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Sergio Franzese, Manuela Spadaro - ROM E SINTI IN PIEMONTE

A dodici anni dalla legge regionale 10 giugno 1993, n. 26, “Interventi a favore della popolazione zingara”

A dodici anni dalla legge regionale 10 giugno 1993, n. 26,
“Interventi a favore della popolazione zingara”

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Rom e SInti in Piemonte

Considerazioni generali

Nel corso degli anni le città sono cresciute attorno a quelle aree periferiche in cui tradizionalmente sostavano Rom

e Sinti. Lo sviluppo urbano ha precluso la permanenza in tali luoghi ove, peraltro, una presenza numericamente

elevata per lunghi periodi spesso comportava problemi di convivenza con gli abitanti dei quartieri.

Contestualmente, l’inserimento scolastico e l’abbandono di attività tradizionali hanno accelerato la stanzialità e la

ricerca di condizioni meno precarie.

L’istituzione dei campi nomadi a partire dalla metà degli anni settanta ha costituito una risposta a tali cambiamenti.

Concepiti ancora come luoghi di stanziamento temporaneo tali strutture prevedevano fondamentalmente una serie

di piazzole per roulotte e mezzi di trasporto, con uno spazio esterno relativamente limitato, servizi comuni, a

volte un edificio con funzioni polivalenti (sala riunioni, doposcuola, ecc.)

I campi sosta, dunque, sono stati realizzati sul modello di campeggi destinati ai Rom e ai Sinti. Pur individuando

aree differenziate per gli uni e per gli altri non si è tenuto conto delle ulteriori distinzioni esistenti all’interno di queste

due grosse comunità (e non solamente di tipo etnico), costringendo spesso le persone a una convivenza forzata

che in alcuni casi ha prodotto situazioni conflittuali estreme, con scontri fisici tra gruppi diversi e abbandono

del campo da parte di alcune famiglie (tale situazione si è prodotta nel campo di Strada Aeroporto in anni recenti

e ha visto contrapposti i Rom Xora¤ané ai Rom Serbijája).

Inoltre, all’epoca della realizzazione dei campi nomadi non erano ancora giunti in Italia i Rom rumeni.

I Rom “vla¤” ancora oggi preferiscono sostare per brevi periodi su terreni delle periferie urbane o su terreni privati

in affitto. Essi sono forse gli unici che gestiscono la loro breve permanenza nei luoghi che visitano chiedendo alle

autorità il permesso per poter sostare e curando l’ordine e la pulizia delle aree; per questa ragione generalmente

la loro presenza non desta situazioni conflittuali con i residenti. Molti di essi partecipano ai raduni del Movimento

Evangelico.

I rapidi cambiamenti avvenuti all’interno della società Rom e Sinti, riflesso dei cambiamenti sociali vissuti dalla società

italiana, hanno portato verso una sempre più marcata radicalizzazione del fenomeno di sedentarizzazione,

con conseguenti modifiche sull’habitat.

Pur continuando a vivere in campi nomadi ove in una certa misura viene mantenuta la dimensione collettiva, la

maggior parte di queste aree si è progressivamente trasformata in qualcosa di diverso. Alcune si presentano oggi

con una tipologia abitativa di tipo misto: camper e case mobili (evoluzione dell’antico carrozzone) collocati a fianco

di prefabbricati, case in muratura, ecc.

Altre aree sono si sono invece trasformate in villaggi o sobborghi abitati in modo prevalente da Sinti (e in un caso

a Torino da famiglie rom). Esempi di questa trasformazione sono riscontrabili in aree quali quelle in via Silvestro

Lega (campo “Le Rose”) a Torino, in via Mascagni a Nichelino e nel villaggio di strada Passatore a Cuneo.

L’area di via Germagnano, realizzata per procedere allo smantellamento di ciò che rimaneva dell’insediamento di

strada Arrivore, è costituita da abitazioni monofamiliari. Sebbene nelle intenzioni essa si ponga come una risposta

a nuove esigenze dal punto di vista della tipologia abitativa, tale area – per il luogo in cui sorge – non sembra poter

favorire il contatto e l’integrazione con la cittadinanza.

In base ai dati forniti dall’Ufficio Rom Sinti e Nomadi del Comune di Torino risulta che dal 1994 al 2003 sono oltre

80 i nuclei famigliari che hanno avuto accesso alle case popolari o ad altre forme di edilizia convenzionata. Si tratta

nella quasi totalità di Rom “balcanici” e, nella fattispecie, di profughi della ex Jugoslavia che non avevano mai

vissuto in campi e che non avevano praticato in tempi recenti alcuna forma di nomadismo.

Con riferimento a ogni singolo gruppo la situazione relativa alle tipologie abitative potrebbe essere dunque riassunta

come segue.

Sinti piemontesi

• camper, prefabbricati (tipo cantiere) nei campi nomadi comunali e in terreni di proprietà privata a Torino, nei

capoluoghi di provincia, in centri di piccole e medie dimensioni;

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