due o più punti al fine di determinare la loro quota, definita come la sua

altezza rispetto ad una superficie di riferimento che generalmente viene presa

sulla superficie del mare.

La misurazione viene effettuata dalla rilevazione della pressione atmosferica,

con uno strumento detto barometro a mercurio, il cui valore varia in funzione

della quota del punto in cui si misura, ed è influito ulteriormente dalla

temperatura dell'aria, misurata da un termometro. Con un'appropriata

formula matematica e con i valori misurati con i due strumenti si può risalire

con sufficiente approssimazione alla quota altimetrica.

105


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

3 Planimetria di progetto

dell’impianto idroelettrico di

Felitto

Da qui poterono effettuare gli ultimi studi

eseguendo i rilievi lungo la strada carrozzabile

che conduceva a Vallo, la cui sede sarebbe

stata occupata per una parte dai binari della

tramvia elettrica. A quei tempi la strada era

transitata da una corsa di diligenza per

Salerno, passando per Prignano, da qualche

carretto per collegare la stazione con il centro

cittadino e da numerosi asini carichi di materiale.

Da Vallo si diramavano altre due vie

carrozzabili provinciali, una lo collegava a

Stio, raggiungendo Laurino e Felitto, e l'altra a

Cuccaro Vetere fino a Sanza, che insieme al

tratto proveniente da Salerno rappresentano il

vecchio tracciato della Strada Statale 18,

Tirrenia Inferiore.

Con il soggiorno a Vallo furono eseguiti tutti

gli studi e i rilievi, potendo finalmente fare

ritorno a Salerno, dove, presso lo studio di

Roberto Guiscardo, venne redatto il progetto

di massima per la derivazione dal fiume

Calore e per la realizzazione della linea tramviaria.

Completati gli elaborati, a luglio inviarono

al Ministero dei Lavori Pubblici la

domanda di concessione di derivazione,

avviando la fase di istruttoria; al comune di

Vallo della Lucania l'istanza per il consenso

all'occupazione del tratto interno all'abitato,

sul quale sarebbe dovuta transitare la tramvia

elettrica, e all'amministrazione provinciale

per la concessione di occupazione della strada

rotabile. Alla presidenza della Provincia

all'epoca c'era l'onorevole ottantenne

Pasquale Atenolfi, personalmente interessato,

come i suoi nipoti Talamo i figli della sorella

Chiara, al collegamento della stazione con il

capoluogo, la cui linea sarebbe passata in

prossimità delle sue proprietà a Castelnuovo.

Il progetto di massima per lo sfruttamento

idroelettrico del fiume Calore, in origine

prevedeva una derivazione di tredici moduli

di acqua alla quota 184 metri sul livello del

mare, utilizzando un dislivello di 54 metri

dalla presa alla restituzione, e di metri 40,40

106


La Società Idro-Elettrica Lucana: L’impianto idroelettrico e la tramvia di Vallo della Lucania

fra i peli di acqua morti a monte e a valle del meccanismo

motore, con una produzione di 533 cavalli.

Con una nota del 26 marzo 1908, a firma del Prefetto, nel

ruolo di presidente della Deputazione provinciale, ottennero

la concessione per l'occupazione di parte del suolo

stradale sulla rotabile per Vallo; con Decreto del 1909, a

seguito dei nulla osta delle altre amministrazioni competenti,

l'ammissione della domanda in istruttoria con la

dichiarazione di pubblica utilità dell'opera di derivazione

sul fiume Calore. Il progetto definitivo approvato dal

Genio Civile, come descritto in precedenza, ha previsto

l'utilizzo di un dislivello di 39 metri con un salto utile di

37,40 metri, inferiore di tre metri rispetto al progetto

originario.

Con la successiva legge per la concessione e costruzione

delle ferrovie, la n. 444 del 12 luglio 1908, in base all'art. 18

il Governo fu autorizzato a concedere per la costruzione e

l'esercizio di tramvie extraurbane, sovvenzioni annue fino

a 1500 lire al chilometro per un periodo non maggiore di 50

anni, e fino a 2000 lire a chilometro per le tramvie extraurbane

in regioni montuose, oppure destinate a congiungere

capoluoghi di provincia o di circondario ad una prossima

stazione ferroviaria o ad un approdo marittimo, lacuale o

fluviale.

Alla tramvia elettrica per Vallo spettava dunque la sovvenzione

maggiore. A seguito del consenso ottenuto per

l'occupazione della strada provinciale, occorreva ora

aspettare l'istruttoria presso il Ministero dei Lavori

Pubblici e del Tesoro, al fine di ottenere le sovvenzioni e

giungere al rilascio del decreto definitivo per l'esercizio

della linea tramviaria.

Un collegamento diretto dalla stazione ferroviaria risultava

necessario per raggiungere rapidamente il capoluogo

di Circondario, che all'epoca rappresentava un centro

amministrativo e di servizi per tutto il Cilento; residenza

del Vescovo con il seminario, sede di Sottoprefettura, di

Delegazione di Pubblica Sicurezza, del Tribunale circondariale

con le carceri, di una Compagnia di Gendarmeria,

di una Guarnigione di soldati, di quattro Compagnie di

Guardie Nazionali, della Camera notarile, del Distretto

per l'esazione di tasse ed imposte, degli Uffici finanziari,

del Catasto, del Genio Civile, dell'Ufficio postale e telegrafico,

divenendo luogo di residenza di impiegati, avvocati e

professionisti.

107


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

4 La sede di sottoprefettura e il

municipio a Vallo della Lucania

nel 1908

5 Sede milanese della Banca

Commerciale Italiana

Ora, giunti a questo punto, era fondamentale risolvere il

problema maggiore, bisognava reperire i capitali per la

realizzazione dell'opera, altrimenti si rischiava il fallimento

dell'intero programma.

In generale la storia dell'industria elettrica e dei trasporti è

stata sempre caratterizzata da uno stretto legame con

quella finanziaria, la ingente quantità di capitale occorrente

alla realizzazione delle opere dava luogo ad una grande

mobilitazione di risorse, alimentando a sua volta un

consistente mercato dei titoli azionari o obbligazionari.

In questo sistema le banche svolsero un ruolo determinante

nel rastrellamento dei capitali occorrenti, fungendo da

tramiti naturali fra il mercato e le maggiori società elettriche

o le aziende ferroviarie nelle quali intervenivano con i

loro rappresentanti nei consigli di amministrazione, come

avveniva per la Banca Commerciale Italiana.

108


La Società Idro-Elettrica Lucana: L’impianto idroelettrico e la tramvia di Vallo della Lucania

Dunque l'unico modo di reperire i capitali era la costituzione

di una società anonima per azioni che avrebbe consentito

di esercitare l'attività, dove la partecipazione dei soci al

capitale sociale poteva essere rappresentata da azioni a

loro assegnate in proporzione alla parte di capitale da essi

sottoscritta, versate ad un Istituto di credito.

Per raggiungere lo scopo, i due ingegneri si rivolsero ad

alcuni autorevoli cittadini dei paesi più vicini al capoluogo

del Circondario che potevano essere interessati al programma

d'investimento industriale, affinché organizzassero

un comitato promotore per la costituzione di una

società, il cui scopo era di sfruttare l'energia elettrica

ricavabile dalla concessione, per illuminazione e forza

motrice, e di usufruire dei notevoli vantaggi concessi con

la legge del 1908 per costruire e gestire la tramvia dalla

stazione ferroviaria al capoluogo, per il trasporto di merci

e persone.

Nonostante il mercato fosse meno ricettivo delle più

avanzate piazze europee e di altre regioni del Regno,

grazie alla sicurezza di opportuni sussidi destinati ad un

servizio di pubblica utilità, e alla fiducia rimessa sui ricavi

derivanti dalla distribuzione dell'energia elettrica e dalla

gestione di una linea di trasporti su rotaia, destinata ad un

movimento di massa, anche in questa area isolata

dell'Italia Liberale, la proposta fu accolta con grande

entusiasmo da un èlite di signori locali, incentivati ad una

partecipazione attiva nell'affare di inizio secolo: la produzione

di elettricità e la sua utilizzazione.

Il costituito comitato era composto dai signori Gaetano

Passarelli, Giuseppe Ippoliti, Armido Rubino, Enrico

Solari, Francesco Ebner e Leopoldo Stromillo, tutti con una

notevole capacità d'influire sulla vita politica, economica e

sociale del Circondario.

Redatto uno statuto societario, lo divulgarono immediatamente

nei paesi interessati con lo scopo di promuovere la

costituzione della società, riscuotendo fin da subito numerose

adesioni sia da parte della ricca e media borghesia

locale, sia da parte di piccoli risparmiatori, negozianti,

artigiani ed agricoltori, tutti interessati allo stesso modo ad

un intervento diretto nel sicuro affare.

Per l'adesione alla società, così come prevedeva il Codice

del Commercio del 1882 che disciplinava la materia commerciale

e delle società, a seguito di un avviso del presidente

pro tempore Passarelli, di febbraio 1910, i soci

6 Da sinistra: Francesco Ebner,

Gaetano Passarelli, Giuseppe

Ippoliti e signora, Fiuggi 1920

109


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

7 Atto costitutivo della Società

Idro-Elettrica Lucana, 25 giugno

1910

versarono presso la Cassa di Risparmio Salernitana una

somma pari ai tre decimi dell'ammontare delle azioni

rispettivamente accettate, affinché li depositasse a sua

volta presso un Istituto di emissione. Raggiunta la somma

di 60.000 lire, la Cassa li depositò a giugno presso la

succursale di Salerno della Banca d'Italia.

Il giorno quindici di quel mese, l'Ufficio del Genio Civile di

Salerno trasmetteva alla Regia Prefettura il disciplinare in

base al quale si doveva emettere il decreto definitivo di

concessione di derivazione, e comunicava che prima

dell'accettazione dello stesso, i concessionari dovevano

versare alla Cassa del competente Ufficio Demaniale, due

annualità del canone a titolo di cauzione e garanzia della

perfetta osservanza degli obblighi della concessione.

La società a questo punto doveva essere costituita così da

subentrare come definitiva titolare delle istanze di concessione

già inoltrate. Pertanto l'ingegnere Manzi inviò una

richiesta al Prefetto e al Ministero dei LL.PP. affinché l'atto

di sottomissione ed il decreto di concessione della derivazione

e della tramvia fossero intestati alla costituenda

società, ed in accordo con il comitato promotore stabilirono

la data del 25 giugno per la stipula dell'atto costitutivo,

allo studio del notaio Domenico Penza, presso l'abitazione

di Casalvelino.

Il palazzo Penza è ubicato in via salita Velina nella parte

alta del paese di Casalicchio, così come si chiamava il

vecchio borgo di Casalvelino prima che gli venisse sostituita

l'antica denominazione con quella attuale in seguito al

Regio Decreto 1893. Anche in quel palazzo fu ospitato il

geologo De Giorgi nel suo viaggio nel Cilento, accompagnato

poi dai padroni di casa a visitare le rovine della

leggendaria città di Velia.

Il 25 giugno 1910 nello studio del notaio fu così costituita la

Società anonima per azioni con la denominazione di

Società Idro-Elettrica Lucana con sede a Vallo della

Lucania in Piazza Vittorio Emanuele, con un capitale

sociale iniziale di 220.000 lire, diviso in 2.000 azioni del

valore nominale di 100 lire ciascuna, e 200 azioni per lire

20.000 da corrispondere per metà ad ognuno dei progettisti

nel momento in cui la società avesse dato inizio

all'esercizio dell'attività industriale, e 10.000 lire in contanti

così come pattuite quando fosse iniziata la costruzione

delle opere di derivazione e dell'impianto sul fiume

Calore.

110


La Società Idro-Elettrica Lucana: L’impianto idroelettrico e la tramvia di Vallo della Lucania

Tutti i costituiti intesero procedere alla nomina del primo

consiglio di amministrazione al quale venne affidata la

gestione della società, rimanendo in carica fino

all'assemblea ordinaria del 1912.

Per unanime consenso furono nominati come componenti

del consiglio, i signori azionisti, Gaetano Passarelli,

Eduardo Talamo, Antonio De Hippolitis, Giuseppe

Ippoliti, Armido Rubino, Pietro Severini, Tommaso

Torrusio, Giovanni Scorzelli e Prospero Volpe; e del

collegio dei Sindaci effettivi, come organo di vigilanza per

il rispetto delle leggi e dello statuto, i signori Francesco

Ebner, Scipione Pinto e Tommaso Lillo, e come supplenti

Raffaele Palumbo e Tommaso Campanile.

Nella stessa sede fu deciso, che una volta completati gli

studi definitivi per le opere di derivazione e per

l'illuminazione nei paesi compresi tra Felitto e Vallo,

qualora il consiglio di amministrazione avesse ritenuto

non sufficiente il capitale sociale sottoscritto, restava

autorizzato a procurarsi la restante somma necessaria con

un aumento di capitale fino ad altre 100.000 lire con

l'emissione di altre azioni o obbligazioni, o appaltando

l'opera con la condizione che il credito residuo vantato

dall'assuntore dei lavori e dei relativi interessi, gli fosse

pagato in un numero di rate annuali da stabilire.

Semmai il consiglio avesse preso la decisione di emettere

nuove azioni, le stesse si sarebbero dovute collocare di

preferenza tra gli azionisti che ne avessero fatto richiesta in

proporzione a quelle già possedute, informando i soci con

l'inserzione sul Bollettino degli annunzi di Salerno e con

appositi manifesti affissi al pubblico.

Costituita la società, veniva convocata per il venti dicembre

un'assemblea straordinaria dei soci presso la Casa

comunale, per discutere e deliberare, sulla relazione del

consiglio di amministrazione, in seguito all'esame e al

parere tecnico-finanziario rilasciato dall'ingegnere

Guglielmo Melisurgo, sul progetto di utilizzazione della

forza idraulica ricavabile dal fiume Calore e della tramvia

elettrica Vallo della Lucania Stazione Ferroviaria. In

considerazione dell'entità e complessità delle opere da

realizzare, il consiglio volle sottoporre il progetto degli

ingegneri Manzi e Pinto all'esame di un illustre luminare e

studioso. Melisurgo aveva appena pubblicato con l'editore

Vallardi di Milano, il Trattato generale teorico pratico

46

dell'arte dell'ingegnere civile, industriale ed architetto.

8 Statuto della Società Idro-

Elettrica Lucana

9 Guglielmo Melisurgo

111


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

10 Copertina del Trattato

G e n e r a l e d i M e l i s u r g o

pubblicato dalla casa editrice

Vallardi, 1912

Nel 1906 venne nominato dalla Società Meridionale di

Elettricità, direttore dei lavori dell'impianto idroelettrico

ad Olevano sul Tusciano, in sostituzione dell'ingegnere

svizzero Alfredo Gaulis.

Proveniva da una nobile famiglia napoletana con una

grande esperienza nella progettazione e realizzazione di

ferrovie. Giulio ed Emmanuele Melisurgo, padre e nonno

di Gugliemo, avevano affiancato Bayard nella costruzione

della Napoli-Portici, la prima linea ferroviaria italiana.

Entrambi avevano avuto una formazione internazionale a

Londra e a Parigi. Giulio Cesare, uno dei più grandi progettisti

ferroviari d'Europa, divenne nel 1863 ingegnere

delle Strade Ferrate Meridionali, e per la Società per le

Ferrovie Napoletane, costituita a Roma da imprenditori

belgi, con sede a Bruxelles, progetta la Ferrovia Cumana

realizzata tra il 1889 e il 1890, che risultò essere la prima

ferrovia metropolitana d'Italia, e la seconda al mondo

47

dopo quella di Londra.

11 Inaugurazione della ferrovia

Napoli-Portici, Museo di San

Martino, Napoli

46

Guglielmo Melisurgo, Ingegnere e Architetto, nato a Napoli il 23 Febbraio

1857, ha lavorato come ingegnere all'ufficio tecnico del Comune di Napoli dal

1883 al 1900. È conosciuto soprattutto per la dedizione dimostrata

nell'esplorazione sistematica della rete di gallerie, canali e pozzi nel sottosuolo

di Napoli, pubblicando nel 1889, a seguito delle indagini, un saggio intitolato

“Napoli sotterranea”. Fino al 1907 ha svolto il ruolo di direttore dell'ufficio

tecnico della Società per il Risanamento di Napoli, per la quale realizzò, dal

1897 al 1908, il monumentale complesso universitario su Corso Garibaldi, tra

la Stazione Centrale e Piazza della Borsa, in collaborazione con l'architetto Pier

Paolo Quaglia. Professore onorario della Scuola Superiore di Architettura

delle Belle Arti di Napoli, nel 1937 pubblica il Piano Regolatore di Napoli oltre

ad altri innumerevoli studi scientifici.

47

La ferrovia Cumana venne realizzata per facilitare le comunicazioni fra

Napoli e la costa Flegrea. Inizialmente di interesse balneare turistico, e

successivamente anche industriale, quando incominciarono a sorgere

insediamenti metalmeccanici come l'Armstrong e l'ILVA.

112


La Società Idro-Elettrica Lucana: L’impianto idroelettrico e la tramvia di Vallo della Lucania

A seguito del parere positivo

dell'autorevole ingegnere, con un

avviso a firma di Passarelli, veniva

convocata per il 30 marzo l'assemblea

ordinaria, dove si discusse, insieme agli

ingegneri Manzi e Pinto, sugli ultimi

adempimenti per il rilascio della concessione

e sull'esecuzione delle opere. In

quella seduta l'assemblea elesse presidente

il dott. Armido Rubino, e autorizzò

il ritiro di tre decimi delle azioni

già versate per le successive spese. Il 21

agosto, la società provvedeva al versamento

di 4.201,62 lire per il rilascio della

concessione, pari a due annualità del

canone a titolo di cauzione.

Così l'undici settembre sarà il presidente

Rubino a sottoscrivere il disciplinare

di concessione, come stabilito dal regolamento

sulle derivazioni di acque

pubbliche, e il 24 settembre 1912, il

definitivo Decreto rilasciato a firma

dell'allora Prefetto di origini napoletane

dott. Gennaro Bladier.

Prefetto da settembre 1911 fino ad agosto 1914, anno in cui

fu inviato alla prefettura di Pavia, per i suoi capelli bianchissimi

rigidamente a spazzola e con i baffi ugualmente

bianchi, grossi e folti tirati accuratamente in su, a sua

insaputa era conosciuto con il nomignolo di capa 'e gesso,

proprio per il suo bianco volto.

E di baffoni, allo studio del notaio Penza il giorno della

costituzione della società, ce ne erano veramente molti,

iniziando dal presidente Rubino, con i suoi capelli neri a

spazzola e i grossi baffi curvati all'insù dello stesso colore.

Quegli anni di inizio secolo corrispondono all'ultimo

periodo di un'epoca in cui i grandi baffi, le basette, e le

barbe erano proprio alla moda, un simbolo di potere e di

maturità maschile.

Con il rilascio della concessione e l'inizio della costruzione

dell'impianto, nell'assemblea ordinaria generale fissata

per il 31 marzo 1913 a Vallo della Lucania, si discusse sulla

relazione del consiglio e dei sindaci, sul bilancio al 31

dicembre 1912 e sulla tramvia Vallo-Stazione.

12 Ritratto di Armido Rubino,

inizio del Novecento

113


13 Vallo della Lucania agli inizi

del Novecento


Capitolo VII

Il Consiglio di amministrazione e i soci azionisti della SIEL

Sul foglio delle inserzioni della Gazzetta Ufficiale del

Regno, di venerdì primo marzo 1912, venne pubblicato

l'avviso di convocazione dell'assemblea generale degli

azionisti per il giorno 30 marzo, in prima convocazione, e

nel caso non si fosse raggiunto il numero legale, il 3 aprile

in seconda convocazione. All'ordine del giorno compariva

l'approvazione dei bilanci 1910-1911, le comunicazioni del

consiglio di amministrazione e la nomina delle cariche

sociali.

In seguito all'assemblea, la presidenza del consiglio di

amministrazione della SIEL rimase al cav. uff. Armido

Rubino, medico chirurgo di Vallo della Lucania dove

nacque il 14 maggio 1861, residente alla frazione di

Angellara in un palazzo che ampliò negli anni Trenta in

tardo stile Liberty, dove sulla porta d'ingresso fa bella

mostra una cornice in pregevole stucco che contorna le sue

iniziali, AR.

Un democratico liberale, formatosi tra le file della sinistra

storica di De Pretis, rispettato e conosciuto nella società

dell'epoca, per moltissimi anni comandò la vita politica di

Vallo, nel cui Mandamento fu eletto consigliere provinciale.

Persona molto colta e onesta, riscuoteva abbondanti

consensi per il suo costante impegno professionale che

considerava una vera e propria missione di solidarietà,

raggiungendo i suoi pazienti col suo immancabile calesse.

Venne nominato membro del Consiglio provinciale di

Sanità nel triennio 1903-1905.

Tra gli azionisti appariva anche la sorella del dottore, la

signora Maddalena, e la sposa, la signora Carmela Cobellis

di Vallo e i fratelli, Nicola ed il dott. Leopoldo, che negli

anni Venti iniziava la costruzione di una Casa di Cura.

1 Il centro abitato di Angellara e

in alto Novi Velia

115


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

2 Giovanni Pesce

3 Angelo Pesce

4 Telegrafo Western Electric

Italiana, Milano

La vice presidenza fu assunta dal cav. Cesare Pesce di

Laurino, socio azionista insieme ai due fratelli, Giovanni e

Angelo.

Giovanni, canonico della collegiata di S. Maria Maggiore e

direttore della Scuola Agraria con annesso giardino per gli

esperimenti, fondò la Società Operaia di Mutuo Soccorso e

la banda cittadina.

Angelo, che svolgeva la professione di avvocato, in quegli

anni fu eletto prefetto a Reggio Calabria dove arrivò per

volontà di Giolitti in occasione del terremoto del 1908. In

quella occasione fu determinante l'utilizzo della ferrovia

per i servizi di approvvigionamento e soccorso nei luoghi

del terremoto che distrusse le città di Messina e Reggio

Calabria, impegnando 4000 carri e 1000 vagoni allestiti per

l'alloggio dei senza tetto. Il padre, il cavaliere Gherardo

Pesce, circa trenta anni prima, sindaco perpetuo a Laurino

per forte volere dei suoi concittadini, anche egli aveva

accompagnato il geologo De Giorgi per un lungo tratto di

strada, quando il 13 maggio 1881 decise di ripartire da

Laurino per proseguire il suo viaggio per Vallo, nelle terre

dell'antica Lucania.

Risalendo la valle del torrente Trenico, affluente del Calore

che divideva con il suo corso i centri di Campora e Stio, il

percorso da seguire fino a Vallo veniva segnalato dalla

linea del telegrafo elettrico, i cui pali in legno gli apparivano

come sentinelle messe a guardia della sottostante

vallata. La popolazione era quindi già abituata a vedere

alcuni paesi uniti da un filo elettrico, quello del telegrafo a

corrente continua fornita da una pila o dinamo, e che nella

zona, dal 1870 circa, univa gli uffici telegrafici di Eboli,

Campagna, Capaccio, Roccadaspide, Laurino, Piaggine

Soprane e Vallo della Lucania con la stazione telegrafica di

Salerno, la cui sede venne inaugurata ad agosto del 1853,

collegata a sua volta alla linea di Napoli. Tra i primi a

proporre l'istituzione del servizio telegrafico in

provincia di Salerno è stato Francesco Alario

nella sua prima seduta del consiglio provinciale

nel 1861.

Tornando ai componenti del consiglio di amministrazione,

in qualità di socio azionista venne

eletto segretario il professore Giuseppe Di Vietri,

canonico e teologo della cattedrale di Vallo della

Lucania, dirigente di un istituto privato che

assicurava una formazione ginnasiale.

116


Il Consiglio di amministrazione e i soci azionisti

Il maggiore azionista, che ebbe fin dall'inizio un ruolo

determinante nell'andamento della società, e fondatore di

alcune imprese elettriche concessionarie di distribuzione,

era l'influente possidente cavaliere Gaetano Passarelli

originario di Novi Velia, residente a Vallo insieme alla

signora Anna Morra nel signorile Palazzo di famiglia.

Molto attivo nella vita politica del circondario, in quegli

anni ricopriva la carica di sindaco del comune di Vallo

della Lucania, eletto nel 1909 dopo lo scioglimento del

consiglio comunale, dispensando il suo impegno per la

rinascita civile ed economica della città, convinto sostenitore

delle nuove opportunità offerte dal progresso tecnologico

nel settore della produzione elettrica e dei trasporti.

Tra gli azionisti compariva anche suo cognato, il cavaliere

Vito Morra, colto e agiato signore di Magliano Vetere,

residente a Capizzo, anche lui fondatore di un'impresa

elettrica per la distribuzione di energia.

Vito ereditò da suo padre, oltre che le proprietà e il notevole

Palazzo di Albanella, acquisite dal matrimonio con

Gaetana Albini di nobile casato, anche la passione per la

scienza e la tecnica, infatti Alfonso Morra, conosciuto

come ingegnere, si diplomò nel 1872 in matematica presso

la Regia Università di Napoli. All'epoca l'ammissione alla

Regia Scuola di Applicazioni per gli Ingegneri, era riservava

ai laureati in matematica, e la durata degli studi era

48

fissata in due anni.

Il 1910, l'anno di costituzione della società, Vito annuncia

nel mese di marzo il suo matrimonio con Elisa, la figlia del

cavaliere Pietro Avenia di Finocchito, con la gradita

partecipazione alla cerimonia di suo cognato Gaetano, e

alla fine di questo anno fortunato, la nascita della figlia

Maria a dicembre.

Tra i soci azionisti della SIEL non poteva mancare il pioniere

di Laurino, il cavaliere Raffaele Marotta, e suo fratello

Gaetano, sacerdote nel piccolo centro. Parente del cavaliere

era il conterraneo e valente avvocato Giuseppe Ippoliti,

consigliere provinciale, promotore e socio azionista,

5 Gaetano Passarelli

6 Famiglia Morra, 1928 (seduto a

destra Vito Morra, a sinistra il

padre Alfonso)

48

Successivamente, alla fine del secolo, gli statuti delle Regie Scuole di

applicazioni per gli Ingegneri in Italia, ormai unificati, stabilivano che

potessero essere ammessi studenti muniti di licenza Fisico-Matematica, e che i

corsi avessero durata triennale, conducendo al conseguimento del titolo di

Ingegnere civile o di Architetto. A Napoli, nel 1887 il professor Guido Grassi

fondò la Scuola di Elettrotecnica, e nel 1901, il professor Gaetano Bruno,

ordinario di Costruzioni Idrauliche, fondò la Scuola di Ingegneria Industriale

e Navale.

117


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

7 Il matrimonio del Cav. Vito

Morra, marzo 1910. Ultimo nella

seconda fila a destra, Gaetano

Passarelli.

8 Ulisse Ippoliti

consulente legale per anni di Passarelli, che seguendo la

carriera di suo padre, il cavaliere Ulisse Ippoliti, notaio e

vice pretore del mandamento, fu nominato vice pretore

del circondario di Vallo

Sempre di Laurino, erano presenti Luigi, Angelomaria e

Raffaele Marino, quest'ultimo presidente della Società

Operaia, ed il farmacista cavaliere Salvatore Durante,

componente di una delle più importanti famiglie dell'alta

borghesia laurinense, proprio in quegli anni sindaco del

paese.

Insieme agli altri soci comparivano il notaio e avvocato

Francesco Ebner di Ceraso, promotore e membro del

collegio sindacale, papà del piccolo Pietro di appena otto

anni, divenuto in maturità il rispettato medico e instancabile

studioso di archeologia, numismatica e delle vicende

storiche che interessarono la sua terra; il monsignore Paolo

Iacuzio di Forino, vescovo di Capaccio e Vallo della

Lucania da luglio 1901 e amministratore apostolico di

Diano, promosso nel 1907 arcivescovo di Acerenza e

Matera, vi rinunziò per la plebiscitaria manifestazione di

affetto nella diocesi, nel 1917 fu poi nominato arcivescovo

di Sorrento; il cavaliere Francesco Romano, consigliere di

Prefettura, originario di Ferrandina in provincia di

Matera; il Barone Mattia Gagliardi e suo fratello, il cavaliere

Luigi, eredi di Francesco l'ultimo intestatario del feudo

di Casalicchio, e con meraviglia l'inaspettato cavaliere

118


Il Consiglio di amministrazione e i soci azionisti

Francesco Priore, originario di Polla, ingegnere capo

dell'Ufficio tecnico provinciale di Salerno, che fin

dall'inizio aveva seguito la procedura amministrativa

della domanda di concessione.

Altro socio azionista con funzioni di sindaco effettivo, era

il possidente Scipione Pinto, originario di Vallo, direttore

dell’agenzia della Banca Popolare Cattolica Salernitana e

assessore nella giunta municipale con il sindaco Passarelli.

Discendente di un'illustre famiglia del casale era padre di

Pasquale, Alfredo e Nicola. Pasquale, di professione

avvocato, rivestì la carica di Commissario governativo

dell'Istituto di previdenza sociale per le provincie di

Salerno e Potenza e di Direttore della Cassa Rurale di

Vallo; Alfredo, canonico della Chiesa di S. Maria delle

Grazie, che agli inizi degli anni Venti assunse l'iniziativa di

costruire in Piazza Vittorio Emanuele un edificio da

adibire ad asilo d'infanzia, ospitando un corso di scuola

elementare; Nicola, di professione ingegnere, diverrà

l'ingegnere di fiducia del comune di Vallo, occupandosi

della direzione dei lavori per la costruzione dell'edificio

scolastico in prossimità di Piazza dei Martiri.

Dopo aver frequentato il primo anno all'Università di

Pavia, nell'anno accademico 1906-1907, si trasferì a

Bologna dove si era diplomato in ingegneria presso la

Scuola completa di Applicazione per ingegneri, avviata

all'interno della facoltà di matematica alla Regia università

di Bologna.

9 Edificio delle scuole elementati

in prossimità di Piazza dei

Martiri

10 Chiesa S. Maria della Grazie

119


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

11 Gugliemo Marconi

12 Roberto Talamo

Cinque anni prima, il 24 marzo 1904, in

quell'università venne conferito il diploma di

laurea in ingegneria ad honorem a Gugliemo

Marconi, con l'istituzione ufficiale della cattedra di

elettrotecnica, già presente dal 1899. Il caso volle

che Nicola si diplomasse nello stesso mese e nello

stesso anno, quando a dicembre 1909 venne conferito

all'inventore italiano il premio Nobel per la

fisica a Stoccolma, per il contributo dato allo

sviluppo della telegrafia senza fili. Per il giovane

ingegnere il conseguimento del diploma nella

stessa università, il cui nome brillava insieme a

quello di Marconi, rappresentò sicuramente un

buon auspicio per la sua carriera professionale.

Un'altra coincidenza che fa onore al nome

dell'antica terra della Lucania è l'inizio della

diffusione delle apparecchiature radiotelegrafiche

sulle navi, quando la compagnia di navigazione

britannica Cunard Line dotò per la prima volta il

piroscafo Lucania e Campania di un apparato

telegrafico. Proprio sul Lucania, quando il 22

agosto 1903 dal porto di Liverpool salpa per New

York, Marconi durante la traversata dell'atlantico apporta

dei perfezionamenti per aumentare maggiormente la

distanza delle radiocomunicazioni, mantenendo regolare

la ricezione dei radiotelegrammi spediti dall'Inghilterra,

Canada e Stati Uniti. Il 7 maggio dell'anno successivo, dal

piroscafo Campania, salpato dallo stesso porto inglese,

mantenne durante il viaggio collegamenti con le stazioni

di terra e il transatlantico Lucania, iniziando la pubblicazione

regolare a bordo della nave di un bollettino quotidiano

con le notizie radiotelegrafate.

Riprendendo la presentazione dei soci, a seguire, fra i

maggiori azionisti, ritroviamo: il possidente Antonio De

Hippolitis, appartenente ad un'illustre famiglia di Vallo,

che aveva avuto un ruolo rilevante nella storia del paese, e

l'avvocato Filadelfo De Hippolitis, sindaco in carica dal

1914, che nei primi venti anni del Novecento si alterna alla

guida del comune con Gaetano Passarelli; i fratelli Talamo,

l'ingegnere Eduardo, consigliere provinciale di Salerno,

nominato componente del consiglio di amministrazione

della SIEL, e l'avvocato Roberto, originario di Avellino,

deputato di sinistra eletto al parlamento nel collegio di

Vallo della Lucania. Figura di spicco nella vita politica

120


Il Consiglio di amministrazione e i soci azionisti

salernitana, ex sottosegretario di Grazia e Giustizia dal

1901 a novembre del 1903 con il governo Zanardelli.

Nipoti del rimpianto marchese Pasquale Atenolfi, che a

dicembre del 1908 si spense a Cava all'età di 83 anni,

ereditarono il titolo di marchesi di Castelnuovo, riconosciutogli

poi nel 1915.

Eduardo, nato a Cava dei Tirreni nel 1858, risiedeva a

Roma. Laureato in architettura presso l'Università di

Zurigo e in ingegneria al Regio Istituto Tecnico Superiore

di Milano, frequentava da tempo gli ambienti industriali

del napoletano, protagonisti del settore elettrico e dei

trasporti su ferro. Con la nazionalizzazione delle ferrovie

nel 1905 venne nominato membro della commissione per

la riorganizzazione delle Ferrovie dello Stato.

Nel 1910, lo stesso anno di costituzione della SIEL, fu

nominato amministratore della Società anonima strade

ferrate meridionali, SFSM, per l'esercizio della

Circumvesuviana, passata agli inizi del Novecento sotto il

controllo e la managerialità della Società Meridionale di

Elettricità. Dunque, per evidenti motivi, si mostrava

interessato soprattutto alla realizzazione della tramvia

elettrica di Vallo, che tra l'altro sarebbe passata proprio

nelle immediate vicinanze del centro abitato di

Castelnuovo.

13 Il piroscafo Lucania della

compagnia di navigazione

britannica Cunard Line

14 Radiotelegramma dal

piroscafo Lucania da New York

a Liverpool, 1901

121


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

L'elenco dei soci minori e con un numero modesto di

azioni è lungo, ma tra questi si possono ricordare: il medico

chirurgo dott. Tommaso Lillo, originario di Stio, in

qualità di sindaco effettivo insieme a Giuseppe Pasca;

l'avvocato Raffaele Palumbo di Vallo, tra i sindaci supplenti;

il ragioniere Federico Petrone nato e domiciliato a

San Cipriano Picentino, in qualità di cassiere; il farmacista

Giuseppe Fortunato, agguerrito sostenitore di Talamo; il

possidente Giuseppe Feola e suo figlio Teodosio di

Campora; il negoziante Luigi Schiavo ed il fratello

Gaetano di Vallo; gli appaltatori Giuseppe e Luigi Salerno

di Castel San Lorenzo, titolari della prima ditta di servizi

automobilistici della valle del Calore; l'appaltatore Attilio

Pagliara di Salerno; il Cavaliere avvocato Nunziato Alario,

nato a Napoli e domiciliato a Moio, dove verrà eletto

sindaco; Luigi Passarelli e suo figlio, il dott. Giuseppe

medico chirurgo, persona molto attiva ed intelligente; il

possidente Angelo Gnazzo di Felitto, che richiese

all'amministrazione comunale di ottenere la concessione

di distribuzione dell'energia elettrica nel paese; e i possidenti

di Campora, Giuseppe Calabria e Antonio Casuccio,

che costituirono in società l'omonima impresa elettrica.

Tra i soci comparivano anche i fondatori della ditta Ravera

& Solari con sede a Massascusa nel comune di Ceraso, dove

costruirono una fabbrica di estratti tannici, conosciuta ed

apprezzata in molti paesi europei. Antonio Ravera, nominato

Cavaliere del Lavoro il 3 aprile 1902 per il settore

industria, insieme al fratello Giovanni, acquistarono ad

ottobre 1899 da Corradino Ferrara di San Biase, oltre a

migliaia di piante di castagni e di querce, i diritti per la

costruzione di uno stabilimento, comprendente

l'installazione di una turbina e di caldaie per la produzione

di vapore, la realizzazione di una ciminiera e vari ambienti

necessari alla lavorazione del legno e l'estrazione del

tannino, molto richiesto soprattutto per la concia delle

49

pelli. L'industria assorbì molta manodopera dai piccoli

centri di San Biase e Massascusa, riuscendo a marginare il

fenomeno dell'emigrazione che nel 1911 spopolò il territorio

del Cilento.

49

Il tannino è una sostanza presente negli estratti vegetali ed in particolare

nella corteccia di piante come la quercia, il castagno, l'abete e l'acacia, capace di

combinarsi con le proteine della pelle animale in complessi insolubili, di

prevenirne la putrefazione, e trasformarla in cuoio, rendendola impermeabile

all'acqua.

122


Il Consiglio di amministrazione e i soci azionisti

Il gruppo dei soci era davvero nutrito, qualche buon

elemento di forza intellettuale non mancava, e non mancò

nemmeno l'iniziativa e lo spirito di associazione, come

rimproverato spesso dagli intellettuali e studiosi del

mezzogiorno, accusando l'arretratezza di questo territorio,

e il resto dell'Italia meridionale, proprio all'assenza di

queste essenziali qualità.

In questo particolare periodo caratterizzato dai pionieri

dello sviluppo dell'industria elettrica italiana, il 10 marzo

1912 fu nominato Cavaliere del Lavoro per il suo contributo

allo sviluppo elettrico del paese, l'ingegnere di origine

calabrese Rodolfo Zehender, progettista dell'impianto

idroelettrico di Casaletto Spartano per conto della SIEB,

Società Anonima Idr-Elettrica Bussentina. Socio fondatore

nel 1906 della Società Elettrica delle Calabrie, che nel 1917

stipulò un contratto di fornitura di energia elettrica con le

Tramvie di Reggio Calabria.

Per le tramvie a trazione meccanica, in base al Testo Unico

50

del 1912 venivano confermate le medesime sovvenzioni

governative stabilite con la legge del 1908, relative alla

ferrovie, che per la tramvia di Vallo, destinata a congiungere

il capoluogo di Circondario con la stazione ferroviaria,

risultavano di 2000 lire a chilometro.

15 L’impianto idroelettrico a

Casaletto Spartano

16 Timbro SIEB

17 Tram sul Corso Garibaldi a

Reggio Calabria

50

R.D. n. 1447 del 9 maggio 1912, con cui si approvava il Testo unico delle

disposizioni di legge per le ferrovie concesse all'industria privata, le tramvie a

trazione meccanica e gli automobili.

123


18 Completamento costruzione

d e l l a c o n d o t t a f o r z a t a

dell’impianto idroelettrico della

Società Imprese Elettriche

Bussento a Casaletto Spartano


Capitolo VIII

La costruzione e l’inaugurazione dell’impianto di Felitto

1912-1914

A seguito del decreto di concessione del 4 settembre 1912

la Società Idro-Elettrica Lucana diede inizio agli impegnativi

lavori per la realizzazione delle opere di derivazione e

dell'impianto idroelettrico, diretti dall'ideatore dell'opera

e concessionario dei lavori l'ingegnere Pietro Manzi. Su di

un articolo pubblicato a febbraio 1914, durante lo svolgimento

dei lavori, sulla rivista Il Vigile, un settimanale

politico finanziato dall'onorevole Roberto Talamo,

l'ingegnere venne definito dal professore giornalista

Ulisse De Dominicis un “degno figlio della forte Lucania”,

“uomo incurante degli ostacoli” e tecnico di “instancabile

tenacia”.

Sullo stesso articolo continuava a scrivere che “la centrale

idroelettrica di Felitto darà anche la forza motrice alla tramvia

elettrica stazione Castelnuovo Vallo, i lavori di costruzione della

quale principieranno fra brevi mesi. Con l'aumentare

dell'erogazione di corrente è chiaro che altri complessi generatori

elettrici verranno posizionati nella centrale, che occorrendo

potrà produrre fino a 750 HP”.

A marzo di quell’anno veniva convocata un'assemblea

ordinaria in prima convocazione e in seconda convocazione

per il 28 aprile, con all'ordine del giorno la relazione del

consiglio di amministrazione, la relazione dei sindaci,

l'approvazione del bilancio al 31 dicembre 1913, e la

nomina dei consiglieri dimissionari e sindaci.

In un successivo articolo del 3 maggio, pubblicato sulla

stessa rivista, veniva commentata l'importante assemblea

ordinaria degli azionisti presieduta dal cavaliere Rubino,

riunitasi il 28 aprile 1914 presso la sala del Teatro di Varietà

a Vallo.

1 Decreto di concessione del

1912 rilasciato alla Società Idro-

Elettrica Lucana

125


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

2 Vallo della Lucania, ingresso al

Corso Garibaldi

Alla riunione intervennero la maggior parte dei soci

raggiungendo la rappresentanza di ben oltre milletrecento

azioni sociali.

La seduta venne aperta dal presidente che espose in una

chiara e lucida relazione tutto il lavoro svolto egregiamente

fino ad allora, nonostante le numerose difficoltà e le

ingiustificate diffidenze da parte di qualche socio azionista.

Fu lieto di poter assicurare che entro la fine del mese di

giugno le opere di derivazione e l'impianto idroelettrico

sarebbero divenute una lieta realtà, con l'inizio

dell'esercizio e della produzione di energia entro gli inizi

di settembre.

Il presidente a questo punto fu meritatamente applaudito

dalla platea, che elogiò il suo operato, quello del cassiere

Federico Petrone, che prestava la sua opera in maniera

disinteressata, quella dell'intero consiglio direttivo e il

lavoro dell'egregio ingegnere Pietro Manzi. Con ammirevole

attività, superando svariate e non lievi complicazioni,

continuava il suo incarico con grande impegno al fine di

assicurare la completa riuscita dei lavori.

Tra il generale compiacimento dei soci, il presidente fece

notare che parte dell'energia elettrica era già stata venduta

alle imprese concessionarie, e da tempo la società stava

lavorando attivamente per l'impianto dell'illuminazione

pubblica e privata nei comuni di Campora, Moio della

Civitella, Stio e Gioi Cilento, oltre ad impegnarsi attiva-

126


La costruzione e l’inaugurazione dell’impianto di Felitto 1912-1914

mente per poter iniziare anche i lavori della tramvia

elettrica Vallo città-Stazione.

Completate quindi tutte le importanti opere ritenute di

interesse e benessere sociale, nulla a questo punto poteva

mettere in dubbio che la Società Idro-Elettrica Lucana “si

sarebbe resa meritevole per queste contrade”, avviandosi “ad

una vera, insperata e grandiosa rigenerazione industriale,

economica e sociale”.

E tutto questo accadeva nonostante le innumerevoli

diffidenze che coraggiosamente aveva dovuto affrontare

per affermarsi, in questi paesi dove purtroppo è noto

quanto sia insita nella popolazione la tradizionale deplorevole

apatia per qualsiasi manifestazione di progresso e di

slancio industriale. Alla fine, il merito della Società poteva

essere giustamente valutato soltanto dopo qualche decennio,

“quando queste contrade avrebbero compreso come la loro

attuale apatia è una vera vergogna ed un delitto sociale, e solo

allora, quando tutto questo era ormai divenuto un nefasto triste

ricordo del passato, si sarebbe valutata con ammirazione la sua

grande opera”.

L'assemblea ad unanimità ratificò le nomine all'ingegnere

Dionigi De Sanctis e a Giuseppe Conforti nella qualità di

sindaci successori dei dimissionari dott. Tommaso Lillo e

ing. agronomo Vincenzo Soriello, nominati membri del

consiglio, riconfermando Giuseppe Pasca con la stessa

carica di sindaco. Infine l'assemblea approvò con votazione

unanime il bilancio della società, e su proposta dei due

soci, il Barone Mattia Gagliardi e il prof. Antonio

Castellano, deliberò un applauso finale al presidente, al

cassiere, al consiglio direttivo ed al concessionario dei

lavori ingegnere Pietro Manzi.

Durante la riunione il presidente fu felice di annunciare

che il macchinario completo per l'impianto della centrale,

spedito dalla Società Italiana di Elettricità era già arrivato da

Milano alla stazione ferroviaria di Capaccio, e sarebbe

stato trasportato dopo pochi giorni a Felitto.

Intanto i lavori proseguivano celermente, e completati con

l'installazione di tutte le apparecchiature elettromeccaniche

ed elettriche, la centrale fu inaugurata a dicembre del

1914, con una cerimonia di rito che vide l'onorata presenza

del presidente, del vice presidente della Società, il cav.

Cesare Pesce, del cavaliere Francesco Priore, ingegnere

capo dell'Ufficio tecnico provinciale, e del sindaco di

Felitto, Teodosio De Augustinis.

3 Cesare Pesce

127


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

4 Estratto delle deliberazioni del

comune di Felitto per l’anno

1914, provvedimenti per

l’impianto della luce e del

mulino elettrico (copia conforme

1960)

Il sindaco, ansioso di illuminare e portare il progresso nel

suo piccolo paese della valle, nella seduta straordinaria del

consiglio comunale del 2 agosto di quell'anno, aveva

deliberato sui provvedimenti da prendere per l'impianto

della luce in paese e dell'installazione di un moderno

mulino elettrico.

Dopo l'inaugurazione dell'impianto idroelettrico la stampa

si pronunciò con entusiasmo e orgoglio su questo

straordinario traguardo dell'uomo.

Il quotidiano Il Mattino annunciava l'evento come una

“vera pietra miliare” per l'avvenire di quelle zone, “una

meravigliosa vittoria del progresso”, determinata dalla lotta

dell'uomo sulla forza impetuosa del fiume che scorreva

vigoroso “tra le alpestri libere vette della patriottica Felitto”.

A dirigere la centrale fu scelto il capotecnico Marino

Lobello che già da settembre era a Felitto dove si era particolarmente

distinto per l'installazione della macchina e

degli impianti. Fin da giovane aveva intrapreso questa

professione con spiccata vocazione ed intelligenza, guadagnandosi

la stima delle importanti Società con cui aveva

lavorato a Milano, Benevento e Olevano sul Tusciano. In

quel mese, su proposta del Ministro dell'Interno, il dott.

Rubino con decreto del dieci settembre fu nominato

commendatore nell'Ordine della Corona d'Italia.

A questo punto, dal 1915, per i paesi del Circondario di

Vallo della Lucania iniziò un lento ed irreversibile cambiamento

verso una nuova epoca. Nell'assemblea ordinaria

del 30 marzo, tenuta ugualmente nella sala del Teatro di

Varietà, il presidente presentò un resoconto dei lavori

eseguiti per la realizzazione della grande opera, sottolineando

che parte dell'energia era già stata concessa al comune

di Felitto e alla Società Anonima Lucana Imprese Elettriche

per la distribuzione nel comune di Vallo. Insieme alla

relazione del consiglio e dei sindaci e alla presentazione

della situazione finanziaria al 31 dicembre, l'assemblea

deliberò sul collaudo e la liquidazione dei lavori svolti per

la realizzazione di tutte le opere di derivazione.

Il 19 luglio di quell'anno il presidente Rubino fu rieletto

consigliere provinciale nel Mandamento della città, il cui

sindaco era l'avvocato Filadelfo De Hippolitis, socio

azionista della SIEL, che da pochi mesi aveva ottenuto la

nomina a Cavaliere con decreto del 7 febbraio 1915, su

proposta del Ministero dell'Interno.

Con la sua amministrazione veniva dato avvio alla realiz-

128


La costruzione e l’inaugurazione dell’impianto di Felitto 1912-1914

zazione dell'acquedotto, una delle opere più importanti

per il paese, dove fino a quel momento il fabbisogno di

acqua era assicurato solo con tre fontane, un torrente e da

qualche pozzo, sebbene dalle ricche sorgenti di

Fiumefreddo, sul versante occidentale del monte Gelbison,

scendevano fresche e limpidi acque. La popolazione

doveva trasporla a mano, in secchi, con grande impegno e

fatica e usarla con attenzione e parsimonia. Inoltre la

qualità dell'acqua non era affatto garantita, risultando

spesso non potabile. La costruzione di un acquedotto

rappresentava il modo per rendere disponibile l'acqua nei

diversi luoghi di utilizzo, indipendentemente dalla vicinanza

dei corsi idrici, pozzi o fontane, garantendo inoltre

la qualità dell'acqua.

Nella seduta di Consiglio comunale del 5 dicembre 1914

veniva, quindi, approvato lo statuto per la costituzione di

un Consorzio idrico fra i comuni di Vallo e Novi Velia, al

fine di provvedere al rifornimento di acqua potabile. Il

progetto presentato ad aprile 1916, redatto dall'ingegnere

Cavaliere Pasquale Pistilli, di origini molisane, prevedeva

la realizzazione dell'acquedotto con una derivazione dalle

sorgenti, e delle relative opere di raccolta dell'acqua,

serbatoi, ripartitori e distribuzione negli abitati di Novi

Velia, Vallo centro e frazioni di Angellara e Massa.

