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Sergio Franzese, Manuela Spadaro - ROM E SINTI IN PIEMONTE

A dodici anni dalla legge regionale 10 giugno 1993, n. 26, “Interventi a favore della popolazione zingara”

A dodici anni dalla legge regionale 10 giugno 1993, n. 26,
“Interventi a favore della popolazione zingara”

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Questo breve esempio di mediazione culturale, non esaustivo verso il problema scuola, è da applicare a tutti i

contesti politici e istituzionali: negli ospedali, nelle maternità, nei consultori, nelle questure, negli enti locali, ecc.

Cosa accomuna tutte queste situazioni, e quindi tutte le figure di mediatore culturale, al di là delle differenze?

• Sono situazioni in cui esiste uno squilibrio di potere, in genere, fra l’appartenente alla cultura minoritaria e l’istituzione.

L’appartenente alla cultura minoritaria ha quindi particolarmente bisogno di essere garantito, di

essere legittimato.

• Sono situazioni in cui scattano molto spesso meccanismi di pregiudizio e discriminazione razziale, quando

non veri e propri razzismi: di fronte a una qualunque istituzione chi è portatore di una cultura diversa è impacciato,

imbarazzato, viene trattato in genere diversamente. Il mediatore deve essere garante che queste cose

non accadano.

• In ultimo, al di là dei lati negativi, o comunque problematici, esposti esiste una effettiva differenza di modelli

comunicativi tra culture. Vi sono, ad esempio, diversi modi di atteggiarsi col corpo – ad alcuni occorre la vicinanza

fisica, per altri vale il contrario –, di esprimersi con le parole – maggiore o minore propensione ad essere

diretti –, di concepire i legami familiari, ecc. Sussiste poi un problema di comprensione vera e propria della

lingua.

Da qui la definizione della mediazione. In tutte le situazioni sopra descritte, la mediazione è un’azione che si svolge

fra due gruppi di persone, di culture diverse, tramite terze persone – i mediatori – per far sì che i due gruppi comunichino

fra loro, o che si sanino modi di comunicare già avviati e che hanno portato a malintesi, rifiuti, diffidenze,

chiusure.

La mediazione culturale mette in contatto, getta ponti, tra mondi molto diversi, riuscendo a creare un dialogo

atto a responsabilizzare le istituzioni sui propri doveri e a informare le famiglie rom e sinti dei propri diritti

e doveri di cittadini italiani o di cittadini stranieri ospiti in Italia.

3.2.1 Cultura e acculturazione

Va detto che già attualmente esiste una comunicazione tra la cultura maggioritaria e la cultura rom e sinti perché

ci troviamo di fronte a due culture vive che sono a contatto da sei secoli, intendendo il proteico termine cultura nel

senso usato dagli etnologi, ossia un insieme di comportamenti originali, appresi, trasmessi a tutti i membri di un

dato gruppo, più un insieme di idee, abitudini, valori, immagini, credenze, più una serie di oggetti, utensili, strumenti,

tecniche, vesti, e anche procedimenti, gusti architettonici, ecc.

Questo tipo di comunicazione è dato da processi di acculturazione, ovvero da processi di confronto, mescolanza,

dialogo e più spesso di prove di forza fra due culture, con cambiamenti susseguenti nei tipi culturali originali dell’uno

o dei due gruppi.

La grande maggioranza degli studi sull’acculturazione procede da una scoperta: i bisogni di comunicazione fra

gruppi umani nell’estrema diversità esistente ancora sulla “terra degli uomini”.

Di conseguenza, sullo sfondo della dinamica dei gruppi umani, nella loro minuta cronaca di urti, accettazioni, compromessi,

la parte attiva va alle culture, entità animatrici e sovrane.

La mediazione culturale favorisce i processi di acculturazione cercando di eliminare gli elementi di attrito e

soprattutto di scontro, ricercando e valorizzando i momenti di condivisione che la cultura maggioritaria e la

cultura rom/sinti hanno trovato o stanno contrattando insieme, lasciando i momenti di diversità al loro posto.

3.2.2 I mediatori culturali rom e sinti

Il mediatore, per sua stessa definizione, è uno che “sta in mezzo”, fra le due culture: alcuni suggeriscono l’idea di

un mediatore equilibrista, che cammina su un filo, senza rete, con due corde che lo tirano in direzioni opposte e

che prima o poi verrà strappato da una parte o dall’altra, o cadrà rovinosamente.

Per evitare che questo avvenga devono coesistere due personaggi: un/una Rom/Sinti e un/una appartenente alla

cultura maggioritaria, che sappiano percorrere un cammino all’interno di entrambe le culture senza perdere la pro-

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