Sergio Franzese, Manuela Spadaro - ROM E SINTI IN PIEMONTE
A dodici anni dalla legge regionale 10 giugno 1993, n. 26, “Interventi a favore della popolazione zingara”
A dodici anni dalla legge regionale 10 giugno 1993, n. 26,
“Interventi a favore della popolazione zingara”
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5. La normativa comunale in materia di aree attrezzate per la
sosta dei nomadi
Il primo dato da rilevare in via preliminare, con riferimento all’esame della normativa comunale in materia di funzionamento
delle aree attrezzate, è che dei 13 comuni su cui è stata condotta l’indagine, interessati dalla sosta o
dall’insediamento di popolazioni nomadi sul proprio territorio, solamente sette sono risultati dotati del “Regolamento
per il funzionamento delle aree attrezzate” previsto dall’art. 5, co. 1°, della l.r. n. 26/1993.
Si tratta dei Comuni di Torino, Collegno, Tortona, Asti, San Damiano d’Asti, Carmagnola e Biella, ossia la metà delle
municipalità coinvolte nella ricerca. Di questi comuni sono stati acquisiti e analizzati i regolamenti.
Quanto alle altre sette municipalità, a esplicita e puntuale richiesta delle ragioni della loro inadempienza, hanno
generalmente risposto che sul loro territorio sono presenti solamente aree di sosta non autorizzate. Come emerge
dai risultati della presente ricerca, tuttavia, tali aree, pur non essendo formalmente autorizzate, sono nella maggior
parte dei casi una realtà oramai stabilizzata da oltre vent’anni, oggetto di intervento da parte dei servizi sociali dei
comuni interessati e di costante vigilanza da parte delle autorità di pubblica sicurezza. A ben vedere, dunque, si
tratta di aree sosta non autorizzate solamente dal punto di vista formale, ma in realtà dotate, nella quasi totalità dei
casi, delle medesime caratteristiche di stanzialità e inserimento nella rete degli interventi comunali che connotano
le aree legalmente costituite. Non si può, pertanto, evitare di segnalare l’incongruenza dell’atteggiamento delle
amministrazioni comunali di Ivrea, Alba, Novara, Gattinara, Moncalieri e Cuneo, che, mentre negano l’esistenza
sul loro territorio di aree autorizzate, nello stesso tempo si comportano di fatto come se ci fossero, assumendosene
la responsabilità sotto il profilo solo sostanziale e non formale.
5.1 Analisi della normativa comunale
Venendo all’analisi della normativa comunale disponibile, occorre innanzitutto rilevare come la legge regionale in
materia disponga che tale normativa sia “redatt[a] con il coinvolgimento degli utenti”. In piena coerenza con i principi
ispiratori dell’intera legge, dunque, il legislatore regionale, mentre, da un lato si preoccupava di delegare agli
enti locali (e cioè ai soggetti direttamente interessati dalla presenza di Rom e/o Sinti sui propri territori) l’adozione
della disciplina sul funzionamento delle aree attrezzate, dall’altro poneva un preciso vincolo procedurale, finalizzato
ad assicurare il pieno coinvolgimento delle popolazioni nomadi nella fase di “redazione” dei regolamenti.
Solo nei regolamenti di Carmagnola e Biella, però, è segnalato in premessa il coinvolgimento di rappresentanti
delle popolazioni interessate nell’elaborazione dell’atto normativo.
5.2 Il contenuto dei regolamenti
Quanto al contenuto, i regolamenti dei vari comuni sono tutti strutturati secondo uno schema simile che si apre
con la localizzazione dei campi e la determinazione della loro capienza, prosegue con la disciplina inerente la loro
gestione (con l’eventuale previsione di norme sulla partecipazione dei diretti interessati) e la regolamentazione delle
condizioni di sosta, per poi concludersi con la definizione delle regole di comportamento all’interno dei campi.
Alcuni regolamenti contengono anche una disciplina sanzionatoria, mentre i Comuni di Carmagnola e Biella sono
i soli ad aver definito non solo i doveri, ma anche i diritti dei residenti nei campi e gli obblighi dell’amministrazione
comunale.
5.2.1 Localizzazione delle aree sosta
Tutti i regolamenti presi in esame dedicano i primi articoli alla localizzazione delle aree sosta e, con l’eccezione di
quelli di Collegno, Asti e Biella, alla determinazione della loro capacità ricettiva (Torino, art. 1; Tortona, artt. 1 e 2;
Collegno, art. 1; Asti, art. 1; San Damiano d’Asti, art. 1; Carmagnola, artt. 1, 2 e 4; Biella artt. 1 e 2).
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