A settembre, dopo l'approvazione del progetto che prevedeva

una spesa complessiva di 175.845 lire, divisa in quote

diverse fra i due comuni, veniva inviata una richiesta di

mutuo alla Cassa Depositi e Prestiti per la costruzione

dell'opera.

5 Busta intestata della Società

Idro-Elettrica Lucana con lettera

manoscritta a firma dell’ing.

Pietro Manzi, 1915

129


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

Nel 1881, nella visita di De Giorgi a Vallo della Lucania,

dove fu ospitato cortesemente in casa del cavaliere

Ermenegildo De Hippolitis, ispettore scolastico del

Circondario, ebbe modo di osservare le due fontane

monumentali che decoravano piazza Vittorio Emanuele e

piazza Lucana; ma apparivano soltanto dei simulacri senza

acqua, sebbene i monti nei dintorni fossero ricchi di limpide

sorgenti.

In quel soggiorno fece visita anche al santuario del Monte

Sacro, “raggiungendo il suo vertice a 1704 metri sul livello del

mare”. Superata la località detta Li barri e il Ponte della

Torna, iniziò l'ascesa al monte, costeggiando il torrente

Fiumefreddo, nella valle tra il Monte Scanno Chiuso e Tempa

Rosalia. Durante il cammino sostò presso la fontana che da

origine al fiume, e dove aveva inizio la vera via crusis: il

ripido sentiero per la vetta del monte.

Le acque di queste sorgenti, circa quarant'anni dopo, negli

anni venti del Novecento, venivano derivate dal

Consorzio idrico e imbrigliate da una ditta elettrica per

produzione di energia, con la realizzazione di una centralina

in località Ponte Torna.

6 Fontana Quattro Leoni in

Piazza Lucana a Vallo della

Lucania. Inizio Novecento

130


La costruzione e l’inaugurazione dell’impianto di Felitto 1912-1914

7 Certificato azionario da 100 lire

emesso il 1916 in raffinato stile

Liberty molto decorativo,

stampato dalla tipografia L.

Spera di Vallo della Lucania.

Il logo della società rappresenta

una motrice a due assi tipo

Edison per la tramvia Vallo

stazione ferroviaria.

8 Modellino di un tram a due assi

tipo Edison esposto al museo

della Scienza e della Tecnica di

Milano

131


9 Gola del fiume Calore


Capitolo IX

Il progetto di derivazione sul Calore e sul Tanagro della

Società Meridionale di Elettricità

Nel notevole scenario della crescente richiesta di energia

elettrica nella provincia di Salerno, in una seduta del

consiglio di amministrazione della Società Meridionale di

Elettricità del 12 novembre 1912, si discuteva sulla possibilità

di utilizzare l'energia del Tanagro con la realizzazione

di un impianto idroelettrico da collegare alla linea del

Tusciano, intensificandone i relativi studi. Inoltre si riferiva

con orgoglio alla perfetta riuscita del funzionamento

della linea di trasporto dell'energia, dalla centrale sul

fiume Pescara in Abruzzo fino a Napoli, con un elettrodotto

lungo 188 km ad una tensione di 88 kV, che per lunghezza

e potenziale era il primo in Europa.

Gli studi per le utilizzazioni a sud del Tusciano in provincia

di Salerno, rientravano nel più ampio programma di

sfruttamento idroelettrico del meridione che nel frattempo

stava elaborando l'ingegnere Angelo Omodeo. Laureato al

Politecnico di Milano lavorava come consulente per i

maggiori gruppi elettrici italiani, per i quali elaborò gli

studi che sono alla base dei principali progetti idroelettrici

in Italia e all'estero.

Nella stessa seduta fu nominato consigliere Danil

Gauchat, vice direttore della Banque pour Entreprises

Electriques di Ginevra, meglio nota come Elektrobank,

braccio finanziario della casa elettromeccanica tedesca

AEG, assicurando il significativo ingresso di nuove forze

economiche al fianco del già presente gruppo svizzero

della Motor, finanziaria del Tecnomasio Italiano Brown

Boveri, TIBB, e della Banca Commerciale Italiana che sosteneva

la nuova struttura industriale del paese.

1 Pubblicità AEG Allgemeinen

Elektricitäts-Gesellschaft, 1888

133


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

2 Certificato azionario della

Società Elettrica della Campania

In quegli anni la presidenza della SME era assunta

dall'ingegnere ginevrino Edmondo Aubert in rappresentanza

del gruppo finanziario svizzero, rieletto nella seduta

del 30 giugno, confermando altresì la vice presidenza a

Maurizio Capuano, amministratore delegato fin

dall'epoca della sua fondazione.

Sempre nel consiglio di novembre veniva eletto segretario

l'ingegnere Aslan Granafei, già presente nel gruppo

manageriale come amministratore della Società Elettrica

51

della Campania , di cui la SME dal 1907 divenne la prima

azionista rilevando le quote del Credito Ticinese.

Nobile dei Marchesi di Serranova, Tenente della Regia

Marina, nato a Napoli nel 1876 dove risiedeva con la

famiglia alla Riviera di Chiaia, molto legato a Capuano,

venne nominato componente del Consiglio di amministrazione

dal 1914. Aslan, insieme ai

fratelli Ugo e Giorgio, tutti militari

in carriera, erano i figli del

marchese Giuseppe Granafei e

delle principessa Iran d'Abro, che

abitualmente soggiornavano a

Mesagne, nella splendida tenuta

di Castello Aquaro, per poter

meglio amministrare l'ingente

patrimonio terriero posseduto nel

territorio di Brindisi e Mesagne.

Il Tenente, riconoscendo nuove

opportunità di investimento nel

settore elettrico e le potenzialità

di produzione di un impianto sul

bacino del Calore, della cui

realizzazione in attesa degli studi

di Omodeo se ne discuteva alla

SME già da un pò di tempo,

presentò, a nome di un'omonima

ditta, un progetto di massima per

una derivazione dal fiume Calore

e da alcuni suoi affluenti con la

realizzazione di una diga di

sbarramento.

51

La SEDAC fu costituita a Napoli nel 1906 dal Credito Ticinese e dalla Società

Anonima Italo-Svizzera di Elettricità, e dall'anno successivo controllata dalla

SME come prima azionista. Nel 1910 la società acquistò diversi impianti dalla

Società Napoletana per Imprese Elettriche SNIE.

134


Il progetto di derivazione sul Calore e sul Tanagro della Società Meridionale di Elettricità

L'istanza di concessione venne inoltrata al

Prefetto di Salerno ai sensi della legge del 1884 e

del successivo regolamento, potendo assicurare,

come da pratica consolidata, la priorità

temporale della domanda.

Il progetto a firma dell'ingegnere Della Rocca,

prevedeva un'importante derivazione di 57,50

moduli di acqua dal Calore nel comune di

Felitto, e dai torrenti Sammaro e Ripiti nel

comune di Sacco, per una produzione totale di

10.450 HP, da utilizzarsi per la distribuzione di

energia elettrica per illuminazione pubblica,

forza motrice a scopo industriale e trazione,

nelle province di Salerno, Cosenza, Potenza,

Caserta e Napoli.

Nel frattempo l'ingegnere Omodeo, completato

l'impegnativo progetto esecutivo per i bacini idroelettrici

calabresi della Sila, riprese dal 1913 gli studi per le utilizzazioni

a sud del Tusciano, inviando alla SME, a febbraio

dell'anno successivo, i progetti di massima in duplice

copia per le domande di concessione di derivazione per i

fiumi Calore e Bussento del versante tirrenico.

Nella lettera di trasmissione comunicava che le due copie

delle relazioni e dei disegni di progetto, una in cianografia

e l'altra a colori per la Prefettura, dovevano essere bollate e

firmate da un ingegnere su ogni foglio.

Ad aprile 1914, nella SME ci furono rilevanti ingressi nel

consiglio di amministrazione, fra questi è importante

ricordare per il suo notevole contributo in ambito accademico,

l'ingegnere Lorenzo Allievi di origini milanesi,

nominato consigliere nella seduta del primo aprile.

Il merito scientifico è di aver dato per primo, in uno studio

del 1902 tradotto in più lingue, le formule generali, che da

lui prendono il nome, governanti le leggi del moto perturbato

(moto non permanente) dell'acqua nei tubi in pressione,

applicandole al fenomeno idrodinamico detto colpo

d'ariete e a casi pratici di apertura e chiusura delle valvole

52

di by-pass all'estremo della tubazione.

3 Angelo Omodeo

4 Lorenzo Alllievi

5 Memoria dell’ing. Allievi sul

colpo d’ariete, 1903

52

La memoria, riuscita preziosa ai costruttori di macchine idrauliche e

d'impianti idroelettrici, ebbe anche il merito di rianimare le ricerche scientifiche

e sperimentali sull'argomento, divenuto di grande importanza per il

notevole sviluppo degli impianti idroelettrici con lunghe condotte forzate per

i salti elevati. Tra i numerosi articoli, l'ingegnere pubblica nel 1932, sulla rivista

italiana L'Elettrotecnica, un saggio dal titolo “Il colpo d'ariete e la regolazione

delle turbine”.

135


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

6 Progetto di derivazione dal

fiume Calore dell’ing. Omodeo,

gennaio 1914

7 Comunicazione del Genio

Civile alla SME, 10 marzo 1918

Nel frattempo, iniziata l'istruttoria del progetto Granafei,

l'Ufficio tecnico della Provincia di Salerno trasmetteva al

presidente della Deputazione provinciale il parere del 29

settembre 1915 a firma dell'ingegnere capo Francesco

Priore, con il quale si esprimeva favorevolmente

all'attuazione dell'impianto progettato, ma osservava che

la realizzazione del lago-serbatoio, con la costruzione

dell'imponente diga, imponeva una variazione su alcuni

tratti della strada provinciale Felitto-Laurino-Magliano,

pertanto nell'interesse dell'importante strada di comunicazione

si riservava di esaminare il progetto definitivo,

valutando a suo tempo la soluzione di variante proposta.

Con l'inizio del primo conflitto mondiale, l'ingegnere

Granafei, Tenente in carriera nella Regia Marina, partì in

missione nei mari italiani, procurandosi per il suo impegno

la successiva promozione a Primo Tenente di Vascello

e la decorazione con due medaglie al valor militare per

meriti di guerra.

Intanto la società Meridionale con l'ingresso del Tenente

nel consiglio di amministrazione aveva rilevato la sua

domanda di concessione sul Calore. Con

l'avanzamento dell'istruttoria, il Genio Civile

richiese una maggiore documentazione

tecnica integrativa, tanto che la SME, con una

nota del febbraio 1918, si vide costretta a

domandare una proroga sui trenta giorni

assegnati per la consegna di detti documenti

per il progetto della ditta Granafei, informando

e sollecitando l'ing. Omodeo nell'invio

della documentazione di progetto.

In risposta a tale nota, l'Ufficio di Salerno del

Genio Civile a marzo comunicava che per una

tassativa disposizione del Regolamento

tecnico-amministrativo non era possibile

assentire alla proroga richiesta, pertanto la

documentazione doveva essere consegnata

entro e non oltre il giorno 23 dello stesso

mese. Pertanto lo studio milanese

dell'ingegnere si preoccupò di inviare una

copia del progetto alla SME, informandola

che aveva già provveduto personalmente

all'invio della documentazione al Genio

Civile al fine di rispettare i tempi di consegna

assegnati.

136


Il progetto di derivazione sul Calore e sul Tanagro della Società Meridionale di Elettricità

Il progetto Omodeo consisteva nella

derivazione e realizzazione di un serbatoio

sul fiume Calore da Laurino a

Felitto, con la costruzione di una diga di

ritenuta alta 65 metri, impostata sulle

compatte rocce calcaree, in prossimità

del vecchio ponte a schiena d'asino in

pietra, lungo la mulattiera di Magliano

Nuovo, in una stretta rocciosa alla quota

di fondo di 240 metri circa.

La capacità del serbatoio in funzione

dell'altezza di progetto dello sbarramento

ed in base alle quote delle carte

topografiche dello Stato Maggiore,

opportunamente completate da una livellazione barometrica

eseguita sul posto, era pari ad un volume di 40 milioni

53

di metri cubi d'acqua. Il fondo costituito essenzialmente

da galestri e arenarie ricoperte di argilla, risultava sicuramente

impermeabile.

Per il bacino imbrifero, con una superficie di 188 kmq, si

calcolava un deflusso medio di 20 litri per kmq, corrispondente

a 3,75 mc al secondo, e una portata media per quattro

mesi di magra ordinaria di circa 0,75 mc.

Per ottenere un deflusso continuo costante utilizzabile di

3,75 mc, occorreva una capacità utile del serbatoio di 30

milioni di mc, quindi con un serbatoio di 40 milioni ci si

poneva al sicuro nel caso ci fossero stati periodi di magra

di durata ed intensità eccezionali, oltre ad ottenere

all'occorrenza un'integrazione di potenza nel periodo

estivo per altri impianti.

Il canale di derivazione da realizzare lungo la sponda

sinistra del fiume con una galleria forzata della lunghezza

di 5 km, adduceva l'acqua ad un pozzo piezometrico, da

cui con una condotta metallica di 221.800 kg di peso,

raggiungeva la centrale ubicata a valle del ponte di Felitto

a circa 1500 metri dal centro abitato. Con un salto di 150

metri, tenuto conto delle perdite di carico, e una restituzione

alla quota di 135 metri circa, avrebbe prodotto una

potenza continua costante di 5650 HP, per una quantità di

energia annua di 31 milioni di kW.

53

Per avere un'idea dimensionale del serbatoio proposto per il Calore, si può

fare riferimento alla capacità di un serbatoio simile realizzato con la costruzione

della diga sull'Alento dal Consorzio Velia, visibile dalla variante alla SS 18

per Vallo della Lucania, la cui capacità utile è di 26 milioni di metri cubi

d'acqua.

8 Ponte medievale di Magliano

sul fiume Calore

137


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

9 Planimetria di progetto per la

derivazione dal fiume Calore da

laurino a Felitto, marzo 1918

La centrale era progettata per contenere quattro gruppi di

turbine a reazione con alternatori da 2700 HP ognuno, di

cui uno di riserva, con i relativi quadri di manovra e trasformatori.

La centrale era collocata alla distanza di 30 km da quella

del Tanagro e a 42 km da quella di Olevano sul Tusciano.

L'impianto aveva inoltre la possibilità di un eventuale

ampliamento, con le acque di un affluente del Calore, il

torrente Ripiti, dove si trova una sorgente della portata

media di due metri cubi al secondo. Con un canale a pelo

libero, l'acqua della sorgente poteva essere condotta nel

serbatoio, aumentando la portata media di 2000 litri,

corrispondente ad una potenza di 3000 HP pari a 16,5

milioni di KW, per un totale di 47,5 milioni.

La spesa totale calcolata per la realizzazione era stimata a

un valore massimo di sette milioni di lire, raggiungendo

dieci milioni se si fosse considerata l'ipotesi

dell'ampliamento di potenza.

Con il progetto così proposto si sarebbe realizzato al centro

della provincia di Salerno uno degli impianti più grandi

fino al allora realizzati nell'Italia Meridionale, il cui proposito

era la produzione di energia elettrica da distribuire

138


Il progetto di derivazione sul Calore e sul Tanagro della Società Meridionale di Elettricità

oltre che nella stessa provincia, in quelle di Cosenza,

Potenza, Caserta e Napoli, per illuminazione pubblica e

privata, e per forza motrice, trazione e altri usi industriali,

ferrovie e tramvie.

Per lo studio del progetto di derivazione sul fiume Calore,

la SME aveva informato in anticipo l'ing. Omodeo della

utilizzazione idroelettrica già presente in zona della Società

Idro-Elettrica Lucana con la costruzione di un impianto a

Felitto, per tenerla in debito conto nella redazione del

progetto. In merito dunque al noto impianto, l'ingegnere

nella relazione tecnica chiariva che in zona era in corso di

realizzazione, con insufficienza di mezzi, un impianto con

un salto di appena 40 metri per una potenza di 800 HP,

ridotta nei periodi di magra a 200.

Tale impianto risultava dunque insignificante rispetto al

maggiore salto utilizzato dalla derivazione da lui progettata,

pertanto riteneva a questo punto che sarebbe stato

molto facile raggiungere degli accordi con i concessionari

della derivazione esistente. Il progetto verrà ripreso

all'inizio degli anni Trenta dal Servizio Idrografico del

Ministero dei LL.PP. e variato secondo le indicazioni della

Sezione di Napoli.

10 Sezione trasversale della

centrale ubicata a valle del

centro abitato di Felitto

139


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

11 Centrale Tanagro 2° salto a

Pertosa, 1925

A marzo 1919 Omodeo firma il progetto esecutivo per la

derivazione dal fiume Tanagro, da Molino Maltempo a

Molino Panzella. Nello stesso mese il consiglio di amministrazione

della SME, che oramai aveva già acquistato una

posizione di preminenza nel settore elettrico e si stava

trasformando in una holding, decide l'istituzione di un

servizio studi e lavori e di una Direzione tecnica

dell'esercizio da affidarsi all'ingegnere Giuseppe Cenzato,

e l'inizio della realizzazione degli impianti sul Tanagro in

54

collaborazione con l'ILVA.

12 Progetto impianto idroelettrico

del Tanagro, Società ILVA

54

La società Ilva (dagli anni Sessanta Italsider) è stata fondata a Genova nel

1905, con la fusione delle attività siderurgiche della società Elba che operava a

Portoferraio, concessionaria delle miniere di ferro sull'isola d'Elba, della

Società degli Alti Forni, Fonderie e Acciaierie di Terni, e del chimico industriale

Max Bondi, proveniente da una famiglia di banchieri romani, che aveva

realizzato un altoforno a Piombino, in provincia di Livorno. La società era

stata costituita con le agevolazioni della legge per il risorgimento economico

di Napoli del 1904, elaborata dall'allora deputato Francesco Saverio Nitti, che

prevedeva entro il 1908 la realizzare di un polo siderurgico a ciclo integrato a

Bagnoli. Per lo sviluppo dell'industria siderurgica, con l'utilizzo dell'energia

elettrica per ricavare ghisa o comunque leghe ferrose a partire dal minerale di

ferro (elettrosiderurgia), la disponibilità di riserve idroelettriche rappresentava

un importante fattore strategico. Nel dicembre 1917 l'ILVA, che era già

presente nel napoletano con lo stabilimento di Bagnoli e le Ferriere del

Vesuvio di Torre Annunziata, sigla un accordo con la Società Meridionale di

Elettricità con l'obiettivo principale di “creare energie idroelettriche per trasportarle

ed utilizzarle a Napoli per lo sviluppo delle rispettive industrie”. In seguito, con

l'impegno a sottoscrivere un aumento di capitale della SME, veniva progettato

lo sviluppo in comune dell'elettrotrazione ferroviaria.

140


Il progetto di derivazione sul Calore e sul Tanagro della Società Meridionale di Elettricità

13 Progetto di derivazione dal

f i u m e T a n a g r o d e l l ’ i n g .

Omodeo, marzo 1919

14 Sezioni di progetto della

centrale Tangro 1° e 2° salto

141



Capitolo X

La Società Lucana per Imprese Idroelettriche

Impianti idroelettrici di Muro Lucano e Pertosa

Il 31 gennaio 1914 venne costituita a Roma la Società Lucana

per Imprese Idroelettriche, SLII, per la quale l'ingegnere

Omodeo elaborò il progetto per l'impianto a bacino di

Muro Lucano, in provincia di Potenza, assumendo la

carica di direttore tecnico della società. Il progetto preliminare

prevedeva una portata media di 600 litri al secondo

con una potenza utile di 2000 HP, per un totale di 4000 ore

annue di utilizzazione.

La società rappresenta la seconda iniziativa elettrica della

SME nel Mezzogiorno dopo l'esperienza della Sila, vedendo

solidamente impegnati oltre alla capogruppo napoleta-

55

na: la torinese UNES, Unione Esercizi Elettrici ; la Società

Tirrena di Elettricità (ex Sud Italia) controllata dalla Società

56

Adriatica di Elettricità ; la Banca Italiana di Sconto, nata nello

stesso anno con l'apporto di capitali francesi in opposizione

alla COMIT, alla cui presidenza fu eletto Guglielmo

Marconi; l'ingegnere Carlo Esterle, consigliere delegato

della Società Edison di Milano e consigliere della società

AEG-Thomson-Houston, eletto senatore del Regno appena

l'anno precedente; il banchiere dott. Luigi Della Torre

azionista della Edison, senatore del Regno, ed altri capitalisti

locali.

55

Il programma della UNES era quello di unificare in una sola azienda molti

esercizi elettrici estendendo le attività anche nel centro-sud, e la cui prima

iniziativa assunta in Campania fu la consulenza per la costruzione ed esercizio

degli impianti del Tanagro.

56

La SADE, Società Adriatica di Elettricità, venne fondata nel 1905 a Venezia, per

la costruzione e l'esercizio di impianti per la generazione, trasmissione e la

distribuzione di energia elettrica in Italia e all'estero. La società rappresentò la

base tecnica e indispensabile per la trasformazione sociale del Veneto da

agricolo a industriale, acquisendo poco alla volta varie società del Veneto e del

Friuli Venezia Giulia operanti nel settore.

1 Manifesto pubblicitario della

Banca Italiana di Sconto, 1917

2 Luigi Della Torre

143


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

3 Francesco Saverio Nitti

4 Francesco Saverio Nitti (3° da

destra) assieme ad altri membri

della commissione italiana di

guerra negli Stati Uniti durante

la Prima Guerra Mondiale: si

riconosce Guglielmo Marconi

(2° da sinistra), 1909

L'impianto di Muro Lucano rappresenta il primo del sud

Italia alimentato da un bacino artificiale con una capacità

di 10 milioni di metri cubi, da realizzare con la costruzione

di una diga e un salto di 175 metri la cui spesa per la realizzazione

dell'invaso era interamente a carico dello Stato,

mentre alla società spettava il costo degli impianti di

derivazione e della centrale, con tutte le attrezzature

elettriche e meccaniche.

Artefice e promotore dell'iniziativa fu Francesco Saverio

Nitti che nel 1911 ricopriva la carica di Ministro

dell'Agricoltura, Industria e Commercio del governo

Giolitti, al quale il lago verrà poi intitolato, sostenendo la

modernizzazione produttiva del Mezzogiorno attraverso

l'industrializzazione, la bonifica del territorio e

l'espansione delle società elettriche, convinto che il carbone

bianco avrebbe emancipato l'Italia da uno stato secolare

d'inferiorità economica. Un traguardo da raggiungere

attraverso una politica fondata sull'unione tra intervento

pubblico e privato. Laico, fautore del liberalismo progressista

e radicale, nemico della rendita parassitaria della

borghesia meridionale e delle clientele, assertore della

modernizzazione dello Stato liberale, Francesco Saverio

Nitti, originario di Melfi, è eletto deputato nel collegio di

Muro Lucano nel 1904 e riconfermato nel 1913.

In quell'anno, come responsabile del dicastero, redige

insieme al ministro dei Lavori Pubblici, la legge sulla

realizzazione dei bacini montani per fini idroelettrici nel

Mezzogiorno e quello di Muro Lucano è stato il primo

impianto realizzato con i finanziamenti pubblici previsti

dalla legge.

La diga ad arco, impostata tra le balze rocciose in una

stretta gola del torrente San Pietro, è stata realizzata in

calcestruzzo cementizio con sezione trapezia alta 54 metri,

verticale a monte e a scarpa verso valle, con uno spessore

di 5 metri in sommità e diciotto alla base

5 Certificato azionario della

Società Lucana per Imprese

Idroelettriche del 1915

144


La Società Lucana per Imprese Idroelettriche

Dal tubo di presa inizia la condotta di carico in acciaio del

diametro di 60 cm., che attraversando una galleria scavata

nella roccia per 850 metri e due grandi avvallamenti,

poggiandosi su pilastri in muratura, raggiunge, dopo uno

sviluppo di 1683 metri, la torre piezometrica, di due metri

di diametro e 45 di altezza. Da qui inizia la discesa in forte

pendenza della condotta forzata fino alla centrale. Fra le

opere d'arte più notevoli lungo la condotta di carico, oltre

ai tubi-ponte per l'attraversamento di fossi, è presente una

grande arcata zoppa parabolica in cemento armato, rastremata

verso il centro, di 100 metri di luce e 18 di freccia, che,

su di un tratto in frana, sorregge la tubazione mediante

una serie di staffe a traliccio.

La centrale, in prossimità della strada nazionale, comprende

la sala macchine, il locale trasformatori, il quadro di

comando e l'officina riparazione. L'impianto era dotato di

due turbine Francis della potenza di 1000 HP ognuna a

1000 giri al minuto, fornite dalla svizzera Escher Wyss & Cie

di Zurigo, accoppiate ad alternatori trifase alla tensione di

3400 Volt della svizzera Brown Bovery, azienda fornitrice

anche dei trasformatori della potenza di 850 kVA e rapporto

di trasformazione da 3400 a 15000 Volt, che era la tensione

adottata dalla Società Lucana per le lunghe linee di

trasmissione.

6 Diga ad arco sul torrente San

Pietro a Muro Lucano

7 Preventivo del Tecnomasio

Italiano Brown Boveri per la

fornitura degli alternatori, 1914

145


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

8 La centrale e in fondo il centro

storico di Muro Lucano

Le linee ad alta tensione rette da tralicci metallici erano

due: la Potentina diretta a Potenza, con una diramazione

ad Avigliano, e l'Ofantina, che per Pescopagnano e Calitri

andava a congiungersi con la centralina idroelettrica

Lanari a Monticchio, alla quale cedeva energia per Rionero

e Melfi. Le due linee a bassa tensione che partivano direttamente

dalla centrale erano dirette a Muro Lucano e a Bella.

A causa di seri problemi di ritenzione delle acque, dovuti

alla fratturazione e alla forte permeabilità del suolo calcareo

e argilloso del bacino, l'impianto idroelettrico, i cui

lavori si conclusero nel 1916, entrò in funzione solo nel

1929.

In quell'anno la società, la cui sede nel frattempo venne

trasferita a Napoli, portò a termine i lunghi lavori di

impermeabilizzazione dell'invaso durati più di un decennio,

il cui costo raggiunse una somma pari a sei volte il

valore dell'intera opera di sbarramento.

9 La centrale idroelettrica

10 Il tubo piezometrico alto 54

metri

146


La Società Lucana per Imprese Idroelettriche

Quando alla fine del 1916 iniziarono le operazioni di

riempimento dell'invaso, si incominciarono a manifestare

notevoli perdite fino a raggiungere 1600 litri al secondo,

arrivando al punto di sospendere ogni altro lavoro per il

completamento dell'impianto.

Nel 1918 venne proposta l'impermeabilizzazione delle

fratture di alcune rocce calcaree e del fondo del bacino

dopo la messa in opera di uno strato di argilla, con una

nuova tecnica che prevedeva l'utilizzo della gunite, una

speciale malta di sabbia, cemento e impermeabilizzanti

impiegata per il rivestimento di gallerie, canali, serbatoi e

il consolidamento di pareti rocciose, applicandola a strati

successivi per mezzo di un'apposita macchina spruzzatrice,

nota anche come cement-gun (cannone da cemento).

Dopo il primo tentativo, senza ottenere i risultati attesi, si

decise l'impermeabilizzazione totale del serbatoio per una

superficie di 39000 mq e di ulteriori interventi di consolidamento

con iniezioni di boiacca, ottenendo al termine dei

lavori una riduzione delle perdite entro il valore massimo

di sette litri al secondo, e solo allora l'impianto iniziò il

primo anno di attività a pieno regime.

In generale la scelta dell'ubicazione di una diga scaturisce

da un'attenta analisi delle caratteristiche geologiche del

sito, soprattutto in riferimento ai fattori che caratterizzano

l'impermeabilità delle rocce (stratificazione, scistosità,

fratturazione, presenza di condotti carsici), alla stabilità

delle sponde, dei versanti e del substrato.

11 Stabilimento Tecnomasio

Italiano Brown Boveri (TIBB) a

Milano

12 Pubblicità Cement-Gun

Company, 1924

147


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

13 Certificato azionario UNES

Quindi oltre ad assicurare la stabilità dei terreni, si deve

assicurare alle acque che si raccolgono a monte dello

sbarramento, di non perdersi lateralmente o dal fondo in

quantità tali da rendere l'opera poco conveniente dal

punto di vista economico, o addirittura inutile.

Si comprende dunque l'importanza dei sondaggi geognostici

eseguiti da parte di un geologo, permettendo di

analizzare il suolo in profondità per la valutazione delle

sue caratteristiche geologiche e geotecniche, che per la

diga di Muro Lucano ne avrebbe sicuramente sconsigliata

la realizzazione.

La visione dell'importante opera in relazione alla politica

di Governo per la crescita economica del Meridione, a

seguito della legge del 1913 voluta da Nitti per la realizzazione

dei bacini montani per fini idroelettrici, unita allo

spirito pionieristico dell'epoca, condizionarono notevolmente

le scelte nell'ambiente scientifico, tanto che perfino

il progettista dell'impianto, un tecnico esperto come

l'ingegnere Omodeo, non ebbe nulla da obbiettare sulla

57

sua fattibilità.

Quando l'impianto di Muro Lucano entrò in funzione alla

fine degli anni Venti, la sua importanza era oramai divenuta

del tutto marginale rispetto alla quantità di energia

richiesta, vedendo impegnata la Società Lucana per Imprese

Idroelettriche a prendere accordi, prima con la UNES e poi

con la SME, per l'acquisto di energia dagli impianti del

Tanagro a Pertosa, segnando la fine dell'autonomia gestionale

e l'abbandono di fatto del suo programma originario.

La società in un primo momento, pur se legata alla SME da

rapporti finanziari e forniture, faceva capo alla UNES, che

nel 1922 con un aumento di capitale ne acquisì il controllo

azionario.

Gli impianti ad acqua fluente ubicati nel comune di

Pertosa, entrati in servizio a dicembre 1921, consistevano

57

È comunque da sottolineare che in quel periodo non si era ancora consolidata

la grande esperienza nella costruzione di dighe, che porterà l'ingegneria

italiana a contraddistinguersi nel mondo, e tra l'altro non esisteva una precisa

normativa di settore. La prima disciplina è stata introdotta dal R.D. n. 1370 del

primo ottobre 1931, con l'approvazione del “Regolamento per la compilazione dei

progetti, la costruzione e l'esercizio delle dighe di ritenuta”, prevedendo a corredo

del progetto esecutivo una relazione geognostica definitiva e dettagliata sulla

località dello sbarramento, a firma del progettista.

Solo il D.P.R. n. 1363 del primo novembre 1959, con l'approvazione di un

successivo regolamento, introduceva per la compilazione della relazione

geognostica, comprensiva dei risultati delle indagini e delle prove eseguite,

una figura di riconosciuta competenza in materia, e quindi di un geologo.

148


La Società Lucana per Imprese Idroelettriche

in due centrali idroelettriche posizionate a quote diverse,

in modo che la seconda sfruttasse le acque di restituzione

della prima.

La centrale Tanagro I salto, con presa tramite la realizzazione

di uno sbarramento sul fiume in località Molino

Maltempo, nel comune di Polla, e restituzione in località

Intagliata, con un salto di 35,5 metri, da quota 428,5 a 393

metri s.l.m., ed una portata di concessione di 6,038 metri

cubi al secondo, sviluppava una potenza di 2686 CV. Le

acque, dal piccolo bacino a monte dello sbarramento

venivano convogliate, attraverso una galleria a pelo libero

scavata nella roccia di circa 2 km, in una vasca di carico a

quota 428,5 metri, da dove aveva inizio la condotta forzata

fino in centrale, ubicata a pochi metri dalla linea ferroviaria

Sicignano-Lagonegro, in prossimità della piccola

stazione di Pertosa.

La centrale Tanagro II salto, con presa in località Intagliata,

in corrispondenza quindi dello scarico del primo salto, e

restituzione in località Taverna Biasone, a valle

dell'ingresso alle grotte, con un salto di 182,2 metri, da

quota 393 a 210,8 metri s.l.m., e la stessa portata di conces-

58

sione, sviluppava una potenza di 14.565 CV.

Le due centrali erano collegate con una linea a 30 kV di

circa 40 km, alla linea del Tusciano diretta a Salerno e Torre

Annunziata.

14 Centrale del Tanagro 1° salto

58

Negli anni Settanta i due salti furono unificati dall'Enel realizzando un'unica

centrale costruita sul fianco di quella esistente, con l'installazione di una

nuova condotta forzata lunga circa 715 m., con diametro pari a 1,650 m. e un

dislivello di 219 m.

149


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

15 Centrale del Tanagro 2° salto,

1930

1 6 I l b a c i n o a r t i f i c i a l e

all’ingresso delle Grotte

dell’Angelo a Pertosa

L'impianto doveva essere completato da un bacino settimanale

di raccolta e regolazione, ricavato sfruttando una

dolina naturale fra i due salti, ma per gravi problemi di

impermeabilizzazione del fondo, sulla scorta della penosa

esperienza di Muro Lucano, non venne realizzato.

La Società Lucana, SLII, era da tempo presente sul territorio

con la gestione della centralina Grotta dell'Angelo, in

località Muraglione, che con una portata di 400 litri

d'acqua al secondo, su di un salto di 52 metri, produceva

una potenza di 277,33 HP. La derivazione avveniva tramite

un'opera di presa a quota 259,59 metri s.l.m. situata

all'ingresso della grotta, dove una traversa di calcestruzzo

sbarra le acque della sorgente

formando un bacino

artificiale, utilizzato in

seguito, per le escursioni in

barca durante la visita al

complesso ipogeo.

L'esplorazione vera e propria

della cavità, e un primo

rilievo del tratto iniziale della

grotta, furono effettuati nel

1924 proprio dalla società

elettrica con il fine di sfruttarne

le ingenti risorse idriche.

150


La Società Lucana per Imprese Idroelettriche

La concessione di derivazione fu rilasciata con D.M. del 21

luglio 1938 alla SLII, a seguito di un'istanza presentata

dalla UNES a dicembre 1919, intesa ad ottenere la concessione

in via di sanatoria di varianti eseguite all'antico uso

delle acque della grotta per produzione di forza motrice,

già destinata a due molini, a una gualchiera e a una cartiera,

e dal 1907 a una centralina idroelettrica.

Ad aprile 1914, dopo la costituzione della Lucana, la UNES

al fine di potenziare la produzione di energia con la centralina

Grotta dell'Angelo, aveva inviato un'istanza per

ottenere in via provvisoria la concessione di derivare dal

fiume Tanagro, poco più a valle della confluenza del

vallone del Gangito nella gola di Campostrino, tra Polla e

Pertosa, circa 5 moduli di acqua da convogliare con un

canale nel bacino della grotta, in aumento della portata

della sorgente, per produrre la maggiore potenza di 316,67

HP mediante il salto utile di 52 metri.

La concessione di derivazione in via precaria venne rilasciata

con D.M. del 6 febbraio 1921, ma non più utilizzata

in quanto vennero realizzati i due impianti del Tanagro.

17 Sbarramento sul fiume

Tanagro in località Maltempo a

Polla

18 Località Maltempo, 1921

151


19 Diga di Muro Lucano


Capitolo XI

Le imprese elettriche concessionarie della SIEL

1914-1922

Intorno alla Società Idro-Elettrica Lucana si organizzarono

un gruppo unito ed integrato di imprese elettriche concessionarie,

a cui era affidata la distribuzione dell'energia

elettrica in aree territorialmente definite, spesso coincidenti

con i singoli comuni del Circondario, ottenendo in

questo modo la specializzazione delle funzioni e la definizione

di aree esclusive d'intervento.

Questa struttura organizzativa di tipo gerarchico implicava

chiaramente una distinzione di funzioni e assegnava un

ruolo centrale di controllo, guida e coordinamento alla

SIEL, direttamente impegnata nella produzione di energia

elettrica.

Questo modello organizzativo è comune a tutte le società

elettriche, soprattutto quelle maggiori, come la SME che

negli anni ha concentrato sempre più nettamente la sua

attività nel solo settore della produzione e della grande

distribuzione dell'energia elettrica.

Per la SIEL l'adozione di questa struttura organizzativa

non sembra essere legata ad una scelta precisa, basata sul

rafforzamento e la specializzazione del settore produttivo.

Per il momento infatti non era intenzione della società

incrementare la produzione con l'eventuale sfruttamento

idroelettrico di nuove derivazioni, tanto che all'inizio si

accontentò di installare soltanto uno dei tre gruppi di

generazione previsti, più che sufficiente per soddisfare la

domanda iniziale di energia. Sembra invece una scelta

quasi scontata in partenza, o meglio determinata e decisa

da un gruppo di azionisti che oltre ad avere il maggiore

controllo sull'attività della società, fondarono le singole

1 Busta intestata della Società

Idro-Elettrica Lucana

153


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

imprese elettriche concessionarie concretizzando una vera

e propria “spartizione del territorio”, così come avvenne

per tutte le aree geografiche italiane, ed in più diversificando

e incrementando le proprie attività imprenditoriali.

In effetti questa articolazione permetteva al gruppo manageriale

della SIEL di controllare le varie concessionarie di

distribuzione, dove gli stessi soci avevano la partecipazione

nelle singole imprese elettriche in misura tale da poterne

verificare la gestione e viceversa, pur continuando a

mantenere di fatto la propria individualità.

A Felitto, l'amministrazione municipale presieduta dal

sindaco Teodosio De Augustinis, con delibera di consiglio

del due agosto 1914, accoglieva all'unanimità la proposta

del presidente della SIEL di ottenere l'utilizzo di 15 cavalli

(11 kW) di potenza ad un prezzo complessivo di 700 lire

annue, corrispondenti a 46,66 lire a cavallo, in cambio

dell'indennità spettante per l'occupazione permanente del

suolo comunale, utilizzato per la realizzazione delle opere

necessarie al funzionamento dell'impianto idroelettrico, e

della rinuncia del diritto di prelevare 150 litri di acqua al

secondo per alimentare il mulino in località Rupe.

La quantità di potenza ottenuta, tradotta in energia elettrica,

doveva utilizzarsi per l'illuminazione pubblica del

centro abitato e per alimentare un moderno mulino elettrico

comunale da installare in paese. Le condizioni a cui era

subordinato l'accordo erano il pagamento del canone a

rate trimestrali da parte del comune e l'obbligo per la

società di non vendere ad altri utenti l'energia nel raggio di

due chilometri dal centro abitato.

Con la stessa delibera l'amministrazione decise di concedere

ad una ditta privata l'utilizzazione dell'energia

fornita dalla SIEL per un compenso di 400 lire annue e

della fornitura gratuita necessaria per la pubblica illuminazione.

La decisione, presa in sede di consiglio, si basava

sulla non convenienza della gestione municipale del

servizio di illuminazione elettrica e del mulino. Le casse

comunali erano carenti di capitali sia per la realizzazione

delle opere necessarie all'installazione dell'impianto

molitorio sia per la rete di distribuzione elettrica, che

avrebbe dovuto raggiungere in modo capillare ogni

angolo del paese.

La rete di distribuzione in corrente alternata è costituita

essenzialmente dalle linee aeree in Media Tensione, dalle

cabine di trasformazione con i relativi quadri di controllo,

154


Le imprese elettriche concessionarie della SIEL 1914-1922

le linee in Bassa Tensione con conduttori in rame per

raggiungere le singole utenze, pali e mensole porta isolatori,

oltre che l'impianto di pubblica illuminazione, completo

di lampade.

Il decollo quindi di un nuovo settore industriale, come

quello elettrico, richiedeva l'investimento di importanti

capitali iniziali e soprattutto competenza tecnica da parte

di operatori con una formazione adeguata.

Intanto proprio sul finire del 1914, con lo scoppio della

prima guerra mondiale, e l'entrata in guerra dell'Italia a

maggio 1915, si bloccarono per qualche anno tutte le

prospettive di sviluppo, provocando l'effetto di rallentare

l'esecuzione dei lavori in corso e di bloccare quelli ancora

da eseguire, soprattutto per la difficoltà di reperire il

materiale elettrico occorrente per la realizzazione delle

opere, e se vogliamo di capitali.

In questi disastrosi anni, la SIEL purtroppo vide la scomparsa

dei suoi maggiori soci azionisti, i fratelli Talamo.

Eduardo che si spense alla giovane età di 54 anni a febbraio

del 1916 a Roma, dove il 24 novembre 1913 era stato nominato

Senatore del Regno, e Roberto a Cava dei Tirreni nel

1918. Per l'ardita e paziente opera intrapresa dal Senatore

per la bonifica delle terre della Pantana, sottraendole al

secolare abbandono che le rese deserte ed insalubri, qualche

anno dopo fu posta sulla facciata della chiesa di S.

Chiara a Vallo Scalo una lapide commemorativa in suo

onore.

Il quegli anni sfortunatamente si spense anche il canonico

Giovanni Pesce a Laurino il 9 febbraio 1915, e in giovane

età Giuseppe Salerno di Castel San Lorenzo.

È durante il periodo della “Grande guerra”, che ultimati i

lavori di elettrificazione di Roccadaspide e Castel San

Lorenzo, l'elettrotecnico Giovanni Giudice ebbe modo di

farsi conoscere per le sue capacità tecniche da alcuni soci

2 Roccadaspide

155


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

3 Comunicazione di assemblea

ordinaria di marzo 1918

attivi della SIEL, ed in particolare dal sindaco Passarelli,

tanto da prendere l'impopolare decisione di trasferirsi a

Vallo della Lucania, in contrasto con le idee di sua moglie

Carmela Melzi, che per il giovane marito auspicava un

ritorno a Milano, dove le sue qualità professionali gli

avrebbero offerto maggiori occasioni di lavoro con una più

sicura ed onorata carriera.

Ma affascinato dalla bontà della gente del Sud e dalla

bellezza di questo territorio, molto distante per condizioni

sociali ed economiche dalla sua città di origine, evidentemente

per l'intuizione di nuove e vantaggiose opportunità

di sviluppo per un'area ancora vergine e per la proposta di

appetibili contratti di lavoro, con ostinata convinzione

volle rimanerci.

A fine marzo 1916, 1917 e 1918 si tenne regolarmente

l'assemblea ordinaria annuale della società, con all'ordine

del giorno la relazione del consiglio di amministrazione, la

relazione dei sindaci, e l'approvazione dei bilanci di fine

anno.

Dopo la guerra il meridione avvertì maggiormente gli

effetti della crisi che investì tutta l'Europa, quando specialmente

le industrie tessili ed alimentari furono travolte

dalla depressione economica. Per far fronte alla crisi venne

costituita a Salerno, ad agosto del 1919, l'Associazione

degli industriali, che aderì presto alla Confederazione

Generale dell'Industria Italiana (Confindustria), registrando

negli anni successivi uno slancio produttivo nei settori

alimentari, tessile e dei trasporti.

156


Le imprese elettriche concessionarie della SIEL 1914-1922

Nell'assemblea del 30 marzo di quell'anno, il consiglio

discuteva del bilancio negativo dell'impresa e dei provvedimenti

da prendere per pareggiarlo, tanto che nella

seduta straordinaria del 5 settembre si esaminava la

possibilità di risanare i debiti e di completare le opere, o

mediante nuovi debiti o con un aumento del capitale

sociale. In questa ultima ipotesi il diritto di preferenza

nella sottoscrizione delle nuove azioni rimaneva ai vecchi

azionisti.

Giovanni Giudice con il sodalizio del cavaliere Passarelli,

il maggiore azionista della SIEL, nel 1918 costituì in società

l'Impresa elettrica Passarelli & Giudice, con sede a Vallo della

Lucania, il cui scopo era quello di distribuire l'energia nel

comune di Ceraso e nelle frazioni di Santa Barbara,

Massascusa e San Biase, il cui contratto di fornitura prevedeva

il ricambio delle lampade da parte dell'impresa ma a

spese del comune.

4 Centro abitato di Ceraso

Passarelli inoltre controllava direttamente un'altra impresa

concessionaria per la distribuzione dell'energia nel

comune di Novi Velia, suo paese di origine, fondando

l'omonima ditta individuale Impresa elettrica Passarelli

Gaetano, con sede sempre a Vallo della Lucania, in modo

da avere una gestione coordinata e unitaria delle due

aziende controllate. Lo scopo dell'impresa era quello di

gestire un impianto per la distribuzione di energia elettrica

pubblica e privata nel comune di Novi Velia, la cui costruzione

fu completata il 1924 e successivamente ampliata nel

tempo con il normale incremento delle utenze, così come

avvenne per tutte le altre reti di distribuzione locale gestite

dalle singole imprese concessionarie.

157


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

5 Angelo De Vita

Il contratto con il comune prevedeva solo la fornitura

dell'energia con l'esclusione del servizio di ricambio

lampade eseguito a cura della ditta ma a spese

dell'amministrazione.

Una cabina ponte dell'impresa elettrica era ubicata in un

locale di sua proprietà a Vallo, che costituiva il punto di

arrivo dell'elettrodotto principale Felitto-Vallo della

Lucania della SIEL.

Sempre a Vallo della Lucania, il 10 giugno 1918, Giovanni

Giudice insieme ad Antonio Valletta e al sindaco di Moio

della Civitella Angelo De Vita entrambi di Pellare, in

funzione del contratto di concessione di venti cavalli

ottenuto dalla SIEL, costituirono l'Impresa elettrica Giovanni

Giudice & C., con lo scopo di vendere l'energia per illuminazione

e forza motrice nel comune di Moio e nella frazione

di Pellare, utilizzando un impianto di distribuzione

realizzato in società con parti uguali di capitale.

Nel contratto era stabilito che i soci De Vita e Valletta

avevano il diritto di prelevare dalla cabina di distribuzione

dell'impresa, soltanto nelle ore diurne, otto cavalli di

potenza per il funzionamento di un mulino elettrico di loro

proprietà, corrispondendo un canone mensile di 50 lire.

Il socio Giudice era invece obbligato a fornire la sua competenza

di elettrotecnico in qualunque momento ce ne

fosse stato bisogno per il buon funzionamento

dell'impianto, senza pretendere alcun compenso, e inoltre

di riparare il motore del mulino in caso di guasto, ricevendo

soltanto le spese per l'acquisto di eventuali pezzi di

ricambio.

6 Busta intestata dell’Impresa

Elettrica Giudice Giovanni & C.

7 Moio della Civitella

158


Le imprese elettriche concessionarie della SIEL 1914-1922

Nei due anni successivi, con un ulteriore investimento di

capitale, la rete di distribuzione fu ampliata raggiungendo

il comune di Cannalonga, la frazione Cardile di Gioi

Cilento e la frazione di Angellara di Vallo della Lucania,

luogo di residenza del presidente Rubino.

Alle maggiori spese sostenute per il completamento ed

ampliamento dell'impianto, contribuirono Francesco

Troncone e Vito Stifano, entrambi di Pellare, divenendo

soci dell'impresa elettrica a seguito di una scrittura privata

stipulata a Vallo il quattro luglio 1920, in cui venne stabilita

la ripartizione in cinque parti uguali delle spese per

l'esercizio dell'impianto e dei relativi utili.

8 Scrittura privata tra i soci

dell’impresa elettrica Giudice

Giovanni & C., 1920

Il quattro aprile di quell'anno, il comune di Felitto con un

contratto di cessione e del relativo capitolato d'oneri,

registrato a Roccadaspide il 28 settembre, concedeva

invece alla ditta Angelo Gnazzo, socio della SIEL, l'utilizzo

trentennale della potenza messa a disposizione dalla

società per un canone annuo di 2500 lire, con l'obbligo di

provvedere alla distribuzione di energia ad uso privato e

all'installazione gratuita della pubblica illuminazione e

dell'impianto del molino elettrico, che venne poi realizzato

in un locale al piano terra al numero dodici di Piazza

Mercato. Successivamente alla ditta subentrò il socio

Pietro Marino di Laurino, costituendo a Felitto la ditta

Marino & Gnazzo.

A quella data gli impianti di distribuzione nei vari paesi

erano ancora in corso di completamento, ad eccezione del

comune di Vallo della Lucania realizzati da un’altra

società elettrica, la SALIE, pertanto, nonostante i contratti

di vendita di energia alle varie ditte concessionarie, la SIEL

aveva subito rilevanti perdite economiche per il mancato

incasso dei relativi canoni.

9 Centro abitato di Cannalonga

10 Bolletta dell’Impresa Elettrica

Giovanni Giudice & C.

