Sergio Franzese, Manuela Spadaro - ROM E SINTI IN PIEMONTE
A dodici anni dalla legge regionale 10 giugno 1993, n. 26, “Interventi a favore della popolazione zingara”
A dodici anni dalla legge regionale 10 giugno 1993, n. 26,
“Interventi a favore della popolazione zingara”
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Rom e SInti in Piemonte
stretti in Moldavia e in Valacchia; l’avanzare dei turchi giunti da conquistatori alle porte di Costantinopoli, in Serbia
e in Bulgaria; fughe, o meglio migrazioni clandestine dai Balcani a causa delle guerre di religione intorno al 1400 (e
di nuovo all’inizio degli anni novanta!) fino a consistenti spostamenti di carovane organizzate in marcia verso nord.
Da quelle regioni, e a partire da quel periodo, avrà inizio un’incessante diaspora che vedrà la popolazione romaní
diffondere la propria presenza ai quattro angoli del mondo. I Rom si sposteranno progressivamente verso est fino
alle estreme regioni della Russia, diffondendosi in tutti i paesi dell’Europa orientale e nei paesi baltici. Coloro che
si dirigeranno verso occidente, probabilmente mescolandosi con popolazioni nomadi di diversa origine, assumeranno
il nome di Sinti.
Continuando a seguire le tracce documentali raccolte dallo studioso francese vediamo come nel 1417 gli “zingari”
siano segnalati in Germania, nazione che essi attraversano dal sud al nord. Nei primi mesi del 1418 la loro presenza
viene registrata a Lipsia, a Meissen, a Francoforte e, alcuni mesi più tardi, ad Augusta.
Nello stesso anno e nell’anno successivo gruppi di Heiden (“pagani”) percorrevano la Svizzera. Si trattava di
“zingari”.
Nel 1424 diversi gruppi, a diverse riprese, piantano le tende a Ratisbona.
Alcuni anni prima, e cioè nel 1419, sono segnalati i primi gruppi anche in Francia. Nel 1420 e nel 1422 giungono
nella Francia del Nord e nei Paesi Bassi.
Sempre nel 1422, esattamente il 18 luglio, la Cronaca di Bologna riporta la notizia della comparsa di “zingari” in
quella città. Si tratta della prima testimonianza scritta sulla presenza in Italia anche se è evidente che il loro arrivo
è presumibilmente anteriore a quell’anno.
Pochi anni dopo il suo arrivo in Francia la popolazione romaní giunge in Spagna; alla fine del XV secolo è presente
in numerosi regni della penisola iberica.
In Portogallo se ne ha menzione all’inizio del secolo XVI.
Nella penisola iberica buona parte della popolazione romaní cesserà di praticare la vita nomade. Qui assumerà il
nome di kalé (“gitani”). In particolare, stabilirà numerose colonie nella Spagna del Sud, in Andalusia, dando vita a
espressioni culturali diverse da quelle di altre comunità. Anche la lingua subirà profonde trasformazioni evolvendo
in modo autonomo rispetto a tutte le altre parlate romaní.
Un isolamento dello stesso tipo avvenne nelle isole britanniche, in cui la presenza di Gypsies, che si definiscono
Romanichals, è attestata a partire dagli inizi del XVI secolo. Qui essi incontrano e spesso si mescolano con popolazioni
nomadi di diversa origine, come i Tinkers irlandesi. Anche qui la loro lingua subisce cambiamenti profondi
dando vita all’anglo-romaní, una sorta di lingua creola in cui si mescolano elementi anglosassoni e romanés.
Contemporaneamente, più a nord, nei paesi scandinavi, la popolazione romaní giunse in Svezia attraverso la Danimarca.
In Norvegia i primi appartenenti a questo popolo arrivarono invece come deportati dall’Inghilterra.
Si può dire che nel XVII secolo la popolazione romaní aveva conquistato pacificamente tutta l’Europa. Già verso la
fine di quello precedente ebbe inoltre inizio la diffusione fuori dal continente europeo, dovuta, inizialmente, alla deportazione
forzata verso le colonie.
Gli anni e i secoli successivi vedranno dunque il consolidarsi in tutto il mondo di una presenza eterogenea ma che
si ripresenta sempre e ovunque con gli stessi cliché e con quello che forse è l’unico denominatore comune a tutti:
l’appartenenza a una società diversa da quella dei ga†é (gli appartenenti alla cultura maggioritaria).
Rom, Sinti, Kalé e Romanichals passeranno attraverso la storia fino ai nostri giorni superando persecuzioni di ogni
genere – arresti di massa in Spagna nel XVIII secolo, schiavitù in Romania (abolita solamente dopo il 1850), campi
di concentramento nazisti e i rigurgiti xenofobi dell’epoca attuale – testimoniando una capacità di resistenza alle
avversità non facilmente rintracciabile in altri popoli.
Si stima che nel mondo vi siano da un minimo di 15 a un massimo di 30 milioni tra Rom, Sinti, Kalé, Romanichals
e altri, di cui 5-10 milioni in Europa, e con una forte concentrazione nell’Europa centrale, nei Balcani e in Spagna.
Si ritiene che in Italia vivano da 80.000 a 110.000 Rom e Sinti.
Si tratta di cifre indicative poiché nella maggior parte dei paesi la popolazione romaní non è censita e non vi sono
criteri unanimemente condivisi da parte di chi, a vario titolo, si occupa di quantificarne la presenza.
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