159


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

11 Bolletta dell’Impresa Elettrica

Raffaele Marotta, Luglio 1919

12 Relazione sullo stato

dell’impianto di produzione e

distribuzione Marotta a Laurino,

1920

Per far fronte sia alle passività per la mancata vendita

dell'energia, sia alla svalutazione del capitale azionario, il

dodici maggio 1920 la società tenne al Teatro della Varietà

un'assemblea straordinaria, portando all'ordine del

giorno l'elevazione del capitale sociale a 334.000 lire, con

l'emissione di 6.500 nuove azioni di 40 lire ciascuna. Era

facoltà dei vecchi azionisti, a partire dal mese successivo la

data di emissione, l'opzione di tre nuove azioni per ognuna

delle vecchie possedute, ed assegnate nei limiti della

disponibilità in proporzione di quelle in loro possesso. Le

azioni non optate e non coperte dovevano essere assunte

dalla Banca di Salerno, incaricata del finanziamento e di

tutte le operazioni finanziarie. Nel consiglio di amministrazione

dell'Istituto di Credito appariva il socio azionista

Raffaele Marotta, che da qualche anno aveva fondato

l'omonima ditta individuale Impresa elettrica Marotta

Raffaele, per distribuire l'energia nei paesi di Laurino, Valle

dell'Angelo, Piaggine e Sacco. Nel 1913 Laurino fu il primo

paese ad essere illuminato e tre anni dopo il vicino centro

di Valle dell'Angelo.

Per la limitata ed incostante produzione della piccola

centralina sul Calore a Laurino, già da tempo lamentava

gravi difficoltà nella fornitura di energia. Fin dai primi

anni di produzione, sia per la scarsa competenza degli

operai sia per le difficoltà negli anni di guerra di reperire i

materiali di ricambio, l'impianto soffriva della mancata

manutenzione alle macchine e agli apparati elettrici. Per

risolvere il problema volle tentare una fusione con la

Società Idroelettrica del Fasanella, che allora distribuiva

l'energia nei comuni di Ottati, Bellosguardo, Sant'Angelo a

Fasanella, Roscigno e Corleto Monforte.

A febbraio 1920 la società, allora presieduta dal possidente

Antonio Ricco di Ottati, incaricò un ingegnere per redigere

una relazione sulla condizione degli impianti di Marotta, e

in considerazione del cattivo stato di conservazione,

stimare le spese da sostenere per le operazioni di manutenzione

e sostituzione di alcuni pezzi.

In quegli anni l'impresa elettrica aveva abbandonato

anche la distribuzione nei paesi di Piaggine, Sacco e Valle

dell'Angelo, dove il consiglio comunale ad agosto 1921

approvò il raddoppiamento della pubblica illuminazione,

affidando il servizio all'Impresa Elettrica Di Perna, Lillo &

Petraglia che possedeva in comproprietà con Marotta la

cabina di trasformazione dell'Orto Salvatore a Laurino.

160


Le imprese elettriche concessionarie della SIEL 1914-1922

L'officina di produzione della ditta era ubicata a Piaggine e

serviva oltre lo stesso comune anche il centro abitato di

Sacco.

L'altro socio azionista della SIEL, il cavaliere Vito Morra,

cognato di Passarelli, fondò una ditta individuale con sede

a Capizzo nel palazzo di sua residenza, denominata

Impresa elettrica Comm. Vito Morra, con lo scopo di distribuire

e vendere l'energia elettrica, acquistata dalla società di

produzione, nel comune di Monteforte Cilento e di

Magliano Vetere, comprese le frazioni di Capizzo e

Magliano Nuovo.

Così grazie al commendatore la luce arrivò a Capizzo nel

1921 annunciando il battesimo di sua figlia Anna. Il 23

marzo dello stesso anno, Carmela Melzi diede alla luce

Grianfranco, l'ultimo figlio maschio di Giovanni Giudice,

che in maggiore età volle seguire le orme del padre nella

professione di elettrotecnico.

Il servizio pubblico di illuminazione dell'impresa Morra

era regolato da un contratto con l'amministrazione comunale

di Magliano e di Monteforte per un canone annuo

stabilito, prevedendo a carico dell'impresa la sostituzione

delle lampade e la manutenzione degli impianti con i

materiali forniti dal comune.

In alcuni locali al piano terra del Palazzo di Capizzo, il

Cavaliere possedeva un vecchio frantoio, tramandando da

secoli l'attività familiare della produzione olearia. Con

l'arrivo dell'energia elettrica, sul finire degli anni Venti

colse l'occasione di installare un nuovo impianto, sostituendo

le tradizionali macine in pietra trascinate da un asino

e il grande torchio in legno, con una moderna molazza a

motore ed una pressa idraulica per la spremitura.

13 Palazzo Morra a Capizzo, 1908

14 Il centro abitato di Magliano

15 Centro abitato di Capizzo.

Sulla destra il palazzo Morra

161


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

16 Centro abitato di Stio

17 Gioi Cilento

Nel vicino paese di Stio, i soci Pasquale Infante e Giuseppe

Nicoletti insieme a Saverio Trotta, costituirono l'Impresa

elettrica Nicoletti & C., per la distribuzione dell'energia alle

utenze private e per la pubblica illuminazione nel comune

di Stio e la frazione di Gorga, prevedendo nel contratto di

fornitura il ricambio delle lampade a cura e a spese del

comune. La cabina principale di trasformazione venne

installata in un vano dell'abitazione del socio Nicoletti.

Nel comune di Campora furono i soci azionisti Antonio

Casuccio e Pasquale Calabria a costituire l'impresa elettrica

omonima per la distribuzione dell'energia, denominata

Impresa elettrica Casuccio & Calabria.

Con una derivazione dalla linea elettrica aerea della ditta

Nicoletti di Stio, si diramava una linea per la distribuzione

dell'energia nel comune di Gioi Cilento realizzata nel 1918,

il cui servizio fu assunto dalla impresa elettrica locale di

Michele Errico con sede in via

Italia, trasferita poi agli eredi

assumendo il nome di Impresa

elettrica Eredi Errico.

A Cicerale la distribuzione

venne assunta dalla concessionaria

del dottore Alberto

Santoro, che costituì l'omonima

impresa elettrica, e soltanto nel

1926 l'amministrazione comunale

decise di appaltare i lavori

per la realizzazione della

pubblica illuminazione e della

viabilità di collegamento con i

comuni limitrofi.

162


Le imprese elettriche concessionarie della SIEL 1914-1922

Nel comune di Vallo della Lucania operava la società

concorrente Società Anonima Lucana d’Industrie Elettriche

SALIE, che, per la scarsa produzione del piccolo impianto

termoelettrico di sua proprietà, con l'arrivo

dell'elettrodotto in media tensione da Felitto, distribuiva

l'energia elettrica acquistata dalla SIEL a seguito di un

contratto di concessione. A maggio 1914 il comune di Vallo

stipula il contratto di appalto con la società SALIE per la

fornitura di energia elettrica, sostituendo definitivamente

la vecchia illuminazione a gas acetilene con lampade

elettriche. Con delibera del 27 maggio dell'anno successivo,

l'amministrazione comunale decise di estendere il

servizio di illuminazione elettrica anche alla frazione

Massa, ed infine a Pattano molti anni dopo.

Per il completamento dell'intera rete di distribuzione del

Circondario, escluso qualche comune e frazione, si giunse

quindi all'inizio degli anni Venti, quando il 25 ottobre 1920

fu rieletto sindaco il cav. Gaetano Passarelli, con la nomina

in giunta del dottore Armido Rubino, eletto consigliere

provinciale nel partito democratico.

Con la nuova giunta comunale inizia per la città un periodo

ricco di iniziative, programmando la realizzazione e il

completamento di diverse opere indispensabili per lo

sviluppo economico e civile del paese.

18 Busta intestata della Società

Anonima Lucana Industrie

Elettriche

19 Piazza Municipio, Vallo della

Lucania

163


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

Oltre ai progetti di ripavimentazione di alcune strade e

piazze e la realizzazione di marciapiedi, si migliorava il

servizio postale e la pubblica illuminazione. Veniva

ripreso il progetto della tramvia elettrica per il collegamento

tra Vallo città e lo scalo ferroviario, e il progetto per

la realizzazione dell'acquedotto consortile, redatto

dall'ingegnere Pasquale Pistilli ad aprile 1916, rimasto

sospeso a seguito della guerra. La gara d'appalto indetta a

febbraio 1918 per la costruzione dell'opera per un importo

a base d'asta di 155.300 lire, andò deserta, così quella di

gennaio dell'anno successivo. L'episodio è spiegabile dal

basso importo dei lavori a base d'asta rispetto all'entità

dell'opera, considerato che l'inflazione registrata dopo la

crisi mondiale, aveva provocato un notevole aumento dei

costi. Pertanto l'amministrazione, ad agosto 1920, aveva

provveduto all'aggiornamento dell'elenco prezzi, con il

conseguente aumento del costo dei lavori pari a 744.000

lire. Per risanare la grave situazione finanziaria in cui

versava la cassa comunale, fra i vari provvedimenti presi

dall'amministrazione, con delibera di consiglio di fine

gennaio 1921, fu introdotta una tassa sul consumo della

luce elettrica pari a l 0,10 lire per ogni kW.

Gli effetti disastrosi della guerra e la conseguente svalutazione

della lira portarono gravi conseguenze anche alla

SIEL, tanto che il presidente Rubino, ad agosto di

quell'anno, convocava un'assemblea straordinaria per lo

scioglimento e la liquidazione della società. All'epoca

alcuni dei maggiori azionisti erano scomparsi, altri si

erano dimessi, e la maggior parte dei soci minori, avendo

perso ogni buona aspettativa nell'attività aziendale, che

fino a quel momento si era mostrata improduttiva, non

vollero investire con l'acquisto di nuove azioni. I soci

davvero interessati erano gli stessi titolari delle imprese

concessionarie di distribuzione, che per salvare la società

decisero di liquidare i rimanenti soci con l'acquisizione

delle rispettive azioni, e apportare un aumento di capitale

per consolidare il bilancio.

A tal punto nella seduta straordinaria tenuta agli inizi del

nuovo anno, con la presa d'atto che la svalutazione del

capitale aveva raggiunto il 60 per cento, la rinnovata

amministrazione, deliberava l'emissione di nuove azioni

per 260.000 lire. Due mesi dopo, a marzo 1922, dopo la

relazione della presidenza e l'approvazione del bilancio,

avveniva la designazione definitiva dei componenti del

164


Le imprese elettriche concessionarie della SIEL 1914-1922

consiglio di amministrazione, nominati provvisoriamente

nella precedente assemblea.

Tra i componenti figuravano, il dott. Rubino, rieletto

presidente, il cavaliere Vito Morra, Antonio Valletta,

Angelo De Vita, il sindaco Gaetano Passarelli, che rappresentava

il maggiore azionista, e il lombardo Giovanni

Giudice, che nel frattempo con il suo lavoro di elettrotecnico

aveva acquisito delle quote azionarie nella società,

assumendo per le sue qualità professionali la carica di

consigliere delegato, ponendosi immediatamente al

vertice del management aziendale. L'impegno del nuovo

direttore tecnico, si indirizzò fin da subito

all'individuazione di nuove forme di sfruttamento

dell'energia elettrica, al fine di ottenere il massimo rendimento

dalla capacità produttiva dell'impianto idroelettrico.

Fino ad allora i maggiori consumi continuavano a

limitarsi soltanto nelle ore serali per l'illuminazione, ma si

poteva ottenere un maggiore profitto soprattutto con

l'utilizzo dell'energia per scopo industriale durante il

giorno, come l'alimentazione elettrica della linea tramviaria.

Purtroppo l'istruttoria della domanda di concessione

per l'esercizio della tramvia, dopo la scomparsa

dell'onorevole Talamo che la seguiva personalmente al

Ministero dei Lavori Pubblici, si era completamente

bloccata.

Il successivo 28 ottobre ebbe luogo la marcia su Roma, il Re

incaricava Benito Mussolini di formare il nuovo Governo,

che lo condusse alla presidenza del Consiglio dei Ministri e

il suo partito Nazionale Fascista divenne il partito unico

del Regno d'Italia fino alla caduta del regime.

20 Casa del Fascio a Laurino

165


21 Scorcio di Piazza Vittorio

Emanuele a Vallo della Lucania


Capitolo XII

La Società Anonima Lucana d’Industrie Elettriche

1. L’impianto a carbone di Vallo della Lucania

La città di Vallo della Lucania vide l'arrivo dell'energia

elettrica in anticipo di qualche anno rispetto ai paesi del

Circondario, quando il 19 dicembre 1911 entrò in esercizio

una piccola centralina termoelettrica.

Risale all'undici gennaio dello stesso anno l'istanza indirizzata

al Prefetto di Salerno ai sensi della legge 7 giugno

1894 e del relativo regolamento, per la richiesta di concessione

dell'attivazione di un impianto di generazione e

distribuzione di energia elettrica, nella città capoluogo del

Circondario e nel territorio limitrofo, a firma del giovane

ingegnere Nicola Pinto di Vallo.

Con la legge n. 232 del 1894 “sulla trasmissione a distanza

delle correnti elettriche destinate al trasporto ed alla distribuzione

dell'energia per uso industriale”, cosiddetta legge

sull'elettrodotto, la competenza rispetto alla posa in opera

di condutture elettriche, e quindi la titolarità delle concessioni

stesse era di competenza del Prefetto. All'istanza

inviata in prefettura erano allegate le copie della relazione

tecnica e del progetto che dovevano essere trasmesse alla

Deputazione provinciale, al municipio di Vallo della

Lucania, al Genio Civile e alla Direzione delle Costruzioni

Telegrafiche e Telefoniche, per l'ottenimento dei relativi

nulla osta.

L'impianto per la produzione e distribuzione di energia

elettrica per illuminazione e forza motrice, si componeva

di una centrale di produzione con il sistema Edison in

corrente continua a tensione di 120 Volt, utilizzando una

dinamo di potenza di 20 kW, azionata per mezzo di una

cinghia in cuoio da un motore ad olio pesante della potenza

effettiva di 30 HP.

1 Domanda dell’ing. Pinto al

P r e f e t t o d i S a l e r n o p e r

l’impianto di generazione e

distribuzione di energia elettrica

a Vallo della Lucania, 1911

167


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

2 Dinamo tipo Edison

3 Autorizzazione del Genio

Civile per l’impianto di Vallo,

1911

Il gruppo elettrogeno doveva essere collocato in un locale

appositamente costruito in posizione centrale rispetto al

paese, dove veniva collocato il quadro di distribuzione da

cui partivano i conduttori di alimentazione della rete

elettrica, la cui intensità di corrente era complessivamente

di 169 ampere, corrispondente ad una potenza di circa 20

kW. Il fabbricato era studiato in modo da permettere un

futuro ampliamento con l'installazione di un secondo

gruppo generatore.

La rete di distribuzione diramandosi dalla centrale per

tutte le strade della città, doveva essere realizzata con tre

fili conduttori in rame. Un filo per il polo positivo del

circuito d'illuminazione pubblica, il cui progetto prevedeva

un assorbimento di circa 49 Ampere dei 169 disponibili,

un secondo per il positivo del circuito di distribuzione di

forza motrice e luce per i privati, per circa 120 Ampere, e il

terzo, il negativo, per il ritorno comune di entrambi i

circuiti. In vicinanza della centrale, dove si aveva la maggiore

intensità di corrente, occorrevano più fili per ogni

circuito, per un totale di sette fili in uscita dal quadro di

distribuzione.

La linea aerea doveva essere realizzata con apposite

mensole in ferro profilato, da murare sulle facciate esterne

dei fabbricati dotate di isolatori in porcellana o vetro, su

cui sarebbero stati fissati i conduttori in rame. In corrispondenza

degli attraversamenti con le linee telegrafiche

esistenti, si sarebbe provveduto a isolare i fili della distribuzione

elettrica o all'installazione di reti metalliche di

protezione provviste di messa a terra, secondo le prescrizioni

che dovevano essere emesse alla Direzione delle

Costruzioni Telegrafiche e Telefoniche di Salerno.

A seguito dell'istanza di concessione, a fine gennaio 1911,

l'Ufficio del Genio Civile rilasciava il proprio nulla osta nei

riguardi della pubblica incolumità, in quanto si trattava di

corrente elettrica a basso potenziale.

Nello stesso mese la Giunta municipale di Vallo, presieduta

dal sindaco Gaetano Passarelli, in risposta alla nota del

Prefetto, con la quale richiedeva il parere

dell'amministrazione sull'istanza dell'ing. Pinto, espresse

all'unanimità parere favorevole.

La Deputazione Provinciale di Salerno nella seduta del 31

gennaio esprimeva ugualmente parere favorevole, sulla

scorta del rapporto dell'Ufficio tecnico a firma

dell'ingegnere capo Francesco Priore.

168


L’impianto a carbone di Vallo della Lucania

Con una nota di inizio febbraio, la Direzione delle

Costruzioni Telegrafiche e Telefoniche, si riservava di

fissare con la ditta elettrica un sopralluogo, allo scopo di

prendere accordi circa il tipo di protezione da adottare in

corrispondenza degli attraversamenti con i fili telegrafici

all'interno della città. Ottenuti i necessari pareri favorevoli,

con Decreto Prefettizio del dodici marzo 1911 a firma del

dott. Riccardo Zoccoletti, Prefetto di Salerno sostituito a

settembre da Bladier, veniva concessa alla ditta Pinto la

costruzione dell'impianto elettrico nella città di Vallo della

Lucania.

In stessa data il Prefetto rilasciava la concessione per la

realizzazione e l'esercizio di un altro impianto di produzione

e distribuzione di energia elettrica per illuminazione

e forza motrice nel medesimo comune di Vallo della

Lucania, a seguito di una precedente richiesta del 20

giugno 1910 eseguita dall'ing. Raffaele Migliacci di Felitto.

A settembre l'istanza venne integrata dalla planimetria

della città con in evidenza il tracciato delle linee telegrafiche

e telefoniche esistenti, come richiesta dalla Direzione

di Salerno, al fine di limitare il numero degli attraversamenti

dei fili del telegrafo con quelli della rete elettrica per

eliminare eventuali disturbi nella trasmissione dei segnali

telegrafici.

Il decreto di autorizzazione, come prassi, faceva seguito al

nulla osta del Genio Civile e della Direzione delle

Costruzioni Telegrafiche e Telefoniche, e del parere della

giunta municipale di Vallo, che con delibera del 17 luglio

1910 esprimeva parere favorevole, in quanto era innegabile

il vantaggio arrecato al paese dalla realizzazione

dell'impianto elettrico.

Tuttavia faceva presente che si era costituita già un'altra

società con rilevanti capitali, per il medesimo scopo e per la

costruzione di una tramvia elettrica da Vallo alla Stazione

ferroviaria, opera vitale per lo sviluppo e l'avvenire della

città.

Il progetto presentato da Migliacci prevedeva un impianto

di distribuzione e produzione di energia con un'officina

elettrica dotata di un motore ad olio pesante, da realizzarsi

entro otto mesi dalla data di rilascio del relativo decreto di

autorizzazione, destinato inizialmente all'illuminazione

privata e da estendersi successivamente anche a quella

pubblica, su richiesta dell'amministrazione comunale e a

seguito di eventuali accordi.

4 Nota della Direzione delle

Costruzioni Telegrafiche-

Telefoniche di Salerno, 1911

5 Domanda dell’ing. Migliacci al

P r e f e t t o d i S a l e r n o p e r

l’impianto di illuminazione

elettrica a Vallo della Lucania,

1910

169


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

6 Nulla osta del Genio Civile per

l’impianto di Miagliacci a Vallo

della Lucania, marzo 1911

7 Manifesto pubblicitario del

sistema a corrente alternata della

Westinghouse Electric Co.

A questo punto fu inevitabile l'incontro tra di due ingegneri,

uniti dallo stesso scopo di realizzare un impianto per

l'illuminazione della città. Raffaele Migliacci, specializzato

in elettrotecnica, quindi maggiormente interessato al

nuovo settore dell'industria elettrica, da imprenditore

volle investire nell'acquisto dell'impianto del collega

sostenendo le spese di realizzazione e il costo delle attrezzature

elettromeccaniche, per una somma totale di

67.783,65 lire.

Il merito di aver contribuito allo sviluppo del territorio,

valse al giovane industriale, su proposta del Ministro di

agricoltura, industria e commercio, la nomina di Cavaliere

della Corona d'Italia nel mese di marzo 1911.

Tuttavia il progetto presentato da Pinto risultava già

superato dal punto di vista tecnico; si guardava oramai da

molti anni all'uso del sistema a corrente alternata, affiancato

inizialmente al sistema Edison a corrente continua,

soppiantato definitivamente con il prevalere ad inizio

secolo della corrente alternata trifase e la nascita delle

moderne reti elettriche di trasmissione.

Su suggerimento di Migliacci, che aveva acquisito maggiore

esperienza nell'esecuzione di impianti di distribuzione e

produzione di energia, l'ing. Pinto durante l'esecuzione

apportò una variazione al progetto iniziale, consistente

nell'impiego della corrente alternata alla tensione di 500

Volt al posto di quella continua, e trasformata a 125 Volt

per la distribuzione.

Un'ulteriore variazione tecnica all'impianto, fu la sostituzione

del motore ad olio pesante previsto in progetto con

un motore a vapore, che forniva energia meccanica sfruttando

il movimento alternativo di uno stantuffo all'interno

di un cilindro, nel quale si espande il vapore d'acqua

riscaldato con una caldaia a carbone. Il vantaggio di un

motore a vapore oltre la minore dimensione e la maggiore

silenziosità, era certamente la superiore evoluzione tecnica

e affidabilità di funzionamento rispetto a un motore a

combustione interna a gasolio, che si stava sperimentando

solo da pochi anni.

Iniziati i lavori di costruzione dell'impianto e delle linee

elettriche, a fine novembre Pinto comunicava al nuovo

Prefetto l'avvenuta variazione, sottolineando che in ogni

caso la distribuzione dell'energia avveniva alla tensione di

125 Volt, corrispondente a quella del progetto autorizzato.

Per la realizzazione dell'impianto, tra le ditte fornitrici

170


L’impianto a carbone di Vallo della Lucania

delle attrezzature elettriche e meccaniche apparivano: la

Landis & Gyr per gli strumenti di misura, apparecchi da

quadro e reostati; la ditta M. Iosephj di Napoli; La Società

Anonima di Costruzioni Elettriche e Meccaniche fondata a

Milano nel 1908, già ditta Turrinelli & C.; la Compagnia

Generale di Elettricità, sede italiana della statunitense

General Electric e la Società Anonima Meccanica Lombarda

SAML per la macchina a vapore alimentata a carbone.

A seguito del rilascio dell'autorizzazione alla ditta Pinto,

l'ingegnere aveva inviato alla neo costituita Società Idro-

Elettrica Lucana, una richiesta per ottenere la concessione

di energia per forza motrice da immettere nel suo impianto,

inserita dal consiglio di amministrazione nell'ordine

del giorno dell'assemblea ordinaria degli azionisti convocata

per il 30 marzo 1911.

59

La Landis & Gyr è una fabbrica di apparecchi elettrici svizzera fondata nel

1896 a Zoug, specializzata in impianti elettrici di distribuzione e nel settore

degli strumenti di misura elettrica.

60

La ditta Turrinelli è stata fondata a Sesto San Giovanni nel 1904

dall'ingegnere Gino Turrinelli, per la progettazione e produzione di veicoli

industriali elettrici.

61

La società venne costituita a Milano nel 1901, con stabilimento a Monza ed

una succursale a Napoli. La SAML nacque con lo scopo di dare maggior

sviluppo e perfezionamento alla costruzione di macchine per molini, pastifici,

laterizi, macchine da ghiaccio e refrigeranti, pompe ecc.

8 Officina di produzione

termoelettrica con motrice a

vapore

9 Interno dei magazzini di

Napoli della Società Anonima

Meccanica Lombarda

171


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

Il trenta giugno l'amministrazione comunale di Vallo. Con

lo scopo di sostituire l'illuminazione a gas, approntava il

capitolato d'oneri per la concessione e l'esercizio

dell'impianto di pubblica illuminazione elettrica della città

per una durata di anni trenta. Il definitivo capitolato venne

approvato ad agosto successivo con deliberazione di

consiglio comunale e reso esecutivo il venti ottobre.

Completata l'esecuzione dei lavori dell'impianto di produzione

e distribuzione di energia elettrica, e inoltrata la

richiesta al Prefetto per il sopralluogo del Genio Civile

affinché collaudasse le opere eseguite, il 19 dicembre 1911

ebbero inizio le prove di esercizio con l'accensione della

prima lampadina a incandescenza.

10 Nota del Genico Civile per

l’impianto elettrico di Vallo

della Lucania della ditta Pinto,

dicembre 1911

11 Corso Vittorio Emanuele,

Vallo della Lucania, 1902

172


2. L’ingegnere elettrotecnico Raffaele Migliacci di Felitto

L'ingegnere, nato il 28 dicembre 1880, battezzato con il

nome di Raffaele Romano Domenico, visse nel palazzo di

famiglia a Felitto, il castello feudale appartenuto alla

nobile famiglia dei Carafa dei Principi di San Lorenzo, in

62

possesso dai Migliacci dagli inizi dell'Ottocento.

È in questa casa che Cosimo De Giorgi fu accolto cordialmente

nel suo soggiorno a Felitto dal cavaliere Pasquale

Migliacci, cugino dell'onorevole Giuliani che gentilmente

aveva accompagnato il geologo in paese.

Lo stesso De Giorgi nelle sue memorie di viaggio sottolinea

la cortesia con la quale i signori Migliacci l'accolsero

nella loro casa, prodigandogli affettuose cure nel breve

tempo che si trattenne, delle quali custodirà un perenne

ricordo.

Pasquale, sposato con Carmela Conti ebbe nove figli, tra

cui Raffaele, che all'epoca dell'incontro con il geologo

aveva appena un anno; Cesare, l'ultimo rappresentante in

loco della famiglia, e Giovanni, Ufficiale medico, laureato

in medicina e chirurgia in servizio nelle Forze armate con il

63

grado di Capitano.

Pasquale Migliacci svolgeva la funzione di tesoriere ed

esattore per il comune di Felitto, oltre ad essere impegnato

nella conduzione dei terreni di sua proprietà con moderne

tecniche di coltivazione.

Molto attento ai problemi che affliggevano il mezzogiorno

d'Italia, in considerazione dell'arretratezza industriale e

commerciale delle colture agricole, nel 1911 scrisse un

62

La suggestiva ed enorme costruzione vicino l'antica chiesa di Santa Maria

Assunta è ubicata nella parte alta del paese su di un possente sperone roccioso

visibile alla base dell'intera costruzione.

63

Per benemerenze acquisite durante la Campagna di Libia, la guerra di

espansione coloniale condotta dall'Italia, il Capitano Migliacci fu nominato

Cavaliere dell'Ordine della Corona con Decreto del 3 aprile 1913. Durante la

Grande Guerra, che sarebbe scoppiata di lì a poco in Italia, operò come medico

nel Corpo Sanitario dell'Esercito, distinguendosi per la sua abnegazione.

1 Raffaele Migliacci

2 Palazzo Migliacci, Felitto

173


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

3 Il Capitano Giovanni Migliacci

(al centro) in una foto di gruppo

insieme ai compagni d’armi

4 Opuscolo Le Terre Povere e la

produzione del grano, 1913

breve opuscolo sulle regole pratiche per il contadino

agricoltore, affinché potesse ricavare dalla terra un maggiore

utile, illustrando con semplicità il metodo di rotazione

delle coltivazioni e l'uso dei nuovi prodotti fertilizzanti

per suoli scarsi o lungamente sfruttati. L'opuscolo pubblicato

due anni dopo, dal titolo Le Terre Povere e la produzione

del grano, venne dichiarato dalla Commissione Scolastica

di Salerno un libro di testo per le scuole elementari e

popolari. Lo stesso De Giorgi, nella sua permanenza a

Felitto, anche se apprezzava la fertilità delle “campagne

intorno al paese”, le ritenne coltivate in maniera mediocre

dai docili e pazienti contadini, instancabili lavoratori che

se fossero stati indirizzati correttamente, “la loro opera

sarebbe immensamente produttiva”.

Il figlio Raffaele, compiuto il servizio militare, nel 1903

celebra il matrimonio a Salerno con Teodora Campione,

sorella del cav. Gaetano Campione, fondatore

dell'omonima impresa elettrica per la distribuzione di

energia nel centro abitato di Pontecagnano. Dopo gli studi

di scienze, nel 1907 si trasferiva in Francia per conseguire

la laurea specialistica in ingegneria elettrica, il cui corso

venne istituito nel 1902 presso la facoltà di Scienze

dell'Università di Lille, per formare ingegneri nel campo

delle macchine elettriche, distribuzione e trasporto

dell'energia e processi industriali.

Dopo aver superato gli esami dei tre anni di matematica

generale, fisica generale, meccanica, ingegneria elettrica

industriale ed elettricità applicata, conseguiva il diploma

di ingegnere elettrico il 3 aprile 1909.

174


L’ingegnere elettrotecnico Raffaele Migliacci di Felitto

5 L’Istituto di matematica della

facoltà di cienze a Lille, inizio

Novecento

6 Diploma di laurea di Raffaele

Migliacci, Ingegneria elettrica

presso l’Università di Lille

7 L’ing. Migliacci con il figlio

Pasquale in una foto della fine

degli anni Dieci del Novecento

Rientrato in Italia iniziava a Salerno la professione di

ingegnere, dove elabora numerosi progetti di impianti di

produzione e distribuzione di energia elettrica sorti sul

territorio della provincia. Appena diplomato, a novembre

1909, sviluppa il progetto per l'impresa elettrica di

Valentino Lenza, concessionario della SME, per il trasporto

e la distribuzione di energia per l'illuminazione pubblica

e privata e forza motrice nel comune di Montecorvino

Pugliano con tutte le sue frazioni, con esclusione di

Pontecagnano, già da tempo servito dall'impresa del

cognato. L'energia necessaria per l'alimentazione della

rete elettrica veniva prelevata con una linea ad A.T. in

località Scandrafata dall'elettrodotto a 3.000 Volt proveniente

dall'impianto idroelettrico del Tusciano.

175


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

8 Copertina della relazione di

progetto per l’impianto di

illuminazione elettrica di

Montecorvino Publiano, 1909

9 Progetto dell’impianto di

illuminazione elettrica per

M o n t e c o r v i n o P u g l i a n o .

Sostegno per condutturi a bassa

tensione, 1909

La linea, con uno sviluppo di circa sei chilometri, era

costituita dai conduttori in rame fissati ad isolatori in

porcellana a doppia campana montati su pali in legno alti

circa 10 metri fuori terra, installati alla distanza massima di

50 metri. Nelle derivazioni della linea erano installati

sopra gli stessi pali degli interruttori aerei allo scopo di

poter sezionare la linea in caso di riparazioni.

L'energia era trasformata a basso potenziale in due cabine,

una a Faiano della potenza di 10 KVA, e l'altra in un locale

del municipio di Pugliano della potenza di 15 KVA. Dalle

cabine partivano le reti di distribuzione composte da due

linee separate, una per l'illuminazione privata e pubblica,

l'altra per forza motrice. Trattandosi di piccoli centri, la

distribuzione per l'illuminazione veniva fatta con sistema

monofase alla tensione di 150 Volt. Ogni trasformatore era

munito di un commutatore unipolare il quale permetteva

di accoppiare le tre bobine in serie, ovvero a stella, durante

il giorno, per fornire corrente trifase ai motori, e in parallelo,

la sera, per fornire corrente monofase per

l'illuminazione.

Il 14 agosto 1910 , a seguito della visita di collaudo da parte

del Genio Civile, l'ingegnere Capo firmava il relativo nulla

osta per l'autorizzazione all'esercizio dell'impianto elettrico,

in quanto eseguito a regola d'arte nell'osservanza di

tutte le norme prescritte dalla legge e dai regolamenti.

176


L’ingegnere elettrotecnico Raffaele Migliacci di Felitto

A giugno di quell'anno l'ing. Migliacci presenta al Prefetto

di Salerno il progetto per un impianto di distribuzione

elettrica a Vallo della Lucania, e per Nicola Falcone di

Roccadaspide redige il progetto della piccola centralina

idroelettrica a Castel San Lorenzo.

Ad agosto 1911, dopo le trattative della Società Meridionale

di Elettricità con il comune di Olevano sul Tusciano per la

fornitura di energia, cura il progetto di un impianto di

distribuzione elettrica in corrente alternata sul territorio

comunale, comprendente una linea ad alta tensione con

pali in legno, muniti di isolatori in porcellana a doppia

campana, che dalla centrale di produzione della SME

raggiungeva tre cabine di trasformazione, ubicate nelle

frazioni di Monticello, Ariano e Valle.

Il 15 marzo 1912 per conto della ditta Domenico Maida

firma il progetto di un impianto idroelettrico nel comune

di Capaccio in località Molino di Mare, che prevedeva

l'adattamento delle opere di derivazione dal fiume

Capodifiume di un vecchio mulino ivi esistente, e la

costruzione della centrale contenente la sala macchine. Le

opere civili ed idrauliche vennero dirette dall'ingegnere

Guido Tanturri originario di Scanno in provincia

dell'Aquila e residente a Napoli, dove si laureò in ingegneria

nell'anno scolastico 1899-1900 alla Regia Scuola

d'Applicazione per gli Ingegneri di via Mezzocannone.

10 Progetto dell’impianto di

illuminazione elettrica per

M o n t e c o r v i n o P u g l i a n o .

Protezioni e sostegno per

condutture ad alta tensione,

1909

177


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

11 Panorama del Capoluogo di

Olevano sul Tusciano

12 Progetto dell’impianto di

illuminazione elettrica per

Olevano sul Tusciano, 1911

178


L’ingegnere elettrotecnico Raffaele Migliacci di Felitto

Esperto nella realizzazione di impianti idroelettrici, aveva

seguito la direzione lavori della canalizzazione del

Volturno per l'elettrificazione di Caserta e Napoli per

conto dell'Ente Autonomo Volturno, EAV, fondato con la

legge speciale per il "Risorgimento economico" di Napoli

del 1904 sostenuta con forza da Francesco Nitti.

Inizialmente la missione dell'Ente fu quella di costruire

centrali idroelettriche, in particolare alle sorgenti del

Volturno, e di distribuire, a prezzi contenuti, l'energia

elettrica per forza motrice al fine di favorire l'incremento

industriale della città. Migliacci lavorando al fianco

dell'ingegnere ebbe l'occasione di maturare una notevole

esperienza nel settore idroelettrico, svelatasi utile per i

suoi successivi progetti.

Intanto, a Vallo della Lucania, a seguito della variazione

del progetto da corrente continua in alternata, la Direzione

delle Costruzioni Telegrafiche e Telefoniche, con un

telegramma all'ufficio di Prefettura, denunciava che

l'impresa elettrica Pinto, prima di provvedere alla sistemazione

di un attraversamento della sua linea ad alto potenziale

con i fili telegrafici, aveva già immesso corrente nelle

condutture. Di conseguenza l'ufficio del Genio Civile

richiedeva la nuova documentazione tecnica al fine di

verificare se le condizioni imposte dal decreto di concessione

dovevano essere modificate, rinviando perciò la

visita di collaudo dell'impianto.

Lo stesso capitolato, approvato dall'amministrazione

comunale per la pubblica illuminazione, veniva modificato

con l'inserimento dell'avvenuta variazione, rendendolo

di nuovo esecutivo con una successiva delibera di consiglio

del primo gennaio 1912. Ad aprile l'ingegnere Pinto

informava il Genio Civile che la distribuzione dell'energia

elettrica avveniva sempre a basso potenziale alla tensione

di 125 Volt e nello stesso territorio comunale, pertanto

l'oggetto del decreto di concessione originario non era

stato assolutamente modificato, e che i lavori erano stati

eseguiti nel pieno rispetto delle norme di pubblica incolumità,

ottemperando alle prescrizioni stabilite dalla

Direzione di Salerno.

Il 27 settembre il Consiglio di Prefettura approvava definitivamente

il capitolato e il relativo allegato tecnico per

l'esercizio della pubblica illuminazione nel comune di

Vallo della Lucania, cosicché, il dodici ottobre il sindaco

Passarelli pubblica l'avviso di gara per la concessione

13 Nota del Genico Civile per

l’impianto elettrico di Vallo

della Lucania della ditta Pinto,

1912

179


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

dell'impianto nella città e nelle frazioni di Angellara e

Massa al prezzo base di 6.200 lire annue. La gara con

offerte in diminuzione non minori a dieci lire, veniva

svolta il venti novembre presso la segreteria comunale col

64

metodo della candela vergine , in applicazione al regolamento

dell'epoca sulla contabilità generale dello Stato.

I partecipanti, per essere ammessi alla gara, il giorno

dell'incanto dovevano versare in contanti o in titoli al

portatore 2.000 lire come cauzione provvisoria, oltre a lire

400 per spese di asta e contratto, ed esibire i documenti atti

a dimostrare la capacità tecnica e finanziaria di assumere il

pubblico esercizio.

L'aggiudicazione provvisoria della concessione venne

affidata ad una costituenda società anonima d'industrie

elettriche, pervenendo dopo diciotto mesi alla stipula del

contratto definitivo.

14 Piazza Vittorio Emanuele II,

Vallo della Lucania, inizio 1900

64

Questo metodo successivamente regolamentato dal Regio Decreto 23

maggio 1924 n. 827, ed ancora in vigore consiste in: Nel giorno stabilito per l'asta,

trascorsa l'ora di rito, si procederà in pubblica seduta, nel modo che segue: si accenderanno

tre candele, una dopo l'altra; se la terza si estingue senza che siano fatte offerte,

l'incanto è dichiarato deserto. Se invece nell'ardere di una delle tre candele si siano

avute offerte, si accenderà la quarta e si procederà ad accenderne delle altre sino a che si

avranno offerte. Quando una delle candele accese dopo le prime tre, come sopra è

prescritto, si estingue ed è consumata senza che si sia avuta alcuna offerta durante

tutto il tempo nel quale rimane accesa, e circostanze accidentali non abbiano interrotto

il corso dell'asta, ha effetto l'aggiudicazione a favore dell'ultimo migliore offerente.

180


3. La costituzione della SALIE

Le prime iniziative nel settore elettrico intraprese

sul territorio, videro la nascita di piccole

imprese e la realizzazione di centraline di

produzione idroelettrica, soprattutto nell'area

della valle del Calore. Alcune di queste imprese

al fine di raggiungere una maggiore capacità di

penetrazione su di una vasta area della provincia,

in un regime di monopolio sulle attività di

produzione e distribuzione, dividendosi le

singole aree di competenza, decisero di associarsi,

con la costituzione di una società per

azioni operante nel settore dell'energia elettrica.

Con l'istituzione di una società di capitali

veniva inoltre assicurata una maggiore capacità

tecnica e finanziaria per assumere varie

attività nel nuovo settore industriale.

In un incontro avvenuto a Salerno l'undici

gennaio 1913, nella residenza dell'ingegnere

Migliacci alla Palazzina D'Alessio in Corso

Garibaldi (attuale via Roma), fu costituita con

atto del notaio Antonio Trucillo la società

anonima per azioni denominata Società

Anonima Lucana d'Industrie Elettriche SALIE,

con un capitale sociale di 300.000 lire, avente

per fine la produzione e distribuzione di energia

elettrica per illuminazione e forza motrice e per

industrie elettriche in generale. La società aveva

una durata di anni trenta con la possibilità di

essere prorogata per voto dell'assemblea.

1 Corso Garibaldi, Salerno, anni

Dieci del Novecento

181


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

2 Corso Garibaldi a Salerno

animato dal passaggio dei tram

3 Lampade ad arco differenziale

della Siemens & Halske, 1878

Il Corso Garibaldi in quegli anni, da poco ritmato dai pali

in legno della rete elettrica e da quelli in ghisa della linea

tramviaria, era animato dal passaggio dei tram della The J.

65

G. Brill Company di Philadelphia diretti a Cava e a Pompei

ed illuminato dalle lampade ad arco della Compagnia

Napoletana di Illuminazione con l'energia dell'impianto del

Tusciano.

In quella sede venne deciso che il capitale sociale doveva

essere corrisposto con l'emissione di cinque diverse serie,

di cui la prima serie, corrispondente al capitale iniziale di

60.000 lire, era diviso in 300 azioni da 200 lire ciascuna.

In base alle disposizione del Codice del Commercio furono

versati i tre decimi delle azioni sottoscritte per un valore di

8.400 lire alla sede di Salerno della Banca d'Italia, come

comprovato dal notaio dalle regolari ricevute di versamento,

mentre i sette decimi dovevano essere versati a

seguito di un avviso emesso dalla società con lettera

raccomandata, nei successivi quindici giorni dalla definitiva

costituzione.

Inizialmente il capitale era destinato principalmente

all'esercizio e alla gestione dell'impianto di produzione e

distribuzione di Vallo della Lucania, che venne conferito

65

I primi veicoli in dotazione della linea tramviaria Salerno-Pompei, erano dei

tram bidirezionali a due assi, ed alcune vetture rimorchiate, acquistati nel 1907

dalla ditta statunitense The J. G. Brill Company, che giunsero a Salerno trasportati

in Kit con una nave, e montati sul posto. L'equipaggiamento elettrico

invece era stato fornito dalla Siemens Schuckert Werke.

182


La costituzione della SALIE

alla società dal proprietario Migliacci, per estendersi in

seguito ad altre attività, quali l'acquisto o la produzione di

energia elettrica e della sua distribuzione o vendita per

luce e forza motrice, nel Cilento e nella valle del Calore.

Per l'impianto conferito del valore di 65.837,65 lire, documentato

dalle fatture e dai conteggi presentati, vennero

attribuite a Migliacci 160 azioni di lire 200 ciascuna, corrispondenti

alla somma di 32.000 lire che aveva già versato

ai creditori. Per l'estinzione della rimanente somma di

35.837,65 lire, avrebbe provveduto la stessa società nei

modi e nei termini che furono da lui stabiliti con i singoli

creditori, come veniva dimostrato dalla contabilità consegnata

e corredata di tutti i registri e documenti

dell'impianto, con l'elenco dei materiali e degli abbonati.

Tra i creditori, oltre alle ditte fornitrici in precedenza

elencate, compariva anche il sig. Giovanni Botti di Vallo,

socio della SIEL, che in cambio assunse delle azioni della

nuova società.

Tra i soci rilevanti, di cui qualcuno presentato in precedenza,

comparivano: l'industriale Nicola Falcone residente a

Roccadaspide, il cavaliere Domenico Maida di Capaccio, il

sig. Giuseppe Andreola di Aquara, e il cavaliere Francesco

Luciano di Salerno, originario di Cava dei Tirreni, come

maggiori azionisti; il cavaliere Pasquale Rizzo ex sindaco

di Castel San Lorenzo, l'ingegnere Francesco Martino di

Rivello in provincia di Potenza e residente a Salerno,

l'ingegnere Vincenzo Carpinelli di Giffoni Valle Piana

domiciliato a Napoli, il sig. Enrico Giardini possidente di

Castelcivita e il sig. Giordano Conti possidente di

Controne.

Domenico Maida, figlio di Giovanni, sindaco di Capaccio

per più di un decennio fino al 1903, a marzo 1912 aveva

presentato un'istanza al Prefetto di Salerno per la concessione

di derivazione dal corso d'acqua di Capodifiume nel

comune di Capaccio, con allegato progetto a firma dell'ing.

Migliacci, che prevedeva la realizzazione di una centralina

idroelettrica con una derivazione dal fiume Capodifiume,

utilizzando una portata di 2.080 litri al secondo ed un salto

di dieci metri per una potenza di 277,33 HP.

Nello statuto societario si stabiliva che il cav. Maida con la

sua impresa, si obbligava a favore della società di non

realizzare altri impianti o speculazioni elettriche, e di non

vendere energia nei seguenti paesi: Albanella, Altavilla,

Serre, Controne, Castelcivita, Postiglione, Aquara,

4 Biglietto da visita dell’ing.

Raffaele Migliacci

183


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

5 Quadro elettrico di comando

all’interno della centrale

idroelettrica Maida a Capaccio

6 Comunicazione al sindaco del

comune di Agropoli per i lavori

di realizzazione della linea di

distribuzione elettrica, 1914

Roccadaspide, Castel San Lorenzo, Felitto, Laurino, Stio,

Campora, Moio della Civitella, Gioi Cilento, Orria, Perito,

Vallo della Lucania, Persano e Castelnuovo. Inoltre si

stabiliva che il cav. Falcone, con la sua centralina di produzione

sul Calore, doveva limitare l'attività soltanto nei

66

centri di Roccadaspide e Castel San Lorenzo.

A favore di Maida la società si impegnava invece a non

vendere energia nei comuni di Capaccio, Trentinara,

Giungano, Monteforte Cilento, Cicerale, Rutino, Lustra,

Rocca Cilento, Laurino, Prignano, Torchiara, Ogliastro,

Agropoli, Castellabate, e di tutta la fascia intercedente la

linea Battipaglia-Reggio e il mare, e a favore di Falcone a

non realizzare impianti e a non vendere energia nei paesi

serviti dalla sua impresa.

Inoltre Maida si obbligava nei confronti della società, e

viceversa, alla cessione dell'energia ad un prezzo non

superiore a quello stabilito, da prelevare direttamente in

centrale o da qualsiasi altro punto della linea più vicino al

luogo in cui si fosse venduta l'energia.

Il consiglio di amministrazione nominato, era composto

da Raffaele Migliacci in qualità di presidente, Domenico

Maida, Nicola Falcone, Francesco Luciano e Pasquale

Rizzo, mentre tra i sindaci effettivi furono nominati gli

ingegneri Francesco Martino, Vincenzo Carpinelli e Nicola

Pinto. Gli amministratori nominati rimanevano in carica

fino all'assemblea di marzo 1914, quando si sarebbe provveduto

ad un parziale rinnovamento tramite sorteggio,

mentre i sindaci fino all'assemblea ordinaria di marzo

1913, quando venne nominato consigliere delegato il

cavaliere Gaetano Campione.

66

Il quattro ottobre 1914, con decreto del Ministero dei Lavori Pubblici, il socio

azionista Nicola Falcone veniva nominato Cavaliere.

184


La costituzione della SALIE

Il 3 giugno di quell'anno, nella sezione Cronaca del giornale

quindicinale L'Alento, stampato a Vallo della Lucania,

veniva riportata la notizia sulla costituzione della nuova

società elettrica, “con lo scopo principale di riscattare i due

impianti elettrici di Vallo dell'ing. Pinto e Migliacci, gestendoli

in un'unica azienda e di acquistare le forze dell'Idroelettrica

Lucana per farne la speculazione dei paesi della Valle del

Calore”. Dal primo dello scorso maggio a Vallo aveva

assunto la gestione di tutti e due gli impianti elettrici,

“troncando in questo modo il deplorevole spettacolo della concorrenza

fra le due ditte, protratta a tal punto da dover temere da un

momento all'altro lo sfacelo finanziario di una o di tutte e due le

Imprese”. Augurando alla società un rapido progresso,

visto la serietà delle persone che la dirigevano, l'articolo si

concludeva con la speranza che la monopolizzazione del

servizio della luce elettrica non avrebbe portato nessun

ingiusto aggravio ai singoli utenti.

Purtroppo proprio alla fine del 1913, il 21 dicembre la

neonata società sopportò la tragica morte del socio Maida

con il trasferimento dell'impresa elettrica alla moglie Luisa

Flavia Vernazza e al piccolo erede Domenico junior,

gravandosi del difficile compito di gestire l'attività di

produzione e distribuzione dell'energia elettrica ad

Agropoli e Capaccio. La conduzione dell'impianto venne

pertanto affidata dall'amministratore dei beni del minore

Maida, alla Società Idroelettrica Pestana di Maffeo & Napoli,

con sede a Capaccio, che intanto l'anno precedente aveva

ottenuto dal Prefetto la concessione per l'installazione e

l'esercizio di un impianto di distribuzione della luce

elettrica a Capaccio.

Nella seduta ordinaria degli azionisti convocata per il 15

marzo 1914, come stabilito all'atto di costituzione della

società, dopo la relazione del presidente Migliacci, veniva

approvato il contratto di acquisto dell'impianto

dell'ingegnere Pinto, e quello di appalto per la fornitura

del servizio di illuminazione elettrica a Vallo della Lucania

e nelle frazioni. Seguiva l'approvazione dei contratti di

vendita alle utenze di illuminazione e forza motrice e

dell'accordo preliminare per l'acquisto di energia dalla

Società Idro-Elettrica Lucana, a seguito della domanda

inoltrata alla società dall'ing. Pinto. Inoltre si pervenne

all'approvazione di un progetto per la costruzione di una

linea di trasporto ad alta tensione, dalla centrale di produzione

di Felitto alle diverse destinazioni.

7 Avviso di convocazione

assemblea SALIE publicato sul

foglio delle inserzioni della

Gazzetta Ufficiale del Regno del

28 febbraio 1914

185


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

8 Decreto di concessione del 6

maggio 1915 rilasciato alla ditta

Domenico Maida

9 B o l l e t t a d e l l ’ I m p r e s a

Illuminazione Elettrica del Cav.

Pasquale Rizzo, 1916

Dunque, costituita la società, nel mese di maggio venne

stipulato il contratto definitivo con il comune di Vallo, per

la fornitura di energia elettrica dell'illuminazione pubblica

della città.

Nel frattempo il 28 luglio scoppia il conflitto in Europa, con

la dichiarazione di guerra dell'Austria alla Serbia, le cui

conseguenze si fecero subito sentire anche in Italia.

L'economia della nazione per l'approvvigionamento di

materie prime dipendeva in larga scala dall'estero, provocando

una crisi soprattutto per le scorte di carbone, essenziale

per la produzione di gas ed energia elettrica con

impianti termici, con inevitabili rincari nel prezzo della

fornitura. L'Italia fino a quel momento era fondamentalmente

un paese agricolo, con una industria ancora poco

competitiva e con alcuni suoi settori chiave, dominati da

capitali stranieri; notevole era la presenza di capitale

tedesco nel settore dell'energia.

Anche Vallo della Lucania, che da pochi mesi aveva

sostituito i vecchi lampioni a gas con lampade elettriche,

risentì di questi disastrosi effetti, quando nel periodo dal

20 agosto al 10 settembre 1914 mancò quasi del tutto

l'energia elettrica, proprio per la mancanza di carbone

necessario per il funzionamento della macchina a vapore

della piccola centralina.

Appena il carbone iniziò ad essere reperibile sul mercato,

malgrado costasse quasi il triplo del prezzo precedente, la

Società per assicurare di nuovo il servizio di distribuzione

si preoccupò immediatamente di acquistarne una consistente

scorta. A questo punto, a seguito dell'accordo di

concessione con la SIEL, quando fu possibile prelevare

l'energia elettrica con una derivazione dall'elettrodotto

proveniente da Felitto, la piccola centralina a carbone

venne definitivamente chiusa per la scarsa e antieconomica

produzione.

Il 6 maggio 1915 il Prefetto rilascia il decreto per la concessione

di derivazione delle acque di Capodifiume, richiesta

dal cav. Maida nel 1912, con il regolare inizio dell'attività

di produzione e distribuzione di energia elettrica per

illuminazione e forza motrice ad Agropoli e Capaccio.

Con l'entrata in esercizio della centralina, fu il socio

Pasquale Rizzo a fondare l'omonima impresa elettrica

concessionaria dell'azienda Maida per l'acquisto, distribuzione

e vendita di energia nel comune di Agropoli, dove

realizzò una rete di circa 12 km di lunghezza.

186


La costituzione della SALIE

A Castel San Lorenzo, posizionato nella rigogliosa valle

del Calore abbondante di piante di olivo di ottima qualità,

da buon imprenditore volle investire nella produzione di

olio, con l'impianto di un moderno frantoio elettrico

ubicato nei locali al piano terra della residenza di via S.

67

Maria.

Il socio Giuseppe Andreola ad Aquara costituì la Società

Idoelettrica Capozzoli, Andreola & Vitale, realizzando una

centralina della potenza di 50 kW con l'adattamento delle

strutture di un mulino alimentato da una derivazione dal

fiume Fasanella in località Terre, e dotata di una turbina

idraulica della Ditta Alessandro Calzoni di Bologna, prima

azienda in Italia a produrre turbine idrauliche. La centralina

detta Vairo, affiancata da un impianto termico ausiliario

di 80 kW, era ubicata dopo la confluenza del Vallone

Ferro di Aquara in prossimità del vecchio ponte ad archi in

muratura sul fiume Calore, lungo la strada per

Bellosguardo, a circa un chilometro a monte del piccolo

impianto di Falcone.

È a ottobre 1915, che l'Amministrazione provinciale di

Salerno indisse la gara di appalto per la costruzione della

strada di collegamento tra la piazza Nicotera nell'abitato

di Aquara, e la provinciale Ponte Calore Bellosguardo, con

l'innesto proprio nelle vicinanze della centralina, potendo

in questo modo raggiungerla dal paese in breve tempo e

con maggiore facilità.

Dalla centralina Vairo partivano tre linee di trasmissione

in media tensione con uno sviluppo complessivo di circa

10 km, che raggiungevano Aquara, Castelcivita e la contrada

Carretiello di Roccadaspide, dove si diramavano le reti

di distribuzione in bassa tensione per un'estensione

68

complessiva di circa 6 km.

Prima dell'assemblea ordinaria della società convocata a

marzo 1916, veniva effettuato un aumento di capitale con

l'emissione della seconda serie di azioni, raggiungendo il

valore sottoscritto di 84.800 lire.

10 Progetto di derivazione della

Società Idro-Elettrica Capozzoli-

Andreoli-Vitale di Aquara, 1919

11 Catalogo ditta Alessandro

Calzoni di Bologna, 1899

10 Catalogo ditta Alessandro

Calzoni di Bologna, 1899

67

Per l'impegno dimostrato dal cavaliere Pasquale Rizzo allo sviluppo socioeconomico

e culturale della sua terra, l'amministrazione del comune di Castel

San Lorenzo, guidata negli anni Novanta dal prof. Gennaro Mucciolo, in

segno di merito e riconoscenza l'ha ricordato intitolando a suo nome una

strada comunale.

68

Con una domanda inoltrata il 29 maggio 1919 a firma del socio Tommaso

Capozzoli, corredata dal progetto a firma dell'ingegnere Domenico Galdieri,

la società richiedeva una variazione alla concessione per spostare più a monte

il punto di presa, e derivare una maggiore quantità di acqua al fine di incrementare

la produzione di forza motrice.

187


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

12 Rivello, provincia di Potenza

Tre anni dopo, con la chiusura dell'impianto di produzione

a carbone, la società ancora non aveva provveduto a

liquidare i fornitori, concordando a settembre 1919 un

pagamento del trenta per cento delle spettanti somme.

Il 14 maggio di quell'anno venne aperta al pubblico la

chiesa di Santa Sofia a Poderia, nel comune di Celle di

Bulgheria, i cui lavori iniziati all'inizio del Novecento

impegnarono per quasi un ventennio l'ingegnere

Francesco Martino in qualità di progettista e direttore dei

lavori. Sposato con una nobildonna di Giffoni, da Rivello si

era trasferito a Salerno per svolgere la libera professione di

ingegnere, fondando uno studio associato con il figlio

Alessandro che nel frattempo aveva conseguito la laurea

in ingegneria.

Nel suo paese di origine si era costituita la Società Anonima

Idro-Elettrica Rivellese, SAIER, con un capitale sociale di

1.250.000 lire, con lo scopo di realizzare un impianto

idroelettrico per l'illuminazione ai numerosi paesi della

contrada. La presidenza venne assunta dal Canonico

Biagio Mennuti, responsabile spirituale della Parrocchia S.

Nicola di Rivello, e la direziome tecnica di Migliacci.

Il 9 novembre 1920 la società presentò una domanda di

derivazione da 3,50 a 9 moduli d'acqua dal torrente Lauria

(Viceconti) e da 2 a 6 moduli dal canale della Ferrovia in

tenimento di Nemoli con restituzione nel Rio di Mascalcia,

affluente del fiume Noce, per produzione di forza motrice.

13 Posa della prima pietra della

centrale idro-elettrica rivellese,

30 novembre 1922

188


La costituzione della SALIE

I lavori per la realizzazione dell'impianto, iniziati il 30

novembre 1922 con una cerimonia di posa della prima

pietra, alla presenza del presidente, del sindaco e di altre

autorità locali, non furono portati a termine e si conclusero

con la costruzione soltanto della sala macchine e della casa

del custode, ancora visibili in località Ramiera lungo la

strada provinciale per Nemoli.

Il 30 luglio di quell'anno, ai sensi della legge 2161 del 1919,

Migliacci presenta una domanda per la derivazione di sei

moduli d'acqua dal torrente Tenza nel comune di

Campagna, con un sbarramento e delle relative opere di

presa a circa 3 km a monte del centro abitato, in località

Acqua del Romito, a scopo di produzione di energia

elettrica.

In quello stesso anno il socio Francesco Martino lo ritrovia-

69

mo tra i componenti della Società Salernitana di Elettricità ,

eletto nel collegio dei sindaci effettivi, con la presidenza

del cavaliere Raffaele Marotta di Laurino, la vice presidenza

del cavaliere Gaetano Campione e la direzione del

consigliere delegato cavaliere Gennaro D'Alessio, sindaco

in quegli anni del comune di Capaccio.

14 Sala macchine in località

Ramiera, Rivello

15 Gennaro D’alessio alle

sorgenti di Capodifiume.

Paratoia vasca di carico

centralina idroelettrica

16 Comunicazione della Società

Salernitana di Elettricità in

riferimento al Capitolato per

l’illuminazione elettrica di

Paestum, 1926

69

La Società Salernitana di Elettricità, costituita a Salerno il 1922, aveva il duplice

scopo di distribuire energia nei paesi della Piana del Sele e nelle aziende

agricole esistenti, e di condurre sperimentazioni per nuove applicazioni nel

campo elettroagricolo, saggiando metodi moderni di coltivazione meccanizzata

e di irrigazione.

La società realizzò a Paestum in località Spinazzo una centrale alimentata

dalle acque di Capodifiume della potenza di 160 kW, distribuendo l'energia

elettrica a Paestum e agli altri paesi. Successivamente ampliò la produzione,

prima con la realizzazione di una piccola centralina in prossimità delle

sorgenti di Capodifiume, con l'adeguamento delle strutture di un vecchio

mulino ivi esistente, e poi con l'acquisizione della centralina idroelettrica in

località San Eustachio nel comune di Montecorvino Rovella della ditta Pizzuti

e Santoro, alimentata con una derivazione dal fiume Cornea.

189


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

17 Piazza Vittorio Emanuele,

Vallo della Lucania

18 Pagina del giornale contabile

della SALIE, mese di marzo 1926

La società venne costituita per la produzione e distribuzione

dell'energia ad Albanella, Altavilla Silentina, Paestum,

Castel San Lorenzo e Roccadaspide, proprio nel periodo in

cui la piccola centralina di Falcone, che distribuiva

l'energia in quest'ultimi due paesi, iniziava a mostrarsi

insufficiente per la scarsa produzione.

E sempre nello stesso anno il comune di Vallo della

Lucania, per forte volere dell'assessore Armido Rubino,

con delibera di consiglio del 24 febbraio, decide di ampliare

il servizio di illuminazione elettrica pubblica nella

frazione di Angellara. A quei tempi, dopo la chiusura

dell'impianto termoelettrico, la SALIE acquistava l'energia

dalla Società Idro-Elettrica Lucana per un canone mensile

variabile da 1.100 a 1.400 lire. La connessione con la rete

della SIEL avveniva tramite l'alimentazione a bassa tensione

di una cabina di distribuzione in muratura ubicata in

via Santa Maria di Loreto, da cui si diramava la rete elettrica

pubblica e privata di Vallo e delle frazioni. La società

possedeva in fitto oltre questa cabina, di proprietà

dell'ingegnere Pinto, la sede dell'ufficio di Vallo in Corso

Garibaldi e il molino Soriello.

Nell'assemblea ordinaria degli azionisti tenuta ad aprile

1922 veniva regolarmente approvato il bilancio aziendale;

ad aprile 1924 all'ordine del giorno, compariva oltre la

relazione del consiglio di amministrazione e

l'approvazione del bilancio al 31 dicembre 1923, una parte

190


La costituzione della SALIE

straordinaria per l'emissione della terza e quarta serie di

azioni con aumento del capitale sociale sottoscritto e

versato di 154.880 lire.

Al 1926, tra le utenze elettriche servite dalla società vi era: la

pubblica illuminazione, per un canone semestrale pagato

dal comune di Vallo di circa 9.000 lire; il cinematografo, la

caserma di Finanza, la caserma della 64° Fanteria, l'Ufficio

postale, l'Ufficio Foreste, il Circolo sociale e la Chiesa S.

Maria delle Grazie; contratti di fornitura per forza motrice

con il sig. Ernesto Nicoletti e con lo stabilimento tipografico

Luigi Spera, oltre ai contratti di varie utenze private.

In quegli anni per la gestione società elettrica comparivano:

l'ingegnere Vincenzo Carpinelli, come consigliere

delegato con funzioni esecutive, e tra i dipendenti, il sig.

Giuseppe Migliacci, fratello del presidente, in qualità di

direttore tecnico e il sig. Alfredo D'Andrea come operaio

elettrotecnico e lettura dei contatori.

L'ingegnere Carpinelli, il 21 giugno di quell'anno, presentava

a nome di una omonima impresa elettrica, fondata

insieme ai fratelli Attilio e Giuseppe, un'istanza per la

derivazione di 10 moduli di acqua dal fiume Picentino, in

contrada Accoppiatura nel comune di Giffoni Valle Piana,

per la produzione con un salto di 82,15 metri di 876,60 HP

nominali, da trasformarsi in energia elettrica. La centralina

ad acqua fluente era ubicata in contrada Vassi dove avveniva

la restituzione delle acque al corso naturale del fiume.

La concessione della durata di 60 anni venne autorizzata

con R.D. n. 3940 del 12 marzo 1928, con l'obbligo di installare

due idrometrografi su opportuni stramazzi al punto

di presa e al canale di scarico, e di un pluviografo da collocarsi

nel sito indicato dalla Sezione Idrografica di Napoli,

in conformità a quanto disponeva il nuovo regolamento

del 14 agosto 1920 n. 1285.

19 Stabilimento tipografico

Luigi Spera, Vallo della Lucania

20 Busta intestata della Società

Anonima Lucana Industrie

Elettriche S.A.L.I.E.

191


21 Piazza S. Caterina - Duomo,

Vallo della Lucania


Capitolo XIII

L’impianto idroelettrico di Novi Velia sul torrente Torna

Il presidente Migliacci, al fine di eliminare dal bilancio

della società il canone mensile da pagare alla SIEL con la

produzione in proprio dell'energia, il 23 settembre 1922

inoltrava al Ministero dei Lavori Pubblici un'istanza per

una concessione di derivazione sul torrente Torna, con lo

scopo di produrre energia elettrica. Il progetto prevedeva

la realizzazione di un impianto alle pendici occidentali del

monte Gelbison, nel comune di Novi Velia, con un prelievo

di 300 litri d'acqua al secondo, nei mesi da novembre a

giugno, e di 150 litri nei mesi di magra, da luglio a ottobre.

La domanda veniva richiesta ai sensi della nuova normativa

emanata con R.D. n. 2161 del 9 ottobre 1919, sulle derivazioni

ed utilizzazioni di acque pubbliche, sui serbatoi e

laghi artificiali, e del successivo regolamento.

La legge, che raccoglieva la legislazione precedente,

introduce una semplificazione procedurale per rispondere

all'incremento di domanda di energia e alle richieste di

concessioni ad uso idroelettrico, quando, dopo la prima

guerra mondiale, l'Italia aveva la necessità di produrre

energia a basso costo per favorire la ripresa economica.

La normativa indicava che le domande per le nuove

concessioni, con allegati progetti, dovevano essere presentate

al Ministro dei Lavori Pubblici e al Genio Civile di

zona. Successivamente, dopo la pubblicazione della

domanda sulla Gazzetta Ufficiale e sugli annunci provinciali,

gli interessati avevano 30 giorni per presentare

obiezioni, prima che fossero effettuati i necessari sopralluoghi

del Genio.

1 Planimetria impianto idroelettrico

sul Torna a Novi Velia

193


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

2 Novi Velia, anni Venti del

Novecento

Forniva inoltre le caratteristiche per scegliere tra più

domande di concessione ricorrenti: si sceglieva quella che

presentava il miglior utilizzo delle acque o soddisfaceva

prevalenti interessi pubblici o offriva migliori garanzie

tecnico-finanziarie. Il Capo secondo conteneva provvedimenti

per agevolare la costruzione dei serbatoi e dei laghi

artificiali. Il regolamento emanato con il R.D. n. 1285 del 14

agosto 1920, disponeva che il Genio Civile compilasse gli

elenchi delle acque pubbliche e che li comunicasse agli

uffici competenti per essere esposti nei Comuni, nelle

Province e pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale. Lo stesso

regolamento prevedeva che successivamente al rilascio

della concessione di derivazione, il concessionario doveva

presentare al Genio Civile il progetto esecutivo, che lo

approvava e dava il via libera ai lavori sorvegliando e

guidando l'esecuzione delle opere.

Durante il periodo di pubblicazione del progetto di derivazione

sul torrente Torna, furono presentate delle opposizioni

dal comune di Vallo e di Novi Velia.

Il sindaco Gaetano Passarelli affermava che le sorgenti del

torrente erano di proprietà comunale, e sosteneva, in

accordo con il sindaco di Novi, che concedendo

l'utilizzazione richiesta dalla ditta Migliacci, sarebbe

mancata l'acqua a vari mulini e frantoi esistenti in zona e a

molti terreni situati nel territorio dei due comuni. Il sindaco

era personalmente interessato al progetto di derivazione

in quanto possedeva un mulino e vasti terreni a Novi

Velia confinanti con il torrente.

194


L’impianto idroelettrico di Novi Velia sul torrente Torna

Per il Genio Civile le pretese del comune di Vallo sulla

proprietà delle sorgenti non erano ammissibili, in quanto il

corso d'acqua risultava regolarmente iscritto al n. 217

dell'elenco delle acque pubbliche della provincia di

70

Salerno, in virtù del R.D. 2161.

Inoltre la preoccupazione che la derivazione potesse

gravemente turbare le varie utilizzazioni esistenti a valle

della presa era infondata, in quanto il regime delle acque

dopo la restituzione rimaneva immutato e di conseguenza

tutte le utilizzazioni a valle avvenivano in regime

dell'intera portata. Per le utilizzazioni a destra del torrente,

alimentate da un antico canale derivatore con origine a

monte della restituzione, era prevista la realizzazione di

un condotto a pelo libero, tra il torrente, a valle dello

scarico, e l'esistente canale, reintegrando il restante volume

d'acqua necessario ad assicurare l'esercizio delle

esistenti utilizzazioni.

In ogni caso, per assicurare il necessario quantitativo

d'acqua, nel disciplinare di concessione, si era fatto obbligo

al richiedente di costruire all'imbocco del canale reintegratore

un'apposita opera di ripartizione.

Nel frattempo, un mese dopo la presentazione dell'istanza

di concessione, il 24 ottobre 1922 il comune di Vallo della

Lucania pubblicava l'avviso di appalto, ad unico incanto a

ribasso, per la costruzione dell'acquedotto consortile, dalle

sorgenti, agli abitati di Novi Velia, Vallo e le frazioni di

Angellara e Massa, secondo il progetto redatto

dall'ingegnere Pasquale Pistilli ad aprile 1916, e del successivo

aggiornamento di agosto 1920.

70

Il decreto stabiliva la formazione degli elenchi da parte degli Uffici provinciali

del Genio Civile, che successivamente approvati dal Ministero dei LL.PP.,

venivano pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale del Regno. Le procedure per la

formazione degli elenchi delle acque pubbliche furono stabilite dal successivo

regolamento approvato con il R.D. n. 1285 del 14 agosto 1920.

Successivamente il regolamento è stato in vigore per espressa disposizione di

un articolo del Testo Unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti

elettrici approvato, a dicembre 1933 con R.D. n. 1775.

L'articolo uno del testo Unico recita:

“Sono pubbliche tutte le acque sorgenti, fluenti e lacuali, anche se artificialmente

estratte dal sottosuolo, sistemate o incrementate, le quali, considerate sia isolatamente

per la loro portata o per l'ampiezza del rispettivo bacino imbrifero, sia in relazione al

sistema idrografico al quale appartengono, abbiano od acquistino attitudine ad usi di

pubblico generale interesse.

Le acque pubbliche sono inscritte, a cura del ministero dei lavori pubblici,

distintamente per provincie, in elenchi da approvarsi per decreto reale, su proposta del

ministro dei lavori pubblici, sentito il consiglio superiore dei lavori pubblici, previa la

procedura da esperirsi nei modi indicati dal regolamento.

195


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

3 L’ing. Migliacci a dorso d’asino

per la strada per la località Ponte

Torna

Per questo motivo tra le opposizioni presentate, il sindaco

di Vallo esponeva la necessità di utilizzare a scopo potabile

le acque delle sorgenti che alimentano il torrente Torna.

Dunque, al fine di assicurare una sufficiente quantità

d'acqua potabile da immettere nella rete idrica, il Genio

Civile aveva inserito nel disciplinare un'apposita riserva

di dieci litri al secondo, largamente proporzionata al

bisogno della popolazione dei due comuni.

Considerato che le riferite motivazioni non potevano

essere di ostacolo alla richiesta concessione di derivazione

a scopo idroelettrico, venivano respinte tutte le contrarie

opposizioni. Pertanto in seguito al parere del Consiglio

Superiore dei Lavori Pubblici espresso a maggio 1924, e al

disciplinare sottoscritto dall'ingegnere presso l'Ufficio del

Genio Civile il 14 aprile dell'anno successivo, l'undici

settembre 1925 veniva rilasciato il Decreto Ministeriale di

concessione n. 8918 della durata di 60 anni per un canone

annuo di 5.480 lire, che prevedeva la derivazione di una

portata media di 250 litri d'acqua al secondo

per produrre con un salto di 137 metri una

potenza nominale di 456,66 HP.

A febbraio di quell'anno l'ingegnere

Migliacci, con lo scopo di incrementare la

produzione di energia idroelettrica, inoltrava

una nuova richiesta di concessione per la

derivazione di 300 litri di acqua dal fiume

Palistro, nello stesso comune di Novi Velia.

Ottenuta la concessione per l'impianto del

Torna, ed iniziati i lavori per la realizzazione

della sala macchine, con il successivo

progetto esecutivo venne aumentato il salto

a 178,1 metri, da quota 775,3 metri s.l.m.,

corrispondente alla presa in località

Fiumefreddo, nei pressi della fontana dove

aveva inizio la salita per il Santuario, a

quota 597,2 metri, corrispondente alla

restituzione in località Ponte Torna, ottenendo

un aumento di potenza da 336 kW a

496,77 kW. Dopo l'approvazione

dell'esecutivo da parte del Genio Civile con

D.M. n. 263 del 14 gennaio 1927, diede corso

al completamento delle opere di derivazione,

inaugurando l'impianto a marzo di

quell'anno.

196


L’impianto idroelettrico di Novi Velia sul torrente Torna

Le opere previste consistevano nella realizzazione di uno

sbarramento in muratura del Vallone Fiumefreddo,

dell'opera di presa, del canale derivatore in trincea a

sezione rettangolare e di una vasca di carico dotata di

paratoia e sgrigliatore; di una condotta forzata costituita

da tubi in lamiera d'acciaio chiodata, del diametro di 400

mm; della centrale di produzione contenente la sala macchine,

dell'edificio per l'abitazione del custode e di un

piccolo deposito.

La centrale, realizzata in muratura, si sviluppa su di un

unico livello a pianta rettangolare, con l'ingresso principale

posizionato al centro della sala contenente i due gruppi

turbo-generatore, e dotata di un carroponte per il sollevamento

o lo spostamento delle macchine in caso di smontaggio

e manutenzione. A destra della sala fa seguito un

blocco posteriore sviluppato su due livelli contenente i

locali trasformatori e gli scaricatori, da dove partiva una

linea di trasmissione in media tensione di 30 kV con

un'estensione di circa 48 km. Il prospetto principale,

caratterizzato da una composizione simmetrica rispetto

all'ingresso centrale, è esaltato dal timpano superiore della

copertura a due falde.

4 Foto di gruppo con l’ing.

Migliacci (5° da destra)

all’inaugurazione della centrale

di Novi Velia, marzo 1927

197


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

5 Volantino pubblicitario delle

Officine Fonderie A. Pellizzari

6 L’interno della centrale con il

gruppo di generazione turbinaalternatore

fornito dalle Officine

Parenti di Bologna (foto fine XX

secolo)

Dalla linea di trasmissione, che da Novi Velia attraversava

il territorio del comune di Vallo della Lucania, fu eseguita

una derivazione di circa 120 metri allacciando la cabina

Loreto della SALIE, potendo in questo modo prelevare

direttamente l'energia per la distribuzione nel capoluogo.

Tra le aziende fornitrici dei due gruppi di generazione

installati, si annovera: per il primo gruppo le Officine

71

Parenti di Bologna , composto da una turbina idraulica

tipo Pelton con un getto ad ago da 750 giri al minuto,

munita di regolatore automatico di velocità, collegata

mediante un giunto rigido ad un alternatore trifase ad otto

poli; per il secondo gruppo, aventi le stesse caratteristiche

tecniche, le Officine Fonderie A. Pellizzari di Arzignano,

Vicenza, specializzata nella produzione di pompe e motori

72

elettrici. Le turbine Pelton , dette turbine ad azione,

sfruttano la velocità d'ingresso dell'acqua, che tramite un

ugello colpisce direttamente le pale della girante a forma

di doppio cucchiaio. Solitamente sono utilizzate per

grandi dislivelli e piccole portate in modo tale da ottenere

velocità molto elevate.

71

Dal 1920 le Officine Parenti si uniscono con l'Officina Calzoni costituendo la

Società Anonima Officine Calzoni-Parenti specializzata in costruzioni oleodinamiche,

e qualche anno dopo associandosi con la Società Riva-Monneret di

Milano, daranno vita alla società per azioni Riva & Calzoni.

72

Questo tipo di turbina prende il nome dall'inventore americano Lester Allan

Pelton, che la realizzò nel 1879, e risulta essere ancora oggi la turbina ad azione

con rendimento più elevato.

198


L’impianto idroelettrico di Novi Velia sul torrente Torna

7 Il gruppo di generazione

turbina-alternatore fornito dalle

Officine fonderie Pellizzari di

Arzignano (foto fine XX secolo)

L'impianto idroelettrico sul Torna, venne realizzato oltre

con l'intento di eliminare le spese di acquisto di energia

elettrica dalla SIEL, principalmente per estendere la

distribuzione in altre zone del territorio che a quella data

erano ancora sprovviste del servizio elettrico, come l'area

del Cilento antico, rappresentata dai paesi intorno al

Montestella, e dei centri di Rofrano e Laurito alle falde

orientali del monte Gelbison.

La linea di trasmissione in media tensione di 30 KV giungeva

fino a Vallo scalo proseguendo poi per Omignano,

dove da una cabina partiva un'altra linea per Mercato

Cilento che raggiungeva Perdifumo, fino al comune di

Castellabate e alle sue frazioni, dove operava l'impresa

elettrica locale dell'ingegnere Nicola Coccoli.

Con la realizzazione della linea passante per Pattano, con

delibera del Podestà di Vallo della Lucania del 14 luglio

1928, il servizio elettrico della pubblica illuminazione

venne esteso anche in quella frazione, dove furono installati

i primi lampioni con lampade elettriche. Gli abitanti di

Pattano già da qualche anno si lamentavano della loro

disperata condizione, oltre che per la scarsità d'acqua e la

difficoltà del suo approvvigionamento, per la mancanza di

illuminazione pubblica.

Con una lettera del 30 gennaio 1925 scrissero al

Sottoprefetto affinché trovasse un'immediata soluzione,

sottolineando che nella frazione di Massa ed Angellara, gli

abitanti ormai da tempo usufruivano dell'illuminazione

elettrica pubblica, mentre a Vallo addirittura si cambiavano

le lampadine con sfarzosi globi in vetro.

8 Condotta forzata costituita da

tubi in lamiera d’acciaio

chiodata, diametro 400 mm

199


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

9 Piazza Vittorio Emanuele II,

Vallo della Lucania

10 Domanda di derivazione dai

torrenti Torna e Fiumefreddo

nel comune di Novi Velia, 1928

11 Relazione di progetto

dell’ing. Raffaele Migliacci

Eppure anche nel capoluogo c'erano da tempo numerose

lamentele per l'insufficiente illuminazione pubblica, tanto

che il consiglio comunale, a novembre dell'anno precedente,

individuò la necessità di interventi di miglioramento e

sistemazione. Furono pertanto potenziate le lampade e

ricollocate in modo diverso al fine di garantire una maggiore

illuminazione al corso e alla piazza.

Unitamente alla realizzazione dell'impianto di Pattano, in

quello stesso anno, con una derivazione dalla linea che

proseguiva per Vallo scalo, venne realizzato anche

l'impianto di pubblica illuminazione del comune di

Castelnuovo Cilento.

L'entrata in esercizio dell'impianto idroelettrico di Novi

Velia, assicurò una maggiore disponibilità di energia

immessa in rete, tuttavia per incrementare la produzione

in funzione dell'ampliamento delle nuove aree servite,

come i paesi del Cilento, il 6 luglio 1928, l'ingegnere

Migliacci inviava una domanda per derivare, con un

secondo salto dal torrente Torna e Fiumefreddo, 1,50

moduli di acqua con presa a quota 845,50 metri e restituzione

a quota 776,72 metri. Il progetto di massima allegato

all'istanza era firmato insieme al giovane ingegnere Mario

Salzano, figlio di Almerinda Campione la sorella della

moglie Teodora.

Il progetto prevedeva di utilizzare il rimanente salto di

circa 70 metri, dalla quota delle sorgenti alla quota di

derivazione dell'impianto già realizzato, con la produzione

di una potenza nominale di 133,60 HP. La presa del

secondo salto era prevista a quota 845,50 metri con la

restituzione a quota 776,72, in modo che le acque derivate

200


L’impianto idroelettrico di Novi Velia sul torrente Torna

dopo l'utilizzazione venivano rimesse nel

canale derivatore dell'impianto esistente.

Le opere previste consistevano nella

realizzazione di due sbarramenti in

muratura sui rami del Torna e del Vallone

Fiumefreddo con le rispettive opere di

presa; di un canale derivatore in trincea a

sezione rettangolare e di una vasca di

carico, entrambi in muratura con le pareti

interne rivestiste in intonaco; di una

condotta forzata lunga 120 metri costituita

da tubi in lamiera d'acciaio saldati, del

diametro interno di 275 mm e dello

spessore di sei e dell'edificio della sala

macchine. Il gruppo generatore consisteva

in una turbina idraulica tipo Pelton

della potenza di 100 HP e velocità di 750

giri al minuto, munita di regolatore

automatico a pressione d'olio, direttamente

collegata mediante un giunto

rigido ad un alternatore trifase della

potenza di 75 kW.

12 Disegni di progetto per la

derivazione dai torrenti Torna e

Fiumefreddo II salto, 1928

201


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

13 Giornale contabile SALIE, dal

1° gennaio 1926 al 1° luglio 1928

14 Banco di Napoli in piazza

Matteo Luciani a Salerno

Nella seduta ordinaria della SALIE, tenuta a fine marzo di

quell'anno presso lo studio del presidente Migliacci in via

Diaz a Salerno, dopo la relazione del consiglio di amministrazione

venne presentato e approvato il bilancio al 31

dicembre. In quello stesso mese di marzo del 1928 venivano

rilasciate all'ingegnere, dalla succursale di Salerno del

Banco di Napoli, le anticipazioni sui titoli azionari della

società, richieste per sostenere le grosse somme impegnate

per la realizzazione dell'impianto di Novi Velia.

Tuttavia l'ambizioso programma di sviluppo

dell'ingegnere, sfortunatamente non volse a buon fine.

Con i ricavi dell'attività di produzione e vendita di energia,

non riuscì a coprire le spese e liquidare le varie ditte

fornitrici interessate, fino a che il Tribunale dichiarava il

fallimento della ditta Migliacci e la metteva in liquidazione.

Come curatore fallimentare veniva nominato

l'avvocato Cav. Emilio Conti della frazione Massa del

comune di Vallo, e come responsabile tecnico l'ingegnere

Mario Salzano.

Durante i lavori di costruzione dell'impianto, per accedere

all'officina di produzione venne realizzato, in località

Torna lungo la via pubblica che dalla località detta Li Barre

saliva al Santuario della Madonna di Novi Velia, un ponte

di attraversamento del torrente nei pressi della confluenza

del vallone Rosalia, le cui sponde, piantumate con diversi

alberi di pioppo, rientravano totalmente in una proprietà

di Gaetano Passarelli, su cui si estendeva un grande bosco

di castagno.

Quest'ultimo lamentava sia la costituita servitù di passaggio

sul corso d'acqua, che considerava di sua proprietà, sia

i danni procurati al suo fondo dallo straripamento del

torrente, il cui corso veniva ostacolato

dal materiale accumulato nei

pressi dell'angusto ponte realizzato

da Migliacci, impedendone il libero

deflusso.

Dopo il tentativo di risolvere amichevolmente

la questione con

l'ingegnere, a seguito del fallimento

della ditta si vide costretto a ricorrere

alle vie giudiziali, e nominato

come suo procuratore legale

l'avvocato Giuseppe Ippoliti, inoltrò

un'istanza al Tribunale di Vallo.

202


L’impianto idroelettrico di Novi Velia sul torrente Torna

A settembre 1931 l'ufficiale giudiziario notificava all'avv.

Conti un atto di citazione in giudizio presso il Tribunale di

Salerno, al fine di far rimuovere le opere che provocavano

il danno sul fondo di proprietà Passarelli.

L'udienza fu rinviata il 22 novembre del 1932, l'anno che

vide la tragica e prematura scomparsa di Raffaele

Migliacci, stroncato da un infarto nel mese di agosto alla

giovane età di 51 anni.

La Camera di Consiglio dopo aver sentito i procuratori

delle parti, emise la sentenza con la quale ordinava

l'accesso preliminare per l'ispezione dei luoghi, delegando

la questione al giudice estensore cav. Vincenzo Squillaci

con l'assistenza del perito ing. Alfredo Gagliano di

Fisciano, che avrebbe dovuto eseguire dei rilievi al fine di

verificare se realmente fossero fondati i danni lamentati

dall'istante, precisandone la causa, la somma e i mezzi

necessari per eliminarli.

A seguito di una successiva ordinanza, il 4 febbraio 1933 fu

eseguito il sopralluogo in contrada Torna, con la redazione

di un verbale di accesso alla presenza del Giudice, dell'ing.

Gagliano, di Passarelli assistito dall'avv. Ippoliti e

dell'avv. Gaetano Nunziante di Salerno, nelle vesti del

nuovo curatore fallimentare della ditta, nominato dal

tribunale a seguito della morte dell'ingegnere.

Dopo l'avvenuto sopralluogo, il Giudice stabilì che il

perito, entro i termini fissati, doveva provvedere alla

consegna della perizia tecnica corredata di una planimetria

e di un profilo altimetrico del vallone e del canale di

scarico dell'officina elettrica.

L'avvocato Nunziante, a proposito della lamentata servitù

di passaggio, osservava che l'eventuale sua costituzione

non si poteva definire tale, in quanto il torrente in oggetto

era un corso d'acqua compreso nell'elenco delle acque

pubbliche della Provincia di Salerno, in virtù del R.D. 2161

del 9 ottobre 1919, a cui il Passarelli non fece alcuna opposizione

nei termini e nei modi stabiliti dalla legge. Faceva

infine aggiungere in verbale che per il buon fine degli

accertamenti era perciò conveniente che il perito rilevasse

anche la natura giuridica del corso d'acqua.

203


15 Gruppo turbina-alternatore

dell’impianto idroelettrico di

Novi Velia


Capitolo XIV

La Società Idro-Elettrica del Cilento

L'impresa elettrica dell'ingegnere Nicola Coccoli, concessionaria

della ditta Migliacci, venne costituita per distribuire

e vendere l'energia elettrica nel comune di Castellabate

e alla frazione San Pietro di Perdifumo, dove la luce arrivò

nel 1928. L'impianto era costituito da una rete elettrica in

media tensione con cinque cabine di trasformazione, a

Castellabate, due a Santa Maria, San Marco e Torretta, e

sette cabine su pali in legno sparse sul territorio, fino a

Licosa. La rete urbana in bassa tensione, con fili in rame

sorretti da supporti in legno e mensole in ferro infisse sui

fabbricati, si svolgeva all'interno dei centri abitati con

un'estensione di circa sette chilometri.

Nicola Coccoli, originario di Sessa Cilento dove nacque il

12 agosto 1892, frequentò l'Institut électrotechnique de

Bruxelles, diplomandosi in ingegneria elettrica il 30 luglio

1920. Dopo il matrimonio con Giovanna Matarazzo di

S.Maria di Castellabate, cugina di Ida, la moglie del cav.

Raffaele Marotta di Laurino, si trasferì a Salerno in via

Regina Sibilla.

1 Nicola Coccoli

2 Diploma di laurea di Nicola

Coccoli, Ingegneria elettrica

presso l’Istituto Elettrotecnico di

Bruxelles

3 Panorama di Sessa Cilento

205


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

4 Corso Garibaldi, Santa Maria

di Castellabate. Le facciate degli

edifici sono segnate dalle

mensole con isolatori in

ceramica dell’impianto di

distribuzione elettrica

5 Decreto di concessione n. 7592

del 1941 per la derivazione dal

fiume Mingardo rilasciato alla

ditta Nicola Coccoli

Dopo qualche anno dal fallimento della ditta Migliacci,

allo scopo di incrementare l'attività dell'impresa con la

produzione in proprio dell'energia, a gennaio 1939 presentò

un'istanza per la concessione di derivazione, in

località Castiglione nel comune di Rofrano, di 1500 litri di

acqua dal tratto superiore del fiume Mingardo, denominato

fiume Faraone, e dei suoi affluenti, per produrre, con

due salti di 60 e 140 metri, la potenza nominale complessiva

di 4000 CV.

Alla domanda era allegato il progetto di massima a firma

dell'ingegnere Aniello Salzano, che prevedeva la realizzazione

di un bacino della capacità di circa un milione di

metri cubi, con la costruzione nella gola di Rofrano di una

diga di sbarramento ad arco dell'altezza di 30 metri,

corredata di scarico superficiale a tracimazione, di uno

sfioratore, dell'opera di presa e dello scarico di fondo. La

quantità d'acqua accumulata nel bacino artificiale non

doveva assolvere al compito di regolazione stagionale dei

deflussi, ma alla necessaria regolazione giornaliera e

settimanale.

Dall'opera di presa partiva una galleria di derivazione di

6,5 km di lunghezza a sezione circolare con diametro di

due metri, scavata completamente nella roccia, lungo il

versante destro della valle, fino all'altezza dell'abitato di

Laurito. Al termine della galleria era previsto un pozzo

piezometrico di forma cilindrica del diametro di 4 metri,

con camera di espansione superiore ed inferiore, da cui

aveva inizio la condotta forzata all'aperto, del diametro di

1450 mm e una lunghezza complessiva di 900 metri fino in

centrale. L'officina di produzione doveva essere ubicata in

una piccola piana alluvionale nei pressi di Laurito, dove

con un piccolo canale di restituzione le acque venivano

immesse nel corso naturale del fiume. L'edificio a pianta

rettangolare contenente la sala macchine e la sala trasformatori,

era dimensionata per l'installazione di due gruppi

turbogeneratori ad asse verticale, ognuno calcolato per

una portata massima di 3 metri cubi al secondo e una

potenza di 6000 kW. Con un portata media di derivazione

di 2850 litri al secondo, e con un salto di 235 metri, tra la

quota 350 metri s.l.m., di medio invaso nel serbatoio, e 115

metri alla restituzione, si poteva ottenere una potenza

media nominale di 6570 kW.

La concessione ottenuta con R.D. n. 7592 dell'otto dicembre

1941, a seguito delle integrazioni di gennaio 1940 con le

206


La Società Idro-Elettrica del Cilento

modifiche volute dal Genio Civile, prevedeva una minore

derivazione, pari a 1200 litri di acqua al secondo, con la

produzione di una potenza corrispondente a 3440 CV.

Nel frattempo, dopo qualche mese dalla presentazione del

progetto dell'impianto idroelettrico di Laurito, l'ingegnere

aveva costituito la Società Idroelettrica del Cilento, SIECI,

con sede a Salerno in via Regina Sibilla, con lo scopo di

acquistare l'impianto idroelettrico di Novi Velia.

Il 5 giugno 1939 con atto di compravendita del notaio

Emanuele Casale di Postiglione, la società comperava gli

impianti elettrici della ditta Migliacci, vedendo riconosciuta

la titolarità della concessione con Decreto

Ministeriale n. 7012 del 23 ottobre, notificato tramite

l'Ufficio del Genio Civile al curatore fallimentare,

l'avvocato Nunziante, e al responsabile tecnico,

l'ingegnere Mario Salzano.

Quando l'impianto venne acquisito dalla SIECI, che ormai

era in funzione da circa quindici anni, dopo qualche mese

l'ingegnere si vide costretto ad effettuare una manutenzione

generale alle apparecchiature elettriche e meccaniche.

Per poter sostenere le spese la società stipulò un contratto

di mutuo di 371.000 lire con l'Istituto Mobiliare Italiano, a

garanzia del quale veniva accesa l'ipoteca sull'impianto.

A tal fine, il Ministero dei Lavori Pubblici, con decreto del

31 ottobre 1939, rilasciava alla società il richiesto nulla osta

per il contratto di mutuo, come previsto dal Testo Unico

delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici.

Agli inizi degli anni Quaranta, il cavaliere Raffaele

Marotta, prese degli accordi con la Società Idroelettrica per

6 Comunicazione del Genio

Civile all’ing. Salzano e all’avv.

Nunziante

7 Bolletta dell’Impresa Elettrica

Marotta Raffaele, bimestre

novembre-dicembre 1939

207


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

8 Scrittura privata tra Giuseppe

Marotta e il padre Raffaele, 1944

la fornitura di energia al suo impianto di distribuzione di

Laurino, in quanto la sua vecchia centralina sul Calore si

mostrava già da molti anni insufficiente per la scarsa e

variabile produzione di energia. Come avvenne per la

piccola centralina di Castel San Lorenzo, anche quella di

Laurino venne chiusa e abbandonata.

Con il passaggio dell'impresa elettrica al primogenito

Giuseppe Marotta, il 5 giugno 1944 venne stipulato un

nuovo contratto di fornitura di energia elettrica con la

SIECI, a cui fece seguito una scrittura privata per stabilire

gli obblighi che l'erede doveva avere fino e dopo il decesso

del padre Raffaele.

Restava convenuto che l'impianto elettrico nell'abitato di

Laurino per luce e forza motrice, in considerazione della

quantità di rame, materiali elettrici e isolatori, e del pessimo

stato di manutenzione in cui esso si trovava a causa

della difficoltà di approvvigionamento dei materiali

durante la guerra, aveva un valore approssimativo di circa

600.000 lire. Giuseppe, alla morte del padre, di tale somma

doveva dare conto ai restanti eredi, insieme a 10.000 lire

date per cauzione alla SIECI alla firma del primo contratto

di fornitura.

Inoltre si conveniva che Raffaele avrebbe incassato le

rendite per la fornitura di luce pubblica e privata, fino alla

concorrenza delle somme da lui anticipate alla società,

mentre erano a carico di Giuseppe le spese di manutenzione

e di acquisto di nuovi materiali, contatori, ecc., e della

fornitura gratuita di energia per illuminazione e della

forza motrice occorrente al funzionamento del mulino e

dell'oleificio di sua proprietà a Laurino.

Intanto, al fine di potenziare la produzione di energia,

anche la ditta Impresa Elettrica Ing. Nicola Coccoli, presentava

in data 24 febbraio 1942 una domanda di concessione di

derivazione di acqua dal fiume Calore in località

Scaraviello, nei comuni di Magliano Vetere e Felitto, nello

stesso luogo dove il progetto dell'ingegnere Omodeo,

redatto nel 1914 per conto della SME, prevedeva la costruzione

di una diga e di un serbatoio artificiale.

Il progetto dell'ingegnere Coccoli prevedeva la derivazione

di 12 moduli di acqua, per produrre con un salto di 105

metri la potenza di 1600 CV, e di altri 60 moduli in località

Molino, nei comuni di Aquara, Roccadaspide, Controne e

Castelcivita, per produrre con un salto di 80 metri, la

potenza di 6400 CV per generazione di energia elettrica.

208


La Società Idro-Elettrica del Cilento

Dopo gli anni di guerra, a fine maggio del 1949, la

SIECI tenne delle trattative con il comune di

Agropoli per la fornitura di energia elettrica dalla

sottostazione ubicata nei pressi della stazione

ferroviaria di Omignano Scalo, in quanto l'Azienda

Idroelettrica Pestana Domenico Maida, concessionaria

della distribuzione elettrica nel comune, con la

centralina a Capaccio riusciva a stento a soddisfare

l'energia richiesta, provocando continue condizioni

di disagio alla popolazione.

La potenza effettiva installata nella centrale, in

considerazione del pessimo stato dei due turboalternatori,

era da ritenersi di circa 70 kW, che

poteva ridursi a metà ogni qualvolta occorreva

provvedere alla manutenzione di una delle

macchine, contro un fabbisogno complessivo di

energia di circa 125 kW, ripartiti tra i 70 kW di

Agropoli, 30 kW di Capaccio e 25 kW di

Trentinara e Giungano. Ma la potenza installata a

pieno carico era appena sufficiente a coprire la

necessità del solo comune di Agropoli.

I meccanismi rotanti delle turbine idrauliche,

insieme ai gruppi di generazione e alle parti

elettriche, sono soggetti a usura per il loro funzionamento

continuo, e quindi a periodiche verifiche

9 Proposta della SIECI per la

fornitura di energia elettrica al

comune di Agropoli

10 Centrale idroelettrica Maida a

Capaccio

209


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

11 Pubblicità San Giorgio,

motori generatori trasformatori,

anni Trenta

di controllo con arresto o funzionamento parziale

dell'impianto, per il tempo necessario alle varie operazioni

di manutenzione.

Per risolvere definitivamente il problema, l'azienda aveva

73

commissionato alla Società Ansaldo San Giorgio dei nuovi

macchinari per un valore di oltre 12 milioni, la cui consegna

e messa in opera doveva avvenire in circa 18 mesi. Nel

frattempo per integrare la produzione, acquistava

l'energia dalla Società Elettrica della Campania, che da

qualche anno aveva raggiunto con i suoi elettrodotti il

comune di Capaccio.

Negli stessi anni l'ingegnere Coccoli ugualmente provvedeva

ad effettuare una manutenzione generale

all'impianto con la sostituzione di alcuni apparati elettrici,

commissionando parte di questi lavori alle Officine per

Costruzioni Riparazioni Elettromeccaniche Napoletane

74

OCREN.

All'epoca l'azienda elettromeccanica era diretta dal suo

fondatore, l'ingegnere industriale Stefano Brun, assumendo

in seguito la presidenza della Società Lucana per Imprese

Idroelettriche, che negli anni Cinquanta acquisterà diversi

impianti di produzione presenti sul territorio, tra cui la

centrale idroelettrica di Novi Velia dalla SIECI e la centrale

idroelettrica Maida a Capaccio.

1 2 A n s a l d o , m o n t a g g i o

trasformatore, stabilimento

elettrotecnico Cornigliano,

Genova

73

La Società Anonima Industriale San Giorgio per la costruzione di automobili

terrestri e marittimi viene fondata nel 1905 con l'inizio dell'attività in due

stabilimenti a Sestri Levante e Pistoia. Nel 1947 passa al gruppo IRI, con la

divisione dei settori industriali. Nel 1949 con lo stabilimento di Pistoia si

dedica all'approntamento di materiale rotabile, assumendo la ragione sociale

di Officine meccaniche ferroviarie pistoiesi, mentre le attività elettromeccaniche

ed idromeccaniche della San Giorgio confluiscono, insieme a quelle analoghe

dell'Ansaldo, nella società di nuova costituzione Ansaldo - San Giorgio, con sede

a Genova, operando nel settore dell' elettrotecnica e della meccanica. Nel 1985

venne fusa in Ansaldo Trasporti.

74

L'officina OCREN costituita alla fine degli anni Trenta ha rappresentato il

riuscito tentativo di costituire a Napoli una grande azienda elettromeccanica,

fornitrice di macchine elettriche alle regioni meridionali, che assurgerà al più

importante stabilimento del genere, a capitale privato, realizzato nel Sud

Italia. Sorse come semplice officina per la produzione di alternatori elettrici,

trasformatori e apparecchiature di trazione per ferrovie e tramvie, fino a

ottenere le prime grandi commesse, come quelle delle Ferrovie dello Stato per

la costruzione di elettromotrici e la realizzazione di grandi centrali elettriche

in Grecia, estendendo il suo programma industriale ai trasformatori e

generatori di qualsiasi potenza e tensione.

210


La Società Idro-Elettrica del Cilento

13 Ingresso alla sala macchine

della centrale idroelettrica

Maida a Capaccio, 1945

14 Fattura per fornitura di

energia elettrica dell’Azienda

idroelettrica Pestana Domenico

Maida, 1948

211


15 Società per le Forze Idrauliche

della Sila, Programma di

elettrificazione del Mezzogiorno

d’italia e i laghi silani, Roma,

1923


Capitolo XV

Il potenziamento dell’impianto idroelettrico di Felitto

1. La direzione tecnica di Giovanni Giudice

Nel circondario di Vallo con l'adesione al movimento

fascista, il nuovo partito nazionale nelle elezioni del 1924,

gestite dal dott. Raffaele Passarelli, figlio di Gaetano,

ottenne un notevole successo, riscuotendo un'alta percentuale

di voti con l'iscrizione al fascio della maggior parte

dei personaggi di spicco del paese, vedendo come segretario

politico il dott. Giuseppe Passarelli. L'opposizione era

composta soltanto da un piccolo gruppo di veterani iscritti

nella lista della democrazia liberale, tra cui l'avvocato

Tommaso Cobellis, sostenitore dell'onorevole napoletano

Giovanni Amendola legato alla corrente di Nitti, parente

del presidente dott. Rubino che in contrasto con le nuove

ideologie politiche di partito preferì ritirarsi a vita privata

nella sua residenza di Angellara.

Con la successiva riforma avviata da Mussolini, dal 1926

vennero abolite le elezioni amministrative, introducendo

la figura del podestà nominato con Regio Decreto, a cui

vennero trasferite tutte le funzioni in precedenza svolte

dal sindaco, dalla giunta e dal consiglio comunale.

A Vallo della Lucania fino al 1927, quando nel mese di

aprile venne nominato il podestà con la contemporanea

abrogazione della sede di Sottoprefettura, si susseguirono

il sindaco Gaetano Passarelli, che rassegnò le dimissioni

alla scadenza del mandato a novembre 1925, e due commissari,

segnando un periodo fiorente di idee con un

elevato numero di iniziative realizzate e di progetti avviati.

Il 24 febbraio 1926, il Commissario di Vallo inviava al

Sottoprefetto una relazione descrittiva del lavoro fino ad

allora svolto dagli uffici comunali e dell'impegno sostenuto

per la realizzazione di opere pubbliche.

1 Benito Mussolini, 1923

213


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

2 Vallo della Lucania, 1927

Fu programmata la ripavimentazione di nuove strade e

piazze della città, la sistemazione delle fognature, il completamento

dell'acquedotto consortile Vallo - Novi Velia, il

miglioramento del servizio postale, dell'istruzione pubblica,

della sanità e dell'illuminazione elettrica. Venne ripreso

altresì il progetto per la realizzazione della tramvia

Vallo città - Scalo ferroviario, sollecitata anche da

Tommaso Cobellis che se ne occupò pubblicando un

articolo sul suo giornale La Voce del Cilento.

Ad agosto 1925 il comune aveva stanziato per la tramvia

un sussidio di 8.000 lire, ma nonostante la promessa

dell'onorevole napoletano avvocato Roberto Cantalupo,

Sottosegretario di Stato del Ministero delle Colonie nel

Governo Mussolini, di seguire il progetto presso il

Ministero dei Lavori Pubblici, anche questa volta non si

ottenne l'atteso decreto di concessione con il relativo

sussidio governativo.

A quella data era stata da poco realizzata, e per alcuni tratti

in corso di completamento, la rete elettrica di distribuzione

e della pubblica illuminazione nei paesi del Circondario

con l'esecuzione degli allacci alle singole utenze, di illuminazione

e forza motrice, la cui potenza richiesta, nonostante

la vendita di parte dell'energia alla SALIE, risultava al

momento soddisfatta con la produzione dell'unico gruppo

di generazione installato nell'impianto di Felitto.

214


La direzione tecnica di Giovanni Giudice

Nel 1927 l'Unione Nazionale Industrie Elettriche, UNEL,

pubblica l'Annuario statistico delle imprese elettriche in Italia,

dove sono elencati i dati tecnici per tutti gli impianti

esistenti all'anno 1926, divisi per Regioni e Province. Nei

dati elencati nell'annuario, per la centrale idroelettrica di

Felitto, riporta una potenza installata di 200 kW corrispondente

alla potenza del singolo gruppo presente in centrale.

Inizialmente la quantità di energia richiesta era inferiore a

quella potenzialmente producibile, difatti le attività che si

dotarono di un motore elettrico furono poche, ed i consumi

domestici in molte abitazioni erano limitati

all'accensione di una sola lampadina mobile, che collegata

ad un lungo filo poteva essere spostata facilmente da un

vano all'altro a seconda delle necessità.

In quel periodo per la società la maggiore potenza ottenuta

con l'installazione di altri gruppi generatori, era vista

esclusivamente in funzione dell'elettrificazione della

tramvia da realizzare, non potendo assolutamente immaginare

quello che realmente sarebbe accaduto alcuni anni

dopo, con le continue richieste di energia e di allacciamento

alla rete. Nell'assemblea ordinaria di marzo 1928,

all'ordine del giorno compariva la relazione del presidente

Rubino con l'approvazione del bilancio dell'anno precedente

e l'emissione di ulteriori obbligazioni per un capitale

di 100.000 lire. Con il diretto controllo di quattro imprese

concessionarie, la società deteneva il ruolo di azienda

leader nel settore della produzione e distribuzione

dell'energia elettrica sul territorio.

Con la direzione tecnica di Giudice, in consiglio di amministrazione

si discuteva da tempo sulla possibilità di

consolidare l'attività con l'acquisizione della SALIE, così

da assumere il monopolio del servizio elettrico in gran

parte del Circondario e soprattutto del suo Capoluogo, che

per numero di utenze rappresentava il centro più appetibile

per la vendita dell'energia. Sfruttando il particolare

momento negativo attraversato dalla SALIE, in seguito ad

intercorse trattative con la società, il consiglio di amministrazione

decise di rilevare le singole azioni e di assumere

in proprio la gestione degli impianti elettrici di Vallo della

Lucania. D'altra parte molti dei soci della SALIE avevano

perso oramai ogni interesse per l'attività societaria.

Domenico Maida era scomparso da molti anni, e l'impresa

elettrica di Pasquale Rizzo pochi anni dopo cedeva

l'attività di distribuzione alla ditta del cav. Ettore Carchio

3 Annuario statistico UNIEL

delle imprese elettriche in Italia

al 1926

4 Giovanni Giudice

215


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

5 Bolletta dell’impresa di

distribuzione elettrica Ettore

Carchio & C. di Laviano con sede

a Capaccio

6 Certificato azionario della

Società Idro-Elettrica Lucana da

200 azioni da 40 lire ognuna,

emesso a novembre del 1927

di Laviano, con la quale il comune di Agropoli stipulò il

contratto nel 1932. Il Cav. Falcone per la poca convenienza

economica e la scarsa produzione della piccola centralina

di Castel San Lorenzo stava per chiudere definitivamente

l'attività, lasciando il passo alla Società Salernitana di

Elettricità, a cui rivolsero l'attenzione l'ingegnere Martino

e il cavaliere Campione; l'ingegnere Carpinelli era invece

impegnato a Giffoni dove costituì la Società idroelettrica del

Picentino.

Dopo il fallimento della ditta Migliacci, a seguito di una

prima comunicazione di assemblea straordinaria della

SALIE per fine luglio, agli inizi di settembre 1928, si tenne

presso lo studio del ragioniere Pasquale Naddeo, in piazza

Amedeo a Salerno, l'ultima seduta del consiglio di amministrazione.

Il presidente Migliacci, dopo le comunicazioni

di rito, rassegnò le proprie dimissioni, seguito

dall'ingegnere Vincenzo Carpinelli, in qualità di amministratore

delegato della società, dai consiglieri e dal comitato

dei sindaci. La seduta proseguiva con l'elezione e la

relazione dei nuovi amministratori, in sostituzione dei

dimissionari, con il dott. Armido Rubino che assunse la

carica di presidente, e Giovanni Giudice a cui venne

affidata la direzione tecnica. Si deliberò sull'approvazione

del rendiconto finanziario fino al 31 luglio, e sulla modifica

dell'articolo uno dello statuto sociale per il trasferimento

della sede da Salerno a Vallo della Lucania. A questo punto

la Società Idro-Elettrica Lucana, con il controllo della quote

azionarie della Società Lucana d'Industrie Elettriche, ottenne

il definitivo controllo commerciale della distribuzione di

energia elettrica nel Circondario.

216


La direzione tecnica di Giovanni Giudice

L'anno successivo, a fine marzo 1929, nell'assemblea

ordinaria della SIEL e della SALIE, con sede unica a Vallo

in Corso Garibaldi, veniva discusso sull'andamento

finanziario delle due società, con il conteggio dei relativi

profitti e perdite e l'approvazione dei bilanci.

Per la SALIE, con un capitale sottoscritto e versato di

161.000 lire, venne aperto un nuovo registro di contabilità

con la chiusura del precedente per un totale fino a marzo di

327.954,90 lire.

Durante gli anni Venti, la crisi dell'ultima guerra aveva

portato in primo piano le utilizzazioni idriche per forza

motrice, soprattutto idroelettriche, considerate una sorgente

di ricchezza per il paese, tanto che il Servizio

75

Idrografico del Ministero dei Lavori Pubblici avviò un

programma di lavoro per uno studio sulle risorse idrauliche

per forza motrice utilizzate e ancora disponibili.

In generale il programma era mirato al raggiungimento

della politica di Governo incentrata sull'autosufficienza

economica, produttiva ed energetica del paese, in cui non

dovevano essere presenti relazioni commerciali con

l'estero. Il lavoro si concluse a dicembre del 1933 con

l'emanazione del R.D. n. 1775, concernente il Testo unico

delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici.

Il Governo fascista fin dall'inizio era stato determinante

per lo sviluppo delle imprese elettriche in Italia, incentivando

la produzione con la realizzazione di nuovi impianti

idroelettrici e considerando con molta indulgenza le

richieste delle grandi industrie, non solo in materia di

tariffe, ma di concessioni e sovvenzioni per la costruzione

degli stessi.

Lo studio preparatorio svolto dal Ministero sulle risorse

idrauliche disponibili nel Sud Italia, portò nel 1932 alla

pubblicazione di un fascicolo riguardante i Bacini con foce al

litorale della Campania, curato dalla Sezione Idrografica di

Napoli. Nel fascicolo, diviso in varie unità idrografiche,

sono illustrati gli schemi di utilizzazione possibili, suddivisi

in impianti che in quel momento erano in funzione, in

costruzione, concessi, in istruttoria e proposti dalla stessa

Sezione. Le caratteristiche degli impianti funzionati ed in

costruzione sono quelli censiti dal Servizio Idrografico alla

data del 31 dicembre 1929.

75

Il Servizio Idrografico e Mareografico Italiano è stato costituito nel 1917 dal

Ministero dei Lavori Pubblici con lo scopo di uniformare, organizzare e

rendere disponibili le misurazioni pluviometriche, idrometriche e mareografiche

in Italia

7 Situazione contabile al 31

luglio 1928 dal registo della

Società Anonima Lucana

d’Industrie Eletttriche

8 Pubblicazione del Servizio

Idrografico del Ministero dei

Lavori Pubblici: Bacini con foce

al litorale della Campania, 1932

217


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

9 Gola del fiume Calore vista dal

centro abitato di Magliano

Nuovo

10 Centrale idroelettrica Auso

della Società Idroelettrica del

Fasanella

Per il Calore Lucano, rientrante nella zona del Sele, sono

proposti cinque schemi di utilizzazione, ed elencata come

unica centrale in funzione quella di Felitto della Società

Idro-Elettrica Lucana che doveva essere assorbita da uno

degli impianti proposti per la valle del Calore.

L'utilizzazione in questione, variata secondo lo schema

suggerito dalla Sezione di Napoli, era stata richiesta dalla

SME con il progetto Granafei e successivamente integrato

dal progetto Omodeo del 1914, consistente in una derivazione

sul Calore da Laurino a Felitto la cui domanda era

ancora in corso di istruttoria.

Si trattava della costruzione di un serbatoio in località

Scaraviello sotto Magliano, dal nome di un omonimo

vallone a circa un chilometro a monte del vecchio ponte in

pietra, in prossimità di un mulino ad acqua detto Molino

Calore, dove sulla sponda destra del fiume si estendeva un

grosso bosco di cerri attraversato dalla rotabile provinciale

per Laurino. Nel serbatoio oltre alla regolazione dei

deflussi del bacino del fiume Calore era prevista

l'adduzione con un opportuno canale derivatore di parte

dei deflussi dei bacini del Ripiti, del Sammaro e delle loro

ricche sorgenti. La costruzione della centrale era prevista

alla quota di massimo invaso di un altro serbatoio da

realizzarsi a Bellosguardo, basato sulla ripresa dello

scarico dell'utilizzazione proposta, dei deflussi del bacino

del Fasanella e di quella porzione del Calore intercedente

76

tra la diga Scaraviello e quest'ultimo serbatoio.

Il serbatoio di Magliano con una capacità utile di circa 37

milioni di metri cubi, alla quota di massimo invaso di metri

311,75 s.l.m., doveva essere realizzato con la costruzione di

una diga alta 71,75 metri.

Tra le utilizzazioni ancora disponibili era prevista la

costruzione di altre due centrali, a Piaggine e Laurino,

sfruttando le alte sorgenti del fiume Calore ed i deflussi dei

bacini imbriferi di dominio delle rispettive prese, e di un

ultimo serbatoio, sempre sul fiume Calore, in località Le

Coste sotto Controne, destinato a regolare i deflussi della

rimanente porzione di bacino a valle della derivazione di

Bellosguardo, con il ricco contributo delle sorgenti di

Controne.

76

Nell'area del bacino del Fasanella esistevano all'epoca due piccole centrali,

una detta Pianarelle alimentata dal corso d'acqua del Ripiti della ditta

Resciniti e C., con una potenza di 45 kW, e l'altra detta Auso realizzata dalla

Società Idroelettrica del Fasanella.

218


La direzione tecnica di Giovanni Giudice

La costruzione dei serbatoi artificiali permetteva dunque

di ovviare alle irregolarità della portata dei corsi d'acqua

mantenendola costante, in quanto nella situazione naturale

essa variava in modo consistente durante l'anno.

In questo modo il bacino diventava non solo l'occasione

per lo sfruttamento idroelettrico costante delle risorse

idriche, ma un regolatore delle portate del fiume, ovviamente

a valle del serbatoio.

Con l'emanazione del R.D. n. 1775, che tenne in debito

conto l'importanza della crescita industriale nell'economia

del Paese, e del progresso nel campo della produzione e

trasmissione dell'energia elettrica, si delineò con maggiore

attenzione lo scenario dello sfruttamento delle acque a

scopo idroelettrico, rappresentando tuttora la solida base

della vigente legislazione in materia.

Per la costruzione di serbatoi e laghi artificiali, la legge

prevedeva dei provvedimenti speciali destinati a chi ne

otteneva la relativa concessione, consistenti in contributi

governativi a fondo perduto variabili dal 30 al 60 per cento

della spesa per la realizzazione delle opere, e con l'esonero

del canone di derivazione e la facoltà di sottoporre a

77

contributo i fondi irrigabili.

Il disegno di legge del Testo Unico risale a qualche anno

prima con l'avvio da parte del Ministero dei LL.PP. dello

studio sulle risorse idrauliche per forza motrice, quando

era Ministro delle Finanze, dal 1925 al 1928, il senatore

Giuseppe Volpi, Conte di Misurata, fondatore nel 1905

della Società Adriatica di Elettricità, SADE, che nel frattempo

acquisì una posizione di rilievo nel settore della produzione

e della fornitura di energia elettrica.

Il Conte era pertanto direttamente interessato alla possibilità

di finanziamenti pubblici per la realizzazione di

impianti idroelettrici, e la sua azione nel governo

11 Giuseppe Volpi

77

In base al Testo Unico del 1933, Il Ministero dei Lavori Pubblici, in concerto

con quello delle Finanze, per la costruzione di serbatoi e laghi artificiali,

poteva concedere un contributo fino al trenta per cento dell'importo dei lavori,

risultati dal progetto esecutivo approvato dal Consiglio superiore dei LL.PP.,

con la possibilità di essere aumentato di un ulteriore dieci per cento per le

spese di studi o redazione di progetti, spese generali e di amministrazione, con

l'aggiunta di un premio del venti per cento qualora il costo effettivo dell'opera

fosse risultato inferiore a quello previsto in progetto.

Lo stesso contributo poteva inoltre essere elevato al sessanta per cento, se la

costruzione del serbatoio o del lago rendeva del tutto o in parte inutile

l'esecuzione di opere idraulico forestali o di bonifica da parte dello Stato, o

risultava utile per l'irrigazione o l'azionamento di impianti idrovori per la

bonificazione di vasti territori. Il contributo poteva essere liquidato per intero,

in seguito al collaudo, o ad importi periodici in percentuale dei lavori eseguiti.

219


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

12 Operai della Società Edison a

Roma, visita al duce 1929

13 Il Duce osserva un nuovo tipo

di autocarro elettrico della

S o c i e t à M e r i d i o n a l e d i

Elettricità, presentatogli dal sen.

Beneduce a Villa Torlonia

14 Depliant pubblicitario

dell'automotrice Ansaldo

modello AL n 56, 1930

Mussolini fu tesa soprattutto ad avvicinare i capitalisti al

fascismo. Nelle vesti di presidente della Confindustria,

Confederazione Generale dell'Industria Italiana, rimasto in

carica fino al 1943, si fece promotore degli interessi del

capitalismo italiano presso il regime, assicurando in

cambio il sostegno e la collaborazione del mondo industriale

al fascismo e al progetto della politica autarchica del

governo, considerato ai vertici del mondo produttivo,

come modernizzatore e funzionale ai propri interessi.

Durante il Ventennio fascista l'Italia subì un notevole e

rapido sviluppo del settore industriale, con il fiorire delle

industrie automobilistiche e la realizzazione di un'estesa

rete autostradale; del settore agricolo, con la realizzazione

di notevoli opere di bonifica di consistenti aree paludose; e

del settore dell'industria elettrica, con l'elettrificazione del

78

Paese e delle Ferrovie.

Per sostenere l'economia della Nazione gravata dalla crisi

economica mondiale iniziata qualche anno prima, nel 1933

il Governo istituì l'Istituto per la Ricostruzione Industriale,

IRI, che assunse partecipazioni nelle principali banche

italiane in crisi, finanziandole affinché non fallissero, e che

fino ad allora avevano sostenuto i vari gruppi industriali.

79

Di fatto con il trasferimento delle partecipazioni all'IRI lo

Stato divenne contemporaneamente proprietario di oltre il

20% dell'intero capitale azionario italiano, con

l'assunzione di grandi aziende come l'Ansaldo, l'Ilva, i

Cantieri Riuniti dell'Adriatico, la Edison e la stessa SME,

che già da molti anni erano vicine al settore pubblico.

Tuttavia, nonostante l'intervento economico dello Stato, la

costruzione dei grandi impianti a serbatoio poteva essere

realizzata solo con grossi capitali privati, attirando per la

realizzazione del grande bacino sul Calore, da Laurino a

Felitto, l'attenzione del solo maggiore gruppo industriale

dell'epoca, la SME, che da tempo ne aveva richiesto la

concessione. Da qualche anno la società era guidata

dall'ingegnere Giuseppe Cenzato, eletto amministratore

delegato nella seduta del consiglio di amministrazione di

78

Nel 1927 venne inaugurata la direttissima Roma-Napoli, la prima tra le linee

ferroviarie pensate per consentire velocità di marcia più elevate, ed elettrificata

nel 1934 con la collaborazione della Società Meridionale di Elettricità.

79

L'IRI si strutturò con singole società finanziarie divise per settori merceologici

come la Finmare, che operava nel settore dei servizi marittimi, la Finsider

nel settore siderurgico, la STET nel settore delle telecomunicazioni, e nel

dopoguerra, la Fincantieri per la cantieristica navale, la Finmeccanica per il

settore meccanico, e la Finelettrica per il settore della produzione e della

distribuzione di energia elettrica.

220


La direzione tecnica di Giovanni Giudice

luglio 1928, già direttore generale dal 1925, dopo la tragica

scomparsa ad agosto di Capuano.

Negli anni Trenta, con la direzione dell'ingegnere, la

società raggiunse il completo controllo della produzione e

distribuzione dell'energia in tutto il Mezzogiorno, ed era

impegnata nel vasto programma di elettrificazione del

Sud, con la previsione del completamento degli impianti

del Tanagro a Pertosa, dell'Aventino in Abruzzo, del

Matese, della Sila in Calabria e la realizzazione delle

lunghe linee di trasporto e distribuzione. Nel 1934 accanto

alla centrale del Tusciano completò i lavori di costruzione

di una stazione elettrica e di un quadro all'aperto di 150 kV

come centro di arrivo delle linee provenienti dalla Sila.

Nonostante il supporto di risorse statali, in considerazione

dell'ingente sforzo finanziario sostenuto, aggravato

inoltre dagli interventi di potenziamento dei vecchi

impianti del Tusciano e del Lete, affluente del Volturno, la

società allontanò definitivamente l'attenzione per la

realizzazione del bacino e dell'impianto nella valle del

Calore. Oramai segnata da quanto accaduto a Muro

Lucano, la decisione si basava anche sulla presenza dei

grossi problemi di permeabilità del bacino, come evidenziato

dalle successive indagini geologiche.

Altrettanto disinteresse era presente ai vertici della SIEL

nei riguardi dell'iniziale progetto per la costruzione della

tramvia elettrica, che rappresentava negli anni

dell'esordio un'importante alternativa produttiva, fino a

quando la società, distolta da nuovi e più sicuri interessi,

giunse a un completo smobilizzo del progetto.

Proprio in questi anni, tra l'altro, si vide la prima chiusura

delle linee tramviarie, quando i conflitti dei convogli con il

traffico stradale, che nella fase iniziale si mostrarono

ovviamente irrilevanti, invece verso la fine degli anni

Venti si fecero sempre più evidenti.

Il notevole sviluppo senza regole della motorizzazione

stradale condusse alla chiusura di molte tramvie per le

ingestibili interferenze di circolazione, contribuendo alla

nascita dell'opinione prevalente che il tram fosse soltanto

d'intralcio al traffico automobilistico.

Spesso le linee furono sostituite dai filobus, oppure dagli

autobus con motori a combustione interna, ottenendo in

maggior misura una notevole riduzione dei costi di esercizio,

evitando la costruzione di onerose opere infrastrutturali

connesse ad una linea tramviaria.

15 Impianto del Matese,

Centrale primo salto, Gruppo

Meridionale di Elettricità

221


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

16 Centrale Timpa Grande,

Impianti Silani del Gruppo

Meridionale di Elettricità

17-18 Innalzamento tralicci linea

Sila-Puglie, 1925

19 Padiglione SME, prima

edizione Fiera del Levante, 1930

222


La direzione tecnica di Giovanni Giudice

20 Filobus in prova della società

Turrinelli a Milano, 1934

A Reggio Calabria la tramvia fu soppressa già nel 1928, a

Salerno invece è dal 1937 che vengono convertiti tutti i

tratti urbani della tramvia con linea filoviaria, fino a

sostituire completamente tutte le linee extraurbane del

vecchio tram.

Con la diffusione dei primi mezzi di trasporto stradali,

Vallo della Lucania vide come protagonista di questo

nuovo settore lo stesso eclettico Gaetano Passarelli, cheche

già da qualche anno aveva costituito una ditta automobilistica

di trasporti per il collegamento della città con lo scalo

ferroviario. Pertinente è il rafforzamento nella provincia di

Salerno della centralità commerciale del capoluogo, dove

dai circondari limitrofi ci si recava con maggiore frequenza,

con il conseguente incremento dell'attività di autonoleggio

e dei trasporti, come accadeva in quel decennio a

Vallo della Lucania.

Tuttavia è in questo periodo, che per volontà del direttore

Giudice, risale l'installazione del secondo gruppo di

generazione nella centrale di Felitto, che dal 1933 raggiunse

la potenza complessiva di 500 cavalli vapore (375 kW).

Le aziende interessate per la fornitura del macchinario

sono state la ditta Riva per la turbina Francis, e il

Tecnomasio Italiano Brown Boveri per l'alternatore a sei poli

di 1000 giri al minuto.

Il potenziamento dell'impianto, con un sostanziale incremento

di produzione, si rese necessario per soddisfare la

crescente richiesta di energia nei vari paesi del

Circondario, sopratutto dopo l'acquisizione della SALIE

con la gestione diretta della rete di distribuzione a Vallo

della Lucania. Il direttore Giudice vicino alle contemporanee

ideologie politiche, che fin dall'inizio avevano soste-

223


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

21 Piazza Vittorio Emanuele,

Vallo della Lucania, anni Trenta

del Novecento

nuto lo sviluppo delle industrie elettriche in Italia, per

coadiuvare il Governo Fascista nella sua politica demografica,

decise di donare ad ogni coppia di nuovi sposi, tre

mesi di consumo gratuito di luce elettrica, incentivando

nel contempo la sottoscrizione di nuovi contratti di fornitura.

A fine marzo 1934 si tennero le assemblee ordinarie degli

azionisti delle due società nella nuova sede di Piazza

Vittorio Emanuele III, con l'approvazione del bilancio

annuale e l'analisi dei profitti e delle perdite di esercizio,

registrando un aumento sulla vendita dell'energia.

Per il maggiore azionista, il cavaliere Passarelli, questi

anni rappresentarono un periodo di particolare vivacità

economica e familiare. A gennaio del 1936 vide la luce il

piccolo Gaetano, nato dal matrimonio di suo figlio Raffaele

con Francesca, figlia della Baronessa Gaetana Cestari,

vedova del Barone Gerbasio di Montesano sulla

Marcellana. Il dott. Raffaele Passarelli, che ereditò dal

padre sia l'omonima impresa elettrica per la distribuzione

dell'energia a Novi Velia sia le quote azionarie da lui

possedute nella SIEL e in altre imprese concessionarie, nel

1937, in pieno regime fascista, venne nominato podestà a

Vallo della Lucania, conservando la carica fino al 1941.

Tra gli illustri simpatizzanti al partito, appare anche il

figlio del socio fondatore Francesco Ebner, il giovane

Pietro, che conseguita la laurea in medicina all'Università

224


La direzione tecnica di Giovanni Giudice

di Napoli nel 1928, iniziò la professione di medico in un

piccolo paese in provincia di Sondrio, dove frequentava

nel contempo l'Università di Milano, specializzandosi in

Pediatria nel 1933.

Nel suo soggiorno lombardo partecipava spesso alle

adunanze sciistiche dei Giovani fascisti valtellinesi a

Sondrio, per ritornare definitivamente nel Cilento nel

1936, dove esercitò la professione di medico condotto

prima a Casalvelino e poi stabilmente a Ceraso, nel suo

paese di origine.

Il dottore veniva ricordato da un anonimo giornalista, in

un articolo del 26 luglio 1937 pubblicato sulle pagine della

Cronaca milanese del Corriere della Sera. Raccontava di

averlo conosciuto alle adunanze dei giovani fascisti, dove

gli riferì della sua passione per gli studi storici e della ricca

biblioteca di oltre 5000 volumi posseduta a Vallo della

Lucania.

L'articolo dello storico quotidiano milanese, commentava

l'incontro avuto con i veterani di guerra giunti da Vallo, in

occasione di una cerimonia in memoria dei martiri caduti

in battaglia durante il primo conflitto mondiale.

La manifestazione venne organizzata nella sfavillante e

luminosa centrale piazza Duomo dove echeggiava la

Fanfara del Reggimento dell'ottava Fanteria di Monza, che

aveva i suoi fanti proprio tra quelle balze della Lucania,

dalla cui vetta si ammirava il Vesuvio e si distingueva

l'Etna. Quella grande piazza, chiusa dalle navate e dalle

guglie del Duomo, dalla lontana Lucania “appariva a quella

gente ancora più fragorosa di traffici, maggiormente ansiosa di

progressi tecnici e ancora più splendente di luce elettrica e

spirituale”.

22 Piazza Duomo, Milano, anni

Trenta del Novecento

23 Porticato illuminato di Piazza

Vittorio Emanuele, Vallo della

Lucania, anni Trenta del

Nocevento

225


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

Durante la cerimonia qualche anziano veterano, osservando

i giovani sottotenenti, rievocava con nostalgia i suoi

venti anni, quando accorso da quella lontana città della

Lucania al distretto militare di Monza, prima di partire per

il fronte sull'Altopiano di Asiago, ci si sentiva tutti fratelli,

e questo grazie all'ingegnosa attività di un milanese che in

quella terra aveva procurato il miracolo dell'energia

elettrica.

L'articolo con eccessiva prosa e indecente campanilismo,

riferiva di quanto raccontato al giornalista da questi fratelli

italiani, che desideravano far conoscere l'operato del

milanese Giovanni Giudice, descrivendolo come un saldo,

placido e forte lombardo, ideatore di una Società per le industrie

elettriche a Vallo della Lucania.

Continuava commentando che il dottore Ebner fu perfino

richiamato a gran voce dagli ardenti fratelli per fare onore

all'ospite milanese, il fratello ambrosiano che da oltre venti anni

era tra loro, ritornando così all'arte medica nella sua

Lucania dove portò l'esperienza acquisita nelle cliniche

milanesi.

Proseguiva asserendo, che venti anni prima fu proprio il

concittadino milanese ad incanalare il fiume Calore e a

costruire la diga, il lago artificiale e la centrale, portando per la

prima volta l'energia elettrica a Vallo e nei quaranta comuni che

dipendevano dal suo Circondario. Sostenuto dalla intelligente

comprensione delle autorità regionali, con la serietà dei suoi

propositi e con la bontà delle opere realizzate seppe persuadere il

capitale locale a partecipare all'impresa del secolo.

Certo è, senza nulla togliere alla grande competenza

tecnica di Giudice e al suo necessario e notevole impegno

per la realizzazione della rete elettrica di gran parte dei

paesi del Circondario, il giornalista commise con leggerezza

l'errore di attribuirgli meriti che non gli appartenevano,

oltre a dare prova di non avere alcuna cognizione delle

notizie che stava divulgando. In realtà nessuna diga e

nessun lago artificiale furono costruiti, e non per difformità

al progetto; confondendo ambiguamente l'impianto del

Calore, costruito venti anni prima nel periodo pionieristico

e di sperimentazione, con i grandi bacini idroelettrici

dei fiumi alpini, da poco realizzati o in corso di realizzazione,

forse da una grande società lombarda con le cospicue

sovvenzioni del governo.

Difatti fu proprio negli anni che seguono il Regio Decreto

del 1933 sulle acque e impianti elettrici, che tutte le valli

226


La direzione tecnica di Giovanni Giudice

dell'arco alpino furono percorse dagli ingegneri, per

cercare il posto giusto dove costruire gli impianti, ma

invece di spostarsi a bordo di un carretto come fecero

trenta anni prima i nostri ingegneri Manzi e Pinto, questa

volta a bordo di un più veloce sidecar con motore Guzzi a

quattro tempi; rumoroso, equipaggiato di blocco notes e

piccoli strumenti appoggiati sul parabrezza, ed ora anche

un teodolite con le solite paline di rilevazione bianche e

rosse, sistemate nel bagaglio posteriore, e semmai questa

volta con la compagnia di un geologo.

Giovanni consapevole di quello che realmente di vero ci

fosse in quell'articolo, di sicuro orgoglioso di quanto letto,

come d'altra parte è naturale che sia, ma allo stesso tempo

decisamente imbarazzato, ripiegò il giornale conservandolo

nascosto sotto il piano della sua scrivania. Solo molti

anni dopo, quella copia del Corriere fu ritrovata casualmente

da un nipote, durante alcuni lavori di sistemazione

del vecchio ufficio del nonno.

Il dottor Ebner nell'incontro con il giornalista evidentemente

fu molto preso a raccontare le antiche vicende della

sua terra, tralasciando al contrario la storia a lui contemporanea,

dimenticando che l'elettricità era giunta da molti

anni finanche nelle terre del sud, ed in particolare nella

terra di Lucania anche grazie all'impegno di suo padre

Francesco, promotore e socio azionista della Società idroelettrica

Lucana.

Viator, lo pseudonimo con cui il giornalista firmava i suoi

articoli, l'uomo viaggiatore che conosceva i luoghi e gli

eventi della Nazione tanto da poterli raccontare sul giornale

più venduto e letto dell'epoca, forse di viaggi nell'antica

terra di Lucania non ne aveva mai fatti, e la sua storia la

conosceva davvero poco.

Proprio per l'assenza di una diga e di un lago artificiale,

durante il periodo estivo, per il rilevante calo della portata

d'acqua del fiume, la produzione dell'impianto idroelettrico

di Felitto era molto scarsa e non riusciva a soddisfare in

maniera costante la quantità di energia richiesta. Il Calore

in effetti non è un fiume ma un torrente, un corso d'acqua

caratterizzato sia da una scarsissima alimentazione da

nevai o altre sorgenti regolari e costanti, sia da una alternanza

fra le magre estive e le piene autunnali e primaverili.

La portata del fiume dall'autunno alla primavera pur se

variabile, era sufficiente per il funzionamento

dell'impianto, ma in estate era del tutto carente.

24 Pietro Ebner (2° da sinistra) a

Elea nel 1966

227


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

25 Comunicazione di acquisto

del motore ausiliario, Società

Idro-Elettrica Lucana, 1938

26 Ricevuta di pagamento dei

canoni per l’anno 1937, Vallo

della Lucania, 1939

In questo periodo l'unico apporto idrico è rappresentato

dalle sorgenti di Gorgonero sotto Laurino, lasciando

pressoché in secca tutto il tratto a monte fino a Piaggine. La

presenza di un bacino artificiale avrebbe invece assicurato

una portata costante di derivazione durante tutto l'anno.

Per questo motivo, non potendo assicurare agli utenti la

fornitura di energia solo nei mesi da ottobre a maggio, in

consiglio di amministrazione si discuteva sulla possibilità

di realizzare un impianto a bacino più potente, con la

costruzione di una diga e di un lago artificiale, prendendo

la decisione di affidare l'incarico di redazione del progetto

all'ingegnere Pietro Manzi. La località scelta per la realizzazione

dell'invaso, corrispondente ad una vasta area

sotto l'abitato di Laurino, assicurava una capacità di

decine di milioni di metri cubi d'acqua, in grado di rendere

una produzione di circa 40.000 kW. Ma per le particolarità

geologiche dell'area, caratterizzata da un elevato grado di

permeabilità, era necessario eseguire dei complessi lavori

di impermeabilizzazione.

Per risolvere il problema in tempi brevi, al fine di sopperire

alla limitata produzione dei periodi di magra, il consiglio

decise di installare un gruppo elettrogeno con motore a

scoppio. Con una lettera del 9 dicembre 1938, il direttore

tecnico Giudice portava a conoscenza le varie imprese

concessionarie della decisione presa in assemblea per

l'acquisto del motore ausiliario. Poiché per il giorno venti

di quel mese si era fissato un appuntamento a Milano per

definire le trattative con la ditta fornitrice, le informava,

che al fine di raccogliere la somma necessaria per

l'acquisto, avrebbero dovuto sacrificarsi nel pagare entro il

18 tutti i canoni arretrati dovuti dal 1937.

L'impianto ausiliario di generazione, installato al posto del

terzo gruppo idroelettrico previsto dal progetto iniziale,

era composto da un motore diesel della Cattaneo

80

Applicazione Brevetti Industriali da 250 HP a 2000 giri al

minuto con doppio tubo di scarico innalzato sul tetto, per

una potenza aggiuntiva di 186 kW. Il generatore avviato

durante le ore serali fino a mezzanotte, produceva un

rumore così intenso da essere sentito addirittura fino in

3

La C.A.B.I., acronimo di Cattaneo Applicazioni Brevetti Industriali, era una

giovane azienda fondata nel 1936 dall'ingegnere Giustino Cattaneo e dal figlio

ing. Guido, che nel tempo si specializzò in prodotti destinati prevalentemente

al settore navale. L'ingegnere, pioniere dell'Aeronautica e

dell'Automobilismo, fu l'artefice di tutte le realizzazioni tecniche nel campo

automobilistico, marino ed aeronautico della Ditta Isotta Fraschini.

228


La direzione tecnica di Giovanni Giudice

paese, arrecando un grande disagio alla famiglia Piumelli

che risiedeva in centrale.

Giovanni Piumelli, originario di Laurino, ci abitava insieme

al padre Stefano e alla moglie Giuseppina Peduto dal

1929, quando venne assunto dalla SIEL con la qualifica di

operario per la conduzione e la sorveglianza delle macchine

in centrale, prendendo il posto del napoletano Don

Peppino Esposito.

La pratica di affiancare all'impianto idroelettrico un

impianto ausiliario con motore a scoppio era una prassi

abbastanza diffusa fra i piccoli produttori, che permetteva

di affrontare soprattutto il problema della scarsa o nulla

produzione nei periodi di magra stagionale.

Stefano Piumelli, il figlio di Giovanni, che visse in centrale

fin dall'infanzia, di quegli anni non conserva un buon

ricordo proprio per l'assordante rumore del motore,

rendendo spesso insopportabile la permanenza

nell'abitazione.

Un buon ricordo invece lo conserva Ivana Giudice,

l'ultima figlia di Giovanni, che durante gli anni Quaranta,

prima di ritornare definitivamente a Milano e intraprendere

con successo la carriera di avvocato, era felice di accompagnare

il padre Giovanni per l'ispezione alla centrale,

insieme alle due sorelle maggiori, Maria Grazia e Iolanda.

Ogni volta rimaneva sorpresa dalle grandi macchine

elettriche e dalla lucida e brillante scritta Brown-Boveri che

risaltava con caratteri a rilievo sulla carcassa dello statore.

Per le piccole ragazzine, la visita in centrale, era

un'occasione per fare un divertente e tonificante bagno

nelle fredde acque del fiume e di gustare le ottime pizze, le

bianche focacce e i favolosi fusilli di Peppinella.

Giuseppina Peduto, la moglie di Piumelli originaria di

Felitto, fu assunta dalla SIEL a gennaio 1941 all'età di 26

anni, con la stessa qualifica del marito per la sorveglianza

delle macchine in centrale. In seguito ottenne il primato di

essere stata l'unica donna a lavorare in un impianto idroelettrico

a gestione completamente manuale.

27 Giovanni Piumelli (a destra) e

il padre Stefano (a sinistra)

28 Stefano Piumelli, figlio del

sorvegliante Giovanni, in posa

sul collettore principale di

alimentazione delle turbine

idrauliche

29 (foto pagina successiva)

Il volantino di chiusura della

turbina Francis, produzione

ditta Riva di Milano

229



2.Gli anni del conflitto e la ripresa economica nel dopoguerra

Nel 1938 a Castelnuovo, nei pressi della stazione di Vallo

Scalo, sorse una prima importante realtà imprenditoriale

con la costituzione della società I.E.O.V. Industrie

Estrazione Oli Vegetali, da parte dei fratelli Emilio ed Enrico

Ambrosio, mercanti di pelli originari di Caggiano, che

avviarono l'attività di estrazione di olio dalle sanse di

oliva. La produzione fino ad allora era monopolizzata

dall'industriale Gerolamo Gaslini, presente in provincia di

Salerno con uno stabilimento a Battipaglia, l'unico punto

di riferimento per tutti i produttori di olio della zona dove

vendere la sansa prodotta nei loro oleifici.

Basti pensare che Raffaele Marotta e Francesco Pesce nella

campagna olearia 1934-1935, vendevano allo stabilimento

di Battipaglia della ditta Gaslini ben 500 quintali di sansa

prodotti nei loro oleifici a Laurino.

La I.E.O.V., che riuscì ben presto ad assicurarsi una buona

parte dei produttori e soprattutto degli oleifici dislocati a

sud della provincia di Salerno, appariva interessante

anche per la società elettrica di Vallo, in quanto poteva

fornire l'energia elettrica a scopo industriale per il funzionamento

dell'impianto di estrazione della sansa. Tuttavia

nei primi anni di attività lo stabilimento era dotato di un

piccolo impianto di autoproduzione dell'energia, costitui-

81

to da un generatore di vapore fisso della ditta Franco Tosi

(costruzione 1896) occorrente sia per l'estrazione dell'olio

1 Contratto di compravendita

della sansa tra la Società Gaslini

e gli oleifici di Marotta e Pesce a

Laurino

81

La ditta, produttrice di macchine a vapore e caldaie per l'industria tessile e

per la generazione di energia, è stata fondata a Legnano nel 1881

dall'imprenditore Franco Tosi, pioniere dell'industria meccanica italiana, noto

per il suo contributo alla tecnologia dei motori a vapore. Nel 1904 sviluppò il

primo motore a vapore da 6 MW, e nel 1907 diventò la prima azienda italiana a

produrre i motori diesel.

231


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

2 Lo stabilimento della I.E.O.V. a

Castelnuovo, fine anni Trenta

del Novecento

3 Paolo Giudice

vegetale a mezzo di solventi, sia per l'azionamento di una

vecchia motrice a vapore proveniente da un piroscafo

inglese, di costruzione della ditta Brown & May Limited,

accoppiata ad un generatore per la produzione di energia

elettrica.

A luglio del 1939, in prossimità della data di scadenza della

concessione trentennale di derivazione della SIEL, fissata

come da disciplinare fino a settembre del 1941, il presidente

Rubino provvedeva a inoltrare al Ministero dei Lavori

Pubblici, Direzione Generale delle Acque Pubbliche, la

domanda di proroga ai sensi dell'art. 22 del R.D. del 1933.

L'articolo del Testo Unico determinava che la durata delle

concessioni temporanee accordate o rinnovate in base alla

legge n. 2644 del 1884, ove gli interessati lo richiedevano

almeno due anni prima della scadenza, e ove non vi fossero

stati impedimenti per motivi di decadenza o di pubblico

interesse, poteva essere prorogata, sentito il Consiglio

Superiore dei Lavori Pubblici, fino al 31 gennaio 1977, se si

trattava di grande derivazione per forza motrice, e fino al

31 gennaio 1987, se si trattava di grande derivazione per

ogni altro uso.

Con lo scoppio della seconda guerra mondiale a settembre

1939, i giovani fratelli Giudice, Paolo, Gianfranco, Angelo

e Antonio, furono tutti chiamati alle armi.

Paolo, che l'anno precedente aveva iniziato il servizio

militare, fu inviato con il Corpo di spedizione italiano alla

Campagna in Russia del 1943, dove per il grande freddo si

provocò un congelamento al piede, venendo poi congeda-

232


Gli anni del conflitto e la ripresa economica nel dopoguerra

to come invalido di guerra con il grado di Tenente

dell'Esercito. Gianfranco si arruolò in Marina, congedandosi

alla fine della guerra, con il grado di Sottocapo motorista

navale della Marina Militare. Antonio che frequentava

l'accademia si arruolò in aereonautica, congedandosi

da Ufficiale pilota, e insieme al fratello Angelo si diplomò

in ingegneria al politecnico di Milano.

Partì per il fronte anche il sorvegliante delle macchine in

centrale, Giovanni Piumelli, congedandosi ad aprile del

1946 con il grado di Caporale maggiore dell'Esercito.

Poiché impegnato in battaglia, nel periodo della sua

assenza la SIEL assunse definitivamente la signora

Giuseppina che condusse l'impianto con l'aiuto del fratello

Donato Peduto.

Nel 1939 a partire per il servizio militare, subito dopo il

diploma di laurea, fu anche il maggiore dei figli maschi del

cavaliere Vito Morra, eletto podestà nel comune di

Magliano Vetere.

Giovanni Morra spedito per la leva a Sassari presso il 152°

Reggimento di Fanteria, venne richiamato alle armi partecipando

alla Campagna italiana di Grecia con la 47°

Divisione di Fanteria di Bari imbarcata per l'Albania

nell'ottobre 1940, congedandosi poi con il grado di

Sottotenente dell'Esercito.

Fino all'inizio della guerra l'Italia vide la realizzazione dei

più importanti impianti di produzione elettrica ed il

massiccio processo di elettrificazione, grazie anche al

contributo dell'ing. Giuseppe Cenzato, uno dei maggiori

protagonisti delle vicende economiche del Paese, tanto da

essere nominato il 16 novembre del 1939 Cavaliere del

Lavoro, per il suo notevole apporto alla crescita

dell'industria elettrotecnica. In quell'anno venne completata

l'elettrificazione della linea ferroviaria Salerno -

Reggio Calabria con la fornitura di energia elettrica iniziata

nel 1936 dalla SME, dopo un contratto ottenuto dalle

Ferrovie dello Stato; in tal modo era possibile coprire

l'intero percorso Milano - Reggio in trazione elettrica.

Nello stesso anno la SEDAC incorpora una serie di imprese

elettriche minori come la Società Salernitana di Elettricità,

la Società Elettrica del Sannio e la Anonima Imprese Elettriche

Meridionali; la SME assorbe direttamente la UNES, e la sua

controllata Società Lucana per Imprese Idroelettriche, estendendo

la sua area di penetrazione in una vasta regione

centro meridionale.

4 Vito Morra

5 Giuseppe Cenzato

233


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

6 Genieri dell’esercito americano

sulla spiaggia lungo il litorale

del golfo di Salerno, 1943

7 I n c o n t r o d e l l e t r u p p e

americane e inglesi a Vallo della

Lucania, 1943

Prima che finisse la guerra, il 19 gennaio 1944, la SIEL subì

una grave perdita con la morte del presidente Rubino, che

si spense all'età di 83 anni nella sua casa di Angellara. La

città si strinse intorno al dolore dei familiari che videro la

partecipazione solenne dell'intera popolazione affranta

dalla scomparsa dell'amato dottore. Il gremito corteo

funebre creò grande stupore fra le truppe anglo-americane

del comando alleato in servizio a Vallo della Lucania, così

come ricorda con brillante lucidità la nonagenaria governante

Michela Taddeo nata a Novi Velia nel 1920.

Erano passati solo quattro mesi dal 16 settembre 1943,

quando a seguito dello sbarco in Sicilia e del successivo

sbarco a Paestum e in tutto il Golfo di Salerno, dopo i primi

giorni di bombardamenti, si ricongiunsero a Vallo le

pattuglie della quinta armata americana e dell'ottava

armata inglese, ed il gen. tedesco Kesselring, comandante

del Gruppo di armate Sud, inizia una cauta ritirata verso

nord. Dopo l'amministrazione podestarile del dott.

Raffaele Passarelli, viene nominato podestà a luglio 1942

l'avvocato Pasquale Pinto, fratello dell'ingegnere, sostituito

dalle autorità militari alleate con un commissario prefettizio

fino alla nomina di Luigi Cobellis a gennaio del 1944,

divenuto sindaco a maggio successivo su investitura del

Comitato di liberazione nazionale di Salerno, e rieletto alle

elezioni comunali del 1946. Il dottore Rubino solo per

pochi mesi non riuscì ad assistere al ripristino della giunta

municipale e al ritorno del sindaco, ma alla fine ci ha

lasciato comunque con l'animo quieto, rassicurato dal

piacere di assistere alla liberazione dell'Italia meridionale

234


Gli anni del conflitto e la ripresa economica nel dopoguerra

e alla caduta del governo fascista a cui si oppose con

fermezza fin dall'inizio, senza mai condividere l'ideologia

politica del partito salito al potere dagli ultimi venti anni.

Dopo le assemblee ordinarie della SIEL di marzo 1941 e

1942, è nell'assemblea generale del 31 marzo 1943, tenuta

nella sede della società in Piazza Vittorio Veneto, che si

sentì per l'ultima volta la sua relazione. In quella seduta

all'ordine del giorno ci fu l'approvazione del bilancio di

esercizio dell'anno precedente e il rinnovo dei contratti di

fornitura di energia alle imprese concessionarie. Nella

contemporanea seduta della SALIE, si provvedeva alla

votazione per l'estensione della durata della società a

norma dello statuto di costituzione del 1913, che prevedeva

una durata di anni trenta con la possibilità di essere

prorogata per voto dell'assemblea.

Nel circondario di Vallo fino alla seconda guerra, così

come per l'intera provincia a sud di Salerno, dove le attività

produttive di tipo industriale erano del tutto marginali,

la popolazione rimase legata ad un'organizzazione sociale

tradizionale, refrattaria a qualsiasi stimolo per la modernizzazione.

Con la fine del conflitto l'Italia si avvia verso un lento

processo di ripresa economica, per giungere negli anni

Cinquanta in un periodo contraddistinto da notevoli e

profonde trasformazioni politiche, sociali ed economiche.

Questi anni vengono comunemente definiti “gli anni della

ricostruzione postbellica e della transizione”, intendendo

con ciò il passaggio da una società prevalentemente rurale

e tradizionale a una società industrializzata e moderna,

con un nascente mercato di consumi di massa e un notevole

sviluppo delle attività produttive che facevano uso di

apparecchiature e macchine elettriche.

Nel dopo guerra, le maggiori società di produzione attraversarono

l'impegnativa fase di ricostruzione degli

impianti, gravemente danneggiati e distrutti dai bombardamenti

e di quelli fatti saltare dai genieri tedeschi durante

la ritirata, come avvenne per l'impianto di Muro Lucano

quando nel 1943 fecero saltare le saracinesche degli scarichi.

Disastrosi danni vennero subiti soprattutto dalle

ferrovie, con la perdita di gran parte del materiale rotabile

ed oltre il 40% della rete ferroviaria, colpita sia dalle forze

alleate, ritenendola fra i punti strategici da colpire, sia

dall'esercito tedesco per coprire la sua ritirata impedendo

l'avanzare del nemico.

8 Armido Rubino

9 Comunicazione della SALIE

all’impresa elettrica Morra, 1939

235


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

10 Stazione ferroviaria di

Salerno distrutta dai bombardamenti

11 Piano dinamo eccitatrice della

centrale Bussento

Il 16 e 17 settembre durante i bombardamenti in provincia

di Salerno, quando fu colpita anche Vallo della Lucania,

venne distrutta la linea di comunicazione ferroviaria

Napoli-Salerno. Le maggiori linee furono immediatamente

riattivate, e con la ricostruzione agli inizi degli anni

Cinquanta il patrimonio ferroviario e rotabile fu completamente

ripristinato.

In quel periodo anche la SME, che aveva esteso il suo

controllo definitivo anche in Calabria con l'assorbimento

nel 1942 della Società Forze Idrauliche della Sila, si vide

impegnata nel ripristino degli impianti danneggiati e

distrutti, come la centrale del Matese e quella di Muro

Lucano, dove venne installata anche una griglia di protezione

all'imbocco dello scarico di fondo. Diede inizio alla

realizzazione di nuovi impianti nel Mezzogiorno, con la

ripresa del vecchio progetto di Omodeo per la derivazione

82

e la costruzione di un serbatoio sul fiume Bussento.

82

L'impianto a bacino che utilizza le acque del fiume Bussento proveniente dal

monte Cervati, venne completato alle fine degli anni Cinquanta con la

realizzazione della Diga Sabetta e della centrale di produzione ubicata nel

comune di Morigerati. Lo sbarramento del fiume è stato realizzato a quota 290

m. poco a monte della grotta di Caselle in Pittari, dando luogo ad un ampio

serbatoio di raccolta delle acque. L'opera di presa ubicata sulla sponda sinistra

del fiume ad una quota di 296,20 m. è costituita da una bocca a sezione

rettangolare da cui ha inizio la galleria di derivazione lunga circa 7,5 km,

attraversando dopo 2 km il fiume Bussento con un tubo appoggiato su una

struttura portante ad arco. Dopo circa 4 km la galleria riceve le acque del Rio

Casaletto, avente una portata di 1,5 mc/s, terminando nel pozzo piezometrico

costituito da una struttura cilindrica con diametro di 13 metri e altezza

complessiva di 40, la cui funzione è quella di proteggere la condotta forzata dai

colpi di ariete dovuti alle possibili onde di deflusso. La condotta è lunga circa

1.260 m. su di un salto di circa 250 m. con un diametro variabile 3,40-2,50 m. La

centrale con una portata massima derivabile di 26 mc/s. raggiunge una

produzione di 265.500 kW.

236


Gli anni del conflitto e la ripresa economica nel dopoguerra

Le incursioni aeree nella città di Vallo della Lucania arrecarono

gravi danni ad edifici pubblici e privati, ma per

fortuna la SIEL non subì danni al proprio impianto idroelettrico

sul Calore, vedendosi impegnata, dopo la rimozione

delle macerie in città e l'abbattimento dei fabbricati

pericolanti, soltanto nella riparazione di alcuni tratti della

rete di distribuzione elettrica cittadina.

Per far fronte alle passività dell'azienda contratte negli

anni del conflitto, soprattutto per i mancati pagamenti

delle imprese concessionarie e alla notevole spesa sostenuta

per il potenziamento dell'impianto, il consiglio di

amministrazione della società, con una delibera del 26

maggio 1946, decise di prendere in prestito la somma di

200.000 lire data in mutuo dalla signora Carmela Melzi.

La società assunse l'obbligo di restituire la somma entro il

1949, corrispondendo gli interessi del 5% annuo fino

all'estinzione del debito. Ad aprile di quell'anno, il consiglio

di amministrazione, con la presidenza del cav. Vito

Morra, deliberò di mutuare un'ulteriore somma per

risanare i bilanci dell'azienda, corrispondente a 1.500.000

lire data in mutuo dalla sig.ra Melzi, e di un milione di lire,

versato in due rate, dal figlio, l'ingegnere Angelo Giudice.

Le somme dovevano essere restituite entro il 1952, riconoscendo

gli interessi del 10% corrisposti a semestri posticipati,

con decorrenza da quella data.

Con le somme ricevute, per la SIEL e la sua diretta controllata

SALIE, inizia una nuova gestione aziendale con

l'apertura di un nuovo registro delle deliberazioni societarie,

bollato regolarmente all'Ufficio del Registro di Vallo il

27 maggio 1949, e l'inizio di una nuova contabilità con un

conguaglio delle concessioni dal 1938.

Nell'assemblea della SALIE del 16 novembre, per atto del

notaio Gaetano Pignatti di Lodi, il consiglio di amministrazione

decise di rivalutare il capitale iniziale della società da

160.000 a 1.025.600 lire.

Intanto a Felitto era in scadenza il contratto trentennale del

1920 con il quale il comune aveva affidato alla ditta Marino

& Gnazzo la gestione del servizio di distribuzione di energia

e del mulino elettrico.

Già da novembre il consiglio comunale discuteva sulla

convenienza di prendere in gestione il servizio, decidendo,

con una delibera del 15 agosto dell'anno successivo, di

non rinnovare il contratto alla ditta concessionaria e di

assumere in proprio la gestione, municipalizzando il

237


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

12 Vito Di Stasi e signora

servizio al fine di contenere i prezzi entro i limiti dei costi e

utilizzare gli eventuali utili di esercizio per incrementare

l'attività e la rete di distribuzione comunale.

Così con verbale del primo settembre 1950 si perveniva

alla consegna dell'impianto dalla ditta concessionaria al

comune di Felitto, con la costituzione dell'Azienda

Municipale Molino Distribuzione Energia, AMMDE, con lo

scopo principale di acquistare, vendere e distribuire

l'energia elettrica, attuando il servizio in economia su tutto

il territorio comunale, e di gestire in proprio il mulino.

L'attività tecnico-contabile della nuova azienda veniva

svolta da un applicato di segreteria comunale incaricato

dall'amministrazione.

L'energia veniva acquistata dalla SIEL al prezzo di 700 lire

per la potenza di 11 kW come stabilito negli iniziali accordi

con la società, e al prezzo di 16,80 lire al kWh per la potenza

eccedente.

Per la gestione tecnica dell'azienda venne assunto in

qualità di elettricista Giovanni Carbone di Felitto, che fin

da piccolo aiutava il padre Paride, che svolgeva da tempo

la stessa professione per conto della precedente ditta,

maturando in questo modo una notevole esperienza nel

settore, tanto che divenne l'elettricista di riferimento nel

paese con l'avvio di una bottega per la vendita di materiale

elettrico.

Tuttavia nonostante la buona gestione tecnica dell'azienda

municipale, con l'ampliamento della rete di distribuzione

e il conseguente acquisto dell'energia eccedente in quantità

sempre maggiore, presto contrasse un notevole debito

nei confronti della società produttrice.

Intanto Gianfranco Giudice, che si era diplomato come

perito elettrotecnico al Regio Istituto Tecnico Feltrinelli di

Milano, il 5 novembre 1951 fu assunto alla SIEL con la

qualifica di operaio elettromeccanico per la riparazione e

la verifica delle macchine in centrale e delle linee di trasmissione.

Per la sorveglianza alle opere idrauliche vennero assunti

nel 1953 con la qualifica di manovale, due operai di Felitto,

Piero Migliaccio, addetto alla pulizia della griglia e alla

saracinesca della condotta forzata in località Casale nei

pressi della sua casa di residenza e Vito Di Stasi, addetto

alle opere di presa in località Remolino, dove risiedeva

nella casa di guardia insieme alla moglie Anna Riviello e

alla piccola Rita.

238


Gli anni del conflitto e la ripresa economica nel dopoguerra

In quegli anni vennero sostituiti la vite e il volantino della

paratoia di scarico del canale moderatore, con un meccanismo

di manovra munito di riduttore a coppia conica della

83

OMTIT di Torino.

In quello stesso periodo la SME, con l'incremento della

produzione e la costruzione dei grandi elettrodotti meridionali,

stava espandendo il suo dominio anche in queste

zone del territorio, ma considerate inizialmente poco

appetibili tanto da non ritenere conveniente l'assunzione

diretta della fornitura di energia, lasciò spazio alle numerose

piccole imprese elettriche locali di produzione e

distribuzione. Venne inquadrata come caposettore della

Finelettrica, società finanziaria statale nata ad aprile del

1952 come ramo settoriale dell'IRI per il settore della

produzione e distribuzione di energia elettrica, con lo

scopo di raggruppare le aziende italiane che operavano

nel settore, ereditando partecipazioni nella stessa SME.

13 Biglietto da visita Officina

Meccanica Turbine Idrauliche di

Torino

14 Il canale derivatore in località

Remolino, fine anni Cinquanta

del Novecento

83

La società OMTIT, Officina Meccanica Turbine Idrauliche Torino, costituita a

maggio del 1949 con capitale sottoscritto di 60.000 lire, operava nel settore

delle lavorazioni meccaniche in genere, trasformazione e riparazione di

turbine idrauliche e regolatori a pressione d'olio.

15 (foto pagina successiva) La

paratoia a vite e volantino

prodotta dalla OMTIT per lo

scarico di fondo del canale

moderatore

239



Capitolo XVI

Dagli anni Cinquanta alla nascita dell’Enel

Con la rinascita economica del Paese e il notevole aumento

dei consumi di energia elettrica, la Società Lucana per

Imprese Idroelettriche, SLII, dagli inizi degli anni Cinquanta

era impegnata nella messa in opera dei tralicci e dello

stendimento dei cavi per la realizzazione dell'elettrodotto

a 30.000 Volt per il trasporto dell'energia da Battipaglia a

Omignano, la cui messa in esercizio avvenne nel 1954. Alla

presidenza della società era stato nominato l'ingegnere

Stefano Brun nativo di Salerno, ma che da tempo risiedeva

a Napoli dove iniziò a lavorare per la Società Generale di

84

Elettricità, assumendo poi la direzione della SEDAC , e dal

1954 la presidenza dell'Istituto per lo sviluppo economico

dell'Italia meridionale, ISVEIMER. La Società Lucana rappresentava

per il gruppo manageriale della SME la testa di

ponte per la penetrazione commerciale a sud di Salerno.

Già da tempo aveva acquisito una posizione di predominio

nella regione con la distribuzione dell'energia prodotta

dagli impianti della Meridionale del Tanagro e della

centralina Grotta dell'Angelo a Pertosa, alimentando la

pubblica illuminazione di molti comuni nelle province di

Salerno, Potenza e Matera.

In provincia di Salerno aveva già incorporato nel 1929 la

Società Idroelettrica del Fasanella con l'impianto alimentato

dall'Auso, ed acquisito, con atto di marzo 1931 dalla Società

Anonima Idro-Elettrica Bussentina, SIEB, l'impianto di Ponte

Sottano a Casaletto Spartano alimentato dal Rio Casaletto

della potenza di 400 CV, la cui concessione di derivazione

fu autorizzata con la cessione di antichi diritti del Barone

Giuseppe Gallotti. La Società Bussentina forniva energia ai

paesi di Casaletto, Battaglia, Tortorella, Torraca e Sapri.

84

Nel 1964 la società venne fusa e incorporata nell'Italsider insieme alla Società

Lucana per Imprese Idroelettriche.

1 Comunicazione della SLII per

la costruzione dell’elettrodotto a

30 kV Omignano-Agropoli, 1953

2 Stefano Brun

241


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

3 Comunicazione SLII per

rinnovo concessione impianto

Ponte Calore ad Aquara, 1959

4 Pubblicità lavatrice automatica

Candy, 1954

Nel 1952 divenne proprietaria anche dell'impianto di

Aquara, acquisito dal fallimento dell'Impresa Salernitana di

Elettricità dell'ingegnere Vittorio Cozzi di Montecorvino

Rovella, che a sua volta l'aveva ottenuto dalla ditta

Capozzoli, Andreola e Vitale all'inizio degli anni Quaranta,

quando presentò una domanda di concessione in sanatoria

ottenuta con D.M. n. 4169 del 28 novembre 1946.

Gli anni Cinquanta, rappresentati dalla ripresa economica

e la modernizzazione della nazione, grazie soprattutto al

rilevante contributo dell'IRI, videro alla ribalta una nuova

categoria sociale di consumatori con l'introduzione sul

mercato di una vasta gamma di elettrodomestici.

L'avvenimento indusse ad una mutazione radicale e

permanente della vita quotidiana dell'italiani, che finalmente

potevano comperare i nuovi apparecchi elettrici,

frigoriferi, lavatrici, radio, televisori, mangiadischi, stufe,

scaldacqua, ecc., aumentando a dismisura i consumi

domestici.

Sul territorio iniziarono a sorgere un numero maggiore di

piccole attività industriali, come il pastificio allestito a

Vallo della Lucania dal socio Angelo De Vita di Moio, e

numerose attività artigianali dotate di moderne macchine

elettriche, quali falegnamerie, mulini, frantoi e officine

meccaniche, come l'Officina Pandolfi a Omignano Scalo, la

prima officina artigianale della zona capace di eseguire

lavorazioni di tornitura, e che più volte ha eseguito la

rettifica agli alberi motore delle turbine dell'impianto di

Felitto.

Nel 1951 anche il cav. Morra volle nuovamente rinnovare

il frantoio di Capizzo, sostituendo l'impianto con un

modello da poco presentato alla Fiera del Levante di Bari,

dotato di un separatore centrifugo della ditta De Laval, di

un dispositivo per il lavaggio e il carico delle olive nella

molazza, e di una dosatrice per la distribuzione della pasta

sui dischi di fibra (fiscoli), impilati uno sopra l'altro su di

un carrello da portare sotto la pressa per la spremitura.

Dopo la seconda guerra mondiale, durante il periodo della

ricostruzione, la costante crescita della domanda di energia,

unita alla necessità di effettuare rapidamente ingenti

investimenti, portarono alla definizione di uno scenario in

cui il monopolio, rispetto alla presenza delle numerose

piccole imprese operanti nel settore, sembrava essere la

soluzione più opportuna, sia dal punto di vista economico

che organizzativo. Così quel processo di concentrazione

242


Dagli anni Cinquanta alla nascita dell’Enel

della produzione, distribuzione e vendita dell'energia,

iniziato con l'acquisizione delle imprese minori da parte

dei grandi gruppi industriali, si delineò presto nell'ipotesi

della nazionalizzazione.

Con la morte in giovane età di Domenico Maida junior, la

Società Lucana per Imprese Idroelettriche nel 1954 acquisì

anche la centralina dell'omonima impresa, con

l'assunzione della distribuzione dell'energia elettrica ad

Agropoli. In seguito continuò ad estendere la sua presenza

sul territorio con l'acquisizione dell'impianto idroelettrico

di Novi Velia con atto del 28 dicembre 1956 stipulato con la

Società Idroelettrica del Cilento, ed entrambi connessi

all'elettrodotto principale Omignano-Battipaglia.

Un'impresa moderna, con una robusta capacità finanziaria

e una forte consapevolezza del proprio ruolo

nell'economia e nella società, iniziò ben presto ad utilizzare

le potenzialità espressive e comunicative del nuovo

mezzo audiovisivo, con la produzione di materiali filmati

per documentare la propria attività, testimoniare la capacità

di trasformazione e crescita dei territori

d'insediamento e promuovere gli usi “moderni” consentiti

dalla disponibilità dell'energia elettrica.

Per il lancio di una campagna promozionale nel dicembre

del 1958 la Società Lucana commissionò alla Sipra due

“spot”. Il primo, “Un paese rinasce”, è rivolto a promuovere

gli usi industriali dell'energia elettrica. L'arrivo

dell'elettricità smuove l'immobilismo di secoli: “ogni

giorno lo stesso sforzo, ogni giorno la stessa fatica, ogni giorno gli

stessi gesti”. Ma l'avvento della nuova “formidabile energia”

è stato in grado di procurare “benessere e felicità” al “piccolo

paese”: “un gesto bastò a rimpiazzare mille fatiche”, “l'acqua

sgorgava da sola più fresca, più chiara”, “il suono delle macchine

sembrava una canzone”.

Il secondo, “Una vita migliore”, è rivolto invece agli usi

elettrodomestici, “moderni apparecchi che vi potranno dare

una vita migliore”. Per facilitare l'uso dell'energia nelle case,

offriva dal primo gennaio 1958 al 31 dicembre 1959

l'allacciamento gratuito fino a 50 metri di derivazione a

tutti coloro che chiedessero la fornitura per usi elettrodomestici.

I nuovi utenti inoltre ricevevano gratuitamente un

ferro da stiro e partecipavano al sorteggio di numerosi

premi, tra cui televisori, cucine con forno e scaldabagni.

Eccezionali facilitazioni per lo stesso periodo erano riservate

anche ai nuovi utenti di forza motrice.

5 Spot televisivo Società Lucana

per Imprese Idroelettriche, 1958

243


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

6 Bolletta e busta intestata della

Società Elettrica Giovanni

Giudice & C., impianti di Moio

della Civitella, Pellare, Cardile,

Angellara e Cannalonga

7 Filippo Gagliardi

Nonostante il grande sviluppo economico del dopoguerra

e la notevole estensione delle rete elettriche sul territorio,

oltre quarant'anni dopo l'accensione della prima lampadina

a Vallo della Lucania, alcuni piccoli paesi e centri abitati

restarono sprovvisti di energia elettrica fino ed oltre la

metà degli anni Cinquanta.

A Morigerati era il 24 ottobre 1955, quando alla presenza

delle autorità e del Vescovo, venne inaugurato l'impianto

di trasporto e distribuzione dell'energia elettrica, che portò

la luce per la prima volta per le strade e nelle case del

85

paese.

Questi anni si mostrarono tragici per la SIEL che subì

un'altra prematura scomparsa, quella dell'amministratore

delegato e direttore tecnico Giovanni Giudice, che si

spense a Vallo il 16 agosto 1954 all’età di 63 anni. Con la sua

morte lasciò in eredità, alla moglie Carmela e ai suoi sette

figli, tutto quello che era riuscito a realizzare in questa

amata terra di Lucania che da più di quarant'anni lo considerava

uno stimato figlio adottivo. Un saldo, placido e

forte uomo ricordato dalla gente per la sua grande generosità.

Agli inizi di ottobre, il figlio Paolo, che nel frattempo si

era laureato in economia e commercio, venne assunto alla

SIEL con mansioni amministrative e tecniche, e in qualità

di speciale procuratore degli eredi, sostituì Giovanni nella

direzione delle imprese elettriche Giovanni Giudice & Co e

Passarelli & Giudice. A settembre dell'anno successivo

assunse anche la carica di amministratore delegato e

direttore tecnico della SALIE.

La sua amministrazione portò ad un consolidamento

finanziario delle imprese con l'introito delle somme

spettanti dalle concessioni elettriche, iniziando una nuova

contabilità con un conguaglio dal precedente saldo del

1949. Ad aprile 1957 inoltrava al Ministro dei LL.PP. una

richiesta di sollecito per l'istruttoria dell'istanza di proroga

della concessione, che inoltrata nel 1939 a firma del mancato

presidente, a causa degli eventi bellici dell'ultima guerra

non fece seguito nessuna risposta da parte del Ministero.

85

La somma per la realizzazione dell'impianto elettrico a Morigerati venne

generosamente offerta dal magnate Filippo Gagliardi, originario di

Montesano sulla Marcellana, che, emigrato in Venezuela, divenne in pochi

anni un grosso e ricco costruttore edile. Tornato al suo paese di origine usò il

suo ingente patrimonio per la costruzione di numerose abitazioni ai senza

tetto e di varie opere pubbliche, tra cui l'acquedotto, l'asilo d'infanzia, la

caserma dei carabinieri e l'imponente chiesa di Sant'Anna eretta al centro del

paese in stile gotico. Fece donazioni alle chiese e ai paesi limitrofi e beneficenza

alle persone bisognose.

244


Dagli anni Cinquanta alla nascita dell’Enel

Nella richiesta dichiarava che la società nel frattempo

aveva continuato l'uso della derivazione idroelettrica,

pagando regolarmente il relativo canone annuo presso

l'Ufficio del Registro di Roccadaspide.

In allegato alla richiesta, insieme al duplicato del Decreto

di concessione del 1912, c'era una copia del progetto

originale delle opere per l'utilizzazione idroelettrica delle

acque del fiume Calore e della relazione tecnica a firma

dell'ingegnere Francesco De Vita di Pellare. L'ingegnere,

specializzato in ingegneria meccanica, era il figlio di

Angelo De Vita che insieme a Giovanni Giudice furono i

soci fondatori dell'impresa elettrica concessionaria a Moio

della Civitella.

Da una ricerca presso l'Archivio storico dell'Enel di

Napoli, ho recuperato i disegni dell'impianto idroelettrico

allegati alla domanda di proroga, in cui sono documentati,

pur se con qualche incongruenza con lo stato dei luoghi, la

planimetria generale, il profilo longitudinale, la traversa di

presa a Remolino, l'edificio della centrale rappresentato in

pianta ed in sezione, un particolare del gruppo turbogeneratore

raffigurato con una sezione trasversale e i particolari

del canale di derivazione.

8 Panorama Moio della Civitella,

anni Cinquanta del Novecento

9 Comunicazione della SIEL per

r i n n o v o c o n c e s s i o n e d i

derivazione da fiume Calore,

1957

245


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

10 Relazione e grafici di progetto

per il rinnovo della derivazione

di acqua dal fiume Calore a

Felitto della Società Idro-

Elettrica Lucana a firma dell’ing.

Francesco De Vita, 1957

246


Dagli anni Cinquanta alla nascita dell’Enel

Il 16 gennaio 1958 alla richiesta faceva seguito la nota del

Genio Civile con la quale richiedeva alla società di effettuare

il versamento del deposito cauzionale del canone e delle

spese di istruttoria per un importo totale di 57.817 lire

presso la Tesoreria provinciale, come veniva stabilito

all'art. 7 del Testo Unico, così da poter procedere alla

stesura del nuovo disciplinare da allegare alla concessione.

Nel frattempo il 31 maggio 1957 il Sindaco del comune di

Felitto inviava una nota all'Ufficio del Genio Civile di

Salerno con la quale richiedeva una copia del decreto di

concessione rilasciato alla SIEL nel 1912, al fine di allegarla

all'istanza che intendeva inoltrare al Ministero delle

Finanze per usufruire dei sovracanoni elettrici dovuti dai

gestori di impianti idroelettrici a favore dei comuni rivieraschi,

posizionati lungo il corso d'acqua tra l'opera di

presa e di restituzione, di cui alla legge n. 1377 del 4 dicem-

86

bre 1956.

86

Le prime disposizioni di legge sui sovracanoni sono contenute nel

Decreto n. 1664 del 1916. L'art. 28, in particolare, prevedeva la

possibilità di riservare ad uso esclusivo di servizi pubblici a favore dei

comuni rivieraschi, cioè quelli compresi lungo il corso d'acqua tra il

termine del rigurgito a monte della presa e il punto di restituzione, fino

ad un decimo dell'energia ricavabile dalla portata minima.

Successivamente la questione dei sovracanoni è stata disciplinata dal

Testo Unico sulle acque ed impianti elettrici del 1933 che confermava

la possibilità di riserva di energia ai comuni rivieraschi, stabilendo la

possibilità dell'ulteriore sovracanone a favore degli stessi nel caso di

trasporto dell'energia prodotta e trasportata oltre il raggio di 15 km;

l'art. 53 inoltre precisò che, per l'energia trasportata fuori della

Provincia, il sovracanone ad essa attribuito era la quarta parte, rimanendo

i tre quarti dei sovracanoni da ripartire tra i comuni.

La legge n. 959 del 1953 abolì la possibilità di riserva di energia a

favore dei comuni rivieraschi di cui all'art. 52 del T.U. e al suo posto

rese obbligatorio un sovracanone fisso a carico del concessionario

rapportato alla potenza nominale media ed a favore dei comuni

compresi nel bacino imbrifero montano (B.I.M.) nel cui ambito

esistevano o sarebbero state realizzate derivazioni idroelettriche di

potenza superiore a 220 kW. Il BIM doveva essere delimitato con

decreto del Ministro dei LL.PP., sentito quello per l'Agricoltura e

Foreste, ed i relativi comuni potevano costituirsi in Consorzio

obbligatorio a condizione che ne facessero domanda tre quinti di essi

(60%). Nel caso si fosse costituito il Consorzio i sovracanoni venivano

attribuiti ad un fondo comune da impiegare per il progresso economico

e sociale delle popolazioni, nonché ad opere di sistemazione montana

non di competenza dello Stato. Sostanziali modifiche all'art. 53 del

T.U. furono apportate dalla legge n. 1377 del 1956 che, pur

mantenendo la facoltà di attribuzione del sovracanone, eliminò la

condizione del trasporto dell'energia e stabilì un tetto massimo della

247


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

11 Comunicazione del comune

di Felitto dei dati richiesti dal

Genio Civile, marzo 1960

Passati due anni senza ottenere la copia del decreto, in

quanto ne avrebbe dovuto fare direttamente richiesta alla

prefettura di Salerno, a febbraio 1960 il sindaco geom.

Francesco Gatto inviava direttamente una richiesta al

Ministero delle Finanze a Roma per la liquidazione del

sovracanone dovuto per legge al comune di Felitto.

Pochi giorni dopo comunicava prontamente alcuni dati

necessari ai fini del calcolo richiesti dal Genio Civile,

riguardanti: il numero della popolazione, che ammontava

in quell'anno a 2101 abitanti; la misura della lunghezza del

corso d'acqua utilizzato corrispondente a 2,7 km e la

potenza media annua consumata entro il raggio di 15 km

che era pari a 18 kW.

Intanto lentamente proseguiva anche l'istruttoria

dell'istanza di proroga della concessione alla SIEL. Il

Ministero dei LL.PP. esaminati gli atti riteneva che la

concessione era riferita ad una grande derivazione per

produzione di forza motrice, in quanto superiore alla

potenza nominale media annua di 220 kW, per tanto

richiedeva al Genio Civile di integrare il disciplinare con le

relative clausole previste dalla legge, e in particolare: il

passaggio in proprietà dello Stato di tutte le opere di

raccolta, di regolazione, le condotte forzate e i canali di

scarico alla decadenza o rinuncia della concessione;

all'imposizione del sovracanone a favore dei comuni

rivieraschi e alla determinazione della quantità di energia

da riservare a favore degli stessi.

A seguito di una riunione tenuta in Prefettura, al comune

rivierasco di Felitto venne riservata una quantità di energia

di 15 kW, che doveva utilizzare entro tre anni

dall'accordo con la società concessionaria.

Ottenuti tutti i dati richiesti, il Genio Civile a febbraio 1960

provvide alla stesura finale del disciplinare con tutte le

correzioni suggerite dal Ministero, riconoscendo la proroga

della concessione al 31 gennaio 1977 per effetto dell'art.

22 del Testo Unico, con l'aggiornamento del canone annuo

a 312.689 lire, corrispondenti a 656 lire a kW, che comportava

una somma di 3.322.188 lire di canoni arretrati a

partire da settembre 1941. La somma doveva essere pagata

entro la data della firma del disciplinare, insieme a mezza

misura del sovracanone per unità di potenza nominale. Inoltre vennero

estesi anche per l'"ulteriore sovracanone" i criteri della ripartizione

concernenti le condizioni economiche degli enti e l'entità dei danni

subiti in dipendenza della derivazione.

248


Dagli anni Cinquanta alla nascita dell’Enel

annualità del canone a titolo di cauzione a garanzia degli

obblighi assunti dalla società.

Inoltre la società avrebbe dovuto installare a sue spese

degli strumenti di misura secondo le indicazioni della

Sezione Idrografica di Napoli per accertare l'effettiva

quantità d'acqua derivata, con l'obbligo di trasmettere,

almeno ogni sei mesi, i risultati delle misurazioni

all'autorità concedente e all'ufficio compartimentale del

Servizio idrografico e mareografico nazionale interessato,

così come disponeva l'art. 42 del T.U.

Negli anni Cinquanta, molti dei soci iniziali che costituirono

la SIEL nel lontano 1910, oramai erano scomparsi da

tempo, e alcuni di loro, fra quelli ancora in vita, avevano

raggiunto la veneranda età di ottanta e più anni. A febbraio

1961 la società sfortunatamente sopportò un altro doloroso

lutto con il decesso del cavaliere Vito Morra all'età di 79

anni, e a suo nome l'amministrazione del comune di

Magliano Vetere volle intitolare una piazza della frazione

di Capizzo per ricordare l'impegno e l'opera dell'illustre

concittadino.

Il cavaliere in quel periodo non stava molto bene fisicamente,

e per cautela fece chiamare il suo cardiologo personale,

il dottor Eligio Rubino, che prontamente accorso da

Vallo all'abitazione di Capizzo, dopo un'accurata visita e

di un elettrocardiogramma eseguito dal fratello cardiologo,

il dott. Angelo, lo assicurò per le condizioni non gravi,

ma purtroppo per un inaspettato peggioramento dopo

qualche giorno si spense. Con la sua scomparsa fu proprio

il dottor Eligio, erede del cav. Armido Rubino, a sostituirlo

87

accettando la presidenza delle due società.

Con atto di testamento del 14 febbraio 1958, pubblicato a

seguito della sua morte con un atto notarile registrato a

Salerno, l'omonima impresa elettrica venne trasferita agli

eredi, Giovanni, Alfonso ed Alberto Morra, che detenevano

partecipazioni societarie nella SIEL.

Alfonso e Giovanni ereditarono il Palazzo di famiglia a

Magliano Vetere, nella frazione di Capizzo, mentre

Alberto il Palazzo Albini ad Albanella.

87

Il cav. Armido Rubino ebbe cinque figli, il primogenito Eligio, che lo sostituì

nella presidenza della società, Enrico, Antonio e Giuseppe che negli anni

Trenta emigrarono a Rio de Janeiro, e l'ultimo Angelo, cardiologo, docente

universitario e primario ospedaliero di malattie respiratorie operante a

Napoli. Eletto nella circoscrizione Salerno-Avellino-Benevento, fu deputato al

Parlamento nella legislatura 1953-58, e alla sua azione si deve la costruzione

della strada intitolata a suo nome che attraversa Vallo della Lucania.

249


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

12 Via Roma a Vallo della

Lucania illuminata con le

lampade della Società Lucana

Industrie Elettriche, 1951

Giovanni, il fratello maggiore, iscritto al Collegio notarile

dei distretti riuniti di Salerno e Vallo, svolgeva la professione

di Notaio nella città di Vallo della Lucania, e per i

suoi impegni lavorativi non si interessò mai personalmente

all'impresa elettrica di famiglia.

Nella costituita società, continuarono l'attività gli elettricisti

in precedenza assunti, Giovanni D'Alessandro e

Domenico Galasso entrambi di Magliano, con la mansione

di eseguire la manutenzione degli impianti e gli allacciamenti

dei nuovi utenti. Alfonso curava il servizio di lettura

dei contatori e di riscossione delle bollette, e Alberto, il

fratello minore laureato in giurisprudenza, venne designato

amministratore della società, assumendo inoltre la

carica di consigliere nella SALIE, che mantenne fino alla

nazionalizzazione.

All'epoca il consiglio di amministrazione della SALIE era

costituito dai seguenti componenti: dal neopresidente

dott. Eligio Rubino, dai consiglieri l'avv. Alberto Morra,

l'ing. Antonio Feola, originario di Campora e domiciliato a

Cardile nel comune di Gioi Cilento, e l'ing. Antonio De

Luca di Vallo della Lucania, e dal consigliere delegato dott.

Paolo Giudice in qualità di direttore tecnico.

Tra i dipendenti della società, oltre al direttore, comparivano

per le mansioni amministrative Angela Palladino,

250


Dagli anni Cinquanta alla nascita dell’Enel

Dante Del Forno e Giuseppe Di Sevo, e per le mansioni

tecniche, gli operai Beniamino Passannante, Paolo

Pellegrino, Michele Ruocco, Umberto Ruocco, Luigi

Correale, Gianfranco Giudice, Sabato Mainenti e Nicola

Ebner. Venne assunto invece dalla SIEL, il 2 febbraio 1961

con qualifica di manuale, l'operaio Vito Antonio Peduto di

Felitto, fratello di Giuseppina, la cui mansione era la

sorveglianza al gruppo elettrogeno.

Agli inizi degli anni Sessanta, la IV Sezione del Ministero

dei LL.PP. Servizio Elettricità, per disposizione ministeriale,

doveva elaborare mensilmente un bollettino statistico

sull'andamento della produzione elettrica in Italia, e a tale

scopo tutte le aziende produttrici erano state inviate a

trasmettere i dati relativi alla produzione di energia

elettrica dei propri impianti, entro la prima decade del

mese successivo a quello a cui le notizie statistiche si

riferivano.

La Sezione Ministeriale affermava che la quasi totalità

delle aziende corrispondeva con la dovuta sollecitudine

alla suddetta richiesta, al contrario invece di alcune ditte

che si astenevano sistematicamente nell'invio dei relativi

dati, intralciando l'elaborazione statistica degli stessi.

Con una nota del 13 ottobre 1962, la Sezione informava il

Genio Civile di Salerno che fra le aziende inadempienti

andava compresa anche la Società Idro-Elettrica Lucana

ricadente nel territorio di sua competenza, la quale non

prestava la dovuta collaborazione malgrado i ripetuti

solleciti e richiami. Pertanto invitava formalmente la ditta

ad attenersi scrupolosamente a quanto disposto e a trasmettere

nei termini stabiliti i rapporti sulla produzione di

energia elettrica.

Già da qualche tempo in quegli anni si parlava della

nazionalizzazione dei servizi elettrici, portando all'interno

dell'amministrazione della SIEL una certa insofferenza ed

un minore interesse per l'azienda, gestita oramai senza

quella particolare attenzione e passione che la contraddistinse

invece fin dal primo momento, tanto da trascurare

eventuali compiti da svolgere come l'elaborazione dei

rapporti sulla produzione di energia e, cosa peggiore, la

contabilità annuale aziendale, pagandone care le conseguenze.

Il 26 settembre di quell'anno fu nominata una commissione

speciale per l'esame del disegno di legge per

l'istituzione dell'ENEL, Ente Nazionale Energia Elettrica.

251


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

13 Basilio Focaccia

14 La nascita di Enel, Jader

Jacobelli, dal TG del 6 dicembre

1962

15 Legge costitutiva ENEL

numero 1643 del 6 Dicembre

1962

Tra i componenti della commissione merita una menzione

di rilievo il conterraneo ingegnere Basilio Focaccia, originario

di Montecorice, professore di elettrotecnica eletto

senatore nel 1948 nel collegio di Sala Consilina - Vallo della

Lucania, e poi riconfermato nelle successive tre legislatu-

88

re.

A seguito del lavoro della commissione, il 6 dicembre 1962,

con il Governo Fanfani, nasceva l'Ente Nazionale per

l'Energia Elettrica, al quale la legge riservava il compito di

esercitare le attività di produzione, importazione ed

esportazione, trasporto, trasformazione, distribuzione e

vendita dell'energia elettrica.

La creazione dell'ente pubblico fu il prodotto della politica

italiana di quegli anni con la formazione dei primi governi

di centro-sinistra, e a una rivalutazione dell'intervento

dello Stato in economia, seguendo la parola chiave della

programmazione economica. Questa nuova tendenza

politica sfociò di conseguenza nella nazionalizzazione

dell'industria elettrica.

Il Paese era nel pieno di un'espansione quale non aveva

mai conosciuto prima, ma era anche alle prese con i problemi

suscitati da uno sviluppo tanto veloce quanto disomogeneo.

Ciononostante, nel 1962 i consumi elettrici pro

capite italiani erano ancora notevolmente inferiori a quelli

dei principali Paesi europei. Il divario nei consumi elettrici

era particolarmente accentuato tra nord e sud, segno del

grande malessere che affliggeva il Meridione.

88

Basilio Focaccia, nato a Montecorice il 14 dicembre 1889, si laureò in ingegneria

industriale, sezione elettromeccanica, presso la Scuola Superiore

Politecnica di Napoli, portando a compimento numerosi studi teorici e

sperimentali riguardanti le tecniche delle linee elettriche.

Dal 1938 divenne il titolare della cattedra di Elettrotecnica presso l'Università

di Roma, assumendo anche la direzione dell'Istituto. Fu consulente della SME

e componente in vari consigli di amministrazione, tra cui le Officine per

Costruzioni e Riparazioni Elettromeccanica Napoletana OCREN, presieduta

dall'ing. Stefano Brun, la Società tramvie elettriche e ferrovie di Roma STEFER e le

Ferrovie dello Stato. Si spense a Montecorice il 20 luglio 1968 all'età di 79 anni.

252


Dagli anni Cinquanta alla nascita dell’Enel

16-17 Padiglione Enel, XXVII

Fiera del Levantea a Bari,

settembre 1963

18 Il primo logo Enel

253


19 Traliccio Enel a Laurino


Capitolo XVII

Il trasferimento degli impianti all’Enel

Nel comune di Ceraso erano stati da poco ultimati i lavori

di ammodernamento e potenziamento degli impianti

della rete di distribuzione elettrica dell'impresa Passarelli

& Giudice, quando, con la legge n. 1643 del 1962, venne

istituito l'Enel, al quale dovevano essere trasferite tutte le

imprese esercenti le industrie elettriche riguardanti la

produzione, distribuzione e vendita di energia.

Con D.P.R. n. 36 del 4 febbraio 1963 furono fissate tutte le

norme relative a questi trasferimenti, e con il successivo

decreto n. 138 del 25 febbraio, tutte le norme relative agli

indennizzi da corrispondere alle imprese soggette al

trasferimento.

L'Enel in quel periodo iniziò il consistente censimento di

tutte le grandi e piccole imprese elettriche che dovevano

essere acquisite con successivi decreti di trasferimento,

provvedendo con i propri tecnici al rilievo di tutti gli

impianti esistenti sul territorio e alla valutazione della

consistenza e delle condizioni dei beni al fine di stabilirne

il relativo indennizzo.

Nel censimento la SIEL dichiarò di aver prodotto 1.419.440

kWh di energia nel 1961 e di averla ceduta interamente alle

imprese elettriche di distribuzione.

Con il D.P.R. n. 1288 del 29 agosto 1963 che fissava il trasferimento

della Società Anonima Lucana Imprese Elettriche

all'Enel, il consiglio di amministrazione del nuovo Ente

nominò in qualità di amministratore provvisorio della

società per le operazioni di trasferimento, l'avvocato

Nicola Macedonio di Roma.

1 Avv. Vito Antonio Di Cagno,

presidente dell’Enel nominato

i n s i e m e a l C o n s i g l i o d i

Amministrazione con decreto

pubblicato nella Gazzetta

Ufficiale del 16 febbraio 1963, già

presidente della SME e della

Finelettrica

255


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

2 Piazza Mazzini, Caraso, fine

anni Cinquanta del Novecento

3 Elenco dei beni immobili della

SALIE, allegato ai documenti di

trasferimento

Il 22 dicembre recatosi presso la sede della società a Vallo

della Lucania, dove fu ricevuto dal dirigente Paolo

Giudice, acquisì le notizie preliminari e le informazioni

utili per la presa in consegna dell'impresa, da eseguire nel

mese di gennaio, previa comunicazione della Prefettura.

In quell'incontro fu redatto un verbale di constatazione a

cui veniva allegato in copia l'atto di costituzione del 1913,

la licenza di esercizio rilasciata dall'Ufficio Tecnico

Imposte di Fabbricazione di Salerno e i bilanci della società.

Vennero esibiti in visione i libri matricola degli operai e

delle paghe mensili. Il verbale si concludeva con la raccomandazione

che la società avrebbe dovuto redigere il

bilancio d'azienda al 31 dicembre, necessariamente entro

la data di consegna.

Il dirigente Giudice faceva verbalizzare che dal 1955, come

risultava dal libro di matricola dei dipendenti, esercitava

le mansioni di direttore tecnico della società, e non svolgendo

nessun altro tipo di attività, richiedeva, in virtù

dell'art. 13 della legge, di essere trattenuto in servizio.

L'articolo prevedeva che il personale dipendente delle

imprese, da trasferire ed in servizio alla data del primo

gennaio 1962, era mantenuto in occupazione conservando

le stesse mansioni, purché addetti esclusivamente

all'esercizio delle attività istituzionali riservate per legge al

nuovo Ente.

Per questa norma Paolo Giudice ed il fratello Gianfranco,

insieme alla maggior parte del personale operaio e tecnico

della SALIE, della SIEL e delle altre imprese elettriche

concessionarie, furono assunti all'Enel.

Il 10 giugno 1964 presso la sede dell'Intendenza di Finanza

256


Il trasferimento degli impianti all’Enel

di Salerno, a seguito della relazione di stima dell'Ufficio

Tecnico Erariale che aveva determinato l'indennizzo

spettante alla SALIE, furono presi in consegna i beni della

società da trasferire all'Enel. Tra questi compariva la

cabina elettrica di proprietà dell'avvocato Giovanni Pinto

data in fitto alla società per 15.000 lire mensili.

Fino a quella data, il servizio di distribuzione pubblica nel

comune di Vallo e nelle frazioni di Massa e Pattano da

parte della SALIE, era regolato dallo specifico capitolato

d'appalto stipulato a maggio 1914, che scaduto era stato

automaticamente rinnovato.

Nello stesso anno e con le medesime procedure adottate

per la SALIE vennero trasferite all'Enel: l'Impresa elettrica

89 90

cav. Vito Morra , l'Impresa elettrica Giovanni Giudice & C.

con verbale del 18 agosto, l'Impresa elettrica Passarelli

91 92

Gaetano , l'Impresa elettrica Passarelli & Giudice , l'Impresa

93

elettrica Casuccio & Calabria , l'Impresa Elettrica Eredi

94 95

Errico , l'Impresa elettrica dott. Alberto Santoro , e con verba-

96

le del 5 novembre l'Impresa elettrica Nicoletti & C.

Fino a quell'anno il contratto dell'impresa Morra con il

comune di Magliano per la pubblica amministrazione

prevedeva un costo di 24 lire a kW, mentre con il comune

di Monteforte Cilento un canone annuo di 60.000 lire. Per

le forniture private la fatturazione era bimestrale con

l'applicazione delle tariffe unificate ministeriali, applicate

anche dalle altre imprese elettriche concessionarie.

Il canone annuo pagato dal comune di Novi Velia

all'impresa concessionaria di Passarelli era di 220.000 lire,

quello di Stio alla ditta di Nicoletti era di 300.000 lire, e

quello del comune di Ceraso all'impresa di Passarelli e

Giudice era di 509.000 lire.

Nel periodo dei vari trasferimenti all'Enel sorsero molte

lamentele da parte delle utenze private e pubbliche per le

numerose disfunzioni agli impianti, provocati dalle stesse

imprese elettriche che, in attesa di essere definitivamente

trasferite, non svolgevano più con regolarità le operazioni

di manutenzione.

89

Trasferita con D.P.R. n. 599 del 7 agosto 1963

90

Trasferita con D.P.R. n. 2289 del 12 dicembre 1963

91

Trasferita con D.P.R. n. 1890 del 11 gennaio 1964

92

Trasferita con D.P.R. n. 1688 del 20 ottobre 1963

93

Trasferita con D.P.R. n. 1930 del 31 ottobre 1963

94

Trasferita con D.P.R. n. 1702 del 20 ottobre 1963

95

Trasferita con D.P.R. n. 1686 del 20 ottobre 1963

96

Trasferita con D.P.R. n. 1970 del 14 novembre 1964

257


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

4 Comunicazione del sindaco di

C i c e r a l e a l l ’ E n e l p e r

l’inadempienza dell’Impresa

Elettrica Santoro, 1964

È un esempio la nota dell'amministrazione comunale di

Cicerale del novembre 1964, con la quale sollecitava il

passaggio dell'impresa del dott. Santoro all'Enel per i

notevoli disservizi alla rete elettrica procurati in quel

periodo dalla stessa società.

Lamentale ci furono anche tra gli impiegati delle imprese

per i mancati pagamenti degli stipendi. La SIEL dopo il

trasferimento all'Enel delle varie imprese elettriche concessionarie,

e in attesa della consegna definitiva degli

impianti, aveva interrotto le paghe ai dipendenti.

A seguito di ciò, alcuni di essi si resero promotori di un

ricorso al tribunale, per il riconoscimento delle retribuzioni

arretrate di alcuni mesi e degli straordinari, nonché la

regolarizzazione delle relative posizioni INPS per

l'assicurazione obbligatoria con il versamento dei contributi.

Per il giudizio in corso gli impianti furono sottoposti a

sequestro conservativo per un valore di 32 milioni di lire, e

con verbale dell'Ufficiale giudiziario della Pretura di

Roccadaspide, il 29 dicembre fu nominato custode dei beni

sequestrati l'addetto alle macchine Giovanni Piumelli.

In merito alla vicenda la società era dell'avviso che tra i

compiti gravanti il nuovo Ente vi era anche quello di

provvedere al saldo di tutte le passività maturate al

momento della nazionalizzazione, compreso le eventuali

retribuzioni spettanti ai dipendenti, le imposte e i contributi

dovuti alla Previdenza sociale ed Inam per gli operai e

i funzionari, oltre alla riscossione dei vantati crediti verso i

concessionari per la fornitura di energia.

Tra le imprese concessionarie, l'ultima ad essere trasferita

fu l'Azienda municipale di Felitto con il decreto del 5

giugno 1965, che a seguito della nazionalizzazione, così

come per tutte le altre imprese elettriche, si era vista applicare

le nuove tariffe previste dal provvedimento di unifi-

97

cazione del 1961. Il canone per l'acquisto di energia alla

SIEL era di mille lire per la quota fissa mensile e 11,30 lire a

kWh per la potenza eccedente.

97

Il provvedimento emanato dal Comitato Interministeriale dei Prezzi (CIP), a

completamento del processo di unificazione delle tariffe sul territorio

nazionale, avviato nel 1953, introdusse un meccanismo di integrazione

tariffaria per compensare le imprese di distribuzione delle perdite derivanti

dall'applicazione delle tariffe unificate.

La successiva nazionalizzazione del settore elettrico, con il conseguente

massiccio trasferimento delle imprese elettriche all'Enel, è del tutto

accidentale rispetto al problema delle integrazioni tariffarie che vennero

erogate per un certo periodo sia alle imprese trasferite, sia a quelle non

trasferite.

258


Il trasferimento degli impianti all’Enel

5 Felitto, via Francesco Alario,

anni Sessanta del Novecento

Con la cessione all'Enel dell'impresa elettrica municipale,

il comune di Felitto conservò la proprietà e la gestione del

mulino elettrico, che in quegli anni volle rinnovarlo con

l'investimento della liquidazione ricevuta. Furono sostituiti

i vecchi palmenti con un moderno mulino a cilindri

della ditta Frat.lli Varotto di Padova, che continuò a macinare

fino agli inizi degli anni Novanta.

Con D.P.R. n. 539 del 18 marzo 1965, pubblicato sul supplemento

ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 136 del 3

giugno, senza eccezione veniva trasferita all'Enel la Società

Idro-Elettrica Lucana. Per le consuete operazioni di trasferimento

il consiglio di amministrazione dell'Ente nominava

come amministratore provvisorio l'avvocato Pietro Errico

di San Pietro al Tanagro, e in accordo con l'Intendenza di

Finanza vennero fissate le operazioni finali di consegna

per il 24 febbraio 1966.

La SIEL per l'occasione convocò un'assemblea del consiglio

di amministrazione per discutere sia del rendiconto

dell'azienda fino a giugno 1965 sia del trasferimento

all'Enel dell'impresa, delegando all'unanimità il presidente

Rubino e il consigliere Troncone a rappresentare la

società per la firma del verbale

Il consiglio a quella data era composto dagli stessi soci

della SALIE, con la presidenza del dott. Eligio Rubino, e la

presenza di Gaetano Di Vietri di Vallo, come presidente

del collegio sindacale, e dei consiglieri Bartolomeo

Troncone di Pellare, e Antonio Valletta, socio fondatore

nel 1918 dell'impresa elettrica di Moio della Civitella, che

con i suoi 78 anni rappresentava la memoria storica della

6 Interno del mulino elettrico a

cilindri in piazza Mercato a

Felitto, fornito dalla ditta

Varotto

7 Telegramma per la consegna

della Società Idro-Elettrica

Lucana, febbario 1966

259


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

8 Attestazione del Tribunale di

Vallo della Lucania sulla

composizione del Consiglio di

Amministrazione della SALIE,

1964

9 Fascicolo dell’Enel contenente i

documenti per il trasferimento

della SIEL

Società Idro-Elettrica Lucana, avendola vista crescere e

superare le varie difficoltà fin dalla data della sua costituzione.

Tra i soci azionisti comparivano il dott. Paolo

Giudice, presente anche nella qualità di dirigente della

società, e Gaetano Passarelli con il maggior numero di

azioni, che da poco aveva ereditato l'omonima impresa del

padre Raffaele, a lui trasferita per atto del notaio Morra

dell'agosto 1964. Per la fornitura di energia alla concessione

di Novi Velia, l'impresa Passarelli per un accordo

stipulato con la società, provvedeva al pagamento del

relativo canone con i proventi ricavati dalla gestione

dell'impianto di Ceraso, operazione resa possibile dalla

comune amministrazione finanziaria.

Pertanto giunti al 24 febbraio, presso la sede

dell'Intendenza di Finanza di Salerno venne consegnato

all'Enel l'impianto idroelettrico e i beni della società, con la

redazione del verbale a firma dei delegati.

All'atto di consegna venne rilevato che per trascuratezza

l'impresa non aveva fornito i bilanci per gli anni 1963-64, e

quelli degli anni 1960-62 non risultavano approvati

dall'assemblea e non depositati alla competente

Cancelleria del Tribunale. Inoltre non aveva redatto la

situazione contabile alla data di trasferimento e di consegna

e il rendiconto del periodo di custodia.

L'amministratore provvisorio ritenne che per la scarsa

documentazione presentata non era possibile determinare

il valore di indennizzo, se non dopo la nomina da parte del

Tribunale di un amministratore giudiziario, il quale

doveva provvedere alla compilazione dei bilanci.

Per la stima dell'indennizzo mancava dunque tutta la

documentazione riferita ai bilanci della società, che approvata

in sede di assemblea l'avrebbe dovuta trasmettere

entro la data di consegna, con l'apertura di una nuova

contabilità fino al trasferimento definitivo.

Tuttavia per una gestione poco attenta dell'impresa nel

periodo prima della nazionalizzazione, la società non si

preoccupò di redigere nessun atto contabile.

A fine novembre il consiglio di amministrazione dell'Enel

deliberò la fine dell'amministrazione provvisoria

dell'avvocato Errico, e a gennaio 1967 prese definitivamente

in consegna gli impianti, inserendoli

nell'organizzazione del Compartimento di Napoli.

Tenuto conto dell'impossibilità di determinare

l'indennizzo per la carenza di documentazione, la direzio-

260


Il trasferimento degli impianti all’Enel

ne dispose la nomina di un amministratore giudiziario con

l'incarico di compilare i bilanci non presentati, e allo scopo

venne nominato dal Tribunale di Vallo l'avvocato

Francesco Marrocco di Agropoli.

A questo punto, a maggio 1969, fece seguito l'assemblea

straordinaria della SIEL, riunita nello studio del Notaio

Giovanni Morra a Vallo della Lucania con la presenza del

presidente, dei soci e dell'amministratore giudiziario, per

l'approvazione dei bilanci fino alla data di consegna del

patrimonio sociale all'Enel.

L'assemblea validamente costituita approvò all'unanimità

tutti i bilanci della società presentati dal dott. Giudice, che

per l'ultimo anno riportava un utile netto di esercizio di

1.103.482 lire, e per i due anni precedenti, un passivo

dovuto al debito per l'esecuzione dei lavori di ammodernamento

all'impianto del comune di Ceraso.

Nei bilanci approvati furono riconosciuti i debiti nei

confronti della signora Carmela Melzi, vedova Giudice, e

del figlio Angelo, relativi ai prestiti contratti dalla società

nel 1947 e 1949.

Nonostante la presentazione dei registri contabili, e le

trattative che la SIEL già da tempo aveva intrapreso con

L'Enel, l'anno seguente ancora non aveva ricevuto

10 Vallo della Lucania, Il

porticato di Piazza Vittorio

Emanuele, anni Sessanta del

11 Verbale del Consiglio di

Amministrazione SIEL del 20

febbraio 1966, Certificazione del

notaio Morra

261


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

12 Nota del comune di Felitto

all’Ufficio del Genio Civile sui

sovracanoni elettrici, marzo

1967

l'indennizzo, e al fine di risolvere la questione diede

l'incarico di seguire la vicenda al suo consulente legale,

l'avvocato Luigi Di Vietri di Vallo.

All'epoca nemmeno il comune di Felitto aveva ricevuto

notizie sui sovracanoni elettrici, e a seguito di una richiesta

da parte del sindaco sullo stato di avanzamento della

pratica, la Prefettura, al fine di tentare un accordo circa la

definizione del sovracanone, invitava per una riunione

presso i propri uffici di Salerno, il sindaco, l'ingegnere

capo del Genio Civile, il presidente dell'Amministrazione

provinciale, il Ministero delle Finanze, il Compartimento

di Napoli dell'Enel e la SIEL.

In quell'incontro l'Enel scartava la possibilità di eventuali

danni arrecati al comune per la presenza della derivazione,

mentre il rappresentante dell'Amministrazione provinciale,

pur non conoscendo i luoghi, nel ritenere invece

di non poterli escludere a priori, richiese un sopralluogo

da parte del Genio Civile per l'acquisizione di ulteriori

elementi tecnici. Inoltre il rappresentante dell'Enel, insieme

al dott. Rubino e all'avv. Di Vietri, chiedeva

dell'esistenza di eventuali concessioni assentite a monte

della presa, in modo da poter stabilire correttamente la

portata d'acqua residua utilizzata dall'impianto, e invitava

la SIEL a fornire i dati sulla quantità di energia eventualmente

trasportata oltre il perimetro dei 15 km.

Come stabilito in quella riunione, ad aprile 1969 fu effettuato

il sopralluogo da parte del Genio Civile per la visita

alle opere di presa, derivazione e restituzione

dell'impianto idroelettrico, recandosi in località Remolino,

Ponte sul Calore e Casale.

In quella sede l'avvocato Di Vietri faceva notare che lungo

tutto il canale di derivazione non vi era nessuna possibilità

di attingere acqua per usi agricoli o industriali; al contrario,

il vice sindaco di Felitto, faceva rilevare oltre

all'esistenza di tale possibilità, pur se limitata a qualche

ettaro di terreno, che il canale comprometteva il libero

passaggio dei cittadini e degli animali nella parte di bosco

sulla sponda sinistra. Inoltre evidenziava sia l'esistenza di

un mulino comunale a valle della presa sia la diminuzione

della pesca nel fiume in conseguenza della costruzione

delle opere di derivazione. Il rappresentante dell'Enel

metteva invece in evidenza che la particolare ubicazione

del canale lungo la gola, e la natura selvaggia dei luoghi,

escludevano ogni possibilità di danno prodotto sul territo-

262


Il trasferimento degli impianti all’Enel

rio comunale. Infine si dava atto che la centrale idroelettrica,

nella quale venne stilato il verbale di visita, appariva

ordinata ed in buono stato di conservazione, ma non era in

esercizio da circa tre anni, da quando una frana ostruì il

canale adduttore all'interno della gola.

Intanto dal trasferimento dell'impianto all'Enel erano

trascorsi già molti anni, e la SIEL, nonostante le innumerevoli

richieste scritte e verbali e le diffide giudiziarie, non

aveva ricevuto alcuna indennità.

Pertinente è una lettera dell'avvocato Ivana Giudice da

Milano, inviata a novembre 1971 alla Direzione generale

dell'Enel a Roma, con la quale richiedeva specifiche notizie

sull'indennizzo, in quanto era sua intenzione procedere ad

un'azione legale di recupero crediti nei confronti della

società, che risultava ancora debitrice degli interessi sui

prestiti effettuati da sua madre, la signora Melzi, e suo

fratello, l'ingegnere Angelo Giudice.

Dopo lunghe trattative con l'Enel, che ancora non aveva

definito la questione dell'indennizzo con la SIEL, a giugno

1973 il Consiglio di amministrazione dell'Ente deliberò di

accogliere la proposta della sig.ra Melzi e dell'ing. Giudice

per definire la controversia sul rimborso dei mutui e dei

relativi interessi, dichiarandosi disposti ad accettare in

accordo, rispettivamente le somme di lire 1.250.000 e

750.000, ridotte di oltre la metà rispetto alle originarie

richieste.

Il primo aprile di quell'anno, il presidente Rubino inviava

un ennesimo sollecito per la liquidazione delle dovute

indennità, lamentando che gli otto anni trascorsi dalla

nazionalizzazione non erano stati sufficienti per liquidare

la relativa somma. Sottolineava con amarezza che la

Società Idro-Elettrica Lucana, sorta nel lontano 1912, rappresentava

una delle prime società elettriche dell'intero

Meridione e aveva portato un soffio di vita nuova in

almeno cinquanta centri abitati tra comuni e borgate.

L'Enel intanto gestiva l'esercizio elettrico nelle zone che

erano state da sempre di esclusiva competenza della

società, incassandone i proventi, ma rimaneva sorda alle

richieste di chi aveva invece il diritto di indennizzo. E

poiché stavano per compiersi dieci anni dalla nazionalizzazione,

necessari per la prescrizione del diritto di liquidazione,

invitava l'Ente a voler far conoscere in brevissimo

tempo le decisioni prese per il pagamento dello spettante

risarcimento.

13 Paolo Giudice, in una foto del

1996

263


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

Passati altri tre mesi senza ricevere alcuna risposta, la

società notificava un atto di diffida all'Enel, affinché

provvedesse con estrema urgenza alla liquidazione delle

dovute somme, protestandola per gli enormi danni causati

dalla svalutazione della lira. Si riservava inoltre la facoltà

di recuperare gli interessi dalla data della nazionalizzazione

o da quella che fosse stata stabilita dal Tribunale.

A seguito della diffida, il consiglio di amministrazione

dell'Enel, con delibera del 14 settembre, finalmente determinava

l'indennizzo spettante alla SIEL per un importo di

25.660.944 lire, accettato dalla società a condizione che la

somma fosse stata immediatamente liquidata.

Tuttavia l'Enel non effettuò il pagamento in quanto era

ancora in corso la causa promossa dagli ex dipendenti

della SIEL, che venne definita l'anno seguente con una

conciliazione dinanzi al Giudice del Lavoro del Tribunale

di Salerno, per un importo di otto milioni, minore rispetto

alla maggiore somma accantonata dall'Enel, la cui differenza

fu liberata a favore della società. Di conseguenza,

l'importo corrispondente alla passività di gestione, come

riportato sui bilanci approvati dalla società, venne completamente

annullato, trovandosi ora creditrice della

somma di 9.355.259 lire, corrispondente alla differenza tra

l'importo d'indennizzo e il ridotto risultato passivo.

A tal punto il 27 giugno 1974, la Direzione amministrativa

dell'Enel di Roma delegava la Banca Commerciale

Italiana, sede di Salerno, al pagamento del risarcimento di

esproprio alla SIEL, pari alla somma rielaborata. Oramai

erano passati molti anni, e la ragguardevole età del presidente

Rubino non gli permetteva di recarsi con facilità a

14 Nota del presidente della SIEl

alla Direzione Amministrativa

dell’Enel a Roma, luglio 1974

264


Il trasferimento degli impianti all’Enel

Salerno, pertanto con una nota pregava l'Ente di delegare

per il pagamento l'agenzia del Banco di Napoli di Vallo

della Lucania, e se ciò non fosse stato possibile, di poter

ricevere direttamente la somma tramite un assegno intestato

alla società.

Credendo per un momento che il calvario iniziato dieci

anni prima fosse finalmente terminato, dopo qualche mese

si vide costretto ad inviare un ennesimo sollecito per il

pagamento dell'indennizzo, fino a quando il consiglio di

amministrazione della SIEL, con delibera del 15 gennaio

1975, autorizzava il presidente a citare in giudizio l'Enel,

nominando come procuratore legale l'avvocato Giuseppe

Di Vietri.

L'Ente si costituì in giudizio contestando il fondamento

delle pretese della società, che richiedeva il pagamento

della somma di 43.832.068 lire oltre agli interessi maturati

dalla data di consegna. A febbraio 1978 il Tribunale di

Vallo rigetta la domanda della SIEL intesa ad ottenere un

incremento d'indennizzo, e pose a carico dell'Enel solo

l'obbligo di corrispondere gli interessi per il ritardato

pagamento, calcolati nella misura di 3.009.407 lire.

A questo punto il consiglio di amministrazione dell'Ente

deliberò di accettare la sentenza espressa dal tribunale con

il pagamento degli interessi, ponendo fine a tal punto alla

lunga ed estenuante vicenda iniziata tredici anni prima.

15 Vallo della Lucania, 1973

265


16 Lo sbarramento in località

Remolino a Felitto


Capitolo XVIII

La definitiva chiusura dell’impianto idroelettrico

L'impianto idroelettrico nei primi anni di gestione

dell'Enel, prima che fosse chiuso definitivamente, alimentava

soltanto i comuni di Felitto, Monteforte Cilento e

Magliano Vetere con le frazioni di Capizzo e Magliano

Nuovo, mentre la rete di distribuzione negli altri paesi del

circondario veniva alimentata dalle linee di trasmissione

acquisite dal nuovo Ente, con l'utilizzo degli elettrodotti e

della rete in M.T. e A.T. realizzate dalla SME.

Al momento della nazionalizzazione la Finelettrica venne

fusa per incorporazione nell'Enel, e come tutte le altre

imprese e società elettriche, anche la Società Meridionale di

Elettricità fu espropriata, impegnando gran parte

dell'indennizzo ricevuto nel settore agricolo ed alimentare,

trasformandosi dal 30 maggio 1963 in Società

98

Meridionale Finanziaria. La sede storica della SME, nel

palazzo in via P. E. Imbriani vicino Piazza Municipio a

Napoli, venne acquisita dal Compartimento di Napoli di

Enel, che lo utilizzò per la propria sede istituzionale e

amministrativa.

Il palazzo ospitava oltre la società capogruppo anche

quella delle varie società controllate, come la Società

Applicazioni Energia Elettrica, la Società Elettrica della

Campania e la Società Forze Idrauliche della Sila.

In seguito all'acquisizione delle imprese elettriche, l'Enel,

dopo qualche anno optò per la chiusura definitiva dei

piccoli impianti di produzione idroelettrica con il successivo

abbandono. Il motivo principale che portò a questa

drastica decisione fu il ritenerli, a ragione, eccessivamente

98

Con l'acquisizione dei Supermercati GS, la Cirio, la Surgela, la Star, le

aziende dolciarie Motta ed Alemagna, e del ramo aziendale Autogrill, divenne

negli anni Settanta il maggiore gruppo alimentare italiano.

267


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

1-2 Condizioni degli impianti di

distribuzione delle imprese

elettriche minori trasferite

all'ENEL nel Mezzogiorno

3 Diga del Vajont, 1960

costosi da mantenere a fronte della loro limitatissima

produttività. Le situazioni erano molto diversificate fra di

loro, in qualche caso all'impianto mancavano perfino i

macchinari e le apparecchiature, ritrovando sul luogo

soltanto i canali e i fabbricati per di più in pessime condizioni.

Inoltre negli anni Sessanta, vista la grande economicità

della produzione termoelettrica, dovuta ai bassi costi degli

idrocarburi, la tecnologia dell'idroelettrico era diventata

poco conveniente. Fino al 1962 il 70 per cento dell'energia

elettrica veniva prodotta dagli impianti idroelettrici, ma la

crescita del fabbisogno energetico degli anni Sessanta

spinse l'Enel ad ampliare la capacità produttiva investendo

prevalentemente nel settore termoelettrico. Questa

scelta che penalizzò l'idroelettrico fu favorita quindi dal

basso costo del petrolio, ma sicuramente per opportunismo,

dalle conseguenze legate al tragico episodio del

99

Vajont.

Il vecchio impianto idroelettrico di Felitto, che all'epoca

aveva lavorato ininterrottamente per più di mezzo secolo,

pur se perfettamente funzionante si mostrava oramai

obsoleto e poco produttivo, tanto che l'Enel, dopo gli

ultimi anni di esercizio, malgrado i lavori di ammodernamento

degli impianti elettrici e della messa in sicurezza,

decise di chiuderlo interrompendo definitivamente la

produzione di energia.

I lavori eseguiti in centrale furono necessari per adeguare

gli impianti alla normativa sulla sicurezza per la preven-

100

zione contro il rischio elettrico , provvedendo prima di

tutto alla sistemazione di pedane isolanti in prossimità dei

quadri di manovra e delle macchine elettriche.

99

Il 9 ottobre 1963, circa 270 milioni di mc di roccia scivolarono, alla velocità di

30 m/s, nel bacino idroelettrico sottostante creato dalla diga del Vajont, che al

momento del disastro conteneva circa 115 milioni di metri cubi d'acqua,

provocando un'onda di piena alta 100 metri rispetto il coronamento della diga.

In parte risalì il versante opposto distruggendo tutti gli abitati lungo le sponde

del lago, nel comune di Erto e Casso, e la rimante parte (circa 25-30 milioni di

mc) scavalcò il manufatto riversandosi nella valle del Piave, distruggendo

quasi completamente il paese di Longarone e i centri limitrofi, provocando

1917 vittime. L'impianto acquisito dall'Enel con la nazionalizzazione,

comprendeva il bacino artificiale realizzato dalla SADE, Società Adriatica di

Elettricità di Venezia, con la costruzione di un diga ad arco a doppia curvatura

in calcestruzzo alta 264,6 metri. I lavori iniziati nel 1957 si conclusero due anni

dopo.

100

La normativa prescritta dal D.P.R. 547 del 27 aprile 1955, contiene le

principali disposizioni riguardanti la gestione delle cabine ed officine

elettriche.

268


La definitiva chiusura dell’impianto idroelettrico

Il quadro di comando venne rinnovato con la sostituzione

dei vecchi amperometri e voltometri con nuovi strumenti

prodotti dalla IME di Milano, nel rispetto delle norme

101

CEI , ed aggiunto uno zerovoltmetro ad ago oscillante al

posto delle lampade sincroniche.

Tuttavia, tra i motivi principali che indussero l'Enel a

chiudere l'impianto, fu decisamente il crollo di un lungo

tratto del canale di derivazione in muratura all'interno

della gola del fiume Calore, avvenuto nell'autunno del

1966 a seguito dell'eccezionale ondata di maltempo.

Con la definitiva interruzione dell'impianto, il sorvegliante

Giovanni Piumelli, assunto dall'Enel, fu trasferito

all'impianto idroelettrico di Novi Velia che in quel periodo

era ancora in attività, fino a quando per gli eccessivi costi

di gestione e la limitata produzione venne allo stesso

102

modo chiuso definitivamente.

Il 1966 segna la svolta decisiva nella storia dell'energia

elettrica in Italia: era il primo anno in cui la produzione

idroelettrica copriva meno del 50 per cento della produzione

complessiva. L'avvenimento è stato la conseguenza sia

del progressivo esaurimento delle risorse idroelettriche,

sia del continuo e sostenuto aumento della richiesta di

energia elettrica, che resero sempre più necessario il

ricorso alla produzione termoelettrica.

Il settore in cui l'Enel operò maggiormente, oltre al potenziamento

della produzione elettrica dal petrolio, riguardava

la trasmissione e la distribuzione di energia, infatti

secondo le indagini del 1960, il 30% di coloro che abitavano

in case isolate erano ancora privi di elettricità.

Le imprese elettro-commerciali non avevano mai avuto

interesse ad elettrificare le zone che prevedevano uno

scarso numero di utenti, e poche possibilità di assorbimento

di potenza.

4 Secondo un'indagine svolta

dall'ENEL sui propri utenti per

usi domestici, il 72% possiede il

frigorifero, il 64% il televisore, il

42% la lavabiancheria, il 28% lo

scalda acqua elettrico e il 2% la

lavastoviglie

101

Queste norme, stabilite dal Comitato Elettrotecnico Italiano, sono dei documenti

che definiscono le specifiche di buona tecnica per prodotti, processi e

impianti, costituendo il riferimento per la presunzione di conformità alla

“regola dell'arte”. Con la legge n. 186 del primo marzo 1968, è avvenuto il

riconoscimento legislativo della normativa, stabilendo che “tutti i materiali, le

apparecchiature, macchinari, le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici

devono essere realizzati e costruiti a regola d'arte” e che gli stessi “realizzati secondo

le norme del Comitato Elettrotecnico Italiano si considerano costruiti a regola d'arte”.

102

Il vecchio impianto idroelettrico acquistato a giugno 2005 dal Comune di

Novi Velia, a seguito di un progetto di recupero funzionale e di restauro della

centrale, è stato riattivato a maggio 2009 iniziando di nuovo la produzione di

energia da fonte rinnovabile. Uno dei due vecchi gruppi turbogeneratore è

stato sostituto con una nuova turbina tipo Pelton accoppiata ad un generatore

della ditta Marelli.

269


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

5 Elettrificazione delle zone

rurali, Enel, anni sessanta del

Novecento

6 Lavori di ammodernamento di

un elettrodotto

La maggior parte di questi impianti di distribuzione fu

possibile realizzarli per conto degli enti locali con il contributo

dello Stato e dei finanziamenti della cassa del

Mezzoggiorno.

Con l'Enel iniziò un enorme programma di elettrificazione

delle zone rurali, popolate da un numero considerevole di

abitanti, residenti in case sparse sprovviste di servizio

elettrico, ed abituati come da secoli ad andare a letto molto

presto e alzarsi la mattina all'alba. Come tutti avevano il

diritto di avere una lampadina, la radio, la televisione e gli

altri apparecchi elettrodomestici.

Oltre al progresso sul piano della distribuzione, con

l'allacciamento alla rete di molte abitazioni, l'Enel proseguì

il suo lavoro con l'unificazione delle tensioni, diverse

soprattutto nelle reti a bassa tensione e con specifiche

tecniche spesso fuori norma, realizzando una più ampia

magliatura delle reti elettriche, con un incremento del

grado di ri-alimentabilità delle stesse.

Iniziò la realizzazione dei collegamenti elettrici con le isole

e le dorsali a 380 kV che dovevano trasportare l'energia

lungo tutta la penisola e connetterla con l'estero, Francia e

Svizzera. Tra le prime unità operative costituite dall'Enel è

stato il Centro Nazionale di Dispacciamento di Roma, con

il compito di gestire gli impianti di produzione, la rete di

trasmissione e l'interconnessione con l'estero: in pratica, il

“cervello” dell'intero sistema elettrico italiano.

270


La definitiva chiusura dell’impianto idroelettrico

7 Pilone dell’elettrodotto

Calabro-Siculo, Torre Faro,

Messina

La notte del 21 luglio 1969, il Centro Nazionale rileva una

richiesta di energia elettrica molto maggiore di quella

usuale. Sono gli italiani che, in diretta televisiva, non

vogliono mancare un appuntamento con la storia: la

discesa degli astronauti americani Neil Armstrong e

Edwin Aldrin sulla Luna.

All'inizio degli anni Settanta i giornali, la televisione e la

radio, diffondevano notizie sull'impegno dell'Enel nello

studio per la realizzazione di potenti centrali termiche al

fine di garantire il notevole aumento dei consumi di

energia elettrica.

Ma con la “Crisi energetica del 1973”, a seguito della

guerra tra Egitto e Siria contro Israele, appoggiato dagli

Stati Uniti e dai Paesi europei, i Paesi Arabi appartenenti

all'OPEC (Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio)

bloccarono le proprie esportazioni fino a gennaio 1975,

portando all'innalzamento vertiginoso del prezzo del

petrolio, e al varo di provvedimenti per diminuire il

consumo ed evitare sprechi. In Italia il governo adottò una

politica di “austerity” con l'approvazione di un piano

nazionale per il risparmio energetico che prevedeva sia

cambiamenti immediati, come il divieto di circolare in

auto la domenica, la fine anticipata dei programmi televisivi,

la riduzione dell'illuminazione stradale e commerciale,

sia la costruzione di centrali nucleari.

In Europa la crisi portò alla ricerca di nuove fonti di

approvvigionamento e un forte interesse verso nuove

fonti di energia alternative al petrolio, come l'eolico, il gas

naturale e l'energia atomica.

8 N a v e p o s a c a v i p e r

l'elettrodotto sottomarino a 200

kV in corrente continua di

collegamento tra la Sardegna e

l'Italia continentale

9 Centrale termoelettrica San

Filippo del Mela, Sicilia, 1975

271


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

10 Istanza di rinuncia dell’Enel

alla derivazione d’acqua per

produzione di energia elettrica

dal fiume Calore, Centrale di

Felitto, luglio 1972

Da allora cominciarono ad entrare nel vocabolario comune

nuove parole come “ecologia” e “risparmio energetico”,

simboli di un cambiamento della mentalità della società

europea, divenuta consapevole della fragilità e precarietà

del sistema produttivo occidentale.

A settembre 1973 il segretario della SIEL, Gaetano Di

Vietri, con una nota inviata all'Enel, senza alcuna presunzione

di dare suggerimenti per ovviare la crisi energetica

in atto, avanzava l'ipotesi del potenziamento della produzione

idroelettrica, con la proposta di cessione del progetto

riguardante la costruzione di una centrale idroelettrica di

maggiore potenza sul fiume Calore. Il progetto era stato

redatto dall'ingegnere Manzi molti anni prima, quando la

società, per potenziare la produzione di energia, decise di

realizzare sul territorio di Felitto un nuovo impianto a

bacino con la realizzazione di un lago artificiale. Ma per la

particolarità geologica dell'area ai tempi del progetto si

discuteva della permeabilità del terreno e della necessità

di eseguire dei lavori per renderlo impermeabile.

Nel frattempo, a seguito dell'inattività dell'impianto,

fermo oramai da sei anni non derivando acqua dal fiume

Calore ai fini elettrici, l'Enel per valutazioni tecnicoeconomiche

aveva escluso la convenienza del suo ripristino.

Per questo motivo, a luglio 1972, inviava un'istanza alla

Direzione generale delle acque ed impianti elettrici del

Ministero dei Lavori Pubblici, e al Provveditorato delle

Opere Pubbliche della Campania, con la quale rinunciava

alle richieste di proroga della concessione del 1939 e 1957,

chiedendo l'annullamento del relativo decreto.

Inoltre chiedeva di conoscere le indicazioni del Ministero

su quanto disposto dall'art. 25 del Testo Unico, che per le

grandi derivazioni per forza motrice, prevedeva il passaggio

delle opere allo Stato al termine dell'utenza o nei casi di

decadenza o rinuncia. Tra l'altro, come previsto, a febbraio

1960, dall'integrazione voluta dal Ministero nel disciplinare

da allegare alla proroga della concessione fino al 31

gennaio 1977 richiesta dalla SIEL, ma ancora non rilasciata.

L'anno successivo, contrariamente alle suddette disposizioni,

il Genio Civile sollecitava l'Enel al ripristino del

corso d'acqua e all'avvio dei lavori di smantellamento

dell'impianto come previsto dall'art. 30 del T.U. Al termine

delle piccole derivazioni prescriveva il diritto dello Stato

di trattenere senza compenso le opere costruite nell'alveo,

sulle sponde e sulle arginature del corso d'acqua, o di

272


La definitiva chiusura dell’impianto idroelettrico

obbligare il concessionario a rimuoverle, e ad eseguire a

proprie spese, per pubblico interesse, i lavori necessari al

ripristino dello stato dei luoghi.

L'Enel in risposta faceva notare che nel caso specifico si

trattava di grande derivazione, per cui era operativo l'art.

25 del T.U., confermato anche da una circolare del

Ministero delle Finanze del 5 agosto 1972, la quale prevedeva

il trasferimento allo Stato delle opere di derivazione,

e quello facoltativo, ma a titolo oneroso, di ogni altro

edificio o manufatto relativo alla concessione.

Indubbiamente all'Ente conveniva cedere allo Stato tutte le

opere di derivazione, piuttosto che di accollarsi le spese

per i lavori di ripristino dei luoghi e smantellamento

dell'impianto.

Con la stessa nota chiedeva se a monte delle opere di presa

esistessero altre concessioni legittimamente assentite a

terzi, per derivazioni a scopo irriguo o potabile, che avrebbero

potuto subire danni dall'esecuzione dei lavori di

ripristino, e che in ogni caso, prima del loro inizio, gradiva

un sopralluogo congiunto per concordare tempi e modalità

di esecuzione.

Sia per inerzia del Genio Civile, che intanto aveva ordinato

l'esecuzione dei lavori di ripristino, sia per quella

dell'Ente, evidentemente non propenso ad eseguire i

prescritti lavori, ma interessato soltanto all'ottenimento

del decreto finale di rinuncia, passarono altri mesi di

reciproco silenzio, restando ancora in attesa delle determinazioni

che l'Ufficio voleva adottare sull'applicazione

della normativa sulle grandi derivazioni.

A febbraio 1973 inviava un'istanza al Ministero dei Lavori

Pubblici, e al Provveditorato delle Opere Pubbliche della

Campania, con la quale rinunciava anche alla derivazione

del Torna a Novi velia, chiedendo l'annullamento del

relativo decreto di concessione.

A marzo 1974, in seguito all'ispezione svolta a Felitto

dall'Ufficio Idrografico di Napoli, veniva informato

l'Ufficio del Genio Civile di Salerno che, sia da parte dei

privati sia da parte dell'Ente, non era stata rilevata nessuna

derivazione per alimentare la centrale idroelettrica. In

quella visita di sopralluogo veniva inoltre evidenziato che

a quella data la centrale si mostrava oramai abbandonata

ed in parte addirittura diruta.

A questo punto per il completamento dell'iter burocratico,

lo stesso Ufficio, al fine di recuperare eventuali canoni non

273


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

11 Comunicazione al Genio

Civile del Comandante della

Stazione dei Carabinieri di

Castel San Lorenzo

corrisposti, chiedeva informazioni al Comando Stazione

dei Carabinieri di zona per sapere se l'utilizzo

dell'impianto fosse stato interrotto alla data del 23 settembre

1964, in altre parole fino a quando risultava coperto il

pagamento dei canoni, o invece si fosse continuata la

produzione, e fino a quale data. Il comandante della

Stazione di Castel San Lorenzo, a giugno 1975, informava

l'Ufficio del Genio Civile che l'utilizzo dell'impianto

idroelettrico era cessato a fine anno 1966, come dalle

notizie apprese direttamente dal personale dipendente

che vi lavorava.

Fino a quella data l'Enel era in debito nei confronti

dell'Erario della somma di 1.660.910 lire per il canone

relativo agli anni 1963-1964, a cui si oppose in quanto

riteneva che per quel periodo avrebbe dovuto provvedere

la SIEL, e della somma di 625.377 lire per il periodo 1965-

1966. Tenendo in conto che la concessione di proroga non

risultava assentita, l'Intendenza di Finanza di Salerno non

aveva mai provveduto alla riscossione dei canoni arretrati,

pertanto chiedeva al Ministero la possibilità di definire i

rapporti con l'Enel al 1966, al fine di non ritardare il buon

esito della pratica.

Intanto dalla definizione dei pagamenti per i canoni

arretrati passarono altri due anni, fino a quando, il 24

gennaio 1977, il Parlamento approvò la legge contente le

Norme per l'aumento del limite tra grandi e piccole derivazioni

di acque pubbliche per forza motrice, elevando il limite di 220

kW di potenza nominale media annua a 3.000 kW.

Le norme prevedevano per le derivazioni di potenza

superiore a 220 kW e fino a 3.000 kW, già attuate a quella

data, l'applicazione delle prescrizioni concernenti le

piccole derivazioni, che al loro termine o in caso di mancato

rinnovo erano regolate dall'art. 30 del T.U.

Per la derivazione idroelettrica sul fiume Calore a Felitto,

rientrante a questo punto fra le piccole derivazioni, dopo

un incontro tenuto presso il comune, fra le due opzioni

previste dall'articolo per ovvi motivi non venne scelto lo

smantellamento dell'impianto, con la rimozione della

traversa e delle opere di presa, ma di trattenere, senza

alcun compenso da parte dello Stato, tutte le opere realizzate

nell'alveo e sulle sponde del corso d'acqua, rimanendo

soltanto il fabbricato della centrale di proprietà

dell'Enel.

IL 24 luglio di quell'anno viene emanato il D.P.R. 616, sul

274


La definitiva chiusura dell’impianto idroelettrico

Trasferimento e deleghe delle

funzioni amministrative dello

Stato, che delegava alle Regioni

tutte le funzioni relative alla

tutela, disciplina e utilizzazione

delle risorse idriche, e con la

successiva Legge Regionale 47

del 27 ottobre 1978, le autorizzazioni,

le concessioni e tutti gli

altri atti relativi all'attribuzione

delle funzioni trasferite o

d e l e g a t e a l l a R e g i o n e

Campania, erano assunti con

provvedimenti del Presidente

della Giunta Regionale o di un

Assessore da lui delegato.

Ogni passaggio di competenza tecnica ed amministrativa

comporta nei vari uffici pubblici enormi ritardi fisiologici

fino a quando non si assimila e collauda la nuova normativa.

Quindi per velocizzare le procedure, con un Decreto

della Giunta Regionale del 6 ottobre 1979, l'adempimento

delle funzioni riguardanti le concessioni di piccole derivazioni

d'acqua, venne delegato all'Assessore del Servizio

Lavori Pubblici. A questo punto, dopo sette anni dalla

richiesta dell'Enel per l'annullamento del decreto, si

giunse al 13 novembre 1979, quando la Giunta Regionale

della Campania con il decreto n. 7562 revocava, a tutti gli

effetti di legge, la concessione a suo tempo accordata alla

Società Idro-Elettrica Lucana con decreto prefettizio del 24

settembre 1912. Con decreto del 18 gennaio 1980 revocava

la concessione di Novi Velia.

Il 23 novembre 1980 un terremoto di estrema violenza

colpisce Campania e Basilicata, provocando circa 3.000

morti e danni disastrosi alle abitazioni e alle infrastrutture,

con 95 comuni, fra quelli colpiti dal sisma, privi di energia

elettrica. Per ripristinare in tempi brevi la fornitura di

energia, l'Enel mobilita oltre 1.200 addetti tra tecnici e

operai. Dopo il terremoto, a seguito di nuove fessurazioni

comparse sulla sponda calcarea dall'invaso artificiale di

Muro Lucano, l'Ente abbandonò l'impianto con la dismissione

della centrale e la demolizione di parte della torre

piezometrica in cemento armato, caratterizzata da una

scala a sbalzo che percorre la parete esterna fino alla

sommità.

12 Vallo della Lucania, inizi anni

Ottanta del Novecento

13 Giunta Regionale della

Campania, Servizio ai Lavori

P u b b l i c i , R e v o c a d e l l a

concessione di derivazione dal

fiume Calore a Felitto, gennaio

1980

275


14 Interno della sala trasformatori

nella centrale idroelettrica di

Felitto


Capitolo XIX

La rete di trasmissione e distribuzione dell’energia nel

Circondario di Vallo della Lucania

Lo scopo della rete di trasmissione è quello di portare

l'energia dalla centrale idroelettrica di produzione fino alle

cabine di trasformazione nei vari luoghi di utilizzo, centri

urbani e attività produttive che possono essere distanti

decine di chilometri, da dove poi si dipartono le reti di

distribuzione per fornire l'energia agli utenti finali a una

103

tensione variabile a seconda del tipo di utilizzo.

La rete di trasmissione principale utilizzava un elettrodotto

lungo 27 chilometri sostenuto da pali in legno, e costituito

da una terna di linee formata da tre conduttori in rame di

4 millimetri di spessore, che dalla stazione di trasformazione

in centrale raggiungeva Vallo della Lucania alimentando

una cabina ponte di smistamento.

Mediante i trasformatori in centrale la corrente veniva

innalzata in Media Tensione (M.T.) a 15.000 Volt (15 kV),

alimentando le singole cabine di trasformazione localizzate

lungo la linea, dove con analoghi trasformatori veniva

ridotta a seconda delle zone a 220 o 160 Volt monofase per

le utenze domestiche e per la pubblica illuminazione, e a

104

260, 380 Volt per usi industriali.

103

La descrizione delle rete di trasmissione e distribuzione nel Circondario di

Vallo della Lucania si riferisce allo stato in cui si trovava agli inizi degli anni

Sessanta al momento della nazionalizzazione dei servizi elettrici con

l'istituzione dell'Enel.

104

La flessibilità e l'efficienza di un sistema trifase è proprio la facilità di

ottenere tre forniture monofase con tensione diversa in base al tipo di collegamento

utilizzato. Per esempio se la tensione nominale dichiarata dal fornitore

di energia trifase è di 400 Volt, con un tipo di collegamento si ottengono tre

tensioni di linea di 400 Volt, con un altro tipo tre tensioni di fase di circa 230

Volt. Le forniture domestiche sono monofase in quanto questo tipo di utenze

sono prevalentemente destinate all'illuminazione e ad altri utilizzi in cui una

277


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

1 Lettera di presentazione della

nuova lampada Osram con

filamento a doppia spirale, 1934

(Archivio Comune di Agropoli)

Dalle cabine veniva poi immessa nelle varie reti di distribuzione

locale in Bassa Tensione (B.T.), gestite dalle

singole imprese elettriche concessionarie di zona, con

derivazioni ai singoli utenti realizzate in massima parte

con fili isolati su mensoline in ferro. Queste reti comprendevano

un quarto conduttore per il neutro, utilizzato sia

nei sistemi monofase per il ritorno della corrente che arriva

al carico tramite il conduttore di fase sia da ritorno per

l'eventuale corrente di squilibrio nel sistema trifase. Dalla

stazione di trasformazione in centrale partiva anche una

linea in B.T. di due Km per la fornitura di energia a nove

case coloniche sparse nelle campagne limitrofe, e una linea

in M.T. per l'alimentazione del comune di Felitto.

Tutte le linee elettriche di distribuzione in B.T. per

l'illuminazione privata e pubblica con lampade a incande-

105

scenza e fluorescenti , erano del tipo aereo, costituite da

conduttori in rame sostenuti da pali in legno semplici o

abbinati a formare dei cavalletti, e nei centri urbani da

mensole in ferro infisse sulle pareti esterne dei fabbricati,

entrambi muniti di isolatori ad alette o a campana, in vetro

o ceramica, montati su appositi porta isolatori a gancio a

forma di U direttamente avvitati al palo di legno, o da

semplici supporti verticali bullonati alle mensole in ferro.

La linea a 15 kV diretta a Felitto della lunghezza di circa

600 metri, alimentava la cabina di trasformazione ubicata

nel centro abitato del paese in via Francesco Alario, da cui

singola fase è sufficiente. La potenza installata è modesta, limitata a pochi kW,

e non è utilizzata per l'alimentazione di grosse macchine rotanti come avviene

invece nelle industrie. La fornitura trifase, caratterizzata dalle tre tensioni

sfasate, permette invece di creare facilmente un campo magnetico rotante, che

è alla base del funzionamento del motore elettrico.

105

I primi impianti elettrici di illuminazione pubblica utilizzavano come

sorgente luminosa le lampade ad incandescenza, che sono caratterizzate da

un'ottima resa dei colori, una bassa efficienza luminosa, ossia i lumen emessi

per ogni Watt di potenza, (circa 15 lumen/Watt) ed una vita media di funzionamento

breve (1000 ore). Negli anni Cinquanta si diffusero le lampade

fluorescenti tubolari, che aumentavano sensibilmente la resa luminosa (circa

60 lumen/Watt) e la vita media di funzionamento (circa 4000 ore), ma la resa

dei colori diminuiva rispetto alle lampade ad incandescenza. Negli anni

Sessanta comparvero invece le lampade a vapori di mercurio ad alta pressione,

più compatte rispetto a quelle fluorescenti, caratterizzate da resa luminosa

pressoché uguale, non risentono delle variazioni di temperatura esterna ed

hanno un buon valore di vita media di funzionamento (circa 8000 ore). Negli

anni '70 si installarono le lampade a vapore di sodio a bassa ed alta pressione.

Le prime sono caratterizzate da elevata efficienza luminosa (circa 110

lumen/Watt), resa cromatica pressoché nulla e, quindi, il loro impiego è

limitato alle aree industriali e nelle gallerie; le seconde presentano una buona

resa dei colori, vita media di funzionamento elevata (circa 12.000 ore) ed

efficienza luminosa di circa 100 lumen/Watt.

278


La rete di trasmissione e distribuzione dell’energia nel Circondario di Vallo della Lucania

partiva la rete di distribuzione in B.T. alla tensione di 380-

220 Volt per un'estensione di circa 3 km.

La cabina con sezionatore a fioretto era munita di un

trasformatore della potenza di 100 kVA, con rapporto

15000/380-220, di un quadro B.T. con valvole, interruttori,

tre amperometri ed un voltometro. L'impianto della

pubblica illuminazione era composto da 135 lampade sia

del tipo su palo che a mensola.

Negli anni Sessanta la rete di distribuzione fu ampliata e

ammodernata con un contributo dello Stato e con un

progetto finanziato dalla Cassa per il Mezzogiorno venne

realizzato un ulteriore impianto per l'elettrificazione dei

centri rurali comprendente una cabina di smistamento in

muratura e tre cabine su palo.

Lungo l'elettrodotto principale della SIEL per Vallo della

Lucania c'era una prima derivazione in località Le Destre,

con un sezionamento all'aperto munito di valvole, per

l'alimentazione dei comuni di Magliano Vetere e

Monteforte Cilento. Da questo punto si diramava un

primo tronco in M.T. a 15 kV di circa 4,2 km, alimentando

una cabina in muratura costruita agli inizi degli anni

Sessanta ubicata in via Uliva a Magliano Vetere, in prossimità

del Palazzo Lombardi, equipaggiata con due trasformatori

uno da 25 kVA, rapporto 15000/380-220, e l'altro da

50 kVA con rapporto 15000/1100.

Questa cabina alimentava a sua volta, con un secondo

tratto M.T. a 1,1 kV di circa 4,5 km, altre due cabine di

trasformazione ricavate in locali di palazzi privati.

2 Isolatori in ceramica

279


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

La prima nella frazione di Capizzo in via delle Rose, con un

trasformatore da 15 kVA, rapporto 1100/260-150, sistemato

nella soffitta del palazzo dei titolari dell'impresa elettrica

locale, dove in una sala dell'abitazione era installato il

quadro di distribuzione nascosto in un apposito armadio.

La seconda, a Monteforte Cilento ubicata in un vano di una

casa privata, era dotata di un trasformatore da 20 kVA

dello stesso rapporto.

La linea di diramazione dall'elettrodotto della SIEL, prima

di giungere alla cabina di Magliano Vetere, transitava su di

un altro sezionamento all'aperto in corrispondenza della

cabina su pali nella frazione di Magliano Nuovo, munita di

un trasformatore da 25 kVA di uguale rapporto.

Dalle diverse cabine si diramava la rete di distribuzione in

B.T. per l'alimentazione delle utenze private e la pubblica

illuminazione, raggiungendo un'estensione complessiva

di circa 18 km. L'illuminazione pubblica nel comune di

Magliano, comprese le frazioni, era costituita da 125

lampade a incandescenza per circa 3125 Watt, e nel comune

di Monteforte da 61 lampade per circa 2500 Watt.

Dopo il comune di Magliano, continuando lungo la linea

di trasmissione principale, da un punto di presa con

sezionatore in località Chiuse San Pietro, a valle del torrente

Trenico nel territorio del comune di Stio, si diramava

un'altra linea in M.T. per l'alimentazione del comune di

Campora, dove un'altra impresa locale concessionaria

gestiva il servizio di distribuzione dell'energia elettrica

pubblica e privata. La linea alimentava una cabina in

muratura equipaggiata con un trasformatore da 40 kVA,

rapporto 15000/380-220 Volt, e munita di un quadro B.T.

con sezionatori da cui partiva la rete di distribuzione per

un'estensione di circa 3 km.

L'impianto di pubblica illuminazione era formato da 62

lampade a incandescenza per una potenza complessiva

installata di 1750 Watt.

Dallo stesso punto di presa, con sezionatore in località

Chiuse, partiva un secondo tronco della lunghezza di circa

2,8 km, munito di qualche sostegno a traliccio metallico,

che alimentava la cabina di Stio, posizionata in un vano

dell'abitazione privata del titolare dell'impresa elettrica

concessionaria di zona, munita di un quadro B.T. e di un

sezionatore a valvole. Da questa cabina partiva un altro

tronco di circa 700 metri che ne alimentava un'altra su pali

nella frazione Gorga con un trasformatore da 25 kVA.

280


La rete di trasmissione e distribuzione dell’energia nel Circondario di Vallo della Lucania

Da entrambe si diramava una linea in B.T. con tensione di

esercizio 260/150 Volt, per un'estensione complessiva di

circa 5 km, per le utenze private e la pubblica illuminazione,

ed una seconda linea di circa 1,5 km per l'alimentazione

di case sparse. La pubblica illuminazione era composta da

170 lampade a incandescenza per una potenza complessiva

di 3800 Watt.

In località Santa Croce di Stio, con un sezionatore aereo su

palo lungo la linea M.T. di distribuzione della concessionaria

locale veniva derivata un'altra linea aerea a 15 kV della

lunghezza di circa 3,5 km, formata da una palificazione in

legno di castagno con due tralicci in ferro, per alimentare

una cabina in muratura nel centro abitato di Gioi Cilento,

munita con un trasformatore da 50 kVA rapporto

15000/260-150 Volt, gestita dall'impresa concessionaria

locale. La linea di distribuzione in B.T. aveva una lunghezza

di circa 5 km, con un impianto per la pubblica illuminazione

costituito da 92 lampade a incandescenza per una

potenza complessiva installata di 3330 Watt.

Proseguendo poi verso Vallo della Lucania, lungo

l'elettrodotto principale, in località Retara, veniva derivata

con un sezionamento aereo una linea di circa 2,5 km per

l'alimentazione di una cabina su pali nella frazione Cardile

di Gioi Cilento, munita di un trasformatore da 40 kVA,

rapporto 15000/380-220 Volt. Questa linea era gestita

dall'impressa concessionaria che distribuiva l'energia

elettrica nei comuni di Moio della Civitella, Cannalonga e

nella frazione di Angellara di Vallo. Un secondo tronco in

M.T., derivato con un altro sezionamento aereo dalla linea

SIEL, alimentava le cabine su pali di Angellara e

Cannalonga entrambe con trasformatore da 40 kV di

rapporto 15000/380-220 Volt, di cui la prima era dotata di

un quadro in B.T. situato in un ripostiglio della vicina

chiesa.

La linea SIEL alimentava poi la cabina in muratura di

Pellare equipaggiata con due trasformatori, uno da 35

kVA, dello stesso rapporto dei precedenti, e l'altro da 80

kVA rapporto 15000/560 Volt, per l'alimentazione in B.T.

della cabina su pali in legno ubicata a Moio della Civitella,

equipaggiata con un trasformatore da 15 kVA, rapporto

500/260-150 Volt.

Le singole linee della rete di distribuzione uscenti dalle

cinque cabine avevano una lunghezza complessiva di 14

km, ed alimentavano sia le utenze private sia la pubblica

281


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

3 Volantino pubblicitario dei

pali in cemento centrifugato per

elettrodotti della SCAC (Società

Cementi Armati Centrigugati) di

Trento, 1935

illuminazione composta complessivamente da 368 lampade

a incandescenza.

A questo punto dopo un percorso di 27 chilometri la linea

principale raggiungeva il centro abitato di Vallo della

Lucania, dove il servizio di distribuzione dell'energia era

gestito dalla Società Anonima Lucana Imprese Elettriche

SALIE, proprietaria della cabina in muratura ubicata in via

Santa Maria di Loreto.

La linea della SIEL a 15 kV alimentava una cabina ponte

ubicata in un locale di proprietà di un socio azionista,

titolare dell'impresa elettrica concessionaria per la distribuzione

dell'energia nel comune di Novi Velia con una

linea B.T. a 380 Volt. Questa cabina a sua volta alimentava

alla stessa tensione la cabina Loreto ed un'altra cabina

ubicata a pochi metri verso valle.

Dalla cabina ponte, equipaggiata con un trasformatore da

25 kVA, rapporto 15000/380-220, partiva la linea per Novi

Velia della lunghezza di circa 2 km, che passando per la

cabina Loreto raggiungeva un quadro di distribuzione in

B.T. all'aperto, da cui si diramava la rete privata e pubblica

composta da 82 lampade a incandescenza.

Sulla palificazione di questa linea, per un tratto di circa 500

metri, era presente una linea dell'impianto pubblico del

comune di Vallo gestito dalla SALIE.

La cabina di trasformazione Loreto era alimentata anche

da un'altra linea M.T. a 30 kV di circa 120 metri con pali in

cemento di produzione SCAC, dotata di un sezionamento

aereo installato in prossimità della stessa. Tale linea era

derivata da un elettrodotto che partiva dall'impianto

idroelettrico sul torrente Torna a Novi Velia, acquisito

dalla Società Lucana per Imprese Idroelettriche controllata

dalla SME.

L'energia distribuita a Novi Velia poteva pertanto essere

fornita dalla SIEL e indirettamente dalla Meridionale e

successivamente dall'Enel, così come per l'intera rete

dell'impianto di distribuzione di Vallo e degli altri centri

abitati del Circondario.

Dalle diverse cabine dell'impianto di Vallo della Lucania

venivano derivate varie linee della lunghezza complessiva

di 9,5 km, per alimentare sia alcune case sparse sia la rete

urbana di pubblica illuminazione, costituita da 235 lampade

a incandescenza, e la rete privata di circa 23 km che

alimentava le utenze del centro cittadino e le frazioni di

Pattano e Massa. Dalla cabina ponte di Vallo partiva

282


La rete di trasmissione e distribuzione dell’energia nel Circondario di Vallo della Lucania

un'ulteriore linea a M.T. di circa 7 km per alimentare la

cabina di Ceraso, il cui territorio comunale era servito da

un'altra impresa elettrica concessionaria.

La cabina era equipaggiata con un trasformatore da 40

kVA, rapporto 5000/380-220 Volt, delle stesse caratteristiche

di quello installato nelle cabina di muratura di S.

Barbara, alimentato dalla stessa linea M.T. da cui si diramava

una linea diretta alla cabina di Massascusa, munita

di un trasformatore da 15 kVA dello stesso rapporto,

giungendo poi a S. Biase in Bassa Tensione. La linea in B.T.

si svolgeva per circa 11 km alimentando la pubblica illuminazione

con una potenza totale di 8000 Watt di lampade

installate.

Un'altra linea derivata dalla rete della Meridionale, era

quella che partiva dalla cabina di Omignano Scalo per

l'alimentazione dei comuni di Orria, Perito e Cicerale con

le rispettive frazioni di Piano Vetrale, Ostigliano e Monte

Cicerale. La linea M.T. aveva un'estensione complessiva di

18 km, che da Omignano saliva fino al centro abitato di

Perito, dove una biforcazione alimentava con un ramo la

cabina in muratura del paese ubicata in Piazza Municipio,

equipaggiata con un trasformatore da 30 kVA rapporto

15000/260-150, quella di Orria, in via Marchesano, con un

trasformatore da 40 kVA rapporto 15000/320-220 e quella

di Piano Vetrale, ubicata in via Ponte Scuro, con un trasformatore

da 30 kVA rapporto 15000/260-150. L'altro ramo

della linea alimentava altre tre cabine, quella di Ostigliano,

ubicata sulla via Provinciale, con un trasformatore da 20

kVA dello stesso rapporto del precedente, la cabina di

Cicerale in via Comunale, con un trasformatore da 40 kVA

rapporto 15000/380-220, ed infine la cabina di Monte

Cicerale in via Provinciale con un trasformatore da 15 kVA

rapporto 15000/260-150 Volt.

Un caso a parte era la rete di distribuzione di Laurino

gestita dall'impresa elettrica locale, alimentata inizialmente

in isola da una piccola centralina sul Calore a valle del

paese, e negli anni Quaranta connessa ad un elettrodotto

della Società Lucana per Imprese Idroelettriche proveniente da

Novi Velia. La rete, ampliata negli anni Cinquanta, in

origine era estesa nei comuni di Valle dell'Angelo,

Piaggine e Sacco per limitarsi successivamente solo al

centro abitato di Laurino. I diversi centri erano provvisti di

cabine di trasformazione equipaggiate con trasformatori

della Brown Boveri & Co, tranne quella di Sacco, dotata di

283


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

un trasformatore da 15 kVA della Società anonima Officine

Elettro-Ferroviarie di Milano.

La linea M.T. a 5 kV con conduttori in rame di 12 mmq,

sostenuta da due pali in legno con uno sviluppo di circa

100 metri, raggiungeva una cabina in muratura ubicata in

via San Giovanni, equipaggiata con due trasformatori

della Siemens, uno da 50 kVA rapporto 5-10 kV/400 Volt, e

l'altro di riserva da 100 kVA dello stesso rapporto, in

sostituzione di quelli precedenti della Brown Boveri. Dal

quadro in B.T. uscivano tre linee di distribuzione. La rete

sostenuta da pali in legno e mensole in ferro raggiungeva

uno sviluppo complessivo di circa 5 km, con il filo del

neutro delle linee private in comune con l'impianto di

pubblica illuminazione composto da 69 lampade fluorescenti

e 143 lampade a incandescenza di diversa potenza,

per complessivi 11.644 kW.

L'intera rete di trasmissione e distribuzione del

Circondario era del tipo aereo, con i cavi in rame connessi

mediante isolatori a pali in legno di castagno e a mensole in

ferro a parete. Questo sistema oltre ad avere

l'inconveniente della breve durata dei pali, che logorandosi

cadevano provocando improvvise interruzioni di linea,

era costantemente esposta alle intemperie, fulmini, tempeste,

nevicate, compromettendo il corretto funzionamento

degli impianti di trasmissione con il pericolo di un brusco

distacco di carico sui gruppi di generazione.

Inoltre, nei periodi di elevata domanda di energia, le linee

tendevano a surriscaldarsi e quindi a dilatarsi abbassandosi,

arrivando ad una condizione limite che provocava la

rottura termica degli stessi cavi.

Dai primi anni di attività della SIEL fino agli anni

Cinquanta, con l'arrivo sul territorio degli elettrodotti

delle società maggiori e poi dell'Enel, il servizio di illuminazione

e di consegna dell'energia si dimostrava abbastanza

precaria, a volte imprevedibile, e in sostanza possiamo

dire senz'altro in balia della sorte, nonostante il notevole

sforzo dei tecnici per assicurare in qualsiasi situazione il

servizio elettrico. Il servizio di distribuzione, che prevedeva

il trasporto e la consegna dell'energia alle singole

utenze mediante la rete delle linee elettriche, era avvertito

dalle imprese concessionarie come un servizio di pubblica

utilità a tutti gli effetti, con la responsabilità e il notevole

impegno che ne conseguiva per mantenere sempre in

efficienza i diversi impianti.

284


La rete di trasmissione e distribuzione dell’energia nel Circondario di Vallo della Lucania

4 Elettricisti della SEDAC,

S o c i e t à E l e t t r i c a d e l l a

Campania, 1960

Per lo scopo tutte le reti di trasmissione venivano controllate

periodicamente dagli elettricisti delle singole imprese

di distribuzione. L'ispezione consisteva nel controllo

visivo dei conduttori e dei pali, percorrendo le linee a piedi

o in bicicletta, a seconda della loro ubicazione, in aperta

campagna o lungo le strade, operazione conosciuta dagli

addetti ai lavori come il “camminamento delle linee”.

Tra gli strumenti di lavoro utilizzati, che non dovevano

mai mancare all'elettricista, c'erano i guanti, gli stivali, gli

attrezzi isolanti e il fioretto di manovra per i sezionatori

aerei.

In nessun caso potevano essere manovrati sotto carico, a

eccezione degli interruttori di manovra appositamente

previsti per tale scopo, di cui qualcuno munito di un

organo fisso di manovra rinviato ad altezza d'uomo.

Per intervenire su di una linea della rete in tensione, al fine

di effettuare i lavori di riparazione o manutenzione,

bisognava prima di tutto metterla fuori servizio, e poi

isolarla tramite l'apertura del relativo sezionatore eseguendo

la messa a terra in corto circuito delle installazioni

interessate dall'intervento. Il sezionatore è destinato ad

interrompere la continuità elettrica per le sole linee a

vuoto, e i contatti del tipo a coltello, generalmente visibili,

285


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

forniscono una sorta di assicurazione visiva sullo stato di

apertura della linea.

Nel caso di interventi più laboriosi e lunghi, come la

sostituzione di un trasformatore in cabina, di un sezionatore

o riparazioni lungo l'elettrodotto principale in Media

Tensione, dove il semplice sezionamento della rete non

risultava sufficiente, bisognava interrompere la produzione

per il tempo necessario all'esecuzione del lavoro,

comunicando precise disposizioni all'operatore di macchina

in centrale, affinché potesse provvedere all'esecuzione

di tutte le sequenze operative necessarie per fermare

l'impianto.

La comunicazione avveniva tramite degli apparecchi

telefonici, del tipo a parete, con cassa in legno e manovella

per la chiamata, con l'utilizzo di due fili della stessa linea

elettrica. L'alimentazione era ottenuta con una batteria

posta all'interno di ciascun telefono.

Questa operazione veniva gestita dall'ufficio centrale di

Vallo, dove con il sezionamento della linea dalla cabina

principale di trasformazione, veniva intenzionalmente

provocata un'interruzione del carico sulla rete, in modo

che scattassero le protezioni dei gruppi generatori, tali da

far azionare automaticamente la tromba elettrica

d'allarme.

Il macchinista, avvisato dal segnale sonoro, provvedeva a

fermare i gruppi di generazione e collegare il telefono alla

linea affinché potesse rispondere alla chiamata dell'ufficio,

con l'assunzione dei relativi ordini operativi, fino a quando,

a lavoro finito, con un successivo ordine poteva ripristinare

l'impianto e far partire di nuovo le macchine, con il

completamento della procedura e la messa in parallelo

degli alternatori.

5 (foto a lato) Traliccio in ferro

della linea di distribuzione in

uscita dalla centrale idroelettrica

Tanagro 1° salto a Pertosa

286


La rete di trasmissione e distribuzione dell’energia nel Circondario di Vallo della Lucania



Capitolo XX

Gli uomini al lavoro nella centrale idroelettrica di Felitto

Oggi un impianto idroelettrico è inserito nella grande rete

di distribuzione nazionale, dove molti generatori operano

in parallelo, realizzando quella che è definita la generazione

distribuita.

Ogni impianto è comandato, controllato e protetto da

apparecchiature elettroniche che sorvegliano il processo

produttivo e intervengono in caso di guasto e anomalie di

funzionamento, provvedendo a fermare prontamente

tutto il sistema. Negli ultimi anni, grazie al progresso della

tecnologia informatica e delle telecomunicazioni, quasi

tutti gli impianti sono comandati a distanza da centri di

telecontrollo che sovrintendono a tutte le operazioni

necessarie all'esercizio delle centrali.

In passato, l'esercizio e il controllo di un impianto idroelettrico

era invece affidato al lavoro manuale di personale

qualificato, con diverse mansioni tecniche coordinate fra

di loro, affinché tutto il sistema di produzione e distribuzione

funzionasse perfettamente entro i limiti prestabiliti

di prestazione e sicurezza.

L'impianto idroelettrico di Felitto dall'epoca della realizzazione

fino alla dismissione, nonostante il successivo

potenziamento con l'installazione del secondo gruppo

generatore, è rimasto sostanzialmente invariato, operando

unicamente con sistemi manuali gestiti dal personale

specializzato.

Le diverse professionalità che vi hanno lavorato, diedero il

loro importante contributo al funzionamento

dell'impianto e delle macchine in centrale, ma soprattutto

con il loro sacrificio, unito a un grande senso pratico tra

1 (Foto a lato) L’addetto alle

macchine Giovanni Piumelli

insieme alla moglie Giuseppina

Peduto, davanti al portone

d’ingresso della centrale

idroelettrica. Sulla rosta in ferro

è visibile l’iscrizione SIL, Società

Idro-Elettrica Lucana

289


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

ingegno ed esperienza, hanno dato la possibilità ad

un'intera comunità di vivere nel nuovo mondo: dai sorveglianti

delle macchine, all'elettromeccanico, all'elettricista

e al guardiano delle opere di presa e della vasca di carico,

ognuno con i propri strumenti e metodi di lavoro.

Fino agli inizi degli anni Trenta la centrale è equipaggiata

con un solo gruppo generatore, realizzando una cosiddetta

rete isolata, dove un solo generatore fornisce tutta la

potenza producibile alle diverse utenze distribuite dalla

rete (generatore in isola).

In questa condizione sembra abbastanza semplice avviare

un gruppo generatore, di fatto è sufficiente portarlo alla

velocità di fabbrica, strettamente legata alla frequenza di

50 Hz, senza tener conto di una rete di distribuzione già

alimentata o della frequenza di un eventuale altro generatore.

La prima operazione che deve compiere il macchinista

è l'apertura della valvola di by pass della condotta,

portando in pressione la cassa a spirale della turbina, ed

aprire il distributore tramite il volantino del regolatore.

Con l'ingresso dell'acqua la girante inizia a ruotare, trascinando

l'alternatore fino a raggiungere la velocità di sincronismo.

Quando è staccato dalla rete, quindi a circuito

aperto, genera soltanto tensione ma non circola corrente e

il suo funzionamento viene detto a vuoto. Le correnti

d'indotto sono nulle, pertanto la potenza meccanica

trasferita dalla turbina si limita a mettere in rotazione

l'intera massa rotante del gruppo e vincere la forza resistente

determinata dagli inevitabili attriti.

A questo punto si controllano i voltometri al quadro di

comando, e raggiunta la tensione voluta, si chiude il

circuito con l'interruttore generale inserendo in rete

l'alternatore, che prendendo il carico in base alle esigenze

degli utilizzatori, inizia ad erogare corrente.

Ora per la legge di Lenz, come ho spiegato nel primo

capitolo, inizia il fenomeno conosciuto con il termine

reazione d'indotto. Viene generato un campo magnetico

rotante di intensità proporzionale alla corrente erogata che

ostacola continuamente la rotazione dell'induttore, pertanto

la turbina deve erogare una potenza maggiore per

superare questa forza frenante, equivalente proprio alla

potenza elettrica generata. Ad erogazione di potenza

elettrica attiva, corrisponde dunque una potenza meccanica

assorbita dall'alternatore fornita dalla turbina che lo

trascina.

290


Gli uomini al lavoro nella centrale idroelettrica di Felitto

In base alle esigenze dell'utenza si determinano delle

variazioni di carico alterando l'equilibrio raggiunto fra la

turbina e l'alternatore che stanno girando alla velocità di

sincronismo. Queste variazioni portano il gruppo ad

accelerare o decelerare, in contrasto con la necessità di

mantenere costante la velocità di rotazione, e quindi la

frequenza.

Al variare del carico o dell'eventuale portata, entra in gioco

il regolatore automatico di velocità, che agendo sul distributore

della turbina, con la conseguente modifica della

106

portata, mantiene costante il numero dei giri. Per fermare

il gruppo il macchinista apre l'interruttore, operazione

equivalente ad un distacco del carico, a questo punto la

macchina che tende ad aumentare la velocità, aziona il

regolatore che chiude il distributore, fino ad arrestare

progressivamente l'alternatore.

È dunque la frequenza il parametro più importante in una

rete elettrica a cui va garantita la maggiore stabilità possibile,

con la necessità di garantire un costante pareggio fra

produzione e consumo di potenza elettrica: la frequenza

sale se la potenza elettrica consumata è inferiore a quella

107

prodotta, e viceversa.

In parole semplici, per comprendere meglio il fenomeno, si

può fare un paragone con il funzionamento di una bicicletta;

un ciclista su una strada pianeggiante mantiene con

facilità la stessa velocità, ma quando affronta una salita

deve compiere uno sforzo maggiore per continuare a

mantenerla costante e non ridurla, mentre in discesa per

mantenerla invariata è costretto a frenare.

Con l'installazione nell'impianto idroelettrico del secondo

2 Regolatore di velocità della

turbina Riva

106

Il regolatore è composto da un misuratore di velocità, il cosiddetto pendolo

di watt, costituito da due sfere metalliche collegate con dei bracci articolati ad

un asse rotante, messo in movimento con una cinghia dall'albero motore

dell'alternatore. I bracci trasformano lo spostamento radiale delle masse nello

scorrimento assiale di un collare, dove una leva rileva quest'ultimo spostamento

per trasferirlo all'organo da controllare. Quando la velocità aumenta le

masse rotanti tendono ad allontanarsi per effetto della forza centrifuga, o ad

avvicinarsi in caso di rallentamento, rispetto ad una posizione fissata per la

condizione di regime. Questa variazione determina lo spostamento verticale

del collare, rispettivamente verso l'alto o verso il basso, determinando la

chiusura o l'apertura di uno stantuffo scorrevole in un cilindro mediante una

pompa ad olio, e conseguentemente la chiusura e l'apertura del distributore.

107

Tra le varie ragioni che impongono la stabilità della frequenza, sono ad

esempio: le misurazioni cronometriche, infatti molti orologi si basano ancora

sulla frequenza della rete e accelerano o rallentano rispettivamente in caso di

aumento o calo della frequenza; le macchine elettriche, che superate alcune

dimensioni possono subire danni se la frequenza è troppo alta o bassa o

qualora vi fossero repentine variazioni.

291


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

gruppo generatore, e successivamente con l'impianto

termico ausiliario, la centrale non si configura più come

una rete isolata ma come una cosiddetta rete distribuita,

dove più generatori operano in parallelo (generazione

distribuita).

In questa condizione tutta la potenza a disposizione è

divisa tra i vari generatori collegati tra loro, allo scopo di

utilizzare solo quelli necessari a soddisfare la potenza

richiesta dall'esterno. I generatori da collegare in parallelo,

devono avere la stessa frequenza e la stessa tensione in

uscita, in questo modo possono essere connessi anche se

sono posizionati in centrali diverse distanti fra di loro.

Operazione quindi particolarmente importante per

garantire la fornitura di energia anche quando una di esse

andasse fuori servizio per qualsiasi motivo.

Oggi nell'intera rete elettrica europea, i generatori, collegati

in parallelo a formare una grande rete distribuita, sono

impostati in modo che reagiscono subito e automaticamente

a una variazione della frequenza di rete. Essi

aumentano o riducono la loro potenza in funzione del

consumo, garantendo così la stabilità della frequenza.

L'inserimento in parallelo di un alternatore in una rete già

alimentata, da un altro o più generatori, è molto delicato e

richiede particolari accorgimenti. L'operazione può essere

eseguita soltanto quando l'alternatore da inserire, oltre ad

avere gli stessi valori di tensione e frequenza, è in opposizione

di fase rispetto alla tensione di rete, cioè nella condizione

in cui le due tensioni si annullano.

Questa condizione è spiegabile tenendo conto che il sistema

può essere distinto in due diversi circuiti. Uno è riferito

al circuito utilizzatore, composto dagli alternatori in

parallelo e la rete esterna, e l'altro coincidente con il circuito

interno degli alternatori collegati fra di loro.

Considerando quindi due alternatori collegati in parallelo,

in una qualsiasi sezione del circuito di collegamento, non

si avrà passaggio di un'inutile e dannosa corrente di

circolazione interna solo quando fra i corrispondenti punti

di una sezione del circuito vi sia un identico valore di

tensione. Questa condizione è verificata quando i due

alternatori forniscono lo stesso valore di tensione e frequenza

ma sono in opposizione di fase, in modo che la loro

risultante, istante per istante, è nulla, pertanto risulta

impossibile la circolazione di corrente nelle macchine

stesse. Questa condizione si ha quando, ad esempio, tre

292


Gli uomini al lavoro nella centrale idroelettrica di Felitto

voltometri in parallelo ai generatori segnano tensione

nulla.

Se la tensione a vuoto anticipa la tensione di rete, la macchina

funziona come generatore immettendo potenza

nella rete, se ritarda funziona come motore.

Nelle moderne centrali elettriche esistono degli apparecchi

elettronici automatici che permettono l'allacciamento

al momento più opportuno, eseguendo il cosiddetto

parallelo, e successivamente la ripartizione del carico

utilizzatore tra i vari alternatori in modo da evitare che

vengano gravati da un carico maggiore di quanto possano

sopportare. Inoltre esistono delle singole protezioni che

intervengono automaticamente nel caso di sovraccarico

per staccare le macchine dalla rete.

Nel caso in cui un alternatore per qualsiasi motivo tenda a

rallentare rispetto all'altro, nel circuito di collegamento tra

i due alternatori circolerà una corrente detta sincronizzante.

Questa corrente trasferisce potenza dall'alternatore che

funziona regolarmente a quello che ha rallentato rispetto

alla velocità di regime, e lo riporta a quella dovuta.

A questo punto le tensioni torneranno ad essere uguali e

non si avrà più alcun passaggio di corrente sincronizzante

e di potenza da una macchina all'altra.

Le varie regolazioni sugli alternatori vengono effettuate

sia operando sulla potenza della turbina con la regolazione

del distributore sia sul valore della tensione in uscita,

variando il campo magnetico dell'induttore. Quando un

alternatore funziona a vuoto, senza carico, la sua tensione

in uscita è costante, subisce però delle variazioni, a parità

di corrente eccitatrice, al variare del carico collegato.

A questa variazione si fa fronte variando opportunamente

il flusso dell'induttore con reostati manuali o, per automazione

dell'impianto, con regolatori automatici di tensione

che mantengono costante la tensione in uscita

dell'alternatore al variare del carico.

Come ho detto in precedenza, oggi tutte queste operazioni

sono automatizzate, basta un click del mouse e le stesse

vengono eseguite in maniera completamente automatica,

senza provare però la stessa grande emozione di chi aveva

imparato a fare queste operazioni in modo completamente

manuale con l'utilizzo di vecchie strumentazioni: il variagiri

per la frequenza, i reostati per correggere la tensione,

le lampade sincroniche o lo zerovoltmetro e gli interruttori

di macchina.

293


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

3 Schema elettrico messa in

parallelo degli alternatori

Quella di mettere in parallelo un alternatore con la rete è

un'operazione che soltanto chi sta dentro una centrale

elettrica nel momento giusto riesce a vederla, e solo conoscendo

bene la materia, a viverla fino in fondo, un po' come

condurre da vecchio macchinista una locomotiva a vapore,

entrando in sintonia con i tempi e le necessità della

macchina.

Nella centrale di Felitto per avviare il secondo gruppo,

mentre l'altro è già in funzione ed eroga potenza, c'è

bisogno della presenza di due operatori di macchina. Il

primo, dopo l'apertura della valvola principale con la

messa in pressione della turbina, apre il distributore

tramite il volantino del regolatore di giri e mette in moto il

gruppo, fino a raggiungere una velocità prossima a quella

di sincronismo, corrispondente alla frequenza

dell'impianto; il secondo operatore al quadro comandi

può invece regolare l'eccitazione dell'alternatore con il

volantino del reostato, in modo che l'indicazione del

relativo voltometro risulta uguale all'indicazione del

voltometro di rete. Cioè fino a quando la tensione a vuoto

dell'alternatore da inserire è uguale alla tensione di rete,

corrispondente in questo caso a quella del gruppo sotto

carico.

A questo punto si è pronti a iniziare la manovra di messa in

parallelo della macchina. Tutto ha inizio osservando

l'accensione ad intermittenza delle lampade sincroniche

108

sul quadro comandi , provocando un fenomeno che per i

non addetti ai lavori potrebbe apparire perfino divertente.

Invece quelle pulsazioni luminose, in gergo chiamate

battimenti, indicano un importante momento che non si

vive in nessun altro tipo di impianto: la sincronizzazione

tra due macchine che stanno ruotando a velocità diverse e

che devono invece accoppiarsi; come due auto in corsa, che

procedendo velocemente sulla stessa corsia stradale,

devono rimanere rigorosamente una accanto all'altra

mantenendo la stessa velocità.

Per i moderni elettrotecnici questo momento sarebbe

visualizzabile con un oscilloscopio a doppia traccia, nel

quale il primo canale visualizza la sinusoide della rete,

mentre il secondo visualizza quella prodotta dal generatore.

Per gli operatori della centrale è invece controllato dai

battimenti delle lampade sincroniche, un semplice stru-

108

In alcuni casi le lampade sincroniche sono sostituite da uno strumento di

misura elettromeccanico con una freccia oscillante, detto zerovoltmetro.

294


Gli uomini al lavoro nella centrale idroelettrica di Felitto

mento costituito da tre lampade, una per ogni fase, collegate

in parallelo ai morsetti dell'interruttore di macchina.

Essendo uguali le tensioni, ma ancora non in fase a causa

del divario anche lieve di velocità, si nota una successione

di spegnimenti ed accensioni, ogni secondo, tanto più

lente quanto minore è la differenza fra le frequenze dei due

alternatori.

In funzione del numero dei battimenti di luce si può quindi

regolare per piccoli gradi la velocità dell'alternatore per

rendere gli stessi sempre più lenti, fino a quando le tre

lampade restano spente, a indicare il perfetto sincronismo,

cosicché l'operatore al quadro comandi può chiudere

l'interruttore di macchina e mettere in parallelo il gruppo.

A questo punto se è ancora presente un piccolo scarto di

velocità, con l'intervento delle coppie sincronizzanti si

annulla completamente, cessando ogni scambio di corrente,

e il parallelo è stabilmente eseguito.

La manovra è riuscita, tutto è andato per il verso giusto, gli

amperometri non si sono neppure mossi, il sincronismo è

risultato perfetto, e ora il gruppo può iniziare la presa di

carico e gradualmente raggiungere tutta la sua potenza.

All'atto di chiusura dell'interruttore di parallelo,

l'alternatore che si è messo in servizio è regolato in modo

da generare una tensione a vuoto esattamente uguale a

quella esistente in rete, conseguentemente non può erogare

e ricevere alcuna corrente proprio per la condizione di

equilibrio raggiunta con la tensione preesistente;

l'alternatore, dunque, pur essendo stabilmente allacciato,

funziona ancora a vuoto, assorbendo dalla turbina che lo

aziona soltanto la potenza meccanica necessaria per

superare la forza delle masse rotanti e degli attriti.

A questo punto bisogna far assumere un certo carico attivo

e reattivo al nuovo alternatore, scaricando eventualmente

l'altro gruppo.

Aumentando l'apertura del distributore della turbina,

facendo entrare una maggiore quantità di acqua in confronto

a quella richiesta nel funzionamento a vuoto, la

macchina tende ad accelerare ed inizia ad erogare corrente,

che aumenta gradualmente fino a quando la forza

resistente prodotta per il fenomeno dell'autoinduzione,

non arriva ad equilibrarsi alla maggiore forza motrice

applicata, riprendendo nuovamente la marcia sincrona,

corrispondente alla nuova condizione di equilibrio raggiunta.

295


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

Se nel frattempo la potenza attiva richiesta dalla rete

rimane invariata, è chiaro che nello stesso momento in cui,

si apre il distributore del gruppo messo in esercizio, affidando

a questo una parte del carico attivo, bisogna scaricare

di altrettanto l'altro gruppo, chiudendo in proporzione

il distributore della relativa turbina.

La manovra di apertura e chiusura sui due gruppi, con

l'intervento sul variagiri del regolatore di velocità che

stabilisce il carico voluto alla frequenza di regime, deve

essere fatta contemporaneamente, quindi impiegando

entrambi gli operatori della sala macchine. Diversamente

l'equilibrio dinamico non può ricostituirsi se non attraverso

una variazione di velocità e quindi della frequenza.

La centrale a questo punto è totalmente operativa con i due

gruppi funzionanti, mantenuti a regime dai sistemi meccanici

di regolazione automatica in caso di variazioni sul

carico della rete o di perturbazioni nel sistema idraulico,

con alterazioni della portata.

Fino a quando è tutto regolare, la conduzione

dell'impianto idroelettrico risulta abbastanza agevole.

Diviene complicata invece durante i temporali invernali,

quando con qualche palo della rete elettrica che cade, o i fili

che si spezzano per un fulmine che colpisce la linea o la

sovraccarica facendo saltare le protezioni in qualche

cabina elettrica, si determina un distacco improvviso di

carico sui gruppi, portandoli a velocità elevate. Con il

superamento dei giri nominali prestabiliti, detta in gergo

velocità di fuga, bisogna ricorrere subito ai ripari con la

chiusura a mano delle valvole di alimentazione, cercando

contemporaneamente di evitare il colpo d'ariete nelle

condotte per la repentina chiusura. Quando un gruppo è

andato in fuga se non lo si arresta subito si rischia uno

sfasciamento meccanico per le elevate vibrazioni e per la

notevole forza centrifuga, oltre al conseguente surriscaldamento

e alla bruciatura dei circuiti.

A parte il pericolo di improvvise interruzioni del carico

con la conseguente fuga delle macchine, durante le condizioni

di cattivo tempo, al fine di mantenere il servizio

attivo, l'operario addetto deve pulire costantemente la

griglia all'imbocco della vasca di carico, occlusa dai materiali

trasportati dall'acqua, per lo meno fino a quando le

condizioni lo permettono.

In caso di peggioramento dovuto ai forti temporali, con

piene del fiume troppo turbolente e trasporto eccessivo di

296


Gli uomini al lavoro nella centrale idroelettrica di Felitto

materiale in sospensione nell'acqua, limo e sabbie, si

preferisce fermare i gruppi per non danneggiare l'interno

delle turbine (distributore e pale della girante), chiudendo

la paratoia di alimentazione della condotta forzata e del

canale di alimentazione, con la contemporanea apertura

degli scarichi di fondo della traversa per lasciare defluire

l'acqua lungo il corso del fiume. Alla fine del temporale,

scampato il pericolo, si può ripristinare il funzionamento

dell'impianto, con la messa in servizio dei gruppi e

dell'intera rete di distribuzione.

L'interruzione dell'energia elettrica alle utenze nel caso di

una rete isolata è abbastanza frequente, non solo per

eventuali problemi tecnici che in generale si possono

verificare, come nel caso di forti piogge, ma anche ai fuori

servizio della centrale per le ricorrenti operazioni di

pulizia del lungo canale di alimentazione e per la manutenzione

delle macchine.

L'elettromeccanico addetto alla verifica dei gruppi in

centrale può eseguire le operazioni di manutenzione e di

riparazione avvalendosi dell'officina attrezzata all'interno

della centrale, sempre se il lavoro da effettuare non è di

grande entità.

Le operazioni ricorrenti sono soprattutto il cambio delle

spazzole e degli anelli del collettore del gruppo di eccitazione,

la lubrificazione delle parti meccaniche in movimento,

la messa a punto dei regolatori di velocità, il controllo

dei circuiti e delle apparecchiature elettriche e la

pulizia delle parti interne delle turbine con la rettifica

dell'albero motore della girante, soggetto a considerevole

usura per le forti pressioni e l'elevato numero di giri.

Quest'ultima operazione, per la precisione richiesta, deve

essere eseguita da un'officina specializzata, dove l'asse da

rettificare può essere lavorato con una particolare macchina

utensile a rotazione detta tornio, smontando quindi il

pezzo da riparare per portarlo in un'officina dove si eseguono

lavorazioni di tornitura.

4-5-6-7 Nelle pagine successive:

progetto di ricostruzione sala

m a c c h i n e d e l l a c e n t r a l e

idroelettrica di Felitto come si

presentava negli anni Quaranta

del Novecento

297


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

4

5

298


Gli uomini al lavoro nella centrale idroelettrica di Felitto

6

7

299


8 Quadro elettrico in marmo

nella centrale idroelettrica a

Felitto, Voltometri IME 400 Volt


Bibliografia, siti internet e fonti di archivio

Bibliografia

- AA.VV, Storia dell'industria elettrica in Italia, 5 vol., Laterza,

Roma-Bari, 1993;

- AA.VV., Il motore idraulico dal mulino all'idroelettrico. Dieci

secoli di energie rinnovabili, Centro studi per la sostenibilità

ambientale, Porretta Terme, 2007;

- A.E.G.-THOMSON HOUSTON, Società italiana di elettricità,

Catalogo della Ditta, Roma, 1914;

- ADVANCED TECHNOLOGIES ENGINEERING,

Censimento e classificazione delle centrali idroelettriche della

regione, Regione Campania, 2008;

- ANIDEL, ASSOCIAZIONE NAZIONALE IMPRESE

PRODUTTRICI E DISTRIBUTRICI DI ENERGIA

ELETTRICA, Dighe di ritenuta degli impianti idroelettrici

italiani, ANIDEL 1951- 1961;

- ARCHIVIO DI STATO DI SALERNO, Un secolo di luce 1897-

1997, Salerno, Poligraf, 1997;

- BARBAGALLO, FRANCESCO, Il Sud, Storia fotografica della

società italiana, Editori Riuniti, Roma, 2001;

- BERTONE, GIUSEPPE, Felitto fra storia e tradizione, Centro

studi per il Cilento e il Vallo di Diano, Salerno, 1984;

- BRUNO, GIOVANNI, Risorse per lo sviluppo, L'industria

elettrica meridionale dagli esordi alla nazionalizzazione, Liguori

editore, Napoli, 2004;

- BLANCO, ENRICO, Progetto della ferrovia economica a

trazione elettrica Agropoli-casalicchio-Vallo-Laurino-Ponte Sele,

Napoli, 1901;

- BRUNO, GIOVANNI, La costruzione dell'industria elettrica nel

Mezzogiorno, in Francesco Saverio Nitti, Napoli, Istituto

Italiano per gli Studi Filosofici, 2010;

- CERONE, COSTABILE, La vecchia centrale idroelettrica di

Felitto, elettricità da fonti rinnovabili per uno sviluppo sostenibile

e compatibile con l'ambiente, in Dragut, periodico

dell'Associazione culturale Cilento Domani, Torchiara,

Dicembre 2006 ;

- CERONE, COSTABILE, L'arrivo dell'illuminazione a Capaccio

301


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

e Agropoli, dalle lampade a gas alla nazionalizzazione dell'energia,

La centrale idroelettrica Maida, in Annali Storici di Principato

Citra, n. 1, Edizione Centro di Promozione culturale per il

Cilento, Acciaroli, Salerno, 2006;

- CERONE, COSTABILE, Archeologia industriale a Capodifiume,

dai mulini alla centrale idroelettrica, in Annali Storici di

Principato Citra, n. 1, Edizione Centro di Promozione

culturale per il Cilento, Acciaroli, Salerno, 2008;

- CHIEFFALLO, DOMENICO, Dalla diligenza all'eurostar, in

Progetto scuola ferrovia, DLF Agropoli, 2005;

- CHIEFFALLO, DOMENICO, La bonifica nelle terre del Sele,

dell'Alento, del Bussento e nel Vallo di Diano, Edizione Centro

di Promozione culturale per il Cilento, Acciaroli, Salerno,

2009;

- CIRELLA, DOMENICO, Una famiglia di pionieri: i Melisurgo,

in Ferrovie e tranvie in Campania. Dalla Napoli-Portici alla

metropolitana regionale, a cura di: Franca Assante et al.,

Giannini Editore, Napoli 2006

- CIULLO, LAURA, Trasporto complementare su ferro ed élite

degli affari a Napoli in età liberale, Università degli Studi di

Napoli “Federico II”, S.d.

- COZZOLINO, ANDREA, GAMBONI, ANTONIO, Napoli: i

tram per la Provincia, Rolando Editore, Napoli, 2010;

- DATEI, CLAUDIO, Vajont. La storia idraulica, Libreria

Internazionale Cortina , Padova, 2005;

- DE BENEDETTI, AUGUSTO, La Campania industriale.

Intervento pubblico e organizzazione produttiva tra età giolittiana

e fascismo, Napoli, Edizioni Athena, 1990.

- DE BENEDETTI, AUGUSTO, La Società meridionale di

elettricità e l'industrializzazione dell'Italia meridionale. Le origini

1899-1925, in Il masso di Sisifo, Studi

sull'industrializzazione in bilico, Carocci Editore, Roma,

2006;

- DE FALCO, CAROLINA, Stazioni della prima metà del '900

tra rappresentatività pubblica e ridisegno urbano:Afragola e

Benevento, in Storia dell'ingegneria, Atti del secondo

Convegno Nazionale, Tomo I, Napoli, 2008;

- DE GIORGI, COSIMO, Viaggio nel Cilento, Galzerano

editore, Casalvelino Scalo (SA), 2002;

- DE GIORGI, COSIMO, Cilento, Geologia e Idrografia,

Galzerano editore, Casalvelino Scalo (SA), 2003;

- DE MASCELLIS, DOMENICO, Lago Nitti, in Terre d'Italia,

Touring Club Italiano, 1916;

- DELLADIO, RICCARDO, Concessioni per grandi derivazioni

idroelettriche in Italia ed in provincia autonoma di Trento,

Evoluzione normativa, concorrenza e gestori degli impianti,

Università degli studi di Padova Facoltà di ingegneria, 2011;

- EBNER, PIETRO, Chiesa, Baroni e Popoli del Cilento, Edizioni

di Storia e Letteratura, Roma, 1982,

- ENEL, Il futuro dell'energia: un percorso lungo una storia,

Viviani Editore s.r.l.. Roma, 2008;

- ENEL, Storia dell'energia verde, Monografia dell'Archivio

Storico Enel, Roma, 2010;

302


Bibliografia, siti internet e fonti di archivio

- ENEL, Invenzioni e brevetti, Monografia dell'Archivio Storico

Enel, Roma, 2010;

- ENEL, Protagonisti dell'energia, Monografia dell'Archivio

Storico Enel, Roma, 2011;

- ENEL, Oggetti elettrici, Monografia dell'Archivio Storico

Enel, Roma, 2012;

- ENEL, Energia in Rete, Monografia dell'Archivio Storico

Enel, Roma, 2012;

- EVANGELISTI, GIUSEPPE, Impianti idroelettrici, Vol. I-II,

Patron Editore, Bologna, 1951;

- FERRARI, URBANO, Rivello, Al Conclave un pezzo di

Basilicata, in La Gazzetta del Mezzogiorno, 14 aprile 2005;

- FIOLHAIS, CARLOS, Fisica per tutti, E buon divertimento!,

Tropea Editore, Milano, 2008;

- GRANITO, EUGENIA, Tra le antiche carte, Guida ragionata ai

fondi documentari dell'Archivio di Stato di Salerno, Laveglia

editore, Salerno, 2005;

- GRUPPO DI STUDIO E RICERCA FELITTO, A Felitto…,

Edizioni Felitto.net, Felitto, 2002;

- GUARNIERI, MASSIMO, La distribuzione dell'energia

elettrica: nascita, affermazione e contributi italiani, in Atti del

primo convegno nazionale di storia dell'ingegneria, Napoli,

2006;

- INFANTE, ANTONIO, Elettrificazione della Valle del Calore,

in Valle dell'Angelo e la grotta, Edizioni Arci Postiglione,

Salerno, 1995;

- INNELLA, FRANCESCO, Un fondo per la storia dei comuni:gli

atti della seconda serie della prefettura nella provincia di Salerno,

in Annali Storici di Principato Citra, n. 1, Edizione Centro di

Promozione culturale per il Cilento, Acciaroli, Salerno, 2008;

- LESCHIUTTA, SIGRIFIDO, La nascita dell'ingegneria elettrica

in Europa, in Atti del primo convegno nazionale di storia

dell'ingegneria, Napoli, 2006;

- LORIA, MARIO, Storia della trazione elettrica ferroviaria in

Italia, Editore Giunti-Barbéra, Firenze, 1971;

- LORITO, DOMENICO, Ferrovia economica a trazione elettrica

per la vallata del Calore. Progetto, Stab. Tip. F.lli Jovane,

Salerno, 1904;

- MAGGI, STEFANO, Le Ferrovie, il Mulino, Bologna, 2003;

- MELISURGO, GUGLIELMO, Trattato generale teorico pratico

dell'arte dell'ingegnere civile, industriale ed architetto. Redatto da

distinti Professori, Ingegneri e Architetti, Vallardi Editore,

Milano, 1909;

- MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI, SERVIZIO

IDROGRAFICO, SEZIONE IDROGRAFICA DI NAPOLI,

Bacini con foce al litorale della Campania, Provveditorato

generale dello Stato, Libreria, Roma, 1932;

- MOSCATI, AMEDEO, Salerno e salernitani dell'ultimo

ottocento, Laveglia editore, Salerno, 1996;

- NARDIELLO, ALFREDO, Diga di ritenuta e centrale idroelettrica

di Muro Lucano: ipotesi di recupero, Pubblicazione del

Consiglio Regionale della Basilicata, serie i Quaderni,

Potenza, 2010;

303


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

- PASSARO, ANGELO RAFFAELE, Il Cilento nell'inchiesta

agraria Jacini 1882, Galzerano Editore, Casalvelino Scalo,

2005;

- PAVESE, CLAUDIO, Cento anni di Energia, Centrale Bertini

1898-1998, Le origini e lo sviluppo della società Edison, Edison,

1998;

- PECORI, GIUSTINO, Laurino e l'omonimo Stato, Notizie e

monumenti, Edizione Centro di Promozione culturale per il

Cilento, Acciaroli (Sa), 1994;

- PENNACCHIO, MAURO, La meccanica viabilità, FdP

Editore, Marone (BS), 2006,

- RIVA CALZONI, 1834 1984 Centocinquant'anni di vita della

Calzoni, Bologna, 1984;

- ROSSI, LUIGI, Vallo della Lucania, Kronos Collana di studi

sul Mezzoggiorno, Edizione Centro di Promozione culturale

per il Cilento, Acciaroli (Sa), 2000;

- ROSSI, LUIGI, SANTANGELO, MICHELE, Da paese di

conciatori a città di servizi, Gli ultimi duecento anni a Vallo della

Lucania, Vol. I-II, Plectica, Salerno, 2012;

- RUBINO, GREGORIO E., a cura di, Costruttori di Opifici,

Giannini Editore, Napoli, 2005;

- SABA, ANDREA FILIPPO, Angelo Omodeo, Vita, progetti,

opere per la modernizzazione. Una raccolta di scritti, Collana

Cultura e Industria, Editore Laterza, Bari, 2005;

- SCHEWE, PHILLIP F., Blackout, Il sistema di distribuzione

dell'elettricità è la macchina più complessa mai realizzata: ma è

anche estremamente vulnerabile, Apogeo Editore, 2007;

- SILVESTRINI, ANDREA, La nascita delle facoltà di ingegneria

e architettura in Italia, in Atti del primo convegno nazionale

di storia dell'ingegneria, Napoli, 2006;

- SOLARI, LUIGI, Guglielmo Marconi, Editrice Odoya srl,

Bologna, 2011;

- TANZINI, MAURIZIO, Impianti idroelettrici. Progettazione e

costruzione. Aspetti geologici e geotecnici - Tecnologie -

Dimensionamento – Materiali, Dario Flaccovio Editore s.r.l.,

2008;

- TAJANI, GIUSEPPE, Progetto di ferrovia elettrica a scartamento

ridotto Salerno-Vietri-Amalfi. Relazione, Stab. Tip. F.lli

Jovane, Salerno, 1907;

- TEMPORELLI, MASSIMO, Il codice delle invenzioni, Da

leonardo da vinci a steve jobs, Hoepli, Milano, 2011;

- UNEL, UNIONE NAZIONALE INDUSTRIE ELETTRICHE,

Annuario statistico delle imprese elettriche in Italia, 1926;

- VENTURIELLO, A., Castel San Lorenzo, nella sua storia civile e

religiosa, Ed. Cantelmi, Salerno 1975;

- ZORZOLI, GIOVANNI BATTISTA, Trasporto, distribuzione e

accumulo di energia elettrica, in vol. III, Nuovi sviluppi:

energia, trasporti, sostenibilità, Enciclopedia degli idrocarburi.

304


Bibliografia, siti internet e fonti di archivio

Siti internet

- ALSTOM, Storia Alstom Power,

http://www.alstom.com/italy/it/;

- AISI, Associazione Italiana di Storia dell'Ingegneria,

http://www.aising.it/index.htm;

- ARCHIVIO ALINARI, 150 Storia d'Italia negli Archivi Alinari,

http://www.150storiaditalia.it;

- ARCHIVIO STORICO LUCE, Banca dati Archivio Luce,

http://www.archivioluce.com/archivio;

- BRUNO, GIOVANNI, Elettricità: una vita migliore, New

Media & Historical Heritage, http://regesta.com;

- BRUNO, GIOVANNI, A 50 anni dalla legge di nazionalizzazione

dell'energia elettrica, New Media & Historical Heritage,

http://regesta.com;

- DAL PRÀ, MARCO, Manuali e guide tecniche per

Elettrotecnica, Automazione, Impianti elettrici, Venezia,

http://www.marcodalpra.it;

- EDIPOWER, Presentazione delle centrali di Tusciano,

http.//www.edipower.it;

- EDISON, La storia del gruppo per immagini, http://edison.it;

- ENEL, Il portale di Enel, http://www.enel.it;

- ENEL, Cinquanta 1962-2012, http://50.enel.com;

- ENEL, L'archivio fotografico, audiovisivo e storico di Enel,

http://www.enelikon.enel.it;

- ENEL, C'era un Volt, http://www.ceraunvolt.it;

- FEDERAZIONE NAZIONALE DEI CAVALIERI DEL

LAVORO, Elenco alfabetico dei Cavalieri del Lavoro,

http://www.cavalieridellavoro.it;

- FONDAZIONE ANSALDO,

http://www.fondazioneansaldo.it;

- FONDAZIONE ISEC, Istituto per la storia dell'età contemporanea,

http://www.fondazioneisec.it

- GAZZETTA DEL REGNO, AU.GU.STO Automazione

Gazzetta Ufficiale Storica, http://augusto.digitpa.gov.it;

- MUSEO DI TORINO, http://www.museotorino.it/

- MUSEO ENERGIA, http://www.museoenergia.it;

305


Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

- NITTI, FRANCESCO SAVERIO, Fondazione Francesco

Saverio Nitti, http://www.fondazionefsnitti.it/

- PARLAMENTO ITALIANO, L'Archivio storico della Camera

dei deputati, http://archivio.camera.it;

- PROGETTO DIGHE, Il punto di riferimento per gli appassionati

di dighe, centrali idroelettriche e opere idrauliche,

htpp://www.progettodighe.it;

- RENZETTI, ROBERTO, Alcune questioni connesse con la

produzione e distribuzione dell'energia elettrica,

http://www.fisicamente.net;

- SAN, Sistema Archivistico Nazionale, Archivi d'Impresa,

http://www.imprese.san.beniculturali.it

- SENATO dELLA REPUBBLICA, I Senatori d'Italia, a cura

dell'Archivio Storico del Senato della Repubblica,

http://www.senato.it;

- SIUSA, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze

Archivistiche, http://siusa.archivi.beniculturali.it;

- SWISSGRID, Portale specialistico, http://www.swissgrid.ch;

- TRECCANI, L'Enciclopedia Italiana, http://www.treccani.it;

- TUZZA, ALESSANDRO, Bibliografia Ferroviaria Italiana,

http://www.trenidicarta.it;

- ZADALAMPE, Storia pubblica e privata di Laurino, a cura di

Maurizio Marotta, http://www.zadalampe.com.

306


Bibliografia, siti internet e fonti di archivio

Archivi

- Archivio di Stato di Salerno;

- Archivio Famiglia Del Mercato, Napoli;

- Archivio Famiglia Marotta, Laurino;

- Archivio Famiglia Migliacci, Salerno;

- Archivio Famiglia Morra, Magliano Vetere;

- Archivio Famiglia Passarelli, Vallo della Lucania;

- Archivio Famiglia Pesce, Laurino;

- Archivio Famiglia Piumelli, Felitto;

- Archivio Famiglia Scuccimarra, Salerno;

- Archivio Museo della civiltà contadina di Felitto;

- Archivio Storico Enel “Giuseppe Cenzato” Napoli;

- Archivio Ufficio Gestione delle acque, Settore ambiente,

Provincia di Salerno;

- Emeroteca Biblioteca Tucci, Palazzo delle Poste, Napoli;

- Archivio Costabile Cerone.

307


1 Isolatore in vetro marcato con

la sigla CEI-UNEL nel rispetto

nelle norme elettriche, ritrovato

nella centrale idroelettrica di

Felitto


Finito di stampare nel mese di dicembre 2013


Il 1913 è l'anno che sul territorio del salernitano appaiono le

prime imprese di produzione e distribuzione di energia elettrica,

e in molti paesi del Circondario di Vallo della Lucania e della

Valle del Calore iniziano ad accendersi le prime lampade a

incandescenza per l'illuminazione pubblica. È il punto di svolta

verso un lento ma inevitabile progresso tecnologico.

Un Secolo di Luce, è il risultato di un lungo lavoro di studio e

ricerca svolto per celebrare il centenario dell'arrivo dell'energia

elettrica nel Cilento. Il libro racconta la storia di un'importante

società elettrica costituita a Vallo della Lucania il 1910, la Società

Idro-Elettrica Lucana, che nel 1913 diede inizio ai lavori di

realizzazione di una centrale idroelettrica alimentata dal fiume

Calore nel territorio comunale di Felitto, con la distribuzione di

energia in moltissimi paesi del Circondario, da Felitto a Vallo

della Lucania, attraversando i comuni di Campora,

Cannalonga, Ceraso, Laurino, Magliano, Moio della Civitella,

Novi Velia, Stio e tanti altri.

Il 1913 è anche l'anno di costituzione di un'altra società concorrente,

la Società Anonima Lucana d'Industrie Elettriche, che

raggruppava piccole aziende locali di produzione e distribuzione

sui territori di Agropoli, Aquara, Capaccio, Castel San

Lorenzo e Roccadaspide, portando per la prima volta

l'elettricità a Vallo della Lucania con una piccola officina di

produzione termoelettrica a carbone.

Il libro, oltre a dare un quadro storico del settore della produzione

di energia elettrica a partire dalla fine dell'Ottocento, illustra

le vicende legate al territorio e dei personaggi e società collegate

a questo settore, come in particolare la Società Meridionale di

Elettricità, in un taglio completamente inedito e accattivante,

descrivendo luoghi, paesaggi e impianti.

€ 70,00

